Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto "la prima lezione di diritto" di P. Grossi e breve introduzione "lineamenti di dottrina pura del diritto" di H. Kelsen., Appunti di Filosofia del Diritto

riassunto del testo di Paolo Grossi ed introduzione al libro di Hans Kelsen.

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 22/10/2018

debora.zambelli
debora.zambelli 🇮🇹

4.7

(3)

3 documenti

1 / 12

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto "la prima lezione di diritto" di P. Grossi e breve introduzione "lineamenti di dottrina pura del diritto" di H. Kelsen. e più Appunti in PDF di Filosofia del Diritto solo su Docsity! LINEAMENTI GENERALI DEL DIRITTO “Prima lezione di diritto” di Paolo Grossi. Paolo Grossi è uno storico del diritto che vive con mano la contrapposizione tra diritto medievale e diritto moderno. L’autore è uno studioso cattolico influenzato, però, dal marxismo e da un senso di anti-individualismo (diritti soggettivi – individuali). Nel libro viene, innanzitutto, introdotto il diritto e, in seguito, vengono elencati i tratti evolutivi del diritto occidentale. Viene esaminata la tensione tra Medioevo (indicato col termine cristianità) e la Contemporaneità, che vede l’affermazione delle STATO nel ‘500. La nascita dello stato ambisce al controllo di tutto, alla monopolizzazione del diritto per definire il dominio del monarca. Il diritto ha come soggetto l’intoccabile, in quante assente di materia. Nel libro viene sottolineato il fatto che sembri ovvio che lo Stato controlli il diritto. Con il passare del tempo, i comportamenti tenuti dalla persone elaborano delle leggi, le consuetudini. Viene esaminata anche la figura del francese Rousseau, il quale afferma che la sovranità popolare è irresistibile e che non sbaglia mai. La legge viene quindi potenziata dall’incontro con il popolo. È grazie alla Rivoluzione Francese che nasce il codice civile e con la quale la figura del monarca viene sostituita dal popolo che diventa sovrano, perché la sovranità collettiva porta al rafforzamento del diritto. Il diritto è il frutto di cambiamenti avvenuti nel tempo, usi e costumi, atteggiamenti. Nel 1933 nella Repubblica di Weimar, Hitler prende il potere tramite atti assolutamente legali, grazie all’adattamento della legge ad atti criminali. Dopo questa fase, l’identità tra legalità e diritto è INCOMPATIBILE. Vi può essere COMPATIBILITÀ tra legalità e diritto solo ed esclusivamente se vi è rispetto e non oscurità da parte della legalità sul diritto. Marx afferma che non esistono borghesi, bensì la borghesia e che la modernità ha determinato la nascita dello Stato e ne ha controllato la natura fin da subito. Grossi insiste sull’individualismo dello Stato e sul recupero della situazione giuridica persa. Bisogna riconquistare il rapporto con il diritto L’idea del diritto come elemento non essenziale per l’apprendimento si è diffusa per molto tempo e ciò ha portato ad un distanziamento del diritto dalla società. Il diritto per Grossi è essenzialmente umano perché nasce CON l’uomo e PER l’uomo. Il diritto emerge quando si è sottoposti ad una situazione intersoggettiva e relazionale. Il diritto è cruciale per l’uomo; mentre la morale può essere anche solamente interiore, il diritto non può vivere solamente nella situazione interiore perché relaziona le persone e dunque riconduce alla società. Ogni forma sociale può farsi diritto; l’organizzazione del gruppo è basata sull’osservanza ragionevole, contestabile e preferibile ad un’altra regola. Differenzia dal comando in quanto, in presenza di un comando, noi obbediamo; in presenza di un’osservanza noi non siamo obbligati ad obbedire, ma ci sentiamo tenuti a farlo. Grossi evoca il tema dell’organizzazione – ordine, ovvero il tema principale. Vi è la distinzione in due tipi di ordine: • Organizzazione decisa – ordine costruito e ordine come costruzione (emerge col tempo); • Organizzazione (?) Esistono tanti ordini che si costruiscono su basi diverse, come le azioni. L’ordine della lingua nasce in base ai comportamenti ripetuti da una pluralità di soggetti. Il diritto è un ordine spontaneo, mentre il legislatore costituisce un ordine costruito. Grossi utilizza due metafore: • L’ombra mortificante del potere • Il grembo materno Questo perché quando il diritto si stacca da noi, esso si perde e non viene osservato. Grossi ricorda il giurista Santi Romano per quanto riguarda l’organizzazione e l’osservanza. Grossi ricorda la lezione del giurista affermando che il diritto è istituzione, è il modo in cui la società si struttura e da regole. Vi è una visione pluralistica del diritto; si parla di 3 elementi cruciali: 1. Società è indispensabile (visione sovra individuale), dove c’è società c’è diritto; 2. Organizzazione: la società è il corpo, l’ordine è il fine, l’organizzazione è il mezzo che permette di raggiungere il fine. 3. Strutturare regole come strumenti che prevedano in larga misura i comportamenti degli altri. Santi Romano voleva affermare come anche una chiesa, un insieme di organizzazione sportive ecc siano degli ordinamenti. Egli rappresenta il punto di riferimento per Grossi per sottolineare l’esigenza di uscire dalle categorie ideologiche dello stato di guardare alla realtà del diritto. Per Grossi è cruciale partire dalla società e la centralità dell’oggetto. Affinché si faccia ordine, bisogna fare i conti con la realtà ordinanda. La società non è plastilina. La realtà sociale non è composta da persone programmabili, bensì da religioni, miti, regole, ecc. le regole devono essere in sintonia con la realtà e non dare vita d una relazione unilaterale. La società comprende già una serie di regole ed è in larga misura organizzata; la società fa da limite alla pretesa di chi vuole ordinarla. Grossi evidenzia la strategia del BOTTON UP (dal basso verso l’alto) e non di TOP DOWN (dall’alto verso il basso). Se il diritto diventa solo comando, è chiaro che esso si separi dalla società e dalla storia vivente. Il diritto muta perché la società muta a sua volta; quando si ha un diritto imposto, esso può diventare una catena vincolante che elimina la propria evoluzione. Per Grossi è indispensabile recuperare la centralità della società. L’altro polo, oltre l’ordinamento, è l’osservanza. Osservare un ordinamento significa rispettarlo e seguirlo in modo da farlo proprio, è diverso dall’obbedire a fronte di possibili sanzioni. Grossi evoca certi disastri del secolo passato, il 900 prendendo in considerazione Heichmann. Grossi rievoca la legalità assoluta (= perdita sociale della propria coscienza), parlando dell’assolutismo giuridico moderno. Il diritto è pura legalità, in quanto identifichiamo ciò che è legale e giusto. Obbedienza = essere costretti ad osservare; Osservazione = vedere la giusta applicazione di questa regola. Sono i valori della comunità che definiscono il quadro e danno vitalità al senso della regola. Il diritto in rapporto con una certa idea condivisa di verità e giustizia. La storia produce un “ETNHOS” (comunità, etnia) ed un “ETHOS” (usi e costumi). Grossi introduce il tema dei principi e dei valori, per questo motivo c’è una storicità e il diritto da concretezza a questi valori. Il diritto vive in tempi lunghi e nelle varie epoche. I valori vengono ricondotti a mere decisioni. Il diritto è intessuto di valori e comprendere un valore significa andare a fondo. Grossi riconoscere una giustissima presenza della riflessione etico filosofica, perché gli uomini si sono sempre confrontati in maniera razionale. Gli autori hanno basato i testi sulla lunga durata coinvolgendo così anche avvenienti storici. Ogni società è caratterizzata dalle pretese condivise. Grossi insiste sull’ obbedienza (=qualcuno che trasforma i suoi poteri e ci impone di obbedire) e l’osservanza (= le regole vengono osservate, ma non tutti i soggetti sono nella condizione di rispettare la regola). Nella maggior parte dei casi, il soggetto non OBBEDISCE alla regola, bensì la si osserva (= comunanza di principi e valori). Pagina 24 = il diritto non è un comando in primo luogo, ma è il mondo oggettivo di posizioni – relazioni - correlazioni stretto in sé da un valore. Per quanto riguarda la lunga durata, essa ha portato allo sviluppo delle società. Il nostro diritto è formato di individui che avanzano pretese. Si parla di diritto di controversie in quanto due soggetti si presentano dinanzi ad un giudice esponendo le loro tesi che verranno poi giudicate dal giudice. Lo stato è una novità, ma bisogna cogliere la differenza tra politica e stato (= una delle modalità con cui la politica può prendere forma). SCUOLA ELITISTA (scuola francese nata nel 900): in ogni ordine politico si hanno pochi che governano molti. L’autore Mosca afferma che anche nei regimi democratici, i pochi sono organizzati e i molto no. Grossi evoca la lingua come strumento evolutivo botton up Grossi fa riferimento al termine della “lunga durata”, ossia un segnale chiaro di riferimento di storici francesi che hanno messo in evidenza non solo l’importanza degli avvenimenti storici (battaglie, incoronazioni, ecc) Rafforzamento del diritto repressivo L’ordine sociale viene Fa si che il giurista rimanga abbacinato Il giurista non coglie le caratteristiche specifiche di un certo mondo in una certa epoca Kelsen ci parla dello stato e in ciò ci vede un giudico specifico Diritto e lingua significa Alla fine del medioevo optano per la differenza tra la fede è la ragione, Secondo i volontaristi sostengono che Dio abbia deciso quale sia il male è il bene Hobs l’unico diritto è la volontà del re, il sovrano detta la legge La società al suo interno ha diverse regolamentazioni e il diritto Il pluralismo è stato soffocato dall’assolutismo giuridico Diritto Nel tempo le persone riconoscono usi civici. 10/10/18 Grossi sottolinea il ruolo di Roma, il fatto che il modello occidentale coincide con degli aspetti dell’universo greco, il trionfo militare – politico. Sul piano filosofico e scientifico, sono i Romani che portano una svolta creando lo spazio romano dal Valle di Adriano nell’isola della Gran Bretagna e scende fino al Sahara e nel Maghreb e dal Portogallo fino alla Jugoslavia. Con questa unificazione politica abbiamo l’identificazione del diritto romano; esso ha un doppio volto, da un lato si contraddistingue per una serie di tratti che riconducono all’analisi scientifica e formale formata da casi e geometria. Il diritto ha questa struttura; il diritto civile è percepito come scienza che va ad investigare la dimensione giuridica. Il diritto si fa scienza, osservazione. Sul piano ideologico, il diritto romano valorizza la dimensione dell’avere – del possesso. L’avversione di Grossi nei confronti del mercato porta ad una sorta di anticipazione dell’individualismo economico moderno. Al cuore dell’ideologia del diritto romano c’è l’idea di patrimonio, di contratto, di scambio economico. Nel mondo romano abbiamo un diritto scientifico e dall’altro lato proprietario (la proprietà); Roma diventa una grande potenza militare perché è una grande potenza economia; è una realtà basata sugli scambi, sui porti ecc perciò il diritto asseconda tutto questo. Per Grossi abbiamo una sorta di diritto ideologico che protegge l’ambiente. L’autore legge questa maniera come una scoperta moderna e borghese del diritto romano perché la modernità capitalistica lo riscopre. Un sistema basato sugli scambi, sui contratti ecc è un sistema conservatore, perché anche se la proprietà è difficilmente accantonabile. Essa è la condizione dell’attività imprenditoriale, ovvero una distruzione creatrice (esempio: nuovo software/la macchina da scrivere/il computer e la stampante). Stiamo vivendo un’accelerazione fortissima di cambiamenti e innovazioni. I due punti sottolineati la proprietà nel diritto romano vista come disciplina e scienza e, l’altro punto è legato alla forte valutazione della proprietà. Da tutto questo emerge anche una figura professionale distinta, il giurista; Grossi, afferma che i romani pongono le premesse per la modernità sviluppando riflessioni ed istituti che verranno ripresi e riutilizzati. Grossi considera anche l’età medievale, elaborandone un testo “l’ordine giuridico medievale”; esso ci invita a raccogliere la grande distanza che separa il diritto medievale e il diritto moderno. Nell’accostamento tra diritto e medioevo, si rileva subito che questa civiltà è stata svilita fin dalla denominazione volta ad avere debolezze e sempre letta in modo dispregiativo; la leggenda nera sul Medioevo (dalla fine dell’impero romano alla scoperta dell’America) è nata perché la storiografia ha descritto questa fase come una lunga notte che si colloca tra due luci folgoranti. La cultura post-medievale ha dato luogo ad una fase anticattolica – portata dallo sfaldamento dell’impero romano, l‘interruzione delle vie di comunicazione, ecc e quindi un problema di protezione delle comunità attraverso la creazione di mura attorno esse. Le comunità si isolano e solo in un secondo tempo si riarticolano; si creano le fiere che portano al rianimo dell’economia – dei commerci, nascono le università che portano al sapere europeo - internazionale. (Tommaso D’Alpino fu professore a Parigi). Nonostante questi sviluppi, per un lungo periodo il diritto medievale è stato un ò marginalizzato e goduto di una cattiva fama; solo recentemente, Grossi afferma la riscoperta e il ritorno del Medioevo perché ci ha fornito un lato giuridicamente rilevante. Il diritto medievale si colloca tra due vuoti, due condizioni necessarie per capirlo: • La dissoluzione istituzionale della res pubblica; la dimensione politica ordinaria assicurata dall’impero romano (=res pubblica) viene meno tramite il crollo di Roma. Il Medioevo nasce all’interno di un contesto politico non unitario, dove l’unità viene meno. • Venir meno della cultura giuridica romana, dove scompaiono figure che avevano segnato il diritto romano. I giuristi e Roman vengono meno: il Medioevo è costretto a dare centralità ai fatti (diritto romano= antropocentrico – fondato sul proprietario, gli individui, la proprietà / diritto medievale= ortocentrico - “centralità dei fatti”). Il diritto viene amministrato dal pratico, colui che basa la propria azione sull’esperienza – dal notaio. Ciò fa si che non esista un solo diritto medievale. Emerge un sistema di pratiche molto differenziato; il diritto entra in connessione alla consuetudine, rivolta al soggetto che segue o anticipa l’azione di qualcun altro e fa diritto. Il diritto medievale è centrato sull’agire civile; le regole sono forme dal consolidarsi di fatti e tradizioni. Il diritto medievale è basato più sulla realtà delle cose; Grossi afferma che esso è basato sulla collettività e non sul singolo. Dal punto di vista teorico, all’individualismo proprietario del diritto romano il diritto medievale basa se stesso sulla collettività dove l’individuo vive entro questi ordine e ne è protetto e tra il suo modo di agire da questi ordini. Il diritto medievale è spontaneo, basato sulle cose, è differenziato a livello territoriale e a livello funzionale grazie alla vasta stratificazione. Abbiamo un intreccio di regole con diverse provenienze e policentrico. Le cose mutano a partire dal XI secolo in profondità. Si esce da una fase di insicurezza, di chiusura economica (=autarchia); le diverse realtà europee di connettono tra loro (esempio: fiera più importante quella della Champagne). Il Medioevo con le università è diverso dal Medioevo senza università: esse hanno una logica globale che guarda alla conoscenza generale e certe circostanze non bastano più. L’unificazione progressiva che si sta definendo non sarà l’opera di una legislazione europea, ma il risultato dell’azione dei giuristi a rielaborare un diritto in università, studiato appunto da esse. Si ha la rilettura – il riadattamento del diritto medievale alla luce del diritto romano e anche del diritto canonico (=diritto universale); essi vengono studiati e servono a rielaborare un diritto prima solo locale. Si ha una convivenza sul piano tradizionale e sul piano pratico: si parla di iura propria, diritti della comunità propriamente medievale (=Alto Medioevo), il persistere del localismo e del particolarismo medievale – e ius comune, diritto comune. Comune in due sensi: • Diritto che è diritto in tutte le terre civili – universo della cristianità • Diritto comune che nasce dall’intersezione del diritto romano e del diritto canonico. Il diritto medievale ha una propria evoluzione fatta di cambiamenti; vi è differenza tra il diritto medievale della prima fase, legato all’arrivo delle comunità barbariche in Europa – e il diritto medievale della seconda fase caratterizzato dal diritto comune. La seconda parte dell’età medievale, costruisce un’unità giuridica considerate terre civilizzate e legate alla realtà di Roma e le terre legate alla realtà cristiana. I giuristi delle università italiane (Padova – Bologna – ecc) elaborano una scienza al di fuori di ogni quadro politico rigido, che sviluppa nelle proprie ricerche una forte autonomia, una scienza interpretativa e una modesta dichiarata e nei fatti una capacità innovativa inevitabile (vedono le cose in base alla loro interpretazione, ai loro tempi, alle loro tradizioni). Vi è la distanza da ogni formalismo astratto, perché il modo medievale di pensare al diritto tende a dirigersi verso una nozione classica che mette in discussione ogni visione formalistica, ovvero la nozione di equità (non ha storia ed è scandalosa per il giurista moderno). Con equità s’intende che quando l’applicazione rigida di una certa norma a un caso specifico ha un esito che ci pare moralmente ingiusto, noi dobbiamo adattare la regola al caso specifico. Con il diritto moderno la nozione è molto formalistica perché l’applicazione delle regola avviene in modalità automatica. Nel mondo medievale la legge è generale ma vi sono casi diversi e specifici; il diritto esige perciò una serie di adattamenti. La nozione di equità è un tratto fondamentale nell’età medievale ed è avverso al formalismo. Vi è l’idea che l’equità è superiore alla legge e che mira alla giustizia, perciò essendo superiore alla legge, essa la corregge quando la legge non è sufficiente. Con l’equità abbiamo una condizione per cui abbiamo una regola che deve essere elaborata a seconda del caso che prendiamo in esame (è l’opposto di “… dura lexis es lex”). La norma ha come obbiettivo la possibilità di avere buone relazione, una giustizia sostanziale. L’equità rinvia ad una forte attenzione agli obiettivi del diritto nel suo significato originario; perché prima di essere regole, il diritto è un insieme di istruzioni che facilita la convivenza e regola la giustizia. L’equità è il tentativo di riportare le regole all’obbiettivo che aveva generato l’arrivo delle stesse. Questo elemento è importante perché si tratta di un modo diverso dei giuristi di interpretare il diritto. Cruciale è il ruolo dell’interpretazione, ma anche una creatività notevole, una diversità di intendere gli istituti e una mediazione tra i testi e la realtà – tra la teoria e i bisogni. Anche Grossi non nega che anche l’ordine medievale presentasse problemi e di certezza del diritto; il diritto moderno prende il posto del diritto medievale e ne presentarsi, Grossi insisterà sulla distinzione cruciale che vi è nel diritto moderno, ovvero la frattura tra il diritto europeo continentale (civil law) rispetto al diritto anglosassone (common law). Il diritto comune (ius comune)= esperienza medievale che collega tra loro i diversi ordini giuridici / il common law (da medievale a moderno) = modo moderno di elaborare e praticare il diritto. Quando lasciamo il medioevo e prendiamo in considerazione l’età moderna, l’elemento cruciale è la nascita – creazione dello Stato. Grossi afferma che lo stato è un soggetto a vocazione totalizzante e si elabora a partir da una vocazione assolutistica (stato= soggetto assoluto e libero da vincoli – onnipotente). Il diritto si assesta in una forte autonomia politica, e si consolida come pratica e come scienza. L’autore inglese Braghton che introduce la distinzione tra iurisdictio (=giurisdizione) e gubernaculum (=governo) sottolineando che c’è un fossato tra di essi; il gubernaculum non aveva implicazioni di ordine giuridico. Si pensava fossero due ordini distinti e il giudice, nella sua autonomia, li giudicava entrambi. Il diritto viene controllato dal governo che è sovrano; è un processo lungo, a partire dal 300-400 abbiamo la rottura dell’equilibrio medievale a causa del successo dei regni (=embrione dei moderni stati). Hanno l’ambizione di controllare nuove sfere, come quella del diritto; la figura del principi e del re mutano, diventando i costruttori del diritto. Il principe si fa legislatore e il diritto si fa decisione. Questa evoluzione è più evidente in Francia, dove venne creata la modernità statale. Il re invade ambiti che prima non controllava e sottrae una serie di spazi che prima erano di iniziativa sociale (lavoro dei notai – giudice – giuristi). Il diritto viene irrigidito – da uno ius comune si passa ad un diritto nazionale (primi passi del nazionalismo). Ogni paese elabora un proprio diritto sulla base della volontà dei sovrani. Nel 1600, il filosofo Pascall parla della giustizia e sottolinea la modernità di essa. Il diritto medievale era locale e globale; il diritto moderno sarà statale/nazionale che varia a seconda dei paesi. Lo studio del diritto diventa nazionale, perché ognuno studia i proprio codici; si pone fine all’universalità del diritto. Esso ad un certo punto è costruito come identico in ogni parte del regno. Secondo Grossi, abbiamo il trionfo di questa visione moderna con la Rivoluzione Francese del 1789 con una raffinata mitizzazione della legge; egli ci dice che la rivoluzione completa l’opera compiuta dai re. Quando scoppia la rivoluzione, in larga parte è già finita perché era stata realizzata dai sovrani francesi nel corso dei secoli. La rivoluzione costituisce una legittimazione popolare (=esprimere la volontà del popolo): è stato un processo lungo, creato dal re francese che convoca i rappresentanti delle classi e da vita ad un processo di radicalizzazione del conflitto per riformare le istituzioni e raccogliere consensi. Con la rivoluzione si crea una sorte di mitologia politica nuova, che viene accettata e che si impone a tutti, perché la legge è il risultato di una volontà generale infallibile. Vi è una connessione inedita tra politica/ stato e diritto, persino il diritto dei privati è subordinato alla dimensione politica e alla volontà dello stato. L’autore Bastiat afferma contro la logica di Roberspierre. 11/10/18 (“… la vita del diritto”) La visione moderno del diritto pone particolare importanza al principio di legalità (=centralità della legge). Il principio di legalità afferma che il diritto è associato a leggi che sono caratterizzate da un grado di astrattezza, universalità. Essere liberi coincide con l’obbedire alle leggi !!! Nell’epoca moderna, in rapporto con quest’idea, raramente si presta attenzione al problema dell’arbitrio del legislatore, perché la legge è il risultato di una volontà libera, il diritto nasce da una decisione. Nell’epoca moderna, i legalismo ha fatto coincidere diritto e legge, rafforzando la figura del monarca. È emersa l’idea di un popolo sovrano e di un popolo legislatore. Abbiamo un legislatore collettivo che punta a tutelare il bene comune. Grossi invita a guardare con occhio critico, ma ciò risente di una visione marxista e classista. Lui dice “…attenzione che la concezione moderna affermata, è dominata da interessi borghesi”. L’idea di una legalità universale corrispondeva però a ideali ben precisi di un gruppo ristretto della società. Si passa da un elitarismo stile ‘800 dei notabili farmacista, medico, ecc. all’introduzione dei leader di partito che affiancano le vecchie figure. Nel corso dell’ ‘800 in Italia vi è una retorica risorgimentale / borghese. Il problema cruciale evidenziato è molto rilevante: la struttura di fondo dello stato moderno è assolutista e arbitraria; le norme emergono dalla volontà di coloro che al tempo governavano il sistema. Questo avviene nei sistemi rappresentativi a suffragio ristretto dal 1861- 66 (il Veneto diventa italiano e abbiamo un regime “liberale” borghese). Nel 1919 – 20, l’Italia stava diventando un paese socialista come la Russia, ma di colpo si passò alla dittatura fascista. Le relazioni tra stato – leggi – interessi sono mutate così come sono cambiati i soggetti interessati. Abbiamo una statualizzazione del diritto, in quanto prodotto dello stato e una spoliazione del nesso tra società e diritto; abbiamo un’enorme manipolabilità dell’ordinamento; significa che la società globale ha una propria struttura in un quadro storico che muta costantemente. Vi è un nucleo di stabilità nel quale cambiamo diversi aspetti; ad esempio, il dovere (morale e giuridico) di un genitore di prendersi cura del proprio figlio: può essere, per certi aspetti, una norma soggettiva ma è anche astorico e aculturale – dal punto di vista giuridico, notiamo che la struttura familiare cambia ed è cambiata col tempo. Mentre le costituzioni moderne nascono per limitare il potere del monarchico, successivamente questo problema viene accantonato perché abbiamo l’introduzione di nuovi regimi, come quello democratico. • Critica a Grossi: egli assume un atteggiamento molto critico nei confronti del diritto moderno, ma cambia comportamento di fronte alla Costituzione !!! Lui ne parla in modo astratto affermando le caratteristiche di un diritto positivo. Quando arriva di fronte alla legge fondamentale, egli cambia prospettiva. Basti pensare a come una Costituzione, nella sua rigidità, possa avere degli esiti di limitazione della spontaneità della società di esprimersi. Nel momento in cui il diritto naturale pretende di essere vigente, abbiamo a che fare con documenti destinati ad invecchiare rapidamente. La Costituzione italiana è particolarmente vecchia e al momento dell’entrata in vigore, ci troviamo davanti ad un Italia diversa rispetto al Paese di oggi. Secondo il principio di legalità, tutti siamo vincolati dalla legge soprattutto i sovrani. Nello stato di diritto, il diritto limita lo stato. Lo stato di diritto limita i governanti, ma le leggi derivano dai governanti, perciò essi non sono di fatto imitati dallo stato. 17/10/2018 Lunedì e mercoledì = no lezione Grossi richiama l’attenzione su due manifestazioni: • La consuetudine: “incarnarsi del diritto” perché vuole sottolineare come essa sia la forma più antica ma anche moderna del diritto; nel suo manifestarsi, il diritto è esperienza vissuta e comportamenti che producono regole. Abbiamo un ripetersi di comportamenti che hanno tratti comuni e che definiscono una regola: abbiamo una legislazione con caratteristiche differenti. Abbiamo, da un lato, un legislatore anonimo, di cui non conosciamo l’identità, mentre dall’altra, un legislatore comune. Abbiamo un diritto sociale perché non riconducibile a un tratto specifico. La ripetizione fa la consuetudine, che genera una consapevolezza condivisa e un valore da osservare e proteggere. Si hanno dei fatti e non dei testi. La consuetudine è una tradizione, una durata; la consuetudine ci riporta al legame forte fra diritto e società: il diritto che si manifesta attraverso la consuetudine è ripetizione ed osservanza (=adesione più forte dovuta ad una persuasione). Vi è un autore anti-fascista del secolo scorso, Guglielmo Ferrero, rifletterà sulla tradizione del tempo. Una regola è facilmente osservata quando non nasce dal nulla ma ha un’origine fondata e che perdura nel tempo. La consuetudine è una forma semplice di diritto, ma che secondo Grossi, ci aiuta a capire la storicità; essa è in sintonia con società che mutano lentamente, statiche, rurali, semplici. Essa è associata a piccoli universi che si creano; la consuetudine particolare è legata ad universi finiti, culture, tradizioni linguistiche – etniche. Tutti i fatti sono locali, ma poi può esserci un lavoro dei giuristi che partendo dalla genericità, coglie le analogie ed elabora una scienza ed una categorizzazione. Quello che caratterizza la consuetudine è la sua non controllabilità da parte del potere e dell’ordinamento. I comportamenti delle persone e dell’intera società non sono facilmente controllabili. Da qui giunge la forte ostilità dello stato nei confronti della consuetudine; questo spiega perché la consuetudine occupa l’ultimo gradino della scala gerarchica. Per quanto riguarda l’applicazione della consuetudine, facciamo i conti con una tensione formale con la situazione giuridica lineare; abbiamo norme che rinviano a regole, valori, ecc. questo lo percepiamo ogni volta che siamo chiamati ad applicare una norma alla realtà essendo essa mutevole, rendendo perciò difficile l’associazione della regola al caso concreto. In alcuni casi abbiamo una difficoltà molto rilevante che pone il problema dell’interpretazione della norma. • L’esecuzione – interpretazione: attenzione che il diritto non si può sempre applicare in termini meccanici; che la norma scritta si interpreti da se. Se le norme scritte non si interpretano da se, si ricorre all’ermeneutica (interpretazione specialmente di temi sacri); il testo non agisce sul giudice, bensì è il giudice che si relazione col testo e da una propria interpretazione di lettura: il soggetto legge l’oggetto dando luogo ad un cerchio ermeneutico. Il testo è rivitalizzato dall’interprete. La dimensione personale soggettiva è cruciale. Grossi sottolinea la funzione cruciale dell’interpretazione che vede protagonista il giudice, il quale non è il solo interprete. Egli non è isolato, l’interpretazione è rivolta a tutta la società. L’ermeneutica è importante perché ci insegna tante cose come ad esempio che il testo non è autonomo come il caso concreto. Esso può essere rapportato alla realtà solo attraverso certe azioni. L’ermeneutica ci aiuta a capire che quando un fatto interroga una norma, ha luogo in termini drammatici – vi è una tensione drammatica con la quale un fatto investe una regola. Il lavoro interpretativo dell’attualità può portare all’allontanamento delle intenzioni e dei significati reali. Sempre dall’ermeneutica arriva che la regola da sola è incompleta ed incompiuta e di conseguenza inadeguata; il processo di elaborazione del diritto è complesso e si traduce attraverso la rielaborazione delle categorie. Il vero diritto positivo non è quello posto dal legislatore, ma quello applicato dai consociati che modificano le regole della propria convivenza. Nella modernità si era affermata una logica secondo cui il legislatore fa le leggi e la società obbedisce alle leggi. Secondo l’ermeneutica questo salta. KELSEN. Dobbiamo individuare ciò che è tipicamente giuridico e ciò che non lo è. Il diritto per i normativisti la struttura logica è il risultato di una decisione. Abbiamo all’interno del modo normativista di guardare il diritto, vi è una struttura logico-concettuale che caratterizza il diritto stesso e una totale soggettività delle dimensioni valoriali e politiche (=situazione arbitraria nell’ambito dei valori). Si può fare diritto solo se si lascia perdere ogni opzione valoriale soggettiva. Un altro elemento cruciale è la centralità della sanzione (=sanzionismo). Vi sono 3 sanzioni (secondo Bobbio): 1. Sanzione morale – senso di colpa/rimorso, un qualcosa di interiore, ipotetica e non proporzionata; 2. Sanzione sociale – è esteriore, non viene confermata la fiducia nei confronti di un individuo che non ci ha comportato nel modo corretto, ha degli effetti, talvolta pesanti. È ipotetica e non proporzionale; 3. Sanzione giuridica – è esteriore (=multa, carcerazione, ecc), è certa e proporzionata. La teoria normativista afferma che essa pretende di scindere dagli ordinamenti sociali. Per i positivisti è importante l’essere della norma, mentre per i realisti è più importante l’essere del fare e dell’agire. Abbiamo a che fare con due positivismi molto diversi: • Pos. Storico • Pos. Che guarda alla gerarchia • Quando studiamo il diritto ci chiediamo cosa esso sia: è una struttura logico-concettuale che si traduce in comandi (=obblighi, comandi che vengono associati a sanzioni). Secondo Kelsen, si tratta di studiare la realtà dal punto di vista del diritto. Esso studia questa struttura, ma le ragioni dell’esistenza del diritto rimangono al di fuori dell’ambito del diritto. Abbiamo una tecnicizzazione del diritto; abbiamo, con Kelsen, una dottrina pura tecnica del diritto senza implicazioni di ordine morale. La teoria generale è un oggetto ben delimitato i cui confini sono stabiliti rigidamente. Si tratta di studiare gli elementi del diritto, i rapporti e il sistema che ne emerge. Si tratta di fare una riflessione che ci permette di capire come funziona ogni ordinamento giuridico. Il tentativo di sganciare la struttura logico-concettuale del diritto da tutto il resto appare molto complessa. Il diritto coincide con la forza di chi ha il potere di imporre determinate regole. Il diritto vive di astrattezza e concettualità. Quando Kelsen distingue tra SEIN (essere= universo della casualità – disciplinato da diverse scienze) e SOLLEN (dover essere= universo del piano giuridico di lettura – qualificazione dell’avvenimento e la sanzione riservata al comportamento seguito).
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved