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Riassunto - La bella, la bestia e l'umano, Sintesi del corso di Antropologia Culturale

Riassunto completo del libro suddiviso in capitoli.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 03/03/2020

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Utente sconosciuto 🇮🇹

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Scarica Riassunto - La bella, la bestia e l'umano e più Sintesi del corso in PDF di Antropologia Culturale solo su Docsity! La bella, la bestia e l'umano. Cap. 1 La definizione di alcuni concetti-chiave. La credenza nelle razze umane porta a immaginare l'umanità come divisa in unità biologicamente distinte, dotate di caratteri fisici e morali peculiari, collocate in un ordine gerarchico. Étienne Balibar sostenne che il neorazzismo può essere considerato, dal punto di vista formale, come antisemitismo generalizzato. La razza è una categoria immaginaria applicata a gruppi umani reali, è una metafora naturalistica che serve a nominare differenze di potere, di classe, di status e a naturalizzare la stessa svalorizzazione, gerarchizzazione, discriminazione di certi gruppi, minoranze e popolazioni. La credenza nelle razze ha condizionato per lungo tempo la percezione sociale e le più varie forme di categorizzazione. Questa credenza può incidere sulla realtà sociale e modificarla. La storia del razzismo è storia del domino, asservimento, sfruttamento, sterminio di gruppi umani preliminarmente realizzati. Tutte le razze sono inventate, non vi era alcun pretesto che giustificasse l'invenzione della razza ebraica o di quella slava. La stella gialla è l'esito estremo della logica dello stigma: poiché l'ebreo non era distinguibile per tratti somatici che potessero farlo riconoscere come tale al primo sguardo, si impose un marchio esteriore che lo rendeva visibile. I tratti razziali diventano più importante di altri caratteri non perché sono più evidenti, ma perché sono proclamati socialmente come razziali, al fine di discriminare o annientare i gruppi bollati come diversi e inferiori in base a quei tratti. Il razzismo è un sistema di idee, discorsi, simboli, comportamenti, atti e pratiche sociali che giustifica, legittima, persegue e realizza ai danni di gruppi comportamenti, norme e prassi di svalorizzazione, stigmatizzazione, discriminazione, inferiorizzazione, segregazione, esclusione, persecuzione o sterminio. Alla base del razzismo vi è dunque anche un fondamento ideologico e cognitivo: i membri dei gruppi minoritari sono discriminati anche in quanto percepiti e categorizzati come diversi, problematici e pericolosi. In Italia vi sono la strategia dell'esclusione, simbolica e sociale, quella dell'espulsione o della segregazione permanente e quella dell'inclusione differenziata a scopi strumentali. Il razzismo serve anche ad attenuare le differenze interne al gruppo dominante, rafforzando il senso di entitario e comunitario. A costituire il sistema-razzismo concorrono le dimensioni discorsiva, simbolica e comunicativa. I mezzi di comunicazione di massa, la propaganda, le retoriche pubbliche, le voci e le leggende vi hanno perciò un ruolo strategico. Essi convergono a costruire, rafforzare e diffondere cliché, stereotipi e pregiudizi, a incrementare le immagini negative delle minoranze e a riprodurre il razzismo. Il termine sessismo è stato coniato e definito nel corso degli anni ‘60. Con questo termine si intendeva sottolineare il parallelismo fra i meccanismi, i dispositivi, le strutture che reggono i due sistemi di svalorizzazione, discriminazione e subordinazione. È sessista chi programma e giustifica la supremazia di un sesso sull'altro. Il noi, maschile e maggioritario, possiede il potere di definizione: è esso che si definisce universale e che definisce gli altri e l'altro genere come particolari. Il maschile maggioritario è sia il referente e la misura di tutte le cose, che il neutro universale che incorpora, le contiene, le riassume e le definisce tutte. Il noi maggioritario definisce anche la norma della sessualità, istituendo l'eterosessualità come metro a partire dal quale vanno commisurate tutte le altre forme di orientamento sessuale. Il sessismo designa un insieme di idee, credenze e convinzioni, stereotipi e pregiudizi, norme giuridiche pratiche sociali, comportamenti individuali e collettivi che concorrono a perpetuare e legittimare la gerarchia e la disuguaglianza fra i sessi. La ragione per cui il superiore si trova sempre sul versante del maschile e l'inferiore su quello del femminile è una conseguenza diretta del fatto che gli uomini considerano le donne come una risorsa che appartiene loro perché possano riprodursi. Perlopiù si ritiene che le donne siano specifiche naturalmente, non già socialmente. La gerarchizzazione fra due sessi è resa possibile da una preliminare operazione di differenziazione per opposizione. Una buona parte della società considera il trattamento discriminatorio delle donne come ovvio, normale, legittimo o neppure lo percepisce e lo categorizza come tale. Il sessismo è la forma di razzismo più diffusa e condivisa, meno riconosciuta e messa in discussione. Secondo i dati dell'Onu, nel mondo il 90% delle ricchezze sono in mano maschile, sebbene le donne svolgono molto più della metà delle ore di lavoro e per le donne fra i 16 e 44 anni la causa principale di morte o di invalidità permanente è costituita dalla violenza subita da un uomo. La violenza di genere è un fenomeno talmente diffuso ed endemico da essere stato definito come guerra a bassa intensità contro le donne. La discriminazione di genere è in Italia a tal punto interiorizzata e quindi sentita come ovvia e naturale da essere praticata anche da uomini colti, educati, progressisti, di sinistra. Il termine genere è preferito a quello di sesso perché mette l'accento sui processi culturali e sociali e sui rapporti di potere che definiscono gli individui come uomini e donne. Il genere non è la semplice rappresentazione culturale della differenza biologica fra maschi e femmine, bensì il risultato di un processo storico, economico, sociale, culturale e simbolico che produce e riproduce le identità sessuali. È una particolare configurazione della nostra organizzazione sociale, delle attività e pratiche quotidiane che ne discendono e mediante le quali la struttura di genere si costruisce e si ricostruisce. Il genere, insomma, è il risultato di specifici rapporti sociali di sesso, quasi universalmente basati su un contratto sociale originario, che ha come perni il tabù dell'incesto e lo scambio di donne. Vi sono società che hanno elaborato 3 categorie sociali di sesso: gli uomini, le donne e un terzo sesso, né maschile né femminile o maschile e femminile al tempo stesso. Alcuni criticano la dicotomia sesso-genere, che tenderebbe a ipostatizzare il sesso come un'essenza immutabile sulla base della quale si costituirebbe il genere in quanto fatto sociale. Non sono le differenze fisiche, la morfologia e la fisiologia dei sessi ad aver prodotto i generi, nonché la loro gerarchizzazione e asimmetria sociale, bensì il sessismo ad avere arbitrariamente scelto quei caratteri come segni distintivi rispettivamente del sesso dominante e di quello dominato. La tesi che considera le donne come una classe oppressa non è nuova, poiché risale almeno al manifesto del 1969 di Red stockings, una fra le più radicali importanti tendenze del movimento di liberazione della donna statunitense. Il concetto di sexage, di costruzione delle relazioni fra i sessi, indica la molteplice appropriazione di cui sono oggetto le donne: da una parte il rapporto di dominio che riduce le donne oggetto, dall'altra lo sfruttamento del loro lavoro gratuito e la presa di possesso del loro corpo da parte della classe degli uomini. Cap. 2 Il riferimento è alla Natura, la riduzione è alla merce. Nonostante le analogie, sarebbe sbagliato inglobare il sessismo entro la categoria del razzismo: ci impedirebbe sia di cogliere le rispettive specificità e discordanze, che di analizzarne le relative continuità, la logica affine, le eventuali intersezioni reciproche. Come per la razza, in cui i tratti istituiti come razziali sono adoperati come dei marchi intesi come manifestazioni esteriori dell'essenza o della sostanza, anche per i generi una sola peculiarità biologica è prescelta come segno distintivo e significante generale. Nella nostra cultura l’identità di genere è concepita e istituita come oggettiva, in quanto radicata nella biologia, attribuita alla nascita e una volta per sempre, prevalente rispetto ad altri indicatori dell'identità esclusiva, nel senso che i caratteri attribuiti a un genere non lo sono all'altro. I processi di inferiorizzazione e di razzializzazione che hanno come oggetto gli estranei, i migranti, le minoranze, le donne, gli omosessuali ecc. appartengono al sistema storico costituito da forme complementari di esclusione e di dominio. Il sessismo linguistico continua a rimanere ben insediato, pressoché intangibile nei settori più vari della società e delle istituzioni. Sessismo e razzismo sono legati da un certo rapporto di continuità nel senso che probabilmente le varie forme di razzismo hanno imitato l'esperienza e il modello della relazione asimmetrica e di dominio fra generi. Si può ipotizzare che sessismo e razzismo siano a loro volta in rapporto con lo specismo, cioè con l’ideologia della centralità e della superiorità della specie umana su tutte le altre. Le tre forme di dominio implicano tutte l'idea di una natura inferiore da soggiogare e tutte e tre hanno il desiderio di annullare l'altro da sé che non si sa riconoscere come parte del proprio se. Istituire continuità fra specismo, sessismo e razzismo vi è la tendenza a negare a coloro che appartengono a gruppi alterizzati ogni individualità, singolarità e soggettività: chi è oggetto di categorizzazione omologanti e squalificanti non è percepito in quanto individuo singolare e soggetto. Il sistema capitalistico ha portato la reificazione alle conseguenze estreme della mercificazione dei viventi. L'animale è il simbolo condensato della serie mercificabile e della vittima del potere: vittima inerme, poiché da lui il potere non ha da temere alcuna resistenza, alcuna ribellione che non possa essere piegata con ulteriori tecniche di potere. La tendenza a reificare i viventi, concepiti e trattati come pure corpo, privo di sensibilità, emozioni, sentimenti o addirittura come il corpo frazionato o ridotto a una singola parte, è all'opera nello sfruttamento della forza lavoro di certe categorie di migranti clandestinizzati, costretti a lavorare in condizioni servili o schiavili. Il ribaltamento dei ruoli, costumi e immagini del femminile e del maschile ha montato le forme della riduzione della donna a oggetto o a merce. Secondo Tabet la sessualità asimmetrica, implicante un compenso economico, è un invariante delle relazioni di genere ed è il prodotto della divisione sessuale del lavoro e dell'accesso ineguale alle risorse e alle conoscenze. La sessualità femminile è diventata essa stessa moneta di scambio all'interno di un sistema generalizzato, dominato dal mercato e della pratica della corruzione, radicata a tal punto da essere divenuta sistema di governo. Cap. 3 I corpi altri: rappresentazioni, stigmi, violazioni. I corpi delle altre sono sottoposti a un duplice vincolo: oltre ad essere modellati dalla cultura di provenienza, dalle sue consuetudini, schemi culturali e pratiche sociali, sono percepiti, immaginati, rappresentati dalle categorie sociali, dall'immaginario, dall'ideologia e dai poteri della società di arrivo. I media e le istituzioni, con qualche eccezione, raramente raccontano dei corpi e della loro condizione di sfruttamento e di dipendenza, a meno che non intervenga un evento eccezionale a squarciare il velo. I braccianti sono spesso costretti a rapporti di lavoro e a condizioni di esistenza servili o semi schiavili, sottoposti a una subordinazione multipla, poiché dipendono dai loro sfruttatori e dai loro caporali al loro servizio non solo per il lavoro e il salario, ma anche per l'alloggio, il trasporto, lo status giuridico, a volte perfino per l'alimentazione e la sicurezza personale. Nei casi di stupri e femminicidi il sistema dell'informazione di solito tende a enfatizzare quelli commessi da stranieri. I corpi reali scompaiono in favore di corpi immaginati e immaginari, costruiti sulla base di stereotipi. Il più delle volte si tratta di tipi, se non maschere, irrigiditi dal cliché e stereotipi che riguardano anche la rappresentazione dei corpi (es. il clandestino invasore e delinquente, la zingara rapitrice di infanti, l'albanese e il marocchino omicidi o spacciatori). Il procedimento dell'indistinzione-magmatizazione afferma che le cronache e gli schermi televisivi spesso propongono immagini che rimandano a un corpo collettivo, dal quale sono cancellati i confini individuali (es. centri di detenzione che implodono per la presenza di masse incontenibili e pericolose, moschee straripanti di un indistinto corpo genuflesso, società e città minacciate da folle invasori). Neppure da morti, quando non possono più costituire una minaccia, i corpi altrui sono riconosciuti come individuali e singolari. Il dispositivo della distinzione-marchiatura allude a quelle procedure simboliche e amministrative di tipo biopolitico che incidono o estraggono lo stigma sui corpi altrui, nella forma della marchiatura vera e propria o del trattamento distintivo. Lo stupro nasconde sempre un desiderio o una volontà di annientamento dell'identità e dell'integrità della persona. Ovunque vi siano guerre civili ed etniche spesso esse si accompagnano alla pratica dello stupro, che è un'arma che affianca le altre operazioni belliche e di pulizia etnica. In questi casi lo stupro è finalizzato a colpire le potenziali generatrici di futuri nemici, contaminarle con il proprio seme. Lo stupro etnico è non solo uno strumento di umiliazione, di purificazione e di trasmissione dell'essenza etnica, ma anche la forma più violenta di penetrazione, investigazioni ed esplorazione del corpo nemico. Cap. 4 Sistemi interconnessi L'opera della collaboratrice familiare, svolta in una condizione di qualsiasi segregazione di dipendenza, in cambio di una paga modesta rispetto al tempo e la gravosità del lavoro, permette alla donna italiana di svolgere la sua professione e di ottenere così una certa emancipazione e autonomia economica. Le stesse persone possono essere al tempo stesso privilegiate e penalizzate, oppresse e agenti di oppressione o maltrattate e agenti di maltrattamento. Sebbene inferiorizzate, spesso umiliate e ricattate, il più delle volte private di fondamentali diritti di cittadinanza, di solito queste lavoratrici riescono a conquistarsi alcuni spazi di autonomia che, quantunque limitata, è in ogni caso più ampia di quella di cui godevano in patria prima di emigrare. Il presupposto alla base dell'approccio intersezionale è che le diverse forme di gerarchizzazione e dominio non vanno considerate come separate o addizionali, poiché nelle loro dinamiche come negli effetti reali sono interconnesse e interattive. Perfino chi è collocato nei gradini più bassi della gerarchia sociale e di status può esercitare un ruolo dominante. Il tema dell'intersezionalità si è affermato negli anni più recenti soprattutto grazie alla critica del femminismo bianco avanzata dal “Black Feminism”. Tra gli anni 60 e 70 le femministe africane-americane cominciarono a rimproverare al movimento femminista l'orientamento universalista che lo rendeva incapace di concludere e analizzare i vissuti e la condizione di donne non bianche, non borghesi o piccolo-borghesi, non eterosessuali. Negli stessi anni in cui il movimento femminista bianco lottava per il diritto all'aborto, le femministe nere rivendicavano il diritto di mettere al mondo dei figli contro le politiche di sterilizzazione forzata. La politica italiana è pesantemente condizionata dai suggerimenti e dalle imposizioni del Vaticano. Il pensiero femminista italiano raramente ha indagato l'intreccio effettivo fra il sistema sessista e quello razzista. Secondo Perilli l'importanza crescente nel femminismo italiano del concetto di differenza, intesa come differenza primaria, originaria, alla quale tutte le altre differenze sono subordinate, ha costituito uno degli ostacoli principali alla comprensione dell'intreccio fra sessismo e razzismo, in un contesto come quello italiano caratterizzato dalla storica difficoltà a fare i conti con il passato coloniale e razzista. Cap. 5 I dilemmi della società Il principio basilare della convivenza fra uguali e diversi è che per confrontarsi reciprocamente, mediare, dialogare, venire a patti con culture, modi di vita, sistemi di valori altrui, occorre decentrarsi, mettere a distanza, criticare e rielaborare i propri, in definitiva assumere una postura critica e relativista. Cercare di rendere intelligibili un certo sistema simbolico, un certo costume, una pratica sociale differenti dai nostri non equivale a condividerli e ad approvarli, ma a decifrarne le logiche concettuali, simboliche, sociali, e a ricostruirne il contesto, la genesi e i
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