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riassunto il secondo sesso di simone de beauvoir, Sbobinature di Sociologia di Genere

il riassunto è completo. fatto capitolo per capitolo, si può anche evitare di leggere il libro e studiare solo da questo, per quanto è completo ed è analizzato in profondità

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

In vendita dal 08/10/2022

l.huijbers
l.huijbers 🇮🇹

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Scarica riassunto il secondo sesso di simone de beauvoir e più Sbobinature in PDF di Sociologia di Genere solo su Docsity! SIMONE DE BEAUVOIR – IL SECONDO SESSO Il “secondo sesso” di Simone de Beauvoir affranca la donna dal suo status di minore che la obbliga ad essere Altro dall'uomo senza avere a sua volta né diritto né opportunità di costituirsi come Altra. L'autrice passa in rassegna, con veemenza da polemista di razza, i ruoli attribuiti dal pensiero maschile alla donna- sposa, madre, prostituta, vecchia.- e i relativi attribuiti- narcisista, innamorata, mistica. Approda nella parte conclusiva,dal taglio propositivo, alla femme indépendante, che non si accontenta di aver ricevuto una tessera elettorale e qualche libertà di costume, ma che attraverso il lavoro, la indipendenza economica, e la possibilità di autorealizzazione che ne deriva, riuscirà a chiudere l'eterno ciclo del vassallaggio e della subalternità al sesso maschile. De Beauvoir sfida i cultori del gentil sesso criticando le leggi repressive in materia di contraccezione e aborto, il matrimonio borghese, l'alienazione sessuale economica e politica. Provoca il pubblico conservatore, cerca il riconoscimento personale, rivendica la solidarietà collettiva. Fa di una sfida metafisica, una realtà sociale. Il “secondo sesso” è un presupposto necessario per qualsiasi riflessione passata e futura sulla donna. PREFAZIONE- LIBERTA' A RISCHIO A metà del xx secolo si è verificato un avvenimento di cui fatichiamo a valutare la portata: il secondo sesso è libero! Unendo, anche solo nella prospettiva di un combattimento interminabile, le donne la cui libertà era a rischio, Simone de Beauvoir fece scandalo, ma anche scuola: il femminismo ne è la testimonianza. Ma ciò che stava avvenendo era qualcosa di più radicale, di più importante; si trattava e si tratta ancora oggi di una mutazione antropologica in corso, esplosa in Francia e diffusa come polvere. – donna si nasce, ma io lo divento Il “secondo sesso” (1949) inizia sostenendo che la libertà delle donne è un diritto all'uguaglianza con con l'uomo, all'orizzonte della libertà universale che permette l'accesso all'umanità vera. “Il dramma della donna consiste nel conflitto tra la rivendicazione fondamentale di ogni soggetto che si pone come essenziale, e le esigenze di una situazione che fa di lei un inessenziale. Data questa sua condizione, in che modo potrà realizzarsi come essere umano? Il che equivale a dire che non poniamo la sorte dell'individuo in termini di felicità, ma in termini di libertà.Il programma di De Beauvoir è racchiuso nella frase “Donna non si nasce, lo si diventa”. Quasi 50 anni dopo, questi enunciati sono diventati una realtà sociale. L'autrice ha dato vita ad importanti adattamenti che non hanno smesso di plasmare la libertà femminile: questo significa che le dobbiamo persino la stessa libertà di pensare, con lei o contro di lei. Sappiamo però che convenzionalmente il culto del fallo si esprime con la riduzione dei corpi sensibili e delle differenze singolari rispetto all'uomo universale. Questa idealizzazione della mascolinità fallica procede con i discredito del corpo desiderante femminile, percepito come “una cosa opaca, alienata” di fronte al sesso maschile “pulto e semplice come un dito”. – La coppia come spazio del pensiero L'evidenza dell'eterno e dell'universale maschile tradisce in effetti una sorda adesione all'ontoteologia erede del culto fallico e paterno. Implica una inevitabile e deplorevole dipendenza della donna dal legame amoroso, che nessuna emancipazione pare in grado di scuotere. Pertanto proprio al centro di un universalismo fallico, l'autrice rivela la guerra in cui i due sessi si scatenano, con una missione egualitaria come fine. De Beauvoir arriva in tempo per per debiologizzare la donna, situata nelle società patriarcali che ne hanno fatto un oggetto, per elevarla al rango di soggetto. Ed è proprio alla realizzazione della donna soggetto che l'autrice attinge per mostrare che cosa significa libertà al femminile. – Il romanzo o la filosofia politica al singolare Sartre e de Beauvoir hanno senza dubbio dimostrato allo stesso tempo l'impossibilità dell'unione uomo- donna di riconoscenza e stima tra individui autonomi. E quest'ultima cortesia fa apparire questa coppia, a suo modo, come un dibattito, uno spazio del pensiero in cui il pensiero diventa dialogo tra i due sessi. Con la de Beauvoir il romanzo è l'atto di affermazione esistenziale con cui l'invivibile singolare si trasforma in scommessa politica e viceversa. I suoi romanzi distruggono la statua femminista e fanno entrare il ”secondo sesso” nel cuore di ciascuna e di ciascuno. E ne fanno qualcosa di più di un mito: un invito a singolarizzare il politico e a politicizzare il singolare. A 100 anni dalla sua nascita, le conseguenze sulla mutazione antropologica che suscitato sono attuali nel bene e nel male. PARTE PRIMA- DESTINO 1. I dati della biologia La donna? E' semplicissimo, è una matrice, un'ovaia, una femmina e ciò basta per definirla. In bocca all'uomo la parola femmina suona come un insulto; eppure l'uomo non si vergogna della propria animalità, anzi è orgoglioso se si dice di lui che è un maschio. La parola femmina non è un peggiorativo perchè colloca le radici della donna nella natura, ma perché la imprigiona nel sesso, e tale sesso appare al maschio spregevole, a causa dell'inquieta ostilità che la donna suscita in lui, perciò vuol trovare nella biologia una giustificazione a questo sentimento. La biologia constata la divisione dei sessi, ma nemmeno la biologia può dedurla dalla struttura della cellula o dalle leggi di moltiplicazione cellulare o da altri fenomeni elementari. L'esistenza di gameti eterogenei non basta a creare due sessi distinti; in realtà accade spesso che la differenziazione delle cellule generatori non porti alla scissione della specie in due tipi: esse possono appartenere ambedue allo stesso individuo. E' il caso delle specie emafrodite, così numerose nelle piante, ma anche in molti anellati e molluschi. La riproduzione avviene allora per autofecondazione o per fecondazione incrociata. La separazione degli individui in maschi e femmine si presenta allora come un fatto irriducibile e contingente. E' noto il principio platonico: al principio c'erano uomini, donne e androgini, ognuno aveva due visi, quattro braccia, quattro gambe e due corpi. Un giorno vennero spaccati in due come si spacca un uovo, e da allora ogni metà cerca di raggiungere la della donna è assai più complessa. La crescita della giovinetta è analoga a quella del ragazzo, ma al tempo della pubertà la specie riafferma i suoi diritti: sotto l'influenza del ciclo ovarico aumenta il numero di follicoli in via di crescenza, l'ovaia si congestiona e si ingrossa, uno degli ovuli raggiunge la maturità e si apre il ciclo mestruale. E' interessante notare come questo avvenimento prenda l'aspetto di una crisi: la donna non permette alla specie di prendere possesso di lei senza esporre resistenza. Ci sono fattori esterni che influenzano una donna in questa fase e che le fanno spesso perdere l'equilibrio, ella è conformata più sui bisogni dell'ovulo che sui propri e si sente estranea, alienata. Dalla pubertà alla menopausa essa è sede di una storia che si svolge in lei e che non le riguarda personalmente. Gli anglosassoni chiamano la mestruazione “the curse” “la maledizione” e infetti il ciclo non ha alcuna finalità individuale. Questo è il periodo in cui essa sperimenta il suo corpo come una cosa opaca alienata in preda ad una vita ostinata ed estranea che ogni mese fa e disfa una culla. La donna come l'uomo è il suo corpo, ma il suo corpo è altro da lei. La donna è profondamente alienata condannata ad essere in una condizione di inferiorità. L'asservimento della donna alla specie, i limiti delle sue capacità sono fatti di estrema importanza; il corpo della donna è uno degli elementi essenziali della situazione che ella ha nel mondo, una siyuazione di grandissima fragilità. La donna è più debole dell'uomo,possiede minor forza muscolare, minor numero di globuli rossi, minore capacità respiratoria, è meno rapida nella corsa, non è in grado di sollevare pesi quanto l'uomo, non può batterlo nella lotta, a questi dati biologici si aggiungono squilibrio fragilità, instabilità, mancanza di controllo, dati sempre da fattori fisici. Questa è la realtà e la sua possibilità di far presa sul mondo è dunque minore. Insomma la sua vita individuale è meno ricca di quella dell'uomo. Ma questo non giustifica l'inferiorità sociale data alla donna Si tratta di sapere in che modo la natura si sia rielaborata in lei nel corso della storia; si tratta di sapere che cosa ha fatto l'umanità della femmina umana. Occorre dunque indagare con cura il destino tradizionale della donna, solo così potremmo capire i problemi specifici che si pongono alle donne, le quali eredi di un doloroso passato, vogliono però forgiarsi un avvenire nuovo. Ci soffermiamo quindi sull'educazione e sui costumi che la forgiano e la circondano. PARTE PRIMA – FORMAZIONE 1. Infanzia Donna non si nasce lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l'aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell'uomo. Tanto nelle femmine che nei maschi, il corpo è prima di tutto l'irradiarsi di una soggettività, lo strumento indispensabile per conoscere il mondo: si conosce, si afferra l'universo con gli occhi, le mani, non con gli organi sessuali. I drammi della nascita e dello svezzamento avvengono nello stesso modo per entrambi i sessi, l'uno e l'altro hanno i medesimi interessi e gli stessi piaceri. Nei primi 3\4 anni non c'è differenza tra l'atteggiamento dei maschi e quello delle femmine, gli uni e le altre si sforzano di perpetuare la beata condizione che precedeva il primo svezzamento; negli uni e negli altri c'è i desiderio di sedurre; il bambino, non meno della sorellina, vuol piacere, provocare dei sorrisi, farsi ammirare. Al secondo svezzamento le cose cambiano: il corpo della madre toglie le carezze al bambino e baci e tenerezze gli vengono negati. La bambina invece continua ad essere circondata da moine, vive attaccata alle gonne della madre, il padre la prende in braccio e scherza con lei, al ragazzo viceversa la civetteria è proibita, anche le manovre di seduzione e le scene che crea per guadagnarsi l'affetto, irritano: “un uomo non piange..” si vuole da lui che diventi un “ometto”; conquisterà la loro approvazione liberandosi di loro,diverrà simpatico se non cercherà di piacere. Si fa capire al bambino che i sacrifici che gli sono richiesti sono una prova della superiorità maschile; per sostenerlo nella vita difficile che gli si presenterà, gli predicano l'orgoglio della sua virilità che si incarna nel pene. La fierezza verso il piccolo sesso indolente non nasce in lui in modo spontaneo, gli viene istillata dall'ambiente. Madri e balie perpetuano la tradizione che assimila il fallo all'idea del maschio. Il pene è per il bambino una sorta di compensazione – inventata dagli adulti e accettata con ardore dal bambino – dei rigori dell'ultimo svezzamento: con quel mezzo si difende dal rammarico di non essere più un neonato, di non essere una femminuccia, già indicato come l'essere più debole. Il destino della bambina è molto diverso. Madri e nutrici non hanno per i suoi organi genitali alcuna attrazione o tenerezza, non eccitano alcuna curiosità attorno a quell'organo segreto, di cui si vede appena l'involucro e che non si lascia prendere in mano: in qualche modo la bambina non ha sesso., e un'insieme di fattori può trasformare questo in inferiorità. In diverse funzioni, anche le più semplici, la bambina sente la sua inferiorità: anche nell'atto orinatoio la bambina deve accovacciarsi, denudarsi e quindi nascondersi, mentre il maschio può restare in piedi. Ma ancora la bambina vive con un senso di vergogna anche negli sfoghi d'urina improvvisi e involontari come per esempio nel ridere, invece il ragazzo ha più controllo in questo atto, può adirittura controllare la distanza di orina lanciata lontano e questo gli scaturisce un senso di potenza. Le bambine invidiano ai bambini la possibilità di esibirsi che gli è permessa: gli organi femminili sono tabù. E' chiaro che l'assenza del pene segnerà una parte importante nel destino della fanciulla. La bambina non può incarnarsi in nessuna parte del proprio corpo. A titolo di compensazione i genitori le mettono in mano una bambola che diverrà il suo alter ego. Da notare che in francese la bambola si dice poupée che è lo stesso termine per indicare la benda con cui si fascia un dito ferito. La gran differenza sta in questo: la bambola raffigura da un lato il corpo nella sua totalità, ma dall'altra è un oggetto passivo. In tal modo la fanciulla viene spinta ad alienarsi insieme al suo corpo e a considerarlo come un dato inerte. Mentre il ragazzo si cerca nel pene in quanto soggetto autonomo, la fanciulla vezzeggia e abbiglia la bambola nel modo in cui sogna di essere le abbigliata e vezzeggiata; in un secondo momento poi si rifletterà sulla bambola come una mamma prendendosi cura di lei,ma anche sgridandola e imponendo la sua autorità, a volte le strappa anche un braccio, la picchia, proiettandosi così già al suo destino, e compiendo in essa la duplice esperienza dell'affermazione soggettiva e dell'alienazione. Qui l'influenza dell'educazione e dell'ambiente è immensa. La bambina constata che la cura dei piccoli spetta alla madre, tutti glielo insegnano e la sua “vocazione” le imposta con prepotenza. La madre le addossa una quantità di lavori affinché diventi subito una donna di casa. La bambina si sente precoce, è orgogliosa di fare la parte della madre, parla con saggezza e si sente superiore rispetto ai fratelli maschi ancora immersi nel mondo d'infanzia, anche se vorrebbe giocare con loro, ma non può. Nonostante le compensazioni, accetta malvolentieri il destino che le è assegnato, crescendo con invidia verso i fratelli. I genitori e così tutta la società parla ai ragazzi con gravità e rispetto e alla ragazze con disprezzo, lo stesso disprezzo che accumulano i ragazzi nei confronti delle ragazze perchè inculcato e si sentono subito superiori. La gerarchia dei sessi appare prima di tutto un'esperienza familiare, con l'affermazione della superiorità maschile. Nei romanzi contemporanei e anche nei più antichi l'uomo è l'eroe privilegiato; le dee della mitologia sono frivole e capricciose e tutte tremano davanti a Giove, e mentre Prometeo ruba superbamente il fuoco dal cielo, Pandora apre il vaso maledetto. Tutti i fatti importanti accadono attraverso gli uomini. La realtà conferma tali romanzi e leggende. La massima necessità delle donne consiste nell'incantare il cuore maschile, mentre il sesso opposto compie gesta eroiche in società e politica, vivendo bene indipendentemente e non preoccupandosi delle donne se non per la procreazione e quindi per il continuo della sua stirpe, cosa che gli porta un prestigio insestimabile soprattutto se sarà un maschio. La bambina invece sarà sposa, madre, nonna; si occuperà della casa, esattamente come sua madre, curerà i bambini e si limiterà a far questo o al massimo a ricamare, e indossare abiti che le impacciano e che non le faranno avere libertà nemmeno nei movimenti. Per noia e per compensare l'inferiorità di cui soffrono si abbandonano a tetre e romanzesche fantasie; prendono il gusto a quel facile senso di evasioni e smarriscono il senso del reale. Cercano una consolazione in sentimenti narcisisti, vedono in sé le eroine del romanzo, si ammirano e si compiangono. E' naturale che diventino civette e commedianti. La bambina sente che il suo corpo le sfugge, che non è più la chiara espressione della sua individualità; le diventa estraneo e allo stesso tempo è colta dagli altri come una cosa. La pubertà ha per i due sessi un significato radicalmente diverso perchè non presuppone loro lo stesso avvenire. In una società posta su un piano di uguaglianza sessuale, potrebbe affrontare la mestruazione come la sua maniera individuale di accettare la vita da adulta, invece i mestrui fanno orrore all'adolescente perché la precipitano in una categoria inferiore e mutilata. Basti pensare che in alcuni paesi musulmani la ragazza e così i fratelli o la famiglia nasconde che loro figlia\sorella ha si è sviluppata perchè altrimenti la devono dare in sposa e costringerla al suo destino, perdendola per sempre. Le fanciulle esprimono così la paura dello sviluppo, dello stupro, della gravidanza e del parto e sperano che il chirurgo le salverà da questo pericolo ignoto. Capisce di essere destinata al possesso e che non può ribellarsi. Teme la vergognosa passività della preda consenziente. con il proprio passato e viene annessa all'universo dello sposo, gli fa dono della sia persona, della propria verginità e di una rigorosa fedeltà. Perde una parte dei diritti da nubile ed è in una posizione di obbedienza rispetto al marito, alla pari del figlio con il genitore. La donna non ha altro compito se non quello di conservare la vita nella sua pura e identica generalità; perpetua la specie immutabile assicura il ritmo uguale delle giornate, la permanenza del focolare di cui custodisce le porte chiuse; a lei non le è data nessuna presa diretta sull'avvenire né sull'universo, si supera verso la collettività solo attraverso lo sposo, che invece ha presa sulla vita politica di cui conosce il mutamento e il progresso. L'atto amoroso della donna è il completo servizio verso l'uomo, e visto che per le donne molti mestieri sono mal pagati e ingrati, il matrimonio costituisce una carriera molto più vantaggiosa di molte altre. La donna rinuncia al suo essere nubile e a tutti i suoi diritti per essere ricompensata dalla guida, dalla protezione e dalla forza del maschio. Ella trova nel matrimonio nello stesso tempo la forza di vivere e il senso della vita. Ma a prezzo di cosa? Di una serie di doveri a cui non si può sottrarre. L'uomo non si interessa infetti in gran parte della casa perché ha accesso all'universo intero e perché può affermare sé stesso nei suoi progetti, mentre la donna è chiusa nella comunità coniugale. Il focolare diviene il centro del mondo e la sua unica verità. Poichè non fa niente la donna cerca sé stessa avidamente in ciò che ha. Dall'amministrazione della sua casa, trae la sua giustificazione sociale; suo compito è anche quello di curare i cibi, il vestiario, in generale il mant6enimento della famiglia. In tal modo essa stessa si realizza come attività. Ma è un'attività che non le permette una particolare affermazione di sé stessa. Poiché la donna trovi in ciò delle soddisfazioni positive, è necessario che dedichi le sue cure ad una casa di cui è fiera, altrimenti non conosce mai il piacere della contemplazione, che è il solo in grado di ricompensare i suoi sforzi. Così il lavoro che la donna segue all'interno del focolare non le conferisce un'autonomia, non è direttamente utile alla comunità, non sbocca nell'avvenire, non produce niente. Non è permesso alla donna fare un'opera positiva e quindi farsi riconoscere come una persona compiuta. Per quanto rispettata sia è sempre subordinata, secondaria, parassita. Il senso stesso della sua esistenza non è il suo potere, è questa è la pesante maledizione che grava su di lei. Per questo i successi della vita coniugale sono molto più importanti per lei che per l'uomo, perché rappresentano la sua fonte di soddisfazione, che l'uomo ha invece nella vita fuori. Questi è infatti un cittadino, un produttore, prima di essere un marito, mentre la donna è esclusivamente una sposa. Niente è più deprimente di un destino su cui non si ha presa. Il matrimonio stimola l'uomo ad un capriccioso imperialismo: tra tutte le tentazioni quella di dominare è sicuramente la più forte, comanda con voce severa, oppure grida, da i pugni sulla tavola, e in questo la donna è condannata solo alle lacrime e alla violenza, ma pur rifiutando il predominio del marito, non vuol perderlo. Finché l'uomo sarà l'unico ad avere una posizione economica e deterrà i privilegi che gli conferisce la società sarà sempre in una posizione di tiranno rispetto alla donna. Questa quindi avrà un'autentica autonomia solo con un lavoro autonomo al di fuori del focolare e dunque una indipendenza economica, smettendo di essere un parassita per l'uomo ed un essere da mantenere alla pari di un figlio. Ma finché l'uomo detiene la responsabilità economica, l'uguaglianza non è che un'illusione. E' in realtà il figlio che porta alla donna una certa autonomia che la dispensi a consacrarsi a qualunque altro fine. Se come sposa non è un individuo completo, lo diventa come madre. Il figlio è la sua gioia e la sua giustificazione. Per suo mezzo si realizza del tutto, sessualmente e socialmente e per suo mezzo l'istituzione del matrimonio acquista il suo senso e raggiunge il suo scopo. Esaminiamo dunque questa tappa suprema nello sviluppo della donna. 4. La madre Attraverso la maternità la donna raggiunge il compimento completo del suo destino fisiologico; è questa è la sua vocazione naturale, poiché tutto il suo organismo è orientato verso la perpetuazione della specie. Ma la società umana non è mai abbandonata alla natura, e specialmente da circa un secolo la funzione riproduttrice non è più comandata solo dal caso biologico, ma è controllata dalla volontà umana. Alcuni paesi hanno adottato il metodo del birth- control, nelle nazioni sottomesse al cristianesimo c'è il coito interrotto, o la donna dopo l'atto amoroso elimina dal suo corpo gli spermatozoi con un pillolaa o con l'aborto. Purtuttavia l'aborto viene ancora considerato un crimine ripugnante ed è indecente alludervi. Il codice si ostina a farne un delitto ed esige che questa delicata operazione sia eseguita clandestinamente, con gravi rischi per la donna. Le ragioni pratiche invocate contro l'aborto legale non hanno alcun valore, le ragioni morali poi si riducono al vecchio argomento della chiesa cattolica. Il feto ha un'anima a cui si chiudono le porte del paradiso senza battesimo. Spesso questo atto è compiuto illegalmente e quindi le condizioni in cui viene praticata l'operazione sono disastrose e terminano con la morte della donna che si abortisce. Più diffuso è l'aborto terapeutico praticato ad esempio in Svizzera dove questa è un'operazione benigna se praticata da uno specialista con tutte le garanzie dell'igiene. In compenso, non c'è crimine più grande di quello di una fanciulla sola, senza denaro, che si vede costretta ad un crimine per cancellare una colpa che il suo ambiente non le perdonerebbe mai; la maternità illegittima è ancora una colpa così orribile che molte preferiscono il suicidio o l'infanticidio. Questa è la sorte che spetta ogni anno a migliaia di studentesse, operaie, contadine, segretarie ed impiegate disperate. Anche gli uomini proibiscono universalmente l'aborto, ma lo accettano come caso particolare come comoda soluzione. La donna è spesso troppo timida per ribellarsi deliberatamente contro la malafede maschile; pur considerandosi vittima di un'ingiustizia non ha alternativa. Vediamo quindi come gravidanza e maternità vengono vissute in modo molto diverso a seconda che si svolgono nella ribellione, nella rassegnazione, e nella soddisfazione o nell'entusiasmo. Se la desidera sinceramente si rallegrerà della gravidanza e cercherà di condurla a termine; se è ancora dominata,si rimetterà nelle mani materne e il neonato sarà per lei più un fratellino o una sorellina piuttosto che il frutto della sua carne. Il rapporto della donna con la madre è particolare. E' sempre presente un senso di colpa nei suoi riguardi ed è spesso conflittuale, tanto che anche con la prole la donna ha il timore che questo la ucciderà o morrà dandolo alla luce. Tuttavia se la gravidanza è indesiderata sfuggirà dal suo carnefice per incontrarsi con quello della sua giovinezza. Queste disposizioni psicologiche hanno un'enorme influenza sulla durata e la difficoltà del parto. Nel momento stesso in cui la donna compie la realizzazione del suo destino femminile, è ancora dipendente. Altri problemi nascono poi con il sesso del feto. Se è un maschietto il padre si sentirà orgoglioso se invece è una femminuccia, il padre sottolinea i difetti del bambino come di un pranzo mal riuscito. Allo stesso modo la madre sarà contrariata di aver generato una donna e cercherà di proteggerla e di indirizzarla e prepararla verso il suo destino da schiava, imponendole i compiti più severi e umiliando le sue ridicole iniziative che prescindono dai compiti casalinghi. Ma allo stesso tempo la madre spera attraverso la figlia di riscattare la sua inferiorità facendo di colei che considera la sua copia una creatura superiore. Spesso si dichiara tra di loro una lotta aperta, spesso vince la ragazza ma la sua vittoria si trasforma il colpa, l'atteggiamento della madre genera in lei ribellione e rimorsi. Per amore o per forza la madre finisce per accettare la propria sconfitta. Quando la figlia diventa adulta si stabilisce tra loro un'amicizia più o meno tormentata, ma l'una rimane sempre frustrata e delusa e l'altra crederà di essere per sempre perseguitata da una maledizione. Il rapporto tra genitori e figli così come quello tra gli sposi vorrebbe essere voluto liberamente. Sarebbe desiderabile per il bene del bambino che la madre sia una persona completa e non mutilata, una donna che trovi nel lavoro e nel rapporto con la collettività un compimento di sé senza cercare di raggiungerla tirannicamente verso di lui. Tra gli arabi, gli indiani, e in molte popolazioni rurali, la donna non è che una femmina domestica che si apprezza a seconda del lavoro che fa e si sostituisce senza rimpianto se scompare. Nella società moderna elle è agli occhi del marito più o meno individualizzata, ma a meno che non rinunci del tutto al suo io, soffre di essere ridotta alla pura generalità. Ella è la padrona di casa, la sposa, la madre unica e indistinta. La donna nella civiltà moderna invece vuole invece essere considerata dagli altri come “questa” padrona di casa, “questa” sposa, “questa” madre , “questa” donna. E' qusta la soddisfazione che ricercherà nella sua vita sociale. 5. Situazione e carattere della donna Siamo ora in grado di capire come in quasi tutte le requisitorie volte contro la donna dal tempo dei greci fino ai nostri giorni, si ritrovino tanti caratteri comuni: la sua condizione è rimasta immutata attraverso superficiali cambiamenti ed è quella che definisce il suo cosiddetto carattere. C'è della verità in queste affermazioni, ma i caratteri associati alla donna non sono frutto del suo sviluppo biofisico, ma sono profondamente determinati dalla sua situazione. La sorte della donna è l'obbedienza e il rispetto. La famiglia, la scuola, la società le solitudine e perciò rende la sua dipendenza ancora più stretta e così quando viene abbandonata non possiede più nulla, né amici e neanche la famiglia da cui si è allontanata per idolatrare l'amato. L'amore autentico dovrebbe essere fondato sul riconoscimento reciproco di due libertà; ognuno dei due amanti allora si proverebbe come sé stesso e come altro, nessuno rinuncerebbe alla propria trascendenza, nessuno si mutilerebbe; ambedue scoprirebbero insieme valori e fini, arricchendosi l'un l'altro. E' un amore basato sul piano di uguaglianza, in cui entrambi i sessi mantengono il loro destino nelle proprie mani. Il giorno in cui sarà possibile amare la donna per la sua forza e non per la sua debolezza, l'amore diverrà per lei fonte di vita e non mortale pericolo. 8. La donna mistica L'amore è stato assegnato alla donna come suprema vocazione e quando lo rivolge ad un uomo, è Dio che cerca in lui: se le circostanze proibiscono l'amore umano, se è delusa o ha troppe esigenze, sceglierà di adottare la divinità di Dio stesso. Accoglierà come schiava nel proprio cuore la grandezza di un amore che cade dall'alto. Amore umano e amore divino si confondono, non perché questo sia una subordinazione di quello, ma perché questo sia una sublimazione di quello, ma perché anche il primo è un movimento verso la trascendenza, l'assoluto. In ogni caso per la donna innamorata si tratta di salvare la propria esistenza contingente unendola al tutto chiamato Persona sovrana. Questo è lo scopo a cui tende ogni donna mistica. L'uomo che le fa da intermediario è utile talora è per prendere lo slancio verso il deserto del cielo, ma non le è indispensabile. La donna cerca anzitutto nell'amore divino ciò che l'innamorata chiede all'amore dell'uomo: l'apoteosi del suo narcisismo. La maggior parte delle donne mistiche non si contentano di abbandonarsi passivamente a Dio, cercano di annientarsi attraverso la distruzione della propria carne. In tal modo è appagata dalle fantasie sadomasochiste: è lei che giace sulla croce, destinata allo splendore della Resurrezione. Il fervore mistico, come l'amore e il narcisismo stesso, possono essere integrati a vite attive e indipendenti. Ma in sé questi tentativi di salvezza individuale non possono aver come risultato una sconfitta; o la donna si mette in rapporto con un irreale: la sua propria immagine o Dio; o crea un rapporto irreale con un essere reale; in ambedue i casi essa non ha presa sul mondo, non sfugge alla sua soggettività. La sua libertà rimane mistificata e non c'è altro modo per ottenerla autenticamente se non quello di proiettarla per mezzo di un'azione positiva nella società umana. PARTE QUARTA – VERSO LA LIBERAZIONE 9. La donna indipendente Il codice francese non pone più l'obbedienza del numero dei doveri alla sposa e ogni cittadina è diventata un'elettrice; queste libertà civiche rimangono astratte quando non sono accompagnate da un'autonomia economica; la donna mantenuta sposa o cortigiana non può dire di essersi liberata dall'uomo perché ha tra le mani una scheda elettorale; se il costume le impone minori costrizioni di un tempo, queste libertà negative non hanno modificato profondamente la sua situazione; ella rimane chiusa nella sua condizione di vassalla. E' per mezzo del lavoro che la donna ha superato in gran parte la distanza che la separava dall'uomo, e soltanto il lavoro può garantirle una libertà concreta. La maledizione di una donna vassalla è che non le è consentito di fare niente, ora si ostina nell'inseguimento della libertà attraverso il narcisismo, l'amore, la religione e acquista la sua trascendenza. Nei suoi progetti si afferma come soggetto e sperimenta le sue responsabilità. D'altra parte la struttura sociale nel quale ella vive, non è stata profondamente trasformata per l'evoluzione della condizione femminile, mantenendo ancora la struttura del patriarcato. Non bisogna sottovalutare questo da cui emerge la complessità del lavoro femminile. Il salario delle donne è minimo, e la vita nella società è molto elevata economicamente. Le donne non ricevono l'aiuto che sarebbe loro necessario per diventare concretamente pari agli uomini. E questo le mutila facendole sentire sempre inferiori o non adatte ai lavori più pesanti che spettano solo agli uomini. La donna non accetta adesso di essere ridotta al ruolo di femmina e non vuole mutilarsi, ma trova la forza in sé per essere rispettata come un essere pari. Quindi vediamo che l'idea di uguaglianza è definita artificialmente dai costumi e si impone in ogni donna dal di fuori, nella moda, nel comportamento e anche nel lavoro. Colei che non si uniforma si svaluta sessualmente e di conseguenza socialmente perché la società ha integrato i valori sessuali. Una donna che lavora, che ha delle responsabilità, che conosce l'asprezza della lotta contro le difficoltà della vita, ha bisogno, alla pari di un uomo, dello svago, di appagare i suoi desideri fisici, della distensione che le procurano fortunate avventure sessuali, senza avere il timore di compromettere la sua reputazione e la sua carriera. Le differenze tra i due sessi da questo punto di vista hanno origine dalla tradizione e dalle convenzioni e leggende sull'erotismo femminile. Una donna che non ha paura degli uomini, fa paura all'uomo: è necessario dunque che diventi passiva, sottomessa. C'è una strada che sembra molto meno spinosa per la donna ed è quella del masochismo. Quando durante il giorno si lotta, si lavora,si assumono delle responsabilità e dei rischi, abbandonarsi a forti capricci durante la notte costituisce una distensione. Innamorata o ingenua, la donna in realtà si compiace spesso di annientarsi per una volontà tirannica. Essa desidera vivere con un adulto con cui vivere un momento reale della sua vita e non con un bambino che le racconti delle favole. Ma sacrificare la sua professione per mantenere la pace domestica, è ormai lontano dai suoi standard. La vita in comune di due sessi liberi è per ognuno un mezzo di arricchirsi, e nelle occupazioni del coniuge ognuno trova la garanzia della propria indipendenza. La donna che basta a sé stessa liberà il marito dalla schiavitù coniugale che era il riscatto della sua schiavitù. La donna libera sta nascendo solo ora: solo quando avrà conquistato sé stessa, senza sentirsi mediocre, potrà essere una creatrice. Quel che è certo è che fin ora le capacità della donna sono state soffocate e disperse per l'umanità e che è veramente tempo, nel suo interesse e in quello di tutti, che le sia concesso finalmente di sfruttare tutte le sue possibilità senza sentire il peso della sua situazione storica e sociale. CONCLUSIONE No, la donna non è un nostro fratello. Con la nostra pigrizia e la corruzione ne abbiamo fatto un essere diversa da noi, sconosciuta, che ha per unica arma il proprio sesso; e ciò significa non solo la guerra perpetua, ma anche la cattiva guerra con le differenze di un piccolo eterno schiavo. La lotta dei sessi non è implicata automaticamente nell'anatomia dell'uomo e della donna è una cosa storica presente nella nostra tradizione maschilista e fallocentrica. La disputa continuerà fino a quando gli uomini e le donne non si riconosceranno simili. Se fin dall'età più tenera la bambina fosse educata con le stesse esigenze, lo stesso rispetto e le stesse severità e le stesse condizioni dei suoi fratelli, partecipando agli stessi studi, agli stessi giochi, il senso del complesso di castrazione e del complesso di Edipo sarebbe profondamente modificato. Così la ragazza non soffrirebbe di un complesso di inferiorità e mediocrità e non cercherebbe degli sterili espedienti per trascendere come il narcisismo o il masochismo. Non si tratta di un'educazione maschile per cui si scatenerebbero altri complessi in cui la fanciulla si sentirebbe un'eccezione subendo una nuova forma di specificazione, ma di un'educazione mista che potrebbe essere la soluzione a nevrosi ed ossessioni e dare sbocco alla donna ad una società meno tossica.
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