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Riassunto '' L'educazione interculturale nella scuola dell'infanzia'', Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto libro ''L'educazione interculturale nella scuola dell'infanzia - Fondamenti teorici, orientamenti formativi e itinerari didattici''

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 07/06/2022

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Scarica Riassunto '' L'educazione interculturale nella scuola dell'infanzia'' e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! L’EDUCAZIONE INTERCULTURALE NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA Fondamenti teorici, orientamenti formativi e itinerari didattici Serena Sani PARTE PRIMA CAPITOLO 1. – Verso la costituzione di una società multietnica e multiculturale L’immigrazione straniera in Italia: un fenomeno di vaste proporzioni La migrazione sta acquistando maggiore consistenza sia per l'aumento numerico ma anche per le diverse problematiche che essa pone. Nel 2004 con il ’’ Primo Rapporto sull’Immigrazione e l’Integrazione’’ (Commissione Europea) si afferma che bisogna prepararsi e a dipendere sempre più dagli immigrati in quanto questi combattono l'invecchiamento demografico e svolgono lavori che i cittadini europei non farebbero. Oltre il mito e il pregiudizio: realtà e caratteristiche della presenza degli immigrati nel nostro Paese L'Italia per via della sua inesperienza affronta l'immigrazione come una sorta di problema. Bisogna distinguere lo straniero dall'extracomunitario: il primo è semplicemente una persona non italiana, il secondo è colui che proviene da Paesi che non fanno parte dell'Unione Europea. Negli anni Novanta i migranti provenivano dai Paesi dell’Asia centro-orientale e dall’area nord-africana, mentre oggi provengono principalmente dall'Europa dell'Est e dall'America Latina. Attese e aspirazioni degli immigrati in Italia: un fenomeno di vaste proporzioni Negli ultimi decenni la motivazione che ha spinto le persone a lasciare il proprio paese è la ricerca di lavoro ed anche la speranza di vivere una vita degna della persona umana. Restano stabili i permessi rilasciati alle persone che vengono in Italia per motivi ‘’religiosi’’. Un altro motivo d'emigrazione è l’asilo politico, in quanto. ad esempio. molti paesi dell'Est-Europa sono stati scenari di guerre civili. Secondo il censimento del 2001: i motivi di lavoro attraggono solo i due terzi degli uomini e solo un terzo delle donne, e queste ultime per metà risultano giunte in Italia a seguito di altri familiari. Sempre più numerosi si ritrovano a prolungare la permanenza nel nostro Paese, gli immigrati si dividono in due tronconi: quello che emigra in cerca di sostentamento e quello che resta. Si può notare anche il ricongiungimento tra coppie e la formazione di coppie miste e la nascita di molti bambini in Italia. La presenza di minori porta con sé dei bisogni sociali, sanitari ed educativi che costringono l'immigrato ad assumere altri ruoli sociali e non più solo quello limitato e marginale. Crescere in Italia: l’immigrazione e il problema dei minori Un altro importante tassello e la presenza dei minori nel nostro paese e in particolare nell'ambito scolastico. All'inizio gli alunni stranieri erano presenti principalmente nella scuola primaria. Recentemente e ancora la scuola primaria ad avere il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana, ma c'è stato un incremento anche nella scuola secondaria di secondo grado. Questo sta a significare un aumento degli inserimenti legati sia ai ricongiungimenti familiari, sia l'aumento della propensione a proseguire negli studi. Immigrazione e trasformazione del quadro demografico: verso una società multietnica Abbiamo da un lato una popolazione italiana demograficamente astenica con una forza lavorativa in continua diminuzione, ma con mercati produttivi attivi che non necessita manodopera al proprio funzionamento; dall'altro lato, invece, abbiamo un’eccedenza di manodopera che chiede un inserimento stabile. Il decremento della natalità interna richiamerà ancora per molto l'assunzione di manodopera a basso costo, disposta ad accettare impieghi senza vantare alcuna sicurezza salariale e sindacale. L'immigrato si trova così ad occupare lavori precari e dequalificati, spesso rifiutati dagli autoctoni. Questa situazione di multietnicità sembra che ci accompagnerà per molto tempo. CAPITOLO 2 -Verso una società interculturale: dalla tolleranza della diversità al dialogo e all’integrazione tra culture Individui, gruppi sociali e mutamento culturale: verso una concezione dinamica e aperta della convivenza umana La multiculturalità descrive il fenomeno della coesistenza e dell'interazione fra molte culture in un'unica area spaziale, ovvero la compresenza in un medesimo territorio, di gruppi etnici di diversa provenienza. Bisogna distinguere termini multiculturale ed interculturale: il primo e l'affermazione di ciò che si è venuta a creare con le immigrazioni, mentre il secondo è il frutto della loro integrazione. Quindi la multiculturalità è il punto di partenza mentre l'interculturalità è il punto di arrivo. Bisogna passare dalla semplice accoglienza all’integrazione, passando per la strada della conoscenza e dell'accettazione reciproca. Bisogna chiarificare il termine cultura: nel senso antropologico e in genere nella scienza sociali, essa indica l'insieme dei modelli cognitivi, valoriali, comportamentali socialmente elaborati e interiorizzati dalle persone appartenenti a una società. La cultura, quindi, può essere intesa come il patrimonio di conoscenza, esperienza e comportamenti che caratterizzano gli appartenenti a una società. Essa e caratterizzata dalla dinamicità in quanto si evolve ed è modificata dall'uomo attraverso l'interazione tra la medesima cultura nativa e i nuovi valori e vedute mondiali che il soggetto è capace di creare. Gli uomini hanno imparato a nutrirsi, capirsi, difendersi, proteggersi dalle intemperie, organizzarsi socialmente secondo gli ambienti naturali in cui si sono trovati a vivere. Ogni cultura, quindi, cerca di soddisfare i bisogni primari fisiologici e psicologici dell'individuo che trascorre la sua esistenza in quel preciso luogo virgola in quel determinato periodo, accanto a quelle persone. Vivere in una società multiculturale significa che al suo interno ci sono persone portatrici di grandi differenze le une dalle altre, ma che al tempo stesso, sono accomunate da quelle caratteristiche che sono presenti in ogni cultura. Oltre la tolleranza: dalla coesistenza di diverse culture alla costruzione di una società interculturale Vivere l'interculturalità è perciò riconoscere e condividere quei valori universali riconosciuti da tutti gli uomini, nel rispetto delle differenze altrui. Passare dal multiculturale all' interculturale è possibile: bisogna riconoscere lo straniero come soggetto attivo, capace e responsabile, che porta in sé, come ogni altro essere umano, un'identità individuale e culturale che deve essere rispettata e valorizzata in ogni situazione. Possiamo capire la dinamicità con l'incontro fra ‘’diversi’’ spinge i soggetti a essere aperti a una continua ridefinizione di loro stessi. Interculturale e ben diverso da assimilazione, dove l'obiettivo è quello di minimizzare le differenze per trasformare lo straniero in un cittadino del paese ospitante che condivide con esso anche la cultura. Bisogna conoscere la propria e l'altrui cultura senza dimenticare che comprendere non è accumulare informazioni, non è parlare degli altri, ma parlare con gli altri, è superare le descrizioni degli studi tipologici, delle monografie, è ascoltare e rispondere. rapporto con sé stesso e il rapporto con gli altri. Nel rapporto con sé stesso, il soggetto ha una maturazione di un'equilibrata percezione di sé. Per giungere a ciò è quindi necessario il rapporto con gli altri nel quale acquista importanza il riconoscimento, attraverso il giudizio. Inoltre, è nel rapporto con gli altri che ciascun soggetto alla possibilità di manifestare la propria originalità e al tempo stesso il bisogno di similarità nel quale si esprime il desiderio di riconoscersi e sentirsi riconosciuto. C'è una continua interazione tra soggetto e oggetto, da identificarsi non solo nell'ambiente fisico, ma in tutto ciò che al di fuori di sé. Entra in gioco un terzo elemento: ciò che viene offerto al soggetto dalle ‘’diverse’’ culture del nostro Paese. La scuola come palestra di educazione interculturale Un progetto di educazione interculturale necessità di coinvolgere le diverse agenzie educative operanti sul territorio. L'azione educativa si affaccia in un contesto disorientato, frammentato, confuso e che non dispone di sufficienti strumenti in ordine all'educazione dell'età evolutiva. La realizzazione di progetti di educazione interculturale comportano notevoli difficoltà, alcune dettate proprio dall'organizzazione della struttura scolastica italiana. Il principio secondo cui è necessario, nell'impresa educativa, tener conto della variabilità individuale per quanto concerne le attitudini, i personali tempi di sviluppo e di apprendimento, di peculiari modi con cui ciascuno costruisce da elabora le proprie conoscenze. Nell'organizzazione scolastica il versante privilegiato e quello economico, a scapito di quello antropologico. Se la scuola oggi assume il compito di promuovere l'educazione interculturale, deve tener presente che tale compito non si esaurisce nel far conoscere agli alunni le differenti culture presenti nella società e magari nelle stesse classi: educare non vuol dire conoscere. La scuola deve trasmettere il valore e la stima della dignità della persona umana. Deve essere una struttura capace di assicurare ad ognuno, e in particolare a chi incontra difficoltà l'accoglienza di cui necessita, come un'istituzione in grado di proporre itinerari apprenditivi differenziati, nel rispetto delle virtualità e delle esigenze formative individuali. Per quanto riguarda l'educazione all'alterità possiamo dire che è nella convivenza comunitaria che sia infatti modo di imparare a rispettare sé stessi a tutti gli uomini assieme al sentimento dell'appartenenza. Il bambino straniero ha bisogno di vedere riconosciuta e valorizzata la sua identità d'origine. Finalità e obiettivi di educazione interculturale nei programmi didattici per la scuola dell'obbligo I ’’Programmi Didattici della Scuola Media Inferiore’ ’ sono stati pubblicati nel 1979, mentre le ‘’Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio personalizzati della Scuola Secondaria di Primo Gradò’ sono stati pubblicati nel 2004. Nei primi si propone la formazione dell'uomo e del cittadino, che si colloca nel mondo, che svolge una funzione orientativa, favorendo la conquista della propria identità di fronte al contesto sociale. Bisogna avere l'impegno a far maturare, insieme all'accettazione ed al rispetto altrui, anche il riconoscimento della loro identità sociale e culturale e la volontà a dar vita ad una società in cui la differenza sia considerato un valore, e non una minaccia. Nel paragrafo dedicato alla socializzazione voi viene detto che gli alunni devono avere un atteggiamento mentale di comprensione che superi ogni visione unilaterale dei problemi e avvicini alla intuizione di valori comuni agli uomini pur nelle diversità delle civiltà, delle culture e delle strutture politiche. L'educazione interculturale è vista come la motivazione che spinge a ripensare ai contenuti delle vecchie discipline con un'ottica diverse più attenta alle sfide culturali della situazione storica che stiamo vivendo. Gli insegnanti sono chiamati a rileggere le indicazioni presenti nei programmi affinché si arriva a un'effettiva proposta interculturale e aiutino così ogni studente a possedere quegli strumenti che lo inseriranno più facilmente nella società multiculturale. Nelle Indicazioni Nazionali del 2004 troviamo tra gli obiettivi specifici di apprendimento quello dell'apertura inter e transdisciplinare attraverso le discipline che promuovono l'educazione alla convivenza civile, portando una formazione scolastica aperta alla prospettiva interculturale. Ad esempio, si potrebbero fare dei contenuti relativi alla seconda lingua comunitaria individuando e confrontando abitudini e stili di vita nelle diverse culture. Oppure nel caso della storia si potrebbe distinguere tre vari tipi di storia e comprendere che le domande poste dal presente al futuro trovano la radice nelle conoscenze del passato, avviando il fanciullo a costruire la propria identità culturale come è presa di coscienza della realtà in cui vive. Nel caso della geografia si potrebbero mettere gli alunni nella condizione di individuare connessioni con situazioni storiche, economiche e politiche. Per quanto riguarda educazione alla cittadinanza, si richiama l'attenzione degli insegnanti sulla imprescindibile esigenza di promuovere il dialogo tra culture e sensibilità diverse. Nel paragrafo ’’dell'Educare alla Convivenza Democratica’’ si afferma che la scuola, ha il compito di sostenere l'alunno nella progressiva conquista della sua autonomia di giudizio virgola di scelte e di assunzione di impegni e nel suo inserimento attivo nel mondo delle relazioni interpersonali, sulla base dell'accettazione e del rispetto dell'altro, del dialogo, della partecipazione al bene comune. e guidato ad ampliare l'orizzonte culturale e sociale oltre la realtà ambientale più prossima, per riflettere sulla realtà culturale e sociale più vasta in uno spirito di comprensione e di cooperazione internazionale. Per quanto riguarda la lingua italiana bisogna potenziare nell’alunno la capacità di porsi in relazione linguistica con interlocutori diversi in diverse situazioni comunicative. Nell'ambito delle scienze si può mettere in risalto come, pure nelle varietà dei viventi, siano presenti caratteristiche comuni e come i diversi organismi siano adatti a differenti ambienti, attraverso forme simili o diverse di risposta ai bisogni fondamentali della vita, non solo a livello distruttore e funzioni, ma anche di comportamento. La lenta costruzione di una nuova sensibilità nella scuola italiana: l'educazione interculturale nei provvedimenti ministeriali emanati a partire dagli anni Ottanta Il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione è intervenuto con i propri ‘’pronunciamenti’’. Tra questi possiamo leggere che la lingua non verbale non è che è uno degli strumenti di comunicazione e quindi sarà opportuno incentivare attività di manipolazione di materiale, di costruzione e di attività ludiche tramite le quali gli alunni della classe dell'una e dell'altra etnia individuino canali comunicativi efficaci. L'educazione interculturale nelle nostre scuole ha l'obiettivo primario che si delinea come promozione delle capacità di convivenza costruttiva in un tessuto culturale multiforme. Con tale circolare si riconosce che l'educazione interculturale è una condizione strutturale della società multiculturale e che la scuola, esercitando il ruolo di mediatrice tra le diverse culture, deve diventare anche animatrice di un continuo e produttivo confronto fra diversi modelli. Non bisogna costringere gli alunni stranieri a seguire i modelli della cultura occidentale come se fossero i migliori possibili. Bisogna riconoscere che valori che danno senso alla vita e di diritti che la orientano non sono tutti nella nostra cultura, ma neppure nelle culture degli altri. Un ultimo aspetto da analizzare è quello relativo al tema dell'accoglienza le scuole devono tener presente le condizioni di disagio generale e i problemi conseguenti allo sradicamento dell'alunno dall'ambiente originario. La socializzazione tra alunni italiani e stranieri è il primo presupposto per lo svolgimento di attività interculturali comuni ed elemento di facilitazione per l'apprendimento dell'italiano come seconda lingua da parte degli stranieri. PARTE SECONDA CAPITOLO 1 -L’educazione del bambino nella scuola dell’infanzia Dagli asili infantili alla scuola materna e alla scuola dell’infanzia: il difficile cammino dell’educazione dell’infanzia in Italia tra Stato, Chiesa e Enti locali Se percorriamo la storia dell'educazione ci accorgiamo che la prima infanzia non è mai stata tenuta in grande considerazione. Il bambino non era visto come soggetto degno di cultura. Ferrante Aporti, nel 1831 aprì il primo asilo infantile, dove emerge la fiducia nella educabilità e nell'importanza di un'opera educativa promossa fin dalla prima infanzia. Purtroppo, la sensibilità educativa e le competenze pedagogiche rimasero di basso livello. Successivamente nascono i ‘’Giardini d'infanzia’’ di Froebel. Molti esponenti cattolici affermavano che l'educazione dei bambini in tenera età doveva restare un impegno della famiglia. Solo dopo le istituzioni cattoliche si dedicarono all'opera educativa anche dei bambini in tenera età. A Mompiano nel 1895 ci fu la Fondazione dell'asilo di Carolina e Rosa Agazzi, e avevano un metodo che poggiava sulla centralità del bambino colto nella realtà della sua vita. Il modello è caratterizzato da spontaneità creativa e dalla prevalenza dell'attività ludica. All'inizio del ventesimo secolo Maria Montessori apre le ‘’Case dei Bambini’’, dove poneva la conoscenza scientifica del soggetto a servizio del processo educativo. Il suo modello è caratterizzato da impegno, concentrazione e interesse per il lavoro scolastico; l'adulto ha il ruolo di sostenere, preparare e coordinare l'attività del bambino senza interventi diretti e autoritari. Nel 1914 abbiamo i Programmi Credaro, di Luigi Credaro, che definiscono una fisionomia di asilo infantile autonoma e indipendente rispetto ai successivi gradi dell'istruzione scolastica. Nel 1923 Giovanni Gentile stabiliva che la scuola dell'infanzia dovesse costituire il grado preparatorio dell'istruzione elementare. Nel 1939 con il ventennio fascista, Giuseppe Bottai nella cosiddetta ‘’Carta della scuola’’ affermava che : la scuola materna costituiva il primo dei gradi dell'ordine elementare e aveva carattere obbligatorio. Nel 1945 furono emanati i nuovi ‘’Programmi’’ della scuola materna, dove si affermava che essa era un luogo in cui si conserverà il calore dell'ambiente familiare, affinché il bambino non vi si senta estraneo e perduto. Nel 1958 furono emanati gli ‘’Orientamenti per l'attività educativa della Scuola Materna’’ dove si intravede un nuovo modello di scuola per l'infanzia: un’istituzione autonoma sia rispetto alla famiglia, sia rispetto alla scuola dell'obbligo. Nel 1968 fu istituita e ordinata la Scuola Materna Statale, successivamente nel 1969 furono emanati gli ‘’Orientamenti dell'attività educativa nella scuola materna statale’’. In questi orientamenti si parla esplicitamente di come la scuola materna è un luogo di educazione e non è anticipazione di quella elementare, neanche il terreno preparatorio. Ci furono molti mutamenti negli anni 70 e 80 e nel 1991 ci furono gli ‘’Orientamenti dell'attività educativa’’ dove venivano delineati in maniera più precisa e circostanziata e si mirava a promuovere la formazione integrale della personalità dei bambini dai tre ai sei anni di età, prospettiva della formazione di soggetti liberi, responsabili e attivamente partecipi alla vita della comunità locale; con l'obiettivo fondamentale della formazione dell'uomo e del cittadino. Per quanto riguarda il tema dell'interculturalità, si delinea una scuola capace di porsi a servizio della crescita personale di ogni bambino nella totalità dei suoi aspetti e delle sue potenzialità, essa deve essere un luogo di concentrazione di risorse e competenze pedagogiche atte a concorrere al pieno sviluppo della personalità. Quindi, bisogna arricchire le competenze pedagogiche relative soprattutto all'età infantile, per rispondere ai reali bisogni del bambino di oggi. Vista la trasformazione continua del contesto sociale e culturale, e necessaria una continua e attenta lettura della realtà sociale. Al servizio dei bambini: le finalità educative della scuola dell'infanzia La scuola dell'infanzia si deve impegnare a ritrovare i termini corretti ed efficaci di un'effettiva integrazione con la famiglia e con le altre agenzie educative, a sviluppare integralmente la personalità del bambino in un complesso raggio di campi di esperienza educativa, a sintonizzare il rispetto per le dimensioni proprie dello sviluppo evolutivo dell'infanzia con la capacità di proporre esperienze e svolgere itinerari progettuali di attività, a collocare le componenti più tradizionalmente tipiche della didattica con le configurazioni richieste da una visione più attualmente dinamica della professionalità. Bisogna consentire ai bambini che la frequentano di raggiungere avvertibili traguardi di sviluppo in ordine all'identità, all'autonomia ed alla competenza. Deve concorrere all'educazione armonica integrale dei bambini e delle bambine, nel rispetto e nella valorizzazione dei ritmi evolutivi, delle capacità, delle differenze e delle identità di ciascuno. La maturazione dell'identità del bambino Al centro della strutturazione dell'identità vi è l'esserci, ossia la capacità di sentire il se come esistente, ben individuato e distinto dall'altro e dagli altri. Questo si sviluppa attraverso la relazione. Secondo Giovanni Siri il cammino che porta alla formazione dell'io ha il suo inizio in quella fase in cui il bambino inizia a elaborare una percezione di sé solo attraverso lo sguardo degli altri, quindi, è dominante il L'altro è condizione indispensabile che favorisce lo strutturarsi generale del comportamento umano; è ciò che permette al soggetto di cogliersi come altro da colui che l'ha accolto, cioè di cogliersi come se stesso. L'essere umano è da tutti considerato un essere sociale: senza la relazione non è pensabile la formazione integrale dell'individuo. La capacità di socializzare è proporzionale all’età, alla maturazione e all'interazione dei fattori io-ambiente. Procede secondo quelle leggi di adattamento del soggetto alla realtà, e di assimilazione della realtà al soggetto: è attraverso tutta l'attività didattica che il bambino impara a instaurare rapporti di interazione con i pari e con gli adulti. Ci deve essere un equilibrato sviluppo delle capacità relazionali, grazie a un duplice meccanismo: l'identificazione e limitazione. La prima consiste in quel processo mediante il quale il bambino si identifica primariamente con i genitori, interiorizzando i comportamenti e le scelte valoriali al punto da farli divenire suoi; l’imitazione è invece quel meccanismo per cui il bambino impara copiando i comportamenti da modelli diversi da quelli strettamente familiari, fino ad assumere i ruoli richiesti dagli ambiti sociali esterni. Per favorire tale processo di identificazione è importante che vi sia tra genitore e bambino una chiara distinzione di ruoli: è necessario distinguere quello che può essere il giusto richiamo a evitare eccessi di formalizzazione del rapporto, che toglierebbe calore e pregnanza al dialogo interpersonale, con l'azzeramento artificioso, e in ultimo falso, dell'asimmetria della relazione. Il bambino deve poter percepire con chiarezza che l'adulto non è suo pari e lo comprende perché l'adulto ha molte più conoscenze delle sue, e sa affrontare situazioni complesse. L'adulto deve essere coerente e costante. Le relazioni che il bambino fin dalla nascita instaura, fanno sì che egli arrivi alla scuola materna con un proprio bagaglio di relazioni interpersonali. La relazione infantile è dominata dall'egocentrismo, soprattutto nei primi anni di vita. Secondo dei recenti studi il bambino è capace di particolare attenzione per il bambino più piccolo di se stesso, ed anche la cooperazione e lo scambio avvengono in maniera spontanea. Parente afferma che dove i bambini riescono a sperimentare rassicurazione autonomia, alla presenza o meno dell'adulto, senza stati di abbandono ho super protezione, si verificano fenomeni interessanti. I bambini sono capaci di sviluppare notevoli repertori di comportamenti sociali, dimostrano di saper regolare i sentimenti ed emozioni attraverso lo scambio verbale e di accettare regole e norme sociali. Deve fare esperienza di reciprocità, ma anche di alternanza, differenza e complementarità del proprio sé nel parlare, nell'agire ne pensare. Il bambino apprezza dell'altro la capacità di accoglienza. Ci sono forme di empatia che portano all'aiuto vicendevole e alla collaborazione, collegate alle strategie che i bambini mettono in atto per la soluzione dei conflitti. Queste strategie mirano al mantenimento della relazione, e sono strategie di negoziazione ossia di risoluzione pacifica del problema. Se il rapporto con l'adulto riesce a fungere da contenitore rassicurante e protettivo, quello con l'altro bambino, proprio perché lo porta a rispecchiarsi in un tu simile a lui, gli impone scelte di tolleranza e di equità. La relazione con l'altro costituisce la radice dello sviluppo mentale. Bisogna costruire una socialità umanamente ricca, dove le persone che si incontrano possono mettere a disposizione l'una delle altre le proprie potenzialità sviluppate nel modo migliore possibile. Il bambino impara facendo esperienza di sé e degli altri, di sé con gli altri, e per questo deve avere a disposizione un ambiente educativo strutturalmente e materialmente adeguato, con spazi, oggetti e organizzazione didattica rispondente a tale necessità. L'integrazione dei bambini stranieri nella scuola dell'infanzia I bambini stranieri nati nel paese ospitante presentano problematiche di eguale intensità a quelle dei bambini immigrati nei primi anni di vita. L'entrata nel mondo della scuola dell'infanzia rappresenta un momento problematico per quasi tutti i bambini per la separazione dalla famiglia e in modo particolare dalla madre, per quanto riguarda i bambini stranieri si trovano a dover affrontare tutto ciò privi di quegli universali simbolico-culturali comuni agli altri bambini che permetterebbero loro una prima modalità di comunicazione. La differenza etnica, linguistica e culturale diventa problema nel momento in cui si accompagna la difficoltà di natura economica e situazioni di sociali. Tale posizione di marginalità della famiglia rende particolarmente difficoltoso la maturazione della propria identità. La modificazione più evidente che la famiglia migrante è chiamata ad affrontare è quella dello spazio geografico nei suoi molteplici aspetti: materiali, culturali e relazionali. Il proprio paese d'origine ha una valenza differente in coloro che vi hanno vissuto da chi invece a con tale luogo un legame per lo più immaginario, vedendolo un po’ come il paradiso. Il bambino immigrato si trova dover affrontare la perdita di legami con figure parentali. Ma anche il bambino straniero nato nel paese di residenza può vivere una situazione di sradicamento, poiché ciò che conta, perlomeno nei primi anni di vita, è lo spazio immaginario della famiglia, i sentimenti di perdita e di separazione che i genitori trasmettono al figlio rispetto al paese di provenienza. Un elemento che può rendere difficile al bambino il processo di allargamento dello spazio vitale e cognitivo verso lo spazio extrafamiliare e la relazione dei propri genitori con gli autoctoni. L'emarginazione porta nei minori l'immagine di un ambiente ostile, e addirittura pericoloso. Se la famiglia non ha compiuto il necessario cammino del distacco e dell'elaborazione del lutto, rispetto ai luoghi e hai legami del passato, integrandoli e valorizzandoli, senza che essi costituiscano la fissazione per la sopravvivenza, sarà il figlio, nato nel nuovo paese, a dover compiere questo percorso perché la vecchia la nuova realtà possano coesistere dentro di lui. Ogni cultura, stabilisce determinate norme che regolano la relazione tra i sessi e le distanze prossemiche tra gli individui; persino il tono della voce, nel conversare o nel salutare, acquista un significato diverso nei differenti contesti socio-culturali. Il bambino straniero si trova solo, spesso nemmeno in grado di poter chiedere spiegazioni o apportarne di proprie. Ogni cultura ha degli impliciti culturali, ovvero messaggi non detti basati solitamente sul consenso sociale. Chi non li possiede, o soltanto chi non li conosce, vive il disagio di sentirsi escluso o non accolto. Il bambino non autoctono, deve riorientare il suo programma culturale biologico per raggiungere un nuovo adattamento. Il problema linguistico è una fonte di disagio per il bambino straniero, soprattutto quando si trova nell'impossibilità di comunicare anche i bisogni primari, siano essi fisici o affettivi. Il bambino si trova nella necessità di accostare alla propria lingua quella del paese di residenza, solitamente però esistono casi in cui la lingua d'origine non viene valorizzata da parte della scuola, viene svalorizzata e i bambini la vivono come un elemento di cui vergognarsi. Tra genitori immigrati ci sono alcuni che hanno imparato la lingua del paese di residenza, in maniera piuttosto precaria con forme scorrette e limitate. Il buon apprendimento della seconda lingua non è legato alla perdita della prima lingua: anzi ne dipende. La situazione ideale di bilinguismo è quella in cui il bambino comunica con la prima lingua a casa, con i propri familiari, e con la seconda lingua a scuola, con l'educatore e con i compagni. Educazione e mediazione culturale: il nuovo profilo dell’insegnante della scuola dell’infanzia nella società multietnica e multiculturale Gli ‘’Orientamenti’’ del 1991 affermano che essere insegnanti di scuola materna comporta oggi un profilo di alta complessità e di grande responsabilità richiede la padronanza di specifiche competenze culturali, pedagogiche, psicologiche, metodologiche e didattiche unite da una perdita sensibilità e disponibilità alla relazione educativa con i bambini. Secondo le ‘’Indicazioni nazionali’’ c’è bisogno di una sistematica professionalità pedagogica e di una costante attenzione e disponibilità da parte dell'adulto. All'educatore o all'insegnante è richiesto di favorire l'armoniosa crescita di ogni singolo bambino affinché egli possa sviluppare integralmente le potenziali capacità insite in sé. Colui che opera in un contesto multiculturale deve possedere una mentalità aperta al pluralismo: è fondamentale che egli per primo crede in quei valori quali che la diversità è fonte di diritti e risorsa per tutti, e che educarci all'alterità è possibile nella misura in cui camminiamo verso un progressivo superamento della visione etnocentrica che caratterizza un po’ tutto il pensiero del mondo occidentale. Bisogna avere un atteggiamento di accoglienza e di comprensione, non sempre attraverso comunicazioni verbali, ma per mezzo dei comportamenti che fanno sentire il bambino straniero desiderato, accettato e amato per quello che è. Si rende necessaria una conoscenza del bambino che riveli la sua storia, il suo vissuto e la sua attuale condizione di vita, redigendo una biografia per ciascun bambino straniero presente in sezione. L'insegnante deve fare il possibile affinché il bambino straniero non si senta un emarginato. Non deve far sentire i bambini stranieri ora troppo diversi, ora come tutti gli altri: deve riuscire a valorizzare le differenze, ma in modo tale che l'indispensabile aiuto non si trasformi in una forma di ulteriore emarginazione. Deve aiutarlo a esprimere i suoi dubbi, i suoi sentimenti, tenendo conto che spesso il canale linguistico è limitato ed il bambino ha perciò bisogno gli strumenti comunicativi che gli permettono di esprimere il suo vissuto, che alcune volte coincide con un disagio. Sono utili proposte di attività grafiche e pittoriche, giochi simbolici, drammatizzazioni, attività che possono aiutare il bambino a essere partecipe pur non possedendo un patrimonio linguistico sufficiente. La scuola materna ha una sua particolare funzione nello sviluppo di un'appropriata competenza linguistica. Aiutare il bambino a narrare e a narrarsi lo incoraggia a riconoscersi come persona dotata non solo di presente, ma anche di un passato che lo ha caratterizzato come persona con una specifica e insostituibile identità. Analizzando le autobiografie l'educatore può cogliere l'azione personale del bambino verso una progressiva interazione tra passato e presente. Il termine che può definire il ruolo dell'educatore in un contesto multiculturale è quello di mediatore: la sua opera, infatti, e un'azione di mediazione sia nell'organizzazione dell'ambiente e nell'offerta di un contesto educativo favorevole, sia nelle programmazioni che contestualizzano le indicazioni del testo programmatico nazionale, sia ancora negli interventi diretti. L'educatore si trova mediare anche i rapporti che si vengono a creare all'interno della classe tra autoctoni e stranieri, favorendo la graduale reciproca comprensione della ricchezza e delle novità che la differenza culturale apporta all'interno del gruppo scolastico. La collaborazione per la scuola dell'infanzia e famiglie immigrate: una risorsa per l’integrazione In un rapporto di chiara distinzione di ruoli e di competenze, scuola e famiglia sono chiamate a cooperare in maniera costruttiva nell'opera educativa del bambino, cercando una reciproca comprensione e integrazione. La scuola dell'infanzia deve perciò instaurare un clima educativo e uno stile metodologico idonei a continuare e ad allargare l'esperienza familiare del bambino. Chi opera nella scuola dell'infanzia deve avere una certa conoscenza delle diverse tipologie familiari straniere presenti sul territorio e che entrano a far parte del contesto scolastico infantile. Favaro presenta 5 tipi di famiglia immigrata, ciascuna delle quali viene distinta in funzione del percorso migratorio. La tipologia più presente in Italia è quella che utilizza il percorso al maschile: il percorso migratorio è iniziato dall'uomo, il quale, ottenuta una posizione sufficientemente stabile dal punto di vista economico e abitativo, si fa raggiungere da moglie e figli nel paese ospitante. Il secondo modello e quello del percorso di ricongiungimento al femminile. Il terzo modello è quello del percorso neo-costitutivo: si riferisce essenzialmente al sorgere, nel paese ospitante di nuovi nuclei familiari formati da immigrati provenienti dallo stesso paese o anche da paesi diversi; c'è una maggiore difficoltà per l'inserimento dei minori in quanto c'è un divario tra la cultura d'origine dei genitori è quella del paese di immigrazione il quarto modello è quello del percorso simultaneo, dove la migrazione nel nostro paese avviene nello stesso momento per tutta la famiglia : in questo caso le difficoltà nell'inserimento sono dovute proprio all'impatto contemporaneo con il nuovo ambiente. L'ultimo modello e quello riferito alle famiglie monogenitoriali, ovvero quando migra uno solo dei genitori con la prole a carico. La scuola dell'infanzia, per riuscire nella sua opera educativa, deve poter conoscere la situazione reale del contesto familiare, così come deve venire a conoscenza dei modelli di riferimento culturale dei genitori di ogni bambino. Bisogna mettere in atto quelle modalità che permettono una diagnosi delle condizioni ambientali in cui il bambino vive, cogliendo in particolare le connotazioni di vita economica e sociale, le tradizioni, i modi di vita, il folklore e la lingua del luogo. Bisogna conoscere le aspettative, i timori e le difficoltà che la famiglia immigrata nutre nei confronti della nostra istituzione scolastica e in particolare della scuola dell'infanzia. Per molti è un luogo di assistenza di cura per i bambini, per altri il bambino deve giocare ed essere protetto, per altri ancora essa eh percepita come il primo gradino entro il quale il bambino apprende le norme sociali e i comportamenti corretti. Il bambino deve riuscire a mantenere un buon risultato a scuola e a mantenere intatti i valori culturali d'origine. C'è in molti la preoccupazione di un’eccessiva occidentalizzazione. Difficilmente i genitori dei bambini immigrati si muovono di loro iniziativa: i primi passi per un avvicinamento reciproco devono essere fatti dalla scuola, ed è importante che entrambi le parti abbiano chiaro il concetto di collaborazione e condividano le modalità di partecipazione alla vita della scuola. Ciò è importante per il rappresentare la realtà scolastica ed extrascolastica. L'utilizzo delle attività drammatico-teatrali portano allo sviluppo dei processi regolati di identificazione-proiezione, all'espressione di situazioni ed emozioni che il bambino non è sempre in grado di comunicare. Nelle attività sonore e musicali, c'è l'utilizzo della memoria. Inoltre, si potrebbero utilizzare dei canti provenienti dai diversi paesi ed eseguiti nella loro lingua originale. Per quanto riguarda l'educazione mass mediale la televisione e il cinema, se utilizzati in modo appropriato e con chiari obiettivi, possono essere ulteriori strumenti di conoscenza. Secondo le ‘’Indicazioni Nazionali ‘’bisogna parlare, descrivere, dialogare, raccontare, con i grandi e con i coetanei; ascoltare e comprendere e riesprimere narrazioni lette o improvvisate di fiabe, favole, storie, racconti; riconoscere testi della letteratura per l'infanzia; elaborare congetture e codici personali; disegnare, dipingere virgola in modellare, dare forma e colore all'esperienza ; utilizzare il corpo e la voce per imitare, riprodurre, inventare suoni e rumori; incontrare diverse espressioni di arte visiva e plastica; sperimentare diverse forme di espressione artistica. Esplorare, conoscere e progettare Secondo gli ‘’Orientamenti’’ esistono due campi di esperienza : quello denominato ‘’lo spazio, l'ordine la misura’’ e quello individuato come’’ le cose, il tempo e la natura’’. Si tratta di avere capacità di raggruppamento, ordinamento, quantificazione e misurazione di fatti e fenomeni della realtà e dalle abilità necessarie per interpretarla e per intervenire consapevolmente su di essa. L'insegnante può utilizzare per la costruzione di simboli e per le operazioni matematiche, elementi provenienti dalla cultura d'origine dei bambini stranieri, a volte evidenziando le differenze, altre volte cogliendo le somiglianze. Deve esserci la collaborazione della famiglia in modo da portare in classe il proprio paese d'origine e le sue tradizioni e operare con esse e per mezzo di esse esercizi di classificazione e localizzazione spaziali. La scuola si deve porre come obiettivo il rispetto per tutti gli esseri viventi e interesse per le loro condizioni di vita, apprezzamento degli ambienti naturali ed impegno attivo per la loro salvaguardia. Secondo le ‘’Indicazioni Nazionali ‘’bisogna coltivare i propri interessi e le proprie inclinazioni; osservare chi fa qualcosa per imparare aiutando a fare realizzando lavori; toccare, guardare, fiutare, ascoltare, assaggiare qualcosa e poi dirlo; contare oggetti, immagini, persone, aggiungere togliere valutare la quantità; collocare persone, fatti ed eventi; localizzare e collocare se stesso ed oggetti; manipolare, smontare, montare, piantare, legare; elaborare progetti propri o in collaborazione; adoperare lo schema investigativo; commentare, individuare collegamenti; negoziare con gli altri; ricordare e voi pescia ricostruire. Il sè e l'altro Secondo gli ‘’Orientamenti’’ lo sviluppo del sé porta alla necessità di darsi e di riferirsi a norme di comportamento e di relazione in dispensa abili per una convivenza umanamente valida. Fanno parte tutte le esperienze che consentono e stimolano anche la presa di coscienza dell'esistenza di norme più generali su cui si fonda l'organizzazione sociale di appartenenza; nonché di diversi contesti valoriali attraverso i quali gli individui singolarmente in gruppo danno un senso al proprio comportamento quotidiano e a quelle stesse norme morali. Bisogna promuovere il riconoscimento del valore e della dignità di ogni soggetto umano, favorendo la crescita di un solido sentimento della convivenza e della costruzione di validi rapporti interpersonali. Tra gli obiettivi specifici c'è la promozione dell'autonomia, del senso di responsabilità, dell'accoglienza e dell'appartenenza. È importante che l'insegnante si soffermi accuratamente sugli elementi di somiglianza che accomunano le esigenze proprie di ogni essere umano e sugli elementi di differenza riscontrabili nelle diverse risposte culturali , in modo da renderli comprensibili anche ai bambini. In questa situazione plurietnica, la differenza deve essere vissuta davanti al bambino come un'occasione di dialogo, di arricchimento, di integrazione e non di lotta reciproca virgola di tensione, di rottura. La scuola dell'infanzia ha quindi il compito di sollecitare il bambino a sviluppare una propria identità in cui la presenza dell'altro non sia vista come un ostacolo, ma anzi si ponga come condizione di interazione costruttiva. Ci deve essere lo sviluppo di un corretto atteggiamento nei confronti della religiosità e delle religioni e delle scelte dei non credenti, è innanzitutto essenziale come motivo di reciprocità, fratellanza, impegno costruttivo, spirito di pace e sentimento dell'unità del genere umano e non è epoca di crescenti spinte all'interazione multiculturale. Per quanto riguarda le indicazioni nazionali bisogna rafforzare l'autonomia, la stima di sé, l'identità; rispettare aiutare gli altri; accorgersi se e in che senso pensieri, azioni e sentimenti mostrino differenze, e perché; lavorare in gruppo; conoscere la propria realtà territoriale; registrare i momenti e le situazioni che suscitano paura, stupore,ecc..; soffermarsi sul senso della nascita e della morte. Scuola dell'infanzia ed educazione interculturale: considerazioni conclusive Stiamo zitti La motivazione fondante che spinge alla ricerca di percorsi interculturali non può essere solo il contesto attuale, ma tale motivazione si trova nei diritti inviolabili e nella dignità umana di ogni persona. Vedere l'altro come un altro me, coglierlo come risorsa e non solamente come problema, credere che egli non è solo un soggetto da aiutare, ma anche una persona da cui si può ricevere, ci porta a maturare la convinzione di non essere migliori di chi ci sta di fronte e ci aiuta a vivere l'uno accanto all'altro in un rapporto di reciprocità. Quindi, bisogna portare l'attenzione sulla formazione dell'identità personale identità culturale di ogni bambino. Per arrivare a progettare un itinerario interculturale è necessario che chi educa abbia ben presenti le finalità proprie di tale scuola, finalità che riguardano tutti i bambini che la frequentano. Poiché l'interazione tra diversi tocca in modo privilegiato l'ambito relazionale, è altresì importante conoscere le dinamiche familiari e sociali dei bambini di età prescolare con uno sguardo particolare alle problematiche che insorgono in coloro che vivono l'inserimento in un contesto culturale differente da quello familiare. I rapporti scuola famiglia voi assumono perciò una valenza estremamente significativa nel quadro delle strategie da porre in atto per l'integrazione dei minori stranieri. Per educare alla interculturalità nella scuola dell'infanzia presuppone innanzitutto la formazione di chi educa, tanto sul piano personale, quanto su quello professionale, è una formazione che non può mai dirsi conclusa. APPENDICE Emerge chiaramente l'esigenza di dare vita ad un sistema formativo in grado di: educare a quei valori e principi volti a promuovere senza riserve la dignità della persona umana; considerare il diverso come soggetto di diritti e doveri e come potenziale risorsa per il paese ospitante; tutelare alcuni inalienabili diritti che sono propri della persona umana; promuovere dare attenzione ad una serie di interventi ed iniziative di carattere educativo volti a promuovere una più larga sensibilità interculturale e a favorire i processi di integrazione. In campo pedagogico la mediazione si configura come una delle funzioni primarie della relazione educativa. Si caratterizza come l'unico procedimento in grado di promuovere tra soggetti in conflitto, o comunque in posizioni asimmetriche dal punto di vista sociale, politico, ed economico, nuovi modi di comunicare e nuove possibilità di intesa, nonché relazioni positive fra le diversità. La mediazione si rivela particolarmente necessaria in tutti quei casi nei quali soggetti provenienti da paesi e da culture diverse si trovano a dover inevitabilmente instaurare voi delle relazioni di carattere interpersonale. Il grande merito della mediazione culturale sta nel suo configurarsi come un'azione di difesa e di rappresentanza delle ragioni e degli interessi di coloro che non sono capaci di far sentire la propria voce e di far valere i propri diritti in ambito istituzionale. Si presenta come azione di aiuto e di supporto e sostegno affinché coloro che non sono capaci di difendere le proprie istanze e di dare voce alle proprie esigenze possano cominciare ad acquisire una maggiore autonomia e ad utilizzare al meglio le informazioni, le risorse e gli strumenti a disposizione per risolvere i problemi. Ha il merito di facilitare la comunicazione e di consentire al soggetto coinvolto di poter comprendere e di poter utilizzare nel migliore dei modi la lingua, la cultura, le tradizioni e i costumi dell'altro. In ambito scolastico ha il compito di promuovere una progettazione interculturale e stabile e permanente che si realizza attraverso numerosi e variegati interventi educativi volti a favorire azioni e processi di accoglienza, di inserimento e di integrazione degli alunni stranieri e quindi creare le basi necessarie per una positiva relazione con gli insegnanti e gli alunni autoctoni. Tra le principali caratteristiche della figura professionale del mediatore culturale, possiamo individuare: l'appartenenza ad una cultura altra che interagisce con la cultura maggioritaria del paese ospitante, in virtù della capacità di mettere in relazione le due culture, valorizzando per entrambe i loro punti di forza e dando vita ad un sistema di reciprocità e di interscambio; la conoscenza di una ho più lingue, nonché di più culture, in modo da avere una maggiore comprensione dei problemi delle necessità degli altri immigrati; essere stato a sua volta immigrato prima di aver preso possesso della cittadinanza del paese di accoglienza. Appare evidente l'importanza di un tale vissuto personale, in quanto presuppone, una profonda comprensione dei problemi degli altri immigrati. Nell'ambito scolastico le funzioni svolte dal mediatore culturale sono molteplici e soprattutto differenziate a seconda che siano rivolte ai bambini e ragazzi immigrati, alle famiglie, agli insegnati e agli altri operatori, o agli alunni autoctoni. La relazione che questa figura professionale instaura con i diversi soggetti si configura indubbiamente come una relazione educativa: nei confronti dell'alunno straniero, il suo ruolo consiste nel sostenere il bambino o il ragazzo appena arrivato nel paese ospitante e di aiutarlo ad inserirsi nel contesto scolastico, svolgendo una funzione di accoglienza, tutoraggio e facilitazione, ossia, rassicurandolo e aiutandolo ad esprimere le proprie ansie e paure, le proprie incertezze, nonché favorendone l'inserimento nella nuova scuola attraverso un percorso di orientamento in grado di fornirvi informazioni utili sul nuovo ambiente e sulle molteplici e variegate regole implicite ed esplicite che lo caratterizzano; il mediatore inoltre, può contribuire in maniera rilevante a sensibilizzare gli insegnanti su tutto ciò che riguarda il vissuto personale degli alunni stranieri che hanno in classe, ed offrire loro un valido sostegno per quanto riguarda la fase di accoglienza e di inserimento di questi alunni. Esso può dare un significativo contributo per quanto concerne la programmazione didattica, nonché aiutare gli stessi insegnanti e gli alunni autoctoni a modificare gli stereotipi con cui generalmente sono percepiti gli immigrati; egli media le relazioni tra la scuola e la famiglia. A riguardo il compito del mediatore consiste non soltanto di far conoscere agli insegnanti l'ambiente familiare da cui proviene l'alunno straniero che hanno in classe, ma anche nell'aiutare le famiglie immigrate a prendere quella coscienza delle regole del funzionamento della scuola alla quale hanno il diritto e dovere di affidare i propri figli. Oltre a dover possedere le normali competenze richieste in tutti i settori, deve avere anche buone capacità comunicative e specifiche competenze pedagogiche e didattiche. Il sistema scolastico deve coinvolgere in questo progetto tutte le sue componenti, a partire dagli insegnanti, per arrivare agli allievi alle loro famiglie, autoctone straniere, ai capi d'istituto ecc.. . È necessario far emergere la consapevolezza dell'importanza di avviare un processo destinato a far emergere negli insegnanti, negli alunni e negli stessi genitori la consapevolezza che essi sono mediatori naturali delle reciproche azioni ed interazioni, e che essi debbano imparare a considerare il mediatore culturale come una risorsa aggiuntiva, il cui compito è quello di gestire in maniera efficace e competente le relazioni interculturali.
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