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Riassunto Il sistema costituzionale della magistratura Zanon Biondi capp 1 2 3 4 6, Sintesi del corso di Diritto Costituzionale

Riassunto completo dei capitoli 1-2-3-4-6 del libro Il sistema costituzionale della magistratura

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 05/10/2020

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Scarica Riassunto Il sistema costituzionale della magistratura Zanon Biondi capp 1 2 3 4 6 e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! IL SISTEMA COSTITUZIONALE DELLA MAGISTRATURA – Zanon Biondi CAPITOLO 1 – MAGISTRATI E GIURISDIZIONE 1. LA FUNZIONE GIURISDIZIONALE  Il giudice, nell’esercizio delle sue funzioni, si trova in una posizione di intermediarietà tra la sfera della politica e del potere e quella dei diritti degli individui, mettendo a contatto la LEX (diritto dal punto di vista della politica e del potere) e gli IURA (diritti dal punto di vista dei cittadini e della società). Questa posizione non corrisponde a una coerente collocazione ordinamentale del giudice: il giudice resta sempre un FUNZIONARIO STATALE, incardinato burocraticamente nell’organizzazione dello Stato-persona, anche se soggetto a regole peculiari.  La GIURISDIZIONE è quell’attività esercitata secondo diritto dai soggetti che l’ordinamento qualifica giudici, dotati di poteri decisori idonei a tradurre nel caso concreto la volontà della legge in un provvedimento finale, che può assumere l’autorità di cosa giudicata. Nell’esercizio della giurisdizione il giudice opera in condizioni di INDIPENDENZA DAL POTERE POLITICO e in posizione di TERZIETA’ e IMPARZIALITA’ rispetto agli interessi in causa. 2. CHI ESERCITA LA FUNZIONE GIURISDIZIONALE 2.1 Magistratura ordinaria e magistrature speciali  La nostra Costituzione accoglie il PRINCIPIO DELL’UNITA’ DELLA GIURISDIZIONE stabilendo all’ art 102 che la funzione giurisdizionale deve essere di regola esercitata dalla MAGISTRATURA ORDINARIA, cioè da giudici e pm istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario.  Questo principio VIETA l’istituzione dei GIUDICI STRAORDINARI, organi giudiziari creati DOPO il fatto commesso e in vista di uno specifico processo (creatia ad hoc). Essi sono volti a giudicare in merito a un solo fatto, in relazione a una determinata categoria di persone o per un periodo limitato nel tempo.  Lo stesso principio VIETA inoltre l’istituzione di GIUDICI SPECIALI, organi competenti a giudicare solo controversie che sorgano in determinate MATERIE. Ciò per garantire un’applicazione più uniforme della legge della funzione giudiziaria e quindi l’indipendenza stessa della magistratura. Il divieto presenta già nell’ art 103 alcune eccezioni di organi di giurisdizione speciale:  CONSIGLIO DI STATO  organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo art 100.  costituisce, con i TAR (Tribunali amministrativi regionali) giudicanti in primo grado, organo di Secondo grado della giustizia amministrativa  è articolato in più sezioni con funzioni consultive o giurisdizionali Ai TAR e alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di stato la costituzione all’art 103 affida la giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi giurisdizione esclusiva: in certe materie sono i giudici amministrativi e non quelli ordinari a giudicare della lesione degli interessi legittimi e anche della violazione dei diritti soggettivi da parte della pubblica amministrazione, anche condannando questa al risarcimento del danno.  CORTE DEI CONTI  svolge un controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo e di altri organi pubblici  svolge il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche  ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge: ad essa sono affidati i giudizi di responsabilità amministrativa (danni che possono arrecare ingiustamente gli impiegati e i funzionari dello Stato, delle Regioni o di altri enti pubblici nell’esercizio delle loro funzioni) i giudizi di responsabilità contabile (per danni arrecati da coloro che maneggiano denaro pubblico) i giudizi in materia pensionistica  TRIBUNALI MILITARI  in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge  in tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle forze armate  ALTRI GIUDICI SPECIALI istituiti PRIMA dell’entrata in vigore della Costituzione, organi che la VI disposizione transitoria e finale della Costituzione ha consentito di mantenere in vita. Questa stabilisce che entro 5 anni dall’entrata in vigore del testo costituzionale, il legislatore avrebbe dovuto procedere alla revisione degli organi speciali di giurisdizione esistenti, salve quelli direttamente previsti dall’art 103 Cost. La Corte costituzionale ha stabilito che tale disposizione permette l’adeguamento di questi organi al principio costituzionale di indipendenza. Se circondati dalle garanzie di indipendenza richieste dall’art 108, i giudici speciali istituiti PRIMA dell’entrata in vigore della Costituzione possono sopravvivere (es. commissioni tributarie, Tribunale superiore delle acque pubbliche). Il divieto stabilito dall’art 102 riguarda infatti solo l’istituzione di NUOVI giudici speciali. La revisione dei giudici speciali prevista secondo la VI disposizione incontra dei limiti: le modifiche legislative sono consentite SOLO se NON snaturano la materia originariamente attribuita alla loro cognizione, altrimenti si incorre nell’istituzione di un nuovo giudice speciale!  PLURALITA’ di giurisdizioni speciali Ciò comporta il problema della definizione di giudice speciale e della sua distinzione con il giudice ordinario Una soluzione è costituita dal definire giudice speciali il giudice che non fa parte della magistratura ordinaria. Per distinguere la magistratura ordinaria da quelle speciali si utilizza il CRITERIO LEGALE: sono ordinari i giudici regolati dalla LEGGE SULL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO (regio decreto 12/1941), speciali sono tutti gli altri. o Corte d’Assise possono essere impugnate di fronte ai giudici di 2° GRADO: o Corte d’Appello o Corte d’Assise d’Appello. Analogamente le DECISIONI DI 1° GRADO INAPPELLABILI e le DECISIONI RESE IN 2°GRADO possono essere riesaminate dalla Corte di Cassazione!  In 2° grado è ammesso un riesame pieno della decisione resa in primo grado è possibile anche un ESAME NEL MERITO (si possono assumere ancora testi e prove e la decisione di primo grado può essere ribaltata).  I motivi su cui si può fondare il ricorso in appello sono stabiliti dal legislatore, visto che il doppio grado di giurisdizione NON è oggetto di un diritto contenuto nella Costituzione: ogni scelta sull’adozione dell’appello nel processo penale è riservata al legislatore  Il ricorso in Cassazione deve fondarsi su MOTIVI DI LEGITTIMITA’, solo su ragioni di diritto. La Corte di Cassazione ha la funzione NOMOFILATTICA e quindi deve assicurare:  l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge,  l’ unità del diritto oggettivo nazionale,  il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni. Spesso si limita dunque a fissare il principio di diritto e non conclude il processo, rinviando la decisione a un giudice di merito che dovrà attenersi a quel principio. In alcuni casi è la stessa Costituzione che rende obbligatorio il ricorso in Cassazione art 111.7: contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale è sempre ammesso il ricorso in Cassazione per violazione di legge. Gli altri casi in cui è ammesso il ricorso sono discrezionalmente individuati dal legislatore ordinario. CAPITOLO 2 - L’AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA 1.La magistratura: ordine o potere?  La nozione di autonomia della magistratura è contenuta nella costituzione che all’ art 104 afferma “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Nella visione tradizionale la magistratura è un potere nullo, che applica in concreto alle singole controversie ciò che la legge stabilisce in via generale. La magistratura non è un potere politico sia perché i magistrati non sono eletti dal popolo, ma sono funzionari assunti con un concorso, sia perché le loro sentenza non manifestano un indirizzo politico unitario nell’ordinamento, ma solo singole e specifiche applicazioni ai casi concreti delle decisioni del legislatore. Si stratta di un ORDINE perché ciascun magistrato deve essere considerato singolarmente. Considerando il peso crescente del diritto giurisprudenziale nella società, è difficile non pensare alla magistratura come un potere che esercita una profonda influenza con la sua attività di interpretazione e applicazione del diritto legislativo che trasforma le norme astratte in diritto concreto o vivente. Essa non è un potere politico, ma è un potere dello stato ai sensi dell’ art 134 Cost che prevede l’istituto dei conflitti di attribuzione tra i poteri dello stato sui quali è chiamata a giudicare la Corte costituzionale. Anche in questo caso il potere non è unitario perché nel conflitto tra poteri sono i singoli organi giudiziari a difendere le proprie attribuzioni costituzionale contro le lesioni e le interferenze provenienti da altri organi e poteri come quelli politici. Si parla spesso di potere diffuso della magistratura per l’assenza di gerarchie funzionali, fatta eccezione la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione.  LA MAGISTRATURA NON è UN POTERE, MA è UN ORDINE perché dal punto di vista della funzione esercitata ciascun magistrato o ciascun ufficio giudiziario viene inteso dall’ordinamento giuridico singolarmente, nel suo individuale rapporto con la legge. 2.LA NOZIONE DI AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA è STRETTAMENTE COLLEGATA ALL’ESISTENZA DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA (C.S.M.)  Spesso il concetto di autonomia è stato ritenuto equivalente a quello di indipendenza e di solito si ritiene che autonomo sia il soggetto che è capace di darsi regole di comportamento e di azione autonomia=autonomia normativa  MA applicato alla magistratura, il concetto ha un altro significato: se la magistratura potesse stabilire autonomamente le norme della propria organizzazione e l’esercizio delle proprie funzioni si porrebbe in contrasto con  alcuni principi di diritto costituzionale europeo (i giudici non creano regole giuridiche perché non hanno potere normativo; la giurisprudenza non è fonte del diritto) e  con alcuni disposti della nostra Costituzione (art 101 – i giudici sono soggetti soltanto alla legge; art 108 – le norme dell’ordinamento giudiziario sono stabilite con legge). L’affermazione dell’autonomia dell’ordine giudiziario è giustificata dalla previsione nell’ art 104 cost di un organo come il CSM: è l’esistenza di questo organo che precostituisce le condizioni indispensabili per garantire l’autonomia dell’ordine giudiziario.  deve anche evitare che il suo massimo organo di amministrazione, il CSM, sia autoreferenziale, ripiegato su se stesso e privo di legami con l’ordinamento costituzionale.  La disciplina costituzionale sulla presidenza del CSM e la presenza di membri laici rispondono all’esigenza di evitare che l’ordine giudiziario si ponga come un corpo separato  Il CSM prevede di accertare che i componenti eletti dal Parlamento siano in possesso dei REQUISITI di eleggibilità richiesti.  Il requisito dei 15 anni di servizio si deve ritenere espressivo di effettiva attività professionale e che tale effettività debba essere dimostrata. La commissione del CSM competente per la verifica dei titoli dei componenti ha ritenuto che il bagaglio di esperienza debba risultare attuale, coerentemente alla ratio della norma costituzionale C. I COMPONENTI ELETTI DAI MAGISTRATI ORDINARI FRA I LORO COLLEGHI  L’ art 104 stabilisce che i 2/3 dei componenti del CSM sono eletti da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, rispondo all’esigenza che all’esercizio di compiti delicati sulla magistratura contribuiscano le diverse esperienze di cui le singole categorie di magistrati sono portatrici.  Le CATEGORIE devono essere individuate dal legislatore ordinario sulla base delle distinzioni fatte dalla Costituzione e dalla disciplina dell’ordinamento giudiziario. Secondo la Corte costituzionale una quota di posti deve essere riservata alla categoria dei MAGISTRATI DI CASSAZIONE perché la Costituzione li considera in modo esplicito e distinto (artt 106 e 135), oltre ad individuare la funzione da essi esercitata (art 111). Spetta invece al legislatore individuare le altre categorie, tenuto conto della struttura dell’ordinamento giudiziario e cioè della distinzione per FUNZIONI di cui parla l’ art 107.  Le categorie possono essere modellate in base ai GRADI DELLA GIURISDIZIONE o a seconda dell’esercizio della FUNZIONE GIUDICANTE o REQUIRENTE. La legge 44/2002 modificando il sistema di elezione della componente togata, ha abbandonato il precedente criterio distintivo basato sui gradi di giurisdizione e ha adottato un criterio che tiene conto delle FUNZIONI dei magistrati (REQUIRENTE o GIUDICANTE). In questo modo sono riservati:  2 posti ai giudici che svolgono effettivamente le funzioni di legittimità – magistrati di Cassazione  4 posti ai magistrati che esercitano le funzioni di pubblico ministero  10 posti ai magistrati che esercitano le funzioni di giudice  Nonostante l’obbligo imposto al legislatore di modellare la legge elettorale del CSM tenendo conto della distinzione in categorie dei magistrati, la Costituzione non voleva creare un CSM corporativo (es i pm votano solo i pm,..) imponendo invece di tenere conto della distinzione solo per ciò che riguarda l’ ELETTORATO PASSIVO (sono gli eletti che devono appartenere alle varie categorie, mentre tutti gli elettori possono eleggere i membri di tutte le categorie!).  per essere eletti è necessario l’ esercizio EFFETTIVO delle funzioni giudiziarie al momento della convocazione alle elezioni. Dopo l’elezione e per la durata del mandato i consiglieri togati sono collocati FUORI dal ruolo organico della magistratura.  Cosa accade se un consigliere togato eletto è collocato in quiescenza ( a riposo) durante la consiliatura? Mentre i consilieri laici eletti dal Parlamento non decadono se collocati a riposo in corso di mandato, perché portatori di interessi politici in senso lato che permangono a prescindere dalle loro vicende personali, diversa è la soluzione per i componenti togati perché essi rappresentano gli interessi dei magistrati IN SERVIZIO, come una rappresentanza di categoria o di autogoverno. Anche se il CSM non è un vero organo di autogoverno perché le presenze esterne alla magistratura fanno piuttosto pensare a un organo di governo autonomo della magistratura. D. IL SISTEMA ELETTORALE DELLA COMPONENTE TOGATA DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA  Il sistema previsto è il meccanismo con cui il legislatore dà attuazione all’ art 104 nella parte in cui si riferisce alle categorie di magistrati.  Il Sistema originario previsto dalla legge 195/1958 consentiva  una rappresentatività preminente dei consiglieri di Cassazione rispetto ai magistrati di primo e di secondo grado e  favoriva una rappresentanza di tipo corporativo. Questa legislazione rimase in vigore fino al 1967 Prevedeva che in Consiglio fossero presenti:  6 magistrati di Cassazione,  4 di Corte d’Appello e  4 magistrati di Tribunale , Prevedeva inoltre che ogni magistrato potesse votare SOLO per gli appartenenti alla propria categoria, sistema NON imposto dalla Costituzione che invece prevede la distinzione per categorie solo con riferimento all’elettorato passivo!  Il sistema venne modificato con la legge 1198/1967 che, per attenuare il principio del voto per categoria, introdusse un meccanismo di elezione in cui: 1. in una prima fase ciascun magistrato votava per comporre le liste di magistrati eleggibili della propria categoria, formate da un numero di candidati doppio rispetto ai posti disponibili 2. in una seconda fase TUTTI i magistrati dovevano votare liberamente per l’elezione dei magistrati di tutte e tre le categorie.  A partire dalla legge 695/1975 la distinzione per categorie rileverà SOLO ai fini dell’elettorato passivo e da quel momento si assistette a un progressivo riequilibrio del peso delle diverse categorie in Consiglio.  Un elemento di novità fu introdotto con la legge 44/2002 che per la prima volta ha dato rilevanza alla distinzione, oltre che tra magistrati di Cassazione e di merito, alla distinzione di funzioni tra GIUDICE e PUBBLICO MINISTERO. Dei 16 magistrati togati:  2 sono eletti tra i magistrati che esercitano le funzioni di legittimità presso la Corte di Cassazione e la sua Procura generale  4 sono eletti tra i magistrati che esercitano le funzioni di Pubblico ministero  10 sono eletti tra i magistrati che svolgono le funzioni di giudice di merito  Si ritiene che agendo sul sistema elettorale si possa ridurre il peso delle associazioni o correnti di magistrati rappresentate nella ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI (ANM). Queste correnti presentano i propri candidati e poi, con i propri eletti in Consiglio, perseguono a volte l’obiettivo di favorire i vari aspetti della carriera dei LORO AFFILIATI !!! Ciò comporta il rischio che le deliberazioni del CSM non sempre premino i migliori, ma esse spesso seguono le logiche di appartenenza!!! Per questo motivo è emersa la preoccupazione di individuare un sistema elettorale che possa in parte attenuare il potere di controllo delle correnti sulle candidature. Il sistema elettorale originario adottato tra il 1959 e il 1967 era di tipo MAGGIORITARIO: i magistrati di Cassazione erano chiamati ad esprimere le preferenze (max 9) in un collegio unico nazionale ed erano proclamati eletti i più votati. Con la legge 695/1975 si introdusse un sistema PROPORZIONALE a LISTE CONCORRENTI a livello nazionale e con voto di preferenza. Secondo molti il nuovo meccanismo costituì una delle cause del rafforzamento delle correnti: il voto di lista diede pieno riconoscimento ai diversi orientamenti ideologici presenti nella magistratura associata (listaideologia!). Il sistema proporzionale è rimasto in vigore fino al 2002. Il sistema elettorale oggi vigente è previsto proprio dalla legge 44/2002 che ha reintrodotto il SISTEMA MAGGIORITARIO. Ogni 4 anni i 16 componenti togati sono eletti in 3 distinti COLLEGI UNICI NAZIONALI: 1. nel primo collegio sono eletti 2 magistrati che esercitano funzioni di legittimità presso la Corte di Cassazione e la sua Procura Generale 2. nel secondo sono eletti 4 magistrati che esercitano le funzioni di pubblico ministero 3. nel terzo sono eletti gli altri 10 magistrati scelti tra coloro che svolgono funzioni di giudice di merito. Ciascun magistrato ottiene 3 schede e può esprimere la preferenza per solo 1 dei candidati che si presentano in ciascuno dei 3 collegi unici nazionali.  Nonostante l’ultimo sistema elettorale sia stato introdotto per favorire l’emergere di candidature individuali e non legate a una lista(corrente), solo nelle elezioni nel 2010 è risultato eletto un magistrato indipendente dalle correnti. Questo perché, in un collegio unico nazionale, dove pesa notorietà del magistrato, è difficile che candidature non appoggiate da un’associazione possano ottenere risultati numericamente significativi! Forse potrebbe attenuare il controllo delle associazioni un sistema di liste concorrenti che consenta il voto singolo trasferibile, possibilità per l’elettore di scrivere sulla scheda, in ordine di preferenza, più candidati anche tra liste diverse. Secondo alcuni il collegamento tra autonomia e potere normativo del CSM deriverebbe dalla sua natura di organo costituzionale, secondo altri deriverebbe da una progressiva espansione di fatto del concetto di autonomia del CSM  secondo altri mentre l’indipendenza costituisce la tipica qualità della relazione della magistratura con il potere esecutivo, l’autonomia riguarderebbe il rapporto della magistratura con il potere legislativo. In questo modo l’autonomia costituirebbe un vero e proprio limite all’operatività della riserva di legge in materia di ordinamento giudiziario prevista dall’ art 108 Cost.  In entrambe le tesi precedenti si tende a legittimare l’attribuzione di poteri normativi o para- normativi al CSM! La prassi ha mostrato un progressivo svuotamento della riserva di legge dell’ art 108 dovuto all’inerzia del legislatore da una parte e all’attivismo del CSM dell’altra, che si è auto attribuito una serie di poteri para-normativi. Alla categoria di atti para-normativi non rientrano il regolamento interno e il regolamento di contabilità perché essi sono fondati direttamente sulla legge.  Pongono dubbi di legittimità gli atti come le delibere approvative di RISOLUZIONI, CIRCOLARI e DIRETTIVE, previsti solo dal regolamento interno che lo stesso CSM si è dato. La distinzione tra questi atti è sfumata: a) RISOLUZIONE : quando il CSM vuole prendere posizione su problemi generali di politica giudiziaria b) CIRCOLARE : quando il CSM vuole approvare atti aventi contenuto normativo, rilevanti per l’intero ordine giudiziario La previsione in Costituzione di RISERVE DI LEGGE in materia di ordinamento giudiziario suscita dubbi sull’assunzione di generalizzati poteri normativi o paranormativi, come le circolari, da parte del CSM!  In altri casi è proprio la legge ad attribuire poteri di intervento al Consiglio:  organizzare il lavoro interno degli organi giudiziari con provvedimenti tabellari,  individuare i parametri oggettivi per le valutazioni di professionalità sui magistrati  scelta dei criteri sulla base dei quali il Primo Presidente della Corte di Cassazione può destinare fino a trenta magistrati addetti all’ufficio del massimario e del ruolo delle sezioni della Corte con compiti di assistente di studio  Nulla sembra vietare che il CSM adotti delibere nella quali, in via preventiva, generale e astratta, enunci i criteri ai quali esso si atterrà nell’esercizio delle competenze attribuitegli dalla Costituzione o dalla legge. atti secundum legem, conformi a ciò che le fonti primarie prevedono! La stessa cosa vale per le CIRCOLARI INTERPRETATIVE con cui il CSM interpreta le norme sull’ordinamento giudiziario e ne specifica il contenuto con riferimento alla loro applicazione concreta.  Pongono dubbi di legittimità le CIRCOLARI che INTEGRANO il dettato normativo rispetto alla riserva di legge degli artt 105 e 108 es. disciplina del ricollocamento in ruolo dei magistrati dopo il mandato elettorale o al termine della campagna elettorale condotta senza successo:  il d.lgs. 160/2006 art 50 stabilisce che i criteri che il CSM deve seguire nello scegliere la sede a cui destinare il magistrato, senza stabilire nulla in ordine al tipo di funzioni a cui assegnarlo.  il CSM, nella circolare 12046 del 2009 ha AGGIUNTO che il magistrato deve essere assegnato alle funzioni giudicanti e NON a quelle requirenti. 8. L’AUTONOMIA COME GESTIONE AMMINISTRATIVA DELL’ORDINE GIUDIZIARIO AFFIDATA AL CSM  L’autonomia non è intesa come autogoverno dell’ordine giudiziario perché il CSM deve curare interessi dello Stato, definiti dalla Costituzione e dalla legge  L’ autonomia è invece intesa come gestione amministrativa dell’ordine giudiziario riservata al CSM Essa si usa per indicare la disciplina diversificata che la Costituzione riserva allo stato giuridico dei magistrati dell’ordine giudiziario (garantisce l’inamovibilità art 107, li sottrae alla dipendenza da organi del potere esecutivo).  Le competenza attribuite al CSM dalla Costituzione e dalla legge sono strumento essenziale per mantenere e garantire l’autonomia della magistratura. 9. L’ORGANIZZAZIONE INTERNA AL CSM E I RAPPORTI CON I CONSIGLI GIUDIZIARI E IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA CORTE DI CASSAZIONE  La Costituzione ha previsto che tutte le decisioni debbano essere prese dal plenum, il Consiglio nella sua composizione integrale. Per questo il legislatore ha previsto che i consiglieri lavorino in COMMISSIONI aventi il compito di riferire al Consiglio: i gruppi di lavoro più ristretti che si occupano dello studio e dell’istruzione delle pratiche, avranno il compito infine di avanzare proposte al plenum per la deliberazione (fatta eccezione per i provvedimenti disciplinari!).  Le commissioni sono 8 alle quali si aggiungono la “Commissione per il bilancio del Consiglio ed il regolamento di amministrazione e contabilità” e la Sezione disciplinare. Le commissioni sono composte da 6 membri:  4 magistrati  2 laici Ciascuna commissione è competente e a presentare al Consiglio PROPOSTE DI DELIBERE relative ai singoli affari relativi a magistrati e relative a circolari, pareri e risposte a quesiti sulle materie di competenza. Spetterà poi al plenum prendere una decisione in merito alle varie proposte.  Per la validità delle deliberazioni del plenum è necessaria la presenza di almeno 10 magistrati e di 5 componenti eletti dal Parlamento.  Di norma il plenum si riunisce in seduta pubblica  La legge prevede che i componenti del Consiglio non siano punibili per le opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni e concernenti l’oggetto della discussione. Rispetto all’insindacabilità dei parlamentari dell’art 68, la prerogativa dei consiglieri è più limitata perché si riferisce ai soli argomenti oggetto della discussione.  Le decisioni sono prese a maggioranza dei voti e in caso di parità prevale il voto del Presidente.  La legge ha stabilito organismi che coadiuvano il CSM nell’esercizio di alcune funzioni:  Consigli giudiziari (previsti dal regio decreto 12/1941 presso ogni Corte d’Appello)  Consiglio direttivo della Corte di Cassazione ( introdotto con la legge 150/2005, come organo corrispondente ai consigli giudiziari MA presso la Corte di Cassazione) Composizione e funzioni prima erano stabiliti dal CSM, poi dalla legge 150/2005 e dal d.lgs. 25/2006. La legge stabilisce che questi organi siano composti sia da componenti togati, sia da membri laici:  il Consiglio direttivo è composto da  3 membri di diritto (Primo Presidente della Corte di Cassazione, Procuratore generale presso la Corte di Cassazione e Presidente del Consiglio nazionale forense)  8 magistrati che esercitano funzioni di legittimità, eletti dai magistrati in servizio presso la Corte di Cassazione  2 professori ordinari in materie giuridiche nominati dal Consiglio universitario nazionale  1 avvocato con 20 anni di esercizio alla professione e abilitato da almeno 5 anni al patrocinio di fronte alle giurisdizioni superiori, nominato dal Consiglio nazionale forense.  il Consiglio giudiziario è composto da componenti togati e laici  membri di diritto : Presidente della Corte d’Appello e Procuratore generale presso la Corte d’Appello  magistrati eletti in numero variabile a seconda delle dimensioni del distretto La presenza di avvocati e professori ha qui un’importanza limitata perché essi non possono partecipare alle deliberazioni che incidono sullo status dei singoli magistrati. Il legislatore ha attribuito a questi organi solo competenze ausiliarie, preparatorie o consultive rispetto a quelle del CSM. Essi, su richiesta del CSM, possono infatti formulare dei pareri. Assumono un ruolo centrale nella valutazione di professionalità dei magistrati poiché essi raccolgono la documentazione e formulano pareri per le valutazioni. Svolgono funzioni anche relativamente alla giustizia di pace: una loro sezione autonoma è chiamata a esprimere pareri sullo status dei giudici di pace e su aspetti che riguardano l’organizzazione della giustizia di pace. 10. L’AUTONOMIA DEL CSM NON E’ UN’AUTONOMIA ASSOLUTA  L’ autonomia del CSM è limitata: 1) non vi è solo il CSM ad occuparsi della gestione amministrativa dell’ordine giudiziario per la presenza delle RISERVE DI LEGGE Diversamente, il rapporto tra CSM e Ministro è fisiologico perché dà corpo alla necessaria responsabilità politica che il Ministro della Giustizia assume davanti al Parlamento sulle questioni attinenti alla giustizia! i pareri si devono dare obbligatoriamente SOLO SU RICHIESTA dell’organo attivo e NELL’INTERESSE di questo che si manifesta appunto attraverso la richiesta. Infatti non si può ipotizzare una spontanea manifestazione giuridica da parte dell’organo consultivo, altrimenti si parlerebbe di un potere di proposta del CSM in materia di disegni di legge sull’ordinamento giudiziario. MA se così fosse, in presenza di una iniziativa legislativa governativa (norma non ancora vigente), si rischierebbe di avere una proposta in contrapposizione all’iniziativa governativa. Alcuni sostengono però che in questo modo sarebbe sufficiente l’inerzia ministeriale per paralizzare l’esercizio di una facoltà che la legge attribuisce esplicitamente al CSM.  I pareri del CSM devono essere espressamente richiesti e non sono né vincolanti né obbligatori in mancanza di una espressa previsione costituzionale non si può ipotizzare un aggravamento del procedimento legislativo!!!!!  La fattispecie dell’art 10 della legge 195/1958 pare riguardare un parere richiesto sul disegno di legge prima della sua approvazione al Consiglio dei Ministri, infatti si afferma che i pareri del CSM non possano interferire nel confronto parlamentare già in atto sui contenuti del provvedimento.  Per quanto riguarda l’ OGGETTO dei pareri si sa che essi devono riguardare: a) l’ordinamento giudiziario b) l’amministrazione della giustizia c) ogni altro oggetto attinente alle predette materie Si tratta di una definizione generica! Si ritiene che con amministrazione della giustizia si intendano profili e ricadute processuali delle proposte legislative e NON aspetti sostanziali di queste. Il CSM potrebbe infatti richiamare l’attenzione delle Camere sulle possibili ricadute che tali norme ( in materia penale) potrebbero avere sugli uffici giudiziari. 10.2 La forma delle delibere del CSM  L’ art 17 legge 195/1958 stabilisce che tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati sono adottati, in conformità alle deliberazioni del CSM, con DECRETO DEL PdR controfirmato dal Ministro, o, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro della Giustizia.  La Corte costituzionale ha chiarito che la veste del decreto non implica alcuna limitazione all’autonomia di determinazione costituzionalmente garantita al CSM: la trasformazione dell’atto non presuppone un controllo da parte degli organi di governo sul CONTENUTO della decisione assunta dal CSM, ma solo la trasformazione formale di essa in un atto amministrativo.  Le deliberazioni del CSM esplicano effetti esterni nei confronti di terzi e destinatari solo a partire dalla data di emanazione dei relativi decreti. MA nei rapporti con gli organi esecutivi, tali deliberazioni sono produttivi della pretesa da parte del CSM dell’adozione dei relativi decreti dal momento della loro comunicazione agli stessi organi esecutivi!!!  La forma di decreto presidenziale è sia un omaggio alla tradizione, sia elemento indispensabile per garantire l’ IMPUGNABILITA’ e quindi il controllo delle delibere del CSM davanti alla corte dei conti (c. contabile) o al giudice amministrativo (c. giurisdizionale). In realtà il sindacato del giudice amministrativo si dovrebbe poter svolgere su ogni atto sostanzialmente amministrativo posto in essere da una pubblica autorità. Dagli anni ’80 la giurisprudenza ha ammesso l’impugnazione di provvedimenti del CSM per loro natura non destinati a essere trasfusi in un decreto. 10.3 Sindacabilità degli atti del CSM  Inizialmente era previsto che avverso i provvedimenti del CSM si potesse ricorrere al Consiglio di Stato per motivi di legittimità.  Dopo le legge 1034/1971 (istitutiva della competenza in primo grado dei TAR) la giurisprudenza estese ai provvedimenti il regime del doppio grado di giurisdizione  la legge 74/1990 modificò l’ art 17 della legge 195/1958 sostituendo la competenza dei Tribunali amministrativi delle diverse Regioni con quella del SOLO Tribunale amministrativo regionale del Lazio per garantire uniformità della giurisprudenza fin dalle pronunce di primo grado.  Contro le decisioni di primo grado è possibile l’impugnazione al Consiglio di Stato.  Il sindacato del giudice amministrativo sugli atti del CSM NON dà luogo a interferenza giurisdizionale sull’autonomia costituzionalmente garantita al CSM!!! Anzi, se si negasse l’ammissibilità di un sindacato giurisdizionale sui suoi atti, ci sarebbe una lacuna nell’ordinamento, ci sarebbe una lesione alla regola dell’ art 24 Cost in base al quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi! se non fosse ammesso il sindacato sugli atti del CSM verrebbe meno la tutela giurisdizionale per una intera categoria di cittadini, per tutti i magistrati che rimarrebbero indifesi di fronte a possibili violazioni di legge da parte del CSM lesive di loro diritti o interessi legittimi!  E’ difficile stabilire la profondità e l’intensità del controllo consentito in materia al giudice amministrativo (stretto controllo di legittimità o possibile ricorso alla figura dell’eccesso di potere?) La Corte costituzionale, se prima aderiva alla tesi più restrittiva, successivamente ha ammesso che davanti al giudice amministrativo può venire in considerazione sia la violazione di legge, sia l’eccesso di potere, il quale, denunciato in alcuna delle sue figure sintomatiche, consente al giudice un penetrante sindacato sul provvedimento di trasferimento di ufficio per incompatibilità ambientale. sent 457/2002  Il giudice amministrativo ha affermato che i provvedimenti del CSM non si sottraggono al sindacato in sede di giurisdizione di legittimità, oltre che per violazione di legge, anche per ILLOGICITA’, IRRAGIONEVOLEZZA o TRAVISAMENTO DEI FATTI, nonché per CARENZA DI MOTIVAZIONE o DI ISTRUTTORIA. il sindacato giurisdizionale può estendersi all’esame dei presupposti di fatto e alla congruità e ragionevolezza della motivazione posta alla base della decisione e all’accertamento del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni CIOE’ 1) in primo luogo il sindacato di legittimità del giudice amministrativo attiene a vizi formali degli atti o del procedimento obiettivamente riscontrabili in base a norme di riferimento 2) in secondo luogo, nel caso in cui siano formulate censure di eccesso di potere, il controllo può estendersi a errori di fatto obiettivamente riscontrabili in base a comuni norme di esperienza o a regole mutuate da scienze esatte. MA il giudice amministrativo non può sostituirsi alla valutazione discrezionale dell’organo di autogoverno. Nella valutazione dell’eccesso di potere assume importanza la motivazione del provvedimento data dal CSM, dalla quale il giudice amministrativo può controllare l’iter logico-giuridico seguito nella selezione dei candidati 10.4 LA SCUOLA SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA  La Costituzione non menziona tra le attribuzioni del CSM la formazione dei magistrati. Prima della riforma della legge 150/2005 la legge prevedeva solo che gli uditori giudiziari, coloro che hanno appena superato il concorso, dovessero svolgere un tirocinio, rinviando la disciplina a un regolamento del CSM.  Il CSM dagli anni ’70 ha assunto in via di prassi la funzione di formazione e aggiornamento professionale dei magistrati ordinari e per questo creò un’apposita commissione.  Con la legge 150/2005 e il d.lgs. 26/2006 (modificato dalla legge 111/2007) è stata istituita una SCUOLA SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, ente autonomo, fornito di autonomia contabile, gestionale, organizzativa, funzionale con competenza esclusiva in tema di aggiornamento e formazione dei magistrati e che concorre con il CSM nell’organizzazione del tirocinio dei nuovi magistrati. La scuola ha iniziato a funzionare solo nel 2012 a causa dell’individuazione delle sedi della Scuola che prima dovevano essere tre mentre ora si stabilisce che sono individuate fino a un massimo di tre sedi. Ciò ha consentito di scegliere solo una sede a Scandicci, Firenze.  Gli organi della Scuola sono:  un COMITATO DIRETTIVO composto da 7 magistrati, 3 professori e 2 avvocati (6 magistrati e 1 docente sono nominati dal CSM; gli altri dal Ministro della Giustizia)  un Presidente eletto dal Comitato al proprio interno  un Segretario generale Sono presenti tutte le professionalità giuridiche per un corretto aggiornamento professionale, ma il ruolo dei componenti laici non è valorizzato: a differenza dei togati, collocati fuori ruolo, avvocati e professori non godono del medesimo status e non possono concentrarsi interamente sulle attività scolastiche.  La scuola si occupa di: a) formazione e aggiornamento dei magistrati ordinari b) formazione iniziale e permanente dei magistrati onorari c) formazione dei magistrati titolari di funzioni direttive e semi direttive o che aspirano a tali funzioni d) formazione internazionale  Al CSM è riservata solo la funzione di predisporre le linee programmatiche annuali. CAPITOLO 3 – L’INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA E DEI SINGOLI MAGISTRATI 2. L’INDIPENDENZA DELL’ORDINE GIUDIZIARIO E DEI SINGOLI GIUDICI E LA SEPARAZIONE DEI POTERI  Secondo una tesi l’autonomia di cui all’ art 104 Cost è riferibile all’ordine giudiziario nel suo complesso, mentre l’ INDIPENDENZA riguarderebbe i singoli magistrati. La caratteristica dell’ordine giudiziario nel suo complesso sarebbe solo l’autonomia.  L’indipendenza della magistratura intesa come ordine, è un aspetto decisivo dello stesso principio liberale della SEPARAZIONE DEI POTERI che la Costituzione assume come principio fondamentale. Se la separazione tra esecutivo e legislativo non è così netta (es rapporto fiduciario) la separatezza dell’ordine giudiziario dai poteri politici appare più accentuata, tanto che alcuni sostengono che il principio di separazione dei poteri è accolto nella sua purezza solo nei riguardi della magistratura.  l’indipendenza è una qualità riferibile sia all’ordine giudiziario complessivamente considerato, sia ai singoli magistrati che ne fanno parte! Se l’indipendenza appartiene alla magistratura nel suo complesso, essa si manifesta anche nel singolo magistrato, qualificandone la posizione sia all’interno sia all’esterno: nei confronti degli altri magistrati, di ogni altro potere dello Stato e dello stesso CSM! Infatti l’indipendenza deve essere garantita nei confronti di ogni altro potere. Considerando la delicatezza dei compiti assegnati alla magistratura si comprende come gli organi e i poteri dai quali deve essere difesa la sua indipendenza siano soprattutto quelli politici, che disporrebbero degli strumenti e della forza per ingerirsi nelle vicende relative alla carriera e allo status dei giudici e nell’esercizio concreto delle loro funzioni.  L’indipendenza deve essere garantita nei confronti del potere esecutivo.  L’indipendenza di status e di funzione garantita ai magistrati rispetto ai poteri politici non comporta che i rapporti tra la magistratura e tali poteri siano per forza conflittuali, anzi, esiste un principio di LEALE COLLABORAZIONE fra organi e poteri. (es tra CSM e Ministro della Giustizia esistono strumenti e istituti di coordinamento e collaborazione).  Rispetto ai rapporti tra CSM e Parlamento si è detto che sui disegni di legge in materia di giustizia e ordinamento giudiziario il CSM fornisce PARERI al Ministro, non alle Camere! Non ha fondamento la tesi per il CSM dovrebbe essere previamente e necessariamente consultato . Anche tra Parlamento e CSM ci possono essere relazioni e rapporti di intesa. Ciampi nel discorso del 26 maggio 1999 disse che il CSM era un importante interlocutore anche delle Camere che può recare al dibattito sulle questioni della giustizia un contributo tecnicamente qualificato e politicamente neutrale. MA tali relazioni NON hanno carattere necessario né disegnano un rapporto di tipo istituzionale paragonabile a quello intercorrente tra CSM e Ministro della Giustizia. I regolamenti parlamentari affermano che le Commissioni parlamentari possono disporre indagini conoscitive dirette ad acquisire notizie informazioni e documenti utili alle attività delle Camere e a questo fine consentono che venga convocata qualsiasi persona o soggetto in grado di fornire elementi utili ai fini dell’indagine. La Relazione della Commissione Paladin afferma che se si volessero costituire particolari e stabili procedure di collegamento tra Parlamento e CSM sarebbe necessario modificare i regolamenti parlamentari perché si tratta di una materia che l’art 64 Cost riserva alla disciplina dei regolamenti stessi. 3. LA SOGGEZIONE DEL GIUDICE ALLA LEGGE COME IMPOSSIBILITA’ DI DISAPPLICAZIONE DELLA LEGGE  In base all’ art 101.2 Cost i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Con riferimento ai singoli GIUDICI questa è la disposizione più importante a tutela della loro INDIPENDENZA.  MA in cosa consiste la soggezione alla legge? forse coincide con l’impossibilità di disapplicazione della legge!  In quale significato viene usato il termine LEGGE? Potrebbe intendersi che esso è sinonimo di diritto, coincidendo dunque con qualunque fonte di diritto oggettivo, o si può dire che si tratta di LEGGE IN SENSO FORMALE, cioè la fonte primaria (legge e atti aventi forza di legge).  La seconda tesi è avvalorata dal fatto che i giudici in effetti NON sono autorizzati a disapplicare le fonti primarie, ma eventualmente solo a sospendere il giudizio e a sollevare in via incidentale questione di fronte alla Corte costituzionale se dubitano della conformità a Costituzione di tali atti.  Ancora, prevale la seconda tesi si pensa che i giudici possono disapplicare gli atti normativi NON primari.  i giudici sono soggetti alle fonti primarie ma non a quelle secondarie!  Questo principio della soggezione alla legge pare essere in tensione con il principio del PRIMATO DEL DIRITTO EUROPEO SUL DIRITTO INTERNO: questo comporta la non- applicazione della legge da parte del giudice se essa è in contrasto con determinate fonti del diritto europeo. La non applicazione è dovuta alla forza del principio posta dagli artt 11 e 117 della Costituzione sui quali si basa il primato del diritto europeo. La non applicazione della norma nazionale è possibile solo a rigorose condizioni attinenti alla struttura delle norme europee prevalenti, le quali devono avere determinate qualità di precisione e chiarezza che le rendano idonee a sostituirsi alla norma di legge nella fattispecie concreta. 4. LA SOGGEZIONE DEL GIUDICE SOLTANTO ALLA LEGGE COME MISURA DELLA SUA INDIPENDENZA  Il secondo comma dell’ art 101 può essere letto: a) considerando l’avverbio “soltanto”: nell’esercizio delle funzioni il magistrato non incontra alcun vincolo se non la legge, sottolineando così la sua indipendenza da organi e poteri esterni alla magistratura ma anche dagli altri giudici. L’art 101.2 disegna un RAPPORTO DIRETTO TRA IL GIUDICE E LA LEGGE, che egli interpreta liberamente, nei limiti concessi dai canoni interpretativi previsti dall’ordinamento e applica alla controversia da decidere. b) considerando la soggezione alla legge: si rivela così che l’indipendenza funzionale del giudice ha senso solo nell’ambito di ciò che la legge prevede Le due letture si integrano perché Indipendenza del giudice e sua soggezione alla legge sono le due facce della stessa medaglia: la legge fornisce al giudice la norma generale e astratta da applicare al caso concreto e precostituisce in questo modo l’unico vincolo ammissibile alla funzione giudiziaria. Dietro alla norma il giudice ripara la propria indipendenza e su di essa fonda la propria impermeabilità ad influenze di altro genere. il giudice è soggetto alla legge (norma generale e astratta – è soggetto agli impersonali criteri di giudizio che la legge contiene), NON al legislatore o al potere legislativo (come organo politico concreto dotato di volontà puntuale). 5. DISTINZIONI E CLASSIFICAZIONI IN TEMA DI INDIPENDENZA: DA DOVE PROVENGONO I PERICOLI E CHE COSA E’ NECESSARIO TUTELARE  E’ necessario distinguere tra tipi di indipendenza. Si possono distinguere due coppie concettuali omogenee di indipendenza sia dei giudici come singoli sia della magistratura. La nozione di indipendenza è relazionale perché qualifica il rapporto tra il soggetto indipendente e quello rispetto al quale l’indipendenza è garantita. 1) INDIPENDENZA ESTERNA: la garanzia dell’indipendenza esterna serve a proteggere la magistratura nel suo complesso, ma anche il singolo magistrato dalle insidie provenienti da organi e poteri esterni alla magistratura (politici) 2) INDIPENDENZA INTERNA: la garanzia dell’indipendenza interna serve a tutelare il singolo magistrato dai possibili attentati alla sua indipendenza che provengono dall’interno della magistratura. Questi concetti servono a rispondere alle domande: ?da cosa si vuole tutelare il giudice e la magistratura? Da dove provengono i pericoli e le lesioni per l’indipendenza dell’uno e dell’altra? servono a consentire l’identificazione dei soggetti rispetto ai quali l’indipendenza va garantita. La prossima distinzione serve a rispondere alla domanda: che cosa si tutela??? 1) INDIPENDENZA ISTITUZIONALE: oggetto della tutela è l’ organizzazione e la struttura burocratica della magistratura, per proteggere l’ordinamento interno da interventi che, incidendo direttamente sull’applicazione delle regole relative alla carriera dei magistrati e al loro status, finiscano per mettere indirettamente in pericolo l’indipendenza e l’autonomia della loro attività. E’ indipendenza istituzionale anche perché riguarda la tipica qualità istituzionale dei magistrati, senza che venga in considerazione l’esercizio in concreto delle funzioni giudiziarie.  I commi 2 e 3 dell’art 106, prevedono altre forme di reclutamento dei magistrati:  la LEGGE può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli (non sono magistrati in carriera)  su designazione del CSM, possono essere chiamati all’ufficio di Consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano 15 anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori. La nomina è poi conferita con decreto del PdR. Questo canale di accesso esterno o laterale è stato utilizzato poco: il requisito di meriti insigni, un unicum nella Costituzione per la nomina a funzioni rilevanti, sembra riservare la nomina a rare personalità. MA essendo oggettivamente difficile riscontrare nei candidati tali meriti, la disposizione costituzionale rischia di rimanere inutilizzata, rendendo inservibile l’unico canale costituzionalmente preordinato a permettere un’alimentazione esterna alla professionalità giudiziaria. L’alternativa potrebbe essere un’interpretazione storicamente attualizzata del merito insigne, riscontrandolo in figure specializzate almeno in un settore del diritto!  Il legislatore ha sempre voluto garantire che gli aspiranti magistrati possedessero certi REQUISITI DI CAPACITA’ MORALE.  La vecchia legge sull’ordinamento giudiziario ( regio decreto 12/1941) e la nuova normativa (decreto legislativo 160/2006 art 2.4) prevedono che il CSM non ammetta al concorso i candidati che per le informazioni raccolte NON risultino di condotta incensurabile. Questa si potrebbe vedere come garanzia del fatto che al concorso accedano candidati non soggiacenti a insidiose influenze esterne.  Storia delle disposizioni che consentono di filtrare l’accesso ai concorsi:  prima dell’entrata in vigore della Costituzione il giudizio sulla condotta dei candidati era affidato al Ministro della Giustizia e questo poteva escludere candidati politicamente scomodi e poteva creare un corpo di magistrati allineati con l’orientamento politico dominante. Il filtro poteva essere usato per una finalità opposta a quella di tutela dell’indipendenza esterna della magistratura.  rilevanti anche oggi che la decisione spetta al CSM, sono le vicende relative alla norma di legge che consentiva di disporre indagini sul conto della FAMIGLIA dell’aspirante magistrato:  nella sua originaria formulazione l’art 124.3 disponeva che NON erano ammessi al concorso coloro che per le informazioni raccolte non risultavano, secondo l’apprezzamento insindacabile del CSM, appartenenti a famiglia di estimazione morale indiscussa. qual è la ratio di tale norma? se la ratio fosse stata la tutela del prestigio dell’ordine giudiziario, si deve considerare che tale valore, anche se di rilevanza costituzionale, non giustifica una così forte discriminazione del singolo nell’accesso ai pubblici uffici e dunque una violazione del principio di uguaglianza e del diritto di accesso ai pubblici uffici(artt 3 e 51 Cost). La Corte costituzionale nella sent 108/1994 dichiarò l’illegittimità costituzionale della disposizione per violazione degli artt 3 e 51 Cost, sia per rilevanza data alla condotta della famiglia, sia per il fatto che il giudizio di esclusione era automatico e insindacabile. La condizione dell’appartenenza a famiglia di estimazione morale indiscussa non può ricondursi nell’ambito dei requisiti attitudinali dei singoli aspiranti: quella condizione NON riguarda capacità, attitudini o condotte relative al soggetto interessato, MA consiste in valutazioni o comportamenti imputati all’ambiente familiare che, in base a un’arbitraria presunzione legislativa, vengono automaticamente riferiti al soggetto stesso. La disposizione rifletteva una situazione storica della società italiana in cui la famiglia era di norma l’ambito di socializzazione quasi esclusivo dei giovani. Oggi sarebbe assurdo negare la possibilità che singoli soggetti maturino la credenza in valori diversi e antitetici rispetto a quelli diffusi nelle proprie famiglie di origine.  A seguito di questa sentenza, con il d.lgs. 398/1997 si inserì all’art 124 r.d. 12/1941 una disposizione che prevedeva che il CSM NON ammettesse al concorso i candidati i cui parenti in linea retta entro il primo grado e in linea collaterale entro il secondo grado, avessero riportato condanne per taluno dei delitti di cui all’art 407.2 lett a) del c.p.p.(associazioni mafiose, omicidio, estorsione, strage, rapina,..). Questa disposizione limitava le ipotesi di esclusione dal concorso e le individuava in modo tassativo, sia in riferimento ai requisiti soggettivi, sia a quelli oggettivi. La nuova disposizione era tesa a preservare l’indipendenza della magistratura dal possibile ingresso di soggetti legati o cresciuti in un ambiente di tipo mafioso. Anche questa disposizione ha subito una censura di incostituzionalità con la sent 391/2000: la Corte ha ribadito che deve essere sempre rispettata la riconducibilità delle condotte prese in considerazione all’interessato!  Oggi non vi è alcuna disposizione che consenta al CSM di escludere dal concorso i candidati per condanne penali dei prossimi congiunti. Nella prassi i dati di rilievo penale dei congiunti vengono comunque trasmessi al CSM, ma questa conoscenza NON può determinare l’esclusione dalla partecipazione al concorso, MA potrà risultare utile per esempio per evitare che in caso di esito positivo del concorso, il magistrato svolga il tirocinio nel territorio ove tali condotte devono essere sottoposte a giudizio. c) L’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa del magistrato a partiti politici  Il problema della presenza dei magistrati in politica pone la necessità di BILANCIARE due beni di rilievo costituzionale: 1. il diritto del cittadino di godere, sia pur con i limiti determinati dal suo particolare status, dei diritti fondamentali comuni a chiunque, come quello di partecipare alla vita politica (es magistrati) 2. l’ indipendenza esterna del magistrato Si deve fare riferimento all’ art 98 Cost secondo cui la LEGGE PUO’ stabilire, per i magistrati, limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici: nel bilanciamento deve prevalere la necessità di garantire comunque l’indipendenza del magistrato impedendo che egli instauri rapporti e vincoli di natura stabile con una determinata parte politica. Il d.lgs. 109/2006 in tema di responsabilità disciplinare stabilisce che è disciplinarmente sanzionata l’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici O il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque compromettere l’ immagine del magistrato. Tale disposizione può essere considerata attuativa dell’ art 98 Cost Essa non solo limita l’iscrizione ai partiti politici, ma punisce disciplinarmente la partecipazione, purchè sistematica e continuativa. ? MA questa norma è costituzionalmente legittima ? _se si ritiene che la disposizione dell’art 98 Cost voglia garantire sia l’indipendenza esterna ma anche l’ IMPARZIALITA’ (e apparenza di imparzialità), come garanzia di neutralità politica de magistrato, la norma si può dire legittima. _se si ritiene che l’intenzione originaria dei costituenti fosse quella di garantire con l’art 98 l’ INDIPENDENZA, impedendo i reali condizionamenti all’attività giudiziaria che derivano dal legame stabile che il magistrato contrae iscrivendosi a un partito, si dovrebbe pensare che il legislatore possa attuare l’art 98 con il solo divieto dell’iscrizione a un partito. La Corte costituzionale ha riconosciuto che i magistrati debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti agli altri cittadini e quindi possono sia condividere un’idea politica, sia manifestare le proprie opzioni al riguardo. Ha osservato anche che la Costituzione consente al legislatore ordinario di introdurre il divieto di iscrizione ai partiti politici per i magistrati per rafforzare la garanzia della loro soggezione soltanto alla legge e alla Costituzione e per evitare che l’esercizio delle loro delicate funzioni sia offuscato dall’essere essi legati a una struttura partitica che importa anche vincoli gerarchici interni. Ha inoltre sostenuto che l’estensione del divieto alla partecipazione sistematica e continuativa NON contrasta con la Costituzione perché l’organico schieramento con una delle parti politiche in gioco è suscettibile, come l’iscrizione, a condizionare l’esercizio indipendente e imparziale delle funzioni e di compromettere l’immagine del magistrato.  Tra gli istituti più discussi vi è il TRASFERIMENTO D’UFFICIO PER INCOMPATIBILITA’ AMBIENTALE (da una sede all’altra) E FUNZIONALE (da un ufficio all’altro)- r.d.lgs. 511/1946 art 2 (legge sulle Guarentigie). La norma prevede due tipologie di trasferimento per incompatibilità: a) quando il magistrato si trova in una situazione di incompatibilità per rapporti di parentela o affinità con avvocati esercenti la professione forense nella stessa sede o per rapporti di parentela o affinità con ufficiali o agenti di polizia giudiziaria assegnati alla stessa sede b) trasferimento del magistrato qualora si riscontri una situazione di incompatibilità rispetto alla sede occupata o alla funzione esercitata. In origine l’ art 2.2 stabiliva che i magistrati, anche senza il loro consenso, potevano essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni quando, per qualsiasi causa ANCHE INDIPENDENTE DA LORO COLPA non possono, nella sede che occupano, amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell’ordine giudiziario. La dottrina riteneva che tale disposizione fosse di dubbia costituzionalità per la mancanza di un’organica codificazione in legge delle ipotesi di trasferimento. Inoltre il provvedimento di trasferimento, adottato dal plenum del CSM sulla base della proposta della Prima Commissione, veniva spesso utilizzato:  O come strumento alternativo a quello disciplinare, sulla base di una autonoma iniziativa del Consiglio (senza la richiesta proveniente da chi è legittimato a intraprendere l’azione disciplinare),  O come una specie di misura cautelare d’urgenza, in attesa della sentenza della Sezione disciplinare, che avrebbe potuto disporre il trasferimento come sanzione accessoria, ma solo dopo l’esito di un regolare processo! MA ciò che avrebbe dovuto venire in rilievo nel procedimento di trasferimento (art 2) NON era un illecito del magistrato, MA una situazione obiettiva che si determina nell’ufficio ove egli esercita le sue funzioni. Il trasferimento d’ufficio disposto dal CSM non avrebbe dovuto avere una funzione para- disciplinare, MA rispondere ad esigenze oggettive INDIPENDENTI DALLA COLPA del soggetto coinvolto L’istituto del trasferimento per incompatibilità ambientale prima della riforma 2005-2006 doveva essere considerato come un ulteriore strumento di GARANZIA dell’ INDIPENDENZA del giudice sul piano rigorosamente oggettivo, come mezzo per togliere il giudice dall’imbarazzo di dovere amministrare giustizia in circostanze difficili e tali NON PER SUA RESPONSABILITA’. Il legislatore decise di intervenire per fare chiarezza sulla distinzione tra trasferimento per incompatibilità ambientale o funzionale e procedimento disciplinare! L’ art 26 del d.lgs. 109/2006 ha modificato l’art 2 in tema di responsabilità disciplinare stabilendo che il trasferimento può essere disposto quando i magistrati, per qualsiasi causa INDIPENDENTE DA LORO COLPA, non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità. Non sono specificati i motivi, ma l’esclusivo riferimento alle cause INDIPENDENTI DA COLPA del magistrato (ove per colpa si deve intendere  la responsabilità disciplinare) riduce la portata applicativa della norma, perché ora si può ricorrere all’art 2 SOLO se la situazione che determina l’apertura del procedimento NON risulta in alcuna delle fattispecie disciplinari tipiche delineate nel d.lgs. 109/2006. Il CSM ha rilevato che la riforma lo avrebbe privato di un incisivo strumento di intervento proprio nelle situazioni più delicate e nelle zone grigie, caratterizzate dalla compresenza di comportamenti NON INCOLPEVOLI (colpevoli), MA al tempo stesso PRIVI DI RILIEVO DISCIPLINARE, il cui permanere mina la credibilità della giurisdizione e la fiducia dei cittadini verso di essa. Per questo motivo il CSM ha continuato il tradizionale ricorso al trasferimento d’ufficio in funzione para-disciplinare, ma il giudice amministrativo ha annullato alcuni provvedimenti di trasferimento fondati sull’accertamento di un comportamento colpevole del magistrato (per colpa non è più possibile trasferire!). Il Comitato di Presidenza del CSM tuttora autorizza, presso la Prima Commissione, l’apertura di molte pratiche ex art 2.2 r.d.lgs. 511/1946 anche dove risulti palese che si è in presenza di comportamenti NON INCOLPEVOLI (colpevoli) e che quindi non consentirebbero in ogni caso il ricorso a un trasferimento per incompatibilità ambientale. Si tratta infatti di comportamenti che non possono dar luogo, ai sensi di legge, né a un trasferimento d’ufficio né a una sanzione disciplinare, ma è bene che essi rientrino nella sfera di conoscenza del CSM perché possono risultare rilevanti in sede di valutazione di professionalità o di conferimento di incarichi direttivi. CAPITOLO 4 – L’IMPARZIALITA’ DEL GIUDICE 13. IMPARZIALITA’ E APPARENZA DI IMPARZIALITA’. L’ORIENTAMENTO POLITICO DEL MAGISTRATO MINA LA SUA IMPARZIALITA’?  IMPARZIALITA’ = condizione da valutarsi con riferimento all’esercizio delle funzioni giudiziarie in concreto, in uno specifico processo.  MA l’imparzialità deve caratterizzare la condotta del magistrato in quanto tale, anche al di fuori del processo e della stessa complessiva attività giudiziaria tipica???  Considerando quanto sia importante che un magistrato si comporti con equilibrio nelle attività che concorrono a costruire la sua immagine pubblica, è evidente che egli non solo deve essere imparziale, MA deve anche SEMBRARE IMPARZIALE. Ne va della fiducia e della legittimazione di cui i magistrati devono godere presso l’opinione pubblica (esigenza stabilita anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ).  La giurisprudenza vuole anche evitare che sul magistrato gravino obblighi o limiti eccessivi che incidano sulla sua vita privata e valuta l’eventuale mancanza di imparzialità con riferimento al CASO CONCRETO, non in astratto!  Interessante è notare le pronunce sull’orientamento politico del magistrato come eventuale causa di carenza di imparzialità! (orientamento politicocarenza di imparzialità). In generale è plausibile instaurare un collegamento tra le vicende di un concreto processo e atti o comportamenti del magistrato a quel processo esterni, MA idonei a proiettare la loro influenza sul grado di imparzialità di quel magistrato in quel processo!  La giurisprudenza ritiene che l’ INTERESSE NEL PROCEDIMENTO, cioè la causa di astensione, non può interpretarsi fino a ricomprendere l’interesse di natura politica infatti il motivo politico è un interesse indiretto alla causa, mentre l’interesse nel procedimento, vera causa di astensione, è sempre qualificato come un interesse diretto e concreto. Afferma che l’inimicizia grave con una delle parti private implica rapporti di carattere privato e di natura personale, fondati su dati di fatto concreti. Questo sentimento deve inoltre essere caratterizzato dalla reciprocità e dal fondamento oggettivo delle ragioni, quindi NON SI ESTENDE A CONSIDERAZIONI DI CARATTERE IDEOLOGICO. Secondo la Corte di Cassazione NON è causa di astensione e di ricusazione l’adesione del giudice a una corrente dell’Associazione Nazionale Magistrati, nemmeno se si ricollega a conflitti personali, perché questi conflitti non si possono riferire a un rapporto tra una parte privata e una corrente della magistratura associata e a tutti gli aderenti alla corrente in modo complessivo e indistinto.  L’orientamento è volto a escludere la rilevanza nel processo dell’orientamento politico del magistrato, orientamento condiviso dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo perché infatti la mancanza di imparzialità del giudice deve essere provata! (anche se egli appoggia una corrente politica, ciò non significa che non possa giudicare in modo imparziale!!!)  Anche la Sezione disciplinare del CSM, operando un bilanciamento tra libertà del giudice nella vita privata e necessità che egli si comporti pubblicamente in modo da apparire imparziale, risolve la questione considerando meritevole di sanzione disciplinare SOLO il comportamento che, pur posto in essere al di fuori del processo, si rifletta effettivamente su questo.  la giurisprudenza richiede la DIMOSTRAZIONE di una CARENZA DI IMPARZIALITA’ con riferimento all’esercizio delle funzioni giudiziarie IN CONCRETO. 2) R. POLITICA: un soggetto titolare di un potere politico viene sottoposto a critiche di natura politica. Si caratterizza per la notevole indeterminatezza del parametro di valutazione dei comportamenti del responsabile. Può essere:  ISTITUZIONALE: quando fra due soggetti sussiste un rapporto istituzionale, in forza del quale l’uno possiede nei confronti dell’altro sia un potere di critica, sia la facoltà di rimuoverlo (es interrogazioni dei parlamentari ai ministri, sfiducia,..)  DIFFUSA: quando un soggetto titolare di potere politico può essere criticato e la critica è oggetto dell’esercizio della libertà di chi la formula e del cui esito, dal punto di vista del diritto, non vi è una misura oggettiva! Dal nostro ordinamento è esclusa una responsabilità politica istituzionale dei magistrati perché presupporrebbe una dipendenza. Non vi è nemmeno una responsabilità politica dei magistrati nei confronti dei cittadini perché il sistema di reclutamento è quello concorsuale. MA nei fatti l’art 106.2 Cost afferma che la legge possa prevedere la nomina anche elettiva di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli (ancora non avvenuto). La Corte ha ribadito che, anche se ciò avvenisse, a tutti i magistrati deve essere garantita l’indipendenza e che in questo caso sarebbe garantita dal DIVIETO DI RINOMINA (l’unico che potrebbe comportare una responsabilità politica perché gli elettori potrebbero non rieleggerlo e in ciò si manifesterebbe la responsabilità politica). Un ragionamento si può fare sulla responsabilità politica diffusa: una dottrina minoritaria ha individuato il fondamento costituzionale di questa responsabilità nell’ art 101.1 Cost in cui si dice che la giustizia è amministrata in nome del popolo, collegato con l’art 1. MA in realtà l’art 101 non afferma che il popolo amministra la giustizia e non prevede che dal popolo emani giustizia. dire che la giustizia è amministrata in nome del popolo crea una barriera tra popolo e funzione giurisdizionale: tale funzione non è soggetta alle regole costituzionali che segnano il circuito democratico e che prevedono la legittimazione popolare di ogni funzione politicamente rilevante. Il consenso popolare NON è una misura di legittimazione delle modalità attraverso le quali si esercita la funzione giurisdizionale Ciò non esclude che l’attività della magistratura possa essere soggetta a critiche ma ciò avviene in attuazione dell’ art 21 Cost, cioè della libertà di critica. 3.MODELLI DI RESPOSABILITA’ GIURIDICA  La responsabilità giuridica può essere: 1) PENALE il magistrato è sottoposta alla sanzione penale come tutti gli altri cittadini quando agisce come privato e come gli altri enti pubblici quando il reato è commesso nell’esercizio della funzione giurisdizionale. La sottoposizione al processo penale non incide sulla indipendenza del magistrato per le garanzie presenti e per la tassatività della fattispecie penali. 2) CIVILE 3) DISCIPLINARE 4) AMMINISTRATIVA La responsabilità civile e disciplinare possono essere variamente configurate dal legislatore perché a lui spetta definirne il fondamento e le regole procedimentali in relazione ai magistrati. Per stabilire se tali forme di responsabilità incidano sull’indipendenza dei magistrati bisogna analizzare il modo in cui sono concretamente regolate.  L’ indipendenza dei magistrati è tanto più garantita quanto più sono determinati i presupposti della responsabilità e la decisione del processo sia demandata a un organo imparziale.  La prevalenza della responsabilità civile o disciplinare dipende dalla posizione della magistratura nell’ordinamento. Ci sono 2 modelli:  modello del giudice funzionario: se la magistratura si presenta come un corpo di funzionari pubblici legato a un organo politico, i singoli magistrati, irresponsabili verso l’esterno, saranno soggetti a una responsabilità DISCIPLINARE verso il proprio ordine di appartenenza.  modello del giudice professionale: se la magistratura è indipendente da qualsiasi organo politico, si colloca all’esterno dell’organizzazione burocratica dello Stato-persona e assume una funzione di barriera o di limite nei confronti del potere politico. Il rapporto tra magistrato e utenti della giustizia è più diretta, la responsabilità dei magistrati è fatta valere nei loro confronti e assume i tratti della responsabilità CIVILE (senza l’intermediario: organo politico).  Il nostro ordinamento giudiziario non si rifà a nessuno di questi modelli. Il giudice è incardinato burocraticamente nell’organizzazione dello Stato-persona e al tempo stesso è indipendente funzionalmente e istituzionalmente. Egli si colloca in una posizione mediana tra Stato e società, tra LEX (manifestazione del potere statale) e IURA (sfere di garanzia riconosciute all’autonomia dei privati e della società civile). La posizione giuridico-costituzionale fatta alla magistratura e ai singoli magistrati incide sul modello di responsabilità giuridica che viene accolto. 4. LA RESPONSABILITA’ CIVILE  Un tempo si sosteneva che lo Stato, in quanto fonte del diritto, non potesse compiere atti illeciti. Siccome la funzione giurisdizionale è attuazione diretta della sovranità dello Stato, la decisione era riconducibile solo alla volontà della legge.  secondo la dottrina processualcivilista la responsabilità era esclusa in conseguenza dell’applicazione del principio della cosa giudicata: il passaggio in giudicato della sentenza sanava ogni nullità e errore verificatosi nel corso del processo e quindi il magistrato non poteva più essere chiamato a rispondere.  La mutata idea dello Stato è evidente nell’art 28 Cost. La responsabilità civile di tutti i funzionari pubblici trova oggi un diretto fondamento istituzionale nell’ art 28 Cost, dove si afferma che “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti”. Tale disposizione riguarda anche i magistrati. Dall’articolo si deduce che NON può essere totalmente esclusa la responsabilità dei pubblici dipendenti per i danni provocati nell’esercizio delle loro funzioni.  La responsabilità civile dei magistrati però deve essere disciplinata in modo diverso rispetto alla normativa di diritto comune perché è necessario tutelare le garanzie di indipendenza, a loro volte costituzionalmente garantite!  LO Stato deve rispondere dei danni causati dai magistrati almeno nei limiti in cui questi ultimi sono ritenuti responsabili 5.1 La disciplina precedente e il referendum abrogativo del 1987  Fino al referendum abrogativo, la disciplina della responsabilità civile dei giudici era contenuta negli artt 55-56 c.p.c. del 1940. Ai sensi dell’art 74 le stesse disposizioni si applicavano anche ai pubblici ministeri.  Dal punto di vista del diritto sostanziale, l’art 55 c.p.c. stabiliva che i giudici potevano essere chiamati a rispondere SOLO nei casi di DOLO, FRODE e CONCUSSIONE ! MA si ammetteva solo la responsabilità per dolo perché (sul presupposto che lo Stato non può sbagliare) in questa ipotesi viene sottoposto a sindacato il comportamento del giudice come persona fisica, non l’atto! I giudici erano inoltre responsabili in caso di DENEGATA GIUSTIZIA, che si ha quando il giudice, senza giustificato motivo, rifiuta o omette o ritarda di provvedere sulle domande o sulle istanze delle parti e quindi di compiere un atto del suo ministero.  Sul piano processuale i magistrati erano direttamente responsabili, ma l’art 56 stabiliva che la domanda per far valere la responsabilità del giudice dovesse essere autorizzata dal Ministro delle Giustizia (garanzia amministrativa). Ottenuta l’autorizzazione, la parte doveva chiedere alla Corte di Cassazione di designare un giudice competente a conoscere della domanda (violazione art 25.1 Cost).  Questa disciplina tutelava i magistrati sia dal punto di vista sostanziale, sia da quello processuale. ??? Ci si chiese allora se fosse possibile chiedere il risarcimento dei danni allo Stato, in virtù del rapporto di impiego che a quest’ultimo lega i magistrati (visto che era quasi impossibile ottenerlo dai magistrati). La Corte disse che era possibile, alla luce dell’ art 28 che prevede che in caso di responsabilità dei funzionari e dipendenti pubblici la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. La supplenza della responsabilità disciplinare nei confronti di quella civile mostra come la prima sia l’unica forma di responsabilità effettivamente fatta valere nei confronti dei magistrati. 5.4 La responsabilità civile dello Stato per decisioni degli organi giurisdizionali di ultimo grado nella giurisprudenza della Corte di Giustizia. Quale conseguenze si hanno sul nostro ordinamento???  La prima decisione che ha messo in discussione il sistema italiano di risarcimento dei danni provocati nell’esercizio della funzione giudiziaria è la sentenza 30 settembre 2003, Kobler c- Repubblica d’Austria. In tale pronuncia la Corte di Giustizia afferma che gli Stati membri sono tenuti a riparare i danni causati ai singoli dalla violazione di una norma di diritto comunitario, anche quando la violazione è causata dalla decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado. una decisione giurisdizionale può causare un danno da risarcire!  MA la violazione del diritto comunitario deve essere MANIFESTA: si devono considerare il grado di chiarezza e precisione della norma violata, il carattere scusabile o inescusabile dell’errore di diritto, la mancata osservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale. LA violazione è però presunta quando la decisione interviene IGNORANDO MANIFESTAMENTE la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia.  Siccome in assenza di una disciplina comunitaria spetta agli ordinamenti dei singoli Stati membri predisporre gli strumenti idonei a garantire il risarcimento del danno, si è posto il problema di comprendere se la legge 117/1988 si compatibile con le indicazioni della Corte di Giustizia! ???LA LEGGE CHE DISCIPLINA IL RISARCIMENTO DEL DANNO GIUDIZIARIO E’ COMPATIBILE CON LE INDICAZIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA??? Si pongono 2 problemi: 1) la limitazione del risarcimento del danno ai soli casi in cui l’errore è causato con dolo o colpa grave (esame soggettivo della legge 117/1988) è compatibile con il giudizio della Corte di Giustizia che contempla SOLO un esame della violazione OBIETTIVA di un diritto attribuito dall’ordinamento comunitario??? 2) la clausola di salvaguardia che esclude la responsabilità per il danno causato dall’interpretazione di diritto e dalla valutazione dei fatti e delle prove, è compatibile con il riferimento ai danni causati dall’attività interpretativa degli organi giurisdizionali supremi, statuito dalla Corte di Giustizia??? Con la sentenza 13 giugno 2006 – Traghetti del Mediterraneo- la Corte di Giustizia afferma: A. NON è COMPATIBILE con il diritto comunitario l’esclusione della responsabilità civile nel caso in cui il danno sia dovuto a un’errata interpretazione di norme di diritto o di valutazione del fatto o delle prove (clausola di salvaguardia non compatibile!). Infatti non si può escludere che una violazione manifesta del diritto comunitario vigente venga commessa nell’esercizio dell’attività interpretativa! La clausola di salvaguardia, così come formulata e interpretata, NON è compatibile con il diritto comunitario. B. in merito alla limitazione della responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave, la Corte di Giustizia ribadisce che il danno deve essere risarcito in caso di violazione manifesta del diritto comunitario. Alla Corte NON interessa se la legislazione nazionale fonda la responsabilità sulla valutazione di criteri soggettivi (dolo o colpa) o oggettivi purchè sia concesso il risarcimento in caso di violazione manifesta del diritto comunitario.  Con le sentenze sopra citate, la Corte si pronuncia solo sulla responsabilità dello Stato per i danni causati in violazione del diritto comunitario da decisioni di organi giurisdizionali di ultimo grado, ultima istanza dinanzi alla quale i singoli possono far valere i diritti ad essi riconosciuti dal diritto comunitario e che hanno l’obbligo di sollevare questioni di pregiudizialità.  Lo Stato italiano non è intervenuto subito ad adeguare l’ordinamento interno ai dettami della Corte di Giustizia e nemmeno la giurisprudenza ha mutato l’interpretazione delle norme vigenti. Per tali motivi nel 2009 la Commissione europea ha aperto nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione a seguito della quale si è formalmente accertato che la Repubblica italiana non ha rispettato l’obbligo di conformarsi al diritto dell’Unione. Lo Stato, potendosi liberare dalla condanna dimostrando che l’ordinamento fosse in grado di garantire il risarcimento dei danni provocati da un organo giurisdizionale di ultimo grado in violazione manifesta del diritto comunitario, non è riuscito. La Corte di Giustizia ribadì che l’art 2.2 della legge 117/1988 e l’art 2.1 della stessa legge sono contrari al diritto UE e quindi era necessario un intervento del legislatore reso urgente dal fatto che era stata aperto una seconda procedura di infrazione nel 2013. A seguito di un nuovo giudizio di fronte alla Corte di Giustizia questa poteva imporre una sanzione pecuniaria. Lo stato italiano interviene solo nel 2015. 4. LA RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE  La responsabilità disciplinare può essere fatta valere:  da un soggetto posto in una posizione gerarchicamente sovraordinata nei confronti dei sottoposti responsabilità disciplinare a fondamento gerarchico  dalla categoria o dall’ordine di appartenenza cui il soggetto aderisce in posizione paritaria responsabilità disciplinare nei confronti del proprio ordine di appartenenza  Questa forma di responsabilità, oltre alla funzione repressiva, ha le funzioni di : a) orientare i comportamenti dei soggetti che svolgono certe funzioni perché appartenenti a ordini o categorie b) preservare il prestigio di quegli ordini o categorie c) tutelare i soggetti terzi che entrino in contatto con gli appartenenti agli ordini o categorie (tutela indiretta)  Il raggiungimento di tali scopi avviene predeterminando delle REGOLE di comportamento e la SANZIONE per la loro violazione. Le regole di comportamento prevedono particolari doveri (es correttezza, imparzialità, diligenza,..) che riguardano l’esercizio delle funzioni. Spesso però la sanzione disciplinare non sanziona solo la violazione di questi doveri, ma anche comportamenti della vita privata, estranei all’esercizio delle funzioni, se essi sono ritenuti lesivi dell’immagine che l’ordine o la categoria intende fornire all’esterno!  Particolari caratteristiche della responsabilità disciplinare dei magistrati:  da una parte essi sono funzionari statali, MA per tutelarne l’indipendenza la sanzione disciplinare è irrogata dal CSM, non dallo Stato. Il CSM costituisce infatti l’organo preposto a garantire l’autonomia dell’ordine giudiziario art 105 Cost. Il fondamento del potere disciplinare, nel caso dei magistrati, non può ricercarsi nel rapporto di supremazia speciale della pubblica amministrazione verso i propri dipendenti, come avviene per gli impiegati pubblici! (i magistrati sono sottoposti soltanto alla legge art 101)  MA è altrettanto vero che la responsabilità disciplinare non può essere vista solo come responsabilità verso l’ordine di appartenenza, soprattutto perché secondo la Costituzione, è il Ministro della Giustizia il TITOLARE DELL’INIZIATIVA DISCIPLINARE art 107.2 Questa titolarità evoca una responsabilità disciplinare verso l’intero ordinamento statale, non solo verso l’ordine!!! Lo Stato inoltre, con la LEGGE, predetermina i comportamenti disciplinarmente rilevanti. MA il giudizio è attribuito al CSM per preservare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. 4.1 Formulazione contenuta nell’art 18 del r.d.lgs. 511/1946 (ora abrogato) e necessità di predeterminare gli illeciti disciplinari  L’ art 18 del r.d.lgs. 511/1946 prevedeva che commette illecito disciplinare “il magistrato che:  manchi ai suoi doveri  o tenga in ufficio o fuori una condotta tale che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere  o che comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario Tale disposizione si caratterizza per la sua assenza di tipizzazione dell’illecito disciplinare. Una così ampia formulazione dell’illecito disciplinare si prestava a interpretazioni diverse e consentiva di punire sia atti commessi nell’esercizio delle funzioni, sia comportamenti extrafunzionali, anche della vita privata. Permetteva inoltre di operare il giudizio in base alla mutevole nozione di prestigio dell’ordine giudiziario. La dottrina aveva tentato di distinguere le ipotesi di mancato rispetto dei doveri inerenti alla funzione, da sanzionare in base a una valutazione oggettiva, dalle altre ipotesi di illecito. MA l’illecito disciplinare veniva sempre visto come un illecito di danno ai valori indicati dalla norma (prestigio dell’ordine e considerazione esterna del magistrato), anche di fronte a evidenti violazioni di doveri di ufficio!! Da questo punto di vista le violazioni dei doveri d’ufficio ignote all’esterno erano considerate di per sé disciplinarmente irrilevanti.  La dottrina ha sempre sottolineato la necessità di procedere a una elencazione il più possibile precisa degli illeciti disciplinari per fare in modo che l’organo legittimato possa usare lo strumento disciplinare in modo arbitrario (per colpire magistrati appartenenti a certe correnti ad esempio), decidendo caso per caso. E’ inoltre una fondamentale garanzia del magistrato sapere sin da prima quali sono i suoi doveri di comportamento. si intendono punire i comportamenti reiterati o gravi in violazione delle disposizioni che attengono all’organizzazione del servizio giudiziario. c) diligenza e laboriosità. Risultano illeciti: 1. l’indebito affidamento ad altri di attività rientranti nei propri compiti 2. l’inosservanza dell’obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l’ufficio in assenza dell’autorizzazione prevista dalla normativa vigente se ne è derivato concreto pregiudizio all’adempimento dei doveri di DILIGENZA e LABORIOSITA’ 3. il reiterato, grave e ingiustificato RITARDO nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle proprie funzioni. Si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell’atto. E’ una disposizione che vuole responsabilizzare i magistrati al rispetto dei tempi processuali e del principio costituzionale della ragionevole durata dei processi. Il ritardo è considerato reiterato se è ripetuto. La gravità del ritardo va riferita all’entità, in termini temporali, dei ritardi reiterati Il ritardo deve essere giustificato! La Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno ritenuto che il ritardo eccedente 1 anno nel deposito del provvedimento giudiziario rende ingiustificabile la condotta dell’incolpato, in quanto in tal caso si viola il diritto al giusto processo art 111 4. il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato all’attività di servizio 5. l’inosservanza dell’obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando ciò sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell’organo competente 6. per il dirigente di ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l’omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti 7. l’omissione, da parte del dirigente di ufficio o da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al CSM della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli artt 18 e 19 d.r. 12/1941 (incompatibilità di sede per rapporti di parentela o di affinità) o delle situazioni che possono dare luogo all’adozione dei provvedimenti di cui agli artt 2 e 3 r.d.lgs.511/1946 (provvedimenti di trasferimento di sede e di funzioni e provvedimenti di dispensa dal servizio o di collocamento in aspettativa di ufficio per debolezza di mente o infermità). Si sanzionano così le omissioni nell’esercizio del potere di controllo di chi ricopre incarichi direttivi. 8. l’omissione, da parte del dirigente di ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti a lui noti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell’ufficio, della sezione o del collegio. Per gli illeciti commessi nell’esercizio delle funzioni giudiziarie deve essere ricordata  la fattispecie che punisce i COMPORTAMENTI che, violando i doveri del magistrato, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti. Per l’esistenza di questo illecito è necessario dimostrare:  l’ingiusto danno o l’indebito vantaggio per una delle parti del procedimento  la condotta del magistrato consistente nella violazione dei doveri.  La legge identifica come disciplinarmente rilevanti alcuni specifici comportamenti posti in essere AL DI FUORI DELL’ESERCIZIO DELLE FUNZIONI ritenuti idonei a minare l’indipendenza e l’imparzialità del magistrato. Sono puniti: 1) l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri 2) l’ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che il magistrato sa essere parti o indagati in procedimenti penali o civili pendenti presso l’ufficio giudiziario di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto di Corte di Appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie, o dai difensori di costoro, nonché ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni, a condizioni di eccezionale favore, da parti offese o testimoni o comunque da soggetti coinvolti in detti procedimenti. (comportamenti volti ad acquisire vantaggi di natura finanziaria da alcuni soggetti determinati) 3) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato La disposizione è finalizzata a garantire il principio di imparzialità, ma per essere applicata, è necessario dimostrare la FREQUENTAZIONE, non bastando una relazione di natura non occasionale. 4) lo svolgimento di attività incompatibili con la funzione giudiziaria di cui all’art 16 r.d.lgs. 12/1941 o tali da recare concreto pregiudizio all’assolvimento dei doveri del magistrato. Si punisce il magistrato che svolga altro impiego pubblico o privato, che eserciti un’attività industriale o commerciale, o svolga una qualsiasi libera professione. 5) l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione del CSM. (non si tratta in questo caso di attività vietate)  Il d.lgs. 109/2006 prevede anche la categoria degli ILLECITI DISCIPLINARI CONSEGUENTI A REATO L’ art 4 prevede un automatismo tra i fatti per i quali è intervenuta una condanna per un delitto DOLOSO e l’azione disciplinare. Per i delitti COLPOSI puniti con la reclusione o per le contravvenzioni punite con l’arresto, spetta invece al titolare dell’azione disciplinare valutare se vi siano caratteri di gravità per le modalità e le conseguenze del fatto, tali da giustificare l’apertura di un procedimento disciplinare. La parte finale dell’art 4 contiene una norma di chiusura: costituisce illecito disciplinare qualunque fatto costituente REATO idoneo a ledere l’ IMMAGINE del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita. L’ art 3bis intitolato CONDOTTA DISCIPLINARMENTE IRRILEVANTE stabilisce che l’illecito disciplinare NON è configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza. Si introduce così il principio di offensività: la sussistenza dell’ illecito si deve valutare tenendo in considerazione la lesione o la messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma con accertamento in concreto. Secondo le Sezioni Unite della Cassazione tale bene si identifica con la compromissione dell’ immagine del magistrato: è irrilevante la condotta che non compromette l’immagine del magistrato.  Il legislatore stabilisce quali sono le SANZIONI DISCIPLINARI e le correla con le relative FATTISPECIE, riducendo la discrezionalità del giudice disciplinare. Le sanzioni disciplinari sono elencate in ordine crescente di gravità: 1) ammonimento 2) censura 3) perdita di anzianità 4) incapacità temporanea di esercitare un incarico direttivo o semi direttivo 5) sospensione dalle funzioni da 3 mesi a 2 anni 6) rimozione  Le sanzioni possono essere accompagnate dalla MISURA ACCESSORIA del TRASFERIMENTO D’UFFICIO Nel caso di condanna per l’illecito (art 2.1 lett a) d.lgs.109/2006) della violazione dei doveri di imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo, equilibrio, o mancato rispetto della dignità della persona, da cui sia derivato ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti, il trasferimento d’ufficio è OBBLIGATORIO.  la sentenza disciplinare viene inserita nel fascicolo personale del magistrato. 4.4 Il limite dell’indipendenza funzionale  la compatibilità tra la responsabilità e l’indipendenza funzionale del magistrato implica che egli non possa essere disciplinarmente sanzionato per il modo in cui ha esercitato la funzione giudiziaria e che non possa essere sindacato il provvedimento che costituisce il prodotto della sua attività. Ciò per evitare che la minaccia della sanzione disciplinare induca il magistrato ad appiattire la propria libertà interpretativa.  Nella giurisprudenza anteriore al decreto legislativo del 2006 la Sezione disciplinare sanzionava il magistrato per il modo in cui aveva esercitato l’attività giurisdizionale SOLO nel caso in cui avesse emesso un provvedimento abnorme. E comunque, anche in tale case, la Sezione disciplinare si limitava ad esercitare un controllo sulla condotta che precede l’adozione del provvedimento, nel rispetto del principio di indipendenza funzionale. Il sindacato sul comportamento e il sindacato sul provvedimento è di difficile distinzione.  Nel d.lgs. 109/2006 all’art 2.1 sono elencate le fattispecie di ILLECITI FUNZIONALI che riguardano l’esercizio della funzione giudiziaria intesa in senso stretto. La disposizione afferma che FUORI DAI CASI TASSATIVAMENTE ELECATI NON PUO’ DAR LUOGO A RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE L’ATTIVITA’ DI INTERPRETAZIONE DI NORME DI DIRITTO E QUELLA DI VALUTAZIONE DEL FATTO E DELLE PROVE. Nella seconda fattispecie si vuole rafforzare la regola secondo cui ogni informazione inerente alle attività della Procura della Repubblica deve essere fornita attribuendola in modo impersonale all’ufficio, escludendo riferimenti ai magistrati assegnatari del procedimento. 3. il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio o il costituire e l’utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati. Si vuole così contrastare l’esposizione mediatica dei magistrati singoli. Più che il contenuto delle notizie, viene in rilievo il FATTO che il magistrato cerchi di dare pubblicità alla propria attività. Ci si chiede però se il magistrato, a tutela del proprio onore professionale, possa, senza incorrere in sanzione disciplinare, fornire precisazioni per dissipare equivoci sulla attività compiuta, se non siano intervenuti allo scopo gli organi competenti. La Sezione disciplinare ha ritenuto che tale diritto deve essere bilanciato, caso per caso, con l’esigenza di tutelare, in funzione dell’imparzialità e dell’indipendenza, la considerazione di cui il magistrato deve godere presso la pubblica opinione. La legge non dice però nulla in riferimento a eventuali dichiarazioni che il magistrato renda al di fuori dell’esercizio delle funzioni giudiziarie e che non abbiano ad oggetto procedimenti giudiziari o parti del processo. Questa questione coinvolge sia i limiti del diritto fondamentale alla libera manifestazione del pensiero da parte del cittadino-magistrato, sia la credibilità e la fiducia che il magistrato come singolo e l’intera magistratura sanno ispirare ai cittadini e all’opinione pubblica. Un comportamento riservato e discreto, che evita sovraesposizioni mediatiche fa sicuramente parte della deontologia professionale, ma non si tratta di una questione disciplinare perché non prevista per legge! Di rado in passato la Sezione disciplinare, usando la vaghezza dell’art 18 r.d.lgs.511/1946 ritenne che certe dichiarazioni pubbliche risultavano lesive del prestigio dell’ordine giudiziario. Ma dopo la tipizzazione fatta con il d.lgs. 109/2006 che si occupa di questi aspetti solo come illeciti funzionali, si può ritenere che queste esternazioni del cittadino-magistrato NON rientrano nel giudizio disciplinare. grave lacuna! L’unico illecito disciplinare extrafunzionale nel quale potrebbero essere rilevanti esternazioni pubbliche è l’ art 3.1 lett i) d.lgs.109/2006 che punisce l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è diretto a condizionare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste. b) La libertà di associazione e di riunione  Le fattispecie disciplinari potenzialmente idonee ad incidere sul diritto di associazione o di riunione dei magistrati sono previste tra gli illeciti compiuti FUORI dall’esercizio delle funzioni.  Secondo il d.lgs. 109/2006 costituiscono illeciti disciplinari: 1. la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con la funzione giudiziaria 2. l’iscrizione o la partecipazione sistematica o continuativa a partiti politici. L’art 3.1 lett h) del d.lgs.109/2006 prevede come illecito disciplinare la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno chiarito che l’attività politico-partitica disciplinarmente rilevante deve caratterizzarsi per costanza e ripetizione. La Costituzione consente ai magistrati di svolgere attività di natura politica e queste non possono essere compiute senza un contatto con la vita e le iniziative di partiti e movimenti politici.  sul piano temporale, il divieto di partecipazione sistematica e continuativa ai partiti politici non può risolversi in singoli ed isolati episodi di contatti con movimenti politici o partiti né essere limitato a periodi circoscritti nel tempo, ma deve caratterizzarsi per COSTANZA e RIPETIZIONE.  Ciò vale incondizionatamente per i magistrati IN SERVIZIO e per quelli collocati FUORI RUOLO o IN ASPETTATIVA per un compito strettamente tecnico; vale parzialmente per quelli collocati fuori ruolo o in aspettativa per un incarico politico-amministrativo (non è rilevante la loro partecipazione alla vita politica se questa rimane collegata a livello spaziale e temporale all’ambito settoriale del loro incarico di assessori regionali o comunali); NON VALE per i magistrati fuori ruolo per incarico politico per il diritto fondamentale di elettorato passivo. 3. il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque compromettere l’immagine del magistrato. La ratio della fattispecie è sanzionare l’assunzione di vincoli stabili idonei a condizionare l’indipendenza del magistrato. 4.6 Tipizzazione o tassatività?  La tipizzazione delle fattispecie disciplinari implica necessariamente anche la loro tassatività? O l’elencazione dei comportamenti punibili può essere accompagnata da norme contenenti espressioni di tenore generale, cioè norme di chiusura??  La Corte costituzionale ha escluso che la tassatività delle fattispecie disciplinari possa essere costituzionalmente fondata sull’art 25.2 Cost perché tale disposizione si applica solo alla materia penale!  Le infrazioni tipizzate previste negli elenchi che contengono anche norme di chiusura assumono valore interpretativo per queste ultime, concorrendo a chiarire quali possano essere gli altri comportamenti suscettibili di sanzione disciplinare.  Il d.lgs. 109/2006 contiene solo due disposizioni che presentano una certa elasticità e riguardano gli illeciti disciplinari:  art 2.1 lett a) : punisce i comportamenti che, violando i doveri del magistrato, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti  art 4.1 lett d) : costituisce illecito qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l’immagine del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita. 4.7 La titolarità dell’azione disciplinare: l’azione facoltativa del Ministro della Giustizia e quella obbligatoria del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione.  Secondo l’ art 107 il Ministro della Giustizia ha la facoltà di esercitare l’iniziativa disciplinare.  l’ art 14 del d.lgs. 109/2006 ha esteso tale facoltà anche al Procuratore Generale presso a Corte di Cassazione e le due iniziative sono autonome l’una dall’altra.  Il Procuratore Generale è come un pubblico ministero presso il giudice disciplinare che agisce quindi in ossequio a quanto stabilito dalla legge. Per questo motivo si è pensato di rendere la sua iniziativa obbligatoria perché, mentre la facoltatività dell’azione del Ministro della Giustizia è giustificata dal fatto che egli risponde politicamente di fronte al Parlamento, il pm è indipendente e della sua azione non è chiamato a rispondere a nessuno! Ora il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha l’ OBBLIGO di esercitare l’azione disciplinare.  La facoltatività dell’azione disciplinare del Ministro è coerente con la necessità che egli assuma responsabilità politica di fronte alle Camere per il modo in cui ha agito in questo ambito.  Con l’introduzione dell’iniziativa obbligatoria del Procuratore, il Ministro subisce una diminuzione di responsabilità politica perché difficilmente potrebbe essere chiamato a rispondere politicamente per un’attività dovuta altrui! Il Ministro resta politicamente responsabile per il MODO in cui esercita l’azione facoltativa di sua competenza; non dovrà rispondere dunque della gestione e della connessa responsabilità per il modo in cui il Procuratore Generale interpreta il proprio ruolo di titolare dell’azione disciplinare.  L’obbligatorietà dell’azione disciplinare può provocare problemi di ordine pratico, sovraccaricando il sistema di giustizia disciplinare. Per questo è stato introdotto un CORRETTIVO: è consentito al Procuratore, dopo aver svolto sommarie indagini, chiedere l’ ARCHIVIAZIONE DIRETTA, previa accettazione implicita da parte del Ministro della Giustizia, nel caso in cui la condotta sia disciplinarmente irrilevante ai sensi dell’art 3bis, se la denuncia non sia circostanziata, se il fatto non rientri nelle ipotesi previste dalla legge o se dalle indagini risulti inesistente o non commesso.  La legge 150/2005 regola anche i rapporti tra le due azioni:  quando l’iniziativa proviene dal Ministro essa è concretamente esercitata dal Procuratore Generale: il Ministro esercita l’azione mediante richiesta di indagini al Procuratore Generale b) l’obbligo di sospendere dalle funzioni e dallo stipendio e collocare fuori ruolo il magistrato sottoposto a procedimento penale nei cui confronti è stata adottata una misura cautelare personale c) possibilità di sospendere dalle funzioni e dallo stipendio e di collocare fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detenitva, o al quale sono ascritti fatti rilevanti che, per la loro gravità, sono incompatibili con l’esercizio delle funzioni d) la possibilità di TRASFERIRE provvisoriamente ad altro ufficio di un distretto limitrofo il magistrato sottoposto a procedimento penale in casi di minore gravità come misura alternativa alla sospensione dalla funzioni e dallo stipendio e al collocamento fuori ruolo. 3) Nella DISCUSSIONE ORALE fissata dal Presidente della Sezione disciplinare, un componente della Sezione nominato dal Presidente svolge la RELAZIONE. In questa fase si osservano in quanto compatibili le norme del c.p.p. sul dibattimento La Sezione disciplinare può anche assumere di ufficio le prove che ritiene utili 4) dopo le conclusioni del pm e della difesa dell’incolpato, la Sezione delibera immediatamente. Il pm non può assistere alla deliberazione in camera di consiglio. La sentenza è depositata in cancelleria entro 30 gg. 5) le decisioni della Sezione disciplinare possono essere impugnate per vizi di legittimità di fronte alla Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili ed è ammessa anche la revisione delle sentenze divenute irrevocabili.  il nuovo procedimento garantisce all’incolpato maggiori garanzie di difesa perché si prevede che egli abbia comunicazione del compimento di ogni atto processuale e abbia la possibilità di prendere visione ed estrarre copia dei documenti, a pena di nullità da egli stesso rilevabile.  Il decreto regola anche i rapporti tra procedimento disciplinare e giudizi civili e penali, sancendo il principio di AUTONOMIA, visto che l’azione disciplinare è promossa indipendentemente dall’azione civile di risarcimento del danno o dall’azione penale relativa allo stesso fatto. Ovviamente la sottoposizione del magistrato a processo penale ha conseguenze sul procedimento disciplinare.  si prevedono i casi in cui il magistrato sottoposto a procedimento penale è obbligatoriamente sospeso o può essere sospeso dalle funzioni e dallo stipendio o trasferito in via cautelare artt 21-22 d.lgs.109/2006  se il procedimento penale e quello disciplinare riguardano il medesimo fatto vi è una pregiudizialità temporale del procedimento penale rispetto a quello disciplinare: il procedimento disciplinare PUO’ essere sospeso se sono in corso indagini penali, MA DEVE essere sospeso se è esercitata l’azione penale  le sentenze penali di condanna e assoluzione hanno autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare in riferimento all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità e dell’affermazione che l’imputato lo ha o non lo ha commesso, e questo per evitare conflitti fra giudicati! E’ necessario che però la legge non trascuri di assicurare al pm le garanzie di indipendenza richieste ma non specificate dalla Costituzione (art 104) 4 IL PUBBLICO MINISTERO E’ UN MAGISTRATO MA NON E’ UN GIUDICE  Il pm NON è un giudice, ma una PARTE, anche se pubblica, del processo. Nella giurisprudenza costituzionale viene riconosciuta una netta distinzione di ruoli e funzioni tra i due magistrati. 1) IL PM NON FA PARTE DELL’ORGANO GIUDICANTE Gli uffici dei pubblici ministeri sono costituiti in modo autonomo presso le Corti e i Tribunali art 108. Nonostante l’esercizio delle funzioni uno accanto all’altro, il PM rimane del tutto esterno agli organi giurisdizionali e non ne costituisce parte integrante. 2) IL PM NON HA POTERI DECISORI SULLA LIBERTA’ PERSONALE La nozione di autorità giudiziaria dell’art 13 comprende, oltre al magistrato giudicante, anche il pm, legittimandolo all’assunzione di misure restrittive delle libertà personale??? Il nuovo codice di procedura penale distingue nettamente i ruoli dei due magistrati: le misure restrittive della libertà degli individui sono disposte SOLO dal giudice, su richiesta del PM art 291 c.p.p. In base alla legge di riforma dell’ordinamento giudiziario è inoltre richiesto l’espresso assenso del capo dell’ufficio di Procura per la richiesta di misure cautelari personali o reali. la giurisprudenza costituzionale è ferma nell’escludere che il pm abbia poteri decisori in materia di misure che incidono sulla libertà personale In varie occasioni la Corte definisce il PM “organo non giurisdizionale ma pur sempre autorità giudiziaria” ed è giunta ad affermare in un caso che al pm possono competere poteri decisori sia pur NON definitivi, che incidano sulla libertà personale. (sent 419/1994 sul potere del Procuratore Nazionale Antimafia di disporre la misura del soggiorno cautelare). le attribuzioni di cui all’ art 13 Cost sono attribuzioni dell’autorità giudiziaria intesa come giudice, non del pm. Le stesse considerazioni dovrebbero valere anche per la libertà domiciliare, visto che l’art 14 rinvia alle garanzie prescritte per la libertà personale, per la libertà e la segretezza della corrispondenza, per la libertà di stampa art 21. MA ci sono ancora nel c.p.p. ipotesi in cui spetta al pm convalidare la perquisizione o il sequestro disposti in via d’urgenza dalla polizia giudiziaria artt 352 e 355 c.p.p. 3) AL P.M. NON SI APPLICA L’ ART 101.2 COST La disposizione costituzionale secondo cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge è il fondamento dell’indipendenza funzionale garantita al magistrato giudicante. La Costituzione usa la parola “giudici”, implicitamente escludendo i magistrati del pubblico ministero. Parte della dottrina tende a svalutare questo dato letterale e, da parte sua, i giudizi della Corte costituzionale sono stati piuttosto oscillanti. Si tratta di un altro elemento che sottolinea la distinzione tra magistrati giudicanti e magistrati del pm accolta dalla Costituzione. Infatti ad esempio i magistrati del pm, come singoli, possono essere soggetti, oltre che alla legge, anche alle istruzioni e alle direttive del responsabile dell’ufficio (d.lgs 160/2006). Quindi si deduce che lo status del singolo componente di un ufficio di Procura è diverso da quello del singolo magistrato giudicante. Ciò determina conseguenze relative all’organizzazione interna di questi uffici che è gerarchizzata. 4) IL P.M. NON PUO’ SOLLEVARE QUESTIONI DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE Il pm in questo senso NON è un’autorità giurisdizionale ai senti dell’art 23 della legge 87/1953. Il pm infatti NON ha il potere di emettere provvedimenti decisori. Il pm può, come ogni parte, eccepire la questione di legittimità costituzionale, ma spetta all’autorità giurisdizionale davanti a cui pende il giudizio, disporre la trasmissione degli atti alla Corte, dopo aver valutato:  la rilevanza della questione rispetto alla decisione della causa e  la non manifesta infondatezza della questione Il pm, non avendo poteri decisori, non si può sostituire al giudice in questa valutazione e quindi non è legittimato a promuovere il giudizio di legittimità costituzionale sent Corte 40/1963. Nel nuovo codice di procedura penale al titolare dell’azione penale è riconosciuta per intero la posizione di PARTE, sottolineando la distinzione del pm rispetto al giudice. In alcune ipotesi l’esclusione della legittimazione del pm a investire la Corte è stata ricondotta non alla sua posizione processuale, ma alla sua propria e distinta configurazione ordinamentale sent Corte 415/1995 In quanto parte, il PM dovrebbe poi potersi costituire di fronte alla Corte costituzionale, nel caso sia stata sollevata la questione di legittimità durante il processo. La stessa cosa accade per la parte privata. MA, visto il mancato chiarimento sulla natura dell’organo pm, la giurisprudenza costituzionale è contraria, sia perché la costituzione del pm di fronte alla Corte non è prevista né disciplinata dalle norme generali ed integrative di procedura davanti alla Corte (ordinanza 327 del 1995), sia per la peculiare posizione ordinamentale e processuale del pm sent 361/1998. Nemmeno la modifica dell’art 111 Cost, con l’introduzione del principio della parità delle parti, ha fatto cambiare opinione alla Corte. 5 IL PUBBLICO MINISTERO E’ UN ORGANO DI GIUSTIZIA?  Secondo una tesi tradizionale la potestà giurisdizionale dello Stato comprende sia i poteri del giudice, sia quelli del pm. Anche il pm opera allo scopo di garantire una tutela oggettiva dell’ordinamento giuridico. La funzione del pm sarebbe promuovere l’applicazione giudiziale e l’esecuzione della legge come tale, NON ai fini dell’amministrazione. Il pm attua la giustizia concorrendo con il giudice all’applicazione e all’esecuzione della legge. il PM è un organo neutrale o di giustizia che agisce imparzialmente per l’attuazione del diritto e per la tutela degli interessi generali dell’ordinamento.  MA se si fa riferimento al processo penale il PM rappresenta l’accusa e sulla base del nuovo art 111 Cost PM e difesa sono le parti del processo che, in condizione di parità, si contrappongono davanti al giudice terzo. Quindi si deduce che la tesi precedente, che considera il pm organo di giustizia o parte imparziale, sulla base dell’art 111, conduce ad alterare la parità del contraddittorio e stabilisce una commistione tra pm (para-giudice) e il magistrato giudicante!  Si può dire che la tesi del pm come organo di giustizia era diffusa nella giurisprudenza costituzionale sviluppatasi sotto il vigore del vecchio codice di procedura penale caratterizzato da fasi nelle quali erano presenti commistioni tra la figura del giudice e quella del pm: il pm svolgeva una funzione pubblica ed era super partes a tutela degli interessi superiori di giustizia obiettiva sent 63/1972 Il passaggio al nuovo codice di procedura penale, caratterizzato in senso ACCUSATORIO avrebbe dovuto indurre la giurisprudenza costituzionale a modificare questa giurisprudenza, invece ciò non è accaduto. La Corte nella sent 88/1991 ha affermato che il pm non è un mero accusatore, ma pur sempre un organo di giustizia obbligato a ricercare tutti gli elementi di prova rilevanti per una giusta decisione, ivi compresi gli elementi favorevoli all’imputato. In effetti il nuovo c.p.p., all’ art 358 prevede che il pm svolga anche accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini. Pare dunque che ci sia un obbligo di imparzialità nella sola fase delle indagini preliminari, ma ciò non significa che egli rappresenti anche la difesa della parte, come unico organo preposto alla raccolta di tutti i dati su fatti di possibile rilevanza penale.  La funzione del pm ha a che fare con l’ imparzialità in connessione al suo essere parte pubblica e per questo non può tenere comportamenti sleali o illegittimi, così come non può occultare o trascurare prove a favore dell’indagato al fine di coltivare un’accusa infondata o rivelando l’incidenza di interessi personali. si può accettare l’idea di imparzialità del pm MA egli NON è mai terzo, a differenza del giudice! Inoltre si può dire che l’art 358 c.p.p. manifesti un’ esigenza di strategia processuale perché è necessario che egli esplori l’intero caso per elementare cautela al fine di non rischiare lo scacco al dibattimento o all’udienza preliminareper questo deve tenere conto degli elementi a favore dell’indagato!  Nella logica dell’attuale processo penale, quindi, l’obbligo di svolgere le indagini anche a favore della persona indagata deriva dalla natura di parte pubblica dell’organo di accusa (pm). Infatti l’obbligatorietà dell’azione penale del PM non comporta l’obbligo di esercitarla ogni volta che ha notizia di un reato, ma deve considerare il fine di evitare l’instaurazione di un processo superfluo. Il fine di evitare un processo superfluo si raggiunge anche svolgendo accertamenti a favore della persona sottoposta a indagini! 6 L’OBBLIGATORIETA’ DELL’AZIONE PENALE E IL SUO SIGNIFICATO  L’art 112 Cost impone il principio di obbligatorietà dell’azione penale. Significa che l’esercizio dell’azione è obbligatorio e deve conseguire alla ricezione della notitia criminis senza che sia consentito al pm alcun margine di discrezionalità o di scelta. Ciò si scontra con il principio di opportunità che opera nei sistemi ad azione penale facoltativa.  L’obbligatorietà garantisce:  l’ indipendenza del pm nell’esercizio della propria funzione e .  l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale. base all’apprezzamento degli interessi pubblici o in base a un diverso apprezzamento, caso per caso, dello stesso interesse tutelato dalla norma incriminatrice. MA non vi sarebbe contrasto con l’art 112 perché l’autorizzazione o la richiesta ministeriale sono elementi costitutivi della fattispecie legale dal cui realizzarsi dipende l’obbligo di esercitare l’azione, dovendosi distinguere tra condizione sostanziale di punibilità, che può anche dipendere da una valutazione discrezionale di un organo politico o amministrativo, e promovimento dell’azione, sempre obbligatorio. 7 IL RAPPORTO TRA PUBBLICO MINISTERO E POLIZIA GIUDIZIARIA  L’art 109 stabilisce che l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.  Sono agenti di polizia giudiziaria tutti i soggetti cui la legge affida il compito di accertare la commissione dei reati e l’individuazione dei loro autori. Le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte alle dipendenze e sotto la direzione dell’autorità giudiziaria.  Il legislatore ha sempre affidato i compiti di direzione della polizia giudiziaria gli organi della pubblica accusa: si tratta di una funzione essenziale del pm, strumentalmente necessaria all’espletamento delle sue competenze istituzionali.  Questa dipendenza fu introdotta nella Costituzione per escludere che il potere esecutivo potesse influire sull’attività di prevenzione e repressione dei reati attraverso il controllo della polizia giudiziaria.  MA che relazione intercorre tra magistratura e polizia giudiziaria?  secondo alcuni questa disposizione consente di prevedere una dipendenza solo funzionale della polizia giudiziaria rispetto agli organi del pm. Gli organi del pm possono disporre di agenti di polizia appartenenti a corpi già istituiti, burocraticamente alle dipendenze della loro specifica amministrazione ministeriale.  per altri sarebbe possibile prevedere una dipendenza esclusiva della polizia giudiziaria dall’autorità giudiziaria, affidando a questa una potestà anche organizzativa, o istituendo un nuovo corpo di polizia giudiziaria ad hoc che dipenda esclusivamente dall’autorità giudiziaria. Il legislatore e la giurisprudenza costituzionale hanno sempre sostenuto la prima tesi.  La Corte ha affermato che la diretta disposizione della polizia giudiziaria da parte dell’autorità giudiziaria non sia in contraddizione con il rapporto di dipendenza gerarchica sussistente fra polizia giudiziaria e potere esecutivo: nei confronti dell’autorità giudiziaria, essa ha una dipendenza funzionale; nei confronti dell’esecutivo, ha una dipendenza burocratica e disciplinare. set 94/1963  Oltre agli aspetti organizzativi, c’è da considerare una questione cruciale di rilievo costituzionale derivante dall’interpretazione sistematica degli artt 109 Cost e 330 c.p.p. Quest’ultimo stabilisce che il pm e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti. Il pm non solo riceve le notizie di reato, ma può anche prenderle di propria iniziativa! MA quindi il pm può, utilizzando la polizia giudiziaria da lui funzionalmente dipendente, andare a cercare le notizie di reato secondo i propri orientamenti di politica giudiziaria e criminale, stabilendo gli ordini di priorità di questa ricerca? NO! Una lettura equilibrata dell’art 109 Cost e dell’art 330 c.p.p. porta a dire che la ricerca delle notizie di reato appartiene primariamente alla polizia giudiziaria che deve godere di una certa autonomia dalla magistratura e deve uniformarsi alle direttive politiche del potere esecutivo: nel nostro sistema costituzionale è il Governo, che è politicamente responsabile di fronte al Parlamento, ad avere tra i suoi obiettivi la tutela della legalità e a scegliere, con la propria discrezionalità politica, i settori e gli ambiti nei quali è necessaria attenzione alla prevenzione e alla repressione dei reati. Il pm non deve per forza aspettare inattivo che i soggetti legittimati portino a sua conoscenza le notizie di reato. Infatti se all’attenzione del pm sono portati anche in via non ufficiale elementi dai quali risulta che i reati sono stati compiuti l’ufficio del pm può e deve attivarsi per le necessarie verifiche, senza cedere alla tentazione di un inammissibile attivismo indagatorio. 8 CRITERI DI PRIORITA’ NELL’ESERCIZIO DELL’AZIONE PENALE?  L’art 112 esige che ad ogni notitia criminis sia dato seguito ugualmente tempestivo, ma questo risulta impossibile nella realtà, viste le limitate capacità del sistema giudiziario di trattare tutte le procedure introdotte dalle notizie di reato. Per questo sono praticati criteri di priorità nella trattazione delle notizie di reato in via di fatto e non sulla base di norme previgenti.  Secondo alcune tesi, se la fissazione di criteri di priorità nella trattazione è inevitabile, l’importante è che la determinazione avvenga pubblicamente, non in segreto come ora, e in via preventiva e generale, NON invece occasionalisticamente, in relazione al singolo caso!  Secondo alcuni la determinazione dei criteri di priorità sarebbe tutelata dagli artt 97 (buon andamento degli uffici) e 81 (utilizzare al meglio le risorse esistenti) Questi valori sottolineano che sarebbe opportuno e indispensabile predeterminare in modo chiaro e ragionevole i criteri di priorità.. …. 10 GIUDICE E PUBBLICO MINISTERO TRA DISTINZIONE DELLE FUNZIONI E SEPARAZIONE DELLE CARRIERE: LA SOLUZIONE INTRODOTTA DALLA LEGGE 150/2005  Secondo l’art 190 del r.d. 12 del 1941 la magistratura è distinta relativamente alle funzioni giudicanti e requirenti. Questa distinzione non impediva di passare da una funzione all’altra: il passaggio poteva essere disposto, a domanda dell’interessato, solo quando il CSM, previo parere del Consiglio giudiziario, avesse accertato la sussistenza di attitudini alla nuova funzione. Il passaggio era quindi relativamente facile.  Ci si chiedeva se la riforma del c.p.p. che ha reso le due funzioni sempre più distinte, non richiedesse un completamento a livello ordinamentale, con l’introduzione di una più netta distinzione tra le funzioni, rendendo i passaggi più difficili prevedendo ad esempio una separazione delle carriere. Dal punto di vista della politica del dirittO alcuni osservavano che modifiche di questo tipo servivano a completare la riforma in senso accusatorio del codice di procedura penale e a dare spessore alle previsioni dell’art 111 Cost in tema di terzietà del giudice e di parità delle armi tra le parti del processo: il vincolo di colleganza tra giudice e pm poteva essere fonte di equivoci e distorsioni (es il magistrato che ha svolto funzioni inquirenti su un certo affare si trova anni dopo a giudicarne in appello o in cassazione). MA la Costituzione non impone al legislatore vincoli ma predefinisce un ambito all’interno del quale il legislatore è libero di effettuare proprie scelte sulla base di due principi fondamentali: la terzietà del giudice e la necessità di appartenenza dei magistrati del pm all’ordine giudiziario. La Corte osservò che, la Costituzione, pur considerando la magistratura come un unico ordine soggetto ai poteri dell’unico CSM, non contiene alcun principio che imponga o precluda la configurazione di una carriera unica o di carriere separate fra magistrati giudicanti o requirenti o che impedisca di limitare o condizionare il passaggio dello stesso magistrato dalle une alle altre funzioni sent 37/2000 Secondo la Corte quindi le scelte appartengono alla discrezionalità del legislatore ordinario e non richiedono una revisione costituzionale, anche se un’eventuale separazione delle carriere comporterebbe una revisione costituzionale per modificare la struttura e la composizione del CSM che dovrebbe dividersi in due sezioni.  Nuova legislazione ordinaria di riforma dell’ordinamento giudiziario, legge 150/2005 e d.lgs. 160/2006, come modificato dalla legge 111/2007: C’è il tentativo di mediare tra istanze diverse: si consente ancora di mutare funzione MA con alcuni limiti. a) Il passaggio da funzioni giudicanti a requirenti importa un cambiamento di sede b) può essere richiesto il passaggio per non più di 4 volte nell’arco dell’intera carriera c) può essere chiesto solo dopo aver svolto la stessa funzione per almeno 5 anni d) è disposto a seguito di concorso, preceduto dalla frequenza di appositi corsi di qualificazione professionale presso la Scuola della magistratura e da un giudizio di idoneità espresso dal CSM previo parere del Consiglio giudiziario. 11 L’ORDINAMENTO INTERNO DEGLI UFFICI DEL PUBBLICO MINISTERO  Al pm non si applicano l’art 101.2 e l’art 25.1 Cost in tema di precostituzione del giudice.  Ciò ha conseguenze in tema di organizzazione e di ordinamento interno dei singoli uffici del pm e in tema di rapporti tra magistrati che li compongono, cioè tra Procuratore titolare, il Procuratore della Repubblica, e i sostituti.  Si ritiene che l’ufficio del pubblico ministero sia caratterizzato dai principi di: a) IMPERSONALITA’ b) UNITA’ c) INDIVISIBILITA’ Quindi i magistrati facenti parte del medesimo ufficio del pm hanno ognuno e tutti nella loro unità impersonata dal capo dell’ufficio, uguale competenza a trattare l’affare penale a ciascuno affidato dal capo dell’ufficio, così che nell’azione individuale si ha sempre l’azione impersonale dell’ufficio.  Va considerata la tradizionale preminenza gerarchica riconosciuta al titolare dell’ufficio: questa preminenza deriva dall’impersonalità dell’ufficio e deve essere ad essa funzionale. Ad agire è sempre l’ufficio della Procura della Repubblica, NON le persone fisiche dei magistrati incaricati di volta in volta. SOLO questa impersonalità consente al titolare dell’ufficio una posizione di preminenza o il ricorso a poteri di coordinamento. Anche prima dell’entrata in vigore della legge di riforma dell’ordinamento giudiziario, la circostanza che il singolo componente del pm non potesse rivendicare per sé la stessa indipendenza dei giudici (anche per via dell’art 101 Cost) portava a ritenere che il Procuratore  Tra gli uffici del pm c’è un rapporto tra uguali, descrivendo un potere di tipo diffuso, organizzato in modo non gerarchico.  Non si può infatti parlare di vincoli gerarchici tra i diversi uffici del pubblico ministero in base ai poteri di sorveglianza e di avocazione affidati al Procuratore Generale della Corte d’Appello. il potere di sorveglianza del Procuratore Generale non ha alcuna incidenza diretta sull’esercizio delle attività inerenti alla funzione attribuita al pm dall’art 112. E’ invece un potere che, essendo strumentale all’attivazione della responsabilità disciplinare dei magistrati operanti come pm, resta del tutto esterno all’esercizio in concreto dell’azione penale. E’ estranea all’esercizio dell’azione penale anche la forma di sorveglianza affidata al Procuratore generale sull’osservanza delle norme relative alla diretta disponibilità della polizia giudiziaria da parte dell’autorità giudiziaria  Anche il potere di avocazione delle indagini preliminari da parte del Procuratore Generale è esterno rispetto al fine di disegnare un ordine gerarchico tra gli uffici. Questo potere è infatti condizionato ad una serie di presupposti:  il pm non esercita l’azione penale  il pm non richiede l’archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice o dove lo richiede la persona sottoposta alle indagini o la persona offesa dal reato  quando vi sia astensione o incompatibilità del magistrato designato e non sia possibile provvedere alla sua tempestiva sostituzione o dove il capo dell’ufficio abbia omesso di provvedervi tempestivamente Si deduce che l’avocazione delle indagini preliminari da parte del Procuratore Generale è un potere previsto come strumento di garanzia SOLO contro forme di inerzia patologica del pm dell’ufficio sottostante ( non ha nulla a che fare con la fisiologia e l’esercizio dell’azione penale!) e non rileva ai fini della costruzione di rapporti gerarchici tra Procura generale e Procure della Repubblica.  La legge di riforma dell’ordinamento giudiziario prevede che il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, per verificare il corretto e uniforme esercizio dell’azione penale, il rispetto delle norme sul giusto processo e il puntuale esercizio da parte dei Procuratori della Repubblica dei poteri di direzione, controllo e organizzazione degli uffici ai quali sono preposti, acquisisca dati e notizie dalle Procure della Repubblica del distretto e invii al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione una relazione almeno annuale.. E’ una disposizione che evoca i protagonisti di un assetto complessivamente UNITARIO dell’ufficio del pubblico ministero. MA la mera acquisizione di dati e notizie e l’invio di una relazione al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, titolare dell’azione disciplinare, dimostrerebbe il rilievo meramente disciplinare della disposizione e il fatto che essa non serva a delineare un ordinamento unitario degli uffici di Procura a livello nazionale e anche all’interno dello stesso distretto di Corte di Appello. pare dunque che gli uffici di Procura, in relazione all’esercizio dell’azione penale, funzionino e agiscano in modo autonomo e indipendente, quasi come monadi giudiziarie. La caratteristica dell’assetto organizzativo degli uffici del pm sembra una sorta di atomismo diffuso riguardo l’esercizio della funzione dell’art 112 Cost. La nuova legge, stabilendo che il titolare dell’azione penale sia il solo capo del singolo ufficio ha evitato che carenze di uniformità al riguardo si verificassero anche all’interno del singolo ufficio di Procura.  MA l’autonomia di ciascun ufficio determina una situazione in cui l’esercizio dell’azione penale può avvenire secondo criteri ed esiti disomogenei nelle diverse parti del territorio nazionale. E’ dunque opportuno mantenere tale assetto visti 1. il principio di una uguale sottoposizione alla legge (penale) 2. l’importanza di indirizzi unitari in tema di politica criminale e di forme di coordinamento e di direzione tra uffici,.. Il legislatore, a fronte di questi problemi, ha compreso che le indagini relative ai reati di criminalità organizzata necessitano di maggiore specializzazione e di coordinamento e per questo ha creato strutture che operassero a prescindere dai limiti territoriali di competenza delle singole Procure e che fossero tra loro coordinate da una struttura centrale: si tratta delle Direzioni Distrettuali Antimafia presso le Procure della Repubblica elle città capoluogo del distretto di Corte di Appello, coordinate dalla Direzione Nazionale Antimafia situata presso la Procura Generale della Corte di Cassazione, a capo della quale c’è il Procuratore Nazionale Antimafia.
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