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Riassunto Itinerario nell'arte - Cricco Di Teodoro, da Brunelleschi all'età barocca, versione verde, Sintesi del corso di Storia dell'Arte Moderna

Riassunto dettagliato del libro

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 26/06/2020

arisaikali
arisaikali 🇮🇹

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Scarica Riassunto Itinerario nell'arte - Cricco Di Teodoro, da Brunelleschi all'età barocca, versione verde e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! Il Cricco, Di Teodoro - Itinerario nell'arte, Vol. 2, da Giotto all'età barocca, Terza edizione. Versione verde 14.4 Filippo Brunelleschi (1377-1446) Giorgio Vasari attribuisce a Brunelleschi l'onore di aver dato inizio alla nuova architettura del Rinascimento. Figlio del notaio ser Brunellesco Lippi, nella sua formazione studiò anche il latino. Le scienze esatte lo appassionavano, la matematica soprattutto. Ma in particolare prediligeva il disegno, la pittura, la scultura e l'architettura. Dopo un inizio come orafo ed essersi affermato pubblicamente nel 1401 partecipando al concorso per la Porta Nord del battistero fiorentino, dedicherà tutta la sua vita all'architettura. Conobbe l'architettura degli antichi grazie a dei soggiorni di studio a Roma tra il 1404 e il 1409 con l'amico Donatello e successivamente nel 1417-18. Cupola di Santa Maria del Fiore (1420-36); Firenze Filippo era già stato consultato dall'Opera di Santa Maria del Fiore per il completamento delle tre tribune (1404) e la sopraelevazione del tamburo (1410) della cattedrale fiorentina; poi partecipò al concorso (bandito dall'Arte della Lana nel 1418) per realizzare la cupola, per concludere la fabbrica. La cattedrale in quegli anni era ancora senza copertura nella zona del coro e lo spazio ottagonale su cui era stata prevista una cupola aveva il diametro di 54 m, contando anche il tamburo. Brunelleschi propose di costruire una cupola autoportante, cioè capace di sostenersi da sé senza l'aiuto delle armature di legno, la cui costruzione era improponibile per l'altezza (50 m da terra). La proposta sembrava folle ma alla fine risultò vincitrice e i lavori iniziarono nel 1420. Come compagno d'impresa a Filippo fu assegnato Lorenzo Ghiberti ma già dal 1425 non stava più partecipando. Con Brunelleschi nasce una nuova figura di moderno architetto: un artefice glorioso delle proprie invenzioni e del suo ruolo di intellettuale. La cupola si erge su un tamburo ottagonale forato da 8 grandi finestre circolari (oculi). La cupola è alta e maestosa. La struttura è costituita da due calotte distinte, una interna e una esterna. La cupola è costruita tirando su contemporaneamente tutte le parti, connesse e tutte portanti, a differenza delle volte gotiche in cui i costoloni sono portanti e costruiti per primi. Il fatto che sia autoportante è dovuto a due fattori: l'impiego della muratura a spinapesce e l'aver costruito una cupola di rotazione, non una semplice volta a padiglione. La costruzione della cupola occupò Brunelleschi per tutta la vita, infatti ci vollero 16 anni per concludere la struttura con l'anello di chiusura, su cui porre la lanterna. Anche per essa ci fu un concorso che Filippo finse di nuovo, ma alla sua morte (1446) essa era ancora in costruzione. Il linguaggio brunelleschiano Tra il 1432 e il 1438 Brunelleschi fu consultato per varie opere militari e civili nell'Italia settentrionale (Milano, Ferrara) e poi progettò altri edifici per Firenze. La sua architettura si svolge sempre alla luce della ricerca e della sperimentazione. Infatti le sue forme architettoniche sono pensate così che chiunque si trovi a proprio agio fra strutture che non opprimono. Tutto questo tramite l'uso di forme geometriche semplici. Inoltre il suo linguaggio si caratterizza per la ripresa della sintassi classica che si basa: sugli ordini architettonici e sull'arco a tutto sesto. Solitamente fa uso di capitelli corinzi e colonne dal fusto liscio. Spedale degli Innocenti (1419-23); Firenze Iniziato nel 1419 presso la Chiesa dei Servi di Maria, esso pose le premesse per la creazione della piazza porticata della Santissima Annunziata, grande esempio di piazza rinascimentale. Brunelleschi si dedicò all'edificio fino al 1423 (fu concluso da altri) e si articola attorno a un chiostro centrale, affiancato dalla chiesa e dal dormitorio per gli orfani. Si innalza su un ripiano, a cui si sale tramite 9 gradini. 9 come le arcate del porticato e le finestre di forma classica che ricordano il battistero fiorentino di San Giovanni. Sormontate da un timpano, poggiano sulla cornice dell'alta trabeazione, sostenuta da un ordine maggiore di paraste, affiancate da colonne libere (che ispireranno Masaccio nell'affresco della Trinità). L'intercolumnio è pari all'altezza delle colonne e alla profondità del porticato; la campata quindi risulta di forma cubica e lo spazio del loggiato si può definire modulare. Quindi nella sua realizzazione Brunelleschi usa ripetutamente la stessa misura (modulo) per meglio scandire lo spazio. Sagrestia Vecchia di San Lorenzo (1422-28); Firenze Anche qui Brunelleschi riprende la composizione modulare. La Sagrestia Vecchia si chiama così per distinguerla dalla Nuova, edificata nel secolo dopo da Michelangelo. L'incarico fu assegnato a Filippo da Giovanni di Averardo de' Medici (Giovanni di Bicci), padre di Cosimo il Vecchio, forse nel 1419. Il nuovo edificio avrebbe dovuto servire anche da cappella funeraria di famiglia. Si tratta di un ambiente al quale si accede dal braccio sinistro del transetto della Basilica di San Lorenzo ed è composto da uno spazio cubico al quale è sovrapposta una cupola emisferica ombrelliforme. Esternamente la cupola è coperta da una superficie tronco-conica, sormontata da una lanterna su 6 colonnine (tipo quella del Battistero fiorentino), coronata da un cupolino. La cupoletta è affrescata a imitazione di un cielo stellato con le figurazioni dello zodiaco. Tutte le pareti della Sagrestia sono scandite dalle paraste, dalla trabeazione e dagli archi in pietra serena (grigi) che risaltano contro il bianco dell'intonaco nudo (non decorato). Cappella de' Pazzi (primi anni '30 del '400-ca 1461); Firenze Costruita all'interno del chiostro della Basilica di Santa Croce, su commissione di Andrea de' Pazzi, esponente di una delle più potenti famiglie di banchieri fiorentini, essa rivela una ricerca spaziale e planimetrica che si può interpretare come meditazione sulla Sagrestia Vecchia, ma ne complica la geometria. Non c'è documentazione ma si attribuisce a Brunelleschi. La cappella in parte fu realizzata nel 1443, ai tempi del soggiorno fiorentino di papa Eugenio IV, e fu conclusa con la copertura maggiore tra il 1459-60 e con la cupoletta del portico nel 1461. L'ambiente principale, basato sulla forma quadrata, si dilata in un rettangolo che comprende anche una cupoletta emisferica centrale affiancata da due volte a botte. La facciata è divisa in due parti: quella inferiore comprende un portico con colonne corinzie trabeate; quella superiore è una parete piena ornata a riquadri, scandita da coppie di parastine che sorreggono una trabeazione. Basilica di San Lorenzo (1425-1461); Firenze Il progetto per la Basilica risale al 1418, ma Filippo fu coinvolto solo nel 1421. Aveva progettato un edificio a tre navate con cappelle laterali, ma a causa dei costi fu costretto ad escludere le cappelle. Sarebbero state costruite ai fianchi dell'abside, come in Santa Croce e Santa Maria Novella. I lavori iniziarono nel 1425 e furono ripresi, dopo un'interruzione, nel 1442, poi conclusi da Antonio Manetti Ciaccheri (1405-1460) dopo la morte di Brunelleschi. Negli anni '70 del '400 furono aggiunte le cappelle. È chiara la concatenazione dei vari elementi architettonici. L'arco che introduce alle cappelle è inquadrato dall'ordine delle paraste sulle quali è posta una trabeazione. Essa si specchia nella porzione di trabeazione che sovrasta i capitelli delle colonne che dividono la navata centrale dalle laterali e che fa da sostegno per gli archi tra le colonne. Basilica di Santo Spirito (1444-1487); Firenze Qui l'organismo architettonico è ancora più complesso. La linea curva modella l'edificio, la navata centrale è dotata di soffitto piano e quelle laterali con campate coperte a vela. Fu progettata tra il 1428 e il 1434, poi iniziata nel 1444 e terminata dopo la morte di Filippo. L'edificio è a croce latina, le navate laterali non si concludono all'altezza del transetto ma continuano intorno al perimetro della basilica. Le cappelle laterali sono a pianta semicircolare, introdotte da archi. Le paraste di San Lorenzo qui sono sostituite da semicolonne, tre quarti di colonna o un quarto, e hanno la stessa altezza delle colonne libere: quindi c'è un perfetto equilibrio dimensionale. 14.5 Lorenzo Ghiberti (1378-1455) Lorenzo di Cione Ghiberti nasce a Firenze ed è lì che svolge la maggior parte della sua attività e dove Sant'Eligio (ca 1417-21): un marmo commissionato dall'Arte dei Fabbri a Nanni di Banco. Il personaggio indossa abiti vescovili, ha una postura severa ed equilibrata, con andamento arquato, il panneggio genera fra le pieghe l'alternarsi di profonde zone d'ombra. San Giacomo Maggiore (ca 1420): marmo che Niccolò di Pietro Lamberti realizza per l'Arte dei Vaiai e Pellicciai, di cui il Santo era protettore. Questa statua è più piccola, c'è una certa convenzionalità nei lineamenti, col volto allungato e senza una particolare espressione. Il panneggio a sinistra cade quasi verticalmente, a fitte pieghe; a destra si distende più realisticamente. San Giorgio (ca 1418); Firenze, Museo Nazionale del Bargello La statua di Donatello è del tutto diversa. Commissionata dall'Arte dei Corazzai e Spadai (di cui il Santo guerriero era patrono) nel 1416, nel decorativismo del panneggio presenta ancora tracce di gusto gotico. La postura orgogliosa e la tranquilla gravità del volto invece rappresentano la nuova sensibilità donatelliana. Infatti San Giorgio è solido, con le gambe appena divaricate, il grande scudo che fa da appoggio. Il volto sereno, ma consapevole, ha dei tratti pensosi come le sopracciglia contratte e la fronte aggrottata, che esprime inquietudine. Nel basamento della statua Donatello realizza un bassorilievo con San Giorgio e la principessa (1418): dimostra grande padronanza della rappresentazione prospettica. La linea d'orizzonte è all'altezza della testa della principessa e il punto di fuga centrale sul dorso del Santo cavaliere. Egli sta trafiggendo il drago (simbolo di peccato), il suo mantello si agita al vento e col piede sinistro stringe la pancia del cavallo con realismo. A destra la principessa che osserva a mani giunte, alle sue spalle un portico rinascimentale, emblema di classicità e razionalità, contro l'antro del mostro sul lato opposto, simbolo di rozzezza e primitività. Uso dello stiacciato, crea effetti di chiaroscuro, non solo prospettiva. Il disegno C'è una grande attenzione al chiaroscuro e alle masse. Strage degli Innocenti (ca 1446/1450): è raffigurato un gruppo di donne, alcune accoccolate mentre proteggono i bambini dal carnefice col pugnale. Su una prima traccia a punta metallica ha poi ripassato a penna, con tratti d'inchiostro bruno. I personaggi appaiono connotati in modo preciso e drammatico. Il profeta Geremia (1423-25); Firenze, Museo dell'Opera del Duomo Donatello scolpisce la statua marmorea, insieme al Profeta Abacùc, per collocarle in due dei nicchioni esterni della facciata occidentale del Campanile di Giotto. Luce e ombra si impigliano tra le pieghe del mantello, questo dà imponenza alla figura. Donatello si ispira a un modello reale: il volto infatti è un vero ritratto di un uomo non più giovane, con la barba rada, il labbro inferiore sporgente, sopracciglia aggrottate. Si tratta del «naturalismo integrale», una piena adesione al «vero naturale», cioè come appare ai nostri occhi, non un'idea astratta. I lineamenti contratti non nascondono una vita fatta di miserie. La bellezza qui non sta nell'aspetto esteriore, ma nella grandezza d'animo. Il banchetto di Erode (ca 1427); Siena, Battistero di San Giovanni Tra il 1423 e il 1427 Donatello, insieme a Ghiberti, della Quercia e altri, è chiamato a collaborare alla realizzazione del fonte battesimale del Battistero di Siena. In questa occasione produce una formella in bronzo che raffigura Il banchetto di Erode. Cura molto la rappresentazione prospettica e la composizione dei personaggi. In primo piano, a sinistra, un servo inginocchiato mostra a Erode la testa tagliata di San Giovanni Battista. Il sovrano si ritrae, con le mani aperte, come se provasse orrore. Anche gli altri partecipanti si ritraggono, creando un vuoto al centro della composizione. Questo, insieme alla fuga prospettica del pavimento e degli oggetti sul tavolo, crea un grande senso di profondità. Al di là degli archi, il servitore mostra la testa a Erodiade e a una sua ancella; con questo Donatello definisce ciò che è lontano nel tempo con la lontananza dello spazio. Cantoria (ca 1433-39); Firenze, Museo dell'Opera del Duomo Nel 1433 dopo un soggiorno romano, Donatello viene incaricato di eseguire una Cantorìa (latino cànere, cantare) per la Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Si tratta di un balcone in marmo su cui salivano i coristi durante le celebrazioni liturgiche. È gemella di quella alla quale Luca della Robbia stava lavorando già da un paio d'anni, situata sulla parete di fronte. Il tema di entrambe è il Salmo 150 dell'Antico Testamento, nel quale tutti lodano Dio con canti, musiche e danze. Partendo da un fregio continuo di età ellenistica, inventa un nuovo spazio prospettico delimitato anteriormente da colonnette rivestite di mosaici policromi, e posteriormente dal piano di fondo del bassorilievo. All'interno un corteo di putti danzanti gioiosi. La scena ha poco di religioso ed emerge un'ossessiva voglia di movimento, resa più credibile grazie allo stiacciato di alcune figure. David (ca 1440); Firenze, Museo Nazionale del Bargello Il David fu realizzato per Cosimo de' Medici. Qui troviamo una narrazione più serena rispetto al Banchetto. La scultura è a tuttotondo e la figura indossa uno strano copricapo (alcuni studiosi pensano quindi si tratti dell'Ermes greco). Il dio è colto nell'atto di osservare con distacco la testa di Argo, mostro da lui ucciso su ordine di Zeus. Ha un'espressione di naturale pensosità, in contrasto con l'innaturale postura del corpo. Tutto il suo peso grava sulla gamba destra. La mano destra impugna la spada e il piede sinistro è sulla testa del nemico. La luce scivola dolcemente sul corpo di David-Ermes e crea grandi ombre sulla testa di Golia-Argo. Monumento al Gattamelata (ca 1445-53); Padova, piazza del Santo Costruito durante il periodo padovano, il più maturo, il monumento è situato nella piazza antistante alla Basilica di Sant'Antonio. Si tratta di un monumento celebrativo in onore del capitano di ventura Erasmo da Narni (1370-1443), soprannominato Gattamelata, che combatté per Venezia e ne estese i possedimenti su terraferma fino alla Lombardia. Il gruppo bronzeo si ispira al Marco Aurelio e anche la collocazione è simile (di fianco alla basilica romana di San Giovanni in Laterano). Qui i tratti del volto sono severi, lo sguardo è risoluto e ciò lo rende uno dei ritratti più naturali e psicologici del '400. Molta attenzione è posta sul cavallo, con la zampa anteriore sinistra appena alzata e la punta dello zoccolo che poggia su una palla di cannone; questo contribuisce alla credibilità del cavaliere. Maddalena (ca 1455/56); Firenze, Museo dell'Opera del Duomo Fu scolpita per il battistero fiorentino di San Giovanni e abolisce ogni riferimento alla statuaria classica, concentrandosi di più su un'analisi psicologica del personaggio. La Maddalena è rappresentata dopo il digiuno nel deserto e ci appare consumata nel fisico, ma anche nell'animo. Il volto è ossuto e sofferente, le dita lunghe, il corpo percorso da una cascata di capelli, i piedi scheletrici; tutto questo esprime la sua grandezza interiore. Anche la scelta del legno non è casuale, trattandosi di un materiale umile ma vivo. 14.8 Masaccio (1401-1428) Tommaso di Ser Giovanni di Mone Càssai, detto Masaccio nasce vicino ad Arezzo nel 1401. Secondo l'uso toscano, il soprannome non implica un giudizio negativo: si riferisce al fatto che l'artista sia sempre così assorbito dalla propria attività creativa da non occuparsi del resto. Si forma artisticamente a Firenze dove si trasferisce nel 1417. Non sappiamo molto sulla sua vita ma sappiamo che dal 1422 risulta iscritto all'Arte dei Medici e degli Speziali. Nell'ambiente ricco di stimoli artistici che era Firenze, Masaccio concepisce una pittura totalmente nuova e si pone come uno dei punti di riferimento della rivoluzione artistica del primo '400. Muore a Roma. Sant'Anna Metterza (ca 1424/25); Firenze, Galleria degli Uffizi Questa tavola segna l'inizio della collaborazione tra il giovane Masaccio e il più maturo Masolino. È una pala d'altare per la chiesa fiorentina di Sant'Ambrogio dai Bonamici, famiglia di tessitori. Infatti il drappo dispiegato dagli angeli sulla spalliera del trono sarebbe la riproduzione di un tipo di stoffa prodotta in esclusiva dai Bonamici. La Madonna è in trono col Bambino e Sant'Anna, madre di Maria, circondati da 5 angeli. Masolino eseguì Sant'Anna e 4 angeli; Masaccio angelo di destra, la Vergine e il Bambino. Il corpo di Maria è tratteggiato con sicurezza e ha una massiccia compattezza piramidale. Tutti i personaggi masacceschi sono dotati di volume proprio. In Masolino il volume è assente, non c'è uno studio dal vero (la mano sinistra di Sant'Anna non ha un braccio al quale congiungersi). Polittico di Pisa (1426) La pala era destinata alla Chiesa del Carmine, poi fu smembrata nel '600. La tavola centrale era quella della Madonna in trono col Bambino e quattro angeli (oggi a Londra, National Gallery). La Vergine qui è messa in evidenza dal panneggio pesante e fortemente chiaroscurato. Il volto ci appare stanco, come se la madre sapesse già del tragico destino di passione che sarebbe toccato al figlio. Masaccio ha preferito ispirarsi alla copia dal vero, come Donatello, invece che ai modelli di bottega. Il Bambino sta mangiando un acino d'uva che gli ha dato la madre; è un'allusione al vino (simbolo del sangue di Cristo). C'è però una straordinaria spontaneità nel gesto, che non si era mai vista prima (forse in Giotto) e mette in luce la natura umana di Gesù. L'aureola qui è un solido disco metallico e di forma ellittica. La linea d'orizzonte coincide con la superficie della seduta; la Vergine poggia i piedi su una predella. I rosoni sul trono sono di derivazione classica; ai fianchi ci sono delle colonnine composite inalveolate, sormontate da coppie di altre colonnine composite. Questo dimostra l'interesse del pittore per l'architettura e l'Antico. Cappella Brancacci (1424-28), Chiesa di Santa Maria del Carmine, Firenze Si tratta di un glorioso ciclo di affreschi per la Chiesa di Santa Maria del Carmine, commissionati da Felice di Michele Brancacci, un ricco mercante e uomo politico. Vengono eseguiti in collaborazione con Masolino, poi ultimati da Filippino Lippi (1481-1483). I due maestri concordano la distribuzione delle scene, così che i loro diversi modi di dipingere si possano amalgamare (non come in Sant'Anna Metterza). Il tema è quello della Vita di San Pietro, forse suggerito dal committente, al quale si aggiungono scene della Genesi. La centralità della figura di Pietro allude a quella della Chiesa. Il santo è raffigurato con grande monumentalità, che richiama quella della statua bronzea nella Basilica Vaticana. Nell'affresco del Tributo, il primo in alto della parete di sinistra, viene illustrato un episodio del Vangelo di Matteo nel quale si descrive l'ingresso di Cristo e gli apostoli a Cafàrnao. Nel dipinto vediamo quattro momenti temporalmente diversi. Il primo è al centro, quando il gabelliere, di spalle, chiede il tributo. Masaccio mette in evidenza lo stupore degli apostoli. Cristo, indicando il mare, comanda a Pietro di recarsi a pescare, e anche lui lo indica. Sulla riva a sinistra quindi c'è Pietro; a destra in primo piano Pietro consegna il denaro. Di nuovo i personaggi hanno un rilievo quasi scultoreo, il chiaroscuro definisce i volumi e i panneggi. Unifica lo spazio e il tempo e si ha una visione unitaria della realtà. Il paesaggio è brullo, le montagne in successione cromatica e le architetture a destra sono ispirate all'edilizia fiorentina. La luce proviene da destra. Altro affresco è la Cacciata dal Paradiso Terrestre, nel secondo registro del pilastro di sinistra dell'arco di accesso alla cappella. Sono raffigurati Adamo ed Eva, nudi, quando l'angelo di Dio li caccia dall'Eden. L'ultimo restauro (1984-90) ha eliminato le foglie che nel XVIII secolo erano state aggiunte per coprire il sesso dei personaggi. Le volumetrie massicce sono quasi sgraziate. Adamo è disperato e si copre il volto per la vergogna; Eva si copre i seni e il pube per vergogna e prova un dolore infinito, come si vede dal volto, dove c'è un intenso gioco di luci e di ombre. Il paesaggio si riduce a una roccia e dietro un cielo senza nuvole, quasi irreale. Il forte realismo torna nell'affresco con la Distribuzione dei beni e morte di Ananìa, nel primo registro della parete di fondo, a destra dell'altare. L'episodio è tratto dagli Atti degli Apostoli in cui si narra che i nuovi convertiti al cristianesimo vendevano i propri beni immobili, portando il ricavato agli Apostoli che lo ridistribuivano a tutti, secondo il bisogno. Anania, uno dei possidenti, nascose parte del ricavato dalla vendita e per punizione divina cadde morto ai piedi di San Pietro. Le architetture fanno riferimento a Firenze come la casa a sinistra. Il paesaggio retrostante comprende delle colline sempre più chiare, alberi di alto fusto e un bianco castello. I volti e gli atteggiamenti dei personaggi sono quelli della vita quotidiana: San Pietro con la barba bianca, il mantello giallo sgargiante, nel momento in cui fa l'elemosina alla donna bisognosa. Trinità (ca 1426-28), Basilica di Santa Maria Novella L'ultima opera prima della sua scomparsa; la prospettiva è usata per rendere comprensibile lo spazio e non della Vergine al Tempio. In entrambi osserviamo le solenni prospettive architettoniche (una villa con loggiato; la facciata e l'interno di un tempio), con la giusta individuazione di zone in luce e in ombra, che si rifanno all'Antico. Le due scene inoltre presentano un gran numero di persone, animali e cose. Il cielo è quasi bianco in basso e quasi azzurro in alto. L'Alberti ritiene che lo scopo della pittura sia, oltre che l'imitazione della natura, anche la ricerca della bellezza come ciò che dà piacere all'occhio. Solo la bellezza ha la facoltà di preservare le opere d'arte dalla violenza distruttrice degli uomini. Nel De Statua fa una minuziosa descrizione di uno strumento chiamato finitòrium, che era utile agli scultori per rilevare i punti caratteristici di una statua al fine di eseguirne una copia perfetta, ad esempio. Nel De re aedificatoria si fondono le sue conoscenze letterarie con la trattazione dell'arte di edificare. Il trattato prende come esempio quello di Vitruvio, come nella suddivisione in dieci libri. Si tratta del disegno, dei materiali da costruzione, dei procedimenti costruttivi, degli edifici pubblici e privati, delle strade, ecc. Alberti ritiene che la colonna debba essere sovrastata dalla trabeazione e l'arco debba stare sopra i pilastri. Tempio Malatestiano (ca 1450); Rimini Il suo primo intervento architettonico costituisce il rifacimento della chiesa gotica di San Francesco a Rimini, anche nota come Tempio Malatestiano. Il committente Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore della città, voleva che la chiesa fosse trasformata in un monumento celebrativo della memoria di lui, dell'amante (poi moglie) Isotta degli Atti e dei più importanti umanisti di corte. I lavori iniziarono nel 1447 con la decorazione della Cappella degli Angeli e l'anno successivo della Cappella di San Sigismondo. Ma il completo mutamento dell'interno iniziò attorno al 1450. All'esterno lavorarono da 1453 in poi. L'unica navata, affiancata da cappelle introdotte da grandi arcate a sesto acuto, presenta una soluzione ornamentale che corrisponde alle concezioni albertiane. All'interno un doppio ordine di paraste inquadra gli archi acuti e il secondo ordine prosegue lungo le pareti. Siccome Leon Battista riteneva che l'attività dell'architetto dovesse essere puramente teorica, l'esecuzione del Tempio fu affidata a Matteo de' Pasti. L'Alberti creò la prima facciata di chiesa rinascimentale, riferendosi all'antichità romana. Non imitò le forme del tempio classico ma ebbe come esempi gli archi di trionfo, come l'Arco di Augusto. Nei fianchi, le grandi arcate a tutto sesto sorrette da pilastri ricordano gli antichi acquedotti. L'edificio dà voce anche alle aspirazioni del committente, che voleva essere considerato al pari del primo imperatore romano, Augusto. Palazzo Rucellai (dopo 1452), Firenze La facciata di questo palazzo si basa sulla sovrapposizione degli ordini, come nell'antica architettura romana. È infatti una traduzione, in termini di superficie piana, del fronte curvilineo del Colosseo (ma anche il Battistero fiorentino fu una fonte). L'interno fu ristrutturato tra 1446 e 1452, e subito dopo iniziarono i lavori per la facciata con Bernardo Rossellino, su disegno di Alberti. Giovanni Rucellai era un ricco mercante fiorentino; per lui l'Alberti progetta un fronte a cinque campate, poi esteso a sette. Esse sono tutte uguali, tranne quelle più grandi corrispondenti agli ingressi. Per la variazione regolare della scansione metrica (a,a,b,a,a,b) si parla di «travata ritmica». Al piano terreno ci sono lesene con capitello tuscanico, appena aggettanti, che reggono una trabeazione a fregio continuo. Le lesene del primo piano sono coronate da capitelli ionici. Sulla trabeazione del primo piano si impostano le ultime lesene con capitelli corinzi. Facciata di Santa Maria Novella (dal 1458/60), Firenze Per lo stesso committente del palazzo, Leon Battista progettò la facciata di questa basilica. Si trovò di fronte a una parziale realizzazione trecentesca, infatti la porzione inferiore aveva già i portali laterali, gli archi acuti e le arcate cieche. Egli armonizzò il vecchio con il nuovo. Nella parte inferiore intervenne solo nel portale centrale che inserì in un arco a tutto sesto. L'arco introduce a una volta a botte cassettonata che poggia su superfici murarie scandite da coppie di lesene corinzie. Un alto attico separa l'ordine inferiore e il superiore. La porzione superiore ricorda un tempio classico: quattro paraste corinzie dalla zebratura marmorea, sorreggono una trabeazione al di sopra della quale poggia un timpano. Chiesa di San Sebastiano (1460-70), Mantova Ritorna il tema del tempio classico rivisitato in chiave moderna. Questa e l'altra Chiesa di Mantova si inseriscono in un clima di rinnovamento urbano voluto dal marchese Ludovico II Gonzaga. In questa Chiesa, una delle prime rinascimentali a pianta centrale, l'Alberti pone l'attenzione su una pianta a croce greca preceduta da un pronao con cinque aperture in facciata. Il portale centrale è sormontato da un architrave ornato. Sotto la chiesa c'è una cripta, alla quale si accede dall'esterno tramite ampie arcate; risulta coperta da molte volte a crociera. La facciata è solcata da quattro alte lesene schiacciate contro il muro e terminano con capitelli semplificati, sopra c'è una massiccia trabeazione che sorregge un frontone. Chiesa di Sant'Andrea (progettata nel 1470), Mantova La chiesa fu iniziata dal Fancelli nel 1472 circa. Qui l'Alberti ricorre alla pianta longitudinale con transetto e fonde il tema dell'arco di trionfo con quello del fronte di un tempio classico, nella facciata. Ci sono tre aperture frontali che immettono nel pronao, coperto da volte a botte cassettonate. Quella centrale è costituita da una grande arcata, le altre due più piccole sono architravate. Le lesene corinzie sorreggono una bassa trabeazione con sopra un timpano. Al di sopra si erge una struttura coperta a botte che fa anche da "cripta soprelevata" perché in essa veniva esposta in particolari occasioni la reliquia del Sangue di Cristo. A tale cripta si accedeva da due scale a chiocciola. All'interno un'unica grande navata è affiancata da tre grandi cappelle coperte da volte a botte cassettonate; fra esse sono ricavate piccole cappelle all'interno di pilastri. 15.2 Paolo Uccello (1397-1475) L'artista era povero, non si poteva neanche permettere degli animali, ma li dipingeva e prediligeva gli uccelli (ecco il perché del soprannome). Sembrò però non aver capito il clima di innovazione a Firenze. Nacque a Pratovecchio (Arezzo), si formò nella bottega di Ghiberti, era affascinato dal Gotico Internazionale, poi lasciò la città nel 1425 per andare a Venezia. Qui lavorò come mosaicista in San Marco. Al ritorno da Venezia, nel 1430, si accorse di Masaccio, di Brunelleschi e di Donatello. Si interessò quindi alla prospettiva e poi alla figura. La sua ricerca era tesa a sperimentare le estreme conseguenze delle costruzioni prospettiche. Il disegno In Angelo che corre notiamo il disegno di un angelo ma anche della prospettiva di un calice sfaccettato. Il primo è leggiadro, in corsa con la spada sguainata. Il disegno, eseguito a punta di metallo, risulta forato lungo i contorni della figura, tramite una punta di spillo. Era una tecnica per riportare il disegno su un supporto pittorico (es. tavola) tamponandolo con polvere di carbone. Questa, passando attraverso i fori, lasciava una traccia puntinata del disegno sulla superficie da dipingere. Monumento a Giovanni Acuto (1436); Firenze, Cattedrale di Santa Maria del Fiore Nel 1436 l'artista dipinge, sulla parete della navata sinistra della cattedrale fiorentina, il Monumento a Giovanni Acuto, opera che celebra il condottiero inglese John Hawkwood (in italiano Giovanni Acuto), che nel 1364 guidò l'esercito fiorentino che sconfisse i Pisani nella battaglia di Cascina. L'affresco è monocromo, in «terra verde», in modo da dare l'impressione di una scultura bronzea. È rappresentato un finto gruppo equestre (un cavallo e un cavaliere) sopra un sarcofago che poggia su un basamento sporgente. Per la prima volta dalla fine dell'età classica, l'attenzione è posta più sul cavallo. La sua parte posteriore, quasi un cerchio perfetto, è più alta di quella anteriore. Il petto è arrotondato, le narici sono dilatate e la bocca è socchiusa. Alla conoscenza anatomica del cavallo si aggiunge la geometria: infatti il cavallo e il cavaliere sono racchiudibili in un perfetto quadrato. Due i punti di vista: il primo in basso a sinistra, per le mensole e il sarcofago. Il secondo, frontale, per il cavallo e il cavaliere. Battaglia di San Romano (ca 1438) Le tre grandi tavole che raffigurano questa battaglia furono commissionate da Lionardo di Bartolomeo Bartolini Salimbèni per la sua residenza fiorentina di corso degli Strozzi. Poi i dipinti furono trasportati nella villa di famiglia in Santa Maria a Quinto. Nel 1480-85 Lorenzo il Magnifico li fece portare a Palazzo Medici; in quell'occasione le tavole furono rese rettangolari con aggiunte agli angoli, per adeguarle alle pareti del salone. I tre dipinti sono dispersi tra Firenze (Galleria degli Uffizi), Parigi (Museo del Louvre) e Londra (National Gallery) e raffigurano la battaglia nella quale i fiorentini, guidati da Niccolò da Tolentino, sconfissero i sienesi il primo giugno 1432. Le tavole di Londra e Firenze, con le armi sparse a terra, suggeriscono un punto di fuga; mentre la tavola di Parigi ne ha più d'uno. Essa inoltre è priva di un paesaggio retrostante e fa gravitare la composizione intorno a Micheletto da Cotignola, in groppa al cavallo nero impennato. Nella tavola londinese il comandante è al centro su un cavallo bianco; dietro di lui i cavalieri fiorentini con numerose aste al cielo. La scena è delimitata sul fondo da aranci pieni di frutti e da siepi di rose in fiore. Al di qua delle piante la profondità è definita da un piano con i contorni di un trapezio rosato; le aste, elmi e scudi suggeriscono una griglia prospettica. Oltre la siepe un paesaggio con colline si erge come una barriera. Più che una battaglia sembra un torneo cavalleresco. 15.3 Piero della Francesca (ca 1413-1492) Nasce vicino ad Arezzo e viene celebrato da Vasari come trattatista, prima che artista. Scrisse infatti un trattato d'Abaco in volgare, uno in latino sui poliedri e uno di prospettiva. Nessuno prima di Piero aveva disegnato i poliedri regolari e semiregolari e molti dopo lui iniziarono a farlo. Nel 1439 era a Firenze (il suo nome compare su un documento di quell'anno) e conobbe le opere di Masaccio e Paolo Uccello. Nel 1442 era già nella sua città natale. Fu poi alla corte degli Este a Ferrara nel 1449 e nel 1451 dipinse nel Tempio Malatestiano a Rimini. Va a Roma, torna ad Arezzo, poi ad Urbino e infine muore nella città natale. Il disegno Il disegno di Piero è caratterizzato dal tocco leggero e sapiente e dalla sottigliezza del segno grazie a una penna sempre molto appuntita. A volte utilizza anche lo stilo di metallo. Un esempio è il De prospectiva pingendi. Non esistono però suoi disegni oltre a quelli tracciati nelle copie dei suoi trattati. Battesimo di Cristo (ca 1440); Londra, National Gallery Fra i suoi primi dipinti, fu realizzato per la Chiesa di Santa Maria della Pieve a Sansepolcro, poi venne incorporato in un polittico in stile gotico del 1460 di Matteo di Giovanni. Fu commissionata dai monaci camaldolesi per onorare l'abate generale del loro ordine, Ambrogio Traversàri, da poco defunto, che aveva sostenuto la conciliazione delle Chiese cristiane d'Oriente (greca) e d'Occidente (romana o latina). Cristo qui è immobile come una colonna, al centro. A destra Giovanni Battista che lo battezza, mentre a sinistra tre angeli assistono. La scena avviene presso le acque del Giordano, in Palestina, ma ciò che vediamo è in realtà Sansepolcro. La solidità del corpo di Gesù è ripresa da quella del tronco a sinistra, la cui chioma fa da cupola e appena sotto vediamo la colomba dello Spirito Santo con le ali spiegate. L'albero è un'allusione al legno della Croce. Alla destra di Giovanni un giovane si sta spogliando; prima del battesimo era un atto di liberarsi dei peccati. Ma può si può anche intendere come il vestirsi: allora la veste candida allude a una vita dopo il battesimo. Nel cielo nuvolette bianco-grigie, il paesaggio è nitido. La lunga strada e le curve del fiume conferiscono profondità. La luce avvolge i corpi levigati senza creare ombre violente, contribuendo a un'atmosfera sospesa. Viene raffigurata la prima distinta manifestazione delle tre Persone della Trinità. Non compare Dio Padre, tuttavia una pioggia d'oro cala su Gesù. La forma della tavola e lo schema compositivo alludono alla Trinità: la tavola è composta da una porzione inferiore, rettangolare, e una superiore, semicircolare. Il lato superiore del rettangolo è la base del triangolo equilatero. Storie della Croce (ca 1452-66); Arezzo, Chiesa di San Francesco Piero fu incaricato dalla famiglia Bacci di continuare gli affreschi iniziati da Bicci di Lorenzo, pittore fiorentino. Vennero interrotti nel 1458-59, quando Piero andò a Roma, e conclusi prima del 1466. Piero compone dieci scene distribuite su due lunette e otto riquadri, su tre distinti registri. Si trovano sulla una veste elaborata e con un gioiello che è uguale a quello della Vergine. Due tende scostate svelano il paesaggio fatto di rocce, colline, montagne e un fiume. Tomba di Piero e Giovanni de' Medici (1469-72); Firenze, Basilica di San Lorenzo L'educazione orafa emerge in questa creazione. Commissionato da Lorenzo il Magnifico, il monumento funebre è dedicato al padre Piero, morto nel 1469, e allo zio Giovanni, scomparso nel 1463. C'è incertezza sulle date, ma è possibile che sia stato compiuto entro il 1473. Si tratta di un sarcofago collocato entro un'apertura ad arco tra la Sagrestia Vecchia e la Cappella del Sacramento. È una struttura preziosissima, dalle facce di porfido rosso. Il coperchio è costituito da una fascia modanata a gola, di marmo bianco, sormontata da un tronco di piramide imprigionato nelle maglie di una rete. L'arca è sostenuta da un piedistallo che poggia sulla soglia di pietra serena. Gli spigoli sono fasciati da un motivo di foglie d'acanto le cui volute terminano a zampa di leone. Al centro del coperchio svetta il diamante, uno dei simboli araldici dei Medici, mentre quattro calici ricadono in basso, diagonalmente, trasformandosi in cornucopie con terminazione a conchiglia. Una rete bronzea imprigiona il sarcofago determinando anche la sua unione con gli stipiti e l'arco che lo ospitano. Gli stipiti e l'arco, strombati, contribuiscono all'aspetto monumentale dell'opera. L'impiego del porfido rinvia alla classicità romana. 15.5 Sandro Botticelli (1445-1510) Sandro di Mariano di Vanni Filipépi, detto del Botticello o Botticelli, perché da fanciullo lavorò presso un maestro orafo di nome Botticello, fu l'esponente maggiore della cultura figurativa fiorentina al tempo di Lorenzo il Magnifico. Nasce a Firenze, frequenta la bottega di Filippo Lippi, poi quella del Verrocchio. Dal 1470 fu pittore indipendente con la sua bottega; lavorò per i Medici e nel 1481-82 andò a Roma per dipingere nella Cappella Sistina. Poi in preda a una crisi mistica aderì al movimento religioso del frate Gerolamo Savonarola. Questo inquieto sentimento religioso ispirò le sue opere fino al 1510, anno della sua morte a Firenze. Nella sua ultima fase preferisce iconografie medievali rinnegando le rappresentazioni mitologiche che erano le sue predilette. Il disegno A metà '400 si afferma la convinzione che l'idea sia superiore alla realtà. Il disegno, come materializzazione dell'idea, è più vicino all'invenzione artistica di quanto non lo sia l'opera finita. Per Botticelli il disegno è la linea di contorno; flessuosa, agile, leggiadra. Lo mostra nel disegno dell'Allegoria dell'Abbondanza, in cui la ninfa è circondata da puttini, alcuni definiti e altri appena abbozzati a matita nera. In generale si ritrovano le caratteristiche tipiche di Sandro: un volto regolare dal morbido modellato, i capelli con ciocche consistenti e ondulate, uno sguardo pensoso e un'espressione dolce. La Primavera (ca 1478); Firenze, Galleria degli Uffizi Sandro riporta in vita l'interesse per i soggetti mitologici. A un pubblico abituato a soggetti sacri, lui propone gli dei antichi; anche se ripropone il mito in chiave cristiana. Sandro dipinse la Primavera per la residenza fiorentina in via Larga di Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici (cugino del Magnifico), poi fu portato nella Villa di Castello dopo il 1516. Fu Vasari che gli dette il titolo che conosciamo oggi. La scena si svolge in una radura verdeggiante, con molte piante e degli alberi d'arancio che la delimitano. La lettura avviene da destra a sinistra. A destra Zèfiro, vento primaverile, insegue la ninfa della terra Clori, che si trasforma in Flora, personificazione della Primavera. Essa indossa una veste ornata di fiori che le circondano anche il collo e la testa e le riempiono il grembo; lei li sparge per terra. Al centro Venere, contro una pianta di mirto, avanza con passo danzante. Cupido sopra di lei scaglia una freccia infuocata verso le tre Grazie, che ballano intrecciando le mani, mentre Mercurio (dio dei venti) allontana le nubi col suo caducèo. La scena è probabilmente tratta da un passo dell'Asino d'oro, romanzo di Lucio Apuleio, scrittore latino del II sec. d.C. Qui si narra che il protagonista viene trasformato in asino e mentre attende di riconquistare il suo aspetto umano, assiste a una rappresentazione del Giudizio di Paride, in cui compaiono i personaggi di Botticelli. La presenza di Venere è un invito a Lorenzo di Pierfrancesco a sceglierla, cioè a scegliere l'Humànitas, la cultura. Si nasconde dietro alla rappresentazione mitologica un messaggio pedagogico, chiaro solo a una ristretta cerchia di dotti. I corpi non hanno peso, sembrano sospesi; il paesaggio è inesistente e aleggia una leggera tristezza. Nascita di Venere (ca 1484/85); Firenze, Galleria degli Uffizi Il dipinto fu eseguito per la villa di Castello di Lorenzo di Pierfrancesco e il soggetto ha legami con le Metamorfosi di Ovidio. Il tema rappresenta il significato spirituale che la filosofia neoplatonica attribuiva alla bellezza (Venere); tramite essa l'uomo si avvicina a Dio. Venere, appena nata dalla schiuma del mare, nuda su una conchiglia, è sospinta da Zefiro (abbracciato a Clori) verso l'isola di Cipro, dove Flora l'accoglie con un mantello rosso. Rispetto al dipinto precedente, qui manca ancora di più la profondità, c'è pura bidimensionalità. Il paesaggio è essenziale, le onde sono solo lievi increspature a «V», la costa è una linea spezzata. Così l'attenzione dell'osservatore si concentra sui personaggi, soprattutto sulla rosea Venere e il suo sbilanciamento verso destra. Una dea fragile, dai biondi capelli mossi dal vento, col collo troppo lungo; rappresenta la poetica di Sandro: dolcezza e piacere della linea. Madonna del Magnificat (ca 1483); Firenze, Galleria degli Uffizi Botticelli rappresenta le Vergini in modo leggiadro come il suo maestro Lippi; e i Medici furono i maggiori committenti delle sue Madonne. Ad esempio, la Madonna del Magnificat. Il titolo deriva dal fatto che, nel libro su cui la Vergine sta scrivendo, compaiono le prime righe in latino del cantico che ella innalzò in risposta al saluto della cugina Elisabetta, che era andata a trovare. Il dipinto è stato realizzato su una tavola circolare lungo la cui circonferenza è raffigurato il vano di una finestra dalla cornice modanata, oltre la quale si apre un paesaggio semplice, con un fiume, alberi e un castello. Il polso sinistro della Madonna, che tiene in mano il Bambino e una melagrana (simbolo del sacrificio di Cristo), è piegato in maniera arbitraria. Ma pare che Sandro abbia voluto imitare l'effetto di deformazione di uno specchio convesso, se osserviamo anche la figura arcuata di Maria che col ginocchio sembra spingersi in fuori. Il Bambino guarda in alto, la Madre è attenta a scrivere; i due angeli di fronte si guardano, abbracciati da un terzo. Gli altri angeli alle estremità guardano la piccola corona di stelle, illuminata da raggi dorati (simbolo di Dio), sospesa sulla testa di Maria. La linea sinuosa o arcuata è ciò che prevale, sempre nitida. 15.6 L'architettura e l'urbanistica di Pienza, Urbino e Ferrara Pienza Nel 1459 papa Pio II Piccolomini incaricò l'architetto Bernardo Rossellino di ristrutturare il borgo natio di Corsignano (a 50 km da Siena), perché diventasse una residenza della corte pontificia. La città cambiò quindi il suo nome in Pienza. L'intervento consiste nell'organizzazione della piazza principale, il luogo sia della sede del potere civile che di quello religioso. Qui vengono costruiti la nuova Cattedrale, il Palazzo Piccolomini, quello del cardinale Borgia, quello Pretorio e la Canonica. Allo stesso tempo, l'opera di Rossellino coinvolge l'intera città, dato che i cardinali si fanno costruire i propri palazzi nella cittadina. Viene aperta la piazza del mercato, un ostello, un ospedale e delle case a schiera. Si vuole progettare l'intera città, una ideale e perfetta. Cattedrale (1459-62) Di fronte al lato minore c'è la Cattedrale che riprende forme gotiche, soprattutto nell'abside. Nei fianchi si passa a bifore a tutto sesto, invece che le trifore archiacute. Nella facciata tripartita, i problemi irrisolti nel Tempio Malatestiano dell'Alberti (mancanza di corrispondenza tra ordine inferiore e superiore) sono qui risolti. I due ordini di colonnine sono uniti dalle alte paraste che proseguono nel coronamento, costituito da un timpano. L'interno è diviso in tre navate, ha un'altezza costante come nelle chiese ad aula tedesche; così l'edificio è inondato di luce. Palazzo Piccolomini (ca 1463/64) Rossellino riprende il Palazzo Rucellai per questo, che si trova a destra della Cattedrale. Le paraste sono però bugnate, non lisce, al pari del paramento di rivestimento dell'edificio; così il piano terreno appare come un blocco compatto. L'impianto è parallelepipedo e i suoi ambienti si organizzano intorno a un cortile, al quale si accede dal portale principale e da quello laterale. L'eccezionalità sta nel fronte posteriore che dà sul giardino, composto da un triplice loggiato. Per la prima volta, dall'età classica, un edificio viene costruito con l'intento di compenetrare lo spazio naturale; ed è la prima volta che l'interesse di un committente è per il paesaggio, non per l'edificio. La morte improvvisa di Pio II e di Rossellino, nel 1464, interruppe il compimento dell'impresa. Urbino La stabilità del potere in questa città è assicurata dal governo di Federico da Montefeltro (1444-82), in più molti artisti come Alberti e Piero della Francesca, visitano la sua corte e partecipano alla ristrutturazione urbana. L'intervento interessa solo il palazzo di Federico; frutto di aggregazione e trasformazioni di palazzi preesistenti. Esso fu iniziato nel 1463/64, poi ci fu una svolta nel 1468 con Luciano Laurana, che lasciò la città nel 1472. Nel 1476 fu sostituito da Francesco di Giorgio Martini, che completò l'opera. Il palazzo è in laterizi e ha forme che si adattano alla conformazione naturale della collina. I fronti sono tra loro ortogonali, con porte e finestre architravate. Il lato sinistro e il cortile sono attribuiti al Laurana, quello frontale si deve a Francesco di Giorgio. I due distribuiscono diversamente le aperture. Laurana accosta tre portali sovrastati da quattro finestre, ma le aperture non sono sullo stesso asse. Di Giorgio invece ripristina il ritmo con la regola del pieno su pieno e vuoto su vuoto. Due torri cilindriche serrano la facciata, dalla quale sporge un triplice loggiato. Mentre a Pienza, piccola località di provincia, solo la morte di Pio II fu sufficiente a interromperne lo sviluppo; a Urbino fu la piccola dimensione dell'abitato a far sì che si compisse il miracolo della fusione tra la città e il Palazzo Ducale. Ferrara Già nel '300 Ferrara era una delle città più importanti della Pianura Padana. Nel '400 la sua situazione economica è ottima ed è sede della corte degli Estensi, che ospita l'Alberti e Mantegna fra gli altri. Nel 1492 il duca Ercole I d'Este dette il via ai lavori per l'ampliamento della città, affidando l'esecuzione all'architetto Biagio Rossetti. Le motivazioni dietro a questo sono di tipo militare, economico e demografico. Ferrara aveva fortificazioni inadeguate (lo aveva dimostrato la guerra contro Venezia); gli abitanti erano in aumento e gli alloggi scarseggiavano. Furono progettati i tracciati stradali. Come in un'antica città romana, il sistema viario si organizza secondo uno schema cardo-decumanico parallelamente a due assi ortogonali: via degli Angeli e via dei Prioni. La prima congiungeva il Castello Estense con il Castello di Belfiore, la seconda attraversava tutta la città. I lavori durarono tutto il '500, ma le previsioni di piano non si realizzarono. La popolazione smise di crescere, ci fu una grave crisi economica con Ercole II e nel 1598 fu bloccato tutto. 16 - Il Rinascimento. La stagione delle esperienze (parte seconda) 16.1 Cosmè Tura, Francesco del Cossa, Ercole de' Roberti Cosmè Tura (ca 1430-1495) Nato a Ferrara, lavorò soprattutto per Borso d'Este e per Ercole I, come ritrattista e pittore di corte. Si formò sulle orme del Gotico Internazionale, ma conobbe anche le novità rinascimentali portate nell'Italia settentrionale da Donatello. Nella sua pittura combina il magico mondo gotico con le ricerche prospettiche, ricerca effetti fantastici, usa colori smaglianti e c'è un che di metallico nell'espressione del mondo naturale. Vergine con il Bambino in trono (ca 1470-74); Londra, National Gallery Tura eseguì questo grande polittico per la Cappella Roverella nella chiesa di San Giorgio Fuori le Mura, a Giovane uomo semigiacente su una lastra di pietra capiamo la sua tecnica disegnativa. Un giovane nudo è coperto a metà da un drappo e cerca di sollevarsi da una lastra di pietra. La gamba destra è allungata e quella sinistra piegata. La testa è ruotata verso la propria sinistra. La postura rinvia all'antica scultura romana, inoltre il giovane è visto in scorcio, cioè dai piedi verso la testa; le gambe appaiono più contratte quindi. C'è una decisa linea di contorno. Orazione nell'Orto (ca 1453-54); Londra, National Gallery Qui soltanto l'arbusto al centro ricorda l'ambientazione evangelica dell'evento: la preghiera di Cristo nell'Orto degli Ulivi la notte in cui fu tradito. La natura è pietrificata. Il Cristo solitario è inginocchiato sulla dura roccia, mentre i discepoli sono addormentati in riva al fiume e sembrano blocchi di pietra. La solitudine di Gesù è sottolineata dal fatto che volge le spalle allo spettatore, mentre soffre di fronte a cinque angeli, simili ai putti dei rilievi romani, che gli mostrano i simboli della passione (colonna, croce, lancia). A destra, Giuda guida gli armati a catturare Cristo. Sull'albero di destra un uccello nero è una premonizione di morte, mentre gli uccelli bianchi simboleggiano la vita. Gerusalemme sullo sfondo è piena di monumenti di Venezia (campanile di San Marco), di Verona e di Roma. Alcuni edifici sono coronati dalla mezzaluna crescente, simbolo dell'Islam, allusione alla caduta di Costantinopoli nel 1453 e al possesso turco dei luoghi santi. Camera degli sposi (1465-74); Mantova, Castel San Giorgio La sua massima opera è la decorazione della camera di Ludovico II Gonzaga, ambiente cubico nel torrione Nord di Castel San Giorgio, parte del palazzo marchionale gonzaghesco. La novità sta nello sfondamento illusionistico di due pareti contigue e della volta, tramite la prospettiva, per dare l'impressione di trovarsi nello spazio aperto di un loggiato. Solo le cornici del camino, delle porte e i peducci sono veri. Andrea suddivide le pareti con una finta architettura composta da paraste su un basamento. Sulla parete Nord, una scalinata porta a una terrazza schermata verso l'esterno. Sulle paraste, dai peducci si dipartono costole che dividono la volta in lunette, confluenti in un oculo centrale, sovrastato da un parapetto traforato in prospettiva. Al di là è dipinto un cielo azzurro e dal parapetto si affacciano delle fanciulle e amorini. Sulle pareti Est e Sud i tendoni sono abbassati, mentre sulle restanti sono sollevati. È probabile che il contenuto delle raffigurazioni sia celebrativo, che si riferisca all'elezione a cardinale di Francesco Gonzaga, secondogenito di Ludovico, nel 1461. Nella parete Nord è dipinta la corte sulla terrazza, attorno a Ludovico e alla consorte Barbara di Brandeburgo che ricevono la notizia dell'elezione. Ogni personaggio è caratterizzato: dai figli alla nana. Il cane e i tappeti orientali sono simboli della tipica corte amante del lusso. San Sebastiano (ca 1480); Parigi, Museo del Louvre Emerge qui l'interesse per il mondo classico, e l'opera risale al soggiorno mantovano. Proviene dalla Sainte Chapelle di Aigueperse, in Auvergne, giunta lì come parte della dote di Chiara Gonzaga, figlia di Federico. In primo piano il Santo è trafitto da frecce e il volto è sofferente, lui è legato ai resti di un edificio classico. Le gambe sono legate da una fune, le spalle si abbassano a destra. Gli occhi sono rivolti al cielo e gli arcieri in basso a destra sono ininfluenti, all'artista interessa il corpo umano e le antichità. Il pilastro è decorato con motivi vegetali, e la colonna è conclusa da un capitello corinzio. Ai resti crollati si aggiunge la porzione di una statua. Un fico selvatico e un'edera crescono tra le rovine. Lo sfondo è una stratificazione urbana. Le antiche mura di edifici classici sono adattate a un uso moderno: un arco trionfale è la porta della città. In alto un'acropoli murata. 16.4 Giovanni Bellini (ca 1435-1516) Nato a Venezia, innovò la pittura veneziana. Fu attivo nella bottega paterna col fratello Gentile, poi incontrò Mantegna che lo guidò. Fu nominato pittore ufficiale della Repubblica veneziana nel 1483. Il disegno Si nota l'influsso del Mantegna nelle linee metalliche, ma la linea di Giovanni è più fluida e l'effetto cercato non è scultoreo ma chiaroscurale, pittorico. Come nella Pietà in cui Gesù è al bordo del sepolcro, sostenuto dalla Madre e San Giovanni Evangelista. Il tratto è rapido, con segmenti rettilinei. Il segno a volte è leggero, altre insistito. Ricerca un effetto emotivo. Orazione nell'Orto (ca 1465-70); Londra, National Gallery Probabilmente Giovanni voleva omaggiare Andrea. Per il Mantegna l'uomo è il vero soggetto, per Bellini l'uomo è solo una parte della natura. La roccia è più morbida, i discepoli riposano in pose più naturali; alla sinistra di Gesù Giuda e i soldati stanno per catturare il Maestro ma sono solo figurette di contorno. Il paesaggio si attiene al vero e gli edifici sono costruzioni del tempo. La luce aranciata dell'aurora illumina le zone più elevate e fa brillare i contorni dell'angelo trasparente, che porge a Gesù il calice. Un'altra fonte luminosa investe da dietro Gesù, una calda luce. La profondità è data dalla sinuosità delle strade e del fiume e dall'uso dei colori caldi in primo piano e quelli freddi negli altri piani. Si tratta di prospettiva cromatica, perseguita solo col colore. I colori caldi sono salienti, sembrano venire in avanti; quelli freddi sono rientranti, sembrano arretrare. Pala dell'Incoronazione (ca 1470-75); Pesaro, Chiesa di S. Francesco Questa pala d'altare si compone della tavola centrale con l'Incoronazione di Maria, della predella e della base dei pilastri con sei storie di vite di santi che affiancano una Natività, dei pilastri con otto santi entro nicchie e di una cimasa con l'Imbalsamazione di Cristo. Nella tavola centrale per la prima volta la scena è all'aperto, fra verdi colline, come una Sacra conversazione. Alla prospettiva cromatica si aggiunge quella lineare, sia nella pavimentazione sia nel trono. La Vergine e il Cristo sono seduti sul trono, affiancati dai Santi Gerolamo e Francesco a destra e dai Santi Pietro e Paolo a sinistra. Dietro si apre il paesaggio che vediamo attraverso l'apertura quadrata nella spalliera del trono, un quadro nel quadro. I personaggi sono pure masse cromatiche. Madonna col Bambino e santi (1488); Venezia, Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari La Vergine col Bambino è al centro del trittico commissionato dai fratelli Pesaro nel 1478 per la cappella di famiglia e che Bellini consegna nel 1488. Il dipinto è circondato da una cornice di legno dorato. Si divide in tre tavole e la cornice è parte dell'architettura del dipinto che unifica l'ambiente. L'architettura è costituita da un portico di tre campate, quella centrale si dilata in un'abside semicilindrica coperta da un catino emisferico. Al di sotto della volta a botte siede la Vergine con il Bambino, su un ripiano a pianta ottagonale. Gli occhi della Vergine e il Bambino sono rivolti a sinistra, mentre due angeli suonano ai piedi. Nella campata di sinistra si trovano San Nicola di Bari e San Pietro; in quella di destra San Benedetto e San Marco. Due strette strisce alle estremità esterne delle campate laterali presentano un paesaggio. La luce proviene da sinistra in alto. Ritratto del doge Leonardo Loredan (ca 1501); Londra, National Gallery Il doge si staglia contro uno sfondo azzurro che è più chiaro in basso, questo suggerisce uno spazio aperto. Il ritratto è stato eseguito in occasione della sua elezione a doge di Venezia. La firma del pittore è in basso. Loredan indossa il corno dogale e il mantello dai bottoni sferici, segno di potere. Il corno, con una fascia ricamata con fili d'oro, è della stessa stoffa del mantello: una seta damascata. L'uomo qui ha quasi 65 anni ed è ritratto frontalmente, con la testa appena ruotata a sinistra. Lo sguardo fiero, verso l'esterno si accompagna a un sottile sorriso. Il volto asimmetrico rappresenta due facce del potere: una benevola (destra), col sorriso; l'altra severa (sinistra), più rilassata. 16. 5 Pietro Perugino (1445/1450-1523) Pietro di Cristoforo Vannucci, detto il Perugino, nasce a Castel della Pieve, presso Perugia, dove inizia la propria attività, ma presto si reca a Firenze. Lì entra nella bottega del Verrocchio e dal 1472 risulta pittore indipendente. Già capo di una bottega a Firenze dai primi anni '70, ne apre un'altra a Perugia nel 1501. Era celebrato da tutti ma vide la propria fama oscurata da Leonardo e Raffaello. Gli ultimi anni di vita e di attività li trascorse in Umbria. Il disegno In Testa maschile con lunga barba notiamo le linee di contorno delicate. La testa volta a destra, inclinata verso il basso e con gli occhi semichiusi, è realizzata a punta d'argento. Tratti rapidi ad ampie curve per la capigliatura, segni che si addensano nella barba e risalta anche l'uso della biacca nella resa volumetrica del volto. La calma pensosa del vecchio è una delle caratteristiche di tante figure dell'artista. Consegna delle chiavi a San Pietro (1481-1483); Città del Vaticano, Cappella Sistina Il suo capolavoro, un grande affresco che mostra in alcuni tratti le linee del riporto diretto e in altri la puntinatura dello spolvero. Fu aiutato da Luca Signorelli, che realizzò tre Apostoli a sinistra. È l'opera più carica di significato tra tutte quelle del ciclo cristologico della cappella. Il soggetto rende esplicita la trasmissione del potere da Cristo a Pietro e da questo ai papi successori. L'episodio si svolge in una piazza antistante un tempio a pianta centrale, affiancato da due archi di trionfo. La pavimentazione a scacchiera contribuisce a individuare il tracciato prospettico con il punto di fuga nel portale del tempio. L'artista colloca i personaggi secondo due fasce orizzontali: ampia quella inferiore con Cristo e gli Apostoli, stretta quella superiore. Il Cristo è di tre quarti, porge a San Pietro le chiavi del Paradiso. La chiave d'oro tenuta da entrambi allude al potere spirituale, quella di bronzo al potere temporale dei papi. Il cielo è sempre più chiaro andando in basso, come il paesaggio più lontano. La gravitazione su una gamba ha come conseguenza un articolarsi ondulato del corpo, che conferisce dolcezza alle figure. San Sebastiano (ca 1490); Parigi, Museo del Louvre Il Santo martire è contro una colonna, alla quale è legato, posta al centro. Un pavimento a riquadri si arresta alla base di una bassa transenna, oltre la quale osserviamo un paesaggio con verdi colline. Verso il fondo, due pilastri sostengono degli archi, contribuendo alla simmetria complessiva, interrotta dal rudere di un pilastro sulla sinistra e dall'arco crollato. Sono riferimenti alle rovine antiche. Il Santo è quasi del tutto nudo, trafitto dalle frecce, la testa è sollevata e gli occhi languidamente rivolti al cielo. La gamba destra è tesa e sostiene il corpo, il busto è appena ruotato verso sinistra. L'atteggiamento aggraziato e la nudità eroica rinviano alla statuaria classica. Ritratto di Francesco delle Opere (1494); Firenze, Galleria degli Uffizi Invece del volto perfetto, ma ideale del San Sebastiano, qui c'è più attenzione alla verità fisiognomica. Francesco delle Opere era intagliatore di pietre dure e ammiratore del Savonarola. Infatti sul cartiglio che sporge dal cilindretto di carta arrotolata si legge l'inizio di una predica del frate. Francesco è dietro a un muretto; indossa una camicia bianca, una veste rossa, un giubbetto marrone che ne rendono decisa la figura. I capelli sono sottili e crespi; notiamo una bocca irregolare e uno sguardo pacato. Alle sue spalle formazioni rocciose che inquadrano un paesaggio con un fiume, alberi e torri in lontananza. Madonna con il Bambino (ca 1498/1500); Washington, National Gallery of Art Perugino realizzò varie Madonne con il Bambino, anche se dopo un po' divennero ripetitive per la scarsa propensione dell'artista per le innovazioni. Qui la Vergine è seduta, vista di tre quarti, con un manto azzurro aperto che inquadra una veste rossa. Il volto, un perfetto ovale, è limpido. La bocca è piccola, le palpebre abbassate; si nota una certa tristezza ma fa parte di una dolcezza mai vista prima. Il Bambino sorretto dalla Madre è rivolto a sinistra, il paesaggio è sui toni dell'azzurro, velato e offre una grande profondità di campo. 17 - Il Rinascimento. La stagione delle certezze (parte prima) 17.1 Itinerario nella storia Nel '500 molti Stati italiani persero la libertà. Nel 1494 Carlo VIII, re di Francia, invadeva il Regno di Napoli, dal quale si ritirò sotto la minaccia dell'intervento della Spagna di Ferdinando II il Cattolico. Nel 1499 il Ducato di Milano fu occupato dai francesi. Nel 1519 Carlo V d'Asburgo ereditò i domini spagnoli e il titolo imperiale. La Francia, stretta fra questi possedimenti, fu costretta alla guerra. Il drammatico Sacco di Roma nel 1527 fu solo un evento, ma tremendo. Gli scontri continuarono per 40 anni. Poi Carlo V abdicò, ci fu una spartizione dell'impero, i Francesi furono sconfitti dagli Spagnoli, governati da Filippo II. Nel 1559 fu firmata la pace di Cateau-Cambrésis, riconoscendo il dominio spagnolo in Italia. Furono anni tragici anche per l'unità dei cristiani d'Occidente. Durante il pontificato di Leone X, le esigenze longitudinale; e per la ricostruzione sono fondamentali due fogli che si trovano agli Uffizi, i fogli 20Ar e 1A. Nel primo, un vero e proprio foglio di lavoro, possiamo vedere il percorso progettuale. Donato intendeva rispettare il tracciato delle navate dell'antica basilica, ma includendo una grande cupola centrale e quattro cupole perimetrali. L'irrobustimento del pilone e la creazione di tre ampie esedre costituiscono il secondo progetto, mentre il primo è un disegno in bella copia, "di presentazione", perché Giulio II voleva essere messo al corrente di ogni variazione al progetto. 17.4 Leonardo da Vinci (1452-1519) Nato a Vinci, Firenze, Vasari parlò di lui nelle sue Vite, quando era morto da 30 anni ma godeva già di un'enorme fama. Leonardo era unico tra i suoi contemporanei: non conosceva né il greco né il latino, quindi non poteva leggere le opere degli Antichi in lingua originale ed era escluso dalla scienza, divulgata in latino. Egli fu tra i primi a riconoscere il valore dell'esperienza, come sperimentazione e studio meticoloso e scientifico della realtà. Per questo fu tra i primi a studiare l'anatomia direttamente sui cadaveri e non sui trattati. Si interessò anche alla botanica e all'astronomia. Si formò nella bottega del Verrocchio e divenne pittore indipendente dal 1472. Nel 1482 si trasferisce a Milano, presso Ludovico il Moro. Nel 1499, con l'invasione francese, fugge a Firenze. Nel 1513 va a Roma; infine lascia l'Italia per la Francia nel 1517, chiamato da Francesco I. Lì muore nel 1519. Il disegno In Testa femminile notiamo il suo stile giovanile nel dolce e luminoso volto della fanciulla, chinato in avanti, con un'elaborata acconciatura a treccioline. Leonardo eseguì uno studio per il Monumento Sforza, monumento equestre al quale avrebbe lavorato fino al 1499 e che non fu realizzato. Il segno è rapido, il contorno marcato da più tratti. Poco evidente è la posizione del nemico caduto. Il cavallo è impennato e il cavaliere incurvato. Il tratteggio definisce luci e ombre. Infine il cartone con Sant'Anna, la Vergine, il Bambino e San Giovannino che allude all'incontro nel deserto di Gesù con San Giovanni Battista fanciullo. Notiamo due caratteri fondamentali di Leonardo: il contrapposto e lo sfumato. Con «contrapposto» si intende un bilanciamento delle masse corporee che hanno subito una torsione intorno a un asse (la Vergine ha le gambe volte a sinistra e il busto volto a destra). Con lo «sfumato» si intende il passaggio graduale dall'ombra alla luce, sfumando il segno del carboncino. Annunciazione (ca 1472-1475); Firenze, Galleria degli Uffizi Questa tavola è uno dei primi esempi degli esordi fiorentini, ed è divisa orizzontalmente in due parti da un muretto che delimita un giardino. Al di qua si svolge l'evento miracoloso, al di là un paesaggio fluviale e marino rivela lontane montagne. L'angelo con le ali spiegate è proteso verso la Vergine, seduta fuori dalla sua casa e davanti a un leggio. La donna rivela sorpresa, ma il volto è sereno. Anche il filare di varie essenze arboree (olmi, cipressi) fa da filtro tra il giardino e il paesaggio; esse rendono più intimo il primo piano. Molteplici sono le varietà di erbe e fiori nel giardino, ciò testimonia l'interesse di Leonardo per la botanica. Il manto rosso dell'angelo e quello azzurro di Maria sono drappeggiati in maniera naturale. Ci sono delle indecisioni o distorsioni, come il braccio destro di Maria stranamente articolato per raggiungere il leggio troppo lontano. Adorazione dei Magi (ca 1481-82); Firenze, Galleria degli Uffizi Con questo quadro, realizzato per i monaci agostiniani di San Donato a Scopéto, Leonardo dimostra la sua nuova visione artistica. Al contrario di cosa fanno altri pittori, Leonardo colloca la scena all'aperto. La Vergine, al centro, è circondata dai Magi (in basso), dai pastori (destra e sinistra) e dagli angeli (dietro). La capanna della Natività è in secondo piano. A sinistra vediamo rovine architettoniche (volte, colonne). Sempre in secondo piano delle fanciulle e dei cavalieri. La costruzione prospettica è sottolineata dai due alberi al centro, sulla stessa linea di fuga; ma sono anche simbolici: l'alloro davanti e la palma dietro alludono al destino del Bambino, raffigurando uno il trionfo sulla morte, con la Resurrezione, l'altra il martirio. Il dipinto è rimasto incompleto e si mostra come un disegno a pennello su cui sono state poste le prime velature di colore. Gli scuri sono accentuati. Tutte le figure manifestano meraviglia o incanto, anticipando il Cenacolo (linguaggio dei gesti e dei volti). Disegni di chiese a pianta centrale Nel 1482 Leonardo abbandonò l'incompiuta Adorazione in casa del banchiere Amerigo Benci e andò a Milano. Il suo arrivo fu preceduto da una lettera di autopresentazione a Ludovico Sforza, in cui elencava le sue capacità in tema di arte militare (progettazione di ponti portatili, macchine belliche) e concludeva passando ai temi "civili" (progettazione di edifici pubblici e privati). In questi anni disegnò chiese a pianta centrale, tipologia i cui primi esempi rinascimentali erano stati quelli di Brunelleschi e Alberti. Nei fogli di Leonardo tale schema trova le forme più compiute. Sono edifici dotati di un nucleo centrale ottagonale, a volte in una struttura a pianta quadrata. La Vergine delle rocce (ca 1483-86); Parigi, Museo del Louvre Il dipinto fu commissionato dalla Confraternita dell'Immacolata Concezione. L'ambientazione in un luogo ombroso è per il fatto che la tavola era destinata alla chiesa di San Francesco Grande che sorgeva sul luogo che un tempo era stato un cimitero cristiano. La tavola avrebbe dovuto inserirsi dentro un grande altare di legno dorato che comprendeva una statua della Vergine. Fra conformazioni rocciose, con pochi sprazzi di luci e un paesaggio d'acque e monti lontano, stanno la Vergine, il Bambino, un angelo e San Giovannino. Leonardo sceglie l'ambiente scuro per costruire i volti e i corpi attraverso la luce. Ci sono varie specie erbose, dai riflessi luminosi. La Vergine è al centro, più arretrata; il suo braccio destro abbraccia San Giovannino, che è in adorazione di Gesù. L'angelo sorregge il Bambino mentre guarda fuori dal quadro e indica San Giovannino. L'attenzione verso il futuro eremita ha fatto credere che la tavola fosse stata iniziata a Firenze: il Battista è infatti patrono della città. Notiamo una composizione piramidale, in essa sono evidenti due concezioni dell'artista: che il dipinto deve dare la sensazione di rilievo; che la perfetta esecuzione del paesaggio sia pari alla conoscenza della figura umana. Il Cenacolo (ca 1495-97); Milano, Refettorio del Convento di Santa Maria delle Grazie L'opera che più di ogni altra si può dire conclusiva di un secolo e iniziatrice del successivo. L'opera è molto grande (460x880 cm) e fu commissionata da Ludovico Sforza. Il tema dell'ultima cena di Cristo con gli Apostoli a Gerusalemme, durante la Pasqua ebraica, era già stato trattato, ma non come lo fa Leonardo. Nei dipinti precedenti Cristo istituisce il sacramento dell'Eucarestia; gli Apostoli lo affiancano dalla stessa parte del tavolo, ma Giuda è isolato, sta di fronte a Gesù. Leonardo sconvolge la tradizione: gli Apostoli stanno tutti dalla stessa parte, sei a destra e sei a sinistra di Cristo, mente Gesù sta annunciando il tradimento di Giuda. Quindi l'artista non rappresenta un evento sacro, ma un atto umano, il tradimento di un amico. I discepoli sono divisi in gruppi di tre, in un moto ondoso e isolano Gesù, eroico e mite al centro. Non c'è un'aureola intorno che indica la sua divinità, solo un luminoso cielo. Partendo da sinistra: Bartolomeo è proteso verso il Cristo, in piedi, come Giacomo Minore e Andrea. Giuda, in uno scatto nervoso, si gira a guardare Gesù in modo interrogativo. Pietro si è avvicinato col volto a Giovanni, chino verso di lui. Giacomo Maggiore è inorridito e trattiene Tommaso, con un dito verso l'alto, e Filippo, dolce ma patetico. Matteo, Giuda Taddeo e Simone discutono. Leonardo rappresenta le emozioni con il linguaggio dei corpi e dei volti. La fama dell'opera fu immediata ma già nel 1517 iniziava a deperire e fu sottoposto a molti interventi di ridipintura. Fu restaurato radicalmente dal 1977 al 1997, ciò ha consolidato il colore di Leonardo rivelando una grande delicatezza e luminosità. La Gioconda (1503-6, 1513-15); Parigi, Museo del Louvre Leonardo dipinse la Monna Lisa per Giuliano de' Medici. La donna rappresentata sarebbe Isabella Gualandi, gentildonna napoletana in una relazione con il Medici. Probabilmente fu iniziato a Firenze come ritratto di Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo; fu poi modificato a Roma. La tavola mostra una donna in posa al di qua di un parapetto, mentre oltre si estende un grandioso paesaggio. È proposta di tre quarti, con il braccio sinistro sul bracciolo di una sedia e la mano destra su quella sinistra; è rivolta verso lo spettatore e sorride lievemente. Il sorriso e lo sguardo che sembra seguire chiunque la guardi derivano il loro fascino dallo sfumato. Leonardo ha infatti nascosto nell'ombra i lati della bocca e gli angoli degli occhi, c'è una mancanza di definizione che incuriosisce lo spettatore; è così che l'immagine sembra viva. Il paesaggio è deserto e roccioso, con due laghi e un ponte. 17.5 Raffaello Sanzio (1483-1520) Raffaello nasce a Urbino e si forma nella bottega paterna, ma soprattutto grazie al contatto con le opere d'arte della corte dei Montefeltro. Nel 1504 si reca a Firenze, attrattovi dalla presenza di Leonardo e Michelangelo. Rimane nella città fino al 1508, quando su invito di papa Giulio II si trasferisce a Roma. Qui avviene la sua completa maturazione artistica. Vi rimane fino alla morte, mentre stava ancora realizzando un grandioso progetto di rilievo della città. Il disegno Raffaello mostra sempre un'alta capacità tecnica. La linea di contorno è inizialmente non continua, ma realizzata con numerosi tratti, e i volumi sono definiti da un tratteggio ondulato, ad archetti. Fu il primo a disegnare modelli nudi per poi rivestirli in pittura. In San Giorgio e il drago notiamo l'influenza leonardiana nel cavallo impennato, nella posizione scattante del cavaliere, nel lungo collo del drago. Anche nel chiaroscuro a tratteggio incrociato. Studio di due teste di Apostoli e delle loro mani ci introduce invece alla pratica del cartone ausiliario di Raffaello. Esso non ha la piena funzione del cartone, cioè consentire il trasporto di un disegno sulla superficie dell'opera finale, ma è ottenuto da un altro analogo disegno, per foratura, per favorire lo studio di varianti. Lo sposalizio della Vergine (1504); Milano, Pinacoteca di Brera Il dipinto, eseguito per la Chiesa di San Francesco a Città di Castello, sembra legare Raffaello a due opere del suo maestro Perugino (una dello stesso soggetto, l'altra è la Consegna delle chiavi a San Pietro); la somiglianza è solamente formale. Lo schema compositivo di Raffaello è ispirato alla Consegna per la presenza di due gruppi di personaggi, il tempio a pianta centrale nel fondo, la prospettiva sottolineata dalla griglia della pavimentazione. All'altro dipinto rimandano il soggetto, gli atteggiamenti delle figure, la porta aperta del tempio. Mentre in Perugino i personaggi si affollano, qui le figure sono disposte secondo una curva che lascia vuoto lo spazio antistante il sacerdote. Questi in Pietro è perfettamente eretto, in Raffaello è sbilanciato verso destra. Sempre a destra, vi è maggior movimento contrapposto alla calma del lato opposto con la Vergine e le altre dolci donne. Il movimento è accentuato da San Giovanni, che viene in avanti, e dal giovane che spezza una verga col ginocchio. La linea d'orizzonte alta consente una dilatazione dello spazio e di dare monumentalità ai personaggi. Il tempio non è incombente, è solo una sosta per l'occhio. Esso è a sedici lati, poi sembra più un cilindro che un prisma, anche grazie al portico colonnato che dà l'impressione di spazio circolare. Inoltre ha le caratteristiche di una vera architettura: capitelli ionici, paraste, volute ad arco rovescio. Un restauro recente ha fatto risplendere di nuovo i colori originali. Madonna del Prato (1506); Vienna, Kunsthistorisches Museum Il fascino delle composizioni piramidali e del linguaggio dei gesti si manifesta in molte Madonne del periodo fiorentino di Raffaello, come in questa, la Madonna del Belvedere (conservata a lungo nelle collezioni imperiali al Belvedere di Vienna dal 1773). La Vergine è in posa su un prato, con la gamba destra distesa lungo una diagonale e la sinistra piegata. La testa è come un sole raggiante contro il celeste del paesaggio. Sorregge il Bambino che prende la croce portagli da San Giovannino; essa è precognizione del martirio. Il rosso dei papaveri allude all'effusione del sangue. Pala Baglioni (1507); Roma, Galleria Borghese Nel 1504 Atalanta Baglioni commissionò la pala della Deposizione per la sua cappella nella Chiesa di San Francesco al Prato a Perugia, per ricordare l'assassinio del figlio Federico, avvenuto nel 1500. Nasce come Compianto sul Cristo morto, poi si trasforma in una Deposizione. È una delle prime pale d'altare di Raffaello con un soggetto narrativo. Nello sfondo vediamo un paesaggio profondo, a destra il Golgota con le tre croci; mentre Cristo morto viene portato al sepolcro. Il busto si appoggia a Giuseppe d'Arimatea, mentre dalla parte opposta è sorretto da Nicodemo. Maria Maddalena sostiene la mano sinistra di Gesù e 1496, poi tornò a Firenze nel 1501, già famoso. Nel 1505 fu invitato a Roma da Giulio II e si trasferì definitivamente nella città nel 1536. Morì mentre lavorava alla Pietà Rondanini. Il pensiero artistico Egli riteneva che lo scopo dell'arte fosse l'imitazione della natura e con essa si poteva arrivare alla bellezza. Bisognava scegliere i particolari migliori della natura e creare una bellezza superiore con la fantasia. Per Michelangelo il corpo umano è specchio della bellezza divina e quindi la cosa più bella. Divenuto più religioso dopo la Riforma protestante, cominciò a considerare secondaria la bellezza fisica rispetto a quella spirituale. L'artista secondo lui deve essere padrone del mestiere, ma anche pio, solo così renderà credibili le proprie figure. Verso i suoi ultimi anni si convince che la bellezza esteriore distragga l'uomo dalla spiritualità e pensa quindi che la sua arte l'abbia condotto verso la dannazione dell'anima. Il disegno Nei disegni giovanili il tratteggio è sottile e incrociato e rappresenta figure singole; utilizza lo stilo di metallo calcato sulla carta e non ricorre alla punta d'argento. I disegni della maturità mostrano un abbandono del tratteggio, troppo forte, e una preferenza per lo sfumato. Pietà (1498-99); Città del Vaticano, Basilica di San Pietro Nel 1498 il cardinale Jean Bilhères incarica Michelangelo di scolpire questo gruppo marmoreo. È un tema che era molto diffuso nell'Europa centro-settentrionale, ma poco in Italia e consiste nella Vergine che tiene tra le braccia il Figlio deposto dalla croce, morto. Qui Maria è una giovane dal volto triste che sorregge amorevolmente il figlio. Il gesto del braccio sinistro è un invito a provare per Gesù il suo stesso dolore. Una fascia le attraversa diagonalmente il busto, con la firma dello scultore. Con il panneggio della veste e il velo della Vergine l'artista dà risalto al corpo di Cristo. Gesù è sollevato dal braccio destro della Madre e la testa è rovesciata indietro. Il bacino si piega in corrispondenza dello spazio fra le gambe di Maria. La giovinezza della Madre indica la sua purezza, che confrontata con quella di Gesù, diventa il riflesso dell'espressione che Dante inserisce nella preghiera che San Bernardo rivolge alla Madre di Dio nel XXXIII canto del Paradiso. Secondo Vasari è un miracolo che l'artista sia riuscito a realizzare questo da un blocco di marmo. Per Michelangelo la scultura si fa rompendo il masso compatto con lo scalpello battuto del mazzuolo ed eliminandone via via le schegge; non si fa aggiungendo materia a materia (tipico della modellazione in argilla e necessario per la scultura in bronzo), che secondo lui è più simile alla pittura. David (1501-04); Firenze, Galleria dell'Accademia Tornato a Firenze, l'Opera del Duomo incarica l'artista di scolpire il David per la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, mettendogli a disposizione un enorme blocco di marmo, già sbozzato da Agostino di Duccio, quindi c'era un problema tecnico in più. Anche quest'opera per Vasari fu come un miracolo. Il futuro re d'Israele è colto nel momento prima dell'azione: la fronte è aggrottata, indicando concentrazione; i muscoli sono tesi e le mani nervose. Il rapporto chiastico delle membra è di derivazione classica e la superficie è perfettamente levigata. Il nudo virile incarnava quei principi di libertà che i Fiorentini vedevano nelle proprie istituzioni repubblicane e per questo la statua fu spostata dinanzi a Palazzo Vecchio, sede del potere cittadino. Come Firenze teneva testa alle altre grandi potenze nazionali, David faceva lo stesso con Golia. Tondo Doni (ca 1504); Firenze, Galleria degli Uffizi Poco prima di tornare a Roma, Michelangelo dipinse l'unica tavola finita che di lui conosciamo, una Sacra Famiglia, nota come Tondo Doni perché gli fu richiesta per il matrimonio del mercante Agnolo Doni con Maddalena Strozzi. In primo piano Maria, Giuseppe e Gesù. Oltre un muretto, a destra, emerge San Giovannino dietro il quale stanno dei giovani nudi su una roccia, disposti a semicerchio. Ciò che interessa all'artista è raffigurare il corpo umano, non il paesaggio. La scena familiare segue un andamento elicoidale (la Vergine si sta girando verso Giuseppe che le porge il Bambino), mentre i giovani nudi seguono dei movimenti orizzontali. Il mondo cristiano da una parte e quello pagano tra l'altra; San Giovannino fa da mediazione tra i due. I colori sono vivaci, i corpi scultorei, chiaroscurati e la linea di contorno è netta. Leonardo in quegli anni, al contrario, sfumava il contorno. Tomba di Giulio II (1533-44); Roma, San Pietro in Vincoli Giunto a Roma, papa Giulio II commissionò all'artista, nel 1505, il suo monumento funebre da collocare nella Basilica di San Pietro. L'esecuzione fu rinviata e iniziata solo dopo la morte del pontefice, nel 1544, in una soluzione più ridimensionata e nella Chiesa di San Pietro in Vincoli. Alla seconda versione del progetto risalgono il Mosè, lo Schiavo ribelle e lo Schiavo morente. Nel primo, le proporzioni sono innaturalmente allungate, per questo è in una posizione elevata, e la veste segue un moto rotatorio; la barba fluente sottolinea la saggezza. Nei due schiavi si concretizza il tema dell'anima prigioniera nel corpo (pietra informe) che vuole liberarsi (pietra scolpita), ma sono anche dei corpi perfetti. Volta della Cappella Sistina (1508-1512); Città del Vaticano, Cappella Sistina Per le tribolazioni a causa del monumento funebre, nel 1508 Giulio II offrì all'artista di affrescare la volta della Cappella Sistina. Un po' riluttante, finì i lavori nel 1512, rinunciando ad aiuti. Le membrature architettoniche sono finte, ma molto realistiche. La volta è infatti attraversata trasversalmente da arconi che poggiano su una cornice al di sopra delle vele triangolari. La superficie centrale è così divisa in nove riquadri, con scene dal libro della Genesi, cinque dei quali sono minori perché lasciano spazio a dieci coppie di Ignudi. Nelle vele e nelle lunette vediamo le quaranta generazioni degli Antenati di Cristo e nei pennacchi angolari troviamo quattro eventi miracolosi importanti per la salvezza di Israele in pericolo. I colori, riportati in vita da un lungo restauro, sono come quelli del Tondo Doni, accesi e cangianti. La scena più famosa è la Creazione di Adamo: a destra Dio in volo, sorretto da molti angeli e avvolto da un manto rosa-violaceo che richiama il contorno di un cervello, simbolo di sapienza. A sinistra Adamo, steso a terra, si solleva grazie alla potenza vitale della mano di Dio; i due però si sfiorano e basta. Anche qui è chiaro come lo scopo sia rappresentare corpi perfetti, proporzionati, atletici. Giudizio Universale (1536-41); Città del Vaticano, Cappella Sistina Realizzato sulla parete dietro l'altare della cappella, l'immenso dipinto fu commissionato da papa Clemente VII de' Medici ed eseguito durante il pontificato di Paolo III Farnese. Michelangelo non ricorre all'organizzazione architettonica. Gli eventi ultimi della storia dell'umanità si mostrano allo spettatore contro uno sfondo azzurro. Qui non c'è la ricerca della bellezza, ma il senso tragico del destino umano; i corpi sono pesanti. I salvati (a sinistra) sono disorientati e volano verso l'alto, si aggrappano alle nuvole. I dannati, a destra, sono trascinati in basso da diavoli; alcuni tentano l'assalto al Cielo ma gli angeli li respingono. Altri vengono percossi con un remo da Caronte. Il traghettatore è raffigurato non secondo l'immaginario pagano ma seguendo la descrizione di Dante. L'ascesa dei salvati e la discesa dei dannati seguono il gesto delle braccia di Cristo, al centro, attorniato da santi; sopra gli angeli recano gli strumenti della passione: croce, colonna, corona. Non c'è gioia nei salvati; solo dolore, grida disperate nei dannati, in un movimento vorticoso. L'affresco riflette l'anima tormentata di Michelangelo, priva della certezza della salvezza. Ritenuto scandaloso per i troppi nudi, volevano distruggerlo; ma il Concilio di Trento fece solo coprire alcune parti da Daniele da Volterra. Sagrestia Nuova (1519-1534); Firenze Tra il primo e il secondo affresco della Sistina, Michelangelo progettò e in parte realizzò la Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo a Firenze per accogliere le tombe dei Medici, e la Biblioteca Laurenziana a fianco. Nel 1512 i Medici avevano ripreso il loro potere su Firenze, che avrebbero mantenuto fino al 1527, anno in cui si istituì la Repubblica. Essa durò fino al 1530, quando l'alleanza tra Clemente VII e Carlo V riportò i Medici nella città e fu fondato il Ducato di Firenze. L'edificio, chiamato così per distinguerlo da quello di Brunelleschi, ha una pianta composta da due quadrati adiacenti. Gli spazi sono coperti da cupole emisferiche su pennacchi. La più grande è sormontata da una lanterna, dotata di superfici vetrate e circondata da colonnine composite trabeate; è conclusa da una superficie conica. Michelangelo usa l'intonaco bianco per le pareti, la pietra serena grigia per le membrature architettoniche ma non con la stessa sobrietà del Brunelleschi. La continuità verticale dell'intelaiatura di lesene, trabeazioni e archi è interrotta infatti dal fregio del primo ordine che sembra dividere in due lo spazio. Vennero realizzati due sepolcri di quelli previsti: quelli di Lorenzo duca d'Urbino e di Giuliano duca di Nemours (nipote e fratello di papa Leone X). Queste architetture sono diverse: per l'uso del marmo bianco e lo spazio poco ampio; appaiono compresse dal rivestimento murario tra esse e dalle paraste. Sui coperchi dei sarcofagi giacciono le allegorie del Giorno e della Notte (tomba di Giuliano); dell'Aurora e del Crepuscolo (tomba di Lorenzo). Dentro le nicchie sono poste le statue idealizzate dei due Medici. Il Giorno è un nudo virile possente, volontariamente «non finito» perché il contrasto tra parti finite e non finite è affascinante. Biblioteca Laurenziana Durante la progettazione delle edicole della Sagrestia fu progettato il vestibolo della Biblioteca Laurenziana, uno spazio esiguo che tramite una scalinata immette nell'ampio salone della Biblioteca. Questa ha una pianta rettangolare, è ritmata da paraste e finestre, ha una copertura in legno. Nel vestibolo le pareti sono divise in due ordini sovrapposti; alle colonne incassate nella muratura corrispondono sopra delle coppie di paraste. Le colonne sembrano poggiare su mensoloni accoppiati. Fra le colonne sono collocate finestre cieche. Quasi tutto lo spazio però è occupato dalla monumentale scalinata, stretta fra pareti alte e divisa in tre. Le due laterali, con gradini squadrati e senza balaustra si raccordano per mezzo di due volute ellittiche a quella centrale. Piazza del Campidoglio Nel 1538 papa Paolo III fece trasferire il Monumento equestre di Marco Aurelio in piazza del Campidoglio, come primo atto di rinnovamento della piazza. Essa ospitava sin dal '200 la sede del governo cittadino, il Palazzo Senatorio e il Palazzo dei Conservatori. Nel 1539 Michelangelo è incaricato di realizzare il piedistallo del Monumento di Marco Aurelio e con altri interventi la piazza diventa spettacolare. Fu aggiunto Palazzo Nuovo, simmetrico a quello dei Conservatori. Si formava così una piazza trapezoidale con al centro il monumento equestre. Michelangelo interviene nel Palazzo Senatorio nel 1546, progettando una grande scala a due rampe contrapposte e nel 1549 non si occupa più dell'edificio. La realizzazione in facciata delle paraste di ordine gigante rinvia a quelle del Palazzo dei Conservatori, progettato da Michelangelo a partire dal 1562 e condotto fino al 1564. Una balaustra con statue corona i tre edifici. Basilica di San Pietro Scomparso Bramante, Raffaello prese il suo posto come architetto della Basilica di San Pietro. Vi furono altri architetti e nel 1547 Paolo III affidò l'incarico a Michelangelo. Egli ridimensiona l'intervento, eliminando i deambulatori e compattando le strutture proponendo una pianta centrale dall'interno luminoso. Interviene nell'abside con una struttura muraria che include paraste di ordine gigante alle quali sovrappone un'alta cornice. All'esterno si trova un tamburo anulare ritmato da colonne binate. La cupola (1588-1590) di Giacomo della Porta e Domenico Fontana è a doppia calotta e conclusa da una lanterna. Diversamente da dalla cupola di Firenze, quella di San Pietro si basa sulle costole portanti. Le ultime Pietà Negli ultimi anni di vita il tema della Pietà (cioè contemplazione della morte) è riconsiderato da Michelangelo. Nella Pietà del Museo dell'Opera del Duomo di Firenze si aggiungono Maddalena e Nicodemo; il corpo di Cristo è quasi verticale, sorretto da tutti. La Pietà Rondanini (1552-64) è un non finito; il corpo eretto del Figlio è sorretto con amore dalla Vergine che lo stringe a sé. 18 - Il Rinascimento. La stagione delle certezze (parte seconda) 18.1 L'esperienza veneziana La Repubblica di Firenze cade nel 1530 a causa dei Lanzichenecchi di Carlo V e solo la Repubblica di Venezia mantiene la sua autonomia politica. In questo secolo ribadisce la sua diversità, che ha le sue origini nel rapporto con l'Oriente bizantino piuttosto che con il prossimo entroterra continentale. La scoperta dell'America esclude Venezia dalle nuove rotte atlantiche costringendola a praticare un'aggressiva politica territoriale. A inizio secolo non risente ancora della crisi economica, anzi il ricco ceto borghese vive uno momento di splendore economico e politico, per l'intensa attività edilizia e la raffinatezza della vita sociale. Gli ambienti intellettuali sono vivaci. Nei salotti arrivano opere di età classica, ma anche del Rinascimento inconsapevole della sua nudità, la seconda ne è cosciente e anche orgogliosa, infatti ci fissa con sguardo deciso. Grazie al tonalismo l'artista dà consistenza volumetrica al corpo, con le membra ambrate che contrastano col tendaggio verde. Paolo III Farnese (1546); Napoli, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte Il colore è il vincitore della pittura tizianesca, soprattutto nei ritratti, in cui i personaggi appaiono maestosi, su uno sfondo scuro; così i volti risaltano. Come in questo ritratto, dipinto durante il soggiorno romano. Il vecchio pontefice è in mezzo ai nipoti Alessandro e Ottavio. Sono messe a fuoco le diverse psicologie. Al centro il papa, malandato, con le gote incavate, rimprovera Ottavio; questi si inchina per devozione, per formalità. L'altro nipote è distratto. Tutti emergono dalla penombra di uno sfondo in cui un drappo rosso pende da una parete verde. Le pennellate sono rapide, meno precise per abbozzare le forme più che definirle. Prevalgono colori densi e pastosi che rendono l'atmosfera tetra. Pietà (ca 1576); Venezia, Gallerie dell'Accademia L'ultimo noto dipinto di Tiziano è rimasto incompiuto e ultimato da Palma il Giovane. Fu pensato dall'artista per la propria tomba, ma ciò non avvenne a causa dell'epidemia di peste. Sullo sfondo un nicchione incorniciato da un portale, fra le statue di Mosè e Sibilla Ellespontica. A sinistra una Maddalena disperata, contrapposta alla pacatezza di Maria che osserva il figlio morto. A destra Nicodemo sorregge il Cristo. All'estrema destra, appoggiata a un piedistallo marmoreo, intravediamo una tavoletta che rappresenta Tiziano e il figlio Orazio che pregano verso la Madonna. I colori sono cupi, la luce è livida, le pennellate rapide (il braccio destro di Cristo è appena abbozzato), l'atmosfera è quella di una tragedia. La fiaccola innalzata dall'angelo riempie di bagliori il catino a mosaico, ridando luce alla speranza. Nel doppio prostrarsi di Nicodemo e delle due figure nella tavoletta si racchiude il testamento morale di Tiziano: forte e semplice. Il dramma della Pietà è il dramma di tutti noi. 18.4 Il Correggio (1489-1534) Antonio Allegri nasce a Correggio, nella piana di Reggio Emilia, dove anche muore. A quel tempo il feudo di Correggio, anche se è sede di una corte aperta al mecenatismo, è escluso dalle nuove tendenze rinascimentali fiorentine e da quelle veneziane. Però il Correggio matura una straordinaria tecnica pittorica, quindi può darsi sia stato a Mantova e a Roma. Il disegno L'artista usa il disegno quasi solo in funzione preparatoria dei dipinti, non come forma espressiva autonoma. Il Nudo maschile seduto con putto è un bozzetto per la decorazione della cupola di San Giovanni Evangelista. Qui usa la matita nera rinforzata a matita rossa, il segno è veloce e non troppo sottile. Il chiaroscuro è ottenuto con tratteggi paralleli. Camera della Badessa (1518-20); Parma, Convento di San Paolo L'artista svolge la sua attività quasi solo in ambiente emiliano. Poi è chiamato a Parma, dove affresca il soffitto della Camera della Badessa. L'opera consiste nel dipingere sulla volta un finto pergolato ricoperto da una fitta vegetazione, nel quale si aprono sedici ovati da cui si affacciano dei putti che giocano. Delle figure allegoriche tratte dalla mitologia classica sono raffigurate alla base degli spicchi entro lunette concave. Sono dipinte in monocromia. Sulla cappa del camino è rappresentata Diana sul suo carro. La dea della caccia è un omaggio alla committente, la badessa Giovanna Piacenza. La dea indossa una tunica bianca; è sul carro, tirato da due cerve, fra le nuvole. I capelli raccolti scendono sulle spalle e porta un falcetto di luna d'argento in testa (simbolo di purezza) mentre indica la direzione verso cui vuole dirigersi. Non è né in piedi né del tutto seduta, come se la dea ci apparisse all'improvviso, in un sogno. Per il soffitto lo spirito della pittura è diverso; la mitologia è un pretesto per poter collocare figure in libertà, in spazi illusori. Lo vediamo nei putti, con le membra grassocce e i rosei incarnati. Cupola di San Giovanni Evangelista (1520-24); Parma Per la decorazione della cupola l'artista affresca La visione di San Giovanni Evangelista, con una struttura prospettica più complessa di quella del Convento di San Paolo. Ci furono difficoltà tecniche a causa della scarsa illuminazione e la deformazione che la visione prospettica richiedeva; per questo l'artista dovette eseguire dei bozzetti per ogni personaggio. Sul bordo inferiore, affacciati su delle nubi, si trovano gli Apostoli che dialogano. Le nuvole dietro sono sempre più rarefatte fino alla luce sfolgorante centrale dove vediamo dei cherubini in festa. Al centro il Cristo, la cui presenza è percepita solo da San Giovanni, che emerge a mezzo busto dal limite di imposta della cupola. Gesù è circonfuso di luce dorata, con la veste agitata dal vento. L'atmosfera è più scenografica che mistica. La graduazione dei colori (da freddi a caldi) e il chiaroscuro (accentuato negli Apostoli) accrescono il senso di profondità. Questo affresco anticipa una caratteristica dell'arte a partire dal XVII secolo, cioè l'ambiguità tra realtà costruita e dipinta. Cupola del Duomo di Parma (1526-30); Parma La sua fama si è consolidata e gli vengono commissionate molte pale d'altare. In esse l'artista approfondisce la ricerca della grazia. Però egli raggiunge il vertice più alto della sua arte con un affresco, per la cupola del Duomo di Parma, in cui rappresenta l'Assunzione di Maria. A partire dalla corona di nubi in primo piano il pittore crea uno spazio prospettico molto profondo, collocando una serie concentrica di altri strati di nubi, con santi, angeli e cherubini che si muovono verso la sommità. Anche la Vergine partecipa, con gli occhi e le braccia in alto. Un senso di movimento incredibile, per niente di ispirazione classica; ma l'opera costituisce il prototipo per una parte della pittura barocca, in cui l'immaginazione prevale sulla razionalità e si trasgredisce la natura, evidenziando gli aspetti più strani. Danae (1530-31); Roma, Galleria Borghese Dopo l'insuccesso dell'Assunzione Correggio torna nel suo paese natale, dove lavora a quattro oli commissionatigli da Federico Gonzaga, signore di Mantova. Il tema (Gli amori di Giove) si riallaccia alla prima produzione dell'artista. In Danae il Correggio riprende un tema dalle Metamorfosi di Ovidio. La figlia del re di Argo è sul suo letto mentre Cupido sta scostando il suo lenzuolo così che Giove si possa unire a lei. La giovane si offre con grazia a una nube di pulviscolo dorato che le scende in grembo. In basso a destra due amorini giocano con le frecce. La scena è ambientata in una semplice stanza, con un angolo di finestra che si apre su un cielo azzurro e dalla quale si vede la cima di una torre. Il candore luminoso della giovane è in contrasto con lo sfondo ombroso. 19 - Il Rinascimento. Alla ricerca di nuove vie (parte prima) 19.1 Verso il Manierismo: Andrea del Sarto (1486-1530) Figlio di un sarto, Andrea nasce a Firenze e inizia l'attività pittorica a 24 anni come frescante nel chiostro della Santissima Annunziata di Firenze. La sua fama cresce in fretta ed è richiesto a Venezia, Roma e in Francia, da Francesco I. Muore nella città natale a causa della peste. Con Andrea il linguaggio pittorico rinascimentale appare stabilizzato: nelle sue composizioni troviamo equilibrio formale, personaggi malinconici, espressioni di sorpresa, contorni incerti. Il disegno Il suo disegno è incisivo e potente, come si vede in Testa virile che rivela un uso sapiente della matita rossa nei tratti brevi dei capelli. Sposalizio di Santa Caterina (1512/13); Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister I colori sono morbidi, come le figure che sembrano soffici. La scena è ambientata all'esterno, i personaggi si trovano su una scalinata che termina con un muretto su cui stanno due angioletti che scostano una tenda verde di un baldacchino. La gioia nel dipinto è dovuta al matrimonio mistico tra Gesù e Santa Caterina d'Alessandria (ruota e libro sono suoi attributi, a destra). Il Bambino sta per infilare l'anello nell'indice della Santa; il patto d'amore è suggellato dalla mano della Vergine, che sorride, come il Bambino, che è distratto. In basso sta un San Giovannino paffuto che stringe un agnellino e sorride mentre guarda un drago alato. L'agnello è simbolo di Gesù e una striscia di carta sta a sottolinearlo. Qui la croce è quasi un giocattolo di San Giovannino, su uno scalino. La tavola è costruita geometricamente secondo uno schema a triangoli intrecciati. Il primo unisce San Giovannino agli angeli; il secondo unisce le sante alla Vergine e al Bambino. Lo schema dà equilibrio al dipinto. I contorni di architettura e paesaggio quasi spariscono. Madonna delle arpie (1517); Firenze, Galleria degli Uffizi Commissionato nel 1515 dalle suore del monastero fiorentino di San Francesco de' Macci, il dipinto deve il nome ai mostruosi personaggi marmorei posti agli spigoli del piedistallo sul quale sta la Vergine con il Bambino. Il naturalismo dei personaggi trae spunto dalla plasticità michelangiolesca, addolcita dalla ripresa dello sfumato di Leonardo. A sinistra San Francesco con un saio, a destra San Giovanni giovane che sta scrivendo. In lui vi è il rinvio all'Anassagora della Scuola d'Atene (dipinto visto da Andrea nel 1511). Il soggetto si riferisce al capitolo nono dell'Apocalisse di Giovanni. In tal caso le arpie sarebbero le locuste, il primo dei flagelli annunciati dalla quinta tromba del Giudizio. Maria sarebbe l'Immacolata Concezione. Il dipinto si inquadrerebbe quindi nel clima di predicazioni apocalittiche del tempo. 19.2 Verso il Manierismo: Baldassarre Peruzzi (1481-1536) Nasce a Siena, dove si formò come pittore, poi si recò a Roma ed entrò in contatto con Raffaello e lì sperimentò la fusione tra le tre arti maggiori (pittura, scultura e architettura), dedicandosi di più all'architettura. Le antichità della città furono alla base del suo classicismo. Il disegno L'Adorazione dei Magi mostra l'eccellente qualità del disegno di Baldassarre. Una rovina domina la scena, è luogo della natività. Villa Farnesina (1505-11) Nel 1505 Agostino Chigi commissiona all'artista la costruzione della Villa Chigi, vicino al centro di Roma. Nel 1579 è passato ai Farnese, perciò è noto come Villa Farnesina. La pianta è rettangolare, con due ali avanzate, il piano terreno è dominato da due logge tra loro ortogonali, affrescate da Raffaello. All'esterno è un edificio urbano, diviso in due piani, con pareti scandite dalla sovrapposizione di lesene tuscaniche. Finestre trabeate si aprono sulle pareti. Al primo piano la Sala delle Colonne si dilata illusionisticamente in loggiati prospettici. Le logge colonnate e la balaustra di completamento sembrano essere in prosecuzione del salone costruito. Palazzo Massimo alle Colonne (dal 1533) Qui Peruzzi mette in gioco la sua capacità inventiva, per la ricostruzione e le modifiche del palazzo, danneggiato durante il Sacco del 1527. Il palazzo, reso simmetrico con l'acquisizione di una porzione di una proprietà laterale, possiede una facciata curva. La parte inferiore è dominata dal vestibolo a forcipe, dal quale si accede al cortile. Il vestibolo, dotato di una copertura piana a lacunari, è stretto tra due porzioni murarie scandite da paraste dal fusto liscio. Una trabeazione corre sulle colonne e sulle paraste. 19.3 Il Manierismo Fino a non molti anni fa, con "manierismo" si intendeva "imitazione"; riferendosi ad artisti che imitavano Leonardo, Raffaello e Michelangelo. Secondo Vasari non era sufficiente imitare la natura, occorreva osservare le opere che avevano raggiunto un'imitazione della natura perfetta. Attualmente con Manierismo si indicano delle tendenze dell'arte cinquecentesca successiva al 1520. Un'opera manierista ricerca: grazia, licenza, virtuosismo, difficoltà, inusuale. La grazia è l'eleganza, la facilità dell'esecuzione. Quest'ultima dipende dall'esercizio del disegno, dall'essere capaci di disegnare "a memoria". L'eleganza è raggiunta ricorrendo a una composizione sinuosa. La licenza è l'allontanarsi dalle regole, inventarne di nuove. L'artista deve basarsi sul giudizio personale, sull'"occhio". Se un'opera è realizzata rispettando le proporzioni e l'artista la trova sgradevole, egli potrà darle nuove proporzioni. 19.3.1 Qualche caso emblematico Benvenuto Cellini (1500-1571) Nato a Firenze, lì si spense dopo un'esistenza tumultuosa, raccontata nella Vita, sua autobiografia. Si formò come orafo, lavorò soprattutto a Firenze e a Roma, mentre dal 1540 al 1545 fu alla corte del re francese Francesco I. Rientrato in Italia stette al servizio di Cosimo I de' Medici. Perseo (1545-54); Firenze, Loggia dei Lanzi Eseguì questa scultura in bronzo per Cosimo de' Medici. Con una base di marmo, ritrae le forme di Cèncio, giovane garzone della bottega dell'artista, ma raffigura l'eroe vincitore di Medusa. La testa, grondante sangue, è tenuta alta dal giovane, mentre il corpo è ai suoi piedi. Con la mano destra impugna la spada, il busto è leggermente inclinato indietro. Ogni parte della scultura è levigata, si nota la formazione da orafo. In questa scena drammatica Perseo appare calmo. Giorgio Vasari (1511-1574) Nacque ad Arezzo e lavorò come pittore a Firenze e Roma. Si interessò alla pittura, alla scultura, all'architettura e alle arti minori. Ma anche alla trattatistica d'arte, scrisse infatti le Vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri. Fu responsabile della ristrutturazione di Palazzo Vecchio dal 1555 e si spense a Firenze, lo stesso anno di Cosimo I. Il disegno Vasari definisce il disegno «padre delle tre arti». Per suo merito nel 1572 nacque a Firenze l'Accademia delle Arti del Disegno, una scuola in cui gli artisti potevano imparare le tecniche, i metodi ed esercitarsi. Il disegno assume un ruolo autonomo proprio nel '500, non è più finalizzato solo alla realizzazione di un dipinto. Vasari fu un grande disegnatore e collezionista dell'opera grafica di artisti suoi contemporanei. La Scena di baccanale è un delicato disegno tracciato con una penna dal segno leggero e con un morbido chiaroscuro a matita nera. Giudizio Universale (1572-1579); Firenze, Cattedrale di Santa Maria del Fiore, cupola Vasari fu chiamato nel 1568 ad affrescare la cupola di Santa Maria del Fiore, che Brunelleschi voleva mosaicata. L'artista ci lavorò fino alla morte e fu aiutato da Lorenzo Sabatini; dopo di lui Federico Zuccari concluse l'opera. Dipinse delle narrazioni tratte dall'Antico e dal Nuovo Testamento, ma anche dall'Apocalisse di San Giovanni. L'affresco è scandito da fasce concentriche ed è concluso da un'architettura in prospettiva che finge otto aperture trabeate che poggiano su una cornice sostenuta da angeli in volo; essi si affacciano dalle aperture. Vasari non tenne conto della distanza da cui il ciclo pittorico doveva essere guardato, perché è pieno di particolari. I colori sono cangianti, ricchi. Gli Uffizi (dal 1560) L'edificio doveva costituire la sede degli uffici amministrativi e giudiziari del Ducato, ma anche degli archivi di Stato; in più un piano doveva contenere le collezioni artistiche medicee. Il palazzo si compone di due corpi di fabbrica paralleli e uno più piccolo ad essi perpendicolare, racchiudenti una piazza stretta e lunga. L'edificio è costruito in pietra di fossato; è composto da un piano terreno porticato, da un mezzanino e da due piani superiori. Nel 1565 gli Uffizi vennero congiunti con Palazzo Vecchio e con Palazzo Pitti tramite passaggi coperti. Il secondo, detto Corridoio vasariano, si snoda sopra il Lungarno Archibusieri. Esso aveva la funzione di via di salvezza per il duca in caso di rivolte popolari; mentre i tre corpi di fabbrica degli Uffizi assolvevano anche a un fine scenografico. Tutti insieme modificavano l'aspetto della città. Bartolomeo Ammannati (1511-1592) Nacque a Settignano (Firenze), fu scultore e architetto. Lavorò a Venezia, a Roma, a Firenze. Qui diresse i lavori per il vestibolo della Biblioteca Laurenziana. Fu scultore di fiducia di Cosimo I. Cortile di Palazzo Pitti (1558-70) Voluto da Luca Pitti, che faceva parte di una delle famiglie più potenti dell'epoca, il palazzo fu costruito a partire dal 1457. Non è certa la paternità del progetto. Nasce come edificio di forma cubica, con una facciata sulla piazza che comprende due ordini di sette finestre ciascuno. Dopo l'acquisto da parte di Eleonora da Toledo, consorte di Cosimo I, iniziano i lavori di ampliamento a opera dell'Ammannati. Egli è ricordato come direttore dei lavori almeno fino al 1587. Ad egli spetta la chiusura dei due ingressi laterali in facciata, che sostituisce con due enormi finestre inginocchiate. Il suo intervento più significativo riguarda la realizzazione del cortile interno a «U», aperto verso il giardino, che si caratterizza per un uso nuovo degli ordini architettonici. Le pareti che danno sul cortile sono organizzate su tre piani: il piano terreno, con un grande porticato e delle arcate bugnate; al primo piano le arcate sono chiuse e ospitano finestroni centinati e timpanati; al secondo piano le semicolonne corinzie sono fasciate da nove anelli convessi. Giambologna (1529-1608) Il fiammingo Jean Boulogne nacque a Douai e compì il suo apprendistato con lo scultore Jacques Dubroeucq. Nel 1550 era a Roma per un viaggio di studio, ma al ritorno, nel 1553, sostò a Firenze e lì si fermò definitivamente. Lì fu attivo presso la corte dei Medici. Il ratto della Sabina (1583); Firenze, Loggia dei Lanzi Il gruppo marmoreo fu subito ammiratissimo, ci furono molte repliche bronzee. Egli non aveva in mente un soggetto preciso perché voleva dimostrare di essere comunque capace di realizzare perfetti nudi. Il gruppo è condotto secondo lo schema dell'avvitamento verso l'alto; si compone di tre corpi sovrapposti: una donna e due uomini (un giovane e un vecchio). In basso il vecchio sconfitto, a terra, sovrastato dal giovane dal corpo sodo che stringe la ragazza che si divincola. Il «Sacro Bosco» di Bomarzo (1550-63); Viterbo Il gusto manierista per il bizzarro e la licenza si manifesta anche nei giardini. Infatti essi assumono un ruolo di primaria importanza in questo secolo, quasi autonomo. Nel giardino regolare vengono introdotti giochi d'acqua, grotte artificiali, fontane, orti botanici, ecc. Un esempio è questo giardino, tra i più singolari. L'autore è incerto; sono stati detti i nomi di Jacopo Barozzi e Pirro Ligorio. Non regna alcun ordine progettuale in esso; si trovano tempietti dalle forme improbabili, mostruosi animali di pietra, statue. Ci sfugge il significato allegorico attribuito al giardino dal committente. Sono presenti lapidi con citazioni filosofiche o proverbi scherzosi ma la volontà era quella di stupire i visitatori. 19.4 Arte e Controriforma Le decisioni del Concilio di Trento (1545-63) determinarono il comportamento del clero per secoli e furono messe in discussione solo dal Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-65). Per i protestanti l'uomo si salva grazie al sacrificio di Gesù, basta quindi la fede; contro questo il Concilio ribadì l'importanza dei sacramenti e delle buone opere unite alla fede. Fu eseguito un rigido controllo sui libri, con l'istituzione dell'Indice dei libri proibiti, e sull'attività degli artisti, che dovevano rispettare l'iconologia nelle committenze religiose, o potevano essere processati dal Tribunale dell'Inquisizione. Gli stessi artisti attraversarono una crisi religiosa, come l'Ammannati che si pentì del modo in cui aveva operato e chiese al granduca Ferdinando I di Toscana di coprire le nudità delle sue stesse statue. Roma: Chiesa del Gesù L'edificio che più incarna i principi della Controriforma è la Chiesa del Gesù di Jacopo Barozzi, detto il Vignola. Nato nella cittadina emiliana nel 1507, si forma a Bologna; nel 1550 si stabilisce a Roma e lì si spegne nel 1573. La Chiesa del Gesù, edificata per i Gesuiti a partire dal 1568, si compone di un'aula coperta con una volta a botte che si conclude con un'abside a pianta semicircolare, sull'esempio mantovano dell'Alberti. L'unica grande navata è affiancata da cappelle che mancano in corrispondenza del presbiterio, coperto da una cupola emisferica. Giacomo della Porta, successore del Vignola, modifica il progetto per la facciata tenendo presente quella di Santa Maria Novella. Il Vignola aveva armonizzato la parte superiore con quella inferiore tramite un'orditura regolare di colonne; ma Della Porta appiattisce la facciata moltiplicando gli elementi verticali. 20 - Il Rinascimento. Alla ricerca di nuove vie (parte seconda) 20.1 Andrea Palladio (1508-1580) Andrea di Pietro della Gondola nacque a Padova nel 1508. Lavorò a Vicenza come manovale e solo con la conoscenza di Gian Giorgio Trìssino ebbe una formazione umanistica. Nel 1541 viaggiò a Roma, mentre il suo amico gli aveva dato il soprannome di Palladio. Nella città osservò le architetture di Bramante, Raffaello e Michelangelo. Utilizzò molto la proiezione ortogonale. Morì a Vicenza. Il disegno Nel disegno per la facciata di un Palazzo sull'acqua l'artista traccia la facciata di un edificio da realizzarsi sull'acqua; con tre ingressi. I vuoti (aperture) sono acquerellati a campitura omogenea. La Basilica (1549-1614); Vicenza Palladio realizzò le logge del Palazzo della Ragione, noto come Basilica. Doveva dare un nuovo involucro loggiato alla sede delle magistrature pubbliche della città, un edificio dalla pianta irregolare. Andrea incluse, entro un doppio ordine di pilastri con semicolonne addossate, un complesso di serliane doppie che occupano l'intero spessore del muro. Le ville Palladio realizzò numerose ville nella campagna veneta. L'abitare in villa era un modo di vivere tipico dei ceti patrizi e borghesi della Repubblica di Venezia dell'epoca. Questi ceti non consideravano la villa solo come luogo di svago, ma anche come unità produttiva. Infatti accanto alla struttura abitativa si trovano i fabbricati a uso agricolo (stalle, scuderie) necessari per la conduzione delle terre. La pianta è solitamente di forma quadrata o rettangolare, con più loggiati; il salone centrale si configura come l'ambiente principale attorno a cui si dispongono le scale e altri ambienti. Villa Barbaro-Volpi (1554-55); Maser (Treviso) Questa villa fu commissionata dai fratelli Barbaro, che erano in buoni rapporti con l'architetto. Lo spazio residenziale è costituito dal corpo centrale avanzato. La facciata è a bugnato dolce, ma ha l'aspetto del fronte di un tempio tetrastilo grazie a un ordine ionico gigante. La trabeazione spezzata è una citazione dell'Antico. Villa Almerico-Capra (1566-67); Vicenza Detta anche La Rotonda, questa villa fu commissionata da Paolo Almerico e costruita alla sommità di una collinetta fuori Vicenza. Funge sia da abitazione che da luogo di piacere. È a pianta quadrata; gli ambienti interni sono raggruppati intorno a un salone circolare coperto da una cupola modificata durante la costruzione. Ogni facciata comprende un accesso preceduto da un pronao esastilo, al quale si arriva tramite una scalinata; la villa appare quindi sollevata. Chiesa di San Giorgio Maggiore (1565); Venezia Questa chiesa fu ricostruita nel 1565 e ultimata nel 1610, sull'omonima isola veneziana. Palladio affronta il disegno di una basilica a tre navate e quello di una pianta che leghi un corpo longitudinale a uno accentrato. Nella facciata è impiegato un ordine gigante di quattro semicolonne su alti piedistalli sormontate da una trabeazione. La pianta comprende un ambiente rettangolare diviso in tre navate. Poi è presente un presbiterio quadrato e un coro per i monaci. All'interno troviamo coperture con volte a botte nella navata centrale e con volte a crociera in ogni campata delle navate laterali. Chiesa del Redentore (1576-77); Venezia La soluzione della facciata di San Giorgio trova una forma più appropriata in questa chiesa, progettata durante la peste. Presenta una facciata costituita dall'intreccio di due schemi templari: uno più piccolo, sta svolgendo un banchetto e i personaggi sembrano appartenere più al patriziato veneziano che alla tradizione evangelica. La città non è reale ma si ritrova il gusto per il nitido nelle architetture classicheggianti, e si staglia contro l'azzurro del cielo. L'opera doveva essere un'Ultima Cena, ma l'artista trattò il tema con tale libertà che affrontò un processo davanti al Tribunale della Santa Inquisizione. La sentenza gli impone di cambiare il titolo (non più Ultima cena) e correggere piccoli particolari. Adorazione dei Magi (1573); Londra, National Gallery La tela fu realizzata per la Chiesa di San Silvestro a Venezia. Ambientato fra rovine, con sullo sfondo i resti di un porticato, rappresenta la capanna in cui si rifugiò la Sacra Famiglia in fuga sulla destra. Un cono dorato di luce divina percorre diagonalmente la scena e illumina Maria e Gesù. Una linea collega il mago in ginocchio a sinistra alla testa del paggio, alla cappa del mago anziano e alla testa di Gesù. Il colore è molto vivace e si alternano colori caldi e freddi nei vestiti. 21 - Il Seicento. Monumentalità e fantasia (parte prima) 21.1 Itinerario nella storia L'evento che caratterizza il '600 è la Guerra dei trent'anni (1618-1625), che coinvolge gran parte dell'Europa centro-settentrionale. Si voleva rafforzare il predominio degli Stati cattolici ma le potenze desideravano anche ridisegnare confini e alleanze. Con la pace di Westfalia del 1648 si consolidarono grandi Stati unitari (Inghilterra, Francia), accanto a un impero (Impero romano germanico) frammentato. Questa guerra fu il primo conflitto moderno, per i mezzi, eventi e coinvolgimento dei civili e causò morte e devastazioni. Il conflitto non coinvolse il territorio italiano, ma ci furono ripercussioni in quanto si riconfermò il predominio spagnolo nella penisola, che portò a una crisi economica. 21.2 I caratteri del Barocco Mentre il '500 era stato un secolo di crisi di valori e disorientamento morale con la Riforma luterana, il '600 è il secolo della Controriforma cattolica, delle certezze spirituali della Chiesa. Per diffondere le idee controriformiste gli artisti assumono un ruolo fondamentale. L'arte deve però essere spettacolare, imponente ma anche penetrare a fondo nelle coscienze, quindi deve commuovere. L'arte del '600 è l'arte dei sentimenti e delle passioni, rappresentati anche in modo estremo, esagerato. Le architetture sono monumentali; nelle chiese si prediligono la navata unica, la pianta centrale e la volta a botte. La presenza ornamentale di statue, fregi e cornici diventa anche più importante della stessa struttura architettonica. L'effetto scenografico risulta più importante. Si ricostruiscono città e si sviluppano giardini, luoghi di delizia ed evasione. La realizzazione di un giardino coinvolge ora non solo scultura e architettura, ma anche la botanica e l'idraulica. Con il termine Barocco non si intende tanto una precisa corrente artistica, quanto lo spirito stesso del secolo. 21.3 L'Accademia degli Incamminati Agostino, Ludovico e Annibale Carracci Nel Rinascimento il panorama artistico era composto da personalità singole e gelose della propria arte. L'esperienza seicentesca dei Carracci è quindi una novità. Nel 1582 Ludovico Carracci, il cugino Agostino e il fratello di questi Annibale fondano la prima scuola privata di pittura dell'età moderna, l'Accademia del Naturale, perché promuove la riproduzione dal vero. Poi viene anche detta dei Desiderosi e infine degli Incamminati. Quando si parla dei tre si parla di classicismo carraccesco: vogliono superare le estremizzazioni del Manierismo per ricollegarsi al gusto classicheggiante dei maestri rinascimentali. Agostino è il più colto e dà un contributo soprattutto teorico all'Accademia, insegnando la storia dell'arte e la filosofia. Ludovico è meno intellettuale del cugino e dà un contributo pratico all'Accademia. Annibale Carracci (1560-1609) È il più importante dei Carracci, con una forte personalità, un disegno perfetto e una tecnica pittorica raffinata. Il disegno Nel disegno usa un tratto morbido ma deciso. Fonde il vigore delle figure michelangiolesche con la classicità di quelle raffaellesche, maturando uno stile nuovo. Il mangiafagioli (ca 1583-84); Roma, Galleria Colonna È una delle prime scene di genere in Italia, cioè un tipo di pittura i cui soggetti sono presi dalla vita di tutti i giorni e appartengono a un "genere" ritenuto minore rispetto a quello delle rappresentazioni sacre o storiche. Qui vediamo un popolano che divora una scodella di fagioli. Sul tavolo sono presenti una brocca, un bicchiere di vino, il pane e la scodella che è il fulcro della rappresentazione. Un scena semplice, con poca luce che proviene dalla finestrella. L'uomo si sta portando alla bocca una cucchiaiata di fagioli, ha un cappello da contadino, gli occhi sospettosi; tutti elementi di crudo realismo. I colori sono spenti. Galleria di Palazzo Farnese (1598-1600); Roma Dopo il 1595 Annibale si trasferisce a Roma, dove studia i cicli vaticani di Michelangelo e Raffaello. Viene incaricato dal cardinale Odoardo Farnese di affrescare (1596-97) il camerino del palazzo di famiglia. Questa fu la premessa all'esecuzione degli affreschi per la Galleria di Palazzo Farnese. Una figurazione di carattere mitologico, ispirata dal cardinale. Il soggetto principale era quello degli Amori degli dei. Sulla volta a botte l'artista crea l'illusione di nove dipinti appesi, con cornici. Dietro rappresenta una finta struttura architettonica aperta sul cielo, incorniciata e sorretta da statue e medaglioni. L'illusione è realistica e suggestiva. Al centro spicca l'affresco del Trionfo di Bacco e Arianna, in cui è raffigurato il corteo nuziale dei due. Essi avanzano su carri trainati da due tigri e da due arieti. Intorno a loro satiri, mènadi che danzano, putti e amorini. Annibale riesce a far convivere l'equilibrata compostezza di una raffigurazione classica e il gusto barocco per le prospettive fantastiche. I gesti degli dei sono sensuali e movimentati. Però non c'è senso di spontaneità a causa del forte studio preliminare. Annibale è l'ultimo grande testimone della pittura classicista. 21.4 Caravaggio (1571-1610) Michelangelo Merisi da Caravaggio nasce a Milano da una famiglia di Caravaggio, centro agricolo. Si forma nell'ambiente lombardo. Nel 1592 si trasferisce a Roma, e lavora presso la bottega del Cavalier d'Arpino, distinguendosi per la sua bravura nel dipingere «natura morte» (composizioni con soggetti inanimati). Entra nelle grazie del cardinale Francesco Maria Del Monte, ma è coinvolto in risse, tanto che nel 1606 uccide un suo avversario. Fugge da Roma, va a Napoli e a Malta; poi in Sicilia. Nel 1609 è a Napoli, infine va a Porto Ercole dove muore. Testa di Medusa (ca 1596-98); Firenze, Galleria degli Uffizi Il cardinale Del Monte ospita Caravaggio nel suo palazzo romano e gli commissiona varie opere, tra cui questa. Un olio su tela che è incollata su uno scudo di legno. Vediamo la testa mozzata e sanguinante della gorgone, che ha serpenti al posti dei capelli. Ha un'espressione di paura, con la bocca spalancata. Un ritratto crudo. Questo tema era stato già usato da artisti come Cellini e in seguito da Bernini, che rappresenta Medusa nel momento in cui si accorge che i suoi capelli stanno diventando serpenti. Canestra di frutta (ca 1597-1601); Milano, Pinacoteca della Veneranda Biblioteca Ambrosiana Un altro dipinto commissionato dal cardinale è questo, acquistato dal cardinale Federico Borromeo. Si tratta di una natura morta con una semplice canestra di frutta, pretesto per osservare la realtà. La composizione è molto studiata: il cesto è rappresentato frontalmente e occupa un ideale semicerchio. In quanto alla profondità prospettica, Caravaggio fa sporgere appena la base della canestra al di qua del piano; poi allontana la percezione dello sfondo inondandolo di luce. Molta attenzione è rivolta agli elementi della natura morta: le foglie di vite accartocciate (segno della non freschezza); le foglie della pesca forate; la mela intaccata. Una realtà oggettiva, senza correzioni o abbellimenti. Rispetto ad altri artisti, Caravaggio non vuole indagare la natura, ma contemplarla. Bacco (ca 1596-97); Firenze, Galleria degli Uffizi Il dipinto risale alla fine di una fase in cui l'artista aveva realizzato vari altri ritratti di adolescenti vestiti all'antica con delle nature morte. Il giovane è adagiato su un triclinio, in parte avvolto in un lenzuolo, con una ghirlanda di tralci di vite che fa da corona. Un leggero rossore in volto rende l'espressione più enigmatica. Regge una coppa con del vino. L'atmosfera è fosca e il gioco del travestimento può essere interpretato anche in chiave cristiana; in questo caso il giovane alluderebbe al Salvatore, e la melagrana spaccata, il vino, la cintura nera rimanderebbero ai simboli della Passione. Vocazione di San Matteo (ca 1599-1600); Roma, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Cappella Contarelli In quest'opera l'artista approfondisce le sue principali tematiche figurative. È una delle tre tele commissionategli per la decorazione della Cappella Contarelli. Viene raffigurato il momento in cui Gesù sceglie il gabelliere Matteo come Apostolo. La scena si svolge in un locale oscuro; a destra Cristo che tende il braccio verso Matteo e San Pietro. Matteo è seduto, stupito e accenna a se stesso con l'indice. Dei cinque al tavolo, solo Matteo e i due giovani a destra si accorgono di Cristo. Il vecchio in piedi e l'altro giovane contano i loro soldi. Questo sta a significare che la chiamata di Dio arriva a tutti, ma ciascuno può scegliere se accettarla o respingerla. La luce è la protagonista e proviene da una porta all'esterno del quadro. Giallastra, squarcia la penombra e mette in evidenza lo squallore, ma rende le figure voluminose. Assume anche una funzione simbolica perché si irradia dalle spalle di Cristo che sembra indirizzarla sugli altri personaggi. Quindi è anche luce divina. Il realismo si nota anche nelle posture e negli abiti; è più una scena di genere che una rappresentazione sacra. Anche l'aureola di Gesù è appena percepibile. Crocifissione di San Pietro (ca 1600-1601); Roma, Chiesa di Santa Maria del Popolo, Cappella Cerasi La sua interpretazione dei temi religiosi si riflette anche nelle altre opere romane come questa. Una grande tela che raffigura il momento in cui, dopo che San Pietro dichiarò di non sentirsi degno di essere condannato allo stesso supplizio di Gesù, fu comunque crocifisso, a testa in giù. L'atmosfera è cupa e i tre carnefici stano innalzando la croce. Quello in ginocchio è orientato lungo la diagonale; quello visto frontalmente ha la testa ruotata di tre quarti verso il Santo e il terzo, più arretrato, tira la fune. Pietro è l'unico in piena luce e tenta di raddrizzarsi. Il torso è inclinato in direzione opposta dei carnefici. La luce proviene dall'alto, a sinistra. Morte della Vergine (1605-6); Parigi, Museo del Louvre L'ultimo dipinto romano è commissionato dai carmelitani Scalzi della Chiesa di Santa Maria della Scala, ma rifiutata da questi perché ritenuta irrispettosa verso la Vergine. Nella scena la Madonna è appena morta; la Maddalena e gli Apostoli si stringono intorno a lei piangendo. Ciò che scandalizzò fu la Vergine, perché come modello Caravaggio usò il cadavere di una prostituta affogata. Il corpo di Maria è adagiato diagonalmente su una panca; il ventre è gonfio è segno di scrigno di grazia divina. In ogni caso, la figura di Maria è collocata in una dimensione quotidiana. Gli altri intorno a lei piangono come le persone quando muore un loro caro. Ma Caravaggio dimostra comunque religiosità perché porta Dio tra gli uomini. Un drappo rosso pende su Maria, simbolo di sangue. La luce proviene dal retro e percorre la tela obliquamente, e rappresenta anche la grazia divina. 21.5 Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) Bernini gode di fama e ricchezza, non come Caravaggio. Figlio di uno scultore, nasce a Napoli ma si forma a Roma, dove si trasferisce nel 1605. La sua carriera si svolge nella corte papale di cui diventa il principale artista. Bernini non è solo scultore, ma anche architetto, pittore e scenografo. Il disegno Negli schizzi preparatori per le sue sculture il segno si fa veloce, ma funzionale all'espressione dei propri preferì poi una soluzione a croce greca rinascimentale stravolgendo l'organizzazione spaziale. Il braccio longitudinale della croce è più lungo di quello trasversale, ed entrambi terminano con absidi semiellittiche. Le pareti interne sono caratterizzate dall'alternarsi di rientranze e aggetti, scanditi dal succedersi di colonne e nicchie. La logica di plastica modellazione delle strutture murarie si riscontra anche all'esterno, sulla facciata Sud, a sviluppo verticale e suddivisa in due livelli. La superficie della muratura risulta appena convessa. 22 - Il Seicento. Monumentalità e fantasia (parte seconda) 22.1 Guido Reni (1575-1642) Guido nasce a Bologna; il padre era musicista e portava il figlio ai suoi concerti, dove per noia disegnava. Lì conobbe un pittore fiammingo, Denijs Calvaert. Quasi ventenne si avvicina all'Accademia degli Incamminati. Nel 1600 fu a Roma dove studiò le opere di Annibale Carracci, ma studiò anche l'Antico. Nel 1603 torna a Bologna e nel 1614 si sistema lì definitivamente. Si sposta spesso a Roma e muore a Bologna. Reni crede che il pittore debba imitare una realtà "ideale", selezionando gli elementi belli della natura. Ricerca la bellezza ideale, non quella quotidiana. Il disegno Nel disegno Guido usa un tratto rapido. Nello Studio per la Crocifissione di San Pietro la penna è rinforzata dall'acquerello per dotare le figure di una maggiore consistenza volumetrica. Strage degli innocenti (ca 1611); Bologna, Pinacoteca Nazionale Reni realizza questo dipinto per la Chiesa di San Domenico a Bologna. Si riferisce al racconto evangelico in cui re Erode condannò a morte tutti i bambini di Betlemme sotto i 2 anni per assicurarsi che morisse Gesù. Vediamo molti personaggi tra madri, bambini e carnefici. Il resto è composto dagli edifici e dal cielo. Dal cielo due angioletti distribuiscono le palme, simbolo del martirio. I volti delle madri e dei bambini rivelano paura, angoscia. C'è chi prova a fuggire nascondendo il figlio, chi è afferrata per i capelli; mentre i carnefici hanno il volto nascosto dall'ombra. Atalanta e Ippomene (ca 1618-19); Madrid, Museo del Prado Atalanta, figlia di Giàsone, ha deciso che sposerà solo chi riuscirà a vincerla nella corsa e ucciderà chiunque perda. Ippomene la sconfigge facendo cadere tre mele d'oro dategli da Afrodite per ingannare la ragazza che si ferma appunto a raccoglierle. La luce non naturale di sinistra costruisce i volumi dei corpi. Lo sfondo non è del tutto scuro, c'è un barlume di tramonto. Su una griglia di diagonali incrociate si articolano le membra dei corpi. Nesso e Deianira (1621); Parigi, Museo del Louvre Nel 1618-21 Reni dipinge quattro tele commissionate dal duca di Mantova, Ferdinando Gonzaga, per una delle sale della Villa La Favorita. Come tema gli episodi della vita di Ercole. Questi, per sposare Deianira, dovette vincere il dio fluviale Achelòo che cambiava sempre aspetto, finché da toro Ercole non riuscì a strappargli un corno. Dovendo attraversare un fiume con la sposa, un centauro, Nèsso, si offrì di traghettarla ma cercò poi di rapirla. Ercole lo colpì al cuore con una freccia intinta nel sangue dell'Idra. Nesso confidò a Deianira che il suo sangue era un afrodisiaco e lei poteva usarlo se Ercole l'avesse tradita. Successe e la donna fece indossare al marito un mantello con il sangue, che era però contaminato con quello dell'Idra, quindi Ercole morì. Reni lo dipinge sullo sfondo mentre prepara la freccia. In primo piano il centauro con in groppa Deianira. Lei è in equilibrio precario, sembra stare in aria. Il rosa del mantello del centauro si confonde con la veste rossa e gialla di Deianira. 22.2 Giovanni Francesco Barbieri: il Guercino (1591-1666) Giovanni Barbieri trascorse la vita a Cento (Ferrara), dove era nato, e a Bologna, dove morì. Il soprannome è dovuto allo strabismo all'occhio destro. Fu affascinato dalla pittura di Tiziano, poi ammirò i Carracci. Papa Gregorio XV fu un suo protettore e lo chiamò a Roma. Nel 1623 tornò a Cento. Nel 1642 si trasferì a Bologna come caposcuola dei pittori bolognesi. Il disegno Era un grande disegnatore e impiegava varie tecniche: il carboncino grasso, come nel Giovane seduto, che conferisce contorni e ombre vellutate. Il giovane è visto frontalmente con la testa verso sinistra e abbassata. Il ritorno del figliol prodigo (1619); Vienna, Kunsthistorisches Museum Il dipinto raffigura il momento del perdono e della contentezza della parabola evangelica del figliol prodigo. Il vecchio genitore abbraccia le spalle del figlio che ha speso tutta la sua fortuna ed è tornato a casa pentito. Il padre gli prende una camicia pulita dalle braccia dell'altro figlio. Il dipinto è compatto, le figure sono a mezzo busto e l'ambientazione è essenziale (una sedia). Le braccia distese definiscono vari assi direzionali e suggeriscono movimento. La parte di sinistra ha un ritmo lento (busto all'indietro e braccia distese); quella di destra ha ritmi più veloci (affollarsi dei corpi e aggrovigliarsi di braccia). Annunciazione (1648); Forlì, Pinacoteca Civica Il Guercino scambia i pesi tra parte inferiore e superiore di alcune pale sacre. Secondo la tradizione molte figure stanno in basso e una in alto; mentre in Guercino le figure in basso sono isolate e più d'una sta in alto; avvicina così le due dimensioni. Questa pala d'altare fu eseguita per la chiesa di San Filippo Neri e rappresenta un ambiente spoglio in cui vediamo un paesaggio tramite una porta. La Vergine è serena, inginocchiata e di tre quarti, circondata secondo un andamento a spirale da un mantello. Legge un libro di preghiere e sta esattamente in corrispondenza dell'asse verticale della tela. Sopra le figure dell'Eterno, dell'Arcangelo Gabriele e quattro angioletti. Dio emerge dalle nuvole e istruisce l'Arcangelo sulla sua missione, indicando la futura Madre di Gesù. L'Arcangelo ascolta estatico. Il movimento familiare dei personaggi celesti fa risaltare la grazia della Vergine. L'Angelo appare ad Agar e Ismaele (1652); Londra, National Gallery Qui l'artista riprende un passo dell'Antico Testamento e vediamo Agar, schiava egiziana di Sara, e Ismaele, figlio di lei ed Abramo. Dopo aver avuto un figlio anche lei, Sara obbliga il patriarca a cacciare Agar. I due vagarono per il deserto finché Ismaele non si accasciò morente per la sete. Un angelo apparve alla donna per indicarle una sorgente. Nel dipinto vediamo gli occhi gonfi della donna e il figlio poco lontano. Una fascia diagonale che comprende l'angelo e la donna è la zona densa del quadro. Ismaele è poco definito per suggerire la lontananza dalla madre. Agar ha una gamba distesa e l'altra flessa, la testa è ruotata di lato e ascolta affranta l'angelo, che si porta la mano al petto per chiedere fiducia. Lo sfumato ammorbidisce le forme; l'uso sapiente del colore e l'accostamento di colori caldi e freddi definiscono la luminosità di Agar. 22.3 Guarino Guarini (1624-1683) Guarini fu architetto, trattatista e matematico; svolse la sua attività a Torino, per cui progettò importanti edifici; fu attivo a Messina e Parigi. Torino e il suo sviluppo urbano Torino dal 1563 era diventata capitale del Ducato di Savoia, con il duca Emanuele Filiberto; ed era ancora una tipica cittadella fortificata, poi si sviluppò in alcuni decenni. Nel 1584 il duca Carlo Emanuele I di Savoia chiese all'architetto Ascanio Vitozzi un piano di ampliamento a partire dal vecchio castello. Fu creata una piazza porticata intorno ad esso e poi dei quartieri nuovi. Poi il collaboratore Carlo di Castellamonte proseguì l'ampliamento della città verso Sud con la piazza Reale, variante delle places royales francesi. L'opera di Carlo fu proseguita dal figlio Amedeo che costruì il Palazzo Ducale e iniziò l'ampliamento della città verso Est. Il terzo ampliamento verso Ovest fu affidato all'architetto Filippo Juvara, che organizzò il nuovo quartiere intorno a piazza Susina e piazzetta dei Quartieri Militari. Guarino Guarini e Torino Nato a Modena, studia nella città natale e tra il 1639 e 1647 soggiorna a Roma. Sono gli anni in cui vengono costruiti gli edifici di Bernini, Borromini e Da Cortona. Dal 1656 in poi si sposta in Sicilia, in Portogallo e in Spagna; muore a Milano. Cappella della Santa Sindone (1667-90); Torino Il primo intervento di Guarini nella città è costituito dalla prosecuzione dei lavori per la Cappella della Santa Sindone, avviati da Amedeo di Castellamonte nel 1657. L'impianto circolare è trasformato dall'architetto in una soluzione triangolare. I tre vertici di un triangolo individuano in pianta tre spazi secondari: due ambienti circolari e uno ad arco di cerchio. I primi due collegano la cappella al presbiterio della cattedrale tramite due scalinate; il terzo immette nel Palazzo Ducale. In alzato il triangolo e il cerchio si fondono poiché tre arcate individuano altrettanti pennacchi sui quali si imposta un tamburo anulare. Chiesa di San Lorenzo (dal 1668); Torino Un ambiente a pianta centrale, preceduto da un vestibolo e formato da un ottagono, è seguito da un presbiterio ellittico con l'asse maggiore parallelo alla facciata. L'ambiente principale e il presbiterio sono coperti da cupole sorrette da costoloni intrecciati. Lo spazio principale è invaso da altri ambienti curvi (cappelle e presbiterio). La chiesa nel complesso ha una forma ondeggiante e pulsante. Palazzo Carignano (1679-85); Torino Guarini realizza anche edifici civili, come questo palazzo voluto dal principe Emanuele Filiberto. Il fulcro della fabbrica sta nell'atrio ellittico sovrastato dal salone di rappresentanza, mentre gli appartamenti privati si sviluppano lungo ali ortogonali al blocco di facciata. Il fronte sulla piazza è composto da due tratti rettilinei che stringono una superficie ondulata; questa appare come se, originariamente concava ed elastica, fosse stata premuta da una massa retrostante. La facciata è scandita da alte lesene. Quelle dell'ordine inferiore hanno il fusto decorato in modo che sembrino bugnate. Quelle superiori sono lisce, ma sormontate da una trabeazione. Nel fronte posteriore, che dà sul cortile interno, troviamo semplici cornici orizzontali e motivi separatori. 22.4 Baldassare Longhena (1597-1682) e le nuove emergenze lagunari Longhena continua il processo di rinnovamento architettonico a Venezia iniziato da Palladio. Nato a Venezia, fu allievo di Vincenzo Scamozzi. Il padre era uno scalpellino. Si spense nella sua città. Fu proprio lui a caratterizzare l'aspetto del Canal Grande in età barocca. Ca' Pesaro (1652-58); Venezia In Palazzo Pesaro il Longhena fonde scultura e architettura. Il palazzo emerge dall'acqua e ciò è sottolineato dai mascheroni di mostri e dalle teste scolpite al secondo piano e nelle mensole della gronda. Grandi figure sono adagiate nei timpani degli archi e il fregio di coronamento è ornato. Il basamento bugnato è chiaroscurato e ci sono due portali ad arco separati da una nicchia cieca; mentre nei piani soprastanti delle arcate con ampie fasce d'ombra. Le balaustre legano l'intero fronte dell'edificio. Chiesa di Santa Maria della Salute (dal 1631); Venezia Questa Chiesa fu commissionata dalla Repubblica di Venezia dopo che era stato fatto un voto alla Vergine durante l'epidemia di peste del 1630. La chiesa si trova sulla Punta della Dogana, dove le acque della laguna si insinuano fra le isole della città a formare il Canal Grande e il Canale della Giudecca. L'edificio è costituito da tre ambienti disposti lungo un asse longitudinale. Un corpo principale a pianta ottagonale è circondato da cappelle e seguito da un presbiterio, dotato di due absidi semicircolari; infine si trova un coro rettangolare separato dal presbiterio tramite l'altare e due coppie di colonne. L'interno è circondato da un ambulacro e dominato dalla cupola, sorretta da pilastri angolari. L'interno sobrio si contrappone allo spirito barocco dell'esterno, soprattutto nei fantasiosi contrafforti a voluta. L'organizzazione degli spazi e le cupole sono meditazioni sugli schemi palladiani. dello spettatore; il secondo, che corrisponde alle cornici architettoniche e al portico, è più basso. Le vesti sono sfarzose e i personaggi secondari sono ben caratterizzati, come il nano ritratto di spalle o i servitori di colore. Cleopatra sta per sciogliere una perla nel vino, per impreziosirlo in onore di Antonio. Le sue forme sono piene e gli abiti magnifici. La luce fresca è ciò che risalta e crea un'atmosfera mattutina. Questo grazie alla somma di colori complementari. Residenza di Würzburg (ca 1751-53) Il principe-vescovo di Franconia Carlo Filippo von Greiffenklau si fa edificare questa residenza in Baviera a partire dal 1720. Tiepolo partecipa alla decorazione pittorica dello Scalone d'onore. La grande volta del soffitto è decorata da scene allegoriche con l'Olimpo e la personificazione delle quattro parti del mondo note allora (Europa, Asia, Africa e America) che rendono omaggio al principe. Religione, mito ed esotico si mescolano in questo insieme di figure dagli atteggiamenti bizzarri. Angeli e putti vagano nel cielo sfumato, mentre la trabeazione dipinta è molto realistica. L'effetto complessivo è di sfolgorante luminosità. Il sacrificio di Ifigenia (1757); Vicenza, Palazzina di Villa Valmarana ai Nani Tiepolo collabora di nuovo con Colonna per la decorazione di questo palazzo. I temi sono attinti dal repertorio epico-leggendario: si ispirano a scene tratte dai poemi di Omero, Virgilio, Ariosto e Tasso. Qui l'artista coglie il momento in cui la comparsa di una cerbiatta fa capire che la dea Artemide rinuncia al sacrificio della fanciulla, che l'indovino Calcante aveva suggerito al di lei padre Agamennone per placare l'ira della dea che Agamennone aveva offeso. La quadratura è composta da quattro colonne ioniche dipinte che sorreggono la vera trabeazione. La nube su cui Cupido sta portando la cerbiatta sembra al di qua delle colonne. Solo Ifigenia e Agamennone non si sono resi conto di questa apparizione. La prima volge gli occhi al sacerdote, l'altro assiste immobile e si copre il volto con il mantello. La luce è la protagonista; il cielo rischiara i personaggi sullo sfondo, mentre nube e colonne sono illuminate da una luce frontale. 23.6 Pietro Longhi (1702-1785) Pietro Falca nasce a Venezia e lì trascorre quasi tutta la vita, tranne un soggiorno bolognese. Figlio di un artigiano, apprende l'arte dal padre e trova la sua misura espressiva nei piccoli oli su tela con soggetti di maniera. Produce realistici bozzetti che presentano il mondo di un'aristocrazia giunta alla sua fine e quello di una borghesia non ancora matura. Il disegno L'artista è un disegnatore prolifico. Appunti grafici per memorizzare personaggi o posture da riutilizzare per dipinti. In Gentiluomo in bauta seduto di spalle vediamo un uomo che indossa la baùta, tipica maschera veneziana. Il personaggio è visto da dietro, con una rotazione di tre quarti. Qui l'artista alterna il segno veloce del carboncino a quello del gessetto che conferisce spontaneità. Lezione di danza (ca 1741); Venezia, Gallerie dell'Accademia Siamo in un salotto con pareti rivestite di velluto verde, come il tendaggio di destra. L'allieva sta al centro, con un abito da cerimonia. Una signorina di buona famiglia che sta danzando, con la madre seduta che la guarda. Il maestro le indica dove porre il piede e un violinista fa da accompagnamento. La luce sembra smorzata, come trattenuta dal velluto; l'atmosfera è di calda e soffocante intimità. Lo speziale (ca 1752); Venezia, Gallerie dell'Accademia Qui emerge una Venezia cialtrona, in una bottega di uno speziale alla sua scrivania che compila un registro. Al centro un aiutante controlla i denti di una paziente; a sinistra un servitore ravviva il fuoco e sullo sfondo si intravede uno scaffale con albarelli, vasi nelle farmacie che contenevano spezie. Longhi è affascinato dal mondo quotidiano. Presto diventa però ripetitivo, caricaturale, riprendendo spesso gli stessi personaggi. 23.7 Il vedutismo tra arte e tecnica Con vedutismo si intende quel genere pittorico in cui si rappresentano vedute prospettiche di paesaggi o città riprese dal vero. Ci sono stati molti progressi nel campo della prospettiva, grazie ai nuovi studi della geometria e dell'ottica. Si concentra l'attenzione anche su soggetti architettonici cittadini. La camera ottica La camera ottica era già nota a fine '500, ma in questo secolo si diffonde e viene perfezionata. Possiamo definirla l'antenata della macchina fotografica poiché possiede un sistema di lenti mobili (obiettivo) tramite cui proietta all'interno l'immagine capovolta del soggetto. Al posto della pellicola vi è una lastra di vetro smerigliato o il foglio da disegno. Un modello di camera ottica consiste in un armadio con uno specchio che proietta su un foglio di carta la veduta da riprodurre; un altro modello consiste in una cassettina di legno dotata di un obiettivo, che puntato sul soggetto lo rifletteva su uno specchio interno. La camera ottica sconvolge il modo di dipingere di questo secolo. Finalmente le architetture diventano soggetti artistici, non sono più semplici sfondi, ma protagonisti. 23.7.1 Antonio Canaletto (1697-1768) Giovanni Antonio Canàl nasce a Venezia da una famiglia di scenografi. Si forma sui modelli del Rococò. Nel 1719 è a Roma, dove entra in contatto col vedutismo fiammingo. Negli anni '20 Canaletto abbandona la scenografia e inizia la sua carriera di vedutista. Nel 1746 si trasferisce a Londra, dove starà per un decennio, e muore nella sua città. Il disegno Nel suo Quaderno di disegni sono conservate molte vedute cittadine realizzate con una piccola camera ottica. Disegni prospettici preparatori, spesso corredati di misure e annotazioni sui colori dei materiali. Il Canal Grande verso Est (1727); Edimburgo, National Gallery of Scotland Di questo dipinto si conoscono almeno altre tre repliche autografe; ciò testimonia che l'artista poteva riusare il disegno di partenza più volte modificando solo la disposizione dei personaggi. Questa tela rappresenta l'ultimo tratto del canale. Il punto di fuga, sulla destra, è stato scelto per evidenziare i palazzi di sinistra. A destra vediamo una piccola porzione di Palazzo Barbarigo, dietro al quale si vede la cupola della Basilica di Santa Maria della Salute. A sinistra la fila di edifici inizia con la facciata di Palazzo Cornèr. Il cielo, inondato di luce mattutina, riempie i tre quarti della tela e si riflette sulle acque. Il risultato è realistico e le architetture sono considerate veri e propri soggetti. Un'altra novità riguarda l'uso di colori chiari che danno freschezza a tutti gli elementi, così che anche le macchiette sono credibili. Eton College (ca 1754); Londra, National Gallery Gli stessi concetti si ritrovano in questa tela, in cui è rappresentata la monumentale cappella del college di Eton, nella contea del Berkshire. La struttura è vista dal fronte orientale, oltre il Tamigi. In primo piano dei personaggi stanno aspettando di essere traghettati all'altra riva. L'atmosfera è di mattino limpido, con il sole che illumina le architetture e il paesaggio all'orizzonte; mentre in primo piano osserviamo una striscia d'ombra prodotta dall'albero. Canaletto attinge dalla realtà naturale e realizza vedute plausibili. 23.7.2 Francesco Guardi (1712-1793) Nato a Venezia da una famiglia trentina di pittori, lavora per tutta la vita nella sua città, fino alla morte. Attinge più all'illusionismo del Tiepolo che all'esperienza tecnica del Canaletto. Infatti il Guardi usa meno la camera ottica e le prospettive sono più fantasiose che realistiche. I contorni delle architetture non sono nitidi e le macchiette diventano caricaturali. Con il suo uso dei colori ne deriva una Venezia idealizzata e pittoresca. Il disegno La Veduta del Ponte di Rialto è basata su un rilievo delle architetture, ma tende a un risultato più pittorico. I barcaioli sono tratteggiati con velocità e ci sono intense acquerellature che creano un effetto di chiaroscuro; tutto ciò evoca emozioni che non hanno a che fare con la nitidezza geometrica. Molo con la Libreria, verso la Salute (ca 1770-1780); Venezia, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca' d'Oro Il Guardi usa un tocco rapido che si ricollega al tonalismo cinquecentesco. Accende le sue vedute con i riflessi del mare con poche pennellate. Questo dipinto presenta lo stesso soggetto di uno eseguito qualche decennio prima da Canaletto e la tela del Guardi sembra quasi una vera copia. La prospettiva è però più indefinita. La Basilica della Salute e la cupola della Chiesa del Redentore si perdono fra le nebbie dell'orizzonte. Ne deriva una luce vibrante e uno spazio profondo, non razionale. I mercanti e altri personaggi sono semplici macchie di colore, non sono dettagliati. Laguna vista da Murano (ca 1780-1790); Romsey (Gran Bretagna); Collezione Mountbatten of Burma Questa piccola tela è una delle sue ultime opere. Sulla destra alcune case si affacciano su una piazzetta assolata in riva al mare, sul cui lastricato si proiettano le ombre delle case sulla sinistra. In lontananza il paesaggio lagunare. Sulla destra due donne fanno il bucato mentre due signori discutono sulla riva. Si tratta di uno squarcio di vita quotidiana alla luce del tramonto dorato; ne deriva un'atmosfera di magico incantamento.
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