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Riassunto Informazione e Potere - Mauro Forno, Sintesi del corso di Storia del Giornalismo

Riassunto del libro informazione e potere di Mauro Forno

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 11/05/2021

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Scarica Riassunto Informazione e Potere - Mauro Forno e più Sintesi del corso in PDF di Storia del Giornalismo solo su Docsity! INFORMAZIONE E POTERE – FORNO Riassunto Origini del giornalismo 1450 – 1456 | Gutenberg stampò il primo esemplare di bibbia in latino a caratteri mobili. Quest’innovazione modifica le dinamiche all’interno del mondo editoriale perché fino ad allora quando si stampava una pagina si partiva da una matrice fissa, mentre in questo modo i caratteri sono riutilizzabili, rendendo estremamente elastico il sistema. Gutenberg stampò circa 150 copie della prima bibbia, ma da quel momento ci fu un’esplosione dell’attività editoriale: da lì alla fine del secolo furono stampati circa trentamila titoli diversi utilizzando i caratteri mobili. È importante perché per tre secoli non cambiò quasi nulla a livello tipografico, solo all’inizio dell’800 realizzarono delle nuove tecniche. A questi primi volumi fu dato il nome di ”Incunaboli” (dal latino culla). Gli effetti concreti furono: • Una riduzione dei tempi e delle spese di produzione, • Permise la diffusione dei libri anche al di fuori delle biblioteche, perciò un accesso privato alla lettura, • Aumento del peso specifico della parola scritta rispetto a quella parlata, • Favorì un processo di alfabetizzazione e standardizzazione delle lingue nazionali togliendo il lavoro esclusivo degli amanuensi, • Diventarono una delle prime merci riproducibili in serie e causò indirettamente uno sviluppo del settore giornalistico. La diffusione delle informazioni ha delle radici molto lontane, sia a Roma che in Cina dal settimo secolo la diffusione del bollettino di palazzo era abbastanza diffusa. Con Gutenberg vengono introdotti i primi germi di quello che poi verrà inteso come giornalismo. In Italia attorno al 1470 si svilupparono i primi fogli stampati, normalmente di quattro pagine (prima di una facciata), dedicati ad un'unica notizia. In Francia questi fogli assunsero il nome di “Canard” (in francese anatra o frottola), giornali spesso diffusi nelle stamperie di origine o da venditori ambulanti che riportavano notizie più o meno vere e molte volte false. Erano organi privi di periodicità, che per la prima volta davano modo di riconoscere ad una informazione un valore di scambio quantificabile in un prezzo. Con il trascorrere del tempo si diffusero anche altri tipi di pubblicazioni. 1560 | Nuove formule di diffusione delle notizie, ad esempio a Venezia, si diffusero i “Broglietti”, piccoli fogli, generalmente settimanali (non con cadenza precisa), contenenti fatti, notizie e pettegolezzi. Prende il nome dalla piazza Broglio. Una certa fama negativa di chi si assumeva il compito di raccogliere e pubblicare notizie si diffuse già in quegli anni e si pensava che non sempre dicessero la verità. I pubblici poteri temono questi organi ed erano molto attenti alla loro diffusione ponendo fin dall’inizio controlli, censure e privilegio di stampa cioè il pubblico potere deve consentire la stampa di un determinato organo periodico. Il privilegio di stampa sarà molto radicato soprattutto nei paesi di Europa meridionale, paesi che subiranno più forme di censura, mentre in Europa centrale e settentrionale godranno di un clima meno opprimente, questo caratterizzerà queste aree geografiche nei secoli successivi. ‘600 | Nascono i tratti essenziali del giornalismo: • Periodicità. A diventare oggetto delle attenzioni non sono più solo fatti eccezionali, ma inizia ad essere possibile pubblicare notizie relative a informazioni correnti, come ad esempio i prezzi delle merci o una piccola cronaca cittadina. • Gerarchizzazione delle notizie, organizzati secondo un criterio. Si diffondono maggiormente in Olanda, Germania, Italia e Svizzera, paesi in cui c’era una maggiore efficienza di trasporti, maggiori stamperie e dove il commercio era più diffuso. Erano organi privi di una testata vera e propria e sottoposti alla censura dei sovrani, utilizzate poi come una sorta di bollettino alle dipendenze dei poteri pubblici. Il cronista, persona che si procurava le informazioni, si trovava a dover rivestire un po' tutti i ruoli. Relativamente indipendenti dal potere politico furono i “Corantos” (dall’olandese giornale), fogli di notizie settimanali o bisettimanali. Il primo uscì ad Amsterdam nel 1618, importante perché le notizie si diffusero su una rete di corrispondenti abbastanza ampia che inviavano informazioni. Per la prima volta ci fu una struttura giornalistica più ampia. La cadenza fissa permise la nascita della • Figura del lettore abituale, lettore che sistematicamente compra le notizie, anche sottoscrivendo un abbonamento. Il lettore fisso permise di programmare un minimo il futuro. Il fatto che il giornale faccia un utile è una delle garanzie fondamentali per la sua indipendenza, perché nel momento in cui ha bisogno di aiuti esterni diventa un giornale di parte. In Gran Bretagna iniziarono a diffondersi delle informazioni simili ma non con tirature molto elevate (400/500 esemplari). Questi fogli anticiparono una tradizione anglosassone di indipendenza e manifestano un interesse sempre maggiore per la cronaca e per le notizie. I fogli indipendenti sono più interessati alle informazioni e notizie correnti, invece quelli più dipendenti dal potere sono interessati a diffondere altri tipi di notizie. Un’ulteriore svolta importante è quella che si lega all’ • Introduzione di spazi pubblicitari, molto importante perché questo consente di sganciare almeno in parte la pubblicazione di un giornale con gli introiti realizzati con le vendite. Storicamente i giornali sono stati in piedi grazie a editori che misero dei soldi o grazie alla pubblicità. In Italia le prime gazzette a cadenza periodica nacquero nei maggiori centri, particolarmente centro-nord attorno al 1630-1640. Erano testi allineati su una sola colonna, molto simili ai libri, che contenevano notizie portate settimanalmente da dei corrieri. Iniziarono a chiamarsi “Gazzette” dalla gazeta, una moneta d’argento della Repubblica di Venezia con il valore di due soldi. A Torino nacque un bisettimanale, “I successi nel mondo”, non intesi come vittorie ma come fatti successi nel mondo, stampati con il privilegio di stampa, primo foglio che manifesta una certa attenzione per le • questioni sociali. Nel 1668 a Roma nacque un trimestrale, il “Giornale dei letterati”, con cui nacque anche il giornalismo letterario in Italia che contaminerà la stampa italiana. ‘700 | I maggiori sviluppi della stampa e del giornalismo: • Londra, 1702, viene pubblicato il “Daily courant”, primo quotidiano a cadenza regolare nella storia. Questo quotidiano non pubblicava notizie freschissime perché viaggiavano via posta, ma importante fu l’intendimento manifestato dal direttore proponendo di lavorare per la correttezza dell’informazione citando sempre le fonti e separare i fatti dalle opinioni. Diede vita all’antologia professionale della stampa indipendente, seguita poi dalla regola delle 5W. • Sempre in Inghilterra, la culla del giornalismo modernamente inteso, si sviluppa un giornalismo culturale non privo di aspirazioni moralistiche e pedagogiche cui simbolo diventò presto un quotidiano fondato nel 1711 “The spectator”, che Tutti questi elementi trasformano le redazioni dei giornali che iniziano ad assumere delle connotazioni di imprese perché per la prima volta sono necessarie delle figure nuove, come ad esempio l’addetto al telegrafo, quindi ad una maggiore divisione del lavoro. L’introduzione di strumenti come il telegrafo, il telefono e di nuovi mezzi di trasporto, rende un aumento notevole delle fonti di notizie disponibili e il precoce invecchiamento di esse. Da questo momento nasce una competizione nel campo delle notizie: ogni testata giornalistica voleva le notizie prima di altre. Un’altra trasformazione riguarda la possibilità di mandare un giornale a distanze molto elevate, diventando così di rilievo provinciale, regionale e anche nazionale. Per controllare i flussi di informazione nascono le prime agenzie di stampa, uffici che raccolgono informazioni per venderle alle testate. La prima agenzia fu fondata a Parigi nel 1835, l’Havas, interessante perché adottò un sistema di gestione che favorì la nascita di altre agenzie. L’agenzia raccoglieva notizie dal mondo e le girava ai giornali che le acquistava, i giornali però non utilizzavano denaro ma barattavano degli spazi che poi l’agenzia vendeva agli inserzionisti. Questo consente all’agenzia di fare soldi e al giornale di non sborsare denaro ma “regalare” solo spazi. Consente uno sviluppo significativo: la notizia assume un valore di scambio e la pubblicità assume sempre maggior rilievo all’interno del giornale. Spesso capitava che i giornali non vendessero abbastanza, per questo motivo serviva la pubblicità e dei finanziamenti degli imprenditori. Passivo pianificato, gli editori sanno che i giornali non rendono ma li pubblicano perché i giornali servono ad altro, come ad esempio orientare l’opinione pubblica. Le agenzie per non perdere clienti devono sforzarsi di garantire informazione rapida, credibile e poco condizionata da fronzoli stilistici. Le innovazioni impongono una rivoluzione dello stile giornalistico: il telefono costa tanto, perciò bisognava essere sintetici per ridurre al minimo la comunicazione. L’Havas verrà seguita da tante altre agenzie tipo la Wolff di Berlino, la Roiters a Londra e in Italia, nel 1853 a Torino, per opera di un esule veneto Guglielmo Stefani, l’Agenzia Stefani - telegrafia privata (avrà un ruolo fondamentale all’interno del fascismo). Gode fin dall’inizio di agevolazioni da parte del governo, prima sabaudo e poi dal governo italiano, che finiscono per renderla un’agenzia legata al governo. In alcuni paesi, nel frattempo, vengono introdotte nuove prospettive anche in ambito legislativo. In Gran Bretagna nel 1843, fu approvato il Libel Act, importante perché questo documento disponeva la dispensa per i giornalisti dell’onere di prova per gli articoli di denuncia contro i funzionari dello stato. Cioè se un giornale avesse accusato un funzionario statale di corruzione e se questo avesse chiamato in giudizio il giornale, non sarebbe spettato al giornalista l’onere di dover provare i fatti che costituivano i fatti di cui era accusato, ma era il funzionario che doveva garantire che non era così. Questo dava una piena libertà al giornalista di denuncia. Importante perché di fatto attribuisce un grande potere ai giornalisti, dà garanzie e contribuisce di attribuire al giornalismo il ruolo di “cane da guardia” contro le aberrazioni del potere. Nel 1828 Thomas Macaulay, rivolgendosi alla tribuna a cui sedevano i reporter nel parlamento, disse che erano diventati così importante da essere paragonati al quarto stato del regno. Importante perché secondo alcuni storici, da questa definizione è nato il mito della stampa come quarto potere (maggio ’41, cortometraggio “il quarto potere”). Macaulay non intendeva riferirsi ai tre poteri come li intendiamo noi, ma intendeva riferirsi alla realtà britannica (re, camera dei lord e camera dei comuni). Gli USA, si caratterizzano per alcune trasformazioni significative e per il proliferare di testate il cui sviluppo è favorito dallo sviluppo economico. Un fenomeno prevalentemente americano è quello legato alla Penny press. Nel 1833 il quotidiano “The Sun”, fu il primo negli USA ad essere venduto ad un penny. La stampa è economica perché gli altri giornali costavano sei volte tanto e si ritagliava attorno ad un lettore di un certo tipo. Si caratterizzò per una natura populistica, scandalistica e spesso non si vendeva solo per abbonamento, come accadeva solitamente all’epoca, ma anche per strada. Era prevalentemente incentrato sulla cronaca, prevalentemente nera e il suo motto era “fatti, fatti e ancora fatti”. Lo stile è asciutto, vivace e diretto, adatto al pubblico popolare. In quegli anni si afferma negli USA la figura del reporter, un investigatore privato, un segugio alla costante ricerca di notizie anche a costo di invadere la privacy delle persone. Le persone venivano citate per intero con degli aggettivi. Pur ispirandosi alla penny press, ma manifestando dei criteri di maggior rigore e completezza, nasce a New York il 1851 il “New York dealy Times”, che nel 1857 cambiò il nome in “New York Times”. ITALIA Le ondate rivoluzionarie portarono i principali sovrani dei regni a concessioni di stampa. Nel giro di un biennio tutti i regni che componevano la penisola concederanno la libertà di stampa ad espressioni (Pio IX, Leopoldo II, Ferdinando II di Borbone), con carte costituzionali per la trasformazione di censura preventiva (l’articolo deve passare prima dall’ufficio censura) a censura repressiva (viene eliminato dopo la pubblicazione). Importante il Regno di Sardegna, perché che ciò che avviene lì condizionerà il destino del paese unito. Già nel ‘47 il re Carlo Alberto concede delle aperture: nel marzo ‘48 promulga lo Statuto Albertino e poche settimane dopo, il 26 marzo ’48, un editto sulla stampa che prevedeva la cancellazione della censura preventiva facendo diventare di fatto la stampa libera, salvo una postilla “la stampa è libera, ma la legge ne priva e reprime gli abusi”. Questo statuto rimarrà in vigore anche dopo la parentesi rivoluzionaria del ’48 e ’49. Renderà il Regno di Sardegna l’epicentro di una serie di iniziative editoriali che caratterizzeranno i decenni ad avvenire. Tre testate importanti: • “Il risorgimento”, nasce nel 1847 con fondatore e direttore Cavour, • “L’armonia della religione con la civiltà” presto ridotto in “L’armonia”, giornale cattolico che nasce nel ’48, importante perché sotto la direzione di Don Margotti diventerà in poco tempo una delle principali voci dell’intransigentismo cattolico italiano. All’indomani del non-expedit, pubblicherà un articolo con il titolo “Né eletti, né elettori”. • “La gazzetta del popolo”, giornale che caratterizzerà la realtà piemontese, fondata da Giovanni Battista Bottero, il primo e uno dei pochi quotidiani che cercò, nei limiti consentiti, di ispirarsi ad un taglio popolare, ispirandosi alla penny press statunitense. La gazzetta del popolo costava un soldo, cinque centesimi di lira. Ottiene delle tirature molto elevate rispetto all’epoca e arriverà a 14.000 copie. Con l’introduzione dello Statuto Albertino e quindi del parlamento, nasce una particolare specializzazione giornalistica, il giornalismo parlamentare. Torino diventa culla di buone esperienze giornalistiche, nel 1854 si stampavano 14 quotidiani e nel ’58 53 periodici. L’evoluzione nella seconda metà dell’ottocento è influenzata da processi che di pari passo segnano l’Italia dal punto di vista economico e sociale. Ci sono vari processi significativi: leggi dell’espansione dei diritti civili e politici. All’interno di questo quadro si conosce uno sviluppo del mondo della stampa e del giornalismo, agevolato dalla riduzione del prezzo dei giornali legato. Un particolare marchingegno segna una svolta significativa nei tempi di composizione del giornale: linotype, introdotta nel 1886 a “New York Tribune” che consentiva di comporre la pagina attraverso una tastiera. Verrà poi introdotta in Europa in maniera sistematica. Nel momento in cui la legislazione del regno di Sardegna fu estesa a tutta Italia, non ovunque ha garantito la libertà di stampa. La legislazione era formulata in maniera tale da lasciare interpretazione e creava problemi il concetto di “abuso”. Un altro elemento che genera delle perplessità è l’istituto del gerente responsabile di un giornale, la persona che si assumeva, da un punto di vista giuridico, la responsabilità di quello ce veniva pubblicato sul giornale. La legislazione prevedeva che a essere responsabile non fosse il direttore ma appunto il gerente, ma non stabiliva se dovesse essere o meno il direttore. Molti editori affidarono il ruolo di gerente a un semi analfabeta, un prestanome, che al cambio di denaro accettava di essere accusato (no grandi giornali, si piccoli). Queste pieghe della legislazione che davano qualche potere, a volte sproporzionato, era anche legato al fatto che il processo di formazione dell’Italia era stato complesso e non completamente accettato da tutti, segnato dalla presenza di realtà molto diverse con livelli economici e prerogative molto diverse. Essendo molto instabile questo genera nei primi governanti i primi timori. All’interno di questa costruzione la stampa venne tenuta particolarmente sotto controllo, perché si temeva che una stampa avversa al nuovo stato poteva generare degli avvenimenti difficilmente controllabili. L’unificazione dal punto di vista della risposta editoriale sollevò un grosso entusiasmo e nel giro di poche settimane iniziarono ad essere pubblicati nuovi quotidiani e nuovi periodici. Il numero di testate si moltiplicò ma si dovette scontrare sempre con una serie di limiti oggettivi come: • l’analfabetismo, • una limitata conoscenza di una lingua comune, • la bassissima partecipazione al voto (circa 2%), • la rete distributiva molto arretrata e legata alle sovrastrutture, • mediamente i giornali italiani erano carissimi e fuori portata anche per un lavoratore che avesse potuto godere di un salario normale, • antiche divisioni politiche, spesso vengono diffusi prevalentemente nelle aree in cui si pubblicavano. I giornali sono legati ad un territorio, questo fa si che nel primo decennio postunitario le tiratura complessive siano alte ma per l’elevato numero di giornali mentre le tirature dei singoli giornali modestissime. Ruolo del giornalista Nel 1871 il ruolo del giornalista era ben diverso rispetto al ruolo dei reporter statunitensi. I giornalisti italiano erano notabili di provincia, scrittori mancati, rampolli della borghesia, politici che utilizzavano il proprio giornale per dare visibilità a loro stessi o avvocati, un giornalista di poltrona con la possibilità economica. Nell’800 i deputati italiani erano soprattutto avvocati, militari e giornalisti. Il numero di giornalisti presenti in parlamento era elevatissimo perché spesso i deputati erano uomini senza esperienza professionale e nel momento in cui dovevano scrivere il curriculum, come professione scrivevano giornalista. Questo avviene perché il giornalista era una professione ancora marginale. I giornalisti dell’800 scrivevano a seconda del loro retaggio culturale e delle loro aspirazioni. Lo stile giornalistico asciutto e chiaro, nella stampa italiana è molto raro. I giornali erano scritti per autoaffermazione o utilizzati per parlarsi tra gruppi di notabili, spesso con botta e risposta. Primi grandi giornali Dopo l’unificazione furono soprattutto le aree con un tessuto industriale più solido a direttori: Alfredo Frassati (La Stampa), Luigi Albertini (Corriere della sera) e Alberto Bergamini (Il giornale d’Italia). Le aziende assumono una struttura gerarchica piramidale con apice il direttore. Nel 1908 nasceva la federazione italiana della stampa italiana, il sindacato che rappresenta la categoria dei giornalisti. Gli editori si organizzarono in un’unione chiamata Editori giornali quotidiani. Aumentano le strutture, aumentano le spese di gestione che finiscono solo in parte per essere compensate dai ricavi pubblicitari, di conseguenza la pratica del “passivo pianificato” diventa una regola comune per alcuni giornali, cioè la presa d’atto che il giornale non riesca a stare in piedi con le sue gambe e che quindi debba essere sostenuto da qualcuno che ci metta il denaro (solitamente editori che hanno altri settori di attività). L’editore puro, che non ha bisogno di finanziamenti esterni, in Italia una figura poco presente, di conseguenza ci sono pochi giornali indipendenti. Le ragioni per cui grandi gruppi finanziari entrarono nell’editoria furono per accrescere il potere di influenza sull’opinione pubblica che molti gruppi industriali sfruttarono per contenere le proteste dei lavoratori e per tutelare gli interessi propri su scelte economiche facendo pressione sui governi. La stampa cattolica tenta di fare un salto di qualità con Giovanni Grosoli, ricco aristocratico romano, che nel 1907 con un notevole sborso finanziario, creò il SER, società editrice romana. Fu il tentativo di creare un cartello acquistando i principali giornali cattolici dell’epoca (“L’avvenire” di Bologna, “L’Italia” di Milano, “Il Momento” di Torino, “Il Corriere D’Italia” di Roma) e di metterli insieme per creare delle sinergie. Divenne però una stampa di battaglia più che di qualità. Questo tentativo trova inizialmente l’appoggio della Santa Sede ma con l’andare del tempo fallisce perché quest’ultima ad un certo punto inizia a scaricarlo perché finisce per somigliare troppo alla stampa liberale da cui prendevano spunto. Luigi Albertini – Il Corriere ella Sera Rappresenta “Il Corriere della Sera” nella sua stagione migliore. Albertini giunse al corriere nel 1896 con il ruolo inizialmente di segretario di redazione e poi di gerente responsabile. Il 18 maggio 1900, nel frattempo si era ritagliato un ruolo di rilievo, approfittò della temporanea assenza del debole direttore Domenica Oliva, che aveva sostituito da poco Torelli, per scavalcarlo e pubblicare sul giornale un durissimo articolo, un corsivo (breve articolo piuttosto tagliente di taglio basso) non firmato in cui attacca in maniera diretta la politica liberticida che stava portando avanti il governo Pelloux (1900 momenti di grande tensione). L’articolo solleva discussione, facendo capire agli editori che Albertini era un giornalista capace di assumersi delle responsabilità benché fosse molto giovane (29 anni). I Crespi pensano che sia l’uomo capace di rinverdire il corriere e si rivolgono ad Albertini, diventato nel frattempo con una piccola quota co-proprietario del giornale, per diventare anche co-editore. Scommettono su Albertini e diventa direttore del Corriere della Sera, un giornale che per i suoi venticinque anni di lavoro, si legherà strettamente al lavoro di Albertini. Albertini è un ammiratore del modello anglosassone (Times), è un uomo dotato di indubbio fiuto giornalistico e cerca di costruire una redazione a sua immagine e somiglianza: • Crea un nucleo efficiente e meritocratico. • Offre un’informazione attentamente pesata, vegliata e verificata (leggenda che il Corriere non sbagliasse mai), che creerà autorevolezza anche grazie all’assenza di errori di forma. • Investe sul potenziamento tecnico: linee telefoniche, rotative e linotype. • Riesce ad attuare uno storico trasferimento della sede del giornale in via Solferino. Con visibilità e struttura molto importante in cui sopra risiedeva la redazione e sotto la tipografia. • Primo giornale a strutturarsi secondo una logica di impresa, migliore modo per garantirsi indipendenza (arriverà a mille addetti). Si ritaglierà una fama di giornale indipendente che si ripercuoterà anche sulle tirature: passa da 70/100 mila copie a 350mila copie. • Diventa un opinion leader potente e molto ascoltato. Giolitti sistematicamente intercettava le telefonate tra Albertini e il suo corrispondente da Roma. • Politicamente: si ispira a un conservatorismo moderato, vicino alla destra cavouriana. Riprende la tradizione moderata inglese, caratterizzata da rigore e morale, tendenzialmente liberista perciò il giornale diventa ferocemente anti- giolittiano. Tendenzialmente filo-triplicista, anche se alla vigilia della guerra si allinea alla scelta del governo e colloca il giornale sul livello del patriottismo. Inizialmente era contrario alla guerra di Libia ma poi cavalcherà l’onda bellicista. • Il giornale rafforza il suo ruolo di rappresentante e portavoce di una borghesia industriale milanese lombarda. Alfredo Frassati – La Stampa Unico dei tre giornali e unico dei tre direttori che si collocherà chiaramente lungo una lingua filo-giolittiana. Frassati aveva approfondito i suoi studi in Germania studiando economica e imparando la lezione del giornalismo regionale tedesco. Arriva alla Stampa nel 1894 in cui diventa co-proprietario e co-editore. Nel 1895 spinge affinché il giornale cambi denominazione da “La Gazzetta piemontese” a “La Stampa” e nel 1899 ne diventa direttore. Frassati ha un temperamento piuttosto vigoroso molto attento all’amministrazione e al risparmio, ma dota il giornale di tecnologie avanzate. È attratto molto alle scienze economiche e sociali, al positivismo e riesce ad attirare al giornale alcune figure di grande spicco nella cultura italiano dell’epoca come Einaudi e Lombroso. La tiratura passa da 100 mila copie a 200 mila copie Alberto Bergamini – Il Giornale d’Italia Legherà il suo nome soprattutto ad un giornale romano, “Il Giornale d’Italia” nato nel novembre 1901, che si propone di ripercorrere le orme, anche politicamente, de “Il Corriere della Sera” di cui inizialmente era corrispondente dalla capitale. Si ricorre ad una formula simile a quella di Albertini: diventa quasi subito co-editore del giornale e co- proprietario. Data la diversa localizzazione rispetto agli altri due giornali citati, si rivolge ad un pubblico diverso, diventa il rappresentante della grande proprietà terriera del centro- sud e in parte anche nelle classi lavoratrici di media borghesia. “La Stampa” sa garantirsi il contributo di intellettuali notevoli di valore, giornale a cui si deve la nascita in Italia della terza pagina, la pagina culturale. Il giornale registra ottime statistiche di crescita, nel 1913 arriva alla tiratura di 130mila. Terza pagina Con l’inizio del ‘900 molti giornali si mettono in linea con i modelli di stampa internazionale, anni che segnarono l’affermazione definitiva della terza pagina che prende il nome dalla sua posizione fisica. Il giornale era suddiviso in: 1. Articolo di fondo, avvenimenti di politica più importati. 2. Politica, fatti di meno rilevanza. 3. Cultura, inizialmente era posta in prima pagina con i romanzi di appendice. Nasce nel 10 dicembre 1901, data che viene presa come riferimento perché per la prima volta Il Giornale d’Italia, in occasione della prima teatrale di un’importante opera D’Annunzio “La Francesca da Rimini” viene dedicata una pagina intera ad un evento di cultura. Bergamini diede a quattro suoi redattori il compito di raccontare la prima teatrale. Da quel momento tutti i giornali iniziano a dedicare la terza pagina alla cultura. Era una pagina che rinverdiva una tradizione già presente nella stampa italiana, ma fu una novità perché fu chiesto ai giornalisti di diventare scrittori e agli scrittori di diventare giornalisti e quindi mettersi in gioco. Collaborarono giornalisti con interessi letterari e letterati interessati al giornalismo (essere collaboratore di terza pagina voleva dire notorietà). Normalmente si strutturava: • un paio di colonne dedicate all’approfondimento all’articolo più importante, • recensioni teatrali, polemiche tra scrittori, inchieste sulla poesia, • il pezzo principale per eccellenza assunse il nome di elzeviro, scritto con font ELzEVIER, barocco e ricercato, che fa si che quell’articolo si distinse subito dagli altri. Normalmente era firmato dai collaboratori di terza pagina più prestigiosi. Essere elzevirista voleva dire aver raggiungo notorietà. Prima guerra mondiale La prima guerra mondiale fu un conflitto come mai si era visto prima per dimensioni e per potenza distruttiva. Anche in paesi anglosassoni, culla del quarto potere, durante la guerra tutte le strutture editoriali si mettono a disposizione della patria mettendo da parte l’indipendenza. Gli USA creeranno un ufficio propaganda, quello che inventerà il manifesto dello zio Sam (img destra). Tutti i paesi, chi prima e chi dopo attueranno sistemi di censura e propaganda. • La prima censura, nel momenti in cui scoppia un conflitto tutte le notizie che i vertici dell’esercito ritengano possano danneggiare il paese in una condizione difficile, devono essere eliminate. • La seconda censura, i vertici militari mandano dei mandati a cui i giornalisti devono attenersi. • Terza censura, l’articolo deve essere mandato nell’ufficio censura. Importante la prima guerra mondiale perché i governi totalitari successivamente prenderanno esempio. In Italia arriva presto la censura e un po’ in ritardo la propaganda. Durante l’anno di attesa ci fu una separazione netta tra interventisti e neutralisti, durante queste fasi, seppur in numero minore, i giornali interventisti furono molto più chiassosi e persuasivi e riuscirono a indirizzare l’opinione pubblica verso l’intervento. Uno dei casi più rumorosi si lega a Mussolini, direttore del “Avanti”, organo ufficiale del partito socialista (neutralista), nell’ottobre del ’14 cambia posizione e firma un articolo dal titolo “Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva e operante”. Mussolini viene espulso dal partito e viene allontanato dalla direzione del giornale. A questo punto fondò il suo giornale, con i finanziamenti ottenuti, “Il Popolo d’Italia”, organo di interventismo più spinto. Dopo la guerra e dopo la creazione dei fasci di combattimento, Il Popolo d’Italia nel 1929 divenne l’organo ufficiale dei fasci di combattimento. Un aspetto importante è quello della propaganda perché si lega ad una serie di studi e approfondimenti che in quegli anni iniziavano ad essere compiuti, soprattutto negli USA, a livello universitario e commerciale. Le tecniche pubblicitarie fecero dei passi in avanti, tanto da incentivare la corsa agli Le organizzazioni dei giornalisti Al momento della marcia su Roma i giornalisti erano rappresentati da due organizzazioni: • Organizzazione storica, federazione nazionale della stampa, • SNFG, sindacato nazionale fascista dei giornalisti. Nel giro di tre o quattro anni riuscirà a sostituire la federazione nazione della stampa con, nel ’26, una fusione tra le due. Decreto luglio ’23, all’indomani della vicenda Matteotti, 8 luglio 1924 viene pubblicato e quindi entra in vigore. Il fatto che ci sia una consapevolezza che il partito sia coinvolto, i grandi giornali iniziano ad attaccare Mussolini e chiedergli di fare luce e di spazzare via qualsiasi dubbio tra lui e la questione del delitto. Questo provvedimento viene inasprito e stabilisce che basta una diffida da parte del prefetto per cancellare e revocare il gerente. Questo intervento non sarà totalmente sufficiente a fermare la campagna contraria a Mussolini, tanto che il 3 gennaio ‘25 farà il discorso in cui si assume la responsabilità politica del delitto. Dal punto di vista di una legge organica e complessiva bisognerà aspettare un altro provvedimento. Legge quadro approvata il 31 dicembre 1925, fondamentale perché, all’interno del fascismo c’erano due ideologie: la stampa poteva mettersi al servizio del fascismo o essere repressa. Artefice della prima fu un gerarca fascista ex socialista, collaboratore dell’Avanti, Ermanno Amicucci (abruzzese), figura che di fatto attuerà il progetto più interessante di trasformazione della stampa all’interno del fascismo. L’idea di Amicucci era quella di creare in Italia per la prima volta un albo professionale dei giornalisti, che costituisce da un lato una garanzia sul fruitore e motivo di potere e prestigio per chi appartiene all’albo. I giornalisti italiani lo volevano da tempo perché essere non dei lavoratori generici ma professionisti dell’informazione era fonte di prestigio. Il problema è che questo albo è apparso come un centro di potere e lesivo delle libertà di espressione (albo giornalisti in contrasto con la costituzione art. 21). Amicucci intendeva: • Andare incontro ad una richiesta dei giornalisti che volevano l’albo, • Creare un meccanismo di selezione. Prende atto del fatto che l’introduzione dell’albo non cancellava una tradizione di fondo e propone ai giornalisti la creazione di una scuola di giornalismo che abiliti alla professione. Una scuola che però non riuscirà a passare inizialmente nella legge perché crea riserve di chi già lavora nel mondo del giornalismo. Bisognerà attendere quasi cinque anni perché effettivamente il fascismo crei la prima scuola di giornalismo in Italia, a Roma nel 1930. Farà dei passaggi intermedi e introduce nell’università i corsi di storia del giornalismo e legislazione della stampa, all’interno di scienze politiche di Perugia (scienze politiche a indirizzo giornalistico). La legge passa, l’albo viene introdotto e prevede due elenchi: • Professionisti, giornalisti che fanno della loro professione la principale occupazione. • Pubblicisti, persone che esercitano, collaborano a giornali e organi di stampa ma formalmente possono non essere professionisti. Il regolamento 1130 specifica i requisiti per iscriversi all’albo e vengono posti limiti dal punto di vista politico: per essere iscritti il professionista deve aver dimostrato una buona condotta morale e politica. Al sindacato fascista dei giornalisti fu affidato il compito di selezionare i giornalisti nell’albo. Avviene che dopo l’emanazione del decreto è presente una massa notevole di giornalisti che teme di perdere il lavoro perché il sindacato non consenta loro l’iscrizione all’albo. Fu utilizzata assoluta intransigenza: • Militanza in partiti politici antifascisti, giornalisti che avevano militato in partiti politici avversi al fascismo, furono trattati con notevole intransigenza. Non importava il passato. • Non fu concessa l’iscrizione a nessun giornalista etichettato come quartarellista (nome dato dal quartiere della Quartarella dove venne ritrovato il corpo di Matteotti), giornalisti che nella vicenda Matteotti avevano approfittato della questione per attaccare il fascismo. • Chi firmò il manifesto crociano degli intellettuali antifascisti. Su tutti gli altri casi si aprì di fatto una contrattazione in cui da una parte c’erano i giornalisti, soprattutto quelli con posizione di prestigio, che convincevano a farsi iscrivere. Es. Stampa, Giovanni Agnelli. Si avvia una dialettica complessa. Qualche giornalista intransigente si rifiuta, ma la maggior parte dei giornalisti accetta di collaborare ed iscrivere una ritrattazione in cui dichiaravano la propria fede. Questa dichiarazione era un’umiliazione per il giornalista. L’epurazione attuata dal fascismo di fatto si svolge nel ‘27-‘28, concretamente se si osserva grossomodo il 50% dei giornalisti iscritti all’albo (lista della federazione nazionale della stampa) non furono inseriti nell’albo. I numeri rimangono gli stessi perché entrarono nell’albo delle persone per meriti politici che non avevano mai svolto la professione. La maggior parte dei 50% sono pubblicisti, questo perché i professionisti non volevano perdere il lavoro mentre i pubblicisti avevano poco da perdere. Molti pubblicisti di fronte la prospettiva di firmare la dichiarazione decidono di lasciar perdere. Solo il 10/15%, percentuale non certa ma oscillante, tra gli epurati erano professionisti. Ci fu quindi una netta differenza degli epurati tra pubblicisti e professionisti. Con il trascorrere degli anni si assiste ad un fenomeno di rientro di giornalisti inizialmente esclusi e alcuni sono particolarmente significativi perché riguardano addirittura giornalisti che avevano firmato il manifesto degli intellettuali antifascisti. Molti giornalisti riescono quindi a convincere il sindacato della loro nuova posizione politica vicina al regime. Questo perché il fascismo, fedele alla linea Mussoliniana, da un lato chiederà il massimo ai giornalisti (rinunciare alla loro indipendenza) ma in cambio diede molto e questo indurrà i giornalisti ad un atteggiamento positivo verso il fascismo. Concessioni del fascismo verso la stampa: • L’albo, • La codificazione del contratto nazionale, • L’istituto di previdenza dei giornalista INPG, • L’ufficio di collocamento per giornalisti, • Un sistema di ammortizzatori sociali: indennizzo in caso di infortunio, clinica per le cure dei giornalisti, previsto un fondo che dava diritto ai familiari ad una somma cospicua nel caso in cui il giornalista fosse morto prematuramente e pensione a sessant’anni. All’inizio degli anni ’30 torna prepotentemente l’idea della nascita della scuola di giornalismo in Italia. Amicucci si ispira al modello della scuola di giornalismo che Pulitzer aveva creato all’inizio del secolo alla Columbia University. Andò in America e si convinse del fatto che il giornalismo italiano sia arretrato. Il giornalista italiano è uno pseudo letterato sedentario, mentre il giornalista americano tende ad essere un investigatore. Ritiene che il giornalista italiano debba adattarsi a questo modello. L’idea della scuola solleva fin dall’inizio delle perplessità perché molti giornalisti sostenevano che “giornalisti si nasce” e perché ritenevano che il fascismo fosse azione e che quindi tutto quello che riguardava cultura suonava contrario. Più banalmente il timore vero era quello che molti giornalisti temevano che la creazione di una generazione di super giornalisti con alti livelli di formazione potesse metterli in ombra e in prospettiva scalzarli. Effettivamente con i suoi primi iscritti alla scuola del giornalismo, ci si rende conto che i timori non erano infondati perché il 15% di questi era costituita da studenti laureati, il 23% aveva il diploma e il 60% era costituito da studenti universitari. Il livello di istruzione era molto alto rispetto agli standard del giornalismo. Infine, c’è anche una resistenza portata avanti da direttori e editori dei giornali i quali temono che questa creazione di nuova generazione di giornalisti potesse inclinare le loro prerogative di assumere chi volevano. Anche questi non furono timori infondati perché ad un certo punto il ministro Bottai, era riuscito a stringere un accordo con gli editori che prevedeva che i laureati in scienze politiche a indirizzo giornalistico a Perugia avrebbero avuto diritto ad essere assunti in prova e se si fossero dimostrati capaci avrebbero avuto il diritto di essere assunti a tempo indeterminato in ruoli direttivi. La prospettiva è interessante perché nelle scuole formano giornalisti fascisti che presteranno il loro lavoro volontariamente al fascismo. Mussolini parlando ai giornalisti dirà: “è certo vero che il giornalista non si fa nelle scuole ma credo che nessuno potrà negare l’importanza della scuola”. La scuola venne inaugurata nel gennaio 1930, lasciava un diploma biennale equiparata alla laurea, un titolo valido per esercitare la professione. La scuola era strutturata uguale alla scuola di Pulitzer con una prevalenza agli insegnamenti pratici. L’attestato finale abilitava all’iscrizione all’albo senza i diciotto mesi di praticantato. La scuola durò poco più di tre anni perché nel giugno 1933, il successore di Amicucci, decise di cambiare ideologia. La scuola diplomò una sessantina su 137 iscritti. Le cause furono: • Mancanza di finanziamenti, chi aveva garantito dei finanziamenti nel momento in cui avrebbe dovuto finanziare regolarmente si tirò indietro. • Scarso insegnamento pratico, la preparazione dei docenti non fu all’altezza e gli studenti rimasero delusi. • Antipatie verso la scuola derivate dal mondo giornalistico. • La scuola presentò alcuni indubbi aspetti di novità: o si propose di promuovere un diverso sistema di reclutamento, non solo più i raccomandati o chi faceva gavetta sul campo, o La quantità di donne era molto elevata rispetto ad altre facoltà, nonostante le tendenze al maschilismo del regime fascista. o La scuola cercò di promuovere una concezione dinamica del giornalismo, non indipendente. • Aspetto economico legato alla crisi del ’29 che ebbe degli effetti notevoli anche sull’Europa. Nel gennaio 1930 promuovere una scuola che dava ai suoi iscritti delle prospettive di pieno impiego in un momento di crisi, era di difficile realizzazione. La fine della scuola nel ’33 segna un passaggio abbastanza epocale proprio dal punto di vista dell’approccio del fascismo al giornalismo. Finché Amicucci conta, il modello di riferimento sarà soprattutto il suo: giornalista formato al fascismo che un indomani aiuterà il regime a consolidarsi. Mussolini si convince che questo modello non sia sufficiente a garantire efficienza e con l’allontanamento di Amicucci ci fu un capovolgimento segnato dall’approdo dell’ufficio stampa della presidenza del consiglio. Dopo la chiusura della scuola Mussolini nomina capo dell’ufficio stampa Galeazzo Ciano, il genero, che rovescerà la filosofia finora attuata, sostenendo l’informazione dovesse essere pianificata prevedeva che l’intellettuale, senza l’obbligo di pervasione dalla dottrina fascista, collaborava con una testata fascista per avere visibilità, con l’unico obbligo che non facessero emergere ideologie antifasciste. Nel momento in cui alla guida dell’ufficio stampa viene nominato Galeazzo Ciano, dopo circa dieci anni di potere, Mussolini si accorge che non è il massimo che il regime totalitario potesse chiedere all’informazione, alla stampa e alla propaganda per ragione di vari origini: • Scarsa preparazione teorica, mentre in Germania avevano una preparazione approfondita sulla tecnica di propaganda e orientamento delle masse, tecniche sconosciute in Italia. Molti funzionari venivano dalla milizia fascista senza alcuna preparazione nel campo delle comunicazioni. • Filosofia che Amicucci aveva cercato di portare avanti, delegava ai direttori di giornali lo spirito di iniziativa, che portò alla differenziazione delle testate. • Atteggiamento di più o meno fascista di alcuni direttori, il sindacato fascista deve accettare che dei giornalisti non del tutto fascisti rientrino nei ranghi. • Troppi centri di potere si arrogavano il diritto di intervenire sul meccanismo della comunicazione. Mussolini si sposta dalla filosofia Amicucci e sposta il potere dell’informazione in un centro, facendo in Italia quello che Hitler aveva fatto in poche settimane nel ’33. Nel settembre 1934 Galeazzo Ciano trasforma l’ufficio stampa della presidenza del consiglio in un sottosegretariato (un ministero si può dividere in sottosegretariati) che chiama “sottosegretariato per la stampa e la propaganda”, facendo diventare l’ufficio stampa un quasi ministero. L’ufficio stampa avvia un processo di trasformazione generale, assorbe competenze da altri ministeri riguardanti la cultura, provocando grandi opposizioni. Allarga in maniera significativa le competenze, il suo obbiettivo è quello di centralizzare e organizzare in un’unica struttura tutto quello che riguardava la gestione del consenso e ella propaganda: stampa, radio, cinema, editoria, teatro… La prova che Ciano è proiettato in quella dimensione è data dal fatto che è l’unico sottosegretario a partecipare al consiglio dei ministri. L’anno dopo, il sottosegretariato diventa ministero. Nel maggio del ’37, cambia nome e diventa “Ministero della cultura popolare” (MINCULPOP). Questo ministero: • Allarga le sue competenze in maniera significativa, • Allarga i controlli, veniva vagliato qualsiasi periodico, • Produce comunicati stampa, • Censura giornali e articoli, • Inizia ad inviare in modo sistematico le veline. Il processo delle veline è piuttosto complesso: i funzionari di ministero le inventavano, questo elenco di possibili veline venivano portate al duce, lui le vagliava, le trasformava o le cestinava e poi consegnava le veline in una nuova versione. A quel punto il ministro faceva scrivere a macchina le veline. Le guerre che ebbero un rilievo importante per il regime • La guerra di Etiopia È importante dal punto di vista del regime perché riesce a monetizzare al meglio il lavoro che in quei tredici/quattordici anni di governo era stato creato a livello di propaganda. Si presta ad essere sfruttata dal punto di vista propagandistico perché è lontana, è una guerra che viene preparata a livello pubblicitario per spiegare agli italiani che è una guerra di civiltà ma non di conquista, una guerra cattolica, una guerra che viene disegnata come colonialismo e che porta benefici ad entrambi. Vengono inviati da parte dei giornali i propri corrispondenti di guerra. Tutti gli articoli dei corrispondenti vengono mandati in Italia e vengono vegliati da due ministeri che intervenivano sui singoli articoli per poi rinviarli in Etiopia, solo a quel punto i giornalisti potevano scrivere il loro articolo costruito a Roma. Le notizie sono totalmente falsate perché l’Italia non poteva permettersi una figuraccia dopo la sconfitta di Adua. Dal punto di vista mediatico fu un trionfo. • La guerra di Spagna Guerra che il fascismo e il nazismo monetizzano a loro volta ma che per la stampa nazionale, in particolare per quella cattolica, crea dissenso. Da un lato la guerra è accettabile per buona parte dell’opinione pubblica italiana, d’altra parte meno accettabile è l’avvicinamento alla Germania nazista. • La seconda guerra mondiale Il 25 luglio ’43, riunione del Gran Consiglio del Fascismo, Mussolini è sfiduciato e c’è la caduta del regime. Grande esaltazione per le strade, perché Mussolini viene sostituito dal generale Badoglio che non fermerà la guerra. In questo passaggio c’è un ritorno nelle redazione di tutti quei giornalisti che erano stati allontanati dai giornali in seguito all’epurazione. È un momento di entusiasmo che si vive e si accompagna anche alla scomparsa dalle redazioni di quei giornalisti fascisti che si erano più esposti per il regime. C’è quindi un momento di confusione. La guerra continua con gli stessi alleati di prima. L’8 settembre, l’armistizio, segna un passaggio fondamentale perché il fronte cambia e l’Italia risulta divisa in due parti in cui si vivono due realtà diverse in ambito politico e giornalistico. Una parte (sud e isole), in cui risiederà il governo legittimo controllato dagli anglo-americani, l’altra parte (centro-nord) era controllata da truppe fasciste e naziste. Nella parte occupata dai tedeschi ci fu un processo contrario: con l’occupazione tedesca i giornalisti che inizialmente avevano fatto perdere le loro tracce, rientrano, mentre gli antifascisti uscirono di scena. Il 12 settembre i tedeschi liberano Mussolini, che nel frattempo era stato segregato in un carcere in Abruzzo, viene portato in Germania e gli viene dato il compito di ricostituire il fascismo, non più in un paese monarchico, ma in un paese repubblicano (Repubblica sociale italiana o Repubblica di Salò). Il 27 settembre, alla Rocca delle camminate (castello in provincia di Forlì), si svolgerà il primo consiglio dei ministri della neonata Repubblica, che non venne riconosciuta da nessuno. Fu deciso di dare la guida del partito a Paolini, Rodolfo…. diventa ministro della difesa, il ministero della cultura popolare fu affidato a Fernando Mezzasoma. Il 14 novembre si svolse il primo congresso del partito repubblicano e furono delineati i diciotto punti che avrebbero dovuto ispirare il nuovo stato. Il tentativo di Mussolini fu quello di riportare quella struttura al fascismo dell’origine. Ci fu la volontà politica di cancellare, anche fisicamente, chi aveva tradito. Redazioni dopo Repubblica di Salò | In Italia ci sono macerie dal punto di vista dell’organizzazione per ragioni fisiche, ma soprattutto per il fatto che nelle redazioni di molti giornali principali il sentimento che sembra prevalere è che quella nuova entità statale avrà vita breve, che i tedeschi non ce la faranno e che quindi anche gli alleati non riusciranno. Il Corriere della Sera viene affidato ad Amicucci perché Mussolini cerca di inserire nelle redazioni persone a lui fidate. Amicucci e gli altri direttori trovarono nelle redazioni quasi il deserto, la gran parte di giornalisti di spicco del giornale non ci sono perché molti di questi non intendono salire su un carro perdente. Tant’è che Amicucci, dopo aver cercato di capire il motivo, manda le visite fiscali ai giornalisti per giustificare l’assenza. Chiede di far pressione sui giornalisti con un esito modesto, quelli che rientrano accettano di farlo ma ponendo delle condizioni cioè di non firmare articoli politici e occuparsi di altro o firmarsi con pseudonimo. Il passaggio dirimente fu quello che si legò a ciò che si prospettava a chi aveva lavorato con il fascismo in redazione. La peggiore accusa poteva essere di aver contribuito a far propaganda per il popolo invasore. Mezzasoma cerca di fare il possibile ma il problema si legava al fatto che i tedeschi iniziarono a manifestare una chiara intenzione intrusiva alla stampa fascista, questo sarà una delle cause per cui Mussolini deciderà di non far resuscitare “Il Popolo d’Italia”. Italia angloamericana | Nelle redazione ci fu una svolta. Ci sono giornali nuovi che nascono sull’onda della liberazione e giornali che fino a poco fa si dichiaravano fascisti. Ci fu un momenti di resa dei conti in cui chi aveva subito si prende la sua rivincita. I giornalisti che si erano esposti vennero processati e nella prima fase furono condannati a pene piuttosto pesanti. C’era una generazione che doveva essere cancellata e un’altra che chiedeva di farsi spazio all’interno del mondo giornalistico. Nel ’45 nasceranno 101 testate nuove, destinate ad avere una lunga storia (Oggi, Milano sera, Tutto sport). Dopo la liberazione, giugno ‘44, solo a Roma nasceranno 43 quotidiani con la chiara volontà di voltare pagina. Anche se sia i comitati di liberazione nazionale sia i principali partiti avevano animato la resistenza, torneranno anche i vecchi giornali che nel ventennio avevano suonato le glorie del regime. Ci fu un dibattito: gli americani promuovevano la continuità mentre i partigiani sembravano orientati verso un’altra linea. Ci fu un periodo di sospensione di alcune settimane di grandi giornali, che però torneranno in edicola per le pressioni degli anglo-americani, con titoli parzialmente mutati per far capire che si trattava di un giornale che voleva cambiare. (es. Il Corriere della Sera cambia in Corriere d’Informazione, La Stampa sarà La nuova Stampa) poco dopo tornerà tutto come prima. Questa sete di democrazia coinvolgerà anche altri settori della cultura controllati fino dall’ora dal ministero della cultura popolare, es. il grande ritorno del cinema hollywoodiano, avvenimenti sportivi, musical, musica jazz…. L’influenza americana è anche data dal fatto che sono stati loro a liberarci e inondano di prodotti propri. Nel giugno ’46 si decide che l’Assemblea costituente scriverà la costituzione e ci fu il referendum sulla repubblica (2 giugno ’46). La costituzione, che entrerà il vigore l’1 gennaio ’48 prevede il ritorno ad una stampa libera. Partito comunista e partito socialista saranno uniti al fronte popolare. Nel dopo guerra ci fu uno scontro tra fronte neofascista e fronte antifascista, secondo alcuni studiosi nel periodo dalla repubblica sociale italiana ’43 al ’47, l’Italia fu soggetto di un processo politico di rielaborazione degli eventi con l’obbiettivo di memoria sociale. Molte spiegazioni furono funzionali per la politica del tempo. L’Italia cerca di accreditarsi e vuole collaborare per la liberazione del nord ma solo con il trascorrere dei mesi riusciranno a scendere in campo attivamente perché inizialmente gli anglo-americani non erano d’accordo. Il leader del partito d’azione Ferruccio Padri, seguito da De Gasperi. Quando De Gasperi si trova alla guida del paese e si trova a dover difendere l’Italia in un contesto stampa periodica del dopo guerra manifestò un certo dinamismo, soprattutto i rotocalchi che in quegli anni si ispirano ad una rivista americana che presentava un’informazione leggera e alla portata di tutti. Furono quindi giornali leggeri, composti da grandi fotografie e piccole didascalie, con informazioni legate a persone conosciute (es. gerarchi fascisti). Grande importanza venne data ai titoli, un rappresentante fu “Epoca”, giornale con servizi giornalistici costituiti quasi solo da fotografie. Negli anni ’50 l’Italia diventò il primo fruitore in Europa dei settimanali leggeri. Spesso le notizie erano false o poco veritiere. La stampa cattolica era stata l’unica a sopravvivere durante il regime, con grande difficoltà all’inizio (avvicinamento con la guerra di Etiopia). Il fatto che non fosse stata totalmente cancellata permette di presentarsi con una struttura in piena efficienza nel dopoguerra. Nasce un organo ufficiale dell’azione cattolica che si chiama “Il quotidiano” l’indomani della liberazione di Roma. Riprese le pubblicazioni “Il Popolo”, organo ufficiale del primo partito cattolico (partito popolare), nelle edicole dopo la liberazione di Roma e divenne l’organo del partito della democrazia cristiana (partito dei cattolici). Per varie ragione “Il popolo” non raggiunse mai le tirature elevate di altri giornali, soprattutto legate al fatto che la democrazia cristiana aveva altri canali per arrivare alla gente. Esempi sono il controllo della programmazione rai radiofonica e televisiva, uomini cattolici nelle strutture dello stato e gli venne affidato il ministero dell’istruzione. Continuava inoltre l’avventura “Dell’osservatore romano”, formalmente non italiano, ma della Città del Vaticano che ebbe nel dopo guerra alcuni direttori importanti e l “Avvenire”, organo dei vescovi italiani. Nel grigiore che caratterizza la stampa quotidiana in Italia nei primi anni del dopoguerra, la prima che porta una ventata di novità è “Il Giorno”, nasce a Milano il 21 aprile 1956 per iniziativa di Cino De Duca e Enrico Mattei (presidenti dell’Eni). Sfida l’egemonia de “Il Corriere della sera”. Rappresenta una novità perché sin dall’inizio si propone di portare avanti un’informazione alternativa: • Riprende l’esperienza de “La gazzetta del popolo”, proponendo in tutti i giorni un inserto di otto pagine regalato, stampato in formato rotocalco a colori. • Primo in Italia a presentare una pagina a vetrina, dove esponeva i suoi prodotti. • Abolisce la terza pagina mettendo la cultura in seconda pagina. • Dedica un’intera pagina all’economia e alla finanza, temi che erano stati molto trascurati dagli altri quotidiani. • Dedica un’intera pagina ai giochi e ai fumetti. • Interesse notevole per lo sport con servizi sportivi affidati alla penna Giovanni Brera, che porterà il giornalismo sportivo ben più in alto di quello che era stato fino ad all’ora. • Giornale che si dimostra vicino la nascente prospettiva politica del centro-sinistra. Per la prima volta si prospetta all’orizzonte la possibilità che in quel sistema ingessato ci possa essere un allargamento del partito socialista favorevole a collaborare, realizzata concretamente negli anni ’60. • Sostiene un crescente intervento dello stato pubblico in economia (Mattei, conflitto di interessi). • Prospettiva riformista. • Trava una buona accoglienza negli elettori, si manifesta un problema nell’anno in cui il giornale fa registrare un ottima statistica di vendita perché nel ‘59 emerge che il giornale è di fatto proprietà dello stato perché il 49% della proprietà del giornale e dell’Eni (ente statale), il 49% è dell’IRI e il 2% è del ministero delle poste e delle partecipazioni statali. Strategia politica che Mattei esprime nella sua presidenza: favorire un piano di riforme economiche e sociali tali da rendere l’economia italiana meno dipendente in particolare dagli USA. Cerca di portare avanti questo piano rendendosi anche meno indipendenti dalle multinazionali del petrolio. Cerca di far entrare l’ENI nel grande gioco delle multinazionali, cercando di ritagliare uno spazio proponendo nei paesi produttori di petrolio un accordo di vendita favorevoli per loro. Il 27 ottobre del ‘62, l’aereo su cui viaggiava Mattei cadde per colpa dell’esplosivo messo nel carrello. Una serie di poteri forti si incrociarono e quando morì Mattei a livello governativo presero semplicemente atto dell’accaduto (se l’aspettavano). Nascita della stagione della televisione – 3 gennaio 1954 La prima trasmissione ad andare in onda è “Arrivi e partenze”, in cui un giornalista, Mike Bongiorno, andava ad intervistare in aeroporto i viaggiatori. Più importante fu quello mandato in onda alle 20 cioè il telegiornale, trasmesso su Rai 1, unica rete. Questo diventerà un appuntamento fisso, in un paese in cui i giornali si leggevano poco e non si capivano, il telegiornale diventa un importante mezzo d’informazione. Questa unica rete era controllata dallo stato che decideva cosa si vedeva, i termini da utilizzare ecc… tutto era deciso dal centro (diversa dal fascismo). Sulla nascente tv di stato fu approvato un codice di auto disciplina che prevedeva temi banditi come rivolte o qualsiasi notizia che potesse generare conflitti di classe. Non fu previsto alcun organismo a garanzia dell’indipendenza della rai e della sua programmazione, per questo motivo la rai divenne un mezzo dei partiti. Il telegiornale ha un orientamento moralista, clericale e divenne ben presto soggetto di consumo di massa, per molti unica fonte di informazione. Alcune fortunate trasmissioni riuscirono a fare breccia nel pubblico come “Lascia e raddoppia”. La tv si distinse per alcune operazioni culturali interessanti come la programmazione del ‘60-‘69 tenuta dal maestro Alberto Manzi, “Non è mai troppo tardi” in cui si insegnava a leggere e scrivere a tanti italiani con un linguaggio molto semplice. Nel luglio del ’62 fu realizzato il primo collegamento via satellite con gli USA in cui c’era un corrispondente, Ruggero Orlando, che diventerà una piccola star. La tv segnò un cambiamento perché diede per la prima volta la possibilità agli italiani di vedere in faccia i leader politici per i quali avevano votato e di confrontarsi per la prima volta con i linguaggi della politica (alfabetizzazione politica che i giornali non avevano). Il picco massimo dell’interesse si toccò il 21 luglio del ’69 quando milioni di italiani restarono incollati alla tv per la cronaca dello sbarco sulla luna. In quegli anni prenderà vita il mito della tv come media oggettivo perché offriva l’immagine dei fatti “non manipolati” quindi di verità al contrario dei giornali. Queste trasformazioni indotte anche dalla nascita della tv hanno degli influssi straordinari anche in altri mondi, come sulla carta stampata. La stampa ha un ruolo complementare alla tv e nel 1965 i quotidiani in Italia erano meno, come il numero delle copie vendute. Solo quattro giornali nel ‘65 superavano le duecentomila copie. Dato che raramente un nuovo media ne sostituisce un altro, ma lo modifica, anche in quel caso ci fu uno sforzo di adattamento che riuscì in qualche caso a limitare i danni. I quotidiani cercarono di imitare i toni vivaci e colloquiali della tv, ci fu un’interessante fenomeno di profilazione della stampa specializzata, diversa dalla tv generalista. Ci fu anche il tentativo dei grandi gruppi che possedevano i giornali di essere presenti anche nei nuovi media, in modo da creare delle sinergie. Gli anni ’60 sono caratterizzati da una fase di intenso sviluppo economico, tecnologico e della società del benessere. Il diffondersi di questa società ha delle conseguenze che con il trascorrere del tempo porterà alla nascita dei primi fenomeni di contestazione verso un mondo sempre più standardizzato e oppresso dalla tirannia tecnologica. Sono gli anni che vedono la ripresa di movimenti ideologici rivoluzionari di matrice marxista, anni di fenomeni di contestazione soprattutto studentesca. Le battaglie per il lavoro porteranno all’approvazione dello Statuto dei lavoratori, che per decenni sarà un punto di riferimento per i lavoratori. Dal punto di vista internazionale si tratta di anni segnati dall’equilibrio del terrore con le due superpotenze atomiche che si guardando con aria di conflitto. Negli USA nel 1960 era stato eletto il candidato democratico John Kennedy, cattolico, ispirato dalla tradizione progressista portatore di un programma con spiccate connotazioni in campo sociale, con un aumento della spesa pubblica e tendente integrazione raziale. In politica internazionale l’atteggiamento di Kennedy è bivalente: da un lato c’è grande enfasi per la ricerca di pace, dall’altra durante la sua presidenza ci saranno vari episodi di scontro più o meno duro. Nel giugno ’61 avviene uno storico incontro tra Kennedy e il presidente russo sul problema di Berlino ovest, un fallimento che inaugura una nuova fase con la costruzione del muro di Berlino. Un altro problema di quegli anni è la crisi di Cuba: Kennedy appoggiò i gruppi che si opponevano al governo di Castro e nel 1971 tentarono una spedizione armata nell’isola. Il tentativo di rovesciare il governo fu un fallimento e ci fu un aumento della tensione internazionale. Kennedy fu assassinato in Texas in circostanze non chiarite aprendo una scia di sangue misteriosa (fratello di Kennedy e Martin Luther King). L’impegno americano in Vietnam inizia con Kennedy nonostante il suo comportamento oscillante. Gli anni ’70 si aprono con • Agosto ’71 – crollo del sistema monetario. Sospensione della convertibilità del dollaro in oro che porta al crollo del sistema monetario creando un sistema diverso con una crescente instabilità monetaria. • Novembre ’73 – shock petrolifero. In seguito ad un nuovo conflitto arabo-israeliana ci fu l’aumento del prezzo del greggio che avrà gravi effetti a livello internazionale. Sono gli anni in cui vanno al potere uomini che portano avanti dei modelli di stato di sviluppo che prevedano taglio delle tasse, risparmio dello stato in riferimento alla spesa pubblica. L’avvento delle tecnologie elettroniche inizia a rivoluzionare e a ridurre il peso numerico e politico della classe operaia. Quando in una redazione arriva il computer porta ad una cancellazione di una serie di lavori e ad una riduzione delle maestranze. Provoca delle conseguenza: all’est ci fu una crisi mentre all’ovest un riflusso politico che portano ad una riduzione all’interesse di una partecipazione politica. Nasce il terrorismo politico che vedrà dei gruppi armati come le brigate rosse in Italia, che contestano in maniera violenta un certo tipo di società. Anche gli USA attraversano una fase di grave crisi: • ‘73, il ritiro dal Vietnam, • ‘74, scandalo Watergate che porterà alle dimissioni del presidente. • 1880 salirà Ronald Regan che rimarrà presidente fino al 1888 inaugurando una nuova stagione politica con una politica estera più dura, taglio della spesa pubblica, rilancio dell’economia e investimento degli armamenti. La sua presidenza è segnata da una nuova prospettiva di scudo spaziale. ’80 e ‘90 Anni segnati a livello internazionale da nuove sfide e trasformazioni, caratterizzati da un’accrescente presa di coscienza del carattere limitato delle risorse. Si manifestano in maniera evidente dei movimenti ambientalisti ed ecologisti che per la prima volta puntano il dita sulla gestione e sfruttamento del pianeta, interesse per l’inquinamento atmosferico e per al ricerca di fonti energetica alternativa a quelle fossili e nucleari. Il disastro di Cernobyl 1986 avrà effetti terribili per le popolazioni che si trovavano nelle vicinanze e sul pianeta, porterà sempre di più verso l’attenzione pubblica la necessità di trovare fonti alternativa. All’inizio degli anni ’80 l’ingresso dei primi computer di piccole dimensioni scombussolano all’interno elle aziende e c’è una trasformazione dei cicli produttivi e dei linguaggi. Inizia un processo di digitalizzazione. Inizio anni ’90 avviene lo sviluppo di internet e la nascita di movimenti no global che si oppongono ad una società che va verso la standardizzazione e globalizzazione. Avviene un accrescimento dei fenomeni di migrazioni a livello planetario. L’arrivo della tv porta alla nascita di modelli di giornale di contro-informazione, è il tentativo di combattere un tipo di informazione con un altro fatto dal basso e con altri criteri che sfuggirono dalla solita informazione. La nascita di gruppi armati fece da corrispettivo alla nascita di alcune testate che portarono sul piano del confronto il problema di dover combattere alla radice il sistema, quotidiani periodici che avranno una vita abbastanza lunga e vivace come: “Potere operaio”, “Quaderni rossi”, “Quaderni piacentini” e anche alcune radio libere. A Roma nel gennaio del ’70 nasce il movimento dei giornalisti democratici che chiede, sulla falsa riga di richieste di altri movimenti, una nuova informazione che auspica un livello diverso di informazione che prevedesse: • Una maggiore autonomia del giornalista. Il carattere verticistico viene contestato. • Maggiore centralizzazione del ruolo del comitato di redazione. • Nel momento in cui ad un giornalista venisse rifiutata un’inchiesta per ragioni che andavano al di là della correttezza formale, il direttore doveva fornire delle spiegazioni. Negli anni ’70 un altro fenomeno nuovo sarà l’aumento considerevole delle donne in redazione che danno un contributo di alto livello. Lo scoppio dello scandalo Watergate, riguarda gli USA ma ha dei riflessi a livello planetario. Questo scandalo si legò al fatto che due giornalisti di inchiesta del “Washinton post”, erano riusciti a scoprire delle pratiche illegali che aveva messo in atto il presidente repubblicano Nixon durante la campagna elettorale del 1972 (spiava il partito democratico). Questo diede lustro ad un nuovo giornalismo investigativo lontano e non succube dal potere. I giornalisti che vengono identificati come strumenti del potere vengono presi fisicamente di mira da organizzazioni terroristiche. Il 16 novembre ’77 venne colpito a fuoco Carlo Casalegno, vicedirettore de “La Stampa”, lo stesso anno Montanelli verrà gambizzato, Vittorio Bruno il vicedirettore de “Il Secolo decimo nono”, 28 maggio 1980 verrà assassinato Walter Tobagi invitato de “Il Corriere della Sera” dalle brigate rosse. Nel marzo del ‘78 c’era stato il rapimento di Aldo Moro e il massacro della sua scorta, fu il momento più alto degli attacchi delle brigate rosse e un elemento che sollevò una serie di interrogativi sul mondo dell’informazione. Le brigate rosse chiedono che i loro comunicati vengano pubblicati altrimenti avrebbero ucciso Aldo Moro. Il mondo dell’informazione si trova di fronte ad un bivio ma alla fine ci fu una grave spaccatura all’interno del mondo del giornalismo e del potere. Nascono in quelle fasi due quotidiani: nel ‘71 e ‘72 ascrivibili nella sinistra extraparlamentare “Il manifesto” e “Lotta continua”. Sono momenti particolarmente vivaci anche all’interno di alcuni grandi giornali come “Il Corriere della sera” che visse un cambiamento di proprietà. Il Corriere della Sera Storicamente dei Crespi, fece una trasformazione significativa nel maggio 1973 quando con la proprietà venne divisa in tre: Fiat, petroliere Angelo Moratti e una che rimaneva nelle mani di Giulia Maria Crespi. Fu un passaggio transitorio, l’anno successivo il Corriere verrà acquistato dall’editore Angelo Rizzoli, che riesce ad acquisire la proprietà grazie alle garanzie offerte dalla grande industria come la Montedison con proprietario Eugenio Cepis che si mosse anche per agevolare la costituzione di un altro giornale milanese, “Il giornale”. C’erano state diverse direzioni, ma con il ’72 c’è l’arrivo di Piero Ottone. Sin dal suo approdo il nuovo direttore propose una parziale attenuazione dell’atteggiamento che da sempre aveva caratterizzato il corriere. Tradizionalmente è un organo moderato, conservatore, porta voce delle esigenze della borghesia milanese e vicino alla destra storica. Dopo la parentesi fascista mantiene un atteggiamento moderato, l’arrivo di Ottone rappresenta una trasformazione repentina perché adotterà una linea meno spiccatamente filogovernativa, meno moderata e più aperta a temi e questioni che fino ad all’ora erano state in parte trascurate (conflitti sociale, economia…). L’arrivo di Ottone caratterizza l’inizio dell’interesse per: la vita dei movimenti, la vita sindacale, il disagio sociale, il malaffare politico. C’è il tentativo di: • attirare alcuni intellettuali che sembravano eccentrici per la tradizione del corriere, come Pasolini, personaggio scomodo per molte ragioni. • potenziare il ruolo del comitato di redazione. • valorizzare giovani e bravi giornalisti che si stavano affacciando al mondo della stampa come Giuliano Zinconi, Gianpaolo Pansa. Trasformazioni che vanno in una direzione tale da non piacere a una parte di lettori affezionati al giornale e ad una parte di redattori dei giornali che accusarono Ottone di essere un pericoloso comunista. Da questa contestazione interna si renderà protagonista una delle grandi firme del corriere Montanelli, che attaccherà duramente il nuovo corso e come altri personaggi di spicco decideranno di andarsene e creare nuovi giornali. Anche gli assetti proprietari subirono variazioni, prima con il passaggio ai tre proprietari poi con il passaggio costoso a Rizzoli che formalmente si presentava come un editore puro (quello che fa dell’editoria il campo imprenditoriale). Rizzoli inizialmente mantiene Ottone ma gli affianca Enzo Biagi e Alberto Ronchey, manifestando fin dall’inizio l’intenzione di investire nel settore editoriale sia nel corriere sia negli altri ambiti. Tra l’altro sarà uno dei primi a parlare chiaramente di televisione con la creazione nel 1976 di Tele Malta, tv che aveva sede in uno stato estero ma che programmava in italiano (boicottare il monopolio della tv). Fu il tentativo di investire sia in campo editoriale, sia nel campo dei nuovi media. Il problema è che Rizzoli nel suo piano d’investimento porta avanti un progetto estremamente costoso (contributo del finanziere Umberto Ortolani, presidente dello York Paul Marcinkus, Roberto Calvi presidente del banco ambrosiano, e di Licio Gelli presidente della loggia massonica P2) e si indebita. C’è un cambiamento della guida del corriere e il nuovo direttore diventa Franco Di Bella. Nello stesso tempo vengono prospettati nuovi ambiziosi progetti tra cui la nascita del telegiornale “Contatto” da diffondere in Italia in un circuito nuovo mediante cassette, tentativo di forzare la legislazione del monopolio. Un altro progetto fu quello di creare un giornale in formato tabloid “L’occhio”, il 10 ottobre ‘79, che verrà posto sotto la guida di Maurizio Costanzo, giornale con taglio e impostazione nuova da porre in vendita ad un prezzo molto basso (300 lire). Anche “L’occhio” è un avventura nuova che Rizzoli porta avanti, avrà vicende alterne con buoni livelli di tiratura ma con il passare degli anni questo buon inizio si trasforma in un parziale insuccesso creando problemi a Rizzoli tanto che la testata è costretta a cessare le pubblicazioni lasciandosi alle spalle un deficit. Da un lato il ruolo svolto da Licio Gelli inizia ad emergere sempre in maniera più evidente, intervistato da Maurizio Costanzo sul corriere, aveva detto un po’ di cose che sembravano abbastanza interessanti. Tutte queste nuove avventure editoriali di Rizzoli portano nuovamente il gruppo in grave indebitamento e per ripianare dovrà intervenire il banchiere Roberto Calvi. Il colpo di scena avviene il 20 maggio 1981 quando Roberto Calvi fu tratto in arresto per esportazione illegale di capitali, quello stesso giorno dopo non pochi tentennamenti il presidente del consiglio rese pubblica la lista trovata in una perquisizione di un’abitazione di Licio Gelli di 962 persone affiliate alla Loggia Massonica P2 di cui Licio Gelli era il venerabile maestro e tra i nomi contenuti nella lista spiccavano i nomi di Rizzoli, vari banchieri, vari dirigenti dello stato, uomini politici e imprenditori tra cui l’astro nascente Silvio Berlusconi, editori, ventotto giornalisti quasi tutti della Rai e del gruppo Rizzoli. Venne scoperchiato il gruppo di affari che ruotava attorno al corriere e ad altri interessi editori dopo l’approdo di Rizzoli al corriere. Ci fu un contraccolpo perché il corriere perse molte tirature in pochi giorni dato che i lettori si sentirono traditi e i giornalisti abbandonarono la redazione. Questo momento di crisi fu abilmente sfruttato dalle testate concorrenti, uno in particolare “Repubblica”, che era riuscito, grazie al contributo di alcuni professionisti come Giovanni Brera e grazie all’allargamento dei suoi orizzonti in una prospettiva sempre di più generalista, si porrà in una esplicita condizione di concorrenza. Un altro giornale che ebbe vantaggi minori fu “Il giornale” di Idro Montanelli, con la chiara aspirazione di erodere il primato del Corriere tra i lettori del nord con sentimenti più conservatori. Il giornale Nasce nel giugno 1974 sotto la guida e iniziativa di Idro Montanelli. Dopo la sua uscita da “Il Corriere della Sera” si premurò di rafforzare i suoi rapporti con alcune altre firme di prestigio, che come lui non condividevano la linea di Ottone, come Gianni Granzotto, e Guido Piovene. Obiettivo: formare un giornale per accontentare i lettori scontenti dalla direzione che aveva preso il corriere e anche da altri giornali come “La stampa” che si erano accodati. La Montedison gli garantì la copertura finanziaria. La struttura fu cooperativa in cui i proprietari sarebbero stati i giornalisti stessi. “Il Giornale nuovo”, inizialmente chiamato così perché un esisteva un “Il Giornale” varesotto, fu un giornale che rispecchiò la personalità del suo direttore quindi molto diverso dal Giorno, rimase tradizionale dal punto di vista dell’impostazione grafica. Gli articoli di prima pagina, compresa una rubrica “Controcorrente” il cui direttore curava parlando in modo ironico un avvenimento del giorno prima, iniziavano e terminavano in prima pagina. Un foglio intero era dedicato alle lettere al direttore. Altri spazi taglienti e provocatori erano “Agopuntura” e “Punta secca”, nomi inventati da Montanelli. Il giornale è tendenzialmente conservatore e cerca di imitare il vecchio “Corriere della Sera” ma risente tanto dell’influenza di Montanelli cui inizialmente il successo è condizionato, ma con il tempo inizia ad essere meno evidente. Il giornale però, nonostante le aspettative, non sfonda a Milano. Nel ’77 farà per la prima volta ingresso al giornale Silvio Berlusconi che acquista una quota del 12%, che nel ’79 salirà al 30% diventando azionista di maggioranza relativa del giornale. Con l’inizio degli anni ’80 Berlusconi acquisirà in maniera più stabile la proprietà il giornale. Nel momento in cui sono presenti le radio ma non la legge, la corte costituzionale interviene con una sentenza n° 202 del 28 luglio 1976 che di fatto, prendendo atto dell’esistenza di varie radio e televisioni libere, liberalizza le trasmissioni a patto che queste rimanessero ad una portata locale. Sul piano tecnico i passi in avanti delle tecnologie permette uno sviluppo notevole delle radio perché costa relativamente poco. Nel 1977 erano nate 1176 radio e 188 televisioni, principalmente di proprietà di piccoli imprenditori. Inizia ad erodere il primato delle reti rai che manterranno un predominio a livello di giornalismo, ma che per la prima volta si devono mettere in competizione (soprattutto con l’introduzione del telecomando). Con il cambiare del mercato della tv, anche la televisione di stato non può rimanere quella che era fino ad allora e ci sarà un’evoluzione nel tempo, anche nel linguaggio. Il primo sorpasso tra complesso di radio private e radio pubblica fu nel 1987 e da lì ci fu un alternarsi: le reti di stato manifestano maggior capacità di copertura di grandi eventi come la guerra del Golfo. Nuovo ed esteso è il fenomeno delle radio cattoliche come radio Maria 1983, che nel ‘87 diventa radio nazionale e in seguito internazionale. Lega la sua programmazione con le apparizioni di cui costituisce una sorta di bollettino. Sul piano televisivo, in alcune parti del territorio c’era stato il passaggio di televisioni in lingua italiana ma non registrate sul territorio nazionale. La prima stazione televisiva privata in territorio italiano fu nel 1971 Tele Biella. La sentenza del ‘76 apre una strada nuova che ebbe un interesse dai grandi imprenditori. Tra i grandi editori uno dei più importanti fu Mondadori che nel 1982 darà il via ad una televisione, Rete4, mentre l’editore Rusconi diede vita a Italia1. L’astro nascente della televisione privata fu l’imprenditore edile Silvio Berlusconi che nel ‘74 diede vita a Tele Milano, via cavo che nel 1976 diventò Tele Milano 58, una piccola televisione nato come voce interna al complesso residenziale per persone benestanti che si trovava a Milano 2. Berlusconi, dimostrando maggiori abilità, inizia ad acquisire una serie di reti locali sul territorio nazionale e riesce a bypassare i vincoli della legge con un sistema di videocassette che partivano allo stesso momento, perciò la stessa trasmissione poteva essere mandata a livello nazionale. Berlusconi inizia a garantirsi il contributo di alcuni personaggi come Mike Bongiorno, inizia ad acquistare prodotti televisive come le grandi serie americane che gli consentono di aumentare l’audience, di convogliare pubblicità e di acquistare altre reti. Tra il 1982-84 la holding a cui lui faceva capo riuscì ad espandere enormemente il suo bacino di pubblico, acquistò Italia1 e Rete4, giungendo a possedere come la rai alla fine ben tre televisioni nazionali. Nel settembre dell’80 dalla trasformazione di Rete Milano 58 nascerà Canele 5. Fu un’ascesa rapidissima importante perché mutò gli equilibri del settore televisivo in Italia, ponendosi chiaramente in competizione con la tv di stato. Stampa femminile in Italia Dal punto di vista editoriale i primi giornali dedicati specificamente alle donne nacquero alla fine del ‘700, uno dei più noti fu “Il giornale delle dame” 1781 a Firenze. A partire da quella prima iniziativa altri giornali si diffonderanno nei decenni a venire in Italia. Erano modesti periodici in cui venivano impartite alle signore borghesi dei consigli sul comportamento, sul portamento e sul contegno da tenere in pubblico, “bon-ton” da seguire. Questa iniziale impostazione della stampa femminile si mantenne inalterata per diversi decenni fino a quando con l’unificazione del paese iniziarono ad emergere le prime voci interessate a dare consistenza ad una sfera pubblica femminile non del tutto interessata ad altri contesti, mondi e dimensioni, rivolgendosi ad una donna con qualche aspirazione civile, sociale e culturale. Il primo fu un settimanale che nacque a Venezia il 1868 “La donna”, giornali diretti da una donna, una delle prime espressioni di una stampa femminile in cui era manifestata una certa pulsione all’emancipazione. La stampa cattolica rivolta a donne borghesi ebbe due testate: “Cordelia” 1881 e “La donna e la famiglia” 1891. Sul fronte socialista si dovettero aspettare i primi decenni nel ‘900 per vedere la comparsa di alcune testate come “La difesa delle lavoratrici” 1912. Sul fronte della professione tra gli anni ‘80 e il dopoguerra furono poche le rappresentanti del mondo femminile a cui è possibile attribuire la qualifica di giornalista, una delle poche fu Matilde Serao. Durante il periodo fascista, che aveva una certa concezione del ruolo della donna, nel 1928 le giornaliste italiane iscritte all’albo dei professionisti erano 56 con intesta Margherita Sarfatti, biografa del duce. Alcune riviste femminili seppero giovarsi di una relativa autonomia, veicolo di pulsioni diverse propagandate dal regime. Anche dopo la liberazione i due modelli di donna, una che lotta per l’emancipazione e l’altro donna di casa e madre, si riproposero a livello di stampa. Il secondo modello modello fu diffuso soprattutto dalla pubblicistica cattolica ad esempio alcune testate che si richiamavano a questo modello furono “Grazia” “Annabella”, stagione di cenerentolismo rappresentata di questi giornali, in cui a essere esaltato era il modello di donna appassionata di elettrodomestici e i contenuti dei giornali andavano in questa direzione, una potenziale acquirente che doveva convincere il marito a farsi comprare il phon, l’aspirapolvere o la lavastoviglie. Il primo modello fu riprodotto da alcune testate più vicine ai partiti di sinistra, “La compagna”, “Noi donne” ed altri. Con il sopraggiungere degli anni ’60 alcune testate iniziano a dimostrare un approccio diverso e anche i giornali quotidiani iniziano a proporre degli inserti tematici dedicati alle donne. Nel ’62 “Il Corriere della Sera” propone un settimanale culturalmente moderno “Mica” mentre alcuni quotidiani introducono sezioni dedicate al mondo femminile. Nello stesso tempo iniziano ad uscire alcuni nuovi periodici come “Polvere di stelle” “Racconti di sogno” che mutano il modello iniziale, è il segnale di una trasformazione che conoscerà nel ‘68 l’apparire della prima rivista femminista “La via femminile”. Una transizione che poi produrrà frutti più concreti a partire dagli anni ’70 in cui il mondo femminile diventa di grande attenzione. Le tirature dei periodici rivolti alle donne conoscono una notevole impennata ne saranno espressione giornali come “Cosmopolitan” di Mondadori 1973 “Mille idee” Rizzoli 1974. Dal punto di vista culturale e politico un segnale di cambiamento fu espresso nel maggio 1974 quando quasi tutte le testate, a parte quelle più cattoliche come “Alba”, si esprimeranno a favore del mantenimento dell’istituto del divorzio in occasione del referendum. Fu un segnale chiaro che la stampa rivolta alle donne aveva dal punto di vista politico un’idea abbastanza chiara. Sempre più frequentemente le tematiche sono diverse rispetto al passato, viene rappresentata una donna desiderosa di indipendenza, disinibita di fronte a tematica di politica e sessuali. I primissimi giornali scritti per donne erano anche scritte da donne, mentre a lungo verranno scritti da uomini rispecchiando gli stereotipi maschili o quello che gli uomini si aspettavano fossero le donne. Negli anni ’60 - ’70 è anche lo sbarco di giornaliste professioniste. Stampa sportiva in Italia Nasce negli anni successivi all’unità, a partire dal 1880 iniziavano a girare i primi fogli sportivi chiamati “L’eco dello sport” 1881, “Lo sport illustrato” 1881, “La rivista velocipedistica”. Testate di maggior spessore giornalistico saranno alcuni settimanali milanesi come “Il ciclo” “il ciclista” e anche un giornale torinese che si chiama “La tripletta”. Solo con l’inizio del ‘900 iniziano ad affermarsi dei periodici sportivi destinati a conoscere una fortuna maggiore come “Tribuna sport” 1902, “Lo sport del popolo” 1913, “La domenica sportiva” 1913, i primi periodici che esprimono un livello giornalistico apprezzabile. Il periodo del fascismo è un periodo di grande interesse per lo sport perché lo utilizza come veicolo e strumento per enfatizzare le vittorie. Anche dopo il crollo del fascismo questo seguito che la stampa era riuscita a ricavarsi viene mantenuta e ancora di più esaltata. Una prima analisi dei principali quotidiani: • “La gazzetta dello sport”, nata come bisettimanale nel 1896, nato dalla fusione di due giornali: uno torinese “La tripletta” e il milanese “Il ciclista”. Inizialmente stampato su carta verde è un quotidiano attento fin dai suoi albori a tutti gli sport principali praticati in Italia, anche se fin dall’inizio manifesta un chiaro interesse per il ciclismo. Nel 1899 la gazzetta della sport diventa rosa e divenne un tratto distintivo. Con l’inizio del secolo la gazzetta inizia a manifestare interesse anche sul terreno dell’organizzazione di grandi avvenimenti sportivi come gli incontri di scherma e le gare podistiche. Nel 1905 si getta nell’organizzazione di eventi ciclistici, il giro di Lombardia 1905, la Milano-Sanremo 1907. Nel 1908 la gazzetta diventa trisettimanale, nel 1913 diventa quotidiano. Quello che più connoterà la gazzetta è l’organizzazione del giro d’Italia (maglia rosa). Dopo la Seconda guerra mondiale il giornale dovette subire una breve sospensione, torna a correre dal punto di vista dell’interesse e dei numeri negli anni ’70 con l’avvento della televisione la gazzetta decide di trasformarsi. Il giornale non si occupa più di cronaca della partita e Gino Palumbo decide di raccontare il dietro le quinte, costruendo storie sempre diverse come il calcio mercato. I giornali sportivi conoscono un’impennata di interesse durante i grandi avvenimenti sportivi. • “Tuttosport”, nato nel 1945 come bisettimanale per iniziativa di Renato Casalbore e Cesare Fanti. Trasformatosi in trisettimanale, divenne quotidiano nel ‘51. Dotato di una struttura editoriale piuttosto modesta, inizialmente “Tuttosport” si distinse per una certa limpidezza di linguaggio, una spiccata eleganza grafica, una palese predilezione per il commento, attento e misurato, rispetto alle notizie. Anche grazie alla stagione fortunata delle due principali compagini calcistiche torinesi, il Torino e la Juventus, esso conobbe in quegli anni una notevole crescita delle vendite. Con l’arrivo del giovane Gian Paolo Ormezzano al giornale fu attuata una nuova trasformazione, con l’instaurazione di rapporti meno autoritari e gerarchi tra direttore e redazione e con lo sviluppo di un maggiore interesse per alcune tematiche non strettamente sportive. Nel 95 fu rilevato da un gruppo di industriali guidati da Amato Mattia, che lo rinnovarono sotto l’aspetto grafico con una prima pagina a calori. • “Il Litorale”, nato nel 1924 come trisettimanale con il nome “Corriere dello Sport”, diventa quotidiano del 1927 con il nuovo nome. Con l’intento di entrare in competizione con “La Gazzetta dello Sport”, decise di focalizzare il suo interesse sul pugilato. Al momento della caduta di Mussolini il giornale si trovava sotto la gestione diretta del Partito nazionale fascista. Viene sospeso e riprende le pubblicazioni con la guida di Pietro Petroselli con la vecchia denominazione il “Corriere dello Sport”. Con il passaggio alla direzione di Antonio Ghirelli, il quotidiano assunse una veste grafica rinnovata, con una titolazione di maggiore effetto e il ricorso a giovani giornalisti di talento come Neri e Tosatti. Diventò il principale quotidiano sportivo per diffusione nel Sud Italia. Per iniziativa di Francesco Amodei, editore di “Stadio”, supplemento settimanale del “Corriere dell’Emilia”, fu decisa la fusione tra i due giornali e la creazione del “Corriere dello Sport-Stadio”. Fu anche scelto di dividere le edizioni attraverso la diversa colorazione della testata: verde per il Nord e rossa per il Centro-Sud. pochi grandi editori riuscirono a calamitare l’interesse di pubblici differenziati. A partire dall’ingresso sul mercato delle televisioni commerciali di Silvio Berlusconi, il sistema televisivo in Italia conobbe per giunta un modello di sviluppo fondato su una condizione di sostanziale duopolio (Rai – Fininvest). Quando era scaduta la convenzione tra Stato e Rai per il monopolio delle trasmissioni televisive, erano iniziate a fiorire varie reti private di carattere locale, alle quali la Corte costituzionale aveva formalmente garantito il diritto di trasmissione anche via etere. La prima norma organica in Italia in materia radiotelevisiva, la legge n. 233 traduceva in termini giuridici due assunti fondamentali: il principio dell’interesse generale nella programmazione radiofonica e televisiva e l’esigenza di garantire un minimo di pluralismo dell’informazione. Per dare corso a tali obiettivi venivano introdotte anche alcune regole antitrust e una disciplina per gli spazi pubblicitari, mentre era resa obbligatoria la presenza di un direttore di rete e di un telegiornale con relativo direttore responsabile. Nel gennaio 1991 nacque Studio Aperto di Italia1 (diretto da Emilio Fede), seguito dal Tg5 di Canale5 (diretto da Enrico Mentana), e nel giugno successivo dal Tg4 di Retequattro (diretto da Edvige Bernasconi). In questo modo prese per la prima volta avvio una reale concorrenza tra testate giornaliste. Il Tg5 scelse un orario di programmazione che lo pose in aperta competizione con il Tg1. Ben presto anche i giornali televisivi divennero dunque dei prodotti da vendere, in un regime di relativa concorrenza, caratterizzati da una sempre maggiore spettacolarizzazione di toni e contenuti, in cui le notizie iniziarono a diventare delle storie narrate. Le rapide innovazioni tecnologiche, allo sviluppo di internet, pose per la prima volta simultaneamente in collegamento i giornalisti di tutto il mondo, permettendo di condividere un unico patrimonio di informazioni e una omogeneizzazione nell’impostazione professionale dei giornalisti, specie di quelli appartenenti alle nuove generazioni. Fu una mutazione del modo di fare giornalismo che aveva avuto una sorta di anticipazione in una trasmissione come Mixer, in cui si erano fusi l’immediatezza dei temi trattati, i toni incalzanti e diretti, l’intelligenza nella scelta degli argomenti e nella loro drammatizzazione. Nelle scalette dei notiziari avviene uno spostamento di interesse delle notizie di carattere strettamente politico a quelle di cronaca destinate al grande pubblico, in linea con la citata tendenza. Per un mercato come quello dell’informazione, l’esigenza di vendere un prodotto (spettatori) a un operatore commerciale (inserzionista), fornendo una interpretazione del mondo funzionale agli interessi dei venditori stessi, divenne del resto un requisito indiscutibile. Progressivamente gli interessi dei giornalisti iniziarono a spostarsi dall’universo dei partiti a quelli dei maggiori leader politici, con uno stile enfatico e popolare, tipico dei regimi presidenziali. Con il trascorrere del tempo e con la crescente internazionalizzazione dei processi comunicativi, gli stessi governi di attrezzarono naturalmente per sfruttare a proprio vantaggio il potenziale delle nuove trasformazioni. Soprattutto in occasione di passaggi di particolare tensione, come le guerre, essi, attraverso il controllo delle immagini e delle notizie circolanti su scala mondiale, iniziarono ad attivarsi per raggiungere con la loro propaganda anche i pubblici internazionali. La televisione pubblica in Italia nel dopoguerra aveva riflesso soprattutto la predominanza politica della Democrazia cristiana, divenne poi lo specchio di una nuova logica maggioritaria e l’oggetto di dure contese tra i leader degli schieramenti in competizione interessati a instaurare un rapporto diretto con i telespettatori, anche a costo di scavalcare i giornalisti nel loro tradizionale ruolo di mediazione. Il tempo dei periodici e la crisi della stampa di partito Il mondo dei periodici, particolarmente quello dei newsmagazine, ha saputo realizzare un notevole salto di qualità, grazie anche al maggiore ricordo a grafiche moderne e ai progressi tecnici nell’uso del colore. Soprattutto i periodici in formato rotocalco, rivolti a un pubblico popolare, avevano attraversato negli anni Settanta una stagione di rigoglio, giungendo a diffusioni di rilievo. Nel contempo, mentre settimanali come “Oggi” e “Gente” avevano iniziato a subire la concorrenza di riviste popolari votate allo scoop, allo scandalismo e al sensazionalismo, come “Novella 2000”, “Stop” o “Cronaca Vera”, e alcune vere e proprie leggende giornalistiche come “La domenica del Corriere” ed “Epoca” avevano iniziato un declino e si era espressa l’affermazione di riviste come “Radiocorriere TV” e “Sorrisi e Canzoni TV”. Anche il settimanale cattolico “Famiglia Cristiana” grazie a una diversificazione dei temi e delle rubriche aveva mantenuto alto il suo gradimento tra il pubblico, mentre in vetta alle preferenze dei lettori interessati alla politica e alla cultura si erano affermati due settimanali “L’Espresso” e “Panorama”. Nel corso dei decenni successivi il quadro non fu attraversato da vere e proprio rivoluzioni, nonostante la crescente concorrenza di mezzi come la radio e la televisione. Una vasta indagine avviata nel 92 dalla Procura della Repubblica di Milano tolse il velo su un contesto di corruzione assai diffusa ai massimi livelli del mondo politico e finanziario. I risultati delle indagini sollevarono indignazione nell’opinione pubblica e provocarono lo sfaldamento o il ridimensionamento di alcuni tra i maggiori partiti politici nazionali. Chiusero vari storici organi di partito come “L’Avanti” e “La Voce Repubblicana”, mentre “L’Unità” di sganciò dall’esperienza politica comunista cambiando il sottotitolo in “Giornale fondato da Antonio Gramsci”. Un successivo processo di privatizzazione, avviato a partire dal 1997, non diede i risultati sperato, tanto che il calo delle vendite fece intravedere lo spettro di pesanti licenziamenti. Limitatamente ai giornali di estrema sinistra a maggiore tiratura, diversa fu nel complesso la vicenda del “manifesto”, testata come rivista mensile nel giugno 1969 da alcune componenti della sinistra del PCI inizialmente vicine a Pietro Ingrao. La “Liberazione” nacque come orfano d’informazione del Partito radicale, esprimendo nel complesso una ricca dialettica interna e un’esistenza vivace. Anche la “liberazione” tuttavia alla fine fu coinvolta nella crisi della stampa di partito. Per quanto concerne il fronte della stampa cattolica, l’inizio degli anni Novanta coincise con una chiara definizione delle forze in campo. Molto forte era divenuto l’ancoraggio al magistero di Karol Wojtyla, il quale, al contrario del predecessore, appariva poco favorevole a onerosi investimenti sul giornale. Sin dall’Ottocento i giornali cattolici che avevano goduto di maggior successo e durata erano stati quelli locali o diocesani, che avevano saputo meglio radicarli in un determinato contesto geografico. Anche nel secolo successivo, quasi a confermare una certa tendenza del lettore medio a ritrovarsi in un giornale cattolico solo nel caso di una sua stretta identificazione con un territorio. Nel momento in cui la Dc si sciolse il suo organo ufficiale, “Il Popolo”, che come altri organi di partito sopravviveva solo grazie ai contributi pubblici, era divenuto l’organo del nuovo Partito popolare di Mino Martinazzoli. “Il Popolo” di quella stagione fu tuttavia un quotidiano a tiratura e foliazione assai ridotte, quasi un’agenzia interna ad uso dei militanti vicini al partito. Nel 2003 esso interruppe le pubblicazioni, pe lasciare spazio al nuovo organo del raggruppamento politico della Margherita, il quotidiano “Europa”. Il mondo di internet A partire dagli anni Novanta del XX secolo il rapido estendersi della cosiddetta digitalizzazione dei media e dell’eccesso alla navigazione attraverso internet permise lo sviluppo e la ramificazione di este reti orizzontali di scambio delle informazioni: da uno a uno, da uno a molti e da molti a molti, fondamentalmente istantaneo, semplice e a basso costo. Internet nasce quando il ministero della Difesa americano chiese a un’agenzia di nome Arpa di studiare un sistema di comunicazione capillare, non dipendente da un nodo centrale, in grado di preservare i collegamenti via computer tra vari punti strategici in casi di guerra nucleare. Tale rete decentralizzata, poi denominata ARPANET, avrebbe dovuto essere costruita in maniera da consentire la trasmissione di dati anche nel caso in cui qualche nodo della rete fosse risultato danneggiato. Il sistema fu presentato al pubblico nel 1972, congiuntamente a un programma per la gestione della posta elettronica, si espanse rapidamente, grazie a un sistema di protocolli che rendevano possibile lo scambio di dati tra sistemi collegati. Furono soprattutto gli atenei americano a sfruttare per primi lo straordinario potenziale di quel mezzo. La crescita del sistema fu assai rapida, al punto da travalicare i requisiti di sicurezza ritenuti indispensabili dal ministero della Difesa americano, rendendo molto difficile un’azione di controllo dei contenuti informativi e dei messaggi scambiati. Nel 1983 si giunse alla creazione di due reti: la prima, legata al Pentagono, preso il nome di Milnet, la seconda rete civile con il nome di internet. Il nuovo protocollo denominato World Wide Web garantì alle imprese private di connettersi alla rete e rese nel giro di pochi anni internet uno strumento di comunicazione e commercio, di controllo dei cicli produttivi a distanza, di accesso a servizi pubblici e privati, rendendo in molti casi inutile la presenza fisica degli operatori nei luoghi di lavoro. I giornali online consentirono nel contempo per la prima volta al lettore di svolgere un ruolo interattivo di dialogo, tanto che tutti i maggiori quotidiani tradizionali furono rapidamente costretti a ridefinire il proprio profilo sulla base di nuovi orizzonti multimediali, in linea con l’ennesimo processo di adattamento dei vecchi media ai nuovi, a cui alcuni studiosi attribuirono in seguito il nome mediamorfosi. Il vantaggio per le versioni online era di poter garantire un aggiornamento costante delle informazioni, senza però assicurare la loro necessaria accuratezza. Gli editori non attivarono i propri giornali online solo per sperimentare nuovi metodi ma anche per gestire meglio la raccolta pubblicitaria. Per il modo in cui vennero a strutturarsi e per lo straordinario sviluppo e diffusione che queste nuove forme di comunicazione ebbero, le versioni online dei quotidiani diventarono rapidamente terreno di caccia di un nuovo mercato di inserzionisti a pagamento. Giornalisti e lettori digitali L’avvento dei computer contribuisce a razionalizzare le strutture e ad abbatterne i costi di produzione, sotto altri aspetto però produce conseguenze negative a livello di occupazione di alcune categorie di lavoratori. Soprattutto i vecchi meccanismi di scrittura furono profondamente modificati, anche se gli incalliti amanti degli antichi mezzi non sparirono del tutto. Per la compilazione di un quotidiano venne meno l’esigenza di molte figure professionali. Miliardi di informazioni potevano inoltre essere immagazzinate in banche dati elettroniche, evitando il ricorso a voluminosi e polverosi archivi redazionali e riducendo in maniera inimmaginabile il lavoro di ricerca di dati storici. Le e-mail furono un altro passaggio fondamentale per i rapporti tra i giornalisti e la redazione. Esso tolse infatti di mezzo le lunghe telefonate per la dettatura di pezzi, i problemi per la spedizione dei fax, le fasi di ribattitura da parte dei tipografi. Il sistema consentiva a chi riceveva il pezzo al giornale di correggerlo, impaginarlo, tagliarlo e renderlo disponibile per la stampa in tempi straordinariamente brevi. Anche il linguaggio e le regole del giornalismo subirono delle trasformazioni, nel senso di una sempre minore rigidezza nella gerarchia delle notizie e di una sempre maggiore propensione alla sintesi e alla prevalenza delle immagini sulle parole. I contini tra l’informazione e l’intrattenimento divennero inoltre sempre meno distinguibili. Questo modo di fare giornalismo votato alla creazione di prodotti seducenti, visivamente stuzzicanti, emotivamente toccanti, fu anche causa di un progressivo
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