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Riassunto Introduzione all'etruscologia G. Bartoloni, Sintesi del corso di Archeologia

Riassunto Introduzione all'etruscologia G. Bartoloni

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 02/06/2020

Paola-Venturi10
Paola-Venturi10 🇮🇹

4.4

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Scarica Riassunto Introduzione all'etruscologia G. Bartoloni e più Sintesi del corso in PDF di Archeologia solo su Docsity! GILDA BARTOLONI INTRODUZIONE ALL'ETRUSCOLOGIA CAPITOLO 1 - STORIA DEGLI STUDI (Maurizio Harari) 1.1 L'immagine degli etruschi presso gli antichi Nella tradizione letteraria latina e greca gli etruschi appaiono in quattro ambiti tematici: le origini, la censura moralistica del loro stile di vita, il riconoscimento di una competenza nelle cose della religione e un linguaggio figurativo delle arti a se stante. Venivano descritti come crudeli e lussuriosi. Le creazioni in terracotta sono poi centrali nell'esperienza etrusca con un riconoscimento della scuola di Veio. L'architettura è molto stimata, sia quella funeraria sia quella templare. 1.2 Il medioevo In Toscana e in Lazio è documentato l'uso di urnette come reliquiari, ma anche di sarcofagi, ma in generale non vi sono grandi interessamenti a questa civiltà. 1.3 La scoperta degli etruschi Nelle prime riflessioni dell'umanesimo si cerca di dare un senso agli antenati pre-romani, spesso misticizzandoli, come fece il frate domenicano Giovanni Nanni detto Annio, facendo addirittura coincidere gli etruschi con qualche passaggio della bibbia. Nel XVI secolo ci furono tre rinvenimenti vicino ad Arezzo: La Minerva nel 1541, la Chimera nel 1553 e l'Arringatore nel 1566 e anche se rappresentavano ormai un'Etruria in declino, vennero accolte con grande clamore come testimonianze del passato toscano. 1.4 Il settecento, il secolo degli etruschi Il settecento si apre con la pubblicazione, da parte di Thomas Coke, anche se scritto da Thomas Dempster, del De Etruria, la primissima etruscologia della storia. Si sviluppa contemporaneamente un filone esasperatamente campanilistico e avventuroso, spesso caratterizzato dalla contraffazione, chiamato etruscheria o etruscomania. Vi sono stati comunque grandi collezionisti di cultura materiale, come Gori, Guarnacci e Passeri. Per quanto riguarda una seria enciclopedia della storia dell'arte, il primato va a Winkelmann, che però non la classifica come tra fasi a sviluppo a campana ma ascendente, come i greci. Heyne invece presenta cinque stili: indigeno, pelasgico, agittizante e due fasi di imitazione greca. L'abate Luigi Lanzi invece adotta un metodo di studio basato sul materiale archeologico e sulle epigrafi, scrivendo manuali che diventeranno fondamentali nell'800 per i futuri studi etruschi. 1.5 Il secolo delle scoperte archeologiche L'ottocento è stato il secolo delle scoperte archeologiche. Vi furono frenetiche attività di scavo con un conseguente frenetico mercato antiquario, che fece finire mlti reperti in mani private. Si privilegiò l'esplorazione delle tombe piuttosto che gli insediamenti abitative, poichè le prime davano più reperti dei secondi. Inoltre si scavavano le metropoli etrusche come Vulci, Caere (Cerveteri), Tarquinia e Chiusi, senza quasi nessun criterio di scavo, siscavava solo per trovare e vendere. Alcuni nomi di queste caccie al tesoro sono: Luciano Bonaparte, Giovanni Pietro Campana, Vincenzo Campanari. I paesaggi rudi dell'Etruria entrano a far parte del Grand Tour. I maggiori progressi dell'etruscologia ottocentesca si devono a Otfried Muller che fondò l'Instituto di corrispondenza archeologica (1829). Verso la metà dell'800 di scoprono resti etruschi anche nella valle del Po, a Villanova, Marzabotto e Bologna, dove si scopre la cultuura degli incineratori villanoviani e si cominciano a porsi domande sui loro possibili contatti con la gente delle terramare. Un campo di studi molto importante del XIX secolo è quello sugli studi linguistici, grazie anche al Liber linteus zagabriensis, trovato a Zagabria e rappresentante il più lungo testo etrusco mai rinvenuto. Un'altro elemento importante fu il ritrovamento di un modello bronzeo di fegato ovino con sopra le varie iscrizioni per formare gli indovini. 1.6 Il ritorno degli etruschi (1919-1942) Agli inizi del XX secolo, grazie alla scoperta delle statue fittili acroteriale del tempio del Portonaccio a Veio, si rinnova l'entusiasmo per gli etruschi. Molti artisti rimasero affascinati da questi modelli non greci a cui fare riferimento, come Arturo Martini. Ovviamente queste scoperte furono quasi perfette con l'ideologia nascente del tempo di un'origine etnica e territoriale propria, qualcosa da difendere per poter riconoscere un'origine intrinseca alla terra d'origine. 1.7 Massimo Pallottino Massimo Pallottino, col finire della seconda guerra mondiale, ridefinisce la fisionomia di uno strudioso dell'etruscologia, un etruscologo, che avrebbe dovuto occuparsi globalmente della materia. 1.8 Fortuna espositiva degli etruschi nel secondo novecento Da parte di Pallottino fu organizzata la "Mostra dell'arte e della civiltà etrusca", prima a Zurigo e poi a Palazzo Reale a Milano nell primavera del 1955, che promosse una riattualizzazione del tema, ospitata poi a Parigi, L'Aja, Oslo e Colonia. Inoltre aprì la strada ad altre mostre, come quella di Mansuelli su Spina e l'Etruria padana. Nel 1985 Pallottino "fondò" l'anno degli Etruschi e riuscì a coordinarsi con una decina di città italiane per l'organizzazione simultanea di mostre a tema eetrusco con una corretta periodizzazione. Nello stesso anno si svolse il secondo congresso internazionale etrusco e venne redatto il volume "Rasenna. Storia e civltà degli etruschi", con il superamento degli equivoci etnico nazionali. In successione, sia in Europa che in Italia, si organizzarono decine di mostre. La prima cosa che Pallottino fa è dividere il popolo etrusco in fasi, dalle culture enolitiche all'epoca arcaica (p.50). 2.2.1 La questione della provenienza Vi sono tre tesi per le origini: orientale, autoctonista e settentrionale. Il punto di partenza sono le fonti letterarie, prendendo d'esempio autori antichi che ipotizzavano le origini etrusche. Erodoto e Licofrone davano ragione ad un'origine asiatica dalla Lidia. Sofocle, Tucidide, Anticlide, Varrone, Plutarco valutavano invece un origine orientale coi pelasgi. Dionisio di Alicarnasso propendeva invece per un'origine autoctona. 2.2.2 La questione della formazione etnica Lui spiega che l'arrivo di coloni orientalii dall'Asia minore tra la fine del periodo villanoviano e l'inizio del periodo orientalizzante sarebbe impossibile poichè le fonti antiche indicano una cronologia ben più remota. Altra teoria: Il contributo di stranieri greci e orientali allo sviluppo delle attività economiche e all'incivilimento dell'Etruria sarebbe accettabile, senza contare che però si sarebbe dovuta affermare una lingua greca. Altra teoria: l'esistenza di una nazione etrusca prima della fase villanoviana. Possibile. Altra teoria: nazione etrusca nata da una fecondazione transmarina egeo orientale e potrebbe essere plausibile ma mancano elementi per collocare questo evento nella tarda età del bronzo in concomitanza con il TRS-tirreni intravista in Egitto. Altra teoria: il processo formativo risale ad un'epoca ancora più antica nel quale in qualche modo si sono trovate affinità tra etruschi e abitanti di lemno, plausibile. Altra teoria: rapporto tra il costruirsi della nazione e il diffondersi del fenomeno culturale villanoviano che sembrano coincidere. Questa teoria va chiarita meglio. Annientando fondamentalmente le tre tesi tradizionali, Pallottino cerca di dare una spiegazione. Pallottino propone l'idea di un'antica nazione preesistente che ha avuto una serie di contatti da collocare tra l'enolitico e l'età del bronzo, supportanto l'idea di autoctonia con un apporto orientale che entra in gioco quando già era in espansione il periodo villanoviano. 2.3 La ricerca sull'erudizione antica Briquel vuole cercare di capire come mai nell'antichità si siano formate leggende così precise sull'origine etrusca. 2.3.1 La percezione greca Il problema delle origini etrusche se lo sono posti soprattutto i greci e Bererd prende in esame la possibilità delle migrazioni tirreniche di età micenea o post micenea. Esiodo li descrive come illustri tirreni di una terra molto lontana, non usando però il loro nome specifico, etruschi, ma usando Tyrsenoi, termine generale per tutte le popolazioni italiche incontrate. Vi sono inoltre due credenze per la provenienza orientale: pelasgica e lidia. Nella credenza pelasgica ci sono due credenze per il possibile scambio: o un moviemtno dal mondo greco a quello etrusco, oppure viceversa, adombrando il fatto che potessero essere entrambi. Ecateo di Mileto identifica gli etruschi con i pelasgi che dopo lungo vagare nell'Egeo avrebbero trovato sede nella penisola italiana. Gli etruschi vengono anche riconosciuti nei lidi, l'ipotesi più diffusa nell'antichità, soprattutto perchè l'appoggiava Erodoto, secondo il quale gli etruschi sarebbero giunti dalla Lidia poco prima della guerra di troia sotto la guida del re eponimo Tirreno. Se si avvalorano queste teoria, gli etruschi dovrebbero avere un'origine più antica di quella dei greci. 2.3.2 La percezione romana In epoca tardo-repubblicana e alto-imperiale viene ripresa la teoria delle origini per motivi propagandistici. Il primo sotenitore dell'autoctonia etrusca, Dionigi di Alicarnasso, non sviluppò questa tesi per avvalorare l'origine etrusca di Roma, bensì per allontarla, per poter affermare che Roma avesse avuto origini greche e quindi fosse più prestigiosa. 2.3.3 La percezione etrusca Gli etruschi si consideravano autoctoni anche se fondamentalmente non avevano prove. I miti e le leggende proprie della civiltà non hanno comunque alcun riferimento ai greci o agli orientali, diversamente dal fatto che gli etruschi avevano memoria della loro identità e loro stessi facevano risalire la loro origine all'XI/X secolo a.c. 2.4 La ricerca nelle fonti di documentazione linguistica L'etrusco ha assonanze con lingue europee in generale, corrispondenze di radici e forme neei relitti di substrato documentati dalla toponomastica mediterranea e specie nella penisola, affinità nel campo dell'onomastica con ambienti linguistici d'Asia Minore, nucleo lessicale senza confronti e dunque appartenenti a stratificazioni linguistiche remote. La lingua, accertabile dal periodo orientalizzante in poi, si è sicuramente sviluppata in Italia e questo esclude una colonizzazione linguistica dall'esterno, senza però eliminare l'ipotesi d iun filone di lingua straniera radicato nell'egeo. Vi sono comuque strette parentele tra lemnio ed etrusco, sia per quanto riguarda l'alfabeto, sia per i numerali. C'è da dire che nel lemnio non esiste la u usata dagli etruschi, e nell'etrusco non esiste la o usata dai lemni. C'è comunque da dire che fanno entrambe parte di una lingua strutturata posta in dua aree geografiche molto diverse tra loro e questo può essere accaduto in due modi: per separazione non prima della tarda età del bronzo oppure per migrazione da oriente a occidente (o viceversa)di "pirati villanoviani". L'etrusco presenta coincidenze lessicali, morfologiche e onomastiche con il retico alpino, come le forme genitivali, le forme verbali e la congiunzione k. A tal proposito Prosdocimi ha proposto la teoria per il quale un ramo di popolazione etrusca settentrionale si sia emarginato, all'epoca più antica dell'invasione della val padana, mentre van der Meer ha proposto lo stesso fatto ma tra il 900 a.c. e il 600 a.c. Il dibattito è tutt'ora acceso tra indoeuropeo o non-indoeuropeo, arrivando alla conclusione che sicuramente l'etrusco non è una lingua indoeuropea ma una interazione fra pre-etrusco e indoeuropeo ci deve essere stata. 2.5 La ricerca nelle fonti di documentazione archeologica Pallottino ha attribuito agli etruschi le manifestazioni della cultura villanoviana tra il X e l'VIII secolo a.c. in diversa aree come la Toscana, dal Tevere all'Arno, la pianura padana, il salernitano, Fermo. Questo concince ancora di più Pallottino a far risalire all'apoca del bronzo finale la fase formativa del popolo etrusco, se non ancora prima e quindi il costruirsi della nazione etrusca sarà da ricercarsi nella cultura protovillanoviana. Vi sono inoltre due fattori che secondo Pallottino hanno creato una condizione di cultura urbana: l'affermarsi fra le popolazioni dell'italia antica di una coscienza della propria individualità nazionale e il passaggio da popolamento distribuito in una pluralità di villaggi a uno incenttrato su più vasti agglomerati proto-urbani, tutto testimoniato dall'incardinarsi di manifestazioni religiose condivise e intorno alla condivisione di una lingua comune. 2.6 La ricerca genetica La componente genetica non può essere un fattore determinante nella questione delle origini, anche se comunque gli studi sul dna rivelano origini orientali. CAPITOLO 3 - LA FORMAZIONE URBANA (Gilda Bartoloni) 3.1 Introduzione L'inizio dei processi culturali si colloca nella tarda età del bronzo (XI-X), per finire poi nella prima età del ferro. Nell'ultima fase dell'età del bronzo si nota già una continuità di vita delle città etrusche, gli abitanti abbandonano i villaggi per stanziarsi in gruppi di varie centinaia di individui. Nella storia italiana, la maggior parte del primo millennio a.c. viene indicato come età del bronzo, divisa in tre fasi: • antica, XVIII-XVI a.c. • media, XVI-XIV a.c. • tarda, XIII-X a.c., che si articola in un momento recente (XIII-metà XII) e finale (metà XII-X) L'età del ferro ha due fasi: una nel IX secolo a.c. (925-800) e una nell'VIII (820-720) 3.2 I precedenti: la cultura protovillanoviana e la formazione di culture locali Nella fase finale del bronzo la disposizione degli abitati appare meglio distribuita, di cui conosciamo 70 centri abitati sicuri, insieme ad uno sfruttamento intensivo del territorio. Un esempio di abitato tipico si presenta su un'altura di circa 5 ettari, vicino a corsi d'acqua e isolato, es: Sito di San Giovenale, vicino Viterbo. Questi comunque non erano completamente abitati poichè vi erano zone dedicate al bestiame o alla coltivazione. Un ottimo esempio abitativo è Castellaccio di Sorgenti della Nova, un insediamento articolato su varie terrazze artificiali, naturalmente fortificato, con abitazioni per famiglie nucleari, abitazioni a painta ellittica per famiglie allargate, grotte artificiali per luoghi di culto o magazzini o struttre di servizio, alcune forse per il riparo di piccoli animali domestici. In altri abitati sono state trovate enormi struttre rettangolari, probabilmente rappresentanti la casa del capo delle comunità. Da attività di pastoria nomade si passa alla coltivazione sedentaria (orzo e farro), così come l'allevamento (bovini, caprovini, maiali). La caccia non è molto diffusa. Il perfezionamento della produzione metallurgica aiuta molto lo sviluppo delle coltivazioni e questa produzione appare elemento fisso in una regione ricca di miniere, testimoniate dalla scoperta di varie forme di fusione trovate a Scarcera, vicino Grosseto. Sono inoltre comuni i depositi di bronzi, probabilemente magazzini di artigiani e defunto di titolare della casa e di guerriero. In questo periodo i corredi non lasciano trasparire differenze di status o di ricchezza. 3.6 Rapporti e scambi con genti di altre culture Col passare del tempo i corredi si fanno sempre più ricchi (ornamenti per le donne, armi per gli uomini, vasi per entrambi) e simboleggiano anche gli scambi commerciali con altre popolazioni, come quelle della Sardegna nuragica. Accanto all'incinerazione vediamo l'inumazione in fosse o in camere con coperture a pseudo-volta (Populonia). Piccoli gruppi di deposizioni maschili o femminili si distinguono per tombee monumentali od oggetti di prestigio, ad indicare lo svilupparsi delle differenze sociali. Gli studi affermano che questo è un periodo di forte crescita demografica con però un'elevata mortalità infantile. Dalla fine del IX secolo gli scambi commerciali diventano più vivaci. Si notano contatti con altre culture villanoviane data la circolazione di manufatti bronzei. I centri dell'Etruria meridionale sembrano controllare i traffici lungo la costa tirrenica. Alla fine del IX secolo notiamo nei corredi funerari di toscana e lazio settentrionale, pezzi bronzei sardi, così come in territorio sardo sono attestati pezzi bronzi etruschi. Gli etruschi hanno anche contatti con l'Enotria, l'area lucano-calabra, grazie a testimonianze di vasi di argilla depurata con motivi geometrici tipici ritrovati a Tarquinia e a Vulci. 3.7 La nascita dell'aristocrazia Inoltrandosi nell'VIII secolo a.c. si fa più evidente la differenziazione economica, sopratutto nei corredi funerari che aumentano quantitativamente e qualititativamente, in un'elite in cui la donna è priviligiata quanto l'uomo e riceve uguale profusione di beni. Nei corredi maschili troviamo: lo scudo circolare di lamina di bronzo decorato a sbalzo, l'elmo crestato, spada di ferro con fodero in bronzo, lance di ferro e di bronzo, più rare le asce. A Bologna le armi non appaiono ma si nota il corredo del guerrioro in miniatura. Inoltre abbiamo sempre pezzi di altre culture. I corredi femminili sono carratterizzati da ornamenti pertinenti a ricche acconciature e da fuseruole e rocchetti di impasto accompagnati talvolta da fusi e conocchie in bronzo. Si cominciano a notare manufatti di origine orientale e greca: sigilli, scarabei e pendagli. Nei sepolcreti le tombe sono organizzate a nuclei famigliari. I bambini sono sempre separati dagli adulti. 3.8 Le fortificazioni e il ripopolamento del territorio Da circa metà dell'VIII secolo a.c. (villanoviano evoluto) la popolazione di Tarquinia comincia a spostarsi verso est, cioè verso la moderna Tarquinia, dove poi verrà costruita la moderna necropoli orientalizzante-arcaica-ellenistica. A questo periodo sono riferibili le più antiche fortificazioni come a Veio dove è presente il sistema difensivo più antico: un muro a terrapieno ora alto solo 1.20m e spesso 3m, compromesso dalla successiva cinta muraria. E' costituito da strati di pietra e argilla e nella parte interna presenta dei gradoni. A Vulci sono state scoperte mura dell'inizio dell'età del ferro, con la precisa intenzione di tagliare fuori determinate parti circostanti. A Bologna è presente una doppia palizzata lignea che racchiudeva un camminamento di 4,50m, probabilmente intervallato da torri. E' presente un vaso biansato corrispondente ad un rituale di fondazione. Questa fase difensiva che emerge in tutti i centri dell'etruria va di pari passo all'emergere dell'aristocrazia. Inizia il questo periodo, ma si afferma più avanti, l'uso di un modello funerario al di fuori delle necropoli, negli appezzamenti di campagna, per sottolineare le proprietà. I nuovi insediamenti che si creano in questo periodo tendono ad occupare di nuovo quei territori abbandonati in precedenza all'inizio dell'età del ferro, anche se si sottolinea il legame gerarchico tra i centri minori e quelli maggiori, collegato alla nascita di veri e propri agri gentilizi. I fiumi segnano i confini territoriali dei grandi distretti villanoviani. Il ceto egemone afferma la propria supremazia on solo con la terra ma anche con gli scambi e la pirateria marittima. Era in uso lo scambio di doni tra personaggi eminenti e la gestione degli scambi era affidata di solito ad uno specifico individuo, riconoscibile per le ricche panopilie sulla sepoltura. I cento anni che vanno dalla metà dell'VIII secolo a.c. a quella del VII secolo a.c. sono cruciali per le innovazioni che renderanno i centri protourbani verso le poleis di tipo greco, dalla lingua orale a quella scritta. 3.9 L'incontro con il mondo greco A partire dal 770 a.c. delle comunità greco-euboiche si stanziano nel golfo di Napoli ed entrano in contatto con gli etruschi, poichè i primi erano interessate alle colline metallifere governate dai secondi. A Tarquinia, Cerveteri e Veio sono presenti pezzi di coppe biansate greche nei corredi funerari. Vengono assimilate da essi sia tecniche figurative che tecniche culturali come la scrittura, il banchetto, il defunto eroico. Si apprendono nuove tecniche ceramiche e si da il benvenuto ad artisti stranieri. Si deve ai greci l'introduzione della viticoltura e anche il consumo cerimoniale del vino, simbolo ora dei gruppi aristocratici. Si apprendono nuove tecniche di lavorazione del ferro, molto usato dai greci. Lo sviluppo delle tecniche ceramiche e metallurgiche porta ad una nuova professione, l'artigiano a tempo pieno. 3.10 La nascita di un potere centrale Gli aristocratici etruschi tendono a presentarsi come dei re. A Veio, tra l'VIII e tutto il VII secolo a.c. si notano figure di capi molto potenti, come i re di Roma, che hanno una forte ingerenza sul territorio circostante, fino alla foce del Tevere. Questo è testimoniato da dalle leggende sulle guerre tr Romolo e Veio, con la pace dei 100 anni. Nella tomba 1306 di Veio, aCasal del Fosso, un defunto è coperto da due scudi, da un'elmo e dalla corazza, da due spada, da lance e da morsi equini in bronzo. Una mazza, uno scettro e due vasi in bronzo finiscono il corredo, probabilemnte di un re. Gli scavi negli abitati stanno portanto alla luce abitazioni decisamente differenti dalle classiche capanne e presentano una struttra in legno con più ambienti, portici e cortili, da considerarsi residenze regali. Si svolgevano anche eventi politici, comunitari, religiosi, spesso con banchetti. A Populonia è stata trovata traccia di una cerimonia per la riedificazione della struttura (probabilmente a causa di una nuova leadership) con 100 tazze in un buco di palo dismesso. I participanti dovevano essere esponenti delle famiglie aristocratiche. Il numero 100 va in riferimento all'assemblea dei 100 anziani costituita da Romolo. 3.11 L'Etruria dei principi e il modello orientale e greco Tra l'VIII e l'inizio del VII secolo i popoli fenici e greci viaggiano nel Mediterraneo, con le stesse simili ideaologie importate dall'oriente, il tutto controllato comunque dalle famiglie aristocratiche e dai loro capi-caln, le cui ricchezze sono le terre, il bestiame e i servi, mentre lo strato più basso della società è composto da piccoli proprietari terrieri, artigiani, indovini e aedi. La casa era un modo per mostrare il proprio status e presentava corti, stalle, scuderie, portico, camere per gli ospiti e per le donne. Questti capi-clan spendevano poi il surplus dei loro guadagni per imitare il modo di vivere della corte asiatica. Nei corredi funebri dei capi-clan appaiono di rado oggetti medio-orientali, identificati come doni di apertura da parte delle oligarchie fenicie al fine di stabilire rapporti economici duraturi. Un esempio sono le patere fenicio-cipriote della tomba Regolini Galassi di Cerveteri con raffigurata una processione ed una scena di caccia. I principi etruschi si rappresentavano seduti in trono con insegne in mano ed accompagnate da flabelli. Cambiarono le loro tecniche di combattimento adottando tecniche orientali. 3.12 Il ruolo delle donne Grande rilievo ed importanza viene dato alla donna, così come i beni di ornamento femminile diventano preziosi negli scambi. Nel rituale funerario la donna appare sotto i molteplici aspetti di filatrice, tessitrice, madre, padrona di casa o bene da esibire. Il lavoro della lana è il simbolo della donna così come il lavoro delle armi è il simbolo dell'uomo. La donna viene SEMPRE indicata come filatrice, a volte come tessitrice, poichè per essere tessitrice devi essere padrona di casa e non tutte lo sono. Le sepolture principesche si differenziano per la quantità e la qualità dei beni deposti, gli abiti erano spesso di lana o di lino. L'Odissea è il poema che meglio riflette la vita delle corti aristocratiche del primo orientalizzante nel mediterraneo. Un esempio delle attività svolte dalle donne è il tintinnabulo di p.117, una campanella a scopo forse religioso, in cui sono incise scene di filatura e scene di tessitura. Tutte le donne erano destinate al matrimonio poichè erano portatrici di ricchezze e di pace (per via degli accordi che si creavano tra le famiglie con lo sposalizio). Anche la famiglia della donna è importante poichè la discendenza femminile garantiva la cittadinanza. 3.13 Questioni cronologiche Tarda età micenea XIV-XII secolo a.c, inizio colonizzazione greca in Italia prima metà VIII secolo a.c.- inizio dell'ultimo quarto dell'VIII secolo a.c. La fase orientalizzante è posta al VII secolo a.c. si indirizza quindi anche verso il commercio e non più solo verso le proprietà terriere. Anche se vi è un ampio strato strato di cittadini e forza lavoro questo non produce uomini liberi e il potere è ancora nelle mani di pochi e questo porterà nel V secolo a.c. ad una crisi tipo patrizi vs plebei romani. I maggiori cambiamenti di questa urbanizzazione sono: • ristrutturazione del tessuto urbano: le strade assumono una scansione regolare, come a Capua e a Pompei dove le strade sono organizzate su modello della magna grecia per strigas - assi viari ortogonali, anche se questo metodo è utilizzato un po' ovunque e viene attuato su città nuove e antiche, simboleggiando una rinascita e quindi avente un suo rituale religioso. L'esempio più chiaro è quello di Marzabotto con l'abitato orientato in senso astronomico e sormontato dall'acropoli. Gli edifici hanno dunque più o meno le stesse dimensioni • ristrutturazione del tessutto delle necropoli: anche le necropoli assumono un aspetto isonomico. Dal VI secolo a.c. si sviluppa a Cerveteri e a Orvieto la tomba a dado, costruita sopra terra, una camera quadrangolare destinata alle coppie, manifestando l'esigenza di limitare l'ostentazione aristocratica con le grandi tombe familiari. Un esempio di necropoli a dado è quella di Orvieto di Crocifisso del Tufo. Sull'architrave della porta d'ingresso sono presenti i nomi dei proprietari • il cambiamenti onomastico: compaiono nuovi gentilizi basati sui nomi individuali pertinenti a elementi di più recente organizzazione politica e rimangono i tradizionali nomi gentilizi ma portati al genitivo • organizzazione del paesaggio agrario: nell'età arcaica questo paesaggio vede uno sfruttamento intensivo. I centri urbani attraggono popolazione ed aumenta il fabbisogno alimentare. Si migliorano quindi le tecniche agricole e si ampliano i campi coltivabili. La terra cltivabile di Orvieto salva anche Roma dalla carestia del V secolo a.c. Per creare terre coltivabili si distruggono i centri minori in precedenza abbandonati, come accade per Murlo da parte di Chiusi. Le opere di bonifica sono imponenti, così come quelle di canalizzazione. A Pontecagnano anche la terra viene divisa ortogonalmente e divisa in piccoli possidenti, creando colture intensive cerealicoli ma anche colture specifiche come vite e ulivo e quindi vino e olio, dando vita a impianti specifici per la lavorazione di questi prodotti, come a Doganella nella valle dell'Albenga • dinamica degli scambi: dalle colture intensive e specifiche si crea un surplus e nascono gli scambi poichè molti prodotti vengono esportati in tutto il Mediterraneo occidentale: nella Gallia meridionale per esempio di esportava vino, mentre in Sardegna, Sicilia e Cartagine si esportavano profumi. I mercanti fenici si rivolgono al mondo etrusco per beni alimentari e materie prime come stagno e ferro. Sul versante adriatico i porti principali sono Spinaa e Adria. L'autorità urbana tende a regolamentare gli scambi e i luoghi sono sotto la protezione di santuari In questa dimensione alla fine del VI secolo a.c. si conia la prima moneta etrusca a Populonia: nominali di argento di piccolo taglio utilizzate per favorire gli scambi, mentre a Vulci il ponderale della monetazione prodotta è più alto e si pensa quindi ad uno scopo di compenso o deposito di valore. 4.6 La crisi L'aristocrazia ristretta non consente la "creazione" di cittadini liberi, troppo spaventata di tenere stretta la sua egemonia politica. Si cominciano a opprimere le attività del ceto medio per paura di una crescita e quindi nasce una crisi con il crollo della committenza pubblica e con la riappropriazione da parte dell'aristocrazia delle terre coltivabili. La crisi si manifesta prima nell'Etruria meridionale, nel Lazio e nella Campania nella metà del V secolo a.c. Popolazioni esterne si appropriano così delle terre coltivabili. I volsci vanno nel lazio, in Campania nasce il popolo dei campani, i galli invadono la pianura padana. Il sistema politico condanna poi una società che non sa liberarsi dai princeps e continua a basarsi su domini e servi. I partrizi etruschi di Orvieto richiedono l'intervento difensivo di Roma che però ha svolte drammatiche: i romani distruggono città e santuari e segna la fine dell'autonomia politica del mondo etrusco. CAPITOLO 5 - GLI ETRUSCHI NELLA PIANURA PADANA (Giuseppe Sassatelli) 5.1 Introduzione Nell'area padana sono attestate 12 città etrusche. 5.2 Felsina/Bologna A Bologna, antica Felsina, era riconosciuto un primato di grande rilievo ed era ritenuta la capitale del territorio etrusco nella pianura padana. Ci sono poche fonti storiche ma molte archeologiche. Le prime attestazioni della cultura villanoviana risalgono al IX secolo a.c., come nelle altre zone. Il popolo si riunisce in tre villaggi principali e successivamente intorno ad un solo (villa cassarini), intorno a quella che sarà la futura città storica. Le necropoli si dispongono all'esterno degli abitati. Il ritrovamento di ripostigli di oggetti in bronzo prodotti con tecniche avanzate induce a ipotizzare un'area economicamente ben organizzata e sviluppata, inserita nei grandi circuiti commerciali. Col passare del tempo il villaggio di villa cassarini assume un ruolo emergente mentre contemporaneamente gli altri villaggi circostanti si esauriscono. Diventa ufficialmetne proto-città di Felsina e cerca di espandersi fino VII secolo a.c., quasi fino al Po, con un controllo serrato sulla valle del reno. Il territorio venne bonificato e sfruttato per l'agricoltura estensiva. Nella fase più antica, VIII-VI secolo a.c., non si hanno molte notizie sull'assetto urbano più interno, mentre se ne conosce molto bene delle zone circostanti. Le abitazione erano variamente sparse nel territorio con molto spazio tra loro, forse per l'agricoltura e le attività a essa collegate. E' ben documentata una consistente attività metallurgica del bronzo. Attorno all'area dell'abitato si disponevano a ventaglio i sepolcreti, con 4000 tombe per la fase villanoviana e orientalizzante e circa 1000 per la fase successiva, chiamata in questa zona fase felsinea, con una continuità che va dal IX secolo a.c. al IV secolo a.c. A partire dall'VIII secolo a.c. comincia a comparire una forte differenza nei corredi funerari, facendo notare individui appartenenti ad un gruppo dominante, detentore di ricchezza economica e potere politico, testimoniato anche dal possesso di un cavallo. La cultura artistica è molto elevata ed è testimoniata da ceramiche dipinte secondo novità greche, dalle ceramiche a stampiglia tiipiche di Bologna, dalla monumentalità di certe sculture funebri. Sono famose le stele protofelsinee, orientalizzanti, a ferro di cavallo con più registri di decorazione, presentano motivi iconografici orientali. L'alfabeto è un'acquisizione precoce in questo territorio e di conseguenza lo è la scrittura (VII secolo a.c.). 5.3 Verucchio Verucchio è un centro villanoviano molto interessato agli scambi commerciali e poco all'organizzazione politica. Esercitava un certo controllo sulla costa adriatica e sullo scalo di Rimini, stando però su di un altura ben difesa di 50 ettari. Ai piedi del colle si disponevano a ventaglio le necropoli. Le abitazioni erano a painta circolare con fondazioni di muretti a secco e tetto in tegole, come a Bologna e a Marzabotto nel V secolo a.c. L'apporto più strano che le tombe hanno portato alla luce sono manufatti lignei simili a troni con schienali decorati da scene figurate. 5.4 La crisi del VI secolo e Bologna Nel periodo villanoviano ed roientalizzante quindi i maggiori centri erano Bologna e Verucchio. A partire dal VI secolo si instaurano dei cambiamenti cannessa alle varie discrepanze nel mediterraneo tra etruschi, greci e cartaginesi. L'area padana assume ora una maggiore importanza visto il suo sbocco sul mar adriatico. L'intero territorio si riorganizza e nascono i centri di Marzabotto, Spina e Mantova, con i quali si organizzano al meglio gli scambi commerciali con l'Europa transalpina, notando che il territorio non è più quindi subordinato solo all'agricoltura. Col passare del tempo questi centri non vengono usati solo per smistare ma divengono veri e propri centri di produzione e trasformazione, facendo arrivare dall'Etruria tirrenica le materie prima per poi lavorarle e commerciarle. In questo contesto storico si colloca la definitiva evoluzione in senso urbano di Felsina-Bologna, ora dotata di una ripartizione in assi tipica etrusca, con almeno un edificio templare,a cnhe le evidenze archeologiche sono poche ed ad aiutarci sono soprattutto le necropoli. L'insieme degli aspetti topografico-urbanistico e politico-istituzionale permetti di individuare la Bologna del VI secolo a.c. come una città nel senso pieno del termine, granzie anche alle fonti documentarie. Le due maggiori necropoli sono presso i giardini margherita e i giardini della certosa. In quest'ultima è presente una strada larga 15m con pavimento a ciottoli e dotato di canali di scolo laterali. I corredi delle tombe ricordano l'idea del banchetto e quindi presentano vasi, utensili da cucina e utensili per il vino. Le tombe lasciano trasparire l'idea che non è più solo la ricchezza che conta nella vita ma anche le cariche che hai ricoperto. Le stele felsinee che compaiono nelle tombe sono molto utili per testimonianze delle varie categorie sociali dell'epoca, a volte notando anche lo zilath, la suprema magistratura cittadina. 5.5 Marzabotto La città etrusca di Marzabotto, al contrario di Bologna, è ricca di resti archeologici. Il suo impianto urbano è perfettamente conservato, orientato astronomicamente, e presenta anche le tracce e le strutture di un rito di fondazione, attuatoverso la fine del VI secolo a.c. e forse il suo nome antico era Kainua, dal greco "città nuova". L'auguraculum (punto d'osservazione) era posto sul punto più alto dell'acropoli, alle spalle degli altri edifici sacri. Era presente un ciottolo infisso al centro della città con incisa sulla sommita una croce che reca i punti cardinali. Il rito di fondazione consisteva nell'augure che dall'auguraculum e rivolto verso est-sud-est, eseguiva la trasposizione degli assi 6.3.1 La prima età del ferro Già nella prima età del ferro si evidenziano stretti legami con l'Eruria meridionale. L'assetto proto- urbano si assesta subito al meglio con una netta distinzione tra zona dei vivi e zona dei morti, a dimostrare una coesione politica e un buon livello di organizzazione. In questa prima fase vi era una terza necropoli vicino al porto di Pontecagnano, poi insabbiato nel VI secolo a.c. L'età del ferro è divisa qui in due fasi: • la prima dal IX fino ai primi anni dell'VIII secolo a.c. Il rituale funerario prevalente è l'incinerazione con deposizione in un ossuario biconico in impasto collocato in tombe a pozzetto, con un'ansa dell'ossuario rotta. Nelle tombe maschili il coperchio è l'imitazione di un elmo, oppure presenta figure zoomorfe o antropomorfe. Da questa zona proviene l'unica urna a capanna di tutta la Campania. Come in Etruria, nel IX secolo le tombe sono tutte simili senza diffrenze nel corredo, rispettando le norme collettive limitando l'autorappresentazione nel rito funebre. Nella prima fase della prima fase gli uomini hanno solo rasoi come corredi, nella seconda fase di questa prima fase presentano anche armi (lance e spade). Vi sono varie forme vascolari di origine indigena. Verso l'VIII secolo i corredi cominciano a definire la famiglia onorata. Troviamo elementi importati dalla Sicilia, dalla Basilicata, dalla Sardegna • la secondo che dura per tutto l'VIII secolo, conclusa con la fondazione di Cuma. Si cominciano a vedere famiglie che detengono più potere delle altre e che gestiscono gli scambi commerciali, con trasmissione ereditaria della ricchezza, testimoniati anche da scambi cerimoniali di doni tra Pontecagnano, Capua Cuma, Sicilia, Sardegna ed Etruria tirrenica, con la presenza di vasellame greco di età geometrica. 6.3.2 Il potere dei principi (periodo orientalizzante) Il passaggio all'orientalizzante si nota con la nascita di gruppi dominanti di persone che detengono stabilmente il potere politco-economico, aristocrazie a carattere ereditario, simili alle gentes dell'Etruria, con a capo un principe che accentra nella sua persona diversi poteri. Si abbandonano i sepolcreti più antichi e si integraano nuovi simboli e comportamenti, come per esempio la piena visibilità della categoria infantile nelle necropoli. Ma perchè avviene ciò? Per una generale ri- organizzazione tra abitato e necropoli, segno di un'autorità politica in grado di gestire il territorio. Si crea un'area pubblica con una piazza ed una struttura absidata. Nelle necropoli le tombe orientalizzanti non si sovrappongono a quelle dell'età del ferro e ora il rito dominante è l'inumazione con tombe a fossa. Si instaurano norme edivieti collettivi che si manifestano soprattutto nel corredo di base di una tomba, adottato alla fine dell'VIII secolo e mantenuto fino alla seconda metà del VII secolo a.c., presentando dei vasi di impostazione greca basati sul consumo del vino + anfore d'impasto + la scodella che allude al consumo di cibi solidi. Vi sono poi elementi ascrivibili solo a famiglie con una certa importanza, come anforette brune di importazione, uso della scrittura e del nome gentilizio, tessuti funerari preziosi. Nella necropoli occidentale si afferma il modello di principe-eroe e il rituale prevede la cremazione con la deposizione delle ossa in pregiate stoffe, nella necropoli orientale merge la figura della principessa femminile. 6.3.3 Capua tra la prima età del ferro e il periodo orientalizzante Attualmente corrisponde al paese di Santa Maria Capua Vetere. Le fonti sulle fondazione non sono uniformi ma tutte concordano sul caratere etrusco della città. Le fasi più antiche della città trovano evidenza archeologica nelle necropoli, con una frequentazone villanoviana tra il X e il IX secolo a.c. La necropoli di Nuovo Mattatoio ha restituito circa 400 tombe dove si attesta l'uso dell'ossuario biconico e l'elmo-coperchio + spade e fibule. Vi è una composita cultura materiale, a sottolineare i diversi rapporti tra culture, come a Pontecagnano. Nella seconda fase dell'età del ferro appaiono la tazza con ansa a lira, amuleti e ornamenti orientali. Compiono le prime ceramiche geometriche greche. Le necropoli affermano la concentrazione di ricchezze ina lcune famiglie. Nelle tombe femminili appaiono anche coltelli di ferroe set completi di strumenti sacrificali. Non sono tuttavia presenti tombe del peiodo orientalizzante attesanti il grande sfarzo dell'affermazione dei principi, ma forse perchè non sono ancora state trovate. Alle soglie dell'età orientalizzante appaiono le prime tombe dotate di corredi di ostentazione. 6.4 L'influenza culturale etrusca e il processo di urbanizzazione di età arcaica Il periodo arcaico è chiamato anche Seconda etruschizzazione della Campania, che in realtà è solo un fenomeno di forma diffusa di omologazione culturale. L'influenza etrusca si manifesta in tre aspetti principali: ampio processo di inurbamento e aggregazione insediativa, inizio della produzione del bucchero campano (ceramica nera a lucida, fine e leggera), diffusione della scrittura etrusca anche nelle aree indigene. Si sviluppa anche un sistema campano nell'edilizia pubblica, un mix tra stile etrusco, greco ed indigeno. 6.4.1 Etruschizzazione e sviluppo urbano La pianificazione urbana comporta una rigorosa articolazione funzionale degli spazi, che resterà immutata fino alla conquista romana, ed una monumentalizzazione delle aree pubbliche come i santuari. Si creano nuovi insediamenti in aree precedentemente non urbanizzate come la penisola sorrentina, l'argo nolano, la valle del Sarno, Nocera e Pompei. Un documento eccezionale in lngua etrusca è la tabula capuana, uno dei più lunghi testi pubblici esistenti, databile tra la dine del VI e l'inizio del V secolo a.c. I rapporti tra greci ed etruschi si rafforzano come testimoniano le influenze greche sulla sfera pubblica, nei culti e dell'edilizia. Capua-Cuma riveste un ruolo privilegiato nella cultura della Campania: fioriscono dal punto di vista urbano e artigianale nello stesso periodo. Questo lo possiamo intuire dall'affermazione di un patrimonio simbolico meticcio e un sistema architettonico campano basato su rivestimento di terracotta policroma destinato a strutture templari di tipo tuscanico con elevato in mattoni e colonne e trabeazione legnee. Questo sistema nasce agli inizi del VI secolo a.c. e un elemento distintivo sono le antefisse a testa femminile. Questo sitema arriverà anche nel Lazio e nell'Etruria, fino in Sicilia. 6.4.2 La Campania meridionale: Pontecagnano, Fratte A Pontecagnano si riassetta l'organizzazione produttiva, si suddividono in lotti le necropoli con aree privilegiate per i gruppi elitari e aree separate per i componenti non adulti e alcune zone vengono monumentalizzate, si ritrutturano gli abitati in base ad una nuova pianificazione funzionale che prevede la destinazione di settori specifici ad attività manufatturiere e la fondazione di due santuari, uno a nord e uno a sud. Le nuove aristocrazione hanno monopolio sull'imprenditoria. All'inizio del VI secolo a.c. vi è un'ingente espansione produttiva ed artigianale con nuove fabbriche ceramiche. Nella metà del VI secolo a.c. le città di Fratte e Poseidonia entrano nel commercio diventando le referenti principali di scampi e Pontecagnano si converte ad un'economia agricola. I corredi presentano ora vasi in bucchero di tipo ionico, sostituito poi dal modello attivo a fine secolo. Al margine sud-orientale della città si impianta un santuario dedito ad Apollo il cui nome appare in greco e si sviluppa sulla piazza centrale precedente. A nord invece è presente un santuario per una divinità femminile, forse Demetra o Cerere e presenta un recinto e decorazioni fittili; le offerte votive risalgono ai primi anni del VI secolo a.c. e consistono in vasi capovolti, tubi fittili ed una coppa in bucchero con iscrizione in etrusco. Fratte invece è una fondazione voluta da gruppi aristocratici di Tarquinia e Vulci e presenta abitazioni in pietra con tetti di tegole e due santuari. 6.4.3 La valle del Sarno e Pompei Pompei si sviluppa ai primi anni del VI secolo a.c. su una terrazza che controlla la zona costiera e la foce del Sarno. L'abitato più antico presentava una rete stradale basato sull'incrocio di due assi ed una piazza. E' presente un santuario ad Apollo, manumentalizzato alla metà del secolo. 6.4.4 Capua Per tutta l'età arcaica Capua è il centro etrusco egemone della regione e di questo abbiamo molte evidenze archeologiche. Si monumentalizzano le aree pubbliche, soprattutto i santuari. La tabula capuana, già citata, è un documento utile per capire i culti del territorio e i riti ad essi relativi. Il santuario suburbano di Fondo Pattrelli è monumentalizzato già nelle prime fasi, anche se scavi clandestini hanno rovinato molte fonti. Era situato in un bosco sacro con un tempio principale e diversi templi minori. La divinità titolare femminile era connessa al culto della fertilità, forse Uni o Fortuna o Madre Natura. Nella produzione di terracotta si nota la "madre campana", una divintà in trono che allatta più bambini in fasce ed è un culto popolare che persiste fino al II secolo a.c. Non è ancora stata individuata l'altra area sacra del territorio, che comunque sopravvisse alla conquista campana. Al 524 di data la battaglia di Cuma, dove Aristodemo diventerà tiranni della città, che però vede un grande sviluppo ed opere pubbliche. Si svluppa anche il reparto artigianale con bronzistica, ceramica campana a figure nere e coroplastica. Si afferma il dinos come vaso cinerario e la struttura a cubo per il sepolcro. 6.5 Dall'egemonia etrusca all'etnogenesi dei campani Questi sistemi elencati perdurano fino al V secolo a.c. e la crisi investe Etruria, Lazio, Campania + la fine della talassocrazia etrusca + affermazione di diverse realtà del mondo italico. In Campania è già nell'età di aristodemo che vengonoa a galla latenti tensioni sociali che diventeranno poi rivendicazioni etniche. La battaglia di Cuma ha provocato un rafforzamento della componente sannitica nell'area. L'uccisione di Aristodemo e la seconda battaglia di Cuma (con gli eruschi socnfitti) segnano il definitivo tramonto di un'epoca e l'inizio di una chiusura oligarchica. Si affermano Siracusa e Napoli e Cuma a controllare il golfo. L'aristocrazia capuana cambia il nome della città in Volturnum a indicazre una nuova rifondazione della città e a sancire una voluta viene riempito con le evidenze archeologiche. CAPITOLO 8 - L'ARCHITETTURA (Gilda Bartoloni) 8.1 Le capanne Capanne: costruzioni di piccole dimensioni caratterizzate dal fatto di essere prime di fondamenta e costruite con materiali deperibili e sono disposte senza alcun ordine prestabilito e distanti tra loro. I resti di queste strutture sono costituiti da fondi di capanna. Le piante sono documentate in diverse forme e molto importanti per lo studio delle capanne sono le urne funerarie usate tra il IX e l'VIII secolo a.c. Gli esempi più grandi di capanne hanno anch'essi diverse piante, più usate sono quelle ovali o rettangolari, a volte in due ambienti, quelle più evolute con vestibolo rettangolare e ambiente interno circolare. A volte le fondamenta sono profondamente interrate, a volte notiamo canalette di fondazione che fungevano da guida, altre volte sono presenti fori circolari sono presenti nel terreno e servivano per infilarci i pali a sostegno della copertura; il tetto può essere "a quattro falde" sorretto da intelaiatura su quattro o sei pali, oppure "a doppio spiovente". Fori all'esterno potrebbero indicare puntelli a sostegno delle pareti. A volte il perimetro delle capanne appare delimitato da muretti di pietra a secco o da argini di sassi e fango. La porta è posta su un lato corto della capanna, spesso con un portichetto antistante. All'interno si nota la presenza di un focolare al centro. Per le abitazioni rialzate è più difficile fare ipotesi a causa della deperibilità dei materiali. Le pareti erano fatte con fronde miste ad argilla e poi fatte seccare, sorrette da pali fissati verticalmente al suolo, una porta sul lato breve, tetto coperto da frascame reso impermeabile con l'argilla, la luce entrava dalle finestre. Le fosse trovate senza traccia del focolare sono probabilmente magazzini o fosse di scarico. Raramente si riesce a capire se un ambiente era dedito ad attività religiose. La più antica manifestazione di architettura funeraria si trova a Populonia dove nel IX secolo a.c. si attestano piccoli tumuli includenti tombe. 8.2 Le più antiche dimore aristocratiche Dalla fine dell'VIII secolo a.c. spiccano tra gli altri, edifici a pianta rettangolare con due o tre ambienti, definite "case di legno". Presentano tetto in materiale deperibile, aperte sui lati lunghi e corredate da portici e cortili; probabilmente residenze principesche. In questi luoghi dovevano avere sede i banchetti, come dimostrano evidenze archeologiche che hanno ritrovato un centinaio di tazze. Il passaggio dalla pianta curvilinea a quella rettangolare è attestato anche dalle urne a capanna, probabilmente per lo sforzo di allineare le abitazioni col reticolato stradale. La casa è orientata est-ovest con apertura a oriente, l'ingresso è segnato da una soglia di piccole pietre. 8.7 I santuari e il tempio tuscanico Il complesso santuariale più antico è quello del Portonaccio a Veio nel VII secolo a.c. Negli anni finale del VI secolo viene costruito il tempio diApollo, primo esempio in Etruria di tempio tuscanico: a pianta quadrangolare con triplice cella e pronao in antis aperto in facciata con due colonne a fusto liscio, innalzato sopra un podio quadrato. Nella seconda metà del VI secolo a.c. si canonizza l'edificio templare: i primi esempi rigordavano megaron e oikos, come quello a Tarquina dell'Ara della regina, in cui sono presenti due elementi che troveremo spesso nel tempio etrusco: alto podio e scalinata centrale solo sulla fronte. L'aggettivo tuscanico viene dato da Vitruvio e per essere definito tale deve avere una pianta quasi quadrata e l'edificio deve avere uno spazio chiusorettangolare ed uno spazio aperto antistante di pari estensione. La parte posteriore deve presentare tre ambienti in rapporto 3:4:3 per le celle. Le colonne devono avere basso capitello e l'altezza deve essere 1/3 la larghezza del tempio, il tetto a doppio spiovente. Lo spazio frontonale è aperto. Le misure si prendevano in moduli. Il tempio può essere fiancheggiato da una piscina per i riti di purificazione per il culto appolineo. Cerveteri ha molti santuari, che vengono allineati a sud- est. Santuario di Pyrgi nel porto di Caere: presenta due nuclei con culti differenziati separati da un fosso. Nel nucleo settentrionale è dedicato a Uni vi sono i templi monumentali B e A. Il nucleo meridionale è dedicato ad Apollo e si compone per lo più di altari. Il tempio B è a pianta periptera con peristasi a doppio colonnato anteriore con cella unica in antis. Le placche dell'alto rilievo narrano dell'uccisione dell'Idra e forse delle fatiche di Eracle. Il tempia A fu eretto nel 470 a.c., molto più maestoso di tipo tuscanico. Ha tre celle parallele e la centrale è più grande, precedute da un pronao profondo con tre file di colonne. L'alzato era in tufo bianco così come le colonne, i muri interni erano in mattoni crudi policromi. I lati corti erano decorati con frontone aperto con altorilievi sulle travi principali. Suoll'alto rilievo centrale posteriore soo raffigurati due episodi dei 7 contro Tebe, mentre ai lato erano presenti amazzonomachie. CAPITOLO 9 - LA SCULTURA (Marisa Bonamici) 9.2 Tra bronzo finale ed età del ferro Le più antiche opere di scultura etrusca sono statuette fittili di piccole dimensioni, tre esemplari maschili. I canoni del periodo erano testa e collo non distinti in forma conica, braccie e gambe brevi e robuste, fallo evidenziato, a volte con due appendici laterali sulla testa interpretate come corna. 9.3 L'età villanoviana In questo periodo di villanoviano antico le figurette di piccola plastica sono molto più diffuse a Verrucchio, Tarquinia, Vetulonia, Bisenzio. Un esemplare a Vetulonia mostra una figura femminile nuda posta sopra una coppia di brocchette di forma nuragica di cui non si sa l'identità. Nel villanoviano recente la gamma tematica si espande e si accentuano i tratti anatomici e le espressioni del volto: degli esempi sono uomo-donna nell'atto di abbracciarsi oppure due figure con la divinità femminile della morte che rapisce il defunto divenuto ormai mostro. Si diffondo gli appliques in bronzo. 9.4 L'orientalizzante antico e medio Primi decenni dell'VIII secolo inizia l'orientalizzante e nella scultura etrusca si adotta la statuaria in pietra di grandi dimensioni, pari al vero o leggermente ridotte e va di pari passo a tutto il Mediterraneo. I due monumenti più antichi finora conosciuti in Etruria sono due sculture ad alto rilievo ai lati del vestibolo della tomba degli antenati di Casaletti di Ceri scoperte nel 1971: presentano volumi equilibrati e sono seduti in posa ieratica su un tronocon suppedaneo, uno con uno scettro, l'altro con un lituo: posa della dignitas. Trovano riscontri nella statuaria sirio-ittita, forse un artista immigrato. Forse una delle due statue è una donna e l'interpretazione è che siano antenati. Sono datate al primo quarto del VII secolo a.c. In Etruria si acquisisce l'abitudine di rappresentare gli antenati nelle proprie tombe ed un altro esempio è la tomba delle cinque sedie con cinque figure di terracotta sedute su troni. A Veio e Caere la pietra sarà sostituita con la terracotta. Alla necropoli di casa nocera sono attribuibili due statue in pietra a tutto tondo di 2/3 del vero, forse maschio e femmina a causa della capigliatura: una lunga ed elaborata, l'altra corta, anche se non vi sono attribuiti sessuali, forse una maestranza locale. Complesso di statue della Pietrera di Vetulonia: otto personaggi ad altissimo rilievo le cui iconografie rimandano allo stile siro-fenicio mentre il confronto col repertorio della piccola plastica meridionale individua una cronologia nel 3/4 del VII secolo a.c. A Chiusi si diffondono invece coperchi d'ossuari d'impasto modellati con tratti del volto umano del defunto. Oltre a Caere e Casale Marittimo l'unico altro polo che conosce precocemente la scultura in pietra è Bologna con una specifica impronta orientale tardo-ittita. La piccola plastica si rinnova prendendo ispirazioni orientalizzanti, così come la bronzistica. 9.5 L'orientalizzante recente e l'inizio dell'età arcaica L'orientalizzante recente va dal 630 a.c. al 580 a.c. e l'epicentro della produzione scultorea si colloca a Vulci con sculture di impiego funerario in nefro locale il cui repertorio consistte in felini reali e fantastici, centrauri, cavalli marini come guardiani delle sepolture. Nel primo quarto del VI secolo a.c. si produce il centauro di Poggio marina che rappresenta la scultura etrusca di tipo iconografico di invenzione ellenica con volto dai tratti dedalici. In questo stile di colloca anche la statuetta del tomba di Iside che però rivela un gusto ionico in gesso alabastrino, forse da uno scultore di origini rodia: una donna ammantata che porge la mano destra nel gesto dell'offerta. A Tarquinia, con influsso vulciano, nasce la bottega dei lastroni a scala decorati a rilievo i cui resti si trovano nelle necropoli senza il significato ben chiaro. A Chiusi nasce una scuola di scultura, sempre con influenze di Vulci: notiamo la pietra dei - uno scudo decorato a rilievo e il monumento a gradoni dal tumulo di Poggio Gaiella. Successivamente questa bottega si specializzerà in sculture dedaliche per antenati. Di Chiusi sono autoctone anche le statue xoaniche (struttura cilindrica e non articolata del corpo), figure femminili con mani giunte al petto. Nell'Etruria settentrionale non vi sono grandi botteghe al momento se non Pisa. Per quanto riguarda la plastica in terracotta di grandi dimensioni ci troviamo di nuovo Chiusi, dove la produzione di coperchi canopi x i defunti si standardizza con influenze greche. Sempre a Ciusi troviamo il primo esempio di statue poste in un contesto architettonico: due antefisse a testa femminile da Murlo. Caere presiede alla creazione dei più antichi rivestimenti fittili architettonici. 9.6 Età arcaica e tardo-arcaica In questo periodo l'atelier funerario di Vulci è in grande fioritura con diverse botteghe con diversi stili ma con un sottotono ionico con un repertorio che predilige sfingi alate, leoni, pantere. Nella seconda metà del VI secolo a.c. Orvieto vede la ricezione di sculture di marmo greche come la Venere in marmo di Nasso in stile greco-orientale. Un'esplosione di botteghe lavoranti la pietra la si trova nel distretto toscano. A Chiusi si sviluppa la scultura a rilievo (cippi, teche, sarcofagi, urnette) con scene complesse come prothesis, cortei di donne, sfilate di armati e gare di carri; un esempio è il Plutone al museo di Palermo, una statue-cinerario con uno stile creco orientale per il volto ma con un coperchi ocanopo in trono. A Fiesole notiamo una serie di monumenti funerari costituiti da cippi tronco-piramidali sormontati da bulbie steli trapezoidali con rappresentazioni di CAPITOLO 10 - PITTURA E CERAMOGRAFIA (Maria Donatella Gentili) 10.1 Introduzione La pittura era considerata la vera arte guida. Di testimonianze di pittura greca ce ne sono molto poche ma qualche eco la possiamo notare nella penisola italica, in Etruria e nel sud, con l'Etruria presentante il più cospiquo corpus di tutte e tre le funzionalità: sacra, civile, funeraria, con una cronologia che va dal VII al II secolo a.c. La documentazione sulla sfera funeraria è prevalente in cui l'apparato pittorico non ha il solo scopo di finalità commemorativa ma diventa un carattere rituale con cui si realizza l'intento magico-religioso. 10.2 L'età geometrica (IX-VIII secolo a.c.) La decorazione di tipo geometrico risale all'età del ferro in vasi e urne nei depositi villanoviani. I segni usati fanno parte di una tradizione largamente condivisa nel Mediterraneo mentre la sintassi compositiva è organizzata e studiata diversamente dai vasi greci. Nei cinerari biconici si cerca di conciliare forma del vaso e decorazioni ornando non a tutto campo ma in zone selezionate come al sommo e alla base del collo e al punto di massima espansione. Gli ornati del collo sono solitamente fasce continue mentre nel punto di massima espansione si notano motivi entro riquadro con croci e svastiche. I coperchi sono di solito a forma di elmo o di ciotola rovesciata, a volte sormontata da una sfera che allude alla testa. Tutto questo più essere sia inciso che campito. Nell'Etruria meridionale dell'VIII secolo a.c. si sviluppano nuovi repertori, superando il periodo villanoviano, come cerchi concentrici, losanghe quadrettate, segni a s, ovali e motivi figurati come cavalli, cerbiatti, uccelli, pesci. La decorazione non si pone più a fasce separate ma si assume l'uso di serrati registri orizzontali. Probabilmente le maestranze sono straniere. Le botteghe si trovano a Veio, Vulci e Taquinia. Tra la fine dell'VIII e l'inizio del VII secolo a Tarquinia notiamo personalità di spicco come il pittore di Bocchoris e il pittore delle palme con elementi protocorinzi. I soggetti figurati acquistano sempre più spazio. Metopengattum: decorazione di origine euboica consistente in metope separate da gruppi di linee verticale e occupate da losanghe e diventa un elemento distintivo delle botteghe tra Tarquinia e Vulci. 10.3 L'età orientalizzante (720-580 a.c.) Durante l'orientalizzante antico e soprattutto a Cerveteri prospera ancora una ceramica subgeometrica con bande, fasce, denti di lupo, losanghe e clessidre. Tra Cerveteri e Veio gli elementi decorativi principali sono pesci e aironi. Cerveteri è la scuola ceramografica più vivace dove è presente il pittore delle gru che predilige grandi vasi e usa la tecnica di disegno con linea di contorno dove le partizioni anatomiche sono riempite con puntini o trattini o linee. A introdurre la figura umana, creando la possibilità di scrivere storie è il pittore dell'eptacordo, di probabili origini attiche, che usa sia la vernice rosso-bruna sui fondi chiari sia quella bianca sui fondi rossi. E' un periodo di floridezza economica è i committenti dei vadi vogliono mostrarsi come grandi eroi a cavallo. In qusto periodo appare in Etruria la grande pittura parietale funeraria. A Veio abbiamo esempi nella tomba delle anatre e nella tomba dei leoni ruggenti, intorno al 680-670 a.c. La decorazione pittorica nella tomba delle anatre è basata su 4 colori: rosso, giallo, bianco, nero e investe tutte le superfici. Le falde sono anch'esse dipinte in rosso e giallo mentre le pareti sono per metà rosse e per metà gialle raccordate da due strisce rosse e gialle contornate di nero. I volatili in questione sono 5 gradienti verso la deposizione. Si alternano figure a contorno con figure compatte a silhouette. Il volatile rappresenta il buon esio dell'ultimo viaggio. Alla stessa mano si deve la decorazione della tomba dei leoni ruggenti, forse del 690 a.c. Sono presenti anche qui le anatre ma al di sotto di esse si possono notare 4 leoni, due affrontati e due in teoria. Tutti gli animali sono a linea di contorno. Durante l'orientalizzante medio in Etruria meridionale di affermano i vasi in bucchero e la pittura funeraria si afferma a Cerveteri e dintorni, dove il colore viene steso direttamente sulla parete di tufo. Si infatizzano con i soliti 4 colori gli elementi architttonici più importanti in una struttura come finestre soffitti ecc. Vi sono elementi decorativi geometrici ed prientale come palmette e rosoni. Vi sono anche la tomba degli animali dipinti e dei leoni dipinti: la prima presente gruppi di leoni che sbranano un cervo e un ariete e due scene in cui compaiono figure umane come un cacciatore che abbatte un cervo con l'arco. La seconda presenta un corteo di leoni che si snoda sulle pareti della camera principale e sulle due laterali. Repertorio di matrice siro-fenicia. La pittura bianco su rosso col passare del tempo sviluppa un suo proprio repertorio orientale popolato di animali grandi e fantastici disposti in fila in un paesaggio di palmette, fiori di loro, viticci. Nell'orientalizzante recente si sviluppa una matrice corinzia della cultura che tende ad uniformare i contenuti, prima sempre misti tra geometrico ed orientalizzante. A Caere si conservano di questo periodo grandi anfore del gruppo policromo del pittore dei cappi che introduce il disegno graffito e le suddipinture in bianco e paonazzo. Oltre ai vasi di grandi dimensioni si producono gli aryballoi e piccoli contenitori per profumi. Queste sperimentazioni si riscontrano nella pittura parietale nella tomba campana a Veio (620 a.c.) e continuene un richiamo alla tradizione geometrica con cornice a denti di lupo sulla porta ma inflessioni tardo-orientalizzaqnti nei quattro pannelli ai lati del varco. Nei quadri superiori quattro uomini avanzano, di cui due cavalieri. Nei quadri inferiori prendono posto animali reali e mitici, il tutto in una natura rigogliosa. La tavolozza è dei 4 colori che però vengono sfumati aumentando i colori disponibili. La camera sepolcrale presenta semplicemente 6 scudi con decoro a scacchiera. La presentazione di più armamenti rispentto a quanti ne potrebbe tenere il defunto è segno di potere aristocratico in un'interrotta trasmissione genetica del potere. Nell'Etruria meridionale si sta portando a termine lo sviluppo della ceramografia orientalizzante mentre a Vulci si sviluppa la tecnica delle figure nere da parte di artisti di Corinto, come il pittore delle rondini. Negli stessi anni arriva anche il pittore della sfinge barbuta con origine corinzia che predilige soggetti zoomorfi. Il nome deriva dal fatto che ha aggiunto la barba alla sfinge per adeguarsi alle tradizioni locali. Sviluppa uno stile monumentale. A Cerveteri la tecnica a figura nere si differenzia perchè si decidere di decorare la parte inferiore dei vasi con motivi di squame incise mentre quelle superiori da registri di animali al passo. Nel 580 a.c. la ceramica etrusco-corinzia raggiunge la massima diffusione mercantile. La fase conclusiva è nel 560-540 a.c. quando si creano solo vasi per bere, per profumi e unguenti. 10.4 L'età arcaica (inizio VI secolo-metà V secolo a.c.) L'ampliamento degli strati sociali più agiati porta ad una maggiore richiesta di manufatti interni, sopratutto di vasellame destinato alla pratica del simposio. Verso il 540 a.c. coloni della ionia arrivano in Etruria, come si nota a Cerveteri con l'ovvio di due produzioni vascolari: i dinoi e gli hydriai, finalizzate al simposio. Le tematiche presenti sui dinoi sono danze e il vino, mentri gli autori degli hydriai sono più originali con soggetti mitologici. A Cerveteri sono presenti pitture monumentali su lastre architettoniche rinvenute nello scavo urbano della vigna parrocchiale. A Tarquinia nel 540 a.c. inzia la svolta nelle decorazioni pittoriche funerarie, prima non molto diffuse, con due tobe: la tomba dei tori e la tomba dei bartoccini. Nella tomba dei tori tra le due porte della camera funeraria c'è una scena mitologica, l'attacco di Achille a Troilo, il più giovane dei figli di Priamo. La seconda tomba vede la decorazione del soffitto a scacchiera policroma e nel secondo vano è presente un simposio con figure maschili distese sulle clinai. Nel decennio 530-520 a.c. trovano vita le tombe degli auguri, del cacciaotre, dei giocolieri, delle olimpiadi, della fustigazione e delle Leonesse, dove sono presenti soprattutto scene di vita quotidiana in parete interamente occupate di immagini. Nel secondo quarto del V secolo a.c. l'iniziatore della tecnica a figure rosse è Praxias. Nel V secolo a.c. a Tarquinia si nota la tomba delle bighe che segna l'affermazione dello schema decorativo dei sepolcri di età classica: scene di banchetto o simposio sulla parete di fondo, danzatori e musicisti fra alberi sulle pareti laterali. In tutte le tombe più significati tra 480 e 460 a.c. si nota la persistenza dei modi arcaicizzanti come la struttura della figura e il cromatismo, ma anche qualche esercizio prospettico. 10.5 L'età classica (metà V-ultimo venticinquiennio IV secolo a.c.) Nella metà del V secolo a.c. le oligarchie conducono un rallentamento nella committenza pubblica, soprattutto nelle zone costiere assediate da Siracusa. Per questo motivo la classicità si sviluppa nell'Etruria interna come Veio, Volsinii, Faletii, Chiusi e Arezzo. Anche a Tarquinia si notano gli sbocchi di questi nuovi orientamenti come nella tomba del gorgoneion, con volute e palmette e due figure maschili che si stringono la mano, e nella tomba dei pigmei è presente un fregio con 6 pigmei armatiche combattono contro 5 gru in un paesaggio roccioso. La visione dell'aldilà appare finalmente nella tomba dei demoni azzurri che presenta un lungo fregio senza cesure con banchetto e un corteo con il defunto su una biga che incede seguito da due danzatori. Sulla parete opposta c'è una visione dell'ade. Un impianto di botteghe di vasi a figure rosse si trova a Chiusi con un officina che produce vasi da simposio. A Orvieto c'è invece il pittore di Perugia, raffinatissimo disegnatore di divinità molto curate. Nel 390-380 a Falerii si impianta la più importante scuola di ceramografia dell'Italia centrale con autori attici, di spicco il pittore del diespater e il pittore di nazzaro. Si sviluppano decorazioni vegetali che dalla zona delle anse di protendono verso il campo figurato, scene di divinità dell'olimpo in piani sovrapposti con figure molto studiate nei dettagli, con influssi campani. Influssi apuli agiscono nel pittore dell'aurora: il vaso da cui trae il nome è un cratere arricchito da anse plastiche con teste di cerciatto a tutto tondo. A Vulci la pittura vascolare è di un livello molto alto, superando al meglio la crisi dell'arcaismo, producendo crateri e stamnoi funerari con influsso campano. Le opere più importanti sono del gruppo campanizzante, del gruppo dell'imbuto e dei pittori Alcesti e Turmuca. Le figure sono a scorcio con volti di 3/4 e chiaroscuro per mezzo di tratteggio. Il pittore di Mainz è il maggiore esponente del gruppo abitavano gli dei. Il cielo è diviso in quattro regioni che sono buone o cattive a seconda degli dei che lo abitano. 11.5 Gli dei Le due principali figure divine: • Tinia - Zeus. Età matura, aspetto paterno e solenne, regale e sempre col fulmine. Le sue storie coincidono con quelle di Zeus: nascie, duelli, interventi punitivi, amori innumerevoli • Uni - Era. Nella mitologia etrusca Uni si scontra con Eracle oppure viene salvata da Eracle, che la salva e diventa suo figlio. 11.6 L'elaborazione del pensiero religioso La nascita della disciplina religiosa degli etruschi è testimoniata da fonti letterarie latine come Cicerone e Seneca. Abbiamo una fonte scritta chiamata profezia di Vegoia, una serie di indicazioni di prescrizioni riturali e di predizioni che un essere sovrannaturale, la ninfa di Vegoia, rivolge ad un personaggio etrusco. Queste prescrizioni riguardano essenzialmente il divieto di spostare i cippi e quindi rende sacra la proprietà privata, anche se poi accenna anche a della cosmologia. La sanzione divina all'azione umana è insistentemente ricercata, forse come garanzia di sicurezza. Gli etruschi credevano che determiante condizioni non accadessero e basta ma che determinate condizioni siano predisposte da una volontà superiore per creare i fenomeni. La disciplina era divisa in tre libri: libri haruspicini, libri fulgurales, libri rituales. 11.7 Le tecniche divinatorie maggiori Frammenti dei libri fulgurales sono conservati nelle pagine di Plinio il Vecchio e di Seneca, relativi alla divisione del cielo per scopi di divinazione e alla classificazione dei vari tipi di fulmini e sarebbe stata la ninfa Vegoia a dettarne i principi. Bisognava avere una mappa celeste per suddividere il cielo in 16 parti e orientarli verso gli assi cardinali. Il presagio migliore era quando un fulmine tornava indietro nella stessa regione in cui era stato lanciato. Nell'interpretazione della folgore abbiamo: la ricerca del segno, la sua interpretazione e la sua espiazione, classificando i tipi di fulmini, circa 40. Successivemtne c'era la cerimonia del seppellimento del fulmine e compiuta l'operazione, il pozzo sepolcrale era sigillato e circondato da un recinto su cui poi avveniva un sacrificio e sacralmente recintato. In Etruria la folgore di Tinia era condivisa da diverse divinità, circa 9. Sicuramente era usato da Minerva. Poco rimane dei libri che trattavano l'indagine delle viscere delle vittime. Gli organi analizzati erano fegato, milza, cuore, polmoni. Il più importante era il fegato e si consideravano colore, consistenza e dimensioni. Questa tecnica si chiama aruspicina. Importante è anche il volo degli uccelli e anche le sortes, osservazione della dispozione o sull'estrazione casuale di piccoli ciottoli o tavolette o barrette di metallo. 11.8 Le forme del culto Nell'età più antica la venerazione verso la divinità aveva luogo nel gruppo familiare. I luoghi di culto della comunità sono in santuari naturali, grotte o laghi o corsi d'acqua. I santuari più arcaici sono riconoscibili dai depositi di offerte come come i bronzetti, raffigurante l'offerente e mai la divinità con i tratti derivanti dalla sua funzione sociale. Nelle aree che in età arcaica divvenero santuari sono stati ritrovati risti di edifici o di suppellettili di epoca villanoviana ed orientalizzante. Con la fine del VII secolo a.c. si riconoscono i primi edicifi sacri a servizio della compagine dei centri maggiori, hanno la forma a oikos e celebrano una società urbana la cui più particolare caratteristica è la guerra. Nella prima età arcaica compaiono forme più spettacolari di efidici che col tempo diventano più grandi con forme architettoniche del tempio aerostilo, come Pyrgi. Le forme diventano sempre più monumentali e dopo la fine del VI secolo a.c. assumono le forme del tempio tuscanico. Classificazione dei santuari: • templi urbani - sorgono nel cuore della città con divinità protettrici come il santuario dell'ara della regina a Tarquinia • acropoli - area sopra elevata dedicata al culto come a Volterra e Populonia e Marzabotto • santuari interni ma lontani - entro la cerchia delle mura ma lontani dal centro, spesso a controllo delle porte come sant'Antonio a Cerveteri o Tinia a Marzabotto • santuari periurbani - esterni alla città ma nelle sue pertinenze come il Portonaccio di Veio • santuari extraurbani • santuari extraurbani collegati ai orti, come Pyrgi, dedicato a Uni-Ino Leucoteca e altre divinità con un'imponente elaborazione monumentale architettonica e un secondo settore con edifici sacri 11.9 Il patto tra uomo e dio. L'offerta votiva, la preghiera, il sacrificio Il cuore del santuario è il tempio, la casa del dio. Il ruolo intorno a cui si svolge il patto tra uomo e dio è l'altare. Il liber linteus è un rotolo di lino in cui sono descritti i rituali e preghiere a discorso diretto. Momento culminante della cerimonia è il sacrificio cruento con vittima tramortita con l'ascia e sgozzata con la secespita. L'aruspice esibiva un costume particolare fatto con pelle di un animale sacrificato. Il devoto in nome del quale si compiva il sacrificio lasciava un dono al santuario, spesso con una dedica scritta.
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