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Riassunto LA FALSA INIMICIZIA. GUELFI E GHIBELLINI NELL'ITALIA DEL DUECENTO, Sintesi del corso di Storia Medievale

Riassunto del libro LA FALSA INIMICIZIA. GUELFI E GHIBELLINI NELL'ITALIA DEL DUECENTO di Paolo Grillo per il corso di storia medievale di T.Duranti (Unibo).

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 20/05/2023

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4.5

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Scarica Riassunto LA FALSA INIMICIZIA. GUELFI E GHIBELLINI NELL'ITALIA DEL DUECENTO e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! LA FALSA INIMICIZIA. GUELFI E GHIBELLINI NELL'ITALIA DEL DUECENTO PAOLO GRILLO Guelfi e Ghibellini sono termini nati negli anni 40 del duecento in Toscana. In precedenza si parlava di “parte della Chiesa” e “parte dell'impero". I termini hanno origine dalla contesa per il controllo della corona imperiale tra Federico II e Ottone di Brunswick nel 1212-1215. Ottone infatti difendeva dal duca Guelfo (“welf") di Baviera, Federico apparteneva alla casata di Svevia il cui castello era Weblingen (“ghibellini"). Andrea Ungaro, nel raccontare la battaglia di Benevento, sdogana i due termini rendendoli validi per tutta la penisola. LA NASCITA DELLE PARTI (1236-1250) Nel 1239 papa Gregorio IX scomunicò l’imperatore e re di Sicilia Federico II provocando la rottura definitiva tra i due. Dopo la morte di Gregorio nel 1241 gli succedette Innocenzo IV che evito la cattura da parte dell'imperatore rifugiandosi a Lione dove lo scomunicò nuovamente. Lo scontro verbale con il papa si intrecciava con quello tra Federico II e le città a lui alleate contro i comuni che intendevano difendere la propria autonomia, raggruppati attorno a Milano. Il conflitto armato inizia nel 1236. Per incoraggiare la resistenza milanese il papa inviò a Milano Gregorio di Montelongo, ma la guerra era destinata a durare fino alla morte di Federico II nel 1250. La neutralità era impossibile: gli oppositori al governo in carica vennero sempre meno tollerati, chi non era d'accordo veniva escluso dalla comunità civica e doveva lasciare la città (“fuoriuscito"). L'uso del bando preventivo si diffuse in tutte le città. Non è corretto parlare di città “filoimperiali" o “antimperiali": in nessun caso esistevano posizioni statiche. Gli aristocratici italiani mantennero un atteggiamento ambiguo, solo per perseguire una propria coerente affermazione regionale. TRA PACE E GUERRA (1250-1257) Federico II di Svevia morì il 23 dicembre 1250, ma la fine della guerra portò conseguenze più favorevoli ai vinti che ai vincitori. Quasi tutte le città filoimperiali rimasero sotto il controllo dei vecchi rettori mentre quelle filopapali conobbero una stagione di turbolenze. Intervenne allora papa Innocenzo IV che si adoperò per una pace generale celebrata nel 1253. Ma in questi anni confusi metterò figure che cercavano solamente il proprio potere personale. Nella parte settentrionale, la parte imperiale si mostrò più compatta grazie a Oberto Pelavicino in Lombardia e Ezzelino da Romano in Veneto che riuscirono a mantenere il controllo delle comunità a loro soggette. Grazie a loro Corrado IV, figlio ed erede di Federico II, poté riorganizzarsi rapidamente e nel 1251 scese in Italia per riaffermare il suo dominio sulla Sicilia. Dato che Corrado viveva in Germania, a Manfredi venne dato il governo del regno di Sicilia. Corrado non apprezzò e con l'esercito sbarcò sull'isola. Manfredi venne estromesso dal governo e privato di una parte delle sue contee, ma improvvisamente il re morì nel 1254 lasciando come erede Corradino, di soli due anni. Manfredi, allora, prese il potere e cercò di farsi legittimare da papà Innocenzo IV che però appoggiò Corradino. Dopo Innocenzo IV gli succedette Alessandro IV che decise di intervenire militarmente contro Manfredi, che respinse l'attacco è nel 1258 si poté dire padrone del regno. L'ITALIA DI MANFREDI (1258-1265) La corona imperiale era rimasta vacante e fu scelto Alfonso X di Castiglia, ma la sua candidatura provocò una spaccatura nel fronte filoimperiale italiano. Oberto guardava a Manfredi in Sicilia, mentre Ezzelino si volse verso Alfonso X. Il causus belli fu fornito da Milano: qui il popolo guidato dal nobile Martino della Torre prevalse e prese il potere; un gruppo di aristocratici cercò l'appoggio di Ezzelino a cui promise la signoria della città n cambio di un intervento militare. Il della Torre, pur essendo legato alla politica pontificia, si rivolse a Oberto Pelavicino, che cercò l'appoggio del guelfo Azzo d'Este. Ezzelino oltrepassò l’area a capo del suo esercito, ma fu costretto alla ritirata, poi venne catturato e ucciso a Cassano d'Adda. Il trionfo di Oberto è un successo del re Manfredi che consolidava le sue posizioni nel settentrione. In Toscana, Manfredi cercò l'appoggio dei fiorentini in chiave anti-pisana. Dopo il fallimento il re decise di puntare tutto sull’alleanza con Siena. L'alleanza suscitò l'allarme a Firenze. Nel 1260 i due eserciti si scontrarono nella piana di Montaperti. L'esito fu favorevole a Siena e a Manfredi. A questa iniziativa il papa assisteva impotente. Sarà il successore Urbano IV a forzare la stabilità dell'alleanza filoimperiale. Il re di Sicilia si pose a capo di uno schieramento che possiamo effettivamente definire ghibellino o filosvevo, ma non filoimperiale (Manfredi non è imperatore). I guelfi erano sconfitti, ma non scomparsi. Urano IV aveva trovato un efficace metodo per creare crepe tra gli avversari: a diversi anni i finanzieri toscani discutevano per conto della Chiesa le offerte da tutta Europa per pagare le crociate contro i musulmani; Urbano IV stabilì che i cittadini dei comuni scomunicati perché schierati con Manfredi, non potessero più svolgere questo compito. Il danno fu enorme e seminò il panico. RE GUELFI E PAPI GHIBELLINI Intanto per proteggersi da Manfredi il papa era alla ricerca di un appoggio esterno, nel 1263 lo trovò in Carlo d'Angiò, fratello minore del re di Francia. Al nord intanto il fronte ghibellino era in fibrillazione: la politica espansiva di Oberto Pelavicino causava tensioni in tutto il settentrione. Di questa crisi approfittò Carlo d'Angiò appoggiato prima da Urbano IV, poi dal successore Clemente IV. Nel maggio 1265 Carlo arrivò a Roma incontrando una debole resistenza. Nel febbraio 1266 l'esercito di Manfredi fu sconfitto a Benevento e il re in persona cadde. Con questo trionfo Carlo d'Angiò rimaneva padrone del regno di Sicilia. Il nuovo re, fin da subito, si era scontato con il papà Clemente IV. In seguito, però, il papa, venuto a sapere che dalla Germania Corradino stava pensando di scendere in Italia, cessò di opporsi al re affidandogli il compito di pacificare la Toscana. Invece al nord molte città si schierarono dalla parte della Chiesa senza accettare il dominio di Carlo d'Angiò. Corradino scese in Italia, conquistò Verona, la Lombardia e arrivò a Roma mentre rivolte a lui favorevoli scoppiavano nel sud. L'avventura di Corradino però si concluse tragicamente: nell'agosto 1268 fu sconfitto a Tagliacozzo, catturato e decapitato. Carlo d'Angiò poté estendere il suo controllo a Piemonte e parte della Lombardia. Carlo si presentava come l'erede di Federico II e proponeva alle città un disegno politico che al prezzo di una limitazione degli spazi di autogoverno offriva maggior stabilità politica. Anche perché l'Italia era un'eccezione in un mondo di re e imperatori. Carlo comunque non si presentò come pacificatore, ma sostenne la parte guelfa. Questo suo atteggiamento lo isolò diplomaticamente. Dopo Clemente IV venne nominato Gregorio X. Il papa fa eleggere alla corona imperiale un suo uomo di fiducia: Rodolfo d'Asburgo. La morte però lo colse e pose fine al suo piano. Gregorio X ha ottenuto la fama di papa “ghibellino" dato che preferì allearsi con l’imperatore Rodolfo, ma forse era Rodolfo un aspirante imperatore “guelfo". Nel 1275 il quadro politico precipitò a causa dell'intervento di Alfonso X di Castiglia, che continuava a rivendicare la corona imperiale. Sbarcò a Genova e conquistò il Piemonte e sconfisse i della Torre di Milano, rivelando la debolezza del re d'Angiò. La crisi angioina si estese alla Toscana: Firenze fu colpita dallo scontro tra i guelfi fedeli al papa e quelli fedeli al re. Carlo, ormai sconfitto su troppi fronti, non fu in grado di opporsi alla rivolta in Sicilia: i cosiddetti “Vespri siciliani” furono una serie di rivolte urbane che iniziate a
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