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Riassunto: La psicologia sociale.Processi mentali,comunicazione e cultura (Leone, Bruno, Mazzarra, Sarrica), Sintesi del corso di Psicologia Sociale

Argomenti: natura e obbiettivi della psicologia sociale, dalla percezione del mondo alla comprensione del sè, dagli atteggiamenti alle rappresentazioni sociali, l'incontro tra le persone, la comunicazione interpersonale, pregiudizi stereotipi e relazioni tra gruppi, etc.

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015

In vendita dal 25/10/2015

Alessandra.2493
Alessandra.2493 🇮🇹

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Scarica Riassunto: La psicologia sociale.Processi mentali,comunicazione e cultura (Leone, Bruno, Mazzarra, Sarrica) e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Sociale solo su Docsity! Riassunti libro: La psicologia sociale. Processi mentali,comunicazione e cultura. (Giovanni Leone,Bruno M.Mazzarra,Mauro Sarrica) Cap 1. Natura e obbiettivi della psicologia sociale La psicologia sociale per gli psicologi,si pone come un tentativo di spiegare e capire in che modo i pensieri, i sentimenti e le azioni degli individui sono influenzati dagli altri essere umani. La prima cosa che per alcuni costruisce un pregio e per altri un difetto è che questa è una definizione individualistica che assume l’individuo sociale come punto focale della propria osservazione. La dimensione sociale è concepita come una delle variabili in gradi di condizionare lo sviluppo e l’azione dell’individuo. Secondo tale impostazione, l’assunzione dell’individuo come focus d’indagine che distinguerebbe la psicologia e la psicologia sociale dalla sociologia e l’antropologia. Allport ( ………..) infatti delinea la vita mentale come indicibilmente legata alla dimensione sociale. Esistono due diverse forme di psicologia sociale: • Psicologia sociale psicologica,che ha il suo centro di interesse i processi mentali individuali • Psicologia sociale sociologica, centro di interesse processi sociali La differenza fondamentale sta nel modo in cui i fenomeni vengono interpretati e studiati, il tema come il Sé può essere visto come l’esito di percorsi personali oppure come risultato di una continua interazione con gli altri. Nel 1908 furono pubblicati per la prima volta due testi che contenevano la locuzione “psicologia sociale” e che per questo sono considerati come l’inizio ufficiale della disciplina : • McDougall imposta la disciplina a partire da un punto di vista individuale • Ross esplora temi come l’agire della folla, l’opinione pubblica e la conflittualità sociale Subordinando la psicologia sociale alla psicologia o alla sociologia si rischia : • Riduzionismo psicologistico, tendenza a spiegare i fenomeni complessi come il comportamento, in termini di processi psicologici elementari • Determinismo socio-culturale, idea che l’individuo con le sue intenzioni e motivazioni risulti determinato nelle sue azioni dai fenomeni esterni nel quale vive. Quindi possiamo interpretare la psicologia sociale come lo studio delle dimensioni sociali della mente umana. • Tematiche come la percezione, la memoria e le emozioni se studiati nella loro funzionalità processuale sembrerebbero essere pertinenti alla psicologia, ma diventano oggetto di studio della psicologia sociale se si evidenzia il legame con i processi di interazione ed il contesto socio-culturale. Ciò ch caratterizza la psicologia sociale è il riferimento alla mente in quanto principio organizzatore dei vissuti, delle esperienze e delle interazioni delle persone. Si distingue quindi dalla psicologia generale per l’attenzione all’origine sociale dei contenuti mentali, i quali possono essere compresi solo in relazione alle dinamiche sociali. La consapevolezza del legame tra vita mentale e tessuto delle relazioni sociali si è affermata in modo sempre più netto portando alla luce due tematiche collegate: • Comunicazione, intensa come luogo di effettiva costruzione della struttura sociale della mente • Cultura, intesa come sedimentazione di tale costruzione collettiva della conoscenza dei significati condivisi Per comprendere il contributo della psicologia sociale all’impresa delle scienze sociali bisogna far riferimento a dei modelli teorici di spiegazione del comportamento (‘900). 1)Una grande risposta sull’origine del comportamento è quella che fa riferimento alle caratteristiche e alle dotazioni biologiche. All’origine di questa concezione ci sono le scoperte dell’evoluzionismo darwiniano. • Cosi come possiamo spiegare una caratteristica funzionale dell’Homo Sapiens, si può pensare che un determinato tratto comportamentale sia anch’esso il risultato di un lungo processo evolutivo, nel corso del quale quel tratto sia stato selezionato come utile alla sopravvivenza. Sempre agli inizi del Novecento prese vita un nuovo movimento gestalista che si è affermato in un primo tempo con gli studi sulla percezione • L’idea di fondo è che la conoscenza degli oggetti fisici e degli eventi psicologici avviene come percezione di tutto unitario • Nei confronti della conoscenza hanno una posizione di tipo fenomenologico, quindi l’obiettivo deve partire dal modo in cui il mondo ci appare • Verso metà degli anni ’20 questo gruppo di studiosi fu costretto a fuggire negli Stati Uniti per vie delle persecuzioni razziali tra i quali Lewin • Lewin negli Stati Uniti si dedicò allo studio sulla comprensione dei fatti sociali; al suo nome è legata l’introduzione in psicologia sociale del costrutto campo, che esprime l’idea che qualsiasi fenomeno può essere compreso come effetto di una molteplicità di fattori interdipendenti che si influenzano reciprocamente • Lewin può essere considerato come uno dei più importanti fondatori della psicologia sociale. • Quello che chiama spazio vitale è un sistema dinamico in cui sono legati la persona e l’ambiente di cui la persona stessa di fa una specifica rappresentazione • Ciò che chiama spazio di frontiera è il territorio di confine in cui i fatti dell’ambiente sono tradotti in eventi dotati di senso e si importanza per la vita psichica dell’individuo, entrando così a far parte del suo spazio vitale. L’idea che per la comprensione dei processi mentali sia necessario far riferimento all’interazione tra l’individuo e l’insieme delle sue relazioni sociali e che da questa interazione emerge una realtà complessa chiamata mente,è un espressione fondamentale della psicologia sociale. Wunt, riconosciuto come fondatore della psicologia per aver avviato a Lipsia il primo laboratorio di psicologia sperimentale, dopo aver impiegato molti anni nello studio dei processi mentali individuali, ritenne necessario indagare la natura sociale e culturalmente fondata dei processi mentali. • Convito che si potessero studiare a livello individuale solo i processi psicologici elementari, mentre per i processi mentali superiori era necessario tener conto del contesto storico e culturale nel quale essi si realizzano Nel caso della conoscenza del mondo, il soggetto conoscente non può mai considerarsi del tutto indipendente dall’oggetto di conoscenza in quanto egli stesso è parte del mondo che si propone di conoscere. La conoscenza del mondo umano può essere considerata come un incessante processo di organizzazione e assegnazione di significato agli elementi costitutivi della realtà. In questo senso la dimensione sociale può essere considerata come un elemento costitutivo della mente umana la quale risulta strutturata in funzione di dinamiche di confronto sociale a partire dalla conoscenza del mondo. Un autore chiave a questo proposito è Mead il quale agli inizi del Novecento elaborò una serie di riflessioni che successivamente andarono al confluire nel cosiddetto interazionismo simbolico, una corrente di pensiero a cavallo tra psicologia sociale e sociologia. • Esso concettualizzò la mente come processo sociale dal momento che essa è strutturata come risultato dell’interazione con i propri simili Posto che la conoscenza del mondo è un’impresa collettiva e che la mente è un’incessante scambio di simboli con i nostri simili, ne discende la centralità del tema della comunicazione per la comprensione dei processi psicologici e del comportamento umano; per questo l’oggetto principale della psicologia sociale diviene il modo in cui gli individui si scambiano informazioni sul mondo. Il mondo concreto in cui gli individui si rapportano, viene considerato un elemento fondamentale della conoscenza individuale. • Tarde (1843-1904) : mette in evidenza che per la comprensione dei fenomeni sociali è impensabile conoscere il mondo in cui gli esseri umani si trasmettono idee, strutturando l’azione concreta. • Il linguaggio e la comunicazione in generale: costituiscono il tessuto che connette i sistemi di idee e lo strumento con cui gli individui realizzano la conoscenza e il controllo del mondo, attraverso quegli scambi che costituiscono l’essenza del pensiero umano. Ma è con l’opera di Vygostkij e con la “scuola storico-culturale sovietica” che vengono poste le basi del modo di concettualizzare il rapporto tra: Pensiero & Interazioni sociali, mediate dal linguaggio e dalla comunicazione. Vygostkij (1831-1934) : sostiene che le funzioni psichiche superiori si sviluppano a partire dalla relazione che gli individui hanno con gli oggetti del mondo: • Strumenti e materiali con i quali si entra in contatto con la realtà. • Sono un’espressione dei valori e dei significati sedimentati nel tempo, nella cultura e nel sapere collettivo. • In questo senso gli strumenti,detti in questo caso artefatti (materiali o ideali), sostengono di strutturare la mente, ponendosi come un elemento costante di mediazione tra l’individuo e il mondo Sulla base di queste idee, intorno al 1980, si è andato strutturando un settore di studi, ovvero la Psicologia Culturale che rappresenta attualmente l’approccio che ha più di tutti valorizzato la dimensione sociale dei processi psicologici : • I processi psicologici sono fortemente influenzati e strutturati dalle interazioni sociali e dalla cultura. La loro sostanza consiste in procedure di assegnazione di senso alla realtà • Il rapporto tra le persone e la realtà esterna è costantemente mediato da strumenti culturali quali il linguaggio, i sistemi di idee, valori e rappresentazioni che le persone usano per valutare eventi e progettare la propria azione • La cultura è intesa come processo di continua verifica e riadattamento in incessante negoziazione con gli altri la psicologia culturale si distingue sia dagli orientamenti cognitivi e neurobiologici, sia dalla psicologia cross-culturale: • Considera fondamentale il ruolo che la cultura svolge come variabile esterna nel risultato dei processi psicologici A partire dagli anni ’90 del Novecento ci fu una crisi della disciplina che ha messo in discussione alcuni aspetti teorici e metodologici: • Eccessivo individualismo e rivalutazione della dimensione sociale • Sul versante metodologico criticate eccessive procedure sperimentali di laboratorio (nessun riscontro con realtà) Cap.2 dalla percezione del mondo alla comprensione del sé • Sensazione, intesa come stimolazione degli organi di senso periferici • Percezione, intesa come processo centrale di trasformazione e integrazione degli stimoli • Effetti non comuni: le scelte effettuate non rientrano nella norma, ci informano circa preferenze specifiche della persona. • Desiderabilità sociale: le scelte effettuate non sono dovute al desiderio di apparire positivamente agli occhi degli altri, veniamo informati all’interno delle disposizioni. • Libera scelta: le scelte effettuate non sono dovute a coerezioni ambientali, non sono attribuibili a fattori esterni. MODELLO DELLA COVARAZIONEProposto da Kelley nel 1967 esemplifica l’idea di scienziato ingenuo. Le persone considerano molteplici cause e attribuiscono la spiegazione a quella che covaria maggiormente con il comportamento messo in atto. • Distintività: oggetto • Coerenza in situazioni diverse: soggetto • Consenso: altri Self serving bias: tendenza ad attribuire i nostri successi a cause interne e gli insucessi a cause esterne. IL Sé: Il tema della conoscenza si complica quando oggetto e soggetto coincidono ovvero quando l’essere umano s’interroga circa la propria identità. • Da un lato autori come Lewin guardano il sé come un’ insieme dinamico, una Gestalt caratterizzata da forze in interazione tra loro: questo approccio si interseca con il tema dei bisogni e delle motivazioni. • Una seconda corrente di studi di impostazioni cognitivista, si concentra sulle informazioni che ciascuno ha raccolto circa se stesso e sui processi sottostanti. • Una terza corrente interazionista simbolica, pone in evidenzia il continuo fluire delle esperienze e dell’interazione tra ciò che sentiamo di essere e ciò che gli altri dicono che noi siamo. • Sé ecologico: include la percezione di noi stessi e delle nostre azioni in relazione all’ambiente. • Sé interpersonale: riguarda la consapevolezza delle interazioni con le altre persone. Sulla stessa linea si trova la distinzione tra: • Sé reale: conoscenze effettivamente raccolte. • Sé ideale: conoscenze di ciò che una persona vorrebbe essere. • Sé normativo: ciò che dovrebbe essere. Le discrepanze tra le 3 forme del sé porterebbero uno stato emotivo – cognitivo alla base di scelte e comportamenti individuali volti a fronteggiare la discrepanza o in chiave disfunzionale, connotati da ansia, disperazione, inefficacia. Una diversa prospettiva del sé è quella sviluppata dall’ interazionismo simbolico, corrente profonda nella psicologia sociale. Tra i padri fondatori della psicologia abbiamo: • James, 1890: sé materiale, sé sociale, sé spirituale. • Il sé è un fatto psicologico che comprende questo continuo processo. Un uomo ha tanti sé sociali quante sono le persone che lo riconoscono e che ne hanno un’immagine nella loro mente. • Secondo James il sé si suddivide in 2 comportamenti: • L’io consapevole che conosce, agisce e riflette sulla propria esistenza; • Il me conosciuto, tutto ciò che egli può chiamare suo; • Mead,1934: la mente come prodotto sociale. • Il sé non è innato, ma si manifesta solo dopo che l’individuo abbia acquisito capacità simbolica e capacità di fare i propri atteggiamenti altrui. • L’elemento fondamentale per lo sviluppo del sé dei bambini è il gioco (play & game). Nel play il bambino fa riferimento a compagni immaginari, nel game, ovvero gioco organizzato, impara a rispondere a regole astratte e ad assumere contemporaneamente le posizioni altrui; in esso nasce l’altro generalizzato, ovvero il gruppo sociale cui ognuno di noi fa riferimento. • Il sé è il frutto dell’interazione tra l’individuo e le richieste dell’altro generalizzato, tra io e me. • Bruner, 1990: introduce il tema del sé narratore e si definisce nella pratica principale del raccontare storie in cui lo stesso protagonista appartiene alla storia: giustifica le proprie azioni, fa riferimento a miti della psicologia popolare e definisce così il suo essere condiviso. Cap.3 Dagli atteggiamenti alle rappresentazioni sociali L’atteggiamento è un costrutto, ovvero un “oggetto ipotetico” introdotto per descrivere e spiegare processi cognitivi non osservabili. Autori diversi, facendo riferimento a prospettive teoriche diverse, attribuiscono caratteristiche e funzioni differenti dello stesso costrutto. Fishbein e Azjen nel 1975, identificano fino a 500 definizioni differenti di atteggiamento. In psicologia sociale si attribuisce un significato specifico al termine atteggiamento e che, a differenza dell’uso comune di questa parola, gli atteggiamenti sono distinti dai comportamenti. L’atteggiamento è la controparte individuale del valore sociale,l’attività sotto qualsiasi forma, è il legame tra i due. Come valutiamo gli oggetti che costituiscono la nostra realtà quotidiana? • La psicologia sociale detta mainstream ha risposto attraverso modelli di atteggiamenti che affrontano i processi individuali per dar conto di come valutiamo oggetti importanti per noi • L’approccio delle rappresentazioni sociali ha risposto invece affermando che non sono gli oggetti, ma siamo noi stessi a costituire socialmente la realtà. Allport, 1935: “l’atteggiamento è uno stato di prontezza mentale e neurologica organizzato nel corso dell’esperienza, che esercita un influenza direttrice o dinamica sulle risposte di un individuo a tutti gli oggetti e situazioni con cui è in relazione”. In questa definizione troviamo: • Visione individualista del costrutto: l’atteggiamento è qualcosa che ogni singola persona ha, rintracciabile fino ad un livello neurologico • L’idea che l’atteggiamento sia organizzato sulla base dell’esperienza e che essa influenzi le risposte individuali Allport Modello tripartito: gli atteggiamenti sono costituiti da tre elementi: 1Ancoraggio, che serve ad inserire un nuovo oggetto di interesse nel sistema di pensiero preesistente. Esso si sviluppa seguendo dei passaggi: • Categorizzazione cioè inserire una novità all’interno di una categoria definita, questo processo riguarda oggetti e gruppi sociali. • Denominazione, consente di descrivere un oggetto attribuendogli caratteristiche, intenzioni e differenziandolo da altri oggetti 2Oggettivazione, è strettamente interconnesso al primo alla base della formazione delle rappresentazioni sociali. In questa fase tutto ciò che è astratto diventa concreto. • L’oggettivazione in un primo momento vede nucleo figurativo che riproduce una struttura concettuale, per questo ciò che prima era astratto diviene concreto • Una volta formato il nucleo si procede alla naturalizzazione dove la rappresentazione diventa referente del concetto(importante) Nel passaggio tra ancoraggio e oggettivazione si sviluppa il decalage delle informazioni, ovvero una discrepanza funzionale alla rappresentazione stessa tra oggetto e riferente. Funzioni delle rappresentazioni sociali: • Consentono di trasformare ciò è estraneo in qualcosa di familiare • Categorizzazione vuol dire assegnare in valore e le rappresentazioni sociali consentono di organizzare la realtà sociale mediante dimensioni dotate di significato • Se una rappresentazione sociale è una “preparazione per l’azione” lo è in misura di guida al comportamento ma soprattutto perché modella e ricostruisce gli elementi dell’ambiente dove ha luogo il comportamento. Tra tutti gli sviluppi teorici delle rappresentazioni sociali, sono due le scuole che hanno svolto un ruolo fondamentale: 1. Scuola di Ginevra, ovvero l’approccio socio-dinamico Sviluppatosi a Ginevra sottolinea la dimensione sociale delle rappresentazioni riconoscendo nell’ancoraggio sia un processo cognitivo sia un posizionamento all’interno delle relazioni sociali. Questa prospettiva si basa su alcuni assunti: • Rappresentazioni sociali si organizzano secondo dimensioni di varia natura, all’interno di una conoscenza condivisa, • Differenti posizioni dei singoli sono organizzate, • Differenze sono ancorate in base all’appartenenza dei gruppi. Lo scopo della ricerca diviene quindi, identificare i contenuti delle rappresentazioni, rintracciare i principi organizzatori e identificare le posizioni che i gruppi hanno in merito ad un determinato oggetto. In questo modo la dinamica delle rappresentazioni sociali si inserisce nella dinamica delle relazioni sociali. 2. Scuola Aix-en-Provence, ovvero approccio strutturalista Secondo questo approccio è possibile identificare un: • Nucleo, ovvero la zona centrale delle rappresentazioni che quindi è stabile, genera significato e organizza le rappresentazioni • Periferia, cioè la zona periferica delle rappresentazioni sociali che è mutevole e assorbe nuovi eventi In modo tale le rappresentazioni mantengono la capacità di adattarsi a situazioni nuove senza obbligare le persone a riorganizzare costantemente il proprio sistema di pensiero. Cap.4 L’incontro tra le persone Esperimento Milgram???? Il semplice fatto che due persone siano presenti nello stesso ambiente non si trasforma in un incontro interpersonale vero e proprio. C’è bisogno che si realizzino alcune condizioni sociali e psicologiche precise per far si che ciò avvenga, in primo luogo bisogna comprendere il significato del concetto di persona. Nella nostra lingua parlando di persona si possono intendere molteplici cose, come la denominazione generica di individuo, la funzione che ognuno svolge nella società e altri ancora. Nella prospettiva psico-sociale, il tema dell’elaborazione del concetto di persona e la definizione dell’incontro interpersonale, si intreccia con tre temi di studio: • Comunicazione faccia a faccia • Relazioni intime • Differenze di potere tra gruppi sociali La riflessione sulle relazioni interpersonali richiede di comprendere: • Le caratteristiche che distinguono le relazioni intime dalle altre forme di relazione • La struttura di base dell’incontro con l’altro emerge dalle prime relazioni interpersonali che il bambino sperimenta all’inizio della vita con le figure che si prendono cura di lui. La comprensione del proprio legame con l’altro è una condizione di base per la stessa sopravvivenza fisica e psicologica di ogni nuovo nato. Il semplice abbandono di un neonato ne causa la morte, anche per questo in molte culture negli ordinamenti legislativi di diversi paesi l’abbandono di minore si caratterizza come reato. Bowlby, noto per aver studiato per primo il concetto di attaccamento del bambino, notò che i bambini che esploravano con più intraprendenza l’ambiente in cui si trovavano, erano quelli che potevano contare sulla presenza della madre come base sicura. L’autore giunse a formulare una teoria che prevede che il bambino sia fin dalla nascita, biologicamente programmato per emettere dei segnali specifici alla madre in caso di bisogno e la madre sarebbe biologicamente indirizzata a rispondere accorrendo in aiuto. Questa relazione secondo Bowlby, sarebbe destinata a durare tutta la vita come relazione di attaccamento. Per comprendere la qualità della relazione di attaccamento Mary Ainsworth ha creato una procedura specifica in un laboratorio di osservazione: • Primo passaggio, mamma e bambino entrano nella stanza la quale è arredata con giocattoli di cui il bambino sarà attratto. Un’osservazione delle interazioni quotidiane tra un bambino e la sua rete sociale permette di cogliere una continua presenza di processi di scaffolding(impalcatura, ovvero quella relazione sociale che porta l’avanzamento nella zona prossimale di una persona). Il suggerimento dato dall’adulto può divenire una strategia interiorizzata, cioè adottata autonomamente dal bambino. Questo tipo di relazione di aiuto, funziona come un’impalcatura che innalza attorno a una costruzione, la protegge fin quanto cresce, ma una volta che la casa è terminata può essere messa da parte in quanto i muri stanno in piedi da soli. Le abilità che siamo in grado di raggiungere nascono sia dalla sollecitazione sociale, sia dall’impegno personale nell’interiorizzazione di quanto ci viene suggerito. Approccio psico-sociale delle rappresentazioni sociali inaugurato da Moscovici: • Attenzione posta sull’intreccio tra le dimensioni evolutive personali e le forme di interiorizzazione degli strumenti storico-culturale di lettura del mondo che provengono dal sociale • Questa teoria generalizza la necessità di passare da un approccio diadico (soggetto/oggetto) a un approccio triadico in cui il soggetto costruisce la sua rappresentazione dell’oggetto. • Esempio: famiglia Montessori si oppose alla decisione della figlia di voler studiare medicina, cosa che le malgrado le difficoltà riuscì a fare diventando nel 1896 la prima donna medico in Italia. Il primo aspetto evidente in questo esempio è come nella maggior parte dei casi, chi legge i suoi rapporti con gli altri nella maniere socialmente più diffusa, scambia la propria interiorizzazione delle rappresentazioni correnti del mondo, per un modo naturale e scontato di vedere l’altro ed interagire con esso. • La naturalizzazione quindi è l’aspetto più importante delle rappresentazioni sociali dominanti in una cultura in una certa epoca storica. Riflettendo sugli strumenti di interpretazione del mondo che provengono dal sociale e che agiscono sulla strutturazione dell’incontro, emerge il problema che a non tutti è riconosciuto lo stesso diritto di essere visti (e vedersi) come persone. • Chi appartiene ad un gruppo socialmente dominante è visto e tende a vedersi con caratteristiche singolari • Chi appartiene ad un gruppo socialmente dominato si vede ed è visto con caratteristiche di appartenenza al suo gruppo Nel linguaggio comune per parlare di una specifica funzione sociale in modo “neutro” si può adottare il maschile. Suonerebbe provocatorio usare il termine dottoressa per designare in modo neutro uomini e donne. La sicura irritazione ci mostra che la lingua non è mai neutra, ma al contrario esprime in se stessa i rapporti di potere che sono al momento consolidati nella società. Un ultimo livello di analisi da cui possiamo considerare gli aspetti psico-sociali dell’incontro interpersonale nasce dalla constatazione che ognuno, si trova immerso in una rete di interazione di cui solo alcune sono caratterizzate da un vero contatto interpersonale. • Una stessa persona può racchiudere in sé una molteplicità di percezioni e interazioni sociali • Ognuno gestisce questi molteplici registri di relazioni con gli altri, segnalando con l’uso di molteplici indizi e segnali comunicativi • L’esperienza di vivere in contesti culturalmente diversi porta allo sviluppo di una mente interculturale Considerando tutte le diverse forme di interazione quotidiana all’interno della vita sociale, l’incontro interpersonale è quindi solo una tra le diverse possibilità d’incontro. Ma anche il confronto con diverse società e culture nei diversi momenti storici mostra che sono rare le possibilità di incontrare l’altro considerandolo al pari di sé stessi, come una persona la cui libertà e unicità va rispettata. Cap.5 La comunicazione interpersonale Dall’analisi delle differenze tra comunicazione animale e comunicazione umana emergeranno alcuni temi centrali per comprendere la comunicazione interpersonale: • Diversità tra espressioni e segnali • Il rapporto tra comunicazione verbale e del corpo Nella comunicazione interpersonale esiste uno scarto tra l’intenzione del parlante e l’effetto comunicativo su chi ascolta. I processi di comunicazione sono alla base della conclusione delle relazioni tra le persone. La comunicazione è uno scambio di notizie sullo stato del mondo che avviene attraverso l’interazione con le persone. Anche negli animali può avvenire uno scambio di informazioni molto complesso: • Si pensi alle grida di allarme che gli uccelli emettono per la presenza di un pericolo • Gli animali oltre a cogliere il segnale dei propri simili, sanno distinguere segnali emessi da altre specie Gli animali imparano a riconoscere un suono specifico emesso dall’altra specie in modo che è del tutto simile a quello dimostrato dagli esperimenti di Pavlov(1927) sui processi di condizionamento: • Questo tipo di apprendimento avveniva secondo l’autore grazie al crearsi dell’animale di una memoria associativa che collegava il suono del campanello con l’arrivo del cibo • Dopo la creazione della memoria associativa, il campanello(stimolo condizionato) poteva agire anche in assenza dello stimo innato(cibo) poiché questo era già avvenuto diverse volte Negli animali non esiste alcuna evidenza che dica che l’animale che ha lanciato l’allarme lo abbia fatto intenzionalmente, cioè con lo scopo consapevole di voler avvertire gli animali presenti. Le maggiori differenze tra comunicazione animale e comunicazione umana sono: • Il comportamento innato degli animali nel trasmettere un segnale nel caso di pericolo • Il comportamento dell’uomo è flessibile ovvero non passa attraverso comportamenti innati ma trasforma esso attraverso segnali condivisi • L’animale può anche emettere false grida per godersi in pace il cibo trovato • La comunicazione umana, non soltanto innata, ma si basa sulla consapevolezza dell’esistenza di un noi La continuità tra comunicazione animale e umana riguarda: meccanici come un puro passaggio tra una mente e l’altra e l’assunzione che ogni trasferimento di informazioni implica sempre una distorsione. Un altro aspetto rilevante nel tema della distanza tra fonte e destinatario è quello dell’interpretazione. • Approccio semiotico: il punto centrale è comprendere come la mente umana possa scoprire l’aspetto familiare del simbolo cioè il suo far riferimento a un significato. La decifrazione del significato è vista come un processo reso possibile dalla mediazione di una referenza, ovvero una rappresentazione mentale di aspetti dell’esperienza vitale, che è posseduta da chi parla e da chi ascolta • Approccio pragmatico: pone al centro l’interazione tra testo e contesto, la pragmatica si occupa di uso di significati, relazione tra segno e interpretante e rapporto fra testo e contesto. Ogni comunicazione può essere considerata come un’azione, che si svolge tra 3 livelli: atto locutorio (A dice voglio bere), atto illocutorio (esprime un desiderio), atto perlocutorio (ottiene un effetto). L’approccio psicologico cerca di considerare in profondità come la comunicazione esprima uno scambio di contenuti e il tipo di relazione in cui si trovano coloro che comunicano, il modello che affronta maggiormente questo tema è quello sviluppato dalla scuola di Palo Alto in California, 1967 • Considera la comunicazione come una serie di sequenze circolari • La situazione di simmetria avviene quando c’è un contrasto, nella definizione dell’equilibrio di potere espressa nella comunicazione (vecchia coppia, discussione senza fine) • Nella discussione della vecchia coppia la simmetria non riguarda il contenuto, quanto il fatto che nessuno vuole cedere all’altro il potere di parlare sulla loro comunicazione. • La scuola di Palo Alto ha sviluppato una descrizione della comunicazione che permette di cogliere in che modo alcune sequenze comunicative siano inefficaci e pericolose per il benessere delle persone coinvolte. -1 assioma: non si può non comunicare; -2 assioma: ogni contenuto ha un aspetto di contenuto e relazione; -3 assioma: la natura delle relazioni dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione. -4 assioma: gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico sia con il modulo analogico. -5 assioma: in ogni comunicazione la relazione tra le parti potrebbe essere simmetrica o complementare. A questo approccio si oppone una definizione, in essa l’aspetto centrale dello scambio comunicativo interpersonale si basa sulle possibilità di incontro tra 2 intenzioni espresse dalla fonte e dal destinatario: • Trasmettere intenzionalmente un messaggio all’altro • Il messaggio non può arrivare se l’altro non si pone intenzionalmente in ascolto Tramite prevedibilità e regolarità degli scambi comunicativi intenzionalmente costruttivi che le relazioni si approfondiscono e portano alla profonda intesa che cambia e si rinnova con l’evolversi delle persone. Cap.6 La relazione nei gruppi Nel 1927 Mayo, docente di Harvard, venne incaricato dalla Western Electric Company di risolvere un problema fondamentale per qualsiasi impianto industriale , come aumentare la produttività? In quegli anni negli stabilimenti Hawrthorne il lavoro era organizzato secondo il paradigma taylorista • Mayo affrontò la situazione degli stabilimenti agendo sulle condizioni di lavoro delle operaie, confrontando la produttività al variare di variabili fisiche (come l’illuminazione della stanza). • Si accorse però che la produttività era legata a fattori motivazionali e sociali prettamente umani • Questo risultato noto come effetto Hawthorne, fu alla base del Human Relations Movement, un approccio di ricerca sviluppato nella psicologia del lavoro L’idea che il gruppo sia un insieme da considerare unitariamente ci rimanda ai principi fondamentali della Gestalt e in particolare al principio secondo cui le proprietà del tutto non sono equivalenti alla somma delle proprietà delle parti. Secondo Lewin il gruppo è una totalità dinamica basata sull’interdipendenza tra le parti a. Diverso dalla somma delle parti b. Interdipendenza percepita(del destino), interdipendenza del compito(diretta) Un gruppo classicamente si distingue tra: • Gruppo sociale, individui che interagiscono con regolarità sviluppando aspettative reciproche e identità condivise • Aggregato, individui che si trovano nello stesso luogo allo stesso momento senza condividere legami • Categoria sociale, classificazione effettuata “dall’esterno” ad un esempio:raggruppamento statistico • Gruppi primari, legati da vincoli emotivi come famiglia e amici • Gruppi secondari, legati da uno scopo pratico come per lavoro In psicologia sociale si sottolinea sempre più il ruolo della percezione dell’appartenenza ad un gruppo. Per Levine e Moreland(1994), l’evoluzione del gruppo può essere ricondotta a tre elementi: • Valutazione: sforzo individuale per aumentare la convenienza reciproca, essa si evidenzia quando un gruppo sviluppa aspettative nei confronti di un determinato gruppo a cui vuole appartenere e viceversa quando un gruppo gestisce le discrepanze tra comportamento atteso ed osservato. • Impegno: stima della convenienza in rapporto a esperienze passate e presenti e aspettative future in rapporto a possibili alternative • Transizione di ruolo: riformulazione del rapporto individuo-gruppo Le condizioni minime per parlare di gruppo secondo: • Sheriff : il gruppo è un’unità sociale che consiste di un insieme di individui i quali in un dato momento si trovano in relazione di reciproca interdipendenza di status e ruolo e che, implicitamente o esplicitamente, possiedono un insieme Jains 1972, propone di identificare una forma dannosa di processo decisionale dei gruppi, definita una sindrome del processo decisionale e ciò avviene per l’elevata coesione del gruppi, l’isolamento di ciò che decide e l’assenza di una leadership Wegner 1998, si concentra sul processo di interazioni che si sviluppa all’interno dei gruppi, l’apprendimento nasce dall’interazione. L’autore sposta l’attenzione alle comunità pratiche, le persone appartenenti ad esse condividono un obbiettivo e imparano le une dalle altre come perseguirlo in modo creativo. Le comunità pratiche sono caratterizzate da: • Impegno reciproco, prevede che i componenti si riconoscano come complementari e che realizzino e condividano uno stesso obbiettivo • Impresa comune, si riferisce al coordinamento tra obbiettivi individuali e condivisi • Repertorio condiviso, ovvero l’insieme dei significati, gesti, abitudini e parole condivise che consentono ad un gruppo di interagire in un modo dotato di senso per i suoi membri • Le comunità pratiche, si concentrano sull’interazione reciproca per la comprensione dell’evoluzione del gruppo, mettendo al centro dell’interesse la comunicazione. La comunicazione è fondamentale nell’emergere delle norme, è legata alla definizione di ruoli e status ed è centrale nell’identificazione del leader. Cap. 7 Pregiudizi, stereotipi e relazioni tra gruppi Le dinamiche psicologiche sono influenzate dal fatto che le persone appartengono a gruppi sociali. In relazione alle proprie appartenenze di gruppo, l’individuo sviluppa un forte senso di identità sociale, che lo porta a sopravvalutare tutto ciò che riguarda i gruppi di cui fa parte e su questo sfondo vengono alla luce il tema del pregiudizio e degli stereotipi. Nello studio di questi temi esistono due prospettive: 1. Prospettive di tipo individualistico, che puntano a spiegare i fenomeni in relazione alle caratteristiche delle persone 2. Prospettive di tipo costruzionista e culturalista,che sottolineano la dimensione sociale 1-Il tema dell’identità sociale è uno degli ambiti di studio più importanti della psicologia sociale. Si è sviluppato grazie all’impulso di Tajfel e dei suoi allievi, questo filone ha costituito a partire dagli anni ’70, uno degli aspetti qualificanti della reazione “europea” alla versione troppo individualistica della disciplina, soprattutto negli Stati Uniti. Una delle modalità con le quali il nostro sistema cognitivo fa fronte alla complessità del mondo è la categorizzazione, ovvero la tendenza a raggruppare gli oggetti della nostra conoscenza in insiemi. Questo processo possiede dei vantaggi in termini di rapidità ed economia di risorse cognitive, ma presenta anche conseguenze potenzialmente rischiose: • Si verifica un fenomeno che si definisce accentuazione percettiva, ovvero data una categorizzazione si tenderà a considerare più omogenei di quanto in realtà non siano, gli oggetti di quella categoria e più differenti di quanto in realtà non siano gli oggetti di una categoria differente. Il giudizio che diamo su una determinata categoria di oggetti, è solo in minima parte frutto di un esperienza diretta e una volta che una categorizzazione si è costruita, orienta la nostra conoscenza. Alcune categorizzazioni del mondo sociale sono cariche si significato come l’appartenenza etnico-culturale, la lingua, l’ideologia, il genere, la religione ed altre ancora. Il concetto di identità sociale è considerato il nucleo del contributo dato dalla Teoria dell’identità sociale(Tajfel): Tajfel sostiene che possiamo definire l’identità sociale come quella parte dell’immagine di sé che ciascuno di noi ricava dalla consapevolezza delle proprie appartenenze. In questo senso si parla di auto categorizzazione ovvero la tendenza ad individuare in ogni momento della propria esistenza il livello di categorizzazione più adatto alla propria descrizione. Perciò si realizza un favoritismo per il gruppo di appartenenza definito ingroup e un tendenza a sfavorire il gruppo di non appartenenza detto outgroup. • Di questo tema si sono occupate anche l’antropologia e la sociologia, nell’ambito delle quali è stato sviluppato il concetto di etnocentrismo con cui si intende la tendenza di un popolo a considerare le proprie idee e i propri stili di vita superiori a quelli degli altri. In psicologia sociale sono stati chiariti in dettaglio i processi mentali attraverso tale favoritismo si realizza: • Un primo bias è collegato con il fenomeno dell’accentuazione percettiva. Tendiamo a distinguere con difficoltà i singoli membri dell’outgroup, apparendoci come unico blocco, favorendo l’adozione degli stereotipi. • Un secondo bias riguarda i processi di attribuzione, il forte investimento affettivo che facciamo a favore dell’ingroup. Tendendo ad attribuire i comportamenti positivi di un membro dell’ingroup ai suoi meriti, mentre i comportamenti positivi dell’outgroup a cause esterne. Da ciò può derivare una condizione psicologica di disagio l’ansia intergruppi, con una minore attenzione dei vantaggi che potrebbero derivare dall’interazione e minore disponibilità ad approfondire relazioni sul versante personale. I comportamenti intergruppi sono delle modalità di percezione, valutazione e azione che tenderemo ad attivare nel momento in cui ci troviamo ad interagire con gruppi diversi. Sherif è stato uno dei primi psicologi sociali a porsi il problema di studiare la relazione tra gruppi come una condizione sociale specifica. Gli studi che ha condotto con i suoi collaboratori(tra cui la moglie Caroline), costituiscono un punto di riferimento anche sotto il profilo metodologico. Fu la prima volta che tematiche di questo genere venivano studiate con una ricerca empirica, in un ambiente controllato e secondo procedure standardizzate (1948/54) • Esperimenti condotti in campi estivi, ragazzi 11-12 anni che non avevano precedenti legami, sembrava un campo estivo ma era un vero laboratorio di psicologia sociale all’aperto. Lo staff aveva la funzione di osservazione partecipante. • Obbiettivo1 : studiare le diverse fasi in cui si andava strutturando il sistema di relazioni sociali, la nascita delle preferenze personali, la formazione dei gruppo e lo sviluppo del conflitto con conseguenti possibilità di controllo e riduzione. • Ricercatori fecero entrare i due gruppi in contatto mettendoli in competizione con varie sfide e posta in palio. Immediatamente i gruppi iniziarono a sviluppare ostilità reciproca e con l’aumentare dell’ostilità aumentava la coesione e una riorganizzazione del gruppo. • Obbiettivo2 : studiare l’efficacia di diverse strategie per la riduzione della conflittualità e ci fu un reale miglioramento quando i gruppi vennero messi ricerche hanno evidenziato l’esistenza di diversi livelli di radicamento del pregiudizio, distinzione introdotta da pettiere e meertens 1995: • Pregiudizio manifesto, esprime in maniere diretta l’ostilità • Pregiudizio latente, esprime in maniera indiretta e non intensionale l’ostilità La forma più nota e socialmente pericolosa di pregiudizio è quella che riguarda l’appartenenza etnica e che può tradursi in razzismo. Attraverso il linguaggio, il pregiudizio diventa un elemento condiviso. Billig parla di razionalismo banale intendendo che il concetto di nazione costituisce parte costante della nostra interpretazione degli eventi, sottolineando l’unicità di coloro che condividono una patria ed escludendo coloro che non né fanno parte; è attraverso processi di questo tipo che il pregiudizio entra nella vita quotidiana delle persone. Un tema sempre più centrale nella società è l’incremento dei flussi migratori verso i paesi più sviluppati, che ne stanno trasformando la struttura socio-demografica e culturale. Questo tema è uno degli terreni su cui si è sviluppato il confronto tra l’approccio cognitivo e l’approccio costruzionista-culturalista che si fonda su differenti concezioni della mente e del rapporto tra mente e comportamento: • Idea che rapporto tra diversi posso essa essere interpretato alla luce di processi di risparmio di risorse cognitive • Idea che il rapporto tra diversi, sia in primo luogo un rapporto tra differenti mondi culturali e universi di senso La psicologia sociale è tenuta a rispondere su quali possono essere le conseguenze tra l’incontro di gruppi e culture differenti, due posizioni: 1. Vede l’incontro come fonte di un possibile miglioramento della relazione, dato che l’interazione è un occasione per migliorare le proprie conoscenze e superare i pregiudizi 2. Ha evidenziato come l’incontro possa invece innescare, una radicalizzazione dei pregiudizi Intorno a questo tema si è sviluppato un settore di studio, noto come filone del contatto intergruppi. Esso ha individuato strategie tese a manipolare la percezione dei confini categoriali e delle modalità di appartenenza delle persone alle categorie sociali. In particolare sono state identificate 3 strategie: 1. De-categorizzazione, vengono evidenziate le caratteristiche distintive degli individui 2. Ri-categorizzazione, ridefinita l’appartenenza categoriale delle persone facendole sentire parte di un insieme più che grande che le accomuna 3. Sub-categorizzazione, dove viene favorital’individuazione, all’interno della più ampia categoria dell’outgroup, che possono essere considerate corrispondenti agli stereotipi • Queste strategie sono utili alla riduzione della conflittualità intergruppi, ma uno dei problemi è che quando il contatto abbia avuto un esito positivo, si possa tendere a circoscrivere la positività dell’esperienza alle specifiche persone, senza estenderla a gruppo. Per non incorrere in questo inconveniente sono stati sviluppati modelli teorici che mirano a ridurre gli aspetti negativi, senza però ridurre la percezione dei confini categoriali : • Mutua differenziazione intergruppi, le persone di incontrano nella convinzione che ciascuno dei gruppi riconosce nell’altro la legittimità della sua esistenza • Categorizzazione incrociata, nell’interazione viene messo in evidenza il fatto che ciascuno appartiene a molte categorie diverse Il punto di vista maschile e quello femminile sul mondo, si pongono come universi di senso distinti, che fanno riferimenti a valori e modelli di comportamento differenti, per cui la relazione tra uomo e donna assume spesso caratteri di una vera e propria comunicazione interculturale. Diversi modelli teorici sono stati sviluppati per rendere conto di ciò che succede quando le culture si incontrano, i diversi modelli esprimono le differenti condizioni storiche economiche e socio-politiche nelle quali l’incontro tra le culture si realizza, ma anche i diversi modi di concepire la cultura. Storicamente i modelli dell’incontro tra le culture hanno oscillato tra 2 modeli: • Melting pot (diversi metalli che si fondono) a partire dai quali si è costituita l’attuale popolazione degli stati uniti • Assimilazione secondo il quale ci si aspetta che le minoranze si integrino nel mondo culturale della società che le accoglie, assumendo valori e stili di comportamento, annullando la cultura di provenienza Modelli alternativi fondati sulla convinzione che una buona convivenza debba basarsi su un riconoscimento e mantenimento della differenza, secondo la strategia di mutua differenziazione intergruppi. Questa strategia corrisponde al modello della multiculturalità: • Secondo questo modella la società contemporanea si è caratterizzata sempre più in termini di convivenza tra le diversità che devono accettarsi reciprocamente • In questo quadro l’armonia sarebbe assicurata in quanto nessuno si sente minacciato dalla presenza degli altri, la metafora è quella della salad bowl, ovvero la società come una ricca insalata • Critiche: il principio del relativismo è condivisibile laddove riguardi le modalità concrete di organizzazione, è problematico quando implica il riferimento a valori che siamo abituati a considerare universali (esempio velo mussulmano). Il modella della multiculturalità resta ancorato a una prospettiva separatistica: ognuno vive nel proprio spazio I modi di pensiero delle persone cambiano in cui entrano in contatto con culture diverse, ciò è definito acculturazione, processo studiato nell’approccio cross- culturale, come luogo effettivo in cui lo scambio degli strumenti culturali si realizza. Berry 1990, sviluppò uno dei più noti modelli di acculturazione: • Nel caso dell’immigrazioni, una persona cresciuta in una cultura si trova a ricostruire il proprio ambiente in una altro contesto culturale, Berry sostiene che l’integrazione o meno dipende dall’incrocio di due variabili 1) valore che si assegna al mantenimento delle proprie tradizione 2) valore che si assegna alle relazione con gli altri gruppi • Questo modello l’identificazione col proprio gruppo non sia incompatibile con un altro gruppo, ciò accade soprattutto con i giovani. • Critiche: non coglie le molteplici diversità all’interno delle culture e nei processi di cambiamento Sono stati proposti modelli alternativi: in cui l’acculturazione è studiata come un processo di continuo confronto tra le varie voci dei molteplici interlocutori con i quali si costruisce la propria identità personale e sociale. Hyphenated identity (doppia identità è una pratica comune nei paesi con alta immigrazione come Stati Uniti e Canada dove si trovano le diverse comunità etichettate come italo-americani, afro-americani ecc. Il modello relazionale della comunicazione, sostiene che essa non è mai una semplice trasmissione di informazioni ma è uno scambio costante di informazioni su • I movimenti del corpo del bambino sono governati dalla memoria delle botte subite, e la riflessione dell’adulto si dovrà concentrare sulle altre gravi tracce che queste esperienze negative hanno inciso nella memoria del bambino. Poiché un bambino ha bisogno della relazione con una figura di attaccamento per la sua sopravvivenza psicologica, è probabile che esso sia arrivato alla conclusione che la violenza subita sia frutto di una sua responsabilità. 1. Nel momento della difesa dei colpi osserviamo la memoria che si è impressa nel corpo del bambino cioè una memoria procedurale. 2. Nel ricordo delle situazioni in cui è stato picchiato, riflettiamo sulle tracce che questo ha lasciato nella memoria episodica. 3. Nel modo in cui il bambino giustifica i maltrattamenti del genitore si hanno le tracce delle modificazioni che questa esperienza di violenza ha provocato sulla sua memoria semantica, ovvero sull’organizzazione dei significati che il piccolo usa per dare senso e per comprendere se stesso, il mondo e ciò che gli accade. Le aspettative sociale e le norme che guidano il comportamento degli adulti verso i bambini cambiano trasversalmente da una società ad un'altra, oppure nella stessa società a seconda delle origini culturali; e cambiano longitudinalmente da un momento storico ad un altro. Anche chi non ha mai affrontato uno spostamento geografico, deve oggi confrontarsi con la novità storica del mescolarsi sempre più accelerato di artefatti storico-culturali diversi. La posta in gioco è una nuova forma di adattamento all’ambiente sociale, che si potrebbe realizzare solo con la diffusione di una mente multiculturale. Un riflesso è una forma di risposta dell’organismo a quanto accade nell’ambiente, basata sulla connessione immediata tra una percezione e una reazione motoria dell’organismo. L’arco riflesso unisce la percezione allo stimolo da parte di un neurone sensorio e il comando di azione da parte di un neurone motorio. I riflessi sono finalizzati a proteggere con la massima tempestività la sopravvivenza e il benessere dell’organismo. L’apprendimento che comporta la modificazione di un funzionamento di base del corpo diventa anche una fonte di informazione sulla persona che lo esibisce, ad esempio per un bravo osservatore sa capire che una certa posizione dei piedi di una donna, ferma in condizione di riposo, vuol dire che la donna nella sua infanzia a studiato a lungo danza classica. Lo stesso vale per il riflesso di difesa del bambino che denuncia le ripetute esperienze di maltrattamento subite. Oltre alla formazione dei riflessi condizionati esiste una complessa educazione all’uso del corpo che riguarda la capacità di acquisire un modo di muoversi più o meno adeguato rispetto ad alcuni copioni o scripts. Una delle maggiori difficoltà che si possono incontrare nelle nuove società interculturali nasce dall’incomprensione reciproca che divide chi usa scripts(atteggiamenti/modi) culturalmente diversi di fronte a situazioni simili. • Un copione è un tipo particolare di schema di memoria in cui si è guidati da una conoscenza generale della sequenza in cui la propria azione dovrebbe svilupparsi nel tempo, di fronte a una situazione specifica Incomprensione che si crea tra persone abituate ad usare scripts diversi può dare origine ad un grave disagio, in particolare quando gli scripts riguardano situazione consequenziali: • Gli scripts emozionali, ovvero sequenze di azioni che vengono eseguite per esprimere le proprie emozioni in situazioni socialmente significative Per cogliere meglio la complessità del tema del riconoscimento delle espressioni emotive si può far riferimento alle osservazioni sviluppate da Freud sulla statua del grande Mosè di Michelangelo in San Pietro in Vincoli. Questa statua rappresenta Mosè seduto che stringe a se le tavole della legge, guarda con occhi infuocati verso la sua sinistra, dove immaginiamo che stia vedendo la costruzione del vitello d’oro. La comunicazione tra Michelangelo e Freud non sarebbe potuta avvenire in profondità in assenza di un codice comunicativo innato, che passa attraverso movimenti corporei che esprimono emozioni e che rimangono sempre gli stessi in tutti i tempi e culture. Freud conosce approfonditamente la bibbia, la sua interpretazione sta soprattutto nel cogliere la regolazione dell’emozione applicata al personaggio. Nella sua interpretazione Freud intreccia la sua conoscenza gli scripts di espressione emotiva propri della cultura ebraica, con il riconoscimento del nucleo emotivo universale, rappresentato nella statua. Nella vita quotidiana raramente si dispone di tempo e risorse interpretative estese, di fronte alle emozioni degli altri. Per questo se qualcuno si esprime usando una scripts emozionale culturalmente diverso dal nostro è frequente entrare in una situazione di difficoltà interpretativa. Di fronte a un malinteso interculturale spesso si risolve la difficoltà ricorrendo a veri pregiudizi. Nella riflessione condotta sulle dimensioni storiche e culturali delle memorie procedurali si è visto come il corpo può comunicare, una parte importante del mondo interiore unendo informazioni che derivano da forme innate e informazioni che derivano da una lunga prassi di interiorizzazione di uso del corpo che sono specifici della propria cultura. La relatività storico-culturale si rende visibile nelle memorie procedurali nell’uso di strumenti linguistici • Questa concezione è stata sintetizzata da Lucien Fèbvre: una mentalità può essere descritta notando le parole che mancano in un epoca e la cui nascita segna il passaggio ad un'altra mentalità. Nell’analisi dei cambiamenti nel tempo e nelle società del lessico emotivopossiamo osservare quanto la comprensione degli eventi e delle proprie reazioni cambia storicamente e culturalmente perché si svolge di nuovo su un doppio registro: innato e acquisito. Un numero di ricerche empiriche mostra come i movimenti innati espressivi delle singole emozioni abbiamo un’azione informativa di ritorno(feedback) sulle persone che li effettuano. Una parte della comprensione delle nostre emozioni nasce da feedback informativo che ci deriva dai movimenti del nostro corpo. L’ultimo aspetto che esaminiamo per comprendere il tema dell’influenza delle dimensioni storiche e culturali riguarda l’esempio dei ricordi personali delle violenze che hanno contrapposto in passato il proprio gruppo con gli altri. Questo è chiaro come bisogno individuale di difendere l’aspetto positivo della propria identità sociale. • Studi internazionali sulle memorie collettive di diversi gruppi ha mostrato la tendenza a dimenticare gli episodi di indegnità morale in cui il proprio gruppo ha usato violenza verso un gruppo incolpevole • I processi di incontro interculturale posso essere quindi esaminati come un difficile dialogo tra memorie collettive differenti • Studi recenti propongono l’idea che l’effetto nel tempo della violenza passata, trovi nell’emozioni un ostacolo da superare e un potente mezzo di risanamento delle relazioni intergruppi. Un altro filone di ricerca riguarda il cambiamento nei processi psicosociali intergruppi: l’idea che uno spazio di riconciliazione tra gruppi si apre ogni volta che una narrazione veritiera diviene socialmente più diffusa. Ancor meglio è l’idea trattata da Foucault 1983 che comunicare a una persona una notizia difficile significa trattarla come una persona forte capace di affrontare le difficoltà. La Parrhesia conduce a un effetto di rafforzamento(empowerment) della posizione sociale di coloro verso cui è diretta. Studi recenti sostengono che l’aspetto più generale che emerge dalla riconciliazione tra i gruppi è l’impossibilità di dividere gli aspetti personali dagli aspetti sociali.
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