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Riassunto Il Rinascimento Europeo - centri e periferie di Peter Burke, Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto del libro di Burke, Il Rinascimento Europeo - centri e periferie

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Riassunto Il Rinascimento Europeo - centri e periferie di Peter Burke e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! INQUADRARE IL RINASCIMENTO Peter Burke considera il Rinascimento come un movimento culturale nella sua dimensione d’insieme e quindi come un fenomeno europeo, che spazia in un arco temporale "lungo", dal 1330 al 1630 (se vogliamo, quindi, da Petrarca a Cartesio). Jacob Burckhardt (nell’800) si concentra sulla dimensione culturale e inquadra il Rinascimento nelle sue radici italiane (italiani = primi moderni europei, perché furono i primi a “valorizzare la scoperta dell’uomo” e ad avvertire il “senso moderno della gloria”). Il tentativo di Burke è quello di provare a esplicitare la mentalità e la cultura di quel periodo, di dimostrarne lo sviluppo a livello europeo, a supporto di una tesi di un Rinascimento “lungo” e del suo contributo alla costruzione dell’Europa. Tuttavia la rottura con il passato medioevale non è così netta. Allo stesso tempo dobbiamo anche sottolineare che il Rinascimento non fu solo un fenomeno europeo anzi ottenne forti influssi anche dalla cultura araba e da quella ebraica, oltre che da quella greca. La diffusione del Rinascimento fuori dall’Italia fu in pratica un’impresa collettiva di scambi culturali, anche grazie ad una maggiore mobilità di persone, che permette lo sviluppo di un Rinascimento Europeo. La diffusione delle idee non è solamente un processo di imitazione ma di ricezione, ovvero di assimilazione e trasformazione. Alcuni storici tedeschi vedono nella ricezione l’opposto complementare della tradizione: tradizione ha a che fare col dare, ricezione ha a che fare col prendere, col ricevere. Tuttavia altri storici contemporanei sono convinti che qualunque cosa venga trasmessa sia destinata a trasformarsi poiché viene recepita dal punto di vista del ricevente. Infatti una delle metafore centrali della ricezione è quella del “filtro”, cioè alcuni elementi della ricezione vengono bloccati dal filtro del ricevente (esempio la cultura greca filtrata dai romani). Da questo punto di vista, il Rinascimento ha contribuito alla creazione dell’Antichità. La ricezione diventa quindi un processo creativo che ha a che fare con assimilazione, appropriazione, reazione e anche rifiuto (Fernand Braudel include le operazioni di adattamento e rifiuto). La tradizione classica e italiana erano viste in modo ambivalente. Ai tentativi di avvicinamento facevano sempre ricorso fasi di rifiuto e di ritiro. Il termine “contesto” viene allargato del suo significato, riferendosi alle circostanze culturali, sociali e politiche che circondano un testo, un’immagine, un’idea, etc. L’arte della ricezione creativa adatta le idee a un nuovo contesto. Si può parlare di sincretismo, nei tentativi consapevoli di armonizzare elementi eterogenei di culture diverse; si parla di ibridazione per indicare forme più generali di interazione tra varie culture. Molti detestavano le “mode italiane”, i costumi e le usanze. Altri vedevano con sospetto le culture romane o greche dell’antichità a causa della loro natura pagana. Particolare attenzione viene data anche ai canali di trasmissione delle idee, in particolare ai piccoli gruppi o cerchie ristrette di persone. I contatti diretti erano facilitati da microspazi come monasteri, corti, cancellerie, università, accademie, musei. Altri gruppi erano legati da scambi epistolari. Ma fu l’invenzione della stampa a dare un’accelerazione alla diffusione delle idee e permise di raggiungere un pubblico più ampio. L’accento viene posto sulle periferie d’Europa, che però non sono chiaramente determinate perché variano a seconda del periodo, dell’arte presa in esame. Sicuramente l’Italia ha un ruolo centrale ma le periferie sono utili per determinare la distanza culturale dall’Italia in una determinata fase o in un determinato ambito e il processo creativo di adattamento. Dal centro, le variazioni sono considerate delle corruzioni del modello originale, hanno quindi una connotazione negativa (periferie connotazione positiva). Zone periferiche: Inghilterra, Ungheria, Croazia. 1) Primo Rinascimento in Italia, 1330-1490 2) Ricezione e resistenze in Europa 3) Rinascimento maturo, 1490-1530 (periodo dell’emulazione) 4) Tardo Rinascimento, 1530-1630 5) Addomesticamento, diffusione sociale e incorporazione nella vita quotidiana. “Logica dello sviluppo” suddiviso in 3 stadi: 1.Ricezione dell’antichità, comincia con la riscoperta della cultura classica e con i primi tentativi di imitazione. 2.Maturità, momento in cui le regole di combinazione dei diversi elementi sono apprese così bene, che dall’imitazione si passa all’emulazione. 3.Trasformazione deliberata e della consapevole rottura delle regole. IL PRIMO RINASCIMENTO (1300-1490) È la prima fase del Rinascimento italiano caratterizzata dalla (ri)scoperta dell’antica Roma e della Grecia classica nonché una fase di scoperta del mondo e dell’uomo. Questo periodo è ricco di tentativi di riforme. In maniera paradossale, gli uomini del Rinascimento volevano riformare quella cultura da cui provenivano, quindi la cultura tardo-medievale. I fulcri della cultura medioevale erano dati dall’arte gotica, dalla cavalleria e dalla filosofia scolastica, che erano radicati soprattutto in Francia e sopravvissero fino al XV secolo finché non vennero superati dalla cultura Rinascimentale. L’Italia fu il luogo dove la cultura classica riprese ad essere da modello, poiché in Italia i modelli francesi del gotico, della cavalleria e della scolastica non erano riusciti a penetrare così in profondità. Le città italiane avevano prodotto una cultura alternativa, piuttosto laica e civile. Ma quando è iniziato il Rinascimento? Non è facile per gli storici decidere quando sia effettivamente iniziato il Rinascimento. Una scelta diffusa è quella di partire dal poeta Francesco Petrarca (1330-40). Alcuni storici dell’arte iniziano da Giotto e dal suo contemporaneo Dante, i quali diedero un impulso decisivo per la fioritura creativa che caratterizzò Firenze negli anni successivi al 1300. Nella storia della pittura si parte da Cimabue; della scultura da Giovanni e Nicola Pisano. Petrarca e i suoi seguaci presero le distanze dagli aristotelici e dalla scolastica. La questione decisiva per capire l’inizio del Rinascimento riguarda la sopravvivenza della tradizione classica. Si può parlare di “Prerinascimento” o “condizioni preliminari al Rinascimento”. Poeti dell’antica Roma, come Orazio e Virgilio, vennero letti e imitati per tutto il Medioevo. La tradizione classica si era mantenuta viva anche nei campi del diritto romano, della retorica, delle virtù antiche e nelle arti visive e l’architettura (stile “Romanico”). La riscoperta della tradizione classica in Occidente venne agevolata dall’incontro con la cultura bizantina e quella araba. Gli studiosi bizantini avevano familiarità con molti autori greci, sconosciuti in Occidente. Anche gli arabi ebbero un ruolo importante nella trasmissione della cultura Greca. Francesco Petrarca è spesso individuato come l’iniziatore del rinascimento, il Primo vero Umanista, questo grazie al suo entusiasmo verso la cultura romana e l’antica Roma, ai suoi interessi in poesia, filosofia e negli studi e alla sua grande capacità divulgativa e influenza sulle generazioni successive. Dal canto suo, egli si vedeva come un secondo Virgilio. Ricevette l’incoronazione poetica a Roma nel 1341. Tra le sue opere più importanti abbiamo Africa, un poema epico riguardo la vita del generale romano Scipione l’Africano, il Canzoniere, in cui si evince il suo interesse per l’identità individuale, e i Rimedi, scritti moralisti che presentano un dialogo tra la Ragione e quattro figure allegoriche, Gioia, Speranza, Dolore e Timore. Gli eroi di Petrarca sono chiaramente Cicerone per il linguaggio e Omero per la sua mitologia. Dobbiamo a Petrarca anche la definizione di Medioevo, ossia Prime risposte Gli studiosi spagnoli (aragonesi e catalani) mostrarono un chiaro interesse sia per la cultura classica sia per la cultura italiana. Ad esempio Juan Fernandez de Heredia commissionò traduzioni di Plutarco e Tucidide. Inoltre aveva un interesse per la cultura greca. Re Giovanni I d’Aragona tradusse Seneca in catalano e fu un grande collezionista di libri. Avignone nel XIV secolo era un centro culturale importante, soprattutto tra il 1309 e il 1377 con la presenza della corte papale e di figure come Petrarca e Simone Martini. Anche Parigi divenne un importante centro di studi umanistici dal 1380. Ad esempio Jean de Montreuil e Gothier Col lavoravano per il duca di Berry, il quale possedeva una biblioteca con più di 300 manoscritti e collezioni di tappezzeria, medaglie e oreficeria. Contatti con l’Italia Tra il 1420 e il 1450 i contatti tra studiosi e artisti italiani e i loro colleghi europei si moltiplicarono. Molti italiani divennero famosi all’estero e un gran numero di stranieri visitò l’Italia, per lavoro o per studio (Robert Fleming imparò il greco). I viaggiatori riportavano dall’Italia alcuni manoscritti, di Petrarca, di Boccaccio e di Valla. Anche illustri aristocratici importavano libri dall’Italia, ad esempio il marchese di Santillana e il conte di Gloucester. Università, cancellerie e corti A partire dalla metà del XV secolo le università diventeranno importanti centri di ricezione e diffusione delle idee provenienti dall’Italia. Le università europee assumevano spesso studiosi italiani espatriati, ma ci fu anche il contributo di umanisti locali. Altri importanti centri di ricezione in questo periodo furono le cancellerie e le corti. La cancelleria fiorentina venne prese come modello di ispirazione dalla cancelleria inglese e da quella spagnola. Per quanto riguarda le corti, Renato d’Angiò mostro interesse per l’arte italiana e gli studi antichi. Anche Maometto il Conquistatore, il sultano che aveva occupato Costantinopoli, fu molto interessato alla cultura classica, in particolare a Livio, e anche agli artisti italiani (commissionò a Gentile Bellini un ritratto). Mattia I Corvino, re di Ungheria, aveva ricevuto un’educazione su stampo umanistico e divenne un grande collezionista di libri. Corvino invitò diversi umanisti italiani alla sua corte. Spinto dalla moglie Beatrice di Aragona (figlia del re di Napoli) si circondò artisti italiani come il Verrocchio e Filippino Lippi. L’età degli incunabili Il movimento umanista continuò a diffondersi grazie all’invenzione della stampa che divenne il nuovo mezzo di comunicazione. Botticelli fece stampare un’edizione illustrata della Divina Commedia di Dante. La stampa a caratteri mobili venne introdotta da Johann Gutenberg intorno alla metà del Quattrocento e le tipografie si diffusero in tutta Europa, gestite da artigiani tedeschi. Si moltiplicò la produzione libraria di opere classiche ma vennero pubblicate anche le opere degli umanisti italiani. La diffusione dell’Umanesimo fu agevolata quando gli umanisti divennero tipografi. La stampa agevolò un processo di “decontestualizzazione” o “distanziamento”, cioè un atteggiamento più distaccato e critico nei confronti delle opere. Resistenze Le resistenze principali ci furono in Moscovia, a causa dell’interruzione degli scambi e dei contatti con l’Occidente dopo l’invasione mongola nel XIII secolo. Ma alla fine del XIV secolo anche a Mosca si verificò una rinascita culturale, basata sul recupero della cultura slava del IX e X secolo, ad opera di un piccolo gruppo di studiosi tra cui Andrej Rublev. La scelta di Ivan III di assumerne il titolo di “Zar” (termine derivante dal latino Caesar) implica una sorta di continuità con l’antica Roma. Ivan sposò Zoe, la nipote dell’ultimo imperatore di Bisanzio, che era vissuta a Roma e recuperò ingegneri, artisti e architetti italiani. Le mura del Cremlino furono ricostruite secondo lo stile italiano, mescolato a elementi tradizionali. I “rifiuti culturali” per le idee e i modelli estetici italiani furono dovuti dalle differenze culturali di questo mondo, basato su: cristianesimo ortodosso, alfabeto cirillico e liturgia slava. Che peso ebbe l’innovazione culturale? Fino al 1500, l’interesse per i classici greci e romani e le innovazioni non soppiantarono la tradizione medievale. La passione per i temi della letteratura cavalleresca conviveva e si combinava con le opere latine di Petrarca e i classici greci. In campo artistico ci fu una contaminazione, si presero in prestito alcuno elementi. L’ETÀ DELL’EMULAZIONE (1494-1527): IL RINASCIMENTO MATURO Detta anche fase di cristallizzazione. I confini tra stile classico e medievale si fanno sempre più netti; quest’epoca si caratterizza per l’emulazione e la convinzione che i contemporanei potessero superare gli antichi con le loro opere. Roma assume un ruolo centrale: il 1494, l’anno della discesa dei francesi in Italia e il 1527, l’anno del Sacco di Roma, sono due episodi che ebbero un impatto decisivo sulla cultura italiana. Il sacco di Roma venne percepito come un trauma e mise fine ad uno straordinario periodo di creatività. Tra le concorrenti di Roma: Ferrara, con Ariosto e l’ “Orlando furioso”, Firenze, caratterizzata da una rinascita repubblicana e da artisti come Machiavelli, Michelangelo, Leonardo, e Venezia, con Bembo e Tiziano. Roma in questo periodo fu un grande centro di innovazione, soprattutto durante i pontificati di Giulio II e Leone X (1503-1521). Si raccolse una cerchia di artisti non coesa: Michelangelo, chiamato a dipingere la Cappella Sistina, Raffaello, incaricato di dipingere le stanze del Vaticano, il Bramante e Leonardo. Roma divenne anche centro di una cerchia di poeti durante il pontificato di Leone X, ex allievo di Poliziano. Tra gli studiosi che si riunirono a Roma: Bembo, Jacopo Sadoleto, Andrea Navagero e Baldassarre Castiglione. La necessità di assimilare modelli, e quindi l’emulazione, va di pari passo con l’imitazione. Bembo, in questo proposito, propone una divisione nei tre stili (alto, medio, basso) e dei modelli per ogni stile. Per lo stile alto, Cicerone è il modello della prosa e Virgilio quello della poesia; per la lingua volgare, Dante e Petrarca sono modelli per la poesia e Boccaccio per la prosa. Anche nelle arti visive si impongono delle regole standard. In pittura il canone viene rappresentato da Giotto e Masaccio. Ci fu anche un entusiasmo crescente per la scultura antica e le scoperte dissotterrate. In architettura venne condannato lo stile gotico in favore del “vitruvianesimo”, uno stile più semplice e più pulito: classico. Lo scopo del Rinascimento “pieno” o maturo era quello della “maestà”. Mettere al centro la grande maniera, lo stile alto, eliminando oggetti ed espressioni colloquiali. Questo provocò reazioni da parte dello stile basso. Si sviluppò lo stile “grottesco”, ispirato alle camere romane sotterranee che si esprimeva con elementi di mostruosità (sfingi, satiri, centauri). Anche in letteratura si sviluppò lo stile satirico, con Pietro Aretino, e la scrittura in maccheronico con Teofilo Folengo. L’anticlassicismo non è un vero e proprio movimento ma più un atteggiamento irriguardoso e scherzoso. Il sacco di Roma venne percepito come la fine di un’epoca e dopo il 1530 divenne predominante il ritorno dei Barbari. Letteratura e impero Proprio in questo periodo gli umanisti di altri Paesi sfidarono il primato dell’Italia. Un esempio è il caso di Longueil. Christophe de Longueil, francese, si trasferì a Roma ed era un convinto sostenitore della superiorità della cultura francese rispetto a quella italiana. Anche altri sostenevano che la letteratura italiana fosse stata superata da quella europea, in virtù del potere politico di alcuni Stati (esempio la Spagna in quanto impero moderno, la Francia per le conquiste in Italia, lo splendore imperiale della Germania). Le arti Erano i committenti a scegliere i soggetti e anche lo stile delle opere. Una delle mecenati più importanti fu Isabella d’Este, collezionista di sculture classiche. Nel XVI secolo i mecenati europei iniziarono a richiedere opere ispirate ai modelli classici. Le figure di cardinali spiccano in questo contesto: Thomas Wolsey commissionò il palazzo di Hampton Court. Gli stranieri si vanno convincendo della superiorità artistica dell’Italia. Francesco I di Francia invita a corte Leonardo e Michelangelo, Carlo V fa costruire il palazzo di Granada in stile classico romano, Margherita d’Austria fu mecenate di pittori, scultori e architetti. Gli architetti e gli scultori italiani vennero richiesti in tutte le zone d’Europa (Torrigiano realizza la tomba di Enrico VII, il castello del Wawel in Polonia viene realizzato da un architetto fiorentino). Molti artisti e umanisti si recarono in Italia per motivi di studio. Lo stile classico non veniva però accettato da tutti ma spesso e volentieri veniva visto come un’espressione di paganesimo. La supremazia italiana cominciava a perdere terreno mentre prendeva piede l’emulazione creativa (esempio stile manuelino). Gli umanisti Gli umanisti avevano bisogno della protezione dei governanti. I principi di tutta Europa erano sempre più interessati ad avere studiosi italiani per istruire i propri figli o perché scrivessero le loro gesta in latino (cronisti). Furono moltissimi i visitatori stranieri in Italia dopo il 1500, grazie all’entusiasmo nei confronti della cultura italiana. Verso il 1520 gli italiani persero la loro supremazia nel campo degli studi umanistici. In questo periodo la parola “umanista” arrivò oltre i confini dell’Italia. Come in Italia, le nuove idee e tecniche cominciarono a svilupparsi in gruppi ristretti di studiosi. Gli epistolari umanistici diedero un grande impulso alla “repubblica delle lettere”, tenuta unita anche dalla stampa. Anche qui venne messo in discussione il predominio italiano. Nelle università vennero inserite nuove materie: poesia, greco (studiato in quanto lingua del Nuovo Testamento; vennero istituite cattedre di greco; studi di Luciano, autore satirico; legami con il paganesimo), ebraico (come lingua dell’Antico Testamento). L’interesse per l’ebraico nasce dall’interesse per gli umanisti nello studiare la “cabala”, tradizione segreta e occulta degli studiosi ebrei. Il motivo era quindi quello di ricercare la verità ebraica e svelare gli antichi misteri, nonché la meditazione sui nomi. Conflitti All’interno del movimento umanista esistevano profonde divisioni, soprattutto tra i ciceroniani e gli erasmiani. Due esempi sono: il Caso Pomponazzi, che in un suo scritto sostenne la mortalità dell’anima (Aristotele) e venne accusato di essere un “mortalista”; l’Affaire Reuchelin, il quale venne accusato dagli antisemiti. Un umanista spagnolo attaccò i sofisti dell’università di Parigi. Un altro tipico bersaglio degli umanisti era la tradizione dei romanzi cavallereschi. Queste critiche non ebbero effetti significativi e i romances continuarono a spopolare. Anche nelle arti visive si vedeva il contrasto e il contatto tra stili diversi, rinascimentale e gotico (stile ibrido). Erasmo, l’arci-umanista Erasmo provava disprezzo per la filosofia scolastica e ammirava le due antichità, quella pagana e quella cristiana. Imparò molto da Cicerone e Luciano. Credeva nella rinascita delle lettere e della cultura e per questo ammirava umanisti venuti prima di lui, come Lorenzo Valla. Nell’età della stampa sviluppò una reputazione internazionale ed ebbe moltissimi seguaci. Pubblicò un enorme numero di opere ed ebbe moltissimi scambi epistolari. Nei confronti dell’Umanesimo italiano, rimase sempre ambivalente. Vediamo la sua ammirazione per Valla, ma allo stesso tempo rimase deluso dal suo viaggio a Roma. Nel dialogo “ciceronianus” evidenzia il contrasto all’interno del movimento umanista, tra il desiderio di imitare gli antichi e la consapevolezza della distanza culturale tra passato e presente. La sua opinione era quella che privilegiava l’emulazione rispetto all’imitazione: adattare il passato al di Jacopo Peri). Per quando riguarda gli studi naturali e la scienza, il movimento umanistico sarebbe stato importante anche per i “filosofi naturali” (sarebbero diventati "scienziati"). Gli scrittori dell’antichità erano considerati autorità anche in campo scientifico: Ippocrate e Galeno nel campo della medicina, Tolomeo per la geografia e la cosmologia. I filosofi naturali sognavano una riforma: ci furono casi in cui il recupero degli antichi e della cultura alta si mescolava a nuove scoperte (esempio Francesco Bacone). I principali filosofi naturali come Galileo e Keplero erano comunque molto attenti alle scienze umane e viceversa. Ci fu anche una maggiore prontezza a criticare gli antichi: i due casi più famosi sono Copernico (il più grande contestatore di Tolomeo e della teoria eliocentrica) e Vesalio (corresse Galeno nelle tesi anatomiche della dissezione). L’ascesa dei volgari Gli umanisti iniziarono a criticare il latino (segno di varietà e frammentazione). Nasce l’idea che sia una “lingua morta”. Questo grande dibattito coinvolse tutta l’Europa. Ogni Paese esaltava la propria lingua e favoriva quindi i volgari (retorica del volgare). In questo periodo nacquero le prime grammatiche e si moltiplicarono le traduzioni da una lingua all’altra, segno dello sviluppo delle lingue nazionali. Le traduzioni contribuirono ad arricchire il vocabolario delle varie lingue. Si prese consapevolezza della povertà lessicale delle lingue volgari e fu necessario ricorrere a prestiti linguistici, dal latino o da altre lingue. Alcune lingue europee rimasero comunque indietro, come il tedesco, dove le traduzioni iniziarono quasi un secolo dopo. L’italiano era una delle lingue più studiata, assieme al francese e allo spagnolo: aumentò la presenza in Europa di poliglotti. L’età dopo la Riforma è considerata l’età dell’oro della letteratura in volgare. Una varietà di generi In questo contesto si affermò una molteplicità di generi letterari: epica, commedia, tragedia, satira, romanzo e fuori dal campo della narrativa, storia, dialoghi e saggi. Con Francesco Guicciardini inizia un nuovo modo di fare storiografia. Le opere di Niccolò Machiavelli sono indubbiamente tra i principali contributi alla lingua volgare e al pensiero politico del tempo. La letteratura psicologica comincia a farsi strada (Anatomy of Melancholy, Robert Button). Spesso alcune opere venivano scritte in forma di dialogo, adatta alla lettura ad alta voce (il “Cortegiano, Castiglione). L’epica è considerata il più nobile dei generi letterari. Gli esempi moderni sono l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso e la loro emulazione fu ovviamente inevitabile. Altro tema molto sentito era quello relativo al passato nazionale, come l’Italia liberata dai Goti di Trissino, La Franciade di Ronsard (storia della Francia e delle sue origini), le Luisíadas portoghesi che celebravano le esplorazioni di Vasco da Gama. L’epica militare era una variazione del genere, incentrata in particolar modo sulle guerre di frontiera tra Ungheria e Impero Ottomano e le imprese dei conquistadores in America. Romanzi: I romanzi di cavalleria continuano ad essere popolari presso le corti rinascimentali. Ci sono esperienze di contaminazione di questo genere con la cultura bassa, come Cervantes con il Don Chisciotte, o tentativi di modernizzare i vecchi testi. Si afferma in Italia il genere pastorale, su imitazione delle Egloghe virgiliane, (Arcadia di Jacopo Sannazzaro, l’Aminta di Tasso e Il Pastor Fido di Guarini). L’opposto complementare del genere pastorale è il romanzo picaresco, dove il protagonista (picaro) è un vagabondo. Commedie: Nel tardo XVI si affermano in varie parti d’Europa i primi teatri stabili o secolari. Parigi, Madrid e Londra ospitarono i primi teatri e molti commediografi poterono sfruttare queste nuove possibilità, attingendo a numerose fonti dalle più recenti storie europee, all’oriente o al medioevo, o ancora ai classici romani. Compagnie itineranti erano diffuse, in particolare tra gli italiani. Le riforme Il teatro fu il bersaglio di molti riformisti religiosi, tra cui Calvino e San Carlo Borromeo. Calvino non approvava il teatro, Carlo Borromeo lo considerava la liturgia del diavolo. I seguaci di questi riformisti non si spinsero così lontano, ma cercarono un compromesso: le opere e i drammi dovevano essere edificanti. Il rapporto tra Umanesimo e movimenti riformatori era conflittuale. Da una parte, c’era il contrasto tra valori cristiani e il tentativo di far rivivere il paganesimo. Dall’altra, alcuni riformatori non si schierarono contro il Rinascimento (Lutero e Melantone, Zwingli e Calvino avevano un’educazione umanistica). Dopo il 1530 le critiche al paganesimo classico divennero sempre più frequenti e radicali. Sia cattolici che protestanti si schierarono contro Luciano, accusandolo di scetticismo, blasfemia e ateismo. Nonostante questo, i valori umanisti non venivano rifiutati del tutto ma accettati nel contesto dell’ibridazione. I testi umanistici venivano riletti in chiave protestante. Gli umanisti protestanti formarono una rete internazionale di scambi culturali. I riformatori cattolici erano infastiditi dal riferimento a una tradizione pagana. Molti testi del Rinascimento vennero inseriti nell’Indice dei libri proibiti, come il “Decameron” di Boccaccio e “Elogio alla pazzia” di Erasmo. Venivano criticate anche le chiese di pianta circolare sul piano dell’architettura. Grazie alle mediazioni dei Padri della Chiesa, si costituì una sorta di contaminazione tra valori dell’Umanesimo e quelli della Controriforma. Un importante contributo venne dato dai collegi dei Gesuiti, dove nel programma di studi vennero inseriti gli studi umanistici e venivano studiati autori come Cicerone, Quintiliano e Virgilio. Il ruolo dei gesuiti fu importante anche per la diffusione dell’architettura rinascimentale nel resto d’Europa. L’aristocratizzazione delle arti Le corti periferiche europee e i nobili stavano acquistando sempre più importanza. Molti nobili erano cultori dell’Umanesimo e mecenati; le corti erano luoghi di fioritura artistica e intellettuale dove si radunavano artisti di tutta Europa (corte di Filippo II di Spagna, corte di Rodolfo II a Praga). Per quanto riguarda le città, la novità più significativa fu l’affermazione del teatro commerciale. Per la prima volta gli attori potevano svolgere l’attività in un luogo stabile, senza girovagare e spostarsi di luogo in luogo. L’Umanesimo civile stava entrando in una fase di declino. Gli ideali di tale Umanesimo sopravvissero solo nelle Province Unite. Si va incontro a un processo di aristocratizzazione. I nobili non erano più solo mecenati ma iniziarono ad essere scrittori e autori. La dignità maggiore era assunta dalla poesia e molti nobili coniugavano la poesia con il lavoro militare. Il mecenatismo era largamente praticato nelle residenze di campagna dei duchi, da parte di cancellieri, ministri o di personalità ecclesiastiche. I cardinali Farnese e Granvelle furono due importanti mecenati e ammiratori della cultura umanista. Questo processo di aristocratizzazione riguardò anche le donne. Questo periodo è stato caratterizzato da un processo di “femminizzazione” del Rinascimento. La posizione delle donne divenne meno marginale, tuttavia poche donne riuscirono a servirsi del loro talento letterario per criticare una società che limitava pesantemente le loro opportunità. Esse erano attive sia nel campo del mecenatismo che per quanto riguarda gli studi umanistici. In particolare le donne nobili e le figlie di umanisti ricevevano un’educazione di stampo umanistico (vedi la figlia di Bembo, Elisabetta I, Lady Jane Gray). Le donne erano interessate a un gran numero di forme d’arte: da donne pittrici a poetesse, a musiciste e infine attrici. Il tardo Rinascimento fu caratterizzato da una maggiore espansione sociale e geografica del movimento. Una grande varietà di gruppi fece proprie e rielaborò idee e forme artistiche riservate inizialmente a un élite. L’ADDOMESTICAMENTO DEL RINASCIMENTO Il Rinascimento si trasformò in virtù della sua diffusione in altri Paesi/gruppi sociali. Non si parla di innovazione ma di quotidianità per via del condizionamento che esso ha sullo stile di vita e sulla mentalità (attenzione particolare ai nobili e al clero). Addomesticamento = ingresso del Rinascimento nelle case e nella vita quotidiana. Italofobia e italofilia In molte zone d’Europa la cultura italiana era molto di moda presso le corti. In particolare in Polonia e in Francia nel tardo 500 e nell’Inghilterra elisabettiana. L’Italia era considerata un modello sia di vita che artistico. Alla fine del secolo ci fu un forte fenomeno di anti-italianizzazione. L’ostilità nei confronti dell’Italia era dovuta: alla diffidenza per via della sede del papato (i protestanti soprattutto), all’imperialismo culturale degli italiani (complesso di inferiorità culturale per gli altri paesi). La paura dell’Italia si esprimeva attraverso la metafora del veleno. Cultura materiale Gli aspetti materiali possono essere considerati gli elementi che hanno definito lo “chic rinascimentale”. L’architettura e l’edilizia divennero affari molto seri. I nobili italiani abitavano nelle città e solo nella stagione estiva si ritiravano nella casa in campagna; gli europei vivevano nei castelli o in grandi proprietà di campagna. Fu qui che ci fu un grande sviluppo delle tipiche case di campagna rinascimentali. Si seguì lo stile italiano/classicheggiante anche se alcuni particolari venivano rigettati (come i portici, in Inghilterra). Lo stile italianeggiante toccò anche le residenze urbane (in particolare la facciata). La veloce diffusione di queste forme classiche fu resa possibile dai libri di modelli. Questi non erano esclusivamente di modelli classici o italiani, ma anche dello stile grottesco. Ciò permise un processo di ibridazione architettonica. Questa fu l’età della “scoperta delle cose”: oggetti e mobili di lusso divennero un tentativo di costruire la propria identità secondo i canoni del nuovo stile. Verso la seconda metà del Seicento si trasformò l’interno e l’esterno delle abitazioni. Straordinarie pitture, orologi, letti a baldacchino, biblioteche, caminetti in marmo, posate, armi e armature da esposizione per l’interno. Lo studiolo (scrittoio) divenne un luogo importante nelle abitazioni, per il collegamento con lo studio. Nacquero i musei, dove venivano esposte le statue e gli oggetti artistici che facevano parte delle collezioni private (es. gli Uffizi). Il termine museo venne introdotto dal vescovo Paolo Giovo per la prima volta. Oltre ai musei si svilupparono le gallerie. Anche i giardini venivano utilizzati per l’esposizione all’aperto di statue, ricostruendo l’atmosfera degli antichi giardini romani (esempio giardino di Boboli, giardini medicei). Le stesse città subirono delle modifiche per essere rese più geometriche e meno casuali. I tentativi di pianificazione urbana fuono applicati tanto in Italia e in Europa quanto all’estero (le città del Nuovo Mondo seguivano reticoli a scacchiera o una strada centrale rettilinea). Le piazze in particolare venivano rese simmetriche (San Marco a Venezia, Piazza del Campidoglio a Roma e Piazza dell’Annunziata a Firenze). Pratiche del Rinascimento L’intera vicenda rinascimentale andrebbe considerata come un insieme di pratiche culturali. L’insegnamento del latino divenne fattore di quotidianizzazione del Rinascimento e scuole di latuno sorsero in tutta Europa. Anche la pratica teatrale veniva utilizzata per migliorare la gestualità, la retorica e l’eloquio. I libri di citazione contenevano frasi ed esempi canonici su come usare la retorica in determinati ambiti (funerali, tribunali, predicazione). La pratica di scambiarsi doni, ritratti, libri o autografi era molto comune tra amici umanisti; allo stesso tempo si sviluppò l’attività di collezionismo di oggetti antichi e libri. Si trasformarono anche le pratiche linguistiche e i termini del linguaggio: era uso latinizzare i propri nomi o i
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