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riassunto in preparazione dell'esame di economia aziendale del I anno di giurisprudenza, Sintesi del corso di Economia Aziendale

è un riassunto del libro del professor Giudo Modugno, che insegna presso Units. sono sintetizzati tutti i capitoli e gli argomenti inerenti all'esame. sono sintetici ma contengono tutte le informazioni necessarie al superamento dell'esame

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 30/04/2023

Elenabearzot
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Scarica riassunto in preparazione dell'esame di economia aziendale del I anno di giurisprudenza e più Sintesi del corso in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! II semestre I anno 1 ECONOMIA AZIENDALE Processo produttivo, patrimonio e reddito Azienda, patrimonio, processo produttivo |1.2 Azienda L’azienda può essere intesa sotto due punti di vista differenti: ● art. 2555 cc: l’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa → l’azienda viene identificata con i beni, materiali e immateriali, necessari allo svolgersi della gestione ● secondo l’economista aziendale l’azienda è concepita come un sistema di risorse organizzate allo scopo di realizzare un processo produttivo, per l’ottenimento di beni e/o servizi destinati a soddisfare un bisogno. Secondo questo punto di vista gli elementi caratteristici di ogni azienda sono quindi: - risorse: beni, risorse umane, servizi, ecc - organizzazione: modalità di coordinamento necessaria affinché le risorse possano essere utilizzate in modo efficiente ed efficace - svolgimento di un processo produttivo volto all’ottenimento di beni e servizi: produzione, intesa anche come ogni attività posta in essere per il raggiungimento dei fini aziendali - scopo: soddisfacimento di bisogni attraverso la cessione, a vario titolo, dei beni e servizi ottenuti. Importante è la distinzione tra: ● aziende che destinano la loro produzione al mercato → imprese, che vendono i beni e i servizi prodotti allo scopo di trarne un profitto ● aziende che erogano beni e servizi prodotti secondo modalità diverse dallo scambio di mercato. → tutte le imprese sono aziende, ma non tutte le aziende sono imprese. Il fine ultimo della gestione aziendale è la creazione di valore. Per le imprese la creazione di valore deve rispondere alle aspettative dei soggetti che hanno investito il proprio capitale, senza eludere comunque le istanze di altri stakeholder. → Gli stakeholder sono i soggetti che hanno interesse a valutare il valore dell’impresa e possono essere azionisti, banche, personale, ecc. Assieme a questi ultimi, definiti “stakeholder tradizionali” perché hanno interesse che la gestione si svolga in equilibrio per mantenere vivo il rapporto di lavoro, ci sono anche pubblica amministrazione e collettività. Nelle aziende no-profit, invece, la creazione di valore è riferita anzitutto ai beneficiari dei servizi erogati, dato che la legittimazione di queste organizzazioni deriva dalla capacità di erogare servizi che diano un’utilità superiore al sacrificio richiesto agli utenti per beneficiare dello stesso (es. ospedale, università, associazioni di volontariato, ecc) Per le imprese, l’attenzione alle mere esigenze dei portatori di capitale comporta rischi che possono incidere molto negativamente sull’andamento della gestione, fino a minare l’esistenza stessa dell’impresa. Quindi la massimizzazione del profitto non può essere considerata fine unico ed ultimo dell’impresa. In questo senso si parla di “responsabilità sociale dell’impresa” e di “etica d’impresa”. L’attività dell’impresa deve poter creare valore economico a favore dei soggetti che hanno investito in essa il proprio capitale: l'imprenditore o i soci. Il valore creato può concretizzarsi: ● sia in un risultato della gestione (quindi un utile o una perdita) → parametro di misurazione del valore creato nel breve periodo ● sia in una variazione del valore dell’impresa sul mercato → parametro di misurazione della performance aziendale in una prospettiva di medio-lungo termine. Necessariamente il processo produttivo comporta l’impiego di risorse allo scopo di ottenere beni e servizi. Le risorse tipicamente impiegate nella produzione sono: ● materie, destinate ad essere trasformate, e merci, che sono rivendute senza subire modifiche. Le materie possono essere: Economia aziendale – G. Modugno 2 - prime, se vengono incorporate nel prodotto - sussidiarie, se rappresentano un elemento accessorio del prodotto (es. imballaggio) - di consumo, se vengono consumate nel processo produttivo senza avere una relazione diretta con il prodotto ● beni materiali durevoli, che sono risorse caratterizzate da una vita utile più estesa rispetto a quelle delle materie e delle merci e comunque superiore ad un anno. Questi beni partecipano più volte al processo produttivo, contribuendo quindi alla creazione di valore, motivo per cui si chiamano anche “beni a fecondità ripetuta” ● beni immateriali o intangibili, che costituiscono una categoria vasta e comprendono marchi, brevetti, licenze, ma anche la reputazione dell’impresa presso clienti e fornitori → è importante per la creazione e il mantenimento del vantaggio competitivo dell’impresa sul mercato ● servizi, che comprendono trasporti, consulenze, utenze, servizi assicurativi e di finanziamento, ecc ● lavoro ● capitale, che le imprese necessitano per ottenere la disponibilità dei fattori produttivi. Si distingue in: - capitale di rischio (o capitale proprio), rappresentativo della partecipazione al progetto imprenditoriale ed è pienamente soggetto al rischio d’impresa. Ad esso non è associata una remunerazione minima, infatti il ritorno che i soci possono ottenere dal capitale investito dipende dal risultato di gestione realizzato - capitale di debito (o capitale di terzi), che comprende le passività che sorgono dalle normali operazioni di funzionamento dell’impresa e i debiti contratti per operazioni di finanziamento. Questo capitale è soggetto solo in parte al rischio d’impresa. Patrimonio Il complesso dei beni di cui l’impresa può disporre o di cui disporrà in futuro in virtù di fatti già avvenuti è definito “patrimonio”. In esso si include anche il valore dei servizi acquistati ma ancora da consumare. Al patrimonio così inteso nella sua dimensione attiva, va associata la dimensione passiva dello stesso, che considera le obbligazioni certe, o anche solo probabili, che pesano sull’azienda. Gli elementi passivi del patrimonio rappresentano quindi i beni di cui l’impresa dovrà privarsi, ovvero i servizi che dovrà erogare per adempiere gli obblighi che derivano da negozi giuridici o da altri fatti idonei a produrre obbligazioni in capo all’impresa. Il patrimonio non è immutabile nel tempo, anzi è soggetto a continue variazioni. Per l’impresa una prima causa di variazione negativa del patrimonio è rappresentata dall’utilizzo, nel processo produttivo, delle risorse, il che incide necessariamente sul valore dei beni disponibili. Ulteriori variazioni del patrimonio sono prodotte da fatti estranei alla gestione in sé: si tratta in particolare di quelle variazioni patrimoniali riferibili ai rapporti con i portatori di capitale di rischio. Un conferimento di capitale da parte dei soci comporta una variazione patrimoniale positiva, mentre la remunerazione del capitale investito da tali soggetti comporta variazioni patrimoniali negative. Ciclo economico e ciclo finanziario Il ciclo economico si riferisce a quell’insieme di operazioni che vanno dall’acquisizione dei fattori produttivi, all’utilizzo degli stessi, fino all’ottenimento e alla vendita dei prodotti. Da questo ciclo può scaturire un utile o una perdita, intesi come il margine, positivo o negativo, tra il valore dei prodotti/servizi venduti e il valore delle risorse utilizzate per il loro ottenimento. Il ciclo finanziario corrisponde all’insieme dei movimenti di risorse finanziarie conseguenti allo svolgimento del processo produttivo: all’atto dell’acquisto dei fattori produttivi sorge un debito, cui segue l’uscita di liquidità. Le vendite fanno sorgere, invece, i crediti che si dovrebbero tradurre in una nuova liquidità. Quindi l’esito del ciclo finanziario non è un utile o una perdita, ma una variazione nel livello di liquidità a disposizione dell’impresa. Normalmente i due cicli descritti risultano sfasati nel tempo, motivo per cui l’impresa ha la necessità di controllare sia l’equilibrio economico, che l’equilibrio finanziario. Dal punto di vista dell’economicità l’obiettivo dell’impresa è vendere i prodotti/servizi ad un valore che remuneri adeguatamente tutti i fattori produttivi. Quindi le variazioni patrimoniali positive connesse al processo di produzione e vendita devono superare quelle negative, consentendo un’adeguata Economia aziendale – G. Modugno 5 economico e le informazioni sull’impresa non derivabili da altri documenti, oltre che il prospetto delle variazioni dei conti del patrimonio netto. L’art. 2428 cc, infine, prevede che il bilancio sia corredato da una relazione degli amministratori sulla situazione della società e sull’andamento della gestione. La relazione non fa parte integrante dei documenti di bilancio, e dunque non è soggetta all’approvazione dell’assemblea. Quindi il bilancio è: • redatto dall’amministratore • approvato dall’assemblea dei soci • revisionato dal revisore. Elementi attivi e passivi del patrimonio: l’equazione fondamentale della statica patrimoniale |1.4 Il patrimonio trova rappresentazione nel bilancio d’esercizio come un complesso di elementi attivi. L’insieme delle attività viene anche chiamato totale attivo. Non tutte le risorse aziendali sono qualificabili come attività dal punto di vista contabile, infatti tipicamente le risorse immateriali sviluppate dall’impresa nel corso della propria esistenza non vengono rappresentate come tali. La ragione della mancata iscrizione nell’attivo di tali risorse, fonti principali del vantaggio competitivo, è da ricercarsi in una particolare cautela nell’iscrizione delle risorse aziendali tra le attività. L’international financial reporting standards (IFRS) chiarisce che il bilancio non fornisce (né potrebbe farlo) tutte le informazioni di cui necessitano gli investitori, attuali o potenziali, nonché i finanziatori e altri creditori. I bilanci redatti per scopi generali, infatti, non sono progettati per esprimere il valore economico dell’azienda, ma forniscono comunque informazioni utili. Alcune risorse di cui l’impresa dispone e che contribuiscono ad incrementare il valore economico non sono rappresentate nel bilancio tra le attività: quest’ultimo fornisce infatti una valutazione prudenziale del patrimonio in normali condizioni di funzionamento, valore che non corrisponde al valore di mercato dell’azienda. In questa prospettiva un’attività viene definita come una risorsa controllata dall’entità come risultato di eventi passati, dalla quale sono attesi benefici economici futuri per l’entità stessa → affinché una risorsa di cui l’impresa dispone possa essere riconosciuta come elemento attivo del patrimonio da un punto di vista contabile, è necessario che si possa ragionevolmente ritenere che da tale risorsa proverranno benefici economici futuri per l’impresa. I futuri benefici economici cui fanno riferimento i principi contabili possono essere di diverso tipo. Peraltro non è sufficiente che la risorsa a disposizione dell’impresa sia in grado di produrre benefici immediati: questi devono essere attesi negli esercizi futuri. Quindi l’acquisizione di una risorsa per ottenere esclusivamente benefici immediati non consente di riconoscere in tale una risorsa di un’attività. Prudenzialmente ad alcune spese sostenute dalle imprese non viene riconosciuta la capacità di produrre benefici economici differiti nel tempo. I principali elementi dell’attivo sono: ● i beni durevoli, cioè destinati a permanere nel patrimonio aziendale per un periodo lungo (superiore ad un anno). es: terreni e fabbricati, attrezzature, impianti, brevetti, marchi, ecc. Si tratta sia di beni materiali che immateriali; in caso di questi ultimi vi sono maggiori cautele ai fini del riconoscimento, per la risorsa considerata, delle caratteristiche che portano a definire la stessa come attività. Solo i beni immateriali acquistati da terzi vengono iscritti nell’attivo patrimoniale, mentre il trattamento contabile degli immateriali prodotti dall’impresa stessa esclude questa possibilità ● le attività finanziarie, detenute a scopo di investimento durevole o a scopo speculativo. Con attività finanziarie, si intende le quote di capitale detenute in altre imprese, ai titoli di credito, ai titoli di Stato e ad ogni altra forma di investimento finanziario, ivi inclusi i prestiti concessi a terzi ● le rimanenze di materie prime, merci, prodotti finiti o semilavorati ● i crediti di funzionamento, cioè quelli che sorgono per il normale svolgersi della gestione; es. crediti verso clienti, verso l’erario, in natura, per beni o servizi da ricevere Economia aziendale – G. Modugno 6 ● la liquidità, cioè le risorse finanziarie immediatamente disponibili quali i conti correnti bancari, la cassa, la liquidità in valuta estera. Al bilancio d’esercizio non viene attribuita la funzione di stimare il valore economico dell’impresa, piuttosto il suo scopo è quello di fornire una stima prudenziale dell'azienda in normali condizioni di funzionamento. Condizione necessaria per l’esistenza delle attività è che vi siano fonti di finanziamento per pari valore: nessuna impresa, infatti, potrebbe disporre di un capitale investito senza averlo preventivamente raccolto. Le fonti di finanziamento sono essenzialmente due: ● il capitale proprio: rappresenta il capitale complessivamente investito da coloro che sopportano il rischio d’impresa ● il capitale di terzi: corrisponde al complesso dei debiti verso soggetti terzi rispetto all’impresa. I debiti possono avere duplice natura: - debiti di finanziamento, che sono concessi a titolo oneroso per dotare l’impresa della liquidità necessaria allo svolgersi delle attività aziendali - debiti di funzionamento, che sono originati dalle normali operazioni della gestione operativa, quali gli acquisti di fattori produttivi. Per questa ragione vengono spesso chiamati anche debiti operativi. Mentre i debiti di finanziamento generano costi noti all’impresa e indicati in una classe dal conto economico, i debiti di funzionamento possono comportare oneri impliciti, che si confondono cioè nel costo dei fattori produttivi acquistati. Oltre ai debiti verso fornitori, tra i debiti di funzionamento sono da ricomprendere anche i debiti verso l’erario per imposte da pagare, i debiti verso enti previdenziali e assistenziali, nonché eventuali debiti verso clienti per prodotti da consegnare. Quest’ultima classe presenta una caratteristica particolare: si tratta di un debito in natura, quindi non monetario. Il capitale di terzi rappresenta l’insieme degli elementi patrimoniali passivi. Attività - Passività = Patrimonio Netto → il patrimonio netto indica il patrimonio al netto delle passività. Esso rappresenta il valore del capitale di cui sono titolari i soci. Al patrimonio netto corrisponde quindi un complesso di attività nette, cioè il potere di acquisto generico temporaneamente investito in beni e servizi, al netto del potere di acquisto generico di cui l’azienda dovrà privarsi per onorare le obbligazioni assunte o quelle che deriveranno da fatti gestionali già verificatisi. Il patrimonio netto è quindi una grandezza derivata, ricavabile dalla differenza tra gli elementi attivi e passivi del patrimonio. A - P = N Attività = Passività + Patrimonio Netto → il totale delle attività deve bilanciare con la somma delle passività e del patrimonio netto: questa equazione rappresenta la dimensione statica del capitale, come se fosse stata fatta una fotografia dello stesso ad una precisa data. A = P + N Impieghi di capitale = Fonti di capitale → il complesso delle fonti di capitale (patrimonio netto e debiti) finanzia il totale del capitale impiegato. I = F Il capitale rappresenta potere d’acquisto generico incorporato nei beni che compongono il patrimonio aziendale. La dinamica patrimoniale: ricavi, costi, variazioni dirette del patrimonio netto |1.5 Le variazioni del patrimonio aziendale possono dipendere dai rapporti con i soggetti che conferiscono capitale e/o ne prelevano, come i soci e l’imprenditore, oppure dalla gestione. Mentre le operazioni di conferimento da parte dei soci sono relativamente poco frequenti, le operazioni della gestione comportano continui mutamenti del patrimonio. Le risorse vengono infatti consumate per ottenere prodotti o prestazioni di servizi che, attraverso le variazioni di magazzino o attraverso i crediti che derivano dalla vendita, aumentano il patrimonio. La dinamica patrimoniale è il complesso Economia aziendale – G. Modugno 7 delle variazioni nelle fonti e negli impieghi di capitale, generate dai rapporti con i portatori di capitale di rischio o della gestione. Nel caso in cui i fatti gestionali producano variazioni della composizione interna al patrimonio, senza però modificarne il valore complessivo, si parla di variazioni permutative. Tipici esempi di variazioni permutative sono l’incasso dei crediti verso i clienti e il pagamento di un debito verso i fornitori. Le variazioni che incidono sul valore del patrimonio netto sono invece chiamate variazioni modificative. Queste variazioni possono essere originate dai rapporti tra l’impresa e i soggetti che hanno apportato capitale di rischio, ovvero possono derivare dalle operazioni della gestione. ● le variazioni del patrimonio netto originate dai rapporti con i soci sono variazioni dirette di patrimonio netto ● le variazioni aumentative del patrimonio originate dalla gestione sono definite ricavi ● le variazioni diminutive del patrimonio originate dalla gestione sono definite costi. La differenza tra ricavi e costi rappresenta il risultato della gestione, inteso come variazione del patrimonio netto prodotta dalla gestione. Questo risultato, definito anche reddito, può essere positivo (= utile) o negativo (= perdita). Ricavi Secondo i principi contabili internazionali un ricavo è l’incremento dei benefici economici nel corso dell’esercizio, sotto forma di entrata di attività, incremento di valore delle stesse, o riduzione di debiti, tali da produrre un incremento del patrimonio netto diverso da quello prodotto da conferimenti di capitale. Un ricavo quindi rappresenta un incremento delle attività o un decremento delle passività, non originato dal conferimento dei soci, che produce un incremento del patrimonio netto. I ricavi non corrispondono sempre ad entrate finanziarie dell’esercizio, ma sono variazioni di attività in senso lato. Non viene mai rappresentato come ricavo, invece, l’incremento di immobilizzazioni conseguente all’acquisto delle stesse. Il sistema contabile adottato in Italia considera costi e ricavi della produzione ottenuta nell’esercizio. Anche l’ottenimento di beni attraverso un processo produttivo viene interpretato in questo sistema come un ricavo della produzione. L’incremento delle scorte di prodotti finiti rappresenta una variazione patrimoniale attiva che contribuisce a definire il valore della produzione ottenuta dell’esercizio. Stessa cosa vale per le variazioni aumentative degli altri beni ottenuti dall’impresa nell’esercizio: in questo modo i ricavi operativi complessivamente considerati forniscono una stima del valore della produzione ottenuta. Allo stesso modo non tutte le entrate di liquidità sono ricavi. I ricavi monetari corrispondono a incrementi attuali o futuri della liquidità aziendale. Tipicamente i ricavi di vendita corrispondono a variazioni aumentative del patrimonio conseguenti alla vendita di prodotti, merci, servizi: l’incremento patrimoniale si concretizza in un’immediata entrata di liquidità, ovvero in un incremento di crediti che si tradurranno in risorse finanziarie solo in un secondo momento. Quindi può succedere che questi ricavi comportino incrementi di crediti nell’esercizio senza produrre immediate entrate di liquidità, per le quali bisognerà aspettare l’esercizio successivo: quindi ricavi del periodo ed entrate del periodo non coincidono. es. di ricavo monetario: contributi. Ai ricavi monetari è possibile contrapporre i ricavi in natura, che rappresentano variazioni patrimoniali lorde positive non connesse alla vendita di beni o servizi, ma all’ottenimento di output della produzione. Se si intende misurare il reddito confrontando i ricavi della produzione ottenuta, si deve includere nel valore complessivo della produzione anche quella parte di produzione ottenuta ma non venduta nell’anno, come ad esempio prodotti finiti o semilavorati messi a rimanenza in magazzino. In questi casi quindi il ricavo non corrisponde ad una variazione aumentativa di risorse finanziarie, l’impresa ottiene invece elementi patrimoniali in natura. L’ottenimento dei prodotti conseguente allo svolgimento del processo produttivo viene interpretato come ricavo, ricavo che viene stimato sulla base del costo sostenuto per l’ottenimento dei beni, quindi non produce alcun margine né alcun incremento del patrimonio netto, ma consente di pervenire al valore della produzione ottenuta nell’anno. Economia aziendale – G. Modugno 10 Si può quindi affermare che l’economicità si realizza quando l’impresa è in grado di remunerare adeguatamente tutti i fattori produttivi, incluso il capitale, nel lungo periodo. L’equilibrio finanziario L’equilibrio finanziario è la capacità dell'impresa di garantire, in ogni istante, un’adeguata copertura dei fabbisogni finanziari che si manifestano. Quindi si riferisce all’esistenza, nell’impresa, delle masse monetarie per far fronte agli impegni assunti. Con riferimento alle condizioni di equilibrio nel breve periodo si può affermare che la capacità di far fronte ai debiti in scadenza nel breve periodo dipende dai flussi di liquidità che l’impresa è in grado di produrre attraverso la gestione → se il valore delle attività realizzabili in moneta entro breve termine risulta inferiore al valore dei debiti in scadenza entro l’esercizio, è prevedibile che l’impresa verrà a trovarsi in condizioni di stress finanziario. Con riferimento all’equilibrio finanziario di lungo periodo occorre chiedersi quali forme di finanziamento risultino più consone per far fronte agli investimenti di lunga durata → per mantenere condizioni di equilibrio finanziario, occorre far fronte ad investimenti di lungo periodo attraverso fonti di capitale a lungo termine. Per mantenere nel tempo l’equilibrio finanziario è quindi necessario conservare condizioni di equilibrio tra entrate ed uscite di liquidità. Per valutare tali condizioni è necessario distinguere chiaramente le attività e le passività a breve termine da quelle a lungo termine. In particolare, le attività che sono destinate a trasformarsi in moneta entro l’esercizio successivo sono definite attività correnti, mentre le attività destinate a trasformarsi in moneta convenientemente in un arco temporale superiore ai successivi 12 mesi, vengono definite attività non correnti o immobilizzazioni. → se il valore delle attività correnti supera quello dei debiti a breve termine vi sono le premesse per poter affrontare il nuovo esercizio in condizioni di adeguato equilibrio finanziario. L’equilibrio patrimoniale Si considera che equilibrio economico ed equilibrio finanziario siano i presupposti dell’equilibrio patrimoniale, inteso come adeguatezza della dotazione di patrimonio netto rispetto ai debiti. Da un lato, infatti, l’equilibrio economico consente di mantenere, attraverso la produzione di utili, un’adeguata dotazione di patrimonio netto, dall’altro l'equilibrio finanziario consente all’impresa di contenere il livello di indebitamento, grazie alla liquidità prodotta con la gestione. L’iter di approvazione del bilancio |1.10 Ai sensi l’art. 2363 cc l’approvazione del bilancio spetta all’assemblea dei soci nelle società di capitale prive di Consiglio di sorveglianza. Spetta invece a quest’ultimo nelle società in cui tale organo è presente. L’approvazione del bilancio d’esercizio segue un iter specifico, che inizia con la predisposizione del progetto di bilancio e la relazione sulla gestione da parte degli amministratori. Questi, a loro volta, trasmettono i suddetti documenti all’organo di controllo, quando presente. L’attività di redigere il bilancio e di predisporre la relazione sulla gestione spetta solo ed esclusivamente agli amministratori e non può essere delegata al comitato esecutivo o al consiglio di sorveglianza. Il progetto di bilancio deve comprendere tutti i documenti fondamentali: stato patrimoniale, conto economico, nota integrativa e rendiconto finanziario. In base all’art. 2429 cc il progetto di bilancio e la relazione sulla gestione devono essere trasmessi all’organo di controllo almeno 30 giorni prima della data fissata per l’approvazione del bilancio, per consentire all’organo di controllo di fare eventuali osservazioni in ordine al bilancio e alla sua approvazione e predisporre la propria relazione. Dopo che anche l’organo di controllo ha redatto la propria relazione, il progetto di bilancio deve essere reso disponibile ai soci mediante il deposito presso la sede sociale nei 15 giorni precedenti la data fissata per l’approvazione. In assenza di organo di controllo, la bozza di bilancio viene direttamente depositata dagli amministratori presso la sede sociale. Economia aziendale – G. Modugno 11 Il codice civile. all’art 2364 fissa anche i termini per l’assemblea di approvazione del bilancio. Quest’ultima deve essere convocata entro 120 giorni prima dalla chiusura dell’esercizio, o 180 giorni in caso di particolari motivazioni. In sede di approvazione del bilancio può essere proposta dai soci la destinazione del risultato dell’esercizio, ed entro 30 giorni dall’approvazione il documento va depositato, con i relativi documenti allegati e il verbale di approvazione, presso il Registro delle Imprese. Postulati per la redazione del bilancio e criteri di stima Finalità del bilancio |2.1 Il bilancio d’esercizio è frutto di un processo di rilevazione, classificazione e valutazione degli elementi patrimoniali e delle loro variazioni. Il bilancio fornisce una stima degli elementi che compongono il patrimonio, nonché del reddito prodotto. Il concetto di stima implica un certo grado di soggettività: necessariamente il valore ottenuto da un processo di stima non è vero in termini assoluti. Un’ informazione per essere utile deve essere rilevante e deve fornire una rappresentazione fedele della sostanza di quanto si propone di descrivere. Un’informazione per essere fedele deve avere un potere predittivo o deve essere in grado di confermare delle tesi. Fornire un quadro fedele significa offrire informazioni per quanto possibili complete, neutrali e prive di errori. → rappresentazione veritiera e corretta: il bilancio ha quindi il compito di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio. Il bilancio inoltre è redatto per stimare il patrimonio aziendale in ipotesi di normale funzionamento, ovvero di continuità della gestione. Il bilancio deve soddisfare le necessità informative di molteplici soggetti: ● banche e altri finanziatori: devono valutare la situazione aziendale e stimare il grado di rischio e le potenzialità di sviluppo dell’azienda ● soci o potenziali investitori: sono interessati a conoscere l’andamento economico e finanziario ● fornitori: possono essere interessati a conoscere l’equilibrio finanziario della società cliente, per valutare eventuali rischi di insolvenza ● Stato: il bilancio rappresenta la base per la determinazione del reddito imponibile, da cui scaturisce il prelievo fiscale ● manager: il bilancio è il più comune strumento di controllo dell’andamento aziendale. Differenti necessità informative potrebbero portare a diverse rappresentazioni della realtà aziendale. Nonostante siano diversi i soggetti cui il bilancio è destinato esso rimane un documento unico: le informazioni fornite non devono privilegiare le necessità informative di una particolare categoria. La neutralità rappresenta uno dei postulati generali da seguire nella sua redazione: la molteplicità degli interessi e dei destinatari deve dunque trovare una ricomposizione nell’unico bilancio d’esercizio. Non esiste un “bilancio civilistico” e uno “fiscale”: in Italia il reddito imponibile viene determinato partendo dal risultato dell’esercizio stimato nel bilancio d’esercizio e apportando allo stesso le opportune variazioni in forza delle regole fiscali che stabiliscono la rilevanza ai fini dell’imponibilità e deducibilità di alcune componenti positive e negative. Pur essendo un documento unitario il bilancio è composto da varie parti. Questo perché la contabilità aziendale si pone diversi obiettivi: ● fornire la stima e la composizione del patrimonio aziendale ● determinare il risultato economico d’esercizio e illustrare i fattori che lo hanno determinato ● rappresentare il flusso di liquidità complessivamente realizzato nell’esercizio e la sua composizione interna. Il bilancio d’esercizio delle società di capitali deve essere altresì corredato dalla relazione sulla gestione da redigersi a cura degli amministratori. Il legislatore definisce una struttura obbligatoria per lo stato patrimoniale, il conto economico e il rendiconto finanziario e indica altresì il contenuto della nota integrativa. Economia aziendale – G. Modugno 12 Postulati da adottare nella redazione del bilancio d’esercizio |2.2 I principi contabili vengono distinti in principi generali (o postulati) e principi applicativi, che vengono stabiliti tramite la redazione di appositi documenti, dedicati a specifici argomenti. In Italia i principi contabili vengono emanati dall’OIC, l’Organismo Italiano di Contabilità. I postulati hanno la finalità di guidare i soggetti che redigono il bilancio nel realizzare quanto indicato nell’art. 2423 cc: il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio. Questa clausola generale rappresenta il principio guida nella redazione del bilancio e nell’applicazione delle norme che lo disciplinano, quindi a questa norma generale si devono adeguare tutte le altre norme. Il principio di rappresentazione veritiera e corretta previsto dal codice civile riflette il concetto anglosassone di true and fair view. La verità del bilancio, infatti, fa riferimento al fatto che esso deve rappresentare i fatti amministrativi effettivamente avvenuti nell’esercizio. Inoltre gli elementi patrimoniali devono essere rappresentati utilizzando le reali quantità e criteri di stima attendibili. La correttezza fa invece riferimento al rispetto delle norme di legge nonché dei corretti principi contabili emanati dall’OIC nel nostro Paese o dallo IASB in ambito internazionale. Ai sensi dell’art. 2423 comma 3 cc, se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti per fornire una rappresentazione veritiera e corretta è necessario che il bilancio fornisca le informazioni complementari e necessarie a quel fine. Il principio contabile OIC 11 individua 7 postulati generali da utilizzare nella redazione del bilancio d’esercizio: 1. prudenza 2. prospettiva della continuità aziendale 3. rappresentazione sostanziale 4. competenza 5. costanza nei criteri di valutazione 6. rilevanza 7. comparabilità. Prudenza: gli utili non realizzati non devono essere contabilizzati, mentre tutte le perdite anche se non definitivamente realizzate, devono essere rappresentate nel bilancio. L’OIC sottolinea come, in virtù di questo postulato, gli utili derivanti dall’iscrizione delle imposte anticipate, possano trovare rappresentazione nel bilancio solo se ragionevolmente certi, mentre analoga cautela non è prevista per le imposte differite, il cui effetto sul risultato dell’esercizio è negativo. Gli eccessi di prudenza vanno tuttavia evitati, poiché pregiudizievoli per gli interessi degli azionisti e perché rendono il bilancio inattendibile e non corretto. Il principio della prudenza può essere anche interpretato affermando che le attività devono essere stimate ai valori prossimi ai minimi razionali e le passività ai valori prossimi ai massimi razionali. Inoltre gli elementi patrimoniali che compongono le singole poste delle attività o passività siano valutati individualmente, per evitare compensi tra perdite che devono essere riconosciute e profitti che, non essendo realizzati, non possono essere riconosciuti. Nel nostro ordinamento esistono però delle eccezioni: nel conto economico trovano spazio sia gli utili sui cambi, sia le rivalutazioni di attività finanziarie. L’inserimento di queste componenti reddituali consente di informare i fruitori del bilancio su aspetti che, in un’economia globalizzata e fortemente orientata agli investimenti in strumenti finanziari, possono avere un impatto rilevante; queste componenti non realizzate devono comunque confluire in riserve non distribuibili. Prospettiva della continuità aziendale: la sussistenza di normali condizioni di vita dell’impresa, che lascino supporre la continuità nel tempo delle attività aziendali, è presupposto per l’applicazione dei criteri di stima da adottare ai sensi dell’art. 2426 cc nel bilancio d’esercizio. Se si dovesse prevedere nel prossimo futuro il venir meno della continuità aziendale, si renderebbe necessario indicare nella nota integrativa la natura delle minacce a tale condizione. Il principio contabile dell’OIC 11 prevede che siano chiaramente fornite le informazioni relative ai fattori di rischio, Economia aziendale – G. Modugno 15 La stima delle rimanenze di beni fungibili |2.5 La stima delle rimanenze, per i beni fungibili, richiede che venga individuato un metodo per definire a quali dei lotti acquistati durante l’esercizio appartengono i beni in rimanenza alla data del bilancio: considerato che ogni lotto potrebbe essere stato acquistato ad un prezzo diverso, il valore del patrimonio e quello del risultato d’esercizio cambieranno a seconda del metodo utilizzato per la stima della rimanenza. es. esercizio pag. 58 Il contenuto dello stato patrimoniale Caratteristiche generali |3.1 Lo stato patrimoniale descrive la composizione del patrimonio aziendale, fornendo molti elementi utili ai fini della valutazione dell'equilibrio patrimoniale e di quello finanziario. Nello stato patrimoniale sono indicate le attività, le passività e il patrimonio netto dell’impresa alla data di chiusura dell’esercizio. Il legislatore italiano ha optato per lo schema a sezioni divise e contrapposte, ritenendo che questa impostazione offrisse alcuni vantaggi informativi, tra cui quello di consentire maggiore analiticità. Le due sezioni sono dedicate all’attivo (sezione di sinistra) e al passivo (sezione di destra). Il passivo è inteso come somma di elementi divisi: patrimonio netto, fondi rischi e oneri, debiti, ratei e risconti passivi. STATO PATRIMONIALE A) crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già richiamata B) immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria C) attivo circolante D) ratei e risconti attivi A) patrimonio netto B) fondi per rischi e oneri C) trattamento di fine rapporto D) debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo E) ratei e risconti passivi TOTALE ATTIVO TOTALE PASSIVO Le voci dello stato patrimoniale sono contraddistinte, in base al grado di dettaglio, da lettere maiuscole (classi), numeri romani (sottoclassi) e lettere minuscole. Per ogni voce dello stato patrimoniale deve essere indicato anche l’importo relativo all’esercizio precedente: l'esposizione di dati comparati consente di individuare con facilità alcuni legami che sussistono con il conto economico, nonché di cogliere l’evoluzione dell’equilibrio finanziario e di quello patrimoniale. esempi pag 62-63 L’attivo |3.2 L’attivo è suddiviso in 4 classi: A) crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già richiamata B) immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria C) attivo circolante D) ratei e risconti attivi. Il criterio di classificazione delle poste non è ben definito: la classificazione degli elementi dell’attivo è effettuata principalmente sulla base del criterio di destinazione di cui all’art. 2424 bis cc comma 1. Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti |3.2.1 Economia aziendale – G. Modugno 16 Si tratta di crediti che sorgono in occasione degli aumenti di capitale a pagamento, o all’atto della costituzione della società. Gli aumenti di capitale hanno la funzione di rafforzare l’impresa sotto il profilo patrimoniale e possono essere di due tipi: ● gratuiti: il capitale sociale viene aumentato incorporandovi una o più riserve disponibili del patrimonio netto. Il valore totale del patrimonio netto comunque non cambia, avviene solo una riclassificazione di poste al suo interno, con il passaggio da riserva a capitale sociale ● a pagamento: i soci sottoscrivono nuove quote di capitale, obbligandosi così a versare il valore pattuito nell’atto di aumento. Se alla sottoscrizione non segue l’immediato versamento dell’intero valore, sorge per l’azienda il credito verso i soci indicato nell’attivo dello stato patrimoniale alla lettera A. In base all’art. 2342 cc, all’atto della disposizione i soci devono provvedere al versamento del 25% del capitale sottoscritto. La parte rimanente può essere chiamata dalla società in qualsiasi momento, per cui viene considerata generalmente esigibile nel breve termine. Quindi la classe “crediti verso soci per versamenti ancora dovuti”, accoglie il credito che l’azienda vanta nei confronti dei soci per parte di capitale sottoscritto e non ancora versato, anche se già richiamato dagli amministratori. Il legislatore colloca questo credito come prima voce nell’attivo per contrapporla idealmente al capitale sociale, che rappresenta la prima posta del passivo: sottraendo i crediti verso soci al capitale sociale si ottiene l’ammontare di capitale effettivamente versato alla data del bilancio. Le immobilizzazioni |3.2.2 La classe B dell’attivo è dedicata alle immobilizzazioni, che vengono suddivise in tre sottoclassi: I. immobilizzazioni immateriali II. immobilizzazioni materiali III. immobilizzazioni finanziarie. Immobilizzazioni immateriali |3.2.2.1 Le immobilizzazioni immateriali sono caratterizzate dalla intangibilità. La possibilità di iscriverne il valore a bilancio dipende da alcune circostanze che richiedono comunque un giudizio da parte degli amministratori: ● l’impresa deve aver sostenuto dei costi allo scopo specifico di poter disporre di questi beni ● è possibile ritenere, ragionevolmente, che i costi sostenuti consentiranno di produrre benefici economici futuri differiti nel tempo. Nei principi contabili italiani le immobilizzazioni immateriali vengono definite come costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo, ma manifestano i benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi. La soggettività del giudizio sull’utilità futura e l’aleatorietà del valore attribuibile a queste poste suggeriscono, comunque, di adottare particolare prudenza. esempio pag 69 Le immobilizzazioni immateriali previste nel bilancio d’esercizio sono: ● costi di impianto e ampliamento: accoglie gli oneri sostenuti in fase di costituzione della società, o di potenziamento della sua capacità operativa, nonché oneri sostenuti per lo sviluppo dell’attività aziendale. Si tratta di oneri ad utilità futura, in quanto consentono lo svolgimento delle attività negli anni successivi. In questi costi è possibile iscrivere anche quelli sostenuti per la formazione del personale ● costi di sviluppo: anche l’iscrizione di valori in questa voce richiede una speciale prudenza, che si concretizza nella necessità di accertare l’attitudine di tali costi a produrre un’utilità futura concreta e misurabile ● diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno: accoglie i costi sostenuti per l’acquisizione o la produzione di brevetti. Vengono inoltre iscritti in questa voce i costi relativi all’acquisto a titolo di proprietà o di licenza d’uso del software applicativo e quelli sostenuti per la produzione ad uso interno di software applicativo ● concessioni, licenze, marchi e diritti simili: questi elementi patrimoniali appaiono nell'attivo se acquistati da terzi. Sono quindi esposti in questa voce: - i canoni riferiti alle concessioni di beni o servizi ottenuti dalla pubblica amministrazione - i compensi pagati per ottenere le licenze di sfruttamento di diritti altrui Economia aziendale – G. Modugno 17 - i compensi pagati per l’utilizzo degli altrui segni distintivi - i costi sostenuti per le licenze d’uso del software protetto altrui. ● avviamento: corrisponde a quella qualità aziendale che consente all’impresa di godere di un vantaggio, che si traduce in un’aspettativa di sovra redditi futuri. Il valore economico di un’impresa dipende anzitutto dalla sua capacità di generare valore, nel tempo, attraverso i redditi prodotti: quanto più elevata è la capacità di generare redditi, tanto maggiore risulta essere il valore economico dell’impresa ● immobilizzazioni in corso e acconti: accoglie il valore delle immobilizzazioni immateriali frutto di lavorazioni interne ma non ancora completate, ovvero quelle per cui sono stati versati acconti ● altre: è una voce residuale che accoglie le immobilizzazioni immateriali non comprese nelle precedenti, come ad esempio le manutenzioni straordinarie su beni di terzi. Il costo delle immobilizzazioni immateriali con vita utile limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato, in relazione alla loro residua possibilità di utilizzazione. Fanno eccezione a questa regola i costi di impianto e di ampliamento, che in Italia devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. Le immobilizzazioni in corso, non essendo ancora completate, non sono soggette al processo di ammortamento. La quota di ammortamento imputata a ciascun esercizio si riferisce alla ripartizione del costo sostenuto sull’intera durata di utilizzazione: oltre all’utilizzo di quote costanti, è ammesso anche l’utilizzo di piani a quote decrescenti, oppure parametrati ad altre variabili quantitative. L’ammortamento decorre dal momento in cui l’immobilizzazione è disponibile e pronta per l’uso. Immobilizzazioni materiali |3.2.2.2 Le immobilizzazioni materiali sono beni tangibili di uso durevole costituenti parte all’organizzazione permanente delle società, la cui utilità economica si estende oltre i limiti di un esercizio. Il riferirsi a fattori e condizioni duraturi non è una caratteristica intrinseca ai beni come tali, bensì alla loro destinazione. Esse sono normalmente impiegate come strumenti di produzione del reddito della gestione caratteristica e non sono quindi destinate alla vendita, né alla trasformazione per l’ottenimento dei prodotti della società. In questa classe troviamo: ● terreni e fabbricati ● impianti e macchinari ● attrezzature industriali e commerciali ● altri beni ● immobilizzazioni in corso e acconti: devono essere qui iscritte le immobilizzazioni realizzate in proprio e gli acconti versati ai fornitori di tali beni. Il valore di questi beni viene esposto nel bilancio ordinario al netto dei relativi fondi ammortamento e di eventuali fondi di svalutazione. Il fondo ammortamento esprime la riduzione di valore complessivamente subito dai beni a causa dell’utilizzo degli stessi fino alla data di bilancio: la contropartita contabile del fondo è rappresentata dalla quota di ammortamento dell’esercizio, ovvero il costo che riflette la riduzione di valore del bene stimata nell’anno per l’utilizzo dello stesso. Immobilizzazioni finanziarie |3.2.2.3 Questa classe è suddivisa in 4 voci, a loro volta ulteriormente dettagliate: 1. partecipazioni in: ● imprese controllate ● imprese collegate ● imprese controllanti ● imprese sottoposte al controllo delle controllanti ● altre imprese 2. crediti verso: ● imprese controllate ● imprese collegate ● imprese controllanti ● imprese sottoposte al controllo delle controllanti Economia aziendale – G. Modugno 20 Il legislatore, all’art. 2424 cc, denomina passivo, l’intera sezione dei finanziamenti, più propriamente definibile passivo e patrimonio netto, per l’evidente differenza tra le due fonti di finanziamento. La seconda sezione dello stato patrimoniale è suddivisa in 5 classi principali: A) patrimonio netto B) fondi per rischi e oneri C) trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato D) debiti E) ratei e risconti. Per ciascuna voce dei debiti vanno indicate separatamente le quote con scadenza rispettivamente entro e non oltre l’esercizio successivo. Il criterio finanziario per la classificazione dei valori assume un ruolo tutto sommato marginale, a favore di un criterio che richiama la natura delle fonti stesse. La prima distinzione fondamentale è quella tra capitale proprio e capitale di terzi. Le classi hanno tutte natura di debito: ● i fondi rischi e oneri rappresentano debiti incerti nell’esistenza o nell’ammontare ● la classe C accoglie il trattamento di fine rapporto lavoro subordinato, riconosciuto come debito vero e proprio, seppur indeterminato nella data di scadenza ● i debiti certi sono elencati nella classe D ● i ratei e risconti passivi, alla classe E, sono rispettivamente debiti in moneta e debiti in natura per servizi a cavallo di due esercizi → voce speculare alla classe D dell’attivo. Patrimonio netto |3.5.1 Il patrimonio netto corrisponde alla differenza tra le attività e le passività. Le fonti del patrimonio netto possono essere i soci e la gestione. All’interno del patrimonio netto, tuttavia, la distinzione tra conferimenti e utili accantonati non è immediatamente riconoscibile: la distinzione fondamentale tra capitale conferito e capitale accumulato attraverso la gestione non appare esplicitamente nello stato patrimoniale. Il patrimonio netto viene distinto al suo interno in: I. capitale II. riserva da sovrapprezzo delle azioni III. riserva di rivalutazione IV. riserva legale V. riserve statutarie VI. altre riserve, distintamente indicate VII. riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi VIII. utili (perdite) portati a nuovo IX. utile (perdita) dell’esercizio X. riserva negativa per azioni proprie in portafoglio. Il capitale rappresenta il totale del valore nominale delle azioni o quote complessivamente emesse. La riserva da sovrapprezzo delle azioni accoglie il maggiore valore versato dai soci, rispetto al valore nominale delle azioni se previsto in sede di costituzione della società, di aumento di capitale o, ancora, di conversione delle obbligazioni. Nelle società per azioni l’aumento di capitale può essere gratuito (ogni socio riceve gratuitamente nuove azioni), a pagamento (può essere attuato con diritto di opzione o senza diritto di opzione agli azionisti), oppure misto (una combinazione tra le due fattispecie precedenti). Le riserve da rivalutazione sorgono per la rivalutazione di beni nell’attivo dello stato patrimoniale. La riserva legale viene costituita per esplicita previsione civilistica con l'accantonamento annuale del 5% degli utili netti, fino al raggiungimento del valore del quinto capitale sociale. Le riserve statutarie sono previste dallo statuto della società e possono avere destinazione specifica; in tal caso la loro destinazione può mutare solo deliberando la modifica dello statuto, salvo essere utilizzate per la copertura di perdite. Le altre riserve comprendono riserve di diverso tipo, che possono avere natura di autofinanziamento o di capitale apportato. La riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi ha lo scopo di salvaguardare l’impresa dal rischio di eccessive oscillazioni nei flussi finanziari prodotti da operazioni di finanziamento o di investimento. Economia aziendale – G. Modugno 21 Gli utili (perdite) portati a nuovo sono utili che, sebbene non siano stati accantonati ad una specifica riserva, contribuiscono di fatto ad aumentare il valore di autofinanziamento liberamente disponibile → assieme ad altre riserve facoltative, sarà la prima posta ad essere utilizzata a copertura delle perdite. L’utile (perdita) dell’esercizio corrisponde al risultato dell’esercizio iscritto a saldo del conto economico. La riserva negativa per azioni proprie in portafoglio sorge in relazione ad operazioni di acquisto di azioni proprie da parte della società, le quali hanno l’effetto di ridurre il patrimonio netto in quanto comportano il rimborso del capitale originariamente conferito dal socio, nonché la corresponsione di utili ai soci. Con riguardo alle perdite: non è possibile far fronte alle perdite alimentando un fondo rischi generico da utilizzare nei periodi in cui si dovessero realizzare performance negative: l’accantonamento a fondi rischi è uno strumento contabile per prevedere rischi specifici, riferiti cioè a eventi negativi prevedibili e non remoti, connessi a specifici fatti di gestione. Le perdite possono essere coperte esclusivamente con utili precedentemente realizzati e non distribuiti o con capitale conferito dai soci. La disponibilità delle riserve attiene alla possibilità di utilizzare le stesse per procedere ad aumenti di capitale gratuiti. Tra le riserve disponibili poi alcune sono anche distribuibili. Prima di intaccare la riserva legale, in caso di perdite, devono essere erose in ordine prima le riserve facoltative e gli utili portati a nuovo, poi le riserve statutarie. A seconda dell’importo delle perdite i soci dovranno porre in essere azioni differenti: ● devono utilizzare utili precedentemente accumulati ● se residuano perdite: devono confrontare le perdite con il capitale sottoscritto per valutare il da farsi, quindi devono verificare se le perdite residue siano inferiori o superiori ad un terzo del capitale sociale: - se sono inferiori non ci sono adempimenti particolari per gli amministratori - se sono superiori bisogna verificare se la perdita produce una riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale ● se la perdita produce una riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, la situazione è critica: gli amministratori devono convocare senza indugio l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento dello stesso ad una cifra non inferiore al minimo, oppure la trasformazione della società in una forma giuridica per la quale sia richiesto un capitale minimo inferiore ● se la perdita non produce una riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale gli amministratori devono convocare l’assemblea dei soci e valutare gli opportuni provvedimenti, che dipenderanno dall’analisi della situazione patrimoniale, dalla relazione degli amministratori e dall’osservazione del collegio sindacale. I fondi rischi e oneri |3.5.2 Le passività aziendali possono essere distinte in relazione al grado di certezza dell’esistenza dell’obbligazione, quindi si individuano le passività certe e le passività potenziali. Le passività potenziali corrispondono ai fondi rischi: pur non corrispondendo a debiti certi, devono essere rilevate per ottemperare al postulato della prudenza amministrativa. Le passività certe sono invece rappresentate da: ● fondi per oneri, che sono caratterizzati dall’indeterminatezza dell’ammontare della data di scadenza ● debiti, che rappresentano le passività certe nell'esistenza, caratterizzate da un valore nominale certo. Gli accantonamenti a fondi rischi e oneri sono destinati alla copertura di perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile dei quali non si conosce, durante l’esercizio, l’ammontare e/o la data di scadenza. Quindi per i fondi rischi: ● la natura deve essere determinata, quindi si deve trattare di rischi specifici legati a fatti avvenuti che possono comportare conseguenze negative per l’impresa negli esercizi futuri ● la probabilità che l’evento negativo connesso al rischio si verifichi non deve essere remota. Economia aziendale – G. Modugno 22 Esistenza dell’obbligazione Ammontare Data di manifestazione Fondi rischi probabile incerto ma determinabile ignota Fondi oneri certa certo o determinabile ignota o nota (se certo l’ammontare) Debiti certa determinato nota TFR certa determinato ignota I debiti |3.5.3 I debiti rappresentano passività certe che rappresentano debiti in natura per prodotti da consegnare o prestazioni da erogare. Il legislatore richiede che per ciascun debito sia evidenziata separatamente la parte dello stesso con scadenza a medio-lungo termine. Si divide in 14 classi: 1. obbligazioni: rappresentano il valore dei prestiti obbligazionari emessi dall’impresa, stimati al costo ammortizzato. Tendenzialmente si tratta di un debito a lungo termine con una quota a breve scadenza. Possono essere emesse alla pari, sopra la pari, oppure sotto la pari 2. obbligazioni convertibili: sono obbligazioni convertibili in azioni e rappresentano debiti a lungo termine con una quota a breve 3. debiti verso soci per finanziamenti: questa voce contiene l’importo di tutti i finanziamenti concessi dai soci alla società sotto qualsiasi forma per i quali la società ha l’obbligo di restituzione 4. debiti verso banche: tale posta accoglie tutti i debiti verso le banche, a prescindere dalla forma tecnica; nella nota integrativa sono fornite opportune indicazioni circa le quote di debito a medio lungo termine, scadenti oltre l’anno e quelle di durata superiore ai 5 anni più eventuali garanzie reali 5. debiti verso altri finanziatori: in questa voce sono iscritti i debiti finanziari contratti con finanziatori diversi da obbligazionisti, soci, banche, imprese controllate, collegate, controllanti e imprese soggette a comune controllo 6. acconti: sono debiti per anticipi ricevuti da clienti per forniture di beni e servizi non effettuate; visto che sono debiti in natura non incidono sull’equilibrio finanziario dell’azienda 7. debiti verso fornitori: accoglie i debiti originati da acquisizioni di beni o servizi 8. debiti rappresentati da altri titoli di credito: perlopiù si tratta di debiti di fornitura 9. debiti verso imprese controllate 10. debiti verso imprese collegate 11. debiti verso imprese controllanti; 11-bis: debiti verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti: (da 9 a 11-bis) bisogna fare riferimento all’ art. 2359 cc 12. debiti tributari: sono i debiti verso l’erario al netto di acconti versati 13. debiti verso istituti di previdenza e assistenza: accoglie 3 debiti a breve termine verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale derivanti da obblighi contributivi, previdenziali o assicurativi. Nascono per obblighi derivanti da norme di legge, contratti collettivi di lavoro e accordi integrativi 14. altri debiti: per cogliere la natura di questi debiti bisogna guardare la nota integrativa; alcuni esempi sono i debiti verso gli amministratori o i sindaci, oppure i debiti verso i soci per dividendi deliberati ma non ancora distribuiti. Ratei e risconti passivi |3.6 Sono voci speculari a quelle nell’attivo. I ratei passivi rappresentano debiti in moneta per servizi consumati a cavallo di due esercizi, mentre i risconti passivi rappresentano debiti in natura per servizi da erogare, il cui corrispettivo è già stato incassato. Economia aziendale – G. Modugno 25 Gli strumenti a carattere generale sono invece strumenti rivolti a supportare la gestione in termini generali. Alcuni esempi sono: ● apertura di credito ordinaria in conto corrente ● apertura di credito ipotecaria in conto corrente ● polizza di credito commerciale ● denaro caldo. Il finanziamento del capitale fisso |3.7.2.2 Le imprese, oltre alla finanza utile a sostenere il ciclo del circolante, necessitano di fonti di finanziamento a medio-lungo termine per sostenere gli investimenti a carattere duraturo, in particolare quelli relativi a fattori produttivi ad utilità ripetuta. Un’uscita di entità molto elevata potrebbe risultare non sostenibile a causa dell’insufficiente dotazione di liquidità, potrebbe essere pericolosa per l’equilibrio finanziario. Gli strumenti di finanziamento a lungo termine maggiormente diffusi sono: ● mutuo: un soggetto fa richiesta di finanziamento impegnandosi a sua volta a restituire l’importo dello stesso attraverso pagamenti periodici, che comprendono gli interessi e il rimborso del capitale. Il pagamento delle rate avviene secondo un piano prestabilito: il piano di ammortamento, che può essere di rata crescente o di rata costante e il tasso può essere fisso o variabile. Il mutuo può essere di due tipi: - chirografario, cioè privo di garanzia reale e prevede solo un accordo scritto tra le parti; il tasso di interesse è maggiore - garantito, è cioè prevista una garanzia che può essere reale (mutuo ipotecario) o personale (mutuo fideiussorio) ● finanziamenti in pool: finanziamenti in lungo periodo in cui un gruppo di banche mette a disposizione una linea di credito per l’impresa. Questa è una forma di finanziamento a cui si ricorre nel caso di investimenti elevati in cui la singola banca non accetta di sostenere totalmente l’esposizione in proprio ● leasing finanziario: contratto con cui una società di leasing concede ad un soggetto l’utilizzo di un bene per un certo periodo di tempo dietro pagamento di canoni periodici; al termine vi è la possibilità di acquistare il bene pagando un prezzo di riscatto. Oltre a quelle indicate, esistono numerose altre tipologie di finanziamenti a medio-lungo termine nella prassi creditizia. Il conto economico Nozioni generali |4.1 Il conto economico è il prospetto del bilancio che illustra i componenti positivi (ricavi) e quelli negativi (costi) che hanno concorso a determinare il reddito dell’esercizio. Lo scopo essenziale del conto economico è quindi quello di descrivere le modalità di formazione del risultato economico dell’esercizio. Tale risultato rappresenta una variazione del patrimonio netto dell’impresa, quindi esso appare anche nello stato patrimoniale nella sezione del passivo, tra le poste del netto. Il nesso tra i due è che lo stato patrimoniale fornisce una rappresentazione statica del patrimonio aziendale, mentre il conto economico fornisce la dinamica patrimoniale connessa ai fatti gestionali. Il conto economico espone il valore della produzione ottenuta dall’impresa nell’esercizio, al quale viene sottratto il costo dei fattori produttivi utilizzati. Da questa differenza scaturisce il reddito. RICAVI - COSTI = REDDITO Il reddito non è necessariamente pari alla differenza tra il patrimonio netto iniziale e quello finale, perché esso scaturisce esclusivamente dalle variazioni patrimoniali originate dalla gestione, che non rappresentano tutte le possibili cause di variazione del patrimonio. Dal punto di vista formale il conto economico può essere rappresentato secondo due modalità: in forma scalare o a sezioni divise contrapposte. Esempi pag. 118 Economia aziendale – G. Modugno 26 Il conto economico civilistico è in forma scalare ed è suddiviso in 4 classi fondamentali: A) valore della produzione: è formato dai ricavi e i proventi della gestione operativa B) costi della produzione: include i costi della gestione operativa C) proventi e oneri finanziari D) rivalutazioni e svalutazioni di attività finanziarie. La distinzione tra gestione operativa e componenti finanziarie è molto importante, perché consente di stimare il reddito prodotto attraverso i processi attuati nelle fasi di acquisto-produzione-vendita prescindendo dai proventi e dagli oneri che scaturiscono dalla gestione finanziaria connessa ad attività finanziarie o debiti di finanziamento. Eserc. 2 Eserc. 1 A. valore della produzione B. costi della produzione Margine A -B C. proventi e oneri finanziari D. rivalutazioni e svalutazioni di attività finanziarie - imposte sul reddito Risultato dell’esercizio La distinzione tra gestione operativa e gestione finanziaria |4.2 Le componenti reddituali vengono distinte in base alla gestione operativa o finanziaria. A queste categorie si affiancavano tradizionalmente anche quelle dei proventi e oneri straordinari, derivanti da fatti di gestione aventi carattere di eccezionalità. Dal 2016 tuttavia, i principi contabili negano la possibilità di distinguere questa terza classe di componenti reddituali, che sono quindi state inserite in quelle ordinarie. Il termine gestione operativa indica qualsiasi fatto della gestione non connesso ad operazioni di investimento finanziario per l’ottenimento di dividendi, interessi attivi, plusvalenze su titoli, ecc, o di finanziamento, su cui gravano oneri finanziari. Rientrano in questa gestione sia quella caratteristica che quelle di tipo accessorio. Il reddito della gestione operativa è quello generato dal capitale in essa investito (calcolato al lordo degli oneri finanziari); è un reddito che esprime la performance aziendale nelle gestioni attuate per la produzione e vendita di beni e/o servizi. L’impresa è sana quando è in grado di generare reddito anzitutto dalla gestione operativa. Il confronto tra reddito operativo e oneri finanziari è il tipico indice usato per valutare la sostenibilità dell’indebitamento finanziario dell’impresa (interest coverage ratio). Esempio pag. 121 I ricavi operativi nel conto economico civilistico: il valore di produzione |4.3 La relazione tra valore della produzione ottenuta e valore della produzione di vendita |4.3.1 Il risultato economico dell’esercizio è ottenuto sottraendo dal valore della produzione allestita i costi sostenuti nel periodo. Il reddito può essere anche calcolato con riferimento a: ● la produzione venduta: ricavi di vendita - costo del venduto (UK) ● la produzione ottenuta: valore della produzione ottenuta - costo (UE). Esempio pag. 122-123 Di conseguenza il conto economico può assumere due strutture diverse: ● il conto economico a costo del venduto: il totale dei costi sostenuti nella fase di allestimento dei beni/servizi venduti nell’esercizio ● il conto economico a costi e ricavi integrali della produzione allestita nel periodo. Prescindendo da altre componenti del valore della produzione, si può affermare che: Economia aziendale – G. Modugno 27 a. se il valore delle rimanenze dei prodotti e semilavorati non varia nel corso dell’esercizio, la produzione venduta coincide con quella ottenuta. Più in generale vale la seguente relazione: RICAVI VENDITA (= PRODUZIONE VENDUTA) + ∆± RIMAN. PRODOTTI FINITI e SEMILAVORATI = VALORE PRODUZIONE OTTENUTA b. quando la variazione nelle rimanenze di prodotti e semilavorati risulta positiva va sommata ai ricavi di vendita per ottenere il valore della produzione ottenuta. L’aumento delle scorte può essere visto sotto un duplice punto di vista: ● ricavo dell’impresa, perché in seguito ad un processo produttivo è aumentato il valore di un elemento attivo del patrimonio aziendale ● elemento negativo (es: ristagno) c. se la variazione nelle rimanenze risulta negativa significa che nel corso dell’esercizio è stato venduto di più di quanto è stato prodotto, oppure è avvenuta una svalutazione delle scorte, quindi c’è una valutazione patrimoniale passiva originata dalla gestione. La classificazione dei costi operativi muta a seconda dell’approccio utilizzato (anglosassone e continentale): ● per destinazione (UK): vengono considerate le finalità per cui sono sostenuti ● per natura (UE): viene considerata la natura del fattore produttivo utilizzato. Il valore della produzione ottenuta è il risultato di una somma algebrica di valori tra loro non omogenei (ricavo di vendita + valore delle rimanenze finali - valori delle rimanenze finali). Questi sono tutti elementi che devono essere stimati al minore tra il costo di produzione e il presunto valore di realizzo. É un modo corretto di procedere? Per rispondere bisogna fare riferimento al principio di realizzazione, legato a quello di prudenza. Possono essere indicati nel conto economico solo gli utili realizzati alla data di chiusura del bilancio. Conseguenza diretta di ciò è il valutare al costo le rimanenze, perché se si decidesse di valutarle al prezzo previsto di vendita si inquinerebbe la determinazione del reddito inserendo utili non realizzati. Le componenti del valore della produzione allestita |4.3.2 Nella VPO (valore della produzione ottenuta) rientrano i ricavi di vendita e la variazione nella rimanenza di prodotti e semilavorati. L’attività di produzione non si traduce necessariamente nell’allestimento di prodotti destinati al mercato, anche i beni prodotti non per il mercato rappresentano output di produzione, quindi il loro valore deve contribuire a determinare il VPO. Sorge quindi un’attività a cui si contrappone un ricavo in natura che, essendo valutato al costo, non ha alcun impatto sull’utile (compensato dai costi sostenuti per l’ottenimento dei beni prodotti). La produzione allestita ha tre tipologie di output: ● vendite ● rimanenze di magazzino ● beni destinati ad uso interno. Esempio pag. 128-129 RICAVI DI VENDITA + ∆± SCORTE DI PRODOTTI FINITI E SEMILAVORATI + PRODUZIONI INTERNE DI IMMOBILIZZAZIONI + PRODOTTI REIMPIEGATI E DISTRIBUITI = VALORE DELLA PRODUZIONE ALLESTITA Il valore della produzione nel conto economico ha 5 voci: 1. ricavi di vendite e delle prestazioni 2. variazioni rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti 3. variazioni dei LCO: si riferisce alle commesse pluriennali. Il processo produttivo si estende in più esercizi, che vengono allestiti sulla base di un ordine da parte di un cliente. Ciò comporta un trattamento contabile diverso: stima al prezzo di vendita 4. incrementi di immobilizzazioni per lavori interni 5. altri ricavi e proventi della gestione operativa. Nel rigo A5 trovano rappresentazione i seguenti proventi: Economia aziendale – G. Modugno 30 Gli accantonamenti a fondi rischi sono stanziamenti destinati a costituire o incrementare la posta del passivo “fondi per rischi e oneri: altri”. Il fondo non è un accantonamento di risorse liquide in un fondo di cassa: il costo per accantonamento a fondo rischi non ha alcuni effetti sulla liquidità dell’esercizio imputato. Es: accantonamento fondo rischi per cause in corso. Non è possibile iscrivere tra i costi un generico accantonamento a fronte di rischi futuri, senza specificarne la natura, né è possibile fronteggiare con appositi accantonamenti il rischio generico derivante dall’attività d’impresa, cioè il rischio di perdite. Se un fondo rischi si rivela eccessivo rispetto alle necessità aziendali il suo valore andrà ridotto o annullato: riduzione del fondo rischi che produce un incremento del patrimonio netto poiché c’è una variazione diminutiva di passività. Al rigo B13 del conto economico troviamo altri accantonamenti, che sono gli accantonamenti a fondi oneri futuri, tra cui rientrano passività certe nell’esistenza ma con ammontare e/o scadenza non definita. Oneri diversi di gestione (rigo B14) |4.4.7 Questa voce comprende tutti i costi non iscrivibili nelle altre voci. Vi confluiscono, come nella voce “altri ricavi e proventi” le componenti di natura straordinaria che fino al 2016 erano nella voce E). Proventi e oneri finanziari |4.5 Le classi di ricavi che compongono il valore della produzione allestita non esauriscono tutte le tipologie di ricavi, né i costi operativi esauriscono tutti gli oneri. Gli investimenti finanziari generano proventi che sono mantenuti distinti da quelli operativi: interessi attivi, dividendi, utili su titoli e su cambi. Il risultato della gestione finanziaria è il saldo tra le componenti positive e negative di reddito e occupa le classi C) e D) del conto economico. Rivalutazioni e svalutazioni di attività finanziarie |4.6 Le voci D18 e D19 rappresentano, rispettivamente, le rivalutazioni di attività finanziarie e le svalutazioni di attività finanziarie. Questa classe accoglie anche variazioni di valore degli strumenti finanziari derivati, quando non siano utilizzati come strumenti di copertura da rischi o quando siano destinati a coprire il rischio di variazioni nel fair value di altre attività o passività. Le imposte e tasse: rinvio |4.7 Il risultato dell’esercizio è gravato anche dalle imposte e dalle tasse a carico dell’impresa, che trovano diversa collocazione nel conto economico, perché le imprese sono soggette ad un’imposizione fiscale in molteplice forma. Importante è la distinzione tra IRES e IRAP. Le imposte vengono versate proporzionalmente alla base imponibile, ovvero una specifica configurazione di reddito. Per quanto concerne l’IRES, questa è dovuta solamente quando il reddito imponibile risulta essere positivo. Se la gestione si conclude con una perdita fiscale, la capacità contributiva del soggetto è nulla. Pur essendo esposte nel conto economico ambedue le categorie di imposte indicate, esse restano ben distinte: ● imposte sul reddito al rigo 20 ● altre imposte al rigo B14. Ulteriori contenuti del bilancio: il rendiconto finanziario, la nota integrativa e la relazione sulla gestione Il rendiconto finanziario |6.1 Premessa: scopo e oggetto del rendiconto finanziario |6.1.1 Il rendiconto finanziario è un prospetto contabile fondamentale: consente di approfondire l’analisi dell’equilibrio finanziario dell’impresa fornendo informazioni molto rilevanti sulle modalità di formazione del flusso di cassa complessivamente realizzato nell’esercizio. In particolare nel rendiconto finanziario vengono distinte le diverse componenti del flusso complessivo, classificate secondo le potenziali fonti di liquidità. Economia aziendale – G. Modugno 31 Il flusso rappresenta la variazione complessivamente rilevata nell’esercizio della classe C IV dell’attivo dello stato patrimoniale, cioè nelle disponibilità liquide. Dal 2016 è obbligatorio per tutte le società, tranne le società di persone e le imprese con il bilancio abbreviato. Il rendiconto finanziario consente di capire quali flussi in entrata e, rispettivamente, in uscita, abbiano consentito di passare dal saldo iniziale di liquidità, a quello finale. Il rendiconto finanziario quindi presenza le variazioni aumentative e/o diminutive, delle disponibilità liquide intervenute nel corso dell’esercizio: i movimenti, però, non vengono esposti singolarmente, bensì in classi utili all’interpretazione dell’equilibrio finanziario nell’esercizio di riferimento e della possibile evoluzione negli esercizi successivi. I flussi presenti nel rendiconto finanziario rappresentano perlopiù movimenti lordi di liquidità. Struttura generale del rendiconto finanziario |6.1.2 Il rendiconto finanziario presenta le entrate e le uscite di liquidità raggruppandole in tre categorie che agevolano l’interpretazione delle modalità di formazione del flusso complessivo dell’esercizio: • flussi finanziari derivanti dall’attività operativa • flussi finanziari derivanti dall’attività di investimento • flussi finanziari derivanti dall’attività di finanziamento. I tre flussi vengono presentati nel prospetto secondo la sequenza indicata. Il flusso dell’attività operativa è rappresentato dal complesso dei movimenti di liquidità che derivano dall’acquisizione, produzione e distribuzione di beni e dalla fornitura di servizi, anche se riferibili a gestioni accessorie, e gli altri flussi non compresi nelle attività di investimento e di finanziamento. I flussi presentati rappresentano perlopiù movimenti lordi di liquidità, a eccezione dei flussi riferiti alla gestione operativa, che normalmente vengono rappresentati utilizzando uno schema che non consente di esprimere i flussi lordi in entrata/uscita: • flussi derivanti dall’attività operativa: è il complesso dei movimenti di liquidità che derivano dall’acquisizione/produzione/distribuzione di beni e della fornitura di servizi, anche se provenienti da gestioni accessorie, e altri flussi non ricompresi nelle attività di investimento e finanziamento; normalmente questo flusso include gli oneri finanziari • flussi finanziari derivanti da attività di investimento: sono flussi che derivano dall’acquisto o la vendita delle immobilizzazioni e dalle attività finanziarie non immobilizzate • flussi finanziari derivanti dall’attività di finanziamento: sono flussi che comprendono movimenti finanziari che derivano dall’ottenimento o la restituzione di disponibilità liquide sotto forma di capitale di rischio o di debito. La logica seguita dal prospetto è sintetizzabile in alcune domande: • flussi della gestione operativa: l’azienda ha prodotto liquidità grazie alla gestione operativa o questa ha assorbito risorse finanziarie? Questa liquidità è stata prodotta/assorbita? La liquidità prodotta è sufficiente a coprire il fabbisogno generato dai nuovi investimenti e dal rimborso dei finanziamenti? • flussi da attività di investimento: qual è il valore degli investimenti realizzati nell’esercizio? La gestione degli investimenti ha assorbito liquidità, oppure ha rappresentato una fonte di risorse finanziarie? L’attività operativa ha prodotto un flusso di liquidità sufficiente a far fronte al fabbisogno generato dall’attività di investimento? • flussi da attività di finanziamento: l’azienda ha raccolto nuovo capitale? Se sì, da quali fonti? Quanto proviene da soci e quanto da finanziatori esterni? Dettagliare in diverse categorie il flusso di liquidità complessivamente realizzato nell’esercizio permette di valutare come esso sia stato ottenuto. La situazione ideale si verifica quando l’impresa è in grado, attraverso l’attività lavorativa, di generare liquidità in misura tale da consentire di realizzare il proprio piano di investimenti e, al tempo stesso, far fronte al rimborso dei finanziamenti. La struttura del rendiconto finanziario non contrappone le entrate alle uscite, bensì espone in sequenza tre tipologie di flussi con significato economico diverso, quindi il prospetto ha forma scalare. Struttura generale del rendiconto finanziario Flusso finanziario dell’attività operativa Flusso finanziario dell’attività di investimento Flusso finanziario dell’attività di finanziamento x y z Flusso complessivo FC (x + y + z) Disponibilità liquide all’inizio dell’esercizio A Economia aziendale – G. Modugno 32 Disponibilità liquide al termine dell’esercizio B = A + FC Calcolo e rappresentazione del flusso finanziario dell’attività operativa |6.1.3 Il flusso dell’attività operativa può essere determinato secondo due modalità. Con il metodo indiretto: consiste nel rettificare il reddito d’esercizio per trasformarlo in un flusso di liquidità. Il reddito non corrisponde al flusso di liquidità per quattro ragioni: • alcuni ricavi non corrispondono a entrate dell’esercizio, questi ricavi contribuiscono a formare il reddito ma non incidono sui flussi di liquidità, per cui vanno sottratti al reddito per pervenire al flusso • alcuni costi non corrispondono a uscire dell’esercizio, questi costi incidono sul reddito ma non sul flusso di liquidità • alcune uscite dell’attività lavorativa non corrispondono a costi, questo uscite riducono i flussi di cassa, ma non incidono sul reddito: il loro valore deve essere sottratto al reddito per determinare il flusso di liquidità • alcune entrate della gestione operativa corrispondono a ricavi dell’esercizio, queste poste incrementano i flussi di cassa, ma non contribuiscono alla formazione del reddito. Con tale metodo si giunge alla dimostrazione della variazione complessiva della liquidità riscontrabile nello statuto patrimoniale a fatti comparati, così facendo il rendiconto funge da ponte tra statuto patrimoniale e conto economico. Con il metodo diretto: questo metodo consiste nel derivare le entrate dai ricavi e, rispettivamente, le uscite dai costi. Per perseguire questa operazione è necessario considerare l’effetto dei crediti: una crescita degli stessi nell’esercizio fa sì che le entrate risultino inferiori ai ricavi dell’esercizio, mentre una loro riduzione indica che l’impresa è riuscita ad incassare i ricavi dell’esercizio, nonché parte dei crediti esistenti all’inizio dell’anno. La lettura risulta molto più agevole con questo metodo, infatti il prospetto presenta direttamente entrate ed uscite classificate per natura. Per il flusso finanziario dell’attività di investimento il prospetto indica quale sia la genesi di tale flusso, specificando 5 possibili fonti/impieghi di liquidità: • 1-3: investimenti o cessioni di immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie • 4: acquisizioni/cessioni di attività finanziarie non immobilizzate • 5: acquisizione o cessione di società controllate o di rami d’azienda al netto delle disposizioni liquide. I flussi finanziari dell’attività di finanziamento comprendono i flussi che derivano dall’ottenimento/restituzione di disponibilità liquide sotto forma di capitale di rischio o di debito. La categoria dei flussi è riferita ai rapporti con i portatori di capitale, alcuni esempi sono incassi derivanti dall’emissione di azioni/quote rappresentative del capitale di rischio meno il pagamento dei dividenti, il pagamento per il rimborso di capitale di rischio, ecc. La nota integrativa |6.2 La nota integrativa integra le informazioni desumibili dai prospetti numerici, spiegando analiticamente il contenuto di stato patrimoniale e conto economico e fondendo altresì ulteriori informazioni che consentono una migliore comprensione della situazione economico-finanziaria dell’impresa. Quindi la nota integrativa svolge una duplice funzione: completa i dati forniti attraverso gli schemi di stato patrimoniale e conto economico e ne integra i contenuti informativi. La funzione integrativa della nota è quella di integrare i contenuti informativi dei precedenti prospetti di bilancio e si realizza fornendo informazioni che per loro natura non sono inseribili negli schemi di stato patrimoniale e conto economico. La funzione esplicativa della nota è quella di completare i dati forniti nei precedenti prospetti in bilancio OIC n.12. L’informativa di richiesta in nota integrativa si distingue in: • informativa di contenuto strettamente contabile, volta a spiegare il contenuto delle singole voci di bilancio • informativa utile a valutare l’andamento dell’azienda. La nota insieme a stato patrimoniale e conto economico costituisce il contenuto minimo del bilancio. Alcuni aspetti che devono essere affrontati nella nota sono: • i criteri applicati nella valutazione delle voci di bilancio/rettifiche di valore/conversione dei valori non espressi all’origine in moneta avente corso legale nello stato Economia aziendale – G. Modugno 35 assoggettamento a IRES del reddito prodotto. Per determinare l’oggetto esclusivo/principale dell’ente residente occorre far riferimento a: • legge • atto costitutivo o statuto (se esistenti in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata) • attività effettivamente esercitata (se atto costitutivo e statuto non sono redatti nelle forme sopracitate). Residenza: si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta, quindi metà più uno dei giorni che lo compongono, hanno sede legale o la sed dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello stato. Il nostro sistema tributario si basa sul concetto del Worldwide principle, secondo cui il reddito ovunque prodotto da un soggetto fiscalmente residente in Italia, è soggetto qui a tassazione, quindi è un principio introdotto per evitare la doppia tassazione (ci sono degli accordi tra stati per evitare questo fenomeno). Per i soggetti non fiscalmente residenti si applica un criterio di territorialità, quindi paga le imposte unicamente per il reddito prodotto qui. Individuare la sede amministrativa è una cosa complessa e le dispute per identificare la sede in cui vengono prese le decisioni strategiche per la guida dell’impresa vengono risolte davanti all’amministrazione finanziaria. I principi generali nella determinazione del reddito di impresa declinati per i soggetti IRES |5.6 Il primo principio da tenere presente nella determinazione del reddito di impresa ai fini IRES è il principio di attrazione, in base al quale tutti i redditi prodotti da un soggetto esercente un’attività commerciale concorrono unitariamente a definire il reddito d’impresa. Per la determinazione della base imponibile, va considerato inoltre, il principio della competenza fiscale, che è solo parzialmente sovrapponibile a quello civilistico: costi e ricavi vanno imputati all’esercizio di competenza nel rispetto di alcune regole definite: il legislatore tributario individua per ogni esercizio un autonomo periodo fiscale, al quale corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma. L’esercizio fiscale non necessariamente corrisponde all’anno solare e possono esserci attività economiche che hanno esercizi intermedi rispetto a quello solare. Dal punto di vista fiscale c’è una difformità in merito al momento in cui i componenti negativi assumono rilevanza dal punto di vista reddituale: ricavi e costi e altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza, tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni. Ci sono dei criteri specifici per identificare la competenza nelle cessioni di beni e nelle prestazioni di servizi. Per quanto concerne i primi, l’esercizio di competenza viene individuato in base alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e a quella della stipulazione dell’atto per beni immobili e aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Con riferimento alle prestazioni di servizi, i corrispettivi delle prestazioni o i costi di acquisto si imputano ai fini fiscali all’esercizio in cui le prestazioni sono ultimate, oppure alla data di maturazione dei corrispettivi. L’imputazione per competenza dei costi non basta di per sé a garantire la deducibilità, risulta necessario anche che sia rispettato il requisito dell’inerenza. L’inerenza è una caratteristica che correla la possibile deducibilità fiscale di un componente negativo di reddito all’attività esercitata dalla società, al fine di evitare la deduzione di costi esclusi o non attinenti alla sfera dell’attività imprenditoriale esercitata. Le spese e gli altri componenti negativi sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. L’inerenza è un concetto da guardare in negativo con l’obiettivo di escludere la deducibilità dei costi estranei all’attività d’impresa, destinati al consumo personale dell’imprenditore, soci, …, costi che nulla hanno a che fare con il ciclo economico dell’impresa. La determinazione del reddito complessivo e il rapporto delle perdite (artt. 83 e 84 TUIR) |5.7 Economia aziendale – G. Modugno 36 L’art. 83 del TUIR stabilisce che il reddito complessivo imponibile è determinato apportando: • variazioni in aumento • variazioni in diminuzione al risultato rilevato dal conto economico, il quale è redatt0 al fine di adempiere agli obblighi di natura civilistica. Con tale disposizione di calcolo si è introdotto quello che ha preso il nome di principio di derivazione parziale, ovvero il principio secondo cui il reddito imponibile derivato partendo dal risultato di bilancio cui si apportano le variazioni utili a tenere in considerazione i dettami posti dal legislatore fiscale in merito alla deducibilità di costi e imponibilità di ricavi/componenti positive di reddito. L’IRES è una imposta proporzionale, cioè calcolata in base ad una percentuale fissa che si applica sul reddito complessivo netto per periodo d’imposta corrispondente all’esercizio o al periodo di gestione. I costi in tutto o in parte non riconosciuti fiscalmente vanno sommati (come variazioni in aumento) al risultato civilistico ante imposte per determinazione di reddito imponibile del periodo, quindi sono costi indeducibili o parzialmente deducibili. I ricavi non fiscalmente considerati nel calcolo del reddito imponibile e i costi non dedotti in precedenti esercizi sono sottratti al reddito ante imposte come variazioni in diminuzione. Tali variazioni possono condurre ad un reddito imponibile maggiore o inferiore a quello civilistico. Se l’applicazione di tali variazioni comporta un risultato negativo si ha una perdita fiscale, che può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi di imposta successivi in misura non minore all’80% del reddito imponibile dell’esercizio corrente. Non c’è questo limite dell’80% se le perdite sono state realizzate nei primi 3 periodi di imposta di vita di un’impresa. Peculiarità nel trattamento fiscale delle componenti reddituali |5.8 Le componenti positive del reddito nel TUIR possono essere classificate alternativamente: • ricavi: sia quelli dell’attività d’impresa sia quelli che escono da tale attività • plusvalenze: scaturiscono dalla cessione di immobilizzazioni (plusvalenze realizzate) o dalla rivalutazione di queste (plusvalenze non realizzate; concorrono alla formazione del reddito solo le prime • sopravvenienze attive: proventi conseguiti a fronte di componenti negative dedotte in esercizi precedenti e maggiori proventi conseguiti rispetto a quelli che hanno già concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, ma anche le insussistenze di spese, perdite e oneri dedotti o di passività iscritte in bilanci precedenti • dividendi e interessi: dividendi esclusi da tassazione per il 95% (solo il 5% è tassato), questo per evitare la doppia tassazione. Per accedere all’esenzione bisogna rispettare specifiche esenzioni: - durata del possesso della partecipazione minore o uguale a 12 mesi - iscrizione nell’attivo di bilancio nelle immobilizzazioni finanziarie - la partecipata non deve risiedere in un paese soggetto a fiscalità privilegiata - la partecipata deve svolgere un’attività qualificabile come commerciale ex art. 55 del TUIR le ultime due condizioni hanno scopo antielusivo e devono essere riscontrate per almeno 3 anni precedenti alla vendita • proventi immobiliari • variazioni delle rimanenze: concorrono a formare il reddito dell’esercizio; i criteri di valutazione delle rimanenze sono i soliti LIFO, FIFO, CMP. Minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite su crediti |5.9 Le componenti negative del reddito nel TUIR possono essere classificate alternativamente: • minusvalenze: possono essere generate dalla cessione di beni ad un valore inferiore a quello di iscrizione diverso da quello destinato alla vendita • sopravvenienze passive deducibili: le componenti negative connesse al mancato conseguimento di ricavi o altri proventi che avevano costituito proventi imponibili in precedenti esercizi. Le variazioni da apportare al risultato di esercizio per la determinazione del reddito imponibile: cenni |5.10 Economia aziendale – G. Modugno 37 Tra le variazioni in aumento si considerano: • per le plusvalenze realizzate sulla cessione di beni relativi all’impresa è possibile optare per la tassazione integrale nell’esercizio di realizzo oppure, se i beni sono stati posseduti per un tempo non inferiore a 3 anni, per un’imponibilità rateizzata sin ad un massimo di 5 esercizi • i redditi derivanti dagli immobili detenuti a scopo di investimento non sono tassati sulla base dei valori iscritti a bilancio, ma sulla base dei ricavi prodotti con gli affitti abbattuti di una quota del 15% • per i compensi degli amministratori vige un principio di deducibilità per cassa: i compensi risultano deducibili sono quando sono pagati. Tra le variazioni in diminuzione si considerano invece: • le plusvalenze esenti su partecipazioni che rispettino i requisiti per la partecipation exemption sono imponibili sono in misura pari al 5%, quindi il 95% della plusvalenza costituisce una variazione diminutiva • anche i dividendi sono imponibili solo in misura pari al 5% e contribuiscono a formare la base imponibile quando incassati, quindi c’è una variazione diminutiva per il 95% e il rilevamento a livello fiscale solo al momento dell’incasso. L’IRES dovuta per l’esercizio, che non corrisponde all’IRES calcolata sull’utile prima delle imposte. Consolidato fiscale nazionale |5.11 Consente ai gruppi di imprese di optare per un sistema di tassazione di gruppo secondo il quale risulta possibile sommare tra loro utili e perdite fiscali realizzati dai diversi soggetti appartenenti al gruppo stesso. Imposte correnti e differite (attive e passive) |5.12 Con i bilanci chiusi al 31 dicembre 2016 è entrato in vigore il nuovo Principio contabile OIC n. 25 relativo alle imposte sul reddito. Il principio si occupa di definire i criteri con cui tali imposte, definite “correnti”, devono trovare rappresentazione nel conto economico e nello stato patrimoniale della società, inoltre tratta anche la rilevazione delle imposte definite come differite attive e differite passive. Le imposte correnti sono imposte dovute sul reddito imponibile dell’esercizio. Per poter parlare di imposte differite bisogna rilevare il fatto che anche le imposte sul reddito vanno iscritte secondo il criterio di competenza e l’ammontare di imposte correnti non è uguale a quello delle imposte di competenza. La fiscalità differite trae origine da differenze temporanee imponibili (le imposte differite) e differente temporanee deducibili (le imposte anticipate), tra il risultato dell’esercizio nel conto economico e il reddito imponibile calcolato per il conteggio delle imposte dirette correnti. Le imposte differite sono imposte che pur essendo di competenza dell’esercizio sono dovute in esercizi futuri. Le imposte anticipate si generano in presenza di differenze temporanee che per effetto della norma fiscale non sono dedotte integralmente nell’esercizio corrente, ma in esercizi successivi (es. si considerano i compensi agli amministratori rilevati per competenza in un esercizio ma pagati, e quindi con rilevanza fiscale, nell’esercizio successivo), consentono di recuperare al risultato civilistico le maggiori imposte dovute nell’esercizio in corso. Solo differenze temporanee danno origine ad imposte differite, le differenze permanenti non comportano alcuna fiscalità differita, poiché non verranno mai riassorbite nel conteggio del reddito imponibile negli esercizi successivi. es. pag 178 Analisi di bilancio mediante indici Il bilancio d’esercizio mira a fornire una e stima del patrimonio dell’impresa del reddito prodotto e consente di conoscere importanti caratteristiche dell’impresa per valutarne la situazione economico finanziaria. Quindi è possibile individuare punti di debolezza dell’impresa e fare previsioni sulle performance future. Quindi il bilancio d’esercizio non è solo un documento da predisporre per adempiere a precise disposizioni normative, è uno strumento indispensabile per il management, per gli azionisti, per le banche che erogano finanziamenti o peri fornitori che intendono valutare la solvibilità dei propri clienti. Economia aziendale – G. Modugno 40 Obiettivi dell’analisi di bilancio e conseguente classificazione degli indici |7.2.3 L’analisi di bilancio ha lo scopo di evidenziare i punti di forza e debolezza dell’impresa sul piano economico-finanziario. Gli ambiti di indagine dell’analisi sono quattro: I. analisi dell’equilibrio finanziario di breve termine: le entrate di liquidità sono tali da consentire all’impresa di far fronte alle uscite di liquidità conseguenti agli impegni assunti? II. analisi della redditività: la redditività è aumentata o diminuita? È soddisfacente? Quali sono le cause del suo andamento? III. analisi dell’equilibrio patrimoniale: il livello di indebitamento finanziario è sostenibile, oppure vi è un eccessivo ricorso al capitale di terzi? IV. rischio: considerato il settore in cui l’impresa opera e considerati i valori che emergono dal bilancio, è possibile comprendere a quali rischi risulta particolarmente soggetta? Quali indicatori ci possono aiutare in questo senso? L’importanza da attribuire a ciascuno di questi aspetti dipende anzitutto dalla prospettiva adottata dall’analista. Ad ogni ambito di indagine corrispondono rispettivi indici, individuabili nelle seguenti classi: I. indici per l’analisi dell’equilibrio finanziario a breve e per l’analisi della gestione operativa del capitale circolante II. indici di redditività III. indici per valutare la struttura finanziaria complessiva dell’impresa IV. indicatori di rischio. Analisi verticale e orizzontale Verticale: è solo su una sezione dello stato patrimoniale (investimenti o finanziamenti), che però non è sufficiente per ottenere una diagnosi corretta sulla situazione finanziaria d’impresa à occorre correlare voci delle due sezioni. Orizzontale: confronto fato in relazione all’andamento di ogni singola classe di bilancio nel corso degli esercizi, per valutare incremento o riduzione in ermini percentuali à è utile per vedere i punti di debolezza. Analisi dell’equilibrio finanziario di breve termine |7.3 Nel giudizio complessivo sullo “stato di salute” dell’impresa, assume particolare importanza l’indagine sull’equilibrio finanziario di breve termine. Attraverso di esso si capisce se l’impresa disponga di risorse necessarie per far fronte agli impegni finanziari con scadenza nei dodici mesi successivi (lo squilibrio potrebbe comportare conseguenze negative diverse, come ad esempio l’interruzione degli approvvigionamenti, l’interruzione dei finanziamenti, ecc). Per analizzarlo bisogna fare il confronto tra le poste che compongono le attività correnti (che possono essere trasformate in moneta entro l’esercizio) e i debiti correnti (passività esigibili entro breve termine. Ci sono vari indici a proposito: • quick ratio • current ratio • indice di liquidità immediata. Liquidità + crediti Debiti a breve Quick ratio (o acid test) (indice di liquidità immediate e differita Attivo corrente Passivo corrente Current ratio (indice di disponibilità) Liquidità Debiti a breve Indice di liquidità immediata Quick ratio: esprime la capacità dell’impresa di far fronte ai propri debiti a breve termine con risorse finanziarie già disponibili, oltre che di quelle di cui verrà a disporre nei mesi successivi incassando i crediti in essere alla data di bilancio. Si calcola: LIQUIDITÀ + CREDITI – DEBITI A BREVE Economia aziendale – G. Modugno 41 Il rapporto risulta maggiore o uguale a 0. Se risulta uguale a 1 la liquidità di cui l’impresa verrà a disporre nell’arco dell’esercizio successivo sarà pari ai flussi di cassa in uscita causati da impegni assunti con scadenza breve. Quindi in modo semplicistico: • quick ratio < 1: può segnalare una situazione di tensione finanziaria • quick ratio > 1: può segnalare una situazione di equilibrio. I limiti della quick ratio: fornisce un’indicazione di sintesi circa l’equilibrio tra risorse finanziarie di cui l’azienda verrà a disporre e di quelle di cui dovrà privarsi nel prossimo esercizio, ma non informa sulle scadenze dei crediti o debiti a breve. Quindi potrebbe accadere che l’equilibrio finanziario non sia garantito pur essendo il quick ratio maggiore di 1, perché l’intero ammontare di crediti esigibili abbia scadenza nel secondo semestre del prossimo esercizio e i debiti invece debbano essere pagati all’inizio. Il quick ratio richiama il concetto di margine di tesoreria (liquidità + crediti – debiti a breve). Current ratio: relazione tra attivo e corrente e debiti a breve termine. Si calcola: ATTIVO CORRENTE – PASSIVO CORRENTE Anche qui il valore di riferimento è 1: • current ratio < 1: attività aziendali trasformabili convenientemente in moneta; entro l’esercizio risultano superiori alle passività esigibili • current ratio > 1: l’impresa non sarebbe in grado di far fronte ai propri debiti correnti pur trasformando le disponibilità esistenti al 32/12 in liquidità nel corso del prossimo esercizio (= parte delle immobilizzazioni è finanziata con debiti a breve). Il current ratio richiama il concetto di capitale circolante netto (attivo circolante – passività a breve termine). Immobilizzazioni Patrimonio netto Attivo circolante Passività a lungo termine Passività a breve termine (esigibilità) Confrontando le componenti negative e positive operative (crediti operativi – debiti operativi) si ottiene il capitale circolante netto operativo. Le leve a gestione del management per la gestione del CCN operativo sono: • rotazione delle scorte: problema complesso, le informazioni a bilancio non sono sufficienti per esprimere un giudizio definitivo sulla politica di magazzino dell’impresa (non sempre l’aumento di scorte è un buon segnale per l’impresa). Esistono alcuni indici di durata delle scorte: scorte/ricavi di vendita x 365 = indice di durata delle scorte rimanenza materie/consumi materie x 365 = indice di durata rimanenze materie + rimanenza prodotto/ricavo di vendita x 365 = indice di durata rimanenze prodotti. Comunque questi sono tutti indici puramente indicativi • tempi di pagamento dei debiti di fornitura/commerciali: anche per i debiti si può calcolare un’indicazione di massima dei tempi medi di pagamento. Debiti verso fornitori/(costo di acquisto della materia + servizi) x 365 = indice di durata media dei debiti verso i fornitori • tempi medi di incasso dei crediti: anche per i crediti si può calcolare un’indicazione di massima dei tempi medi di incasso. Crediti verso la clientela/ricavi di vendita x 365 = dso (= days of sales outstanding ratio). Indice di liquidità immediata: è poco usato. Si calcola: LIQUIDITÀ – DEBITI A BREVE. Analisi dell’equilibrio patrimoniale di lungo periodi |7.5 Il giudizio sulla struttura patrimoniale-finanziaria dell’impresa non sarebbe completo senza un esame dell’equilibrio esistente tra le poste di bilancio riferite al lungo termine. Quindi si tratta di capire se: • l’impresa adotta una politica di finanziamento coerente con la composizione del fabbisogno (investimenti) Economia aziendale – G. Modugno 42 • l’impresa presenta sufficienti garanzie sotto il profilo della capitalizzazione, ovvero se risulta sottocapitalizzata. L’obiettivo è quello di individuare eventuali segnali di debolezza nel confronto tra fonti di finanziamento e composizione degli investimenti che tali fonti necessitano. Un’appropriata relazione strutturale fra fabbisogni di capitale derivante dai diversi impieghi e provviste di capitale derivanti dalle diverse fonti è pur sempre necessaria per non incorrere in pericolose tensioni finanziarie. Indici di copertura delle immobilizzazioni • indice di copertura delle immobilizzazioni con patrimonio netto (patrimonio netto fratto immobilizzazioni): in quale misura il fabbisogno di finanziamento costituito dalle immobilizzazioni è coperto dal patrimonio dei soci. Non c’è un valore di riferimento, se il valore è minore di 1, significa che il patrimonio netto finanzia interamente le immobilizzazioni + parte delle attività correnti (la maggioranza delle imprese però si trova nella situazione opposta) • indice di copertura delle immobilizzazioni con fonti di capitale a lungo termine (patrimonio netto più debiti a lungo termine fratto immobilizzazioni): indice legato al current ratio • indici che forniscono un’informazione simile: margine di struttura (patrimonio netto meno immobilizzazioni). L’analisi di redditività |7.6 Obiettivi dell’analisi di redditività |7.6.1 L’analisi di redditività ha diverse finalità. Anzitutto occorre valutare qual è il contributo dei diversi ambiti della gestione alla formazione del risultato dell’esercizio. In questa prospettiva, si potrebbero percorrere due strade: • suddividere la gestione in modo tale da estrapolare il margine generato dal business principale dell’impresa, quello riferibile alle gestioni accessorie e infine separare le componenti straordinarie di cui venga data notizia nella nota integrative à strada che non ha preso piede perché non da certezza • suddividere le componenti reddituali in ricavi e costi operativi da un lato e proventi e oneri finanziari dall’altro, distinguendo le componenti straordinarie per garantire la comparabilità della performance nel tempo e nello spazio à dà certezza. In seconda battuta l’analisi di redditività deve indagare le cause che hanno determinato eventuali flessioni nella redditività dell’impresa. Infine, il confronto con le performance passate e, eventualmente, con gli obiettivi definiti nel budget, nonché con quelle dei competitors, è fondamentale per poter esprimere una valutazione sui risultati ottenuti nell’esercizio. Al fine di procedere con l’analisi di reddittività, è opportuno procedere con l’analisi costi-volumi- risultati, cioè il modello del punto di pareggio/break even point, che fornisce una chiave interpretativa sull’andamento della redditività aziendale in funzione dell’analisi della composizione dei costi d’impresa. Analisi costi-volumi-risultati |7.7 Relazioni fondamentali |7.7.1 La redditività di un’impresa dipende dal livello di ricavi e costi che, a loro volta, dipendono da molteplici variabili: l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, il livello di concorrenza presente nel settore, il rapporto tra domanda e offerta dei beni/servizi oggetto dell’attività dell’impresa, il potere negoziale nei confronti dei fornitori, ecc. Costi di produzione = CF + cvu x Q, in cui: • CF sono i costi fissi di produzione, il cui ammontare non dipende dalla quantità prodotta • Cvu: costo variabile unitario di produzione, costo che l’impresa sostiene per produrre ogni unità aggiuntiva di prodotto • Q: quantità di prodotto finito in un determinato periodo di tempo da qualsiasi impresa. Ricavi di vendita = p (prezzo di vendita di un’unità) x Q. Reddito conseguito dall’impresa = (p – cvu) x Q – CF. Economia aziendale – G. Modugno 45 Indica la redditività del capitale proprio (quanti euro di utile o perdita sono stati prodotti nell’esercizio ogni 100 investiti dai soci). Il ROE dipende da tre fattori: • ROA • grado di autonomia finanziaria dell’impresa, che esprime in quale misura l’azienda dipende dal capitale dei terzi (maggiore è il rapporto tra totale attivo e patrimonio netto, minore è il grado di autonomia aziendale) • incidenza degli oneri finanziari. Il ROE è legato alla redditività degli investimenti aziendali e la struttura finanziari adottata dall’impresa, quindi la possibilità di aumentare la redditività più del capitale investito dai soci dipende dalle decisioni che incidono sul ritorno economico ottenibile dagli investimenti e dalle scelte adottate sulla struttura finanziaria. 𝑅𝑂𝐸 = 𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑃𝑁 L’analisi dei rischi attraverso gli indici di bilancio |7.11 Tra le varie dimensioni da considerare c’è quella di individuare i vari rischi a cui l’impresa può essere soggetta e si può fare anche guardando il bilancio. La relazione sulla gestione spesso fornisce indicazioni sulle principali categorie di rischi affrontati dall’impresa, tra i vari: • calo della domanda (à comporta la perdita della redditività) • aumento dei prezzi dei fattori produttivi • insolvenza da parte dei clienti • oscillazione dei cambi • default (incapacità di far fronte alle obbligazioni assunte) • mercati di sblocco (à “rischio Paese”) • comportamenti opportunistici di dipendenti o degli amministratori • agenti atmosferici • cambiamenti normativi. Sebbene il rischio sia implicito in molte analisi, alcuni indicatori consentono di segnalare efficacemente ed in modo sintetico l’entità di alcuni rischi. Il sistema di allerta dello stato di crisi è una condizione di default definita in termini generali come insolvenza dell’impresa e viene ricondotta al verificarsi per tre anni successivi di uno dei seguenti eventi: • dichiarazione di fallimento • presentazione di richiesta di concordato preventivo • presentazione di un ricorso per omologa di accordi di ristrutturazione o di un ricorso prenotativo • apertura della liquidazione coatta amministrativa • apertura di una procedura di amministrazione straordinaria. Lo stato di crisi è ragionevolmente presumibile in considerazione della presenza di tre segnali: • patrimonio netto negativo o inferiore al minimo legale previsto per il capitale sociale • rapporto copertura servizio debito (DSCR) inferiore a 1 • superamento congiunto delle soglie descritte per 5 indici (indici segnaletici per lo stato di crisi dell’impresa). DSCR: debit service coverage ratio; indice che presuppone un’analisi prospettiva dei flussi di cassa dell’impresa, è il confronto tra tutte le risorse disponibili nei sei mesi successivi con il valore delle uscite complessivamente previste per il rimborso dei debiti finanziari. La valutazione d’azienda Aspetti generali |8.1 Il bilancio non ha la finalità di esprimere il valore economico dell’impresa, infatti il patrimonio è stimato adottando il postulato di prudenza, ma molte regole vengono meno quando la finalità della stima muta, cioè quando si valuti il patrimonio in condizioni che non rappresentano il normale funzionamento dell’impresa. La valutazione dipende dalla finalità del processo di stima, che è un processo complesso. Economia aziendale – G. Modugno 46 Colui che valuta utilizza criteri e metodi, che spesso portano a risultati diversi, quindi è necessario partire dal fine valutativo, dalle caratteristiche dell’oggetto da stimare e dall’orizzonte temporale nel quale la stima si va ad inquadrare. Le motivazioni alla base del processo di stima sono varie: • conferimento ramo d’azienda/partecipazione • acquisto vendita • fusione o scissione societaria • quotazione azioni di una società sul mercato di borsa. Ci sono molti stakeholders interessati alla misurazione del valore economico generato/distrutto dall’impresa: • soci • fornitori • clienti • dipendenti • enti creditizi e investitori istituzionali e non. Da ciò deriva che sia necessario che i sistemi di valutazione si fondino su principi comunemente accettati e riconosciuti per poter raggiungere risultati quanto più condivisi, infatti la corretta redazione del bilancio è base imprescindibile per la valutazione d’impresa. Prezzo ¹ valore. Il processo di attribuzione di valore comprende aspetti anche emotivi. Il processo di attribuzione del prezzo è definito con certezza nel momento in cui il valore percepito da chi vende si incrocia con il sacrificio monetario che l’acquirente è disposto a sopportare. La capacità dell’impresa di creare valore è la condizione da verificare in una prospettiva di lungo periodo. Indicatori come ROI e ROE non sono misure adeguate, poiché derivano dal dato di bilancio che riflettono implicitamente una logica di breve periodo. I modelli per la misurazione del valore prodotto si basano sul fatto che la gestione debba generare un ritorno sul capitale investito superiore al costo medio del capitale raccolto (l’impresa per creare valore nel lungo periodo deve far fruttare il capitale investito netto in misura tale da remunerare adeguatamente tutti i finanziatori, inclusi soci, conservando un margine per la propria crescita). L’individuazione del metodo di valutazione |8.1 Qual è il più adatto? Un metodo non esclude l’altro. La decisione è influenzata dal contesto e dal momento in cui si attua la valutazione e l’esperienza del valutatore. Il metodo patrimoniale |8.4 Consiste nell’esaminare le singole voci di bilancio e nell’operare rettifiche in aumento o diminuzione allo scopo di riesprimere a valore corrente il patrimonio netto. Si stima il patrimonio netto aziendale esprimendolo a valori correnti/di mercato, in un’ottica continuativa. Attivo rettificato – Passivo rettificato = Patrimonio netto rettificato. Metodo che ha come fulcro il PN Principale vantaggio: maggior grado di certezza, sono valutazioni quanto più oggettive e verificabili, perché tale metodologia si rifà ai valori di mercato intesi come valori di realizzo in normali condizioni di funzionamento (no aleatorietà). Nota integrativa e relazione sulla gestione sono supporti validi per questo metodo. La dottrina non sempre è concorde all’utilizzo di questo metodo: • secondo alcuni l’approccio è insufficiente a fornire una valutazione completa ed efficace, ma è utile come base di partenza • secondo altri è un metodo che può fornire una valutazione completa solo se l’impresa ha benefici di flussi reddituali costanti. Per determinare il valore corrente si usano solitamente tre metodologie: • valore di presumibile realizzo: per gli elementi dell’attivo destinati ad operazioni di cessione • valore di sostituzione/ricostruzione: per le immobilizzazioni strumentali (utili al processo di produzione/vendita) • valore di presumibile estinzione: per gli elementi del passivo. Economia aziendale – G. Modugno 47 Questo è un metodo che si divide in due: • semplice: non tiene conto della valutazione dei beni immateriali non iscritti a bilancio, quindi solo gli assets iscritti 𝑊 = 𝐾t + (𝑅 − 𝐼) W: valore dell’impresa Kt : valore capitale R: rettifiche di valore I: effetto fiscale sulle rettifiche T: aliquota d’imposta Effetto fiscale: (t x R) considerato come onere fiscale, in quanto plus/minusvalori latenti che vengono fatte emergere nel processo di valutazione. La dottrina non è unanime sulle modalità di individuazione della base imponibile di queste imposte latenti. • complesso: tiene conto anche degli intangibile assets, il cui valore può essere desunto sia dai costi sostenuti in passato per l’ottenimento sia dai prevedibili benefici economici ottenibili 𝑊 = 𝐾𝑡 + (𝑅 − 𝐼𝑟) + (𝐵 − 𝐼𝐵) Ir: effetto fiscale sulle rettifiche di valore B: valore dell’attività immateriali rilevate con il processo di stima Ib: effetto fiscale sul valore delle attività immateriali emerse dal processo di valutazione. Per valutare gli intangible assetes: - valore di mercato - se no, ci sono procedimenti alternativi: o costo di sostituzione: valutare quanto costerebbe ricostruire il bene o capitalizzazione dei costi effettivamente sopportati à estrapolati dei valori considerati alla stregua di investimenti da rivalutare per tenere conto del periodo di tempo passato tra il sostenimento degli stessi e la data di valutazione o costo della perdita: attualizzazione dei benefici economici attesi: stimare il valore in base alle royalties ottenibili dai terzi quali ne fosse concesso l’uso. Il metodo basato sui risultati attesi |8.5 L’idea di fondo è che il patrimonio non ha valore in sé, ma lo trae dai benefici economici che sarà in grado di generare nel tempo. Stimare l’impresa sulla base dei flussi potrebbe produrre negli esercizi futuri. Il valore del patrimonio dipende dal ritorno ottenibile dallo stesso sotto forma di redditi futuri o di flussi di liquidità. È una stima che parte dai prospetti di bilancio + il business plan, che raccoglie tutti gli elementi qualitativi e quantitativi utili alla valutazione dell’impresa, nonché le informazioni utili a comprendere la strategia programmata (solitamente copre archi temporali di 3/5 anni, per ridurre l’alea). È un approccio utilizzato per valutare la convenienza di investimenti nel lungo periodo, serve a confrontare il valore dei flussi di cassa e/o economici attesi dall’investimento con quello del capitale da investire. La stima è diversa a seconda che si dia rilevanza a: • flusso economico (ricavi – costi) à metodo reddituale margine di riferimento: risultato economico operativo oppure l’EBIT • flusso finanziario (entrate – uscite) à metodo finanziario margine di riferimento: MOL. In quest’ottica valutativa quanto accaduto in passato è base di partenza per prevedere le performance future. Attenzione! Poiché la stima del valore è legata a risultati attesi, il valutatore deve essere attento nell’utilizzare i dati forniti e deve restare indipendentemente dalla valutazione à il piano deve essere redatto da un terzo. Il metodo misto patrimoniale-reddituale |8.6 Coniuga il punto di vista statico e oggettivo del metodo patrimoniale con quello prospettico e dinamico del metodo reddituale à il valore economico dell’azienda scaturisce dalla somma tra il patrimonio netto rettificato e il valore di avviamento inteso come insieme dei sovra redditi futuri attualizzati che l’impresa potrà verosimilmente conseguire, rispetto a quelli medi ottenibili da imprese appartenenti al medesimo settore.
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