Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto “Introduzione alla psicologia del lavoro”, Bologna; Il Mulino, Dispense di Psicologia del Lavoro

Riassunto del libro, integrato con le lezioni.

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 27/07/2022

Matilde-Riccadonna
Matilde-Riccadonna 🇮🇹

4.4

(32)

16 documenti

1 / 62

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto “Introduzione alla psicologia del lavoro”, Bologna; Il Mulino e più Dispense in PDF di Psicologia del Lavoro solo su Docsity! Professoressa Greta Mazzetti PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELL’ORIENTAMENTO INTRODUZIONE AL CORSO Le modalità di esame→ test 40 domande a risposta chiusa per 30 minuti. Libri: - “Introduzione alla psicologia del lavoro”, Bologna: Il Mulino - “Orientamento scolastico e professionale” Bologna: Il Mulino - “Sviluppare la carriera lavorativa” Bologna: Il Mulino CAPITOLO 1: LO STUDIO PSICOLOGICO DEL LAVORO Negli ultimi 30 anni il lavoro passa da fisico a mentale, si intensifica, cresce l’insicurezza lavorativa, si ha una frequenza dei cambiamenti organizzativi e c’è una richiesta maggiore di efficienza e produttività. I rischi psicosociali → fattori in grado di impattare sulla sfera psicologica (stati affettivi e cognitivi) con effetto sulla salute e sicurezza dei lavoratori, stress. Termine serendipità→ modalità conoscitiva che presuppone intuizione, apertura verso l’esperienza e flessibilità. PSICOLOGIA APPLICATA AI PROBLEMI DEL LAVORO La psicologia del lavoro può essere considerata una disciplina scientifica piuttosto ampia e articolata che si interessa dell’interazione tra persona e lavoro. Necessario chiarire cosa significa disciplina scientifica, in che modo il campo di azione della psicologia del lavoro di posizione rispetto ad altri ambiti del sapere psicologico, quale sia l’oggetto di studio e quindi come vada meglio specificato il comportamento umano e il contesto di lavoro Nacque negli Stati Uniti, si sposta in Europa con maggiore attenzione ai temi della salute, alla fatica e alla sicurezza dei lavoratori. In quel periodo appare il saggio di Friedman (1946) che pone l’attenzione sui problemi umani provocati dal macchinismo industriale, mettendo in luce le esigenze dei lavoratori verso una psicologia applicata. La psicologia garantisce una spinta all’efficienza che caratterizza le organizzazioni; contribuisce a migliorare la qualità della vita lavorativa e il benessere sia deli individui che delle stesse organizzazioni; contribuisce ad affrontare le sfide del mondo del lavoro (gestione delle diversità); infine, garantisce la gestione della dissoluzione dell’unità del lavoro nel tempo e nello spazio. PSICOLOGIA DEL LAVORO E ALTRE PSICOLOGIE La psicologia di base si occupa di psicologia: fisiologica, cognitiva, dello sviluppo, sociale e della personalità; la psicologia applicata fa riferimento alla psicologia: del lavoro, clinica, dell’educazione, della salute, giuridica e dello sport, per raggiungere l’obiettivo di capire i problemi pratici e le opportunità offerte. L’impostazione del modello di Taylor può essere definita pre-psicologica, nel senso che l’ingegnere ha condotto una serie di esperienze per comprendere come meglio organizzare il lavoro umano secondo una logica puramente economica di risparmio energetico e di tempi. Modello che mira a semplificare i compiti, a ridurre i tempi di esecuzione, a motivare le persone in base al principio esclusivamente estrinseco del premio di produzione → visione dell’essere umano semplicistica e naif, basata su nozioni di senso comune e non su uno studio scientifico dei processi psicologici implicati. Posto al centro dei sistemi produttivi il “fattore umano” senza però avere gli strumenti conoscitivi per capirne la complessità → prime critiche mosse al modello di Taylor da parte di Musterberg Altre critiche a Taylor sono state mosse dal movimento dei lavoratori e dai sindacati statunitensi →denunciavano l’aumento dei ritmi di lavoro, sfruttamento basato sul sistema sul sistema premiale che forzava i lavoratori alla massima produttività, semplificazione e impoverimento dei compiti, rischi legati alla sicurezza → oggetto di commissioni di inchiesta contro la diffusione su larga scala dell’organizzazione scientifica del lavoro. Denuncia di tali ebbe eco in Europa dove il taylorismo dove stentò a diffondersi proprio per la forte opposizione delle forze sindacali. Paradossalmente trovò ascolto in Unione Sovietica dove fu apprezzato da Lenin e venne “adottato” nella variante del modello stacanovista. Fordismo: forma di produzione basata principalmente sull’utilizzo della tecnologia della catena di montaggio al fine di incrementare la produttività. L’ESPERIENZA DEL CENTRO DI PSICOLOGIA DELL’OLIVETTI Nel 943, Adriano Olivetti → approfitta dell’ospitalità concessa a Ivrea a Cesare Musatti come rifugiato politico, chiede a questo già noto professore di Psicologia sperimentale di Padova di progettare un centro di psicologia innovativo rispetto a quelli di psicotecnica, non numerosi, ma già presenti in Italia. Novità: la presenza di psicologi in fabbrica avrebbe dovuto contribuire a migliorare sia l’organizzazione e la gestione aziendale sia le condizioni del lavoro nelle fabbriche, dando voce agli operai stessi e alle loro legittime esigenze di partecipazione. Musatti → prima come unico consulente poi altri entrano in Olivetti in tempi diversi e con il contributo di alcuni giovani psicologi. Il centro, inizialmente chiamato Laboratorio di psicotecnica, viene annesso all’Ufficio di selezione del personale (e degli allievi del Centro formazione meccanici) e solo dal 1959 diviene formalmente Centro di psicologia, come struttura autonoma, con maggiore autonomia operativa e visibilità. Francesco Novara → il centro si caratterizza per una metodologia che integra l’approccio clinico, l’osservazione e l’indagine quali-quantitativa. Realizza un programma di iniziative che pongono le basi per una originale presenza psicologica in azienda, riconosciuta di grande valore anche dalle varie funzioni aziendali (progettazione, produzione, gestione del personale e marketing). Si concretizza per la prima volta in Italia un campo di azione professionale che tocca tutte e tre le aree di studio e intervento oggi convenzionalmente denominate Psicologia del lavoro, delle organizzazioni e delle risorse umane. CAPITOLO 2: LAVORARE OGGI A partire dagli anni ’80 con la rivoluzione delle tecnologie e la globalizzazione dell’economia hanno portato ad una serie di cambiamenti nel mondo del lavoro. TRASFORMAZIONI I principi della “Lean production” hanno ispirato diversi cambiamenti, questo termine serve per definire il valore dei servizi e prodotti dal punto di vista del cliente. I cambiamenti comprendono la riduzione delle tradizionali strutture gerarchiche, i confini tra i dipartimenti e ruoli professionali, l’attribuzione di responsabilità alle persone ecc. Un altro cambiamento è la competizione tra le aziende, come strategia di sviluppo rispetto alla mobilità sul mercato, assunta come bene necessario. Ciò ha portato a nuove ristrutturazioni aziendali con nuovi ridimensionamenti, tagli e fusioni. TRATTI DISTINTIVI Ci sono cambiamenti dati da diverse caratteristiche, tra cui: - L’età→ fenomeno della “transizione demografica”→ decremento dei tassi di natalità e mortalità, con l’innalzamento della speranza di vita nella popolazione nei paesi con alto sviluppo. - Generazioni→ “demografia organizzativa” in cui convivono nello stesso contesto almeno quattro generazioni di lavoratori: o Tradizionalisti→ nati fino al 1944, ruolo imprenditoriale o Baby boomers→ nati tra il1945-79 o Generazione Y o millenials→ nati tra 1980-1999 Questi studi sulle diverse coorti generazionali mostrano che ci sono vizi di natura metodologica con effetti negativi che mostrano le differenze tra generazioni negli atteggiamenti verso il lavoro, negli stili di vita, nel coinvolgimento dell’organizzazione ecc. - Genere→ la partecipazione femminile al mercato del lavoro in Europa resta più baso di quello maschile, spesso le donne sono caregivers familiari, devono conciliare le esigenze lavorative per un equilibrio con la famiglia. - Immigrati→ con gli anni 90 c’è stato un afflusso di emigrati anche nei paesi europei. SFIDE DA AFFRONTARE Gli elementi che comportano un cambiamento incidono sui contesti e sui lavoratori e possono: a) Rappresentare una sfida o un vincolo per le loro esperienze e progetti di vita b) Divenire temi da approfondire in ambito psicologico sia per comprendere il significato personale e sociale dell’esperienza lavorativa sia per contribuire a realizzare contesti di lavoro psicologicamente sostenibili: non solo accessibili ed equi, ma anche basati sui principi fondamentali di non procurare danni ai lavoratori, di gestire gli effetti dello stress e del burnout, di facilitare un positivo engagement e benefici per la salute mentale a lungo termine. FLESSIBILITA’ La deregolamentazione del lavoro ha aumentato la probabilità di lavori temporanei precari, flessibilità contrattuale, rafforzando la segmentazione tra lavoratori forti in posizione centrale nei processi produttivi per le loro competenze, quindi con possibilità di carriera e lavoratori vulnerabili meno pagati e con più ridotte opportunità di sviluppo. [insider VS outsider] Si crea uno stato di incertezza che non solo riguarda l’accesso a un posto di lavoro, ma i margini di manovra del lavoratore nel delineare il suo percorso di carriera → i nuovi lavori non richiedono una stabilità di spazio e tempo e procedure standard, ma implicano invece flessibilità nel lavoratore: egli può in certi limiti autoregolarsi stabilendo il quando, il dove e il come lavorare, deve però assumersi la responsabilità del risultato da ottenere sulla base del proprio impegno, della versatilità e ampiezza delle competenze, delle sue capacità di adattamento e di gestione di compiti meno definiti e standardizzati rispetto al passato. La flessibilità ha messo in evidenza varie dimensioni che la caratterizzano. Essa è necessaria in quanto il contesto lavorativo è in continua trasformazione, quindi, richiede flessibilità nelle previsioni e nei piani di lavoro e di coordinamento da parte delle imprese, ma anche costi energetici per i continui adattamenti operativi da parte delle persone che cooperano in un’organizzazione. LE CONSEGUENZE: - flessibilità fisico-geografica = dove si lavora - flessibilità temporale = quando si lavora e con quali norme temporali - flessibilità tecnologica = ripartizione dei compiti tra uomo e macchina - flessibilità contrattuale = forme/rapporti di lavoro - flessibilità funzionale = forme di divisione e organizzazione del lavoro - flessibilità spazio-temporale = variabilità relazionale nei gruppi e forme di lavoro a distanza Tutte queste varie flessibilità indicano il segnale della crescente complessità della domanda lavorativa fatta alle persone. Le domande, dunque, possono essere percepite: - positivamente → sfidanti, motivanti e stimolanti - negativamente→ costi da pagare, ostacoli attuali o futuri, vanno a influenzare quindi le prestazioni, le motivazioni, gli atteggiamenti del lavoratore e il suo grado di benessere. Ne abbiamo di diverse tipologie. DOMANDE COGNITIVE Oltre alle capacità senso-motorie, di resistenza psicofisica e di saper seguire le regole, sono richieste abilità intellettuali di diagnosi, proposte di ipotesi di soluzione, creatività e presa di decisione, quindi, più è complesso e mal strutturato il compito lavorativo, più spazi per il pensiero, l’azione e la determinazione sono assegnati alla persona. Margini di controllo autonomo della situazione di cui dispone il lavoratore: cosa porta→ confrontandosi con compiti complessi può stimolare lo sviluppo di nuovi apprendimenti, di nuove modalità per creare informazioni necessarie e confrontarle con altri, ricercare nuove strategie per definire/affrontare e risolvere i problemi. DOMANDE SOCIALI Molte volte il lavoro si basa su scambi informali, relazioni interpersonali, infatti, la nuova domanda lavorativa implica lo scambio e la condivisione di informazioni che sollecitano continue modalità di adattamento reciproco tra persone. In questo modo si ha uno sviluppo di un apprendimento contestuale che ha basi relazionali e può influenzare positivamente gli atteggiamenti e i modi con cui le persone affrontano, palano e partecipano al loro lavoro → coinvolgimento di relazioni sociali. Due fattori principali: a. Dimensione cooperativa = collaborazione e cooperazione necessarie ma non facili da perseguire b. Ampio sviluppo dei lavori di servizio (interscambi quotidiani con consumatori, manager …) = lavoratore ha doppio ruolo come dipendente e come lavoratore indipendente, autonomo al quale il consumatore si rivolge. Necessarie due doti: intelligenza (sensibilità nei confronti degli altri, ascolto attivo, comprensione e interazione) e competenza sociale (capacità di azione verso l’altro: saper lavorare in gruppo, comunicare…). RISORSE Alcune risorse si riferiscono alle caratteristiche fisiche dell’ambiente lavorativo come la disposizione di spazi e mezzi per svolgere l’attività o alla strutturazione del lavoro come progettazione dei compiti, varietà delle attività da svolgere. Altre si riferiscono alla cultura del lavoro e a quella organizzativa che si focalizzano su importanti valori assegnati all’attività come la solidarietà, il sostegno, la giustizia e l’equità. Questi aspetti rafforzano il significato del lavorare come impresa collettiva legato anche allo sviluppo della persona e della sua autorealizzazione. Inoltre, si riferiscono anche al modo con cui il lavoro viene organizzato, con cui sono gestite le persone. Questi fattori influenzano: a. Nel rendere le domande più o meno complesse, difficili e sfidanti b. Nel modulare le risorse per essere più accessibili o meglio utilizzate per lo svolgimento di attività c. Nell’attuare monitoraggi accurati sul livello di complessità delle domande d. Nel fornire feedback sul lavoro svolto e. Nello svolgere una supervisione supportiva con più efficaci sostegni motivazionali. RISORSE PERSONALI Punti di forza della persona = risorse personali che contribuiscono anche a differenziare percezioni, giudizi e condotte rispetto al contesto di lavoro. DEFINIZIONE Sono definite come caratteristiche psicologiche o aspetti del self che sono associati con la resilienza e che riguardano l’abilità di controllare e influenzare l’ambiente. Esse differenziano le persone nel modo in cui fanno fronte alle domande del lavoro e rispetto agli effetti che ne derivano, su come viene percepito l’ambiente e su come di reagisce a esso. SIGNIFICATI E VALORI I valori mettono a disposizione della persona le risorse mentali per riconoscere il senso e il valore di quello che fa e dei suoi propositi e per sentire emotivamente che vale la pena impegnarsi per raggiungerli. Ciò ha un’influenza nel rapporto tra persona e lavoro, quindi, al bisogno di trovare nelle attività lavorative uno scopo più ampio, di acquisire un senso di positività, sperimentare sentimenti di autoefficacia e stima di sé. I valori e i significati del lavoro rappresentano risorse personali che operano come standard o schemi di riferimento comparativo utili per orientare e guidare le proprie scelte, capire meglio la propria esperienza lavorativa e valutare quanto essa sia coerente con le proprie credenze e attese o quanto occorre invece fare in alternativa per attuare i propri progetti di vita. → partecipare al lavoro come impresa significativa. Questi significati creano anche cinismo, sfiducia e risentimento creando una concezione strumentale del lavoro e ciò può scatenarsi per la delusione nel non trovare un lavoro significativo corrispondente ai propri valori. Il lavorare non è solamente una condotta di scambio orientata al reddito ma è fonte e stimolo per: a. essere e sentirsi competenti nel fare e nel progettare qualcosa di importante per la propria vita con riferimento a sé e agli altri b. definire anche attraverso il lavoro aspetti importanti nella propria identità c. costruire relazioni soddisfacenti e integrarsi d. cercare di ottenere riconoscimenti per il proprio valore espresso e. legittimare la propria posizione sociale e le proprie aspettative di crescita Attraverso la socializzazione al lavoro (prima dell’ingresso) e quella organizzativa (già inseriti nel lavoro): due processi di apprendimento sociale, una persona costruisce attivamente il proprio percorso professionale acquisendo informazioni su e confrontandosi con: valori, norme, conoscenze e skills interpersonali adatti a svolgere i ruoli previsti e a conseguire gli scopi propri e quelli dell’organizzazione che l’ha accolta. PROATTIVITÀ Proattività→ = ruolo attivo della persona nella regolazione del suo rapporto con l’organizzazione di lavoro. Quanto più i lavoratori che devono affrontare un nuovo ruolo riescono a mantenere la consapevolezza delle proprie motivazioni e aspettative e si sforzano di agire, pensare e intendere questo ruolo in modo personale tanto più è probabile che riescano a controbilanciare le influenze socializzatrici e il possibile conformismo comportamentale richiesto dall’organizzazione. Per far sì che questo si verifichi bisogna che questo processo di interazione e di influenza reciproca tra persona e contesto si svolga, sono necessarie risorse psicosociali come la PROATTIVITA’. I FATTORI DI QUESTO PROCESSO SONO: Strategie comportamentali = permettono di rilevare l’intenzione del soggetto di intervenire attivamente nel percorso di inserimento cercando di impegnarsi per migliorare la carriera. Processi di negoziazione = fra individuo e contesto grazie ai quali le persone possono tentare di ridefinire i propri compiti e ruoli così che possano conciliare con le loro aspettative e capacità per innovare i contenuti e i modi di lavorare: role innovation. Processi cognitivi per attribuire un senso = alla realtà per ottenere un controllo nel modo di strutturare la situazione Ricerca di informazioni e feedback = impegno nella ricerca e confronto con gli altri per ottenere un feedback, al fin di acquisire informazioni normative (cosa ci si aspetta da lui), informazioni tecniche (come svolgere al meglio il lavoro), informazioni di riferimento (sulle caratteristiche del ruolo assegnato), feedback e valutazioni sulla prestazione + feedback sociale sulla qualità e adeguatezza delle interazioni sociali. NATURA E CONTENUTI LAVORO È lo scambio tra prestazione e controprestazione = io lavoratore mi impegno a fare qualcosa che tu organizzazione mi chiedi, in cambio ricevo qualcosa di significativo e di valore per me. La relazione è regolata da: a. Contratto di lavoro: stabilisce obblighi e doveri reciproci relativi ai compiti e alle norme principali da seguire sul lavoro; prevede sanzioni per il loro mancato rispetto da ambo le parti e la possibilità di essere impugnato legalmente. Ma non tutti gli aspetti di un rapporto di lavoro possono essere stabiliti legalmente attraverso un contratto scritto perciò vi è un altro tipo di contratto. b. Contratto psicologico: accordo informale con il datore di lavoro, verbale, natura non ufficiale, si concretizza in un sistema di credenze sugli obblighi reciproci esistenti tra lavoratore e azienda. Formato da percezioni individuali su ciò che è stato promesso da parte dell’azienda e da ciò che il dipendente si aspetta di dare in cambio all’azienda. Ci sono due fattori principali: o I valori, i progetti e le rappresentazioni del lavoro elaborate prima dell’ingresso della persona; o Pratiche manageriali di socializzazione organizzativa nella fase di scelta e inserimento. IL NUOVO CONTRATTO PSICOLOGICO Cambiamento della forma e dei contenuti del contratto psicologico: a. Diminuzione dei contratti psicologici di tipo relazionale→ sono caratterizzati dalla continuità dell’esperienza e dei legami formali e informali con le persone che giustificano lo sforzo di apprendimento del come lavorare bene, dell’impegno a collegare l’esperienza di lavoro con le proprie aspettative future e i propri progetti e a ricavare dal lavoro elementi sufficienti per definire sé stessi non solo in quanto lavoratori. b. diffusione di contratti psicologici di tipo transazionale→ contratti di puro scambio monetario e di breve termine in cui la connessione tra il lavoro e l’identità personale risulta più labile e le motivazioni per attivare il coinvolgimento, l’apprendimento e interazioni sociali significative possono affievolirsi. c. Contratti psicologici di natura transizionale→ in conseguenza dei persistenti fenomeni di ristrutturazione aziendale e di adeguamento dimensionale delle imprese d. Contratti psicologici bilanciati→ che richiedono per essere attuati, un’attenta negoziazione non solo individuale, ma anche collettiva, sostenuta dalle rappresentazioni sindacali VIOLAZIONE DEL CONTRATTO PSICOLOGICO Questa tipologia di contratto aiuta a capire su cosa si fondano le nuove relazioni di lavoro, cosa motiva i lavoratori a persistere nel loro impegno, come cambiano i rapporti di potere tra individuo e azienda e le possibili conseguenze. EFFETTI NEGATIVI SULLA VIOLAZIONE SUBITA DAL LAVORATORE Rispetto alle aspettative e agli obblighi del suo contratto psicologico, si generano effetti negativi sul piano emotivo, cognitivo e comportamentale. Questi atteggiamenti negativi verso il lavoro e l’organizzazione portano una riduzione della qualità e quantità delle prestazioni, quindi, i dipendenti ricambiano la percezione di violazione del contratto riducendo il coinvolgimento, l’impegno e la fiducia nei confronti dei superiori, adottando comportamenti di ritirata e manifestando l’intenzione di lasciare l’organizzazione. CAPITOLO 3: IL LEGAME PSICOLOGICO TRA INDIVIDUO E LAVORO Il lavoro utilizza le funzioni psicologiche della persona e ne costituisce un’opportunità che dà un senso di soddisfazione, benessere, identità e serve per costruire ricche relazioni sociali. Spesso capita, come sottolinea lo psicologo Rozzi, che l’attività umana in certe situazioni, rischia di generare distruzione. Infatti, egli parla di lavoro apparente, che è un’occupazione nominale, dotata di stipendio, orario, contributi, regole, mansionario, ma che non genera valore aggiunto, è un lavoro inteso come avere il posto, una cittadinanza sociale in quanto lavoratore, un’identità professionale. LEGAME PSICOLOGICO TRA LA PERSONA E L’ATTIVITÀ LAVORATIVA : LIVELLI Questo legame si struttura attraverso diversi livelli, tra cui - un individuo attribuisce importanza per il proprio compito lavorativo (job), per l’attività svolta in sé. Questo viene definito attaccamento al lavoro, che viene spiegato in termini di passione professionale, competenza, soddisfazione, creare, trasformare, adattare l’ambiente. - lavorare in generale (work), il lavoro e legame tra individuo e attività derivano dai significati sociali che il lavoratore può assumere, dipende da valori, dall’etica sociale, dall’appartenenza a determinati gruppi o all’adesione a ideologie diffuse interiorizzate e fatte proprie dalla persona. - gli individui al lavoro possono stare in una organizzazione: legame con lavoro rafforzato attraverso l’appartenenza all’organizzazione in si opera, in cui prevalgono esperienze psicologiche: orgoglio, senso di cittadinanza organizzativa, costruzione di una parte dell’identità professionale che ruota attorno al sentimento membership dentro l’organizzazione di lavoro. LA MOTIVAZIONE AL LAVORO DEFINIZIONI: FORNITE DA KANFER, CHEN, PRITCHARD Viene definita come insieme di forze che determinano la direzione, l’intensità e la persistenza dell’azione nelle esperienze che caratterizzano la persona in rapporto al proprio lavoro. Quindi, un insieme di processi psicologici che influenzano il modo in cui un individuo eroga uno sforzo e assegna le risorse psicologiche disponibili per generare un comportamento o un sistema di azioni. LA MOTIVAZIONE SEGUE UN PROCESSO DI: a. scelta/direzione: quali obiettivi perseguire, quale corso di azione adottare b. investimento/intensità: quali e quante energie assegnare, quanto sforzo produrre, distinguere il potenziale motivazionale di una persona e la motivazione effettivamente attivata (quanta energia e sforzo una persona introduce) c. azione/persistenza: come raggiungere gli obiettivi, superare le difficoltà, avvicinarsi all’esito desiderato d. sforzo: elemento comportamentale osservabile che si approssima a quello di motivazione e. determinata da una serie di caratteristiche individuali e ambientali, riassume quindi una serie di spinte individuali, è un elemento dinamico e fluttuante che riflette cambiamenti di natura contingente f. legata all’esperienza di lavoro e viene influenzata dai fattori esterni alla sfera lavorativa. TIPOLOGIE DI MOTIVAZIONE Vi sono diversi tipi di motivazione tra cui: alla prestazione che riguarda lo svolgimento concreto del proprio compito; ad apprendere: impegno nell’acquisire nuove competenze; alla partecipazione a un gruppo: proporre nuove idee, aiutare gli altri; alla carriera: accettare o meno una posizione più impegnativa, affrontare una transizione di ruolo; l’organizzazione: investimento psicologico in attività che possono migliorare il funzionamento organizzativo e far crescere il prestigio della propria azienda. La motivazione ha un carattere multiforme: ha diversi gradi di attivazione e intensità. MOTIVAZIONE INTRINSECA ED ESTRINSECA E TEORIE La motivazione intrinseca: consente di attivare determinati comportamenti e processi psicologici che producono benefici in sé che nascono da dentro l’individuo, come ad esempio, un senso di autonomia, di efficacia e di realizzazione personale. La motivazione estrinseca che per essere attivata utilizza degli strumenti dell’individuo, quest’erogazione di energia è dovuta al tentativo di conseguire attraverso il comportamento, dei risultati esterni all’attività; quindi, l’azione è generata non dal raggiungimento di uno scopo interno, ma da fattori esterni all’individuo che agisce in modo strumentale. TEORIE: Teoria X (McGregor, 1960): i modelli di gestione del personale sono basati su una visione dei dipendenti come indolenti, poco ambizioni, indifferenti alle esigenze organizzative, resistenti al cambiamento, i lavoratori sono spinti solo dai bisogni primari, quelli presenti nella parte bassa della gerarchia di Maslow Teoria Y: i lavoratori considerati attivi, pronti ad assumersi le responsabilità e a condividere gli obiettivi organizzativi, sono mossi dai bisogni più elevati della scala di Maslow - equità e giustizia percepita - spinta motivazionale generata dagli obiettivi - funzioni delle emozioni FASI DELL’AZIONE MOTIVATA Essa fa parte di un complesso processo di autoregolazione della persona che procede per fasi: Lewin ne individua due: - goal setting (definizione degli obiettivi) - goal striving (sforzo per raggiungere i risultati) per spiegare il comportamento orientato allo scopo. Altri studiosi: hanno ampliato il modello di Lewin, associando le due fasi a processi mentali di regolazione. 1. Fase di definizione di uno scopo→ comporta un processo di scelta che comporta un processo di deliberazione/decisione e prevede il trattamento delle informazioni relative alle varie opzioni di scelta e una valutazione della fattibilità e attrattività degli scopi in competizione. 2. Processo di goal setting→ pianificazione degli obiettivi che si vogliono raggiungere, questi sono processi implementativi di autoregolazione dedicati alla programmazione mentale di un modo di procedere, es. articolazione del compito in subobiettivi. 3. Processo di goal striving→ passaggio all’azione e l’erogazione di energia per il raggiungimento dello scopo, centrali i processi mentali che favoriscono l’azione: attenzione mirata e la concentrazione su informazioni connesse con il compito. 4. Valutazione degli esiti per il raggiungimento dello scopo, l’esito della valutazione costituirà l’input per futuri processi di autoregolazione e di selezione degli scopi. SCELTA MOTIVAZIONALE Per comprendere la prima fase bisogna capire la teoria dell’aspettativa-strumentalità-valenza (modello VIE) di Vroom che considera la motivazione come conseguente a un percorso cognitivo di stima e valutazione degli esiti possibili di un’azione. IL MODELLO PREVEDE L’INTERVENTO DI TRE VARIABILI: 1. Valenza: attribuita al risultato→ preferenza, desiderabilità e attrattività di un certo risultato, misura gli esiti attesi della propria azione sono considerati soggettivamente positivi e attraenti. (V= valence) 2. Strumentalità: (I: Instrumentality)→ la relazione percepita tra la propria azione e il conseguimento dei benefici attesi: la probabilità percepita (soggettiva) che lo svolgimento di una data prestazione sia collegata a specifiche conseguenze strumentali o al soddisfacimento di specifici bisogni. I risultati strumentali di secondo ordine devono assumere una valenza positiva per poter generare motivazione 3. Aspettativa: (E: Expectancy)→ percezione di quanto lo sforzo e l’impegno nell’azione possono tradursi nella performance desiderata, la probabilità percepita che un certo impegno produrrà determinate conseguenze, l’aspettativa definisce le condizioni percepite di realizzabilità di un piano o di un conseguimento di uno scopo. SCOPI DELL’AZIONE Gli scopi possono essere di: ▪ tipo qualitativo (fare le cose bene) ▪ quantitativo (fare il più possibile). ▪ Possono avere un ancoraggio individuale (faccio le cose meglio che posso), ▪ esterno riferito ad altri significativi (voglio arrivare agli stessi risultati ottenuti dal mio collega) ▪ esterno riferito a standard normativi (devo raggiungere quanto prefissato dal mio superiore). ORIENTAMENTO AGLI SCOPI Un supporto lo dà il concetto di goal orientation (orientamento allo scopo), cioè uno schema di riferimento e un sistema di credenze piuttosto stabile relativi allo stile personale adottato per orientare i propri scopi. Ci sono tre modalità: - Orientamento all’apprendimento: individuazione di scopi che hanno a che fare con l’acquisizione di conoscenza, la scoperta, la curiosità, la sfida. - Orientamento alla performance: individuazione di scopi realizzabili in cui sia possibile mostrare la propria competenza ed essere valutati positivamente - Orientamento all’evitamento della performance: scelta di scopi non sfidanti, in cui non si incorre in valutazioni esterne PIANIFICAZIONE DEGLI OBIETTIVI Con la teoria del goal setting, l’attenzione si sposta dai processi interni all’individuo, inteso come elaboratore di piani e intenzioni a un livello più articolato in cui entrano in gioco l’individuo e l’organizzazione intesa come entità sociale che propone, definisce, impone obiettivi e sistemi di mete. Questa teoria è formata da ipotesi validate in vari contesti di ricerca e intervento: a. Gli obiettivi prefissati in un contesto organizzativo possono essere motivanti per l’individuo; la presenza di un obiettivo può essere uno stimolo per marcare sforzo, impegno e ricerca di soluzioni. MOTIVAZIONE = V • I • E (è sufficiente che uno dei tre fattori sia nullo per avere un livello di motivazione pari a 0). b. Per far sì che l’obiettivo sia motivante, dovrà essere sfidante, realizzabile e conseguibile. c. L’obiettivo deve essere specifico ben identificato GLI OBIETTIVI CHE ATTIVANO ENERGIE E COMPORTAMENTO INTENZIONALE SONO: • focalizzazione: obiettivi chiari e specifici facilitano la focalizzazione dell’attenzione su informazioni concernenti l’obiettivo stesso • intensità: obiettivi precisi e ben individuati favoriscono la mobilitazione dello sforzo concentrato e finalizzato al conseguimento del risultato • persistenza: obiettivi sfidanti e impegnativi favoriscono la continuità dello sforzo e dell’azione orientata allo scopo • strategie: obiettivi impegnativi e chiari stimolano l’ideazione e adozione di strategie di azione finalizzate all’ottenimento del risultato L’accettazione e condivisione degli obiettivi da parte dei lavoratori, forme di partecipazione attiva aumenterebbero il valore attribuito agli obiettivi. IL GOAL COMMITMENT Significa sentirsi intrinsecamente obbligati nel raggiungimento di un obiettivo anche di fronte a ostacoli e difficoltà, se viene visto dotato di valore, perseguibile utile e congruente con i propri scopi e importanti sono anche i feedback ricevuti circa il raggiungimento degli obiettivi. Ciò può funzionare solo se vi è una persistente informazione di ritorno sulla quantità e sulla qualità del lavoro compiuto e sulla distanza che ancora manca per raggiungere l’obiettivo; infatti, il feedback costituisce un’occasione di autoregolazione L’AUTOEFFICACIA PERCEPITA Ultimo elemento che interviene nel processo motivante degli obiettivi. È un legame con le teorie dell’aspettativa, quindi, le persone con elevata autoefficacia percepita rispetto a persone con self- efficacy più contenuta rispondono in modo più favorevole a obiettivi sfidanti e impegnativi, utilizzano meglio i feedback ricevuti e sono più pronte a far propri gli obiettivi: goal commitment. Il management per obiettivi, le esperienze di gruppi autonomi di lavoro, le strategie partecipative di definizione degli obiettivi fino alle più recenti prospettive di lavoro per progetti possono essere considerati, in misura più o meno diretta come traduzione dei principi del goal setting. AUTOREGOLAZIONE E CONTROLLO DEL COMPORTAMENTO Fase di tensione verso il risultato: goal striving → passaggio all’azione L’autoregolazione è una serie di processi psicologici che permette alla persona di controllare i propri comportamenti orientati allo scopo al variare del tempo e dei cambiamenti di contesto. Questi processi includono attività di: a. Monitoraggio: attenzione che la persona dedica al proprio comportamento, la raccolta di informazioni su di sé per verificare il procedere dell’azione verso lo scopo CAPITOLO 5: PSICOLOGIA E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO Secondo Beus, McCord e Zohar la sicurezza sul lavoro è un attributo delle organizzazioni di lavoro, vi è laddove vi è una bassa probabilità di minaccia fisica, immediata o differita, alle persone, alla proprietà e all’ambiente durante lo svolgimento di un’attività di lavoro. ERRORE UMANO E INCIDENTI Il tema della sicurezza è caratterizzato da diverse competenze disciplinari: diritto, ingegneria, ergonomia, psicologia, informatica, medicina, scienze dell’organizzazione. La sicurezza è una combinazione complessa dove interagiscono fattori: - strutturali, come l’adeguatezza alle infrastrutture; - tecnologici, come le funzionalità di strumenti di protezione; - gestionali e organizzativi, in cui vi è attenzione di comunicazione - individuali, sul comportamento dell’operatore, competenze e abilità, livello di fatica. Se questi elementi si uniscono e grazie alla molteplicità di causali coincidenti che può scatenarsi l’incidente o la catastrofe, anche se nella maggior parte dei casi ci si concentra solo sull’errore umano. APPROCCI DIVERSI Il contributo della psicologia del lavoro nella sicurezza può portare alla divisione di più approcci: I primi sono di tipo individualistico: affrontano il problema analizzando il singolo operatore a. Ingegneristico-ergonomico: finalizzato a prevenire incidenti e comportamenti insicuri operando su tecnologie e interazione persona-macchina b. Centrato sulla gestione delle risorse umane: prevede interventi mirati a selezionare e formare le persone in modo da evitare il più possibile condotte insicure ù c. Motivazionale: diretto a far cambiare atteggiamenti e comportamenti delle persone per quanto concerne la percezione del rischio e la violazione di norme Altri si concentrano sul contesto organizzativo e sociale nello studio della sicurezza: a. Approccio alla cultura della sicurezza considera il ruolo del leader nel diffondere e far rispettare la sicurezza nei luoghi di lavoro b. Approccio al clima di sicurezza: prende in considerazione il modo in cui le persone percepiscono il funzionamento collettivo di un’organizzazione in rapporto alla sicurezza. TASSONOMIA DI ERRORI UMANI Reason e Rasmussen hanno contribuito alla classificazione dei comportamenti non sicuri che possono condurre a esiti negativi (incidenti, infortuni). IL MODELLO DI REASON Considera errori e intenzioni come due concetti inscindibili. La tassonomia degli errori si basa in una distinzione generale tra: comportamenti non intenzionali e comportamenti intenzionali. COMPORTAMENTI NON INTENZIONALI, Sono privi di pianificazione da parte degli individui, sono distinti a loro volta in due categorie a seconda della loro natura: 1.Sviste e disattenzioni (slips): l’errore è dato da azioni che cambiano dal loro corso previsto, senza che l’individuo se ne renda conto. L’intenzione è corretta, ma l’azione non è congruente con tale intenzione. Queste sviste avvengono solitamente nello svolgimento di compiti routinari, come quando si mettono in atto dei comportamenti sopra pensiero con poca attenzione a ciò che si fa. 2.Dimenticanze (lapses): sono tutti quegli errori di memorizzazione, di recupero di dati dalla memoria nell’esecuzione di un compito. Tali errori sono collegabili ad azioni mancate o a omissioni. Le dimenticanze più gravi si ‘trovano’ nell’ambito sanitario con conseguenze gravi per pazienti. Esempio: inviare una mail annunciando un documento allegato che poi, per dimenticanza, non viene spedito. Questi atti non intenzionali sono presenti soprattutto in compiti di tipo routinario, molto familiari e basati sull’uso di competenze elementari e di processi cognitivi automatici. Es. sovraccarico di lavoro. ATTI INTENZIONALI Sono congruenti una pianificazione da parte dell’agente e si articolano in due sottocategorie: 1.Sbagli (mistakes): l’incidente o l’errore è provocato da un’azione guidata da un’intenzione non appropriata. L’errore è prodotto da un’intenzione errata che genera un’azione anch’essa sbagliata. La discrepanza avviene dunque tra intenzione originaria e conseguenze del comportamento. Alla base dell’errore c’è, secondo il modello di Reason, una errata interpretazione del problema o delle soluzioni adottate per risolverlo. SCHEMA DI RASMUSSEN Gli sbagli possono essere divisi in due categorie: - errori riferiti a prestazioni rule-based = si manifestano principalmente in compiti di problem solving nei quali non vengono applicate le adeguate regole di soluzione, ciò avviene quando il problema è classificato in modo scorretto sulla base di regole generali che non tengono conto della situazione specifica. - errori riferiti a prestazioni knowledge-based = sono dovuti a limiti conoscitivi associati al compito e a circostanze impreviste e non familiari. Avvengono quando un nuovo problema viene gestito senza un’adeguata analisi o perché la qualità delle soluzioni adottate non è completa. STRATEGIA VIGILANTE DI PROBLEM SOLVING PER CONTENERE GLI ERRORI (JANIS, 1989) DIVISA IN PASSAGGI: a. Formulazione del problema = individuare pericoli da evitare, vantaggi da ottenere e costi tollerabili b. Uso delle risorse informative = utilizzo di informazioni già possedute, ricorso a manuali d’uso, produzione di una nuova conoscenza con ricorso a esperti o nuovi studi c. Analisi e riformulazione = riformulazione del problema sulla base delle nuove informazioni, generazione di opzioni d. Valutazione e selezione = valutazione delle varie opzioni e. Esecuzione e supervisione = adozione di piani operativi e monitoraggio Violazioni (violations): l’incidente o l’errore è provocato da un comportamento adottato non adeguato a istruzioni, norme e codici. Derivano da una scelta di un corso di azione non sicuro da parte dell’individuo. Sono azioni intenzionali, consapevoli e finalizzate a un obiettivo, hanno un forte legame con il contesto sociale e organizzativo di attuazione dei comportamenti. ANCHE PER QUESTE REASON PROPONE UNA DISTINZIONE: - violazioni di routine = fanno parte di un repertorio comportamentale abituale della persona e si ripetono regolarmente. Possono essere distinte in funzione dello scopo per cui sono attive. Rispondono all’esigenza di tagliare i tempi di esecuzione del compito, far fronte alla pressione temporale, gestire un sovraccarico di lavoro; in altri casi rispondono al bisogno di ottenere una gratificazione psicologica dal lavoro. - violazioni eccezionali = sono atti intenzionali che si manifestano in occasioni particolari a fronte di circostanze specifiche REASON IDENTIFICA TRE GRANDI LIMITI: Alcuni errori non possono essere evitati o prevenuti. Gli errori non intenzionali, i mistakes sono il prodotto di deficit mentali per lo più imprevedibili e costituiscono l’esito di una serie di limiti strutturali del nostro sistema cognitivo. a. Razionalità limitata = capacità della mente umana di formulare e risolvere problemi complessi è poca cosa se paragonata alla dimensione dei problemi, da cui nasce la difficoltà nel trattare la grande molte di informazioni che riceviamo in modo razionale e consapevole DIMENSIONI a. Atteggiamenti della direzione aziendale verso la sicurezza: misura in cui le persone percepiscono che i dirigenti danno valore alla sicurezza e si impegnano in attività a supporto della sicurezza nell’organizzazione b. Pratiche di gestione delle risorse umane: percezione del ruolo assegnato ai comportamenti sicuri nelle progressioni di carriera, nei sistemi premianti, nella selezione e formazione del personale c. Livello di rischio nei vari compiti lavorativi: percezione dei rischi nel compito lavorativo o nell’organizzazione nel suo insieme d. Sostegno dei supervisori: in che misura le persone considerano l’azione dei superiori diretti come finalizzata alla sicurezza e. Processi interni al gruppo di lavoro: in che misura i comportamenti interni al gruppo sono orientati alla sicurezza f. Relazioni tra gruppi: qualità percepita della comunicazione tra i diversi gruppi di lavoro sui temi della sicurezza g. Pressione e ritmi di lavoro: misura in cui la pressione e il carico di lavoro sono considerati eccessivi per poter eseguire in modo sicuro il proprio compito PRESTAZIONE SICURA CHE COS’È E COSA RAPPRESENTA? Rappresenta una qualificazione dei processi e degli esiti della prestazione in generale, comprende attività individuali riferite all’osservanza di norme e procedure, l’utilizzo di misure protettive, l’adozione di condotte che riducano il rischio, una serie di comportamenti organizzativi finalizzati a migliorare le condizioni di sicurezza quali la comunicazione e segnalazione di rischi, l’avvio di cambiamento organizzativo per rendere il posto di lavoro più sicuro, l’esercizio dei diritti e delle responsabilità connessi con la sicurezza. QUANDO VIENE PREVISTA? La prestazione sicura può essere prevista sulla base di alcuni situazioni: - Motivazione alla sicurezza e conoscenza relativa dei temi della sicurezza; - agli antecedenti distali, che sono i fattori legati all’ambiente di lavoro sia di tipo strutturale come condizioni fisiche, che di carattere psicosociale come il clima/stile di leadership e di carattere individuale come le caratteristiche della personalità; ANTECEDENTI DELLA PRESTAZIONE SICURA: a. Clima di sicurezza = favorisce una migliore conoscenza sulle questioni relative alla sicurezza in uno specifico ambiente di lavoro e nell’incrementare la motivazione verso comportamenti sicuri. b. Aspetti individuali: determinano il comportamento sicuro, come la coscienziosità che ha una ricaduta diretta sulla motivazione alla sicurezza. c. Conoscenze e motivazione nel favorire la prestazione sicura. Influenzano in misura significativa e diretta la partecipazione organizzativa alla tutela della sicurezza. d. Costituisce un perditore di incidenti e infortuni = più i comportamenti al lavoro sono attenti alla promozione della sicurezza e al rispetto delle norme meno eventi negativi si registrano PER INCREMENTARE LE PRESTAZIONI SICURE SI DEVE LAVORARE: ✓ Sulla formazione degli operatori in tema di sicurezza = aumentare le conoscenze. ✓ Sulla cultura generale della sicurezza nel luogo di lavoro = valenza ✓ Sulle politiche di gestione delle risorse umane = offrire benefici secondari per premiare comportamenti sicuri. ✓ Sulla responsabilità di ciascuno = rendere consapevoli che la sicurezza dipende anche dai singoli comportamenti individuali CAPITOLO 6: COSTI E RICAVI DEL LAVORO L’obiettivo è quello di conoscere i risultati positivi (ricavi e benefici) dell'esperienza lavorativa, gli enti accidenti e le conseguenze per le persone. Il lavoro ha una doppia faccia: soddisfare le aspettative e desideri e ha delle conseguenze negative. LA SODDISFAZIONE LAVORATIVA La persona lavoratrice tende ad avere una desiderabilità sociale, cercando di dimostrare la parte positiva di sé. Con soddisfazione lavorativa si intende il modo con cui la persona considera il suo lavoro; si osservano diversi modelli: - di discrepanza → mancanza di opinioni sul lavoro svolto. In concreto, ciò deriva dal confronto tra quello che il lavoro mi offre e ciò che voglio ottenere. - disposizionali di personalità → la soddisfazione lavorativa è connessa alle condizioni di lavoro e dalle caratteristiche del sé (la stima, l'autoefficacia e quanto stress tollero). l'affettività negativa è quando percepisco l’esperienza lavorativa in modo negativo. La soddisfazione del lavoro è data anche dall'organizzazione dalle responsabilità che mi devo assumere. - Situazionali → la situazione lavorativa è soggettiva e ognuno ha un grado diverso di soddisfazione. Secondo il modello che caratterizza il lavoro di Hackman e Oldham che si basa sulla soddisfazione del lavoro attraente, la persona ha quindi 5 caratteristiche: varietà, autonomia, attività significative, un'identità e dei feedback. - altri aspetti situazionali come reddito, la sicurezza e la stabilità. SODDISFAZIONE REDDITO Il lavoro viene inteso come uno scambio di energie, di tempo e impegni vs ciò che l'organizzazione mi dà, cioè la retribuzione diretta (stipendio) e indiretta (promozioni e benefici aziendali). La condizione lavorativa e i lavori stanno su un continuum tra possibili ricavi positivi (good job) e negativi (bad job) per la soddisfazione e il benessere. La retribuzione rappresenta una parte consistente del sistema premiante che caratterizza un'organizzazione. questo sistema ha l'obiettivo di motivare l'ingresso, la presenza attiva sul lavoro e facilitare un clima di relazioni sociali positive. Gli effetti della distribuzione di ricompense portano un miglioramento delle condizioni di vita e della gestione del tempo libero punto se la distribuzione non corrisponde all'equità il livello di soddisfazione diminuisce. SODDISFAZIONE LAVORATIVA E PRESTAZIONE grazie alla soddisfazione lavorativa si sono osservati i legami con comportamenti altruistici con bassi tassi di turnover. il turnover è un indicatore di mobilità aziendale, dato dal numero di lavoratori sostituiti in un anno sul numero complessivo di lavoratori. Si è studiata la relazione tra soddisfazione lavorativa prestazione, ad esempio, la ricerca di Zelensky, Murphy e Jenkins (2008) mostra che il “lavoratore felice è più produttivo”. Ciò si basa su misure di soddisfazione tra la vita e il lavoro E sul disegno di ricerca longitudinale. questa relazione influenzata da diversi fattori (condizione lavoro e scopi dell'attività). Il legame si rafforza nelle situazioni in cui non c'è pressione per ottenere buoni rendimenti; quindi, il lavoro è dato dalla volontà della competenza del lavoratore. EMOZIONI LAVORATIVE E SODDISFAZIONE La soddisfazione lavorativa comprende lo stato di umore e le emozioni della persona. Si ha una distinzione tra: - emozioni positive= gioia, gratitudine, curiosità, entusiasmo - emozioni negative= paura e rabbia Questi due tipi di emozioni svolgono una funzione adattiva. Ad esempio, la rabbia porta comportamenti impulsivi inopportuni. Nel legame tra soddisfazioni ed emozioni si osserva come esse vengono gestite. Si parla di regolazione delle emozioni attraverso un lavoro di tipo emotivo che la persona mette in atto per rispondere alle attese dell'organizzazione in cui lavora. QUALI SONO LE CONSEGUENZE? L’engagement produce esiti positivi a livello individuale organizzativo; è correlato con il miglioramento delle prestazioni con bassa intenzione di lasciare. Il miglioramento si nota perché si sperimentano emozioni positive e vivono benessere e facilitazione nei rapporti sociali. Le conseguenze negative sono: la fatica e i rischi per il benessere fisico e psicologico che portano allo stress lavorativo. FATICA FISICA, MENTALE ED EMOTIVA La fatica coinvolge l'umano creandogli variazioni nei diversi apparati e del suo organismo, essa crea un segnale di allerta sul benessere del lavoratore. Fatica fisica È di tipo muscolare, deriva da richieste lavorative psicomotorie con necessità di riprendere e integrare le energie tramite il sonno, che rappresenta un serbatoio di energie. Quando questo non è sufficiente, si parla di fatica cronica e patologica. Fatica mentale Porta ad una diminuzione della performance alla modifica dello stato emotivo. Fatica emotiva In particolare, si parla di questa fatica quando si attivano quei processi di gestione delle emozioni attivate dal lavoro, la si trova in quei lavori che necessitano di attività di relazione con le persone. CRITERI DIFFERENZIALI In una situazione di fatica mentale si deve tenere conto sia della diminuzione delle capacità lavorative sia che è un'esperienza soggettiva di disagio in cui si è alla ricerca del continuo lavoro e del riposo. EFFETTI DELLA FATICA La fatica mentale è la conseguenza dei compiti con alto livello di difficoltà che, per un tempo prolungato, coinvolgono i processi cognitivi di elaborazione e ricezione delle informazioni. Per valutare questo tipo di fatica si possono utilizzare dei questionari, delle scale di self- assesment (intensità e durata) oppure l’elettroencefalogramma. i sintomi cambiano da persona a persona ma nei diversi casi si esprime attraverso l'Interferenza sulla: - percezione - elaborazione delle informazioni - memoria Bisogna ricordarsi che la fatica non è sempre associata alla diminuzione di prestazioni, ciò si determina solo se non c'è la possibilità di compensare la carenza (aumento degli sforzi, caffè e farmaci). Questa compensazione del lavoratore avviene quando, per un determinato periodo, si hanno spinte motivazionali elevate che gli permettono un livello di attività senza mostrare la fatica. NOIA E SATURAZIONE LAVORATIVA La noia è una condizione simile alla fatica mentale, è caratterizzato dalla percezione di stare in un luogo senza stimoli, con attività ripetitive senza soste. Annoiarsi ci fa sentire in uno stato insoddisfacente, in solitudine, con un alto livello di distrazione, in cui non si mostra interesse per ciò che si fa. Ciò comporta una diminuzione del lavoro e quindi, si ha un calo delle prestazioni. Questa sensazione di noia lavorativa è collegata all'insoddisfazione e a manifestazioni ansioso depressive. Saturazione/ sazietà lavorativa = parenti tipica della fatica mentale, hanno iniziato a studiarla negli anni ’30 come “perdite di valore” del proprio lavoro. È la conseguenza di un lavoro veloce e monotono che si esprime con apatia e irritabilità. Di conseguenza, entrano in gioco due processi di natura: - motivazionale→ perdita motivazioni di agire - volitiva → mancanza di voglia di agire. PREVENZIONE DELLA FATICA MENTALE Si potrebbe provare a riprogettare il luogo in cui si lavora, attraverso il design e la struttura dei compiti partendo dalla: - promozione del miglioramento delle capacità della persona - miglioramento dell'orario (più pause brevi) - miglioramento dell'attività volta al benessere del lavoratore (relax, flessibilità dell'orario, buoni…) Gli interventi per migliorare il benessere dei lavoratori possono essere di diversi tipi: - Interventi pianificati (di formazione, es. sulla leadership) - Comunicazioni organizzative - Pratiche lavorative informali (gruppi sportivi, gruppi culturali) o Pratiche lavorative formali (di promozione della salute) o Processi organizzativi. LO STRESS LAVORATIVO «Risposta psicofisica che si verifica quando le richieste del lavoro superano le risorse o le capacità del lavoratore di farvi fronte o si scontrano eccessivamente con i suoi bisogni» (Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, 2010 DEFINIZIONI Si può descrivere con altri termini - Stressor: evento che dà origine a stress - Stress: stato interno che ne segue - Strain: conseguenze dello stress - Coping: strategie di fronteggiamento per ridurre o padroneggiare gli squilibri o le richieste attivate da un'interazione persona – ambiente NELL'AMBITO SCIENTIFICO CI SONO TRE ORIENTAMENTI CHE DEFINISCONO LO STRESS: 1. stress come caratteristica dello stimolo ambiente, si focalizzano sulle fonti di stress 2. quelli che si soffermano sulle risposte allo stress (le reazioni fisiologiche, psicologiche e le conseguenze). In queste prime due definizioni la persona è concepita come recettore passivo e i processi percettivi valutativi sono sottovalutati. 3. quelli che analizzano l'interazione tra persone e ambiente. Questo è un orientamento psicologico, invece che focalizzarsi sui singoli elementi in gioco si cerca di capire le dinamiche della loro interazione. CI SONO DELLE TEORIE CHE SPIEGANO LO STRESS - LAVORO CORRELATO: MODELLI Dalle teorie fisiologiche… ➢ Approccio medico: Hans Selye (1936) ➢ Stimoli ambientali nocivi – stressors (temperatura, lesioni fisiche) producono reazioni somatiche analoghe (ulcere nello stomaco o intestino): RISPOSTA A-SPECIFICA Sindrome Generale di Adattamento (GAS): 1. Allarme 2. Resistenza 3. Esaurimento ➢ Tale sindrome corrisponde allo stress ➢ Cannon: fight or flight response per reagire a minaccia esterna «L’uomo è in salute laddove le sollecitazioni dell’ambiente in cui vive sono proporzionate alle capacità di risposta dell’individuo (eustress), viceversa, sia nel caso di una sollecitazione troppo povera (noia, monotonia, ecc.), che eccedente la capacità di risposta (stillicidio di contrarietà, frustrazione, ecc.), si avrà lo stress, inteso però come distress o stress negativo» MODELLO VITAMINICO (WARR, 1987) Benessere psicologico connotato da due dimensioni: ✓ Piacevolezza dell’esperienza emotiva ✓ Grado di arousal delle emozioni Combinazione di queste dimensioni genera diversi stati affettivi Benessere psicologico dipende dalle caratteristiche dell’ambiente = vitamine 1. Opportunità di controllo 2. Opportunità di utilizzo delle competenze 3. Obiettivi esterni 4. Varietà 5. Chiarezza ambientale 6. Opportunità di interazione 7. Retribuzione 8. Sicurezza fisica 9. Posizione sociale 10.Supporto del superiore 11.Opportunità di sviluppo di carriera 12. Equità FATTORI DI STRESS Gli stressors lavorativi sono i fattori dello stress ambientale espressi sotto forma di richieste e carico di lavoro per l'individuo e di minacce per l'equilibrio. Le caratteristiche stressanti del lavoro includono tante variabili sia nella prestazione lavorativa (contenuto del lavoro) che nel contesto organizzativo (contesto dove si lavora). Prima degli anni 90 venivano analizzate le cause relative all'ambiente fisico, successivamente, sui fattori connessi ai ruoli organizzativi. Successivamente Alle trasformazioni del lavoro ci si focalizza anche su stressors di carattere trasversale, No la carriera lavorativa e organizzativa, le connessioni tra contesti lavorativi e fuori e la job insecurity (situazione di incertezza occupazionale). KOSLOWKSY CLASSIFICA PER LIVELLO I DIVERSI STRESSORS LAVORATIVI: Stressors individuali, in cui vengono inseriti tre tipi di fattori di stress: - di stressors oggettivamente percepiti che riguardano la percezione di una situazione stressante, di inadeguatezza dei compensi monetari e di ostilità dell'ambiente; - stressors connessi a caratteristiche oggettive dell'occupazione, riguardano le modalità di impiego, al tipo di occupazione, al tempo impiegato per andare al lavoro, ai viaggi per ragioni di lavoro, a due speciali Life events che sono la pensione e il cambio di lavoro; - i jobs stressors in senso stretto, che comprendano le richieste del compito valutando se e superino la possibilità di un adattamento siano troppo dispendiose, alle pressioni di ruolo, all' assunzione di responsabilità nei confronti di persone (costo potenziale per le decisioni da prendere nei confronti dei subordinati), alle relazioni con i superiori, ritmi di lavoro sproporzionati, sovraccarico e sotto carico mentale e alle possibilità di autonomia decisionale per fronteggiare eventuali imprevisti. Stressors di gruppo e organizzativi riguardano le influenze dirette indirette che partono dal contesto sociale culturale sia dell'organizzazione che dal gruppo di lavoro fino al singolo individuo. Infatti, l'organizzazione ha un'influenza indiretta sullo stress che si aggiunge a quella diretta che viene esercitata attraverso i compiti e ruoli assegnati (Effetti negativi del clima relazionale e rapporti interpersonali scarsi). Si aggiungono anche i cambiamenti tecnologici che sono fonte di stress soprattutto se non sono progettati con cura, si parla di technostress, come un processo di stress connesso a fattori tecnologici che coinvolge gli operatori di area informatica. Bisogna considerare anche gli effetti sui lavoratori derivanti dall'instabilità lavorativa crescente. Stressors extra organizzativi in cui ci considerano tre categorie di stressors non sempre direttamente legate alla specifica mansione o al ruolo lavorativo. - Valori aspettative: quando assumono un significato conflittuale per la persona o sono impossibili da conseguire per la presenza di ostacoli e impedimenti nel normale ambiente di vita lavorativa (la sicurezza, l'equilibrio tra i tempi personali e tempi di lavoro ecc.). - Caratteristiche ambientali, riguardano sia l'ambiente fisico sia quello sociale, neanche lo stimolo superi una certa soglia oltre la quale sia la probabilità di attivare il processo di stress. Possono essere: il rumore, la temperatura, agenti tossici, qualità dell’ambiente fisico e sociale. - Fattori legati alla casa, alla famiglia e alla vita quotidiana in cui si pone attenzione sui tipi di Life events impegnativi, sia su eventi di più ristretti dimensioni. In questa seconda tipologia Kanner 1981 trovavano fastidio e contrarietà della vita quotidiana, come degli eventi sgradevoli di limitate dimensioni che attivano un processo di stress e precedono sintomi psicologici negativi. Un altro esempio può essere un evento di perdita che è una funzione stressante sia in modo indiretto (vulnerabilità) che in modo diretto (sentimenti di negazione e depressivi e disorganizzazione). Infine, in questa categoria viene inserita anche l’esperienza di disoccupazione. FATTORI DI MODERAZIONE DELLA RELAZIONE STRESSORS- ESITI DI STRESS L'impatto degli stressors sulle persone cambia in base alle variabili che riguardano sia la dotazione di risorse psico sociali della persona sia le caratteristiche del contesto. Da un lato cioè la forte variabilità delle risposte allo stress e dall'altro la difficoltà di effettuare valutazioni diagnostiche rapide e convincenti, noi descriviamo alcune categorie di variabili. Le caratteristiche personali variano in base alla persona e al locus of control, in cui le persone credono nel potere personale di controllare influenzare gli eventi. Può esserci il locus interno in cui operano la self efficacy (Percezione di padronanza della situazione) e l'ottimismo disposizionale (tendenza ad attendersi risultati favorevoli nel futuro che svolge una funzione di autoregolazione stimolando la scelta di strategie attive per far fronte alle difficoltà attuali e migliorare il controllo della situazione). C'è una personalità di tipo a che riguarda le persone connotati da competitività estrema e agonismo per il successo, spesso sono impazienti e iper-vigili, alterano il tono della voce, prova non sentimento di urgenza del tempo di sfida delle responsabilità, questo tipo di persona mostra performance assai elevate ma subisce gravi conseguenze dello stress. Un'altra percezione di stress è data dal grado di tolleranza emozionale dell'incertezza e nella capacità mentali di assumere iniziative strategiche per ridurla e risolverla. Le caratteristiche lavorative riguardano i fattori legati al lavoro all'organizzazione tra cui la percezione di poter influenzare il ritmo di lavoro e i suoi tempi le sue procedure e nei modi di rispondere alle richieste. I fattori di tipo organizzativo comprendono il clima psico sociale e il sostegno sociale. Questi possono essere di tipo pratico che affettivo e attenuano il livello di pressione delle richieste lavorative e il rischio di stress, le relazioni positive con i superiori, colleghi, gli amici, famigliari influenzano positivamente l'andamento delle reazioni effettive e delle strategie attive di risposta ad una situazione stressante. LE CONSEGUENZE DELLO STRESS Gli esiti dello stress vengono divisi in categorie, tra cui: - Esiti psicofisici → in cui ci hanno variazioni del battito cardiaco, variazioni di ormoni, disfunzioni, emicrania … - Esiti psicologici e di disagio psichico → trovati grazie a strumenti come il self report In cui si sono riscontrati effetti sul funzionamento cognitivo con riduzione dell'attenzione e concentrazione sui compiti, disturbi nelle funzioni mnestiche, perdita del sonno per le troppe preoccupazioni, un contesto lavorativo percepito come allenante incontrollabile implica un'esperienza di impotenza. - Esiti comportamentali sul lavoro → in cui ci possono essere rotture e interruzione dei comportamenti di ruolo, aumenti di comportamenti di ritirata come ritardi e assenteismo, squilibri nella vita lavorativa, crescita di condotte autolesive (tabacco, alcol, psicofarmaci). - Esiti per la vita personale → Riduzione delle aspettative e aspirazioni legate al lavoro, interferenza con la vita familiare (tensioni), impoverimento della vita sociale (apatia, isolamento sociale). - Esiti socioeconomici e organizzativi → le agenzie europee hanno indagato sulle condizioni di lavoro in Europa e hanno trovato che lo stress riguarda circa un quarto di lavoratori e rappresenta l’80 % dei manager. i costi connessi con la scadente qualità delle esperienze di lavoro arrivano a 617 miliardi di euro all'anno, sono costi sociali organizzativi indiretti che derivano da fenomeni come assenteismo, ridotta produttività, aumento del tasso di denti infortuni e richieste di indennizzi, spese sanitarie ecc. In connessione a queste strategie di coping centrate sul problema, negli ultimi anni si sono studiati i fattori protettivi, come la resilienza. Questa sottolinea i fattori che possono aumentare le possibilità di recupero e resistenza psicofisica e generare emozioni positive di benessere. Gli studi sulla resilienza derivano da una psicologia positiva chi si focalizza sulle caratteristiche positive delle persone che migliorano il loro funzionamento psichico e facilitare il benessere, essa viene associata ad un orientamento ottimistico e al buon umore. Ci sono altre strategie di coping Coping proattivo (consapevolezza) Viene attuato prima che il problema si verifichi: minimizza lo stress che la persona potrebbe incontrare, aumenta il numero di opzioni possibili per affrontare una situazione, consente di preservare risorse personali quali tempo ed energia. Non è possibile prevedere tutto, infatti, entrano in gioco fattori legati all’evento stressante che non prevedibili. In maniera proattiva posso avere più strade aperte, un’anticipazione del problema, avere il piano a, b o c. Questo tipo di coping può aiutare a ridurre ansia e depressione perché ho pensato a tutte le strade, una per ogni eventualità, avendolo già immaginato posso usare la soluzione che avevo in mente. Coping di evitamento Si basa sul tentativo di ignorare la minaccia dell’evento stressante attraverso la ricerca del supporto sociale, ma questo non toglie il problema e si ripresenta continuamente, non ho lo sviluppo di capacità, non ho imparato niente di nuovo. Questo tipo di coping è più efficace con eventi incontrollabili. GESTIONE DELLO STRESS NEI CONTESTI ORGANIZZATIVI Si parla di un'efficace gestione quando si riduce si controllano i fattori che determinano gli eccessi di richieste lavorative e quando si aumentano le risorse che facilitano un equilibrio tra i costi ricavi dell'esperienza lavorativa. Nelle organizzazioni si possono individuare tre livelli di intervento: - individuale, in cui si può trovare una collocazione lavorativa per le persone che rispettino le loro capacità, chiarire i rapporti di ruolo, porre attenzione ai problemi che interferiscono con la vita di lavoro; - gruppo di lavoro, si possono identificare situazioni con forte esposizione a stressors e il miglioramento delle capacità di collaborazione e comunicazione e decisione condivisa; - organizzativo, attraverso interventi preventivi, come il design; correttivi, quindi la riprogettazione dell'ambiente finalizzati a eliminare e attenuare le potenziali fonti di stress. PREVENZIONE Questi interventi possono essere guidati da varie finalità attraverso la prevenzione: PREVENZIONE PRIMARIA Ob: riduzione stressors • Focus sull’organizzazione: modifica diretta dell'ambiente di lavoro o delle pratiche di gestione del lavoro • Identificazione dei lavoratori maggiormente a rischio di burnout SVANTAGGI: • Cambiamenti nell’organizzazione producono resistenze di management e lavoratori • Costo • Risultati visibili sul lungo termine ESEMPI • Aumento del controllo del lavoratore sulle attività da svolgere (management partecipativo) • Modifica delle caratteristiche del lavoro: uso di competenze diverse, disponibilità di feedback, autonomia (job redesign) • Chiarezza rispetto a compiti e responsabilità individuali (analisi e chiarimento del ruolo) • Miglioramento delle dinamiche interne al gruppo, soddisfare il bisogno di appartenenza dell’individuo e promuovere il senso di utilità del contributo individuale (team building). PREVENZIONE SECONDARIA Ob: per preservare il benessere e facilitare la gestione attiva dello stress • Formazione mirata ad assumere condotte di preservazione della salute, sviluppare competenze e strategie di coping e di resilienza • Quando non è possibile influire sulle cause del burnout, si deve agire sulle prime reazioni ad esso • Più efficace nell’attenuare i primi segnali di burnout • Focus sull’individuo SVANTAGGI: • Hanno un effetto a breve termine (non modifica le condizioni organizzative causa di burnout) ESEMPI • Formare le persone sui problemi psicologici legati alla esperienza lavorativa • Sviluppare strategie di adattamento per gestire al meglio le situazioni critiche: o Gestione delle emozioni e dello stress o Gestione dei conflitti e assertività o Formare al lavoro con utenza “difficile”. PREVENZIONE TERZIARIA Ob: focalizzata al trattamento e alla riabilitazione, attraverso l'utilizzo di tecniche di controllo delle reazioni psicofisiologiche sgradevoli (tecniche di rilassamento) o a forme di counseling individuale e di gruppo volte al rafforzamento delle competenze di gestioni di situazioni stressanti. Possono essere interventi di tipo: - PSICOSOCIALE (terapia psicologica e counseling) - MEDICO (contrastare sintomi psico-fisici legati alla situazione di malessere individuale) L’obiettivo è permettere al lavoratore di ritrovare il benessere e le risorse necessarie a svolgere adeguatamente il proprio lavoro. SVANTAGGI: Non agisce sulle condizioni che hanno causato il burnout. DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI (DVR) Le organizzazioni devono predisporre questo documento per seguire le indicazioni del decreto legislativo 81/08 che evidenzia una prospettiva di identificazione precoce dei rischi da stress lavorativo. IL CICLO DI CONTROLLO È un intervento di diagnosi dell'azienda e dei lavoratori in cui si controlla la gestione del rischio psicosociale che consiste in una serie di fasi ripetute nel tempo che richiede il coinvolgimento di tutti gli stakeholders. Questo ciclo prevede le fasi di: - Valutazione preliminare: individuazione dei pericoli e dei rischi esistenti - decisione sulle misure preventive per controllare o eliminare i rischi - intervento con azioni e piani concreti - controllo, riesame e aggiornamento periodico. CAPITALE PSICOLOGICO E ORIENTAMENTO ❖ PCI come intervento di supporto alla carriera, considerata come un’azione diretta ad un obiettivo (Young e Valach, 2004). ❖ La definizione di obiettivi, la pianificazione di strategie e la messa in atto di comportamenti per raggiungerli sono azioni importanti al fine di orientarsi nel corso della propria esperienza vocazionale. ORIENTAMENTO. “processo volto a facilitare la conoscenza di sé, del contesto formativo, occupazionale, sociale, culturale ed economico di riferimento, delle strategie messe in atto per relazionarsi ed interagire con tali realtà, al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle competenze necessarie per poter definire o ridefinire autonomamente obiettivi personali e professionali, elaborare o rielaborare un progetto di vita e sostenere le scelte relative”. Accordo sull’Orientamento Permanente (20/12/2012-rep. Atti n.152/CU). GUIDANCE→ azioni finalizzate a promuovere l’educazione all’auto-orientamento attraverso lo sviluppo di competenze orientative che permettano la gestione efficace dei processi decisionali e di leggere e rispondere alle richieste dei contesti formativi e lavorativi nei quali si sviluppa la carriera personale. VOCATIONAL GUIDANCE→Attività finalizzate alla maturazione della capacità di orientarsi nei passaggi tra cicli di studi o in uscita dalla filiera formativa. CAREER GUIDANCE→ Azioni dirette a adulti, carattere di raccordo con l’esperienza lavorativa già maturata e non solo con un progetto e un’aspirazione personale Capitale Psicologico→ come risorsa nei momenti di transizione. Favorisce l’assunzione di responsabilità per sviluppare capacità di adattamento a compiti diversi. Gruppo→come contesto privilegiato in quanto è centrato “sulla capacità di attivazione del partecipante, ovvero intende promuovere lo sviluppo di risorse, strumenti, motivazione e energie personali, da investire nel fronteggiamento dei diversi compiti orientativi, che si presentano al soggetto lungo tutto l’arco della propria esperienza formativa e lavorativa” (Pombeni e Chiesa, 2009, p. 100). Orientamento→ come campo di applicazione per gli interventi di potenziamento del Capitale Psicologico. Interventi di gruppo→ come setting ideali per favorire lo sviluppo delle dimensioni del Capitale Psicologico ai fini del superamento delle transizioni di carriera. CAPITOLO 7: CONDOTTE LAVORATIVE ANOMALE E CONTROPRODUCENTI L’obiettivo è quello di conoscere le caratteristiche e i significati di comportamenti anomali e controproducenti nel contesto di lavoro. COMPORTAMENTI CONTROPRODUCENTI La diffusione di questi comportamenti ci porta a studiare le ragioni che li possono attivare. DEFINIZIONI E PRECISAZIONI Gli psicologi hanno provato a dare delle definizioni sulle diverse condotte: ci possono essere condotte antisociali, che descrivono le azioni che danneggiano l’organizzazione, coloro che ci lavora e chi viene a contatto; disfunzionali, sono condotte messe in atto da singoli o più persone che hanno conseguenze negative per le persone o l’organizzazione; devianza lavorativa, è una condotta volontaria dei lavoratori che viola le norme e minaccia il benessere dell’organizzazione; counterproductive workplace behaviour o condotte controproduttive, sono le condotte intenzionali dei lavoratori, considerate contrarie ai legittimi interessi dell’organizzazione. Queste condotte sono intenzionali, indirizzate a singoli o gruppi contro gli interessi e obiettivi dell’organizzazione; hanno una componente reattiva e una più strumentale-proattiva; vengono attivate dai lavoratori verso: la produzione (rallentamenti, ritardi…); la proprietà dell’organizzazione e i suoi assets (furti, vandalismi, sabotaggi); verso il capitale umano (altre persone). Inoltre, assumono caratteristiche diverse in base a come si esprimono come: azioni illegali (vs norme formali); immorali (violano codici etici); devianti (non rispettano standard, regole). FINALITÀ DEI COMPORTAMENTI CONTROPRODUCENTI Vardi e Weitz riprendono il modello di Fishbein e Ajzen dell’azione ragionata e approfondiscono il significato dell’intenzione di attuare condotte controproducenti. La persona svolge comportamenti tali perché ha sviluppato atteggiamenti favorevoli verso questi comportamenti e li vede positive per sé; perché la norma soggettiva di ogni soggetto tollera quel comportamento. V e W hanno identificato tre tipi di intenzioni: 1. Condotte intenzionali finalizzate a trarre benefici per sé e indirizzate verso l’interno dell’organizzazione (molestie sessuali, furti, manomissioni di info); 2. Condotte intenzionali che procurano vantaggi per l’organizzazione e indirizzate verso l’esterno dell’organizzazione (falsificare documenti per le gare di appalto, mettere sovrapprezzi). 3. Condotte intenzionali con finalità distruttive e indirizzate verso l'interno l'esterno dell'organizzazione (comportamenti illeciti vs clienti, utenti). SCHEMA CONCETTUALE Livello individuale→ tendenza al disimpegno morale (che male c’è se lo fanno tutti), bassa stima di sé, locus of control esterno con instabilità emotiva, aggressività, affettività negativa che accentua le risposte emozionali alle condizioni lavorative stressanti e facilitano condotte devianti vs persone e organizzazione. Livello lavoro→ critiche che frustrano l’impegno delle persone e le occasioni da sfruttare a vantaggio (regole non chiare), compiti inadeguati rispetto al proprio ruolo. Livello di organizzazione→ scarsa chiarezza obiettivi da raggiungere, importante sono i sistemi di controllo che adottano i management (oppressivi, permissivi), condotte non etiche, clima di sfiducia, modalità di distribuzione di risorse, capi che commettono abusi. A destra, ci sono le condotte finali e le azioni controproducenti. WORKAHOLISM È la condotta di lavoro atipica con effetti controproducenti per la persona, che si esprime con un eccessivo impegno, sforzo e coinvolgimento della persona stessa nelle attività inerenti al proprio ruolo lavorativo. Le persone sono contente della loro situazione e vengono giudicate di successo, si tratta di una dipendenza dal lavoro, ne costituiscono tre tipi di workaholism: 1. Compulsività che sottolinea la relazione con il lavoro e risponde a un bisogno interno di arrivare al risultato; 2. Incremento di sforzi e perfezionismo che derivano dal bisogno di un controllo della situazione; 3. Tensione competitiva per la riuscita professionale e il rafforzamento dell’identità di carriera. Sono persone che mostrano un alto coinvolgimento emotivo e fisico, con una spinta motivazionale interna e non molto piacere di lavorare. Non bisogna sottovalutarne i rischi che sono sia psicofisici, di isolamento affettivo e sociale e impattano il benessere e le relazioni. Hanno trovato correlazione tra workaholism e stress: o Alti valori motivazionali→ bassi livelli di benessere emotivo o Alti livelli di piacere di lavorare → meno stress Attenzione a non confondere questo con l’entusiasmo per il lavoro perché, quest’ultimo, vede la persona che si sente coinvolta nel lavoro, ne ricava soddisfazione, non si sente pressata e mantiene un equilibrato distacco del lavoro con le sfere di vita. Mentre i workaholics vedono il lavoro centrale - conseguenze sulla vita lavorativa e sulla salute (somatizzazione, sindrome ansiosa e depressiva, disturbo post traumatico da stress). STORIA I primi studi venivano dagli studi sul bullismo = comportamenti aggressivi di un piccolo gruppo di bambini verso un gruppo o un singolo bambino. La vittima o le vittime non si sentono capaci di difendersi. Infine, negli anni ’80 Leymann e Gustafsson parlano di mobbing con specifico riferimento alla ripetuta e prolungata vessazione di natura psicologica esercitata nel contesto lavorativo. Bullismo e mobbing hanno in comune il rapporto asimmetrico con la vittima che è impossibilitata a difendersi. Ma vi sono anche differenze: - Bullismo: o Contesto scolastico; o Passa per atti che sono evidenti (es. video condiviso, ti aggredisco) - Mobbing: o contesto lavorativo, con le tue competenze umiliante, che non sai svolgere; o si hanno gesti marcati, viaggia sotterraneo, non si vede in violenza fisica o a viso aperto; o è presente disparità potere: stesso contratto es. ho + anni e riconosciuto È difficile parlare di mobbing, questo è un processo che se le azioni prese una ad una, si nota che tanti lavoratori le hanno subite, (compito x un quarto di tempo) a renderlo comportamento mobbizzante deve essere preso con più situazioni assieme. Es. mobbizzato denuncia il mobbing, accusati e coloro che sono a conoscenza, alcuni si schierano da parte del mobbizzato e una parte che lo accusa. Si gioca su una linea diversa. → Combinazione protratta nel tempo di azioni vessatorie caratterizzano il mobbing negli ambienti di lavoro. Le singole azioni vessatorie non sono mobbing: la reiterazione e la frequenza trasformano un’azione non particolarmente distruttiva, in un processo che può avere esiti molto gravi. I comportamenti di mobbing sono raramente apprezzati nelle organizzazioni e soprattutto provocano danni da molti punti di vista DEFINIZIONI - I casi in cui qualcuno in modo persistente e per un certo periodo di tempo si percepisce sul lavoro come bersaglio di azioni negative messe in atto da una o + persone dalle quali non è in grado di difendersi (definizione 1) - I casi in cui una persona sul proprio luogo di lavoro viene tormentata, vessata, offesa deresponsabilizzata dai colleghi superiori o sottoposti (definizione 2) - Azioni ripetute dirette a uno o + lavoratori (in modo consapevole o inconsapevole) che offendono, umiliano, feriscono la vittima e che possono interferire con la prestazione del lavoratore e creare uno spiacevole clima lavorativo (definizione 3) - Si tratta di aggressioni protratte nel tempo e non di singoli e sporadici episodi esercitate nei confronti di una persona che non è in grado di difendersi. Non si parla di mobbing nei casi in cui l’episodio si verifichi occasionalmente, né quando le parti in conflitto siano di eguale forza. L’aggressore/gli aggressori vessa/no con le proprie azioni con il preciso scopo di estrometterla dalla realtà sociale e lavorativa (definizione 4) Dentro il mobbing c’è il bossing: un tipo di mobbing, frutto di un disegno aziendale e volto al ridimensionamento del personale o all’allontanamento di una persona sgradita. NON SI PARLA DI MOBBING in casi in cui l’episodio si verifichi occasionalmente, né quando le parti in conflitto siano di eguale forza: - Stress lavorativo = condizione accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali che scaturisce dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative. Lo stress può essere conseguenza e causa di mobbing. - Straining = situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno un’azione con effetto negativo, l’azione è caratterizzata da una durata costante. Attuato appositamente contro una o + persone ma sempre in maniera discriminante - Stalking = ripetute, crescenti intrusioni indesiderate che minacciano la sicurezza della vittima. Tra le due persone esiste una relazione reale o immaginaria, i comportamenti intrusivi sono prolungati provocano nella vittima uno stato di allarme. Posto di lavoro vs vita privata. Finalità diversa da mobbing e straining. - Molestie, violenze sessuali (nel corso del processo di mobbing possono essere messe in atto molestie a sfondo sessuale) - Contesti extralavorativi (es. bullismo, nonnismo) - Situazioni conflittuali (sporadiche, senza uno specifico “progetto”, mobbing scaturisce dall’escalation di un conflitto non efficacemente gestito. AZIONI DI MOBBING: 5 categorie di azioni mobbizzanti di Leymann -Attacchi ai rapporti umani: per limitare la possibilità di esprimersi della vittima - Isolamento sistematico: tagliare fuori dal gruppo la vittima - Cambiamenti delle mansioni lavorative: dequalificazione professionale della vittima - Attacchi alla reputazione: per distruggere la credibilità della vittima - Violenza o minacce di violenza: contatto fisico diretto da parte dell’aggressore anche con scopi sessuali Classificazione di Maarit Vartia -Pettegolezzi e maldicenze -Isolamento sociale -Assegnazione di compiti al di sotto della propria professionalità -Critica continua ed ingiustificata circa il lavoro svolto ed i risultati raggiunti - Violenza e minaccia di violenza - Insinuazioni circa un forte disagio mentale a carico della vittima DUE MACROCATEGORIE Azioni legate al lavoro: peggioramento delle condizioni lavorative, difficoltà nell’eseguire i compiti assegnati e nel portare a termine il proprio lavoro, cambiamento delle mansioni. Azioni legate agli individui: aggressione verbale, gossip, ridicolizzazione, insulti. + azioni legate all’isolamento sociale (esclusione della vittima allontanata dal gruppo) + azioni violente (attacchi fisici aperti). SOGGETTI COINVOLTI: Il mobbing è per sua natura interpersonale e si evolvé e da un’interazione dinamica di almeno due parti mobber e mobbizzato. - Mobber = tendente al controllo, ansioso, avido di potere, aggressivo verso gli altri, limitata capacità di comprendere gli effetti delle proprie azioni. Antisociale è inosservante e viola i diritti degli altri. Mancanza di competenze sociali, percezione di trattamento iniquo sul posto di lavoro, stress correlato al lavoro. - Mobbizzato = tendenza ad attribuire la responsabilità alle persone. Personalità della vittima: bassa autostima, alti nervosismo, estroversione ed impulsività, ma anche bassa estroversione, coscienziosità e capacità di accordo. Vittima vulnerabile: bassa autostima cronica; vittima provocatoria: estroversione, basso grado di accordo con i colleghi, comportamenti irritanti e modalità relazionali inadeguate. Coloro che sono maggiormente esposti sono: lavoratori con elevato coinvolgimento nell’attività svolta o con capacità innovative e creative; soggetti con ridotte capacità lavorative o portatori di handicap collocati obbligatoriamente nel posto di lavoro, ma osteggiati dal datore di lavoro, dal preposto dai nuovi compagni di lavoro; persone che possono essere identificate come diverse sotto vari punti di vista e tratti socio culturali (es. provenienza geografica, religione, abitudini di vita ecc..) - Side-mobber e co-mobber = partecipa - Bystander = coscienti dell’azione ma incapaci di aiutare - Whistleblower = che offrono supporto Prevenzione secondaria: Intervento sui primi segnali riconducibili alla potenziale insorgenza di una condizione di burnout, contro la durata e la diffusione del disturbo (per ridurre la prevalenza). Cosa fare→istituire organismi appositi intesi come prima istanza fiduciaria: commissioni, gruppo di fiducia, consigliere …; implementare sistemi di ascolto: sportello mobbing; trattare senza ritardi gli eventi critici. Strategia adottata vista la comparsa dei primi sintomi. Prevenzione terziaria: dopo la diffusione (per ridurre le conseguenze). Cosa fare→ interventi di recupero per limitare le conseguenze; interventi medici, psicologici, legali; mediazione; interventi organizzativi: per analizzare la situazione e raccogliere informazioni. Strategia per limitare i danni di una situazione ormai conclamata FENOMENO - è un attacco ai diritti civili, ma è connaturato al lavoro organizzativo - è una minaccia al buon funzionamento delle organizzazioni, ma ci sono stili di gestione che lo rendono più probabile - è individuale nelle conseguenze, ma è collettivo nei meccanismi che lo innescano - è relativamente raro che dia esiti molto gravi, ma può colpire molto duramente le persone - per chi ha potere è più facile esercitarlo, ma le false accuse di mobbing sono una potente arma di mobbing RITARDI SUL LAVORO I ritardi possono avere significati diversi: - ritardo cronico→ crescente frequenza e durata - ritardo stabile periodico→stabile durata e frequenza - ritardo casuale→senza pattern specifico di frequenza. Koslowsky propone un modello di spiegazione del ritardo in cui ci sono due percorsi: 1. come si considerano gli atteggiamenti negativi vs organizzazione→ motore dei comportamenti di ritirata in cui il ritardo è un esempio, questa relazione è regolata dai feedback; 2. gli atteggiamenti possono cambiare le percezioni per arrivare ad un risultato. Quindi, si parla di un insieme di fattori di ritardo, tra cui: la personalità, la percezione del tempo, il pendolarismo, il tipo di equilibrio tra lavoro e famiglia. Capire i fattori che influenzano il ritardo del lavoratore ci permette di impostare gli interventi per correggere la situazione di lavoro prima ancora di intervenire con sanzioni. ASSENTEISMO E TURNOVER L’insoddisfazione e lo stress assumono l’assenteismo e il turnover come indicatori di malfunzionamento organizzativo. Le assenze ingiustificate vengono intese come protesta individuale, per ricavare vantaggi personali o per procurare danni all’organizzazione. CARATTERISTICHE La presenza lavorativa tra persone e organizzazione assicura la continuità lavorativa e si riescono a raggiungere i risultati attesi. La soddisfazione lavorativa rafforza la presenza. Si parla di presenteismo quando si va a lavoro anche in stato di malessere, malattia, i rischi sono burnout, contagio e perdita di produttività. Il presenteismo è in relazione con l’aumento dell’insicurezza lavorativa, il workaholism. Si parla di assenteismo quando si mette in atto un comportamento complesso, che rappresenta una risposta individuale che resta illecita e opportunistica nonostante le giustificazioni. Può essere volontario e involontario. Essere assenti è passivo, specialmente se si sceglie di fuggire dalla situazione ed esprime una preoccupazione per una condizione lavorativa insoddisfacente. Si parla di turnover inteso come uscita volontaria dall’organizzazione per diverse ragioni, è una ‘valvola di sicurezza’ per coloro che vivono una condizione insoddisfacente. Per il turnover e l’assenteismo si deve tenere conto delle: - caratteristiche del contesto socioeconomico→ tasso di disoccupazione, del livello di competenze possedute - percezioni e valutazioni relative alla qualità del contesto di lavoro→ es grado di pesantezza della struttura gerarchica, sistema di controllo, tensioni, noia ecc. - sistema di norme interne al gruppo di lavoro→ creatosi dalle assenze al lavoro, quindi, si determina una norma di accettazione di un certo livello di assenza Fare assenze ingiustificate comportano una riduzione dell’efficienza produttiva, sulle conseguenze del clima sociale dei gruppi di lavoro, sugli effetti delle modalità di partecipazione e sulla persona stessa. CONDOTTE CONTRO LA PROPRIETÀ È importante monitorare i rischi esterni ed interni all’azienda, possono esserci condotte controproduttive per un’eccessiva tolleranza. Si parla di vandalismo quando ci sono frequenti episodi di natura antisociale, come l’uso distorto dei beni pubblici, scarsa pulizia delle strade, graffiti ecc. Si parla di sabotaggio quando si ha un conflitto collettivo e rispondono a istanze ideologiche, politiche o situazioni di sfruttamento (luddismo), inoltre, può avere uno scopo di protesta verso l’organizzazione per riportare equilibrio tra i rapporti sociali. All’interno del gruppo di lavoro si manifesta la sensazione di minaccia e pericolo. LINEE DI INTERVENTO Bisogna capire cosa c’è alla base di questi fenomeni, ciò può dipendere da fattori personali, contesto lavorativo. Ad ogni modo di può prevenire, attraverso: - riprogettazione del lavoro→ sia che sia più motivante, sia che porta alla diminuzione di frustrazione e stress, quindi, riprogettare il lavoro incentivando il lavoratore -richieste di lavoro; ridurre gli imprevisti; verificare le condizioni di sovraccarico; assicurarsi che quel compito si può fare, che segua i principi di giustizia e trasparenza; assicurarsi che il clima relazionale sia sano; formazione sulla preparazione di primi segnali di reattività, evitando il ‘faccio finta di niente’. - Approccio preventivo centrato sul monitoraggio e miglioramento delle caratteristiche del contesto lavorativo, delle modalità di gestione delle persone e dei gruppi di lavoro. - “selezionare” le persone nel team di lavoro, che sia un gruppo omogeneo e equilibrato.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved