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Riassunto La Repubblica di Weimar - Gunther Mai, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Riassunto dettagliato del libro

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Caricato il 28/08/2020

AntoineDoinel
AntoineDoinel 🇮🇹

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Scarica Riassunto La Repubblica di Weimar - Gunther Mai e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! INTRODUZIONE Tra il 1929 e il 1930, un episodio apparentemente irrilevante come il lieve aumento dei contributi previsti per l'assicurazione di disoccupazione, aveva portato alla fine della gramde coalizione guidata dalla Spd e all'ascesa della Nsdap con il passaggio ad un regime presidenziale autoritario. Nel 1930 la lotta al potere premiò l'industria e penalizzò Spd e sindacati. Nel 1933 era in atto uno scontro tra il potere dell'industria e quello dell'agricoltura. Sia i sindacati che gli industriali erano d'accordo che un rincaro dei generi alimentari avrebbe aggravato le condizioni dei lavoratori e dei sei milioni di disoccupati ma avrebbe ridotto ancora di più la domanda di prodotti agricoli e industriali. Gli agricoltori accusavano il commercio estero per la loro difficile situazione ma non vennero ascoltati, pur riuscendo a scongiurare una ulteriore riduzione dei terreni coltivabili che avrebbe portato ad una radicalizzazione dei contadini. Gli agrari riuscirono così a far cadere il governo Schleicher. Gli industriali temevano che il governo Hitler- Papen che si andava delineando si sarebbe sbilanciato troppo verso l'agricoltura. Cercarono quindi di convincere Hitler che era necessario favorire l'espansione dell'export per creare nuova occupazione. Anche il Zentrum chiese a Hitler se era favorevole per favorire il mercato interno, cioè l'agricoltura, così come aveva fatto Darrè, il suo esperto di questioni agricole. Alla base di questo conflitto c'era la domanda se il Reich fosse uno Stato industriale o agricolo. Domanda che era sorta già all'inizio del XX e che il Reich imperiale aveva risolto optando per l'agricoltura che stava però perdendo importanza per l'economia nazionale. La monarchia aveva il suo zoccolo duro nel ceto nobiliare che culturalmente ed economicamente era ben radicato nelle campagne e nell'agricoltura, soprattutto in Prussia. Quando nel 1918 venne meno la posizione privilegiata riservata ai nobili dalle costituzioni del XIX, la bilancia si spostò verso l'agricoltura a conferma dei nuovi rapporti di forza che cominciavano a caratterizzare la società. Non fu un cambiamento repentino, perché l'aristocrazia, pur privata ovunque dei privilegi legali e di rappresentanza, aveva ancora solide basi economiche, politiche e culturali nelle campagne. D'altra parte però, la grande proprietà terriera perse il sostegno dei contadini che cominciarono a riunirsi in propri partiti e associazioni. Non andava meglio in ambito industriale visto che sindacati e imprenditori erano divisi su tutto, cosa che si ripercuoteva anche sui rispettivi referenti politici che si ostacolavano a vicenda. Si era dunque creata una situazione da cui sembrava si potesse uscire solo con la violenza: con una rivoluzione dal basso o con una dittatura dall'alto. Negli anni Trenta era impossibile che in Germania si creasse un fronte popolare simile a quello che arrivò al potere in Spagna e Francia a causa della eccessiva rivalità tra i due principali partiti della sinistra: Spd e Kpd. Quindi chi avrebbe potuto risolvere il conflitto tra industria e agricoltura? Papen e Hugenburg (primo ministro dell'economia dopo la salita a potere di Hitler) erano filo-agrari e anche Hitler doveva tener conto della componente filoagraria del suo partito. Hugenburg si dimise a luglio 1933, Papen a luglio 1934. Nel 1936 con il varo del piano quadriennale si decise che l'agricoltura avrebbe avuto un ruolo marginale rispetto all'industria. La repubblica di Weimar dovette fronteggiare il passaggio da una società agricola a una capitalistico-industriale, quello che avvenne in tutta l'Europa e nelle Americhe. A dare slancio a questo cambiamento fu la prima guerra mondiale che rappresentò una sorta di rivoluzione a cui seguì la ricerca di nuovi modelli politico-sociali tra le due guerre. Questi modelli che si delinearono nell'Europa di quel periodo furono cinque: - europeo occidentale, basato sulla ricerca di un consenso parlamentare - scandinavo, basato su equilibrio parlamentare tra socialdemocrazia e contadini - tedesco e italiano, basato sul totalitarismo - europeo orientale e meridionale, basato su dittature e sviluppo tramite autoritarismo - russo, basato cul comunismo e bolscevismo. La dittatura era un esperimento nuovo. Per molti Paesi il modello fu il fascismo, una democrazia guidata, come la definì Mussolini, che scese a patti con le élite di potere e favorì l'equilibrio tra agricoltura e industria, tollerò un certo pluralismo nel sistema ma represse l'opposizione, si appoggiò ai militari ma cercò la legittimazione popolare. Anche Weimar guardava con interesse al fascismo, credendo di poter sacrificare la repubblica per la dittatura presidenziale. La dittatura tedesca fu la decima ad essere instaurata in Europa. All'inizio della Seconda guerra mondiale solo 11 Stati europei su 28 erano democrazie parlamentari, a conferma di quanto fosse precario il sistema politico europeo e anche mondiale creatosi dopo la prima guerra mondiale. Il parlamentarismo non sopravvisse nei paesi sconfitti, la popolazione non accettò le trasformazioni e le dure clausole dei trattati di pace. Le dittature furono precedute da periodi di conflitti e guerre civili. I sistemi politici non riuscirono ad arginare i cambiamenti dovuti al dopoguerra, al passaggio da una economia agricola a una capitalistico-industriale, alle crisi economiche, e si disgregarono. Ne scaturirono continui cambi di governo e instabilità che favorirono il dilagare del ribellismo. Le democrazie parlamentari riuscirono ad avere la meglio sulle rivoluzioni provenienti da sinistra ma non di quelle provenienti da destra. Paesi che durante e dopo la prima guerra mondiale erano rimasti neutrali o usciti vincitori, come Svizzera, Francia e Inghilterra, pur attraversando momenti interni difficili, potevano contare su sistemi parlamentari solidi. In questo contesto non si pu considerare quella di Weimar come una repubblica debole a causa �considerare quella di Weimar come una repubblica debole a causa delle possibilit non sfruttate per diventare la prima vera grande democrazia europea. I motivi a �considerare quella di Weimar come una repubblica debole a causa cui vengono attribuiti le cause del fallimento di Weimar sono diversi: la sconfitta nella prima guerra mondiale e il trattato di Versailles; l'articolo 48 della costituzione che conferiva al presidente del Reich il potere di adottare le misure necessarie per ristabilire l'ordine senza specificare un limite; un sistema elettorale che favoriva la frammentazione dei partiti; i complotti delle vecchie 駘 ite di potere, dalla casta militare, all'aristocrazia, alla propriet terriera, all'industria; le pretese dei �considerare quella di Weimar come una repubblica debole a causa sindacati che misero in crisi l'economia. CAPITOLO 1 - RIVOLUZIONE E CONTRORIVOLUZIONE 1918-1924 Nel 1914 il Kaiser Guglielmo II aveva annunciato la tregua alla lotta parlamentare necessaria per l'entrata in guerra della Germania. Il Kaiser, anziché reprimere la Spd voleva integrarla per il bene comune della "guerra difensiva" e avviare una riforma della socialdemocrazia. I socialdemocratici, a loro volta, il 4 agosto 1914 avevano approvato i crediti di guerra proprio per sfruttare l'opportunità di essere integrati in modo duraturo nel sistema politico, anche dopo la guerra. In realtà era una riconciliazione che poggiava su basi fragili ma che aveva ottenuto lo scopo di spiazzare gli oppositori di destra e di sinistra. Questi non tardarono però a farsi sentire quando si capì che la importante della piramide dei consigli. Una sorta di legittimazione sia dalla rivoluzione dal basso che dalla rivoluzione dall'alto. Come organo di governo il consiglio ebbe poteri quasi dittatoriali ma allo stesso tempo era controllato dai consigli essendo una loro "creatura". Si creò quindi un dilemma: se avesse agito come organo rivoluzionario agli ordini dei consigli combattendo contro le vecchie forze di potere sarebbe andato incontro ad una conflitto con la Reichswehr. Se invece avesse operato come governo di transizione "snobbando" le forze di sinistra si sarebbe rischiata una guerra civile contro i loro stessi compagni. La Mspd si schierò contro i consigli con la speranza di raggiungere un proprio consolidamento interno, allearsi con i consigli sarebbe stato incerto. Durante la prima fase i consigli degli operai e dei soldati non erano un organo rivoluzionario di sinistra ma un organo di stablizzazione. I consigli fecero causa comune con i partiti radicali contro la guerra e la fame. Ai livelli più bassi i consigli dei soldati erano composti da appartenenti al ceto medio. Si radicalizzarono solo quando l'Ohl cominciò a combatterli apertamente e nel gennaio del 1919 cercò di togliergli potere con l'appoggio di Ebert e di Noske, ministro della Difesa. I componenti dei consigli dgli operai invece nelle grandi città erano stati eletti nelle fabbriche, nei piccoli centri da assemblee popolari e, al contrario delle grandi città, provenivano dal ceto medio o dalle campagne. Primo congresso dei consigli del Reich - Tra il 16 e il 21 dicembre 1918 a Berlino si svolse il primo congresso dei consigli del Reich: 300 erano del Mspd, 100 della Uspd, 10 dello Spartakusbund e i restanti rappresentavano i partiti borghesi. Con una composizione così varia i consigli si reputavano strumenti di transizione che al servizio del movimento operaio e chiesero la convocazione di un'assemblea costituente. La seconda fase dei consigli durò fino a maggio 1919 e fu caratterizzata dalla radicalizzazione dei consigli che si avvicinarono sempre più alla Uspd ma senza riuscire ad organizzarsi a causa del loro carattere spontaneistico. La radicalizzazione dei consigli creò tensione con la Mspd che continuava a reputarli come strumenti di transizione, mentre la Uspd che prima spingeva per arrivare il prima possibile all'assemblea costituente, ora frenava per avere tempo di realizzare le riforme strutturali. Le posizioni erano inconciliabili: la Mspd era compatta e sostenuta dai borghesi e dall'apparato burocratico del governo, la Uspd divisa finì per diventare minoranza nel consiglio dei commissari del popolo. Stava perdendo forza e non faceva già più parte del consiglio centrale della repubblica socialista tedesca eletto a massimo organo dei consigli e di cui faceva parte solo la Mspd. Il 28 29 dicembre ci fu quindi una crisi di governo causata dalla cosiddetta battaglia di Natale a Berlino: per ottenere il saldo dei suoi pretesi crediti la divisione popolare di marina catturò il comandante della piazza e occupò il quartier generale e il castello. Ci furono scontri con la Ohl. Con il conseguente calo di consensi per la Mspd e Uspd, la sinistra radicale guidata da Rosa Luxemburg e Karl Liebeknecht passo all'azione. Il 1 gennaio 1919 insieme fondarono la Kpd e cercarono le dimostrazioni di massa per far cadere il governo che rifiutò di trattare e cercò di risolvere la situazione con la forza. Dagli ulteriori scontri che ne seguirono morirono gli stessi Luxemburg e Liebeknecht il 15 gennaio 1919. A questo punto la Mspd era sempre più nelle mani dei militari mentre la Uspd e il movimento dei consigli erano sempre più radicalizzati e capaci di attrarre la classe operaia. Tutto questo causò lo spostamento di forze nel paese. Da Berlino la rivoluzione si estese alla Ruhr, la zona delle miniere di carbone, e poi nelle zone industriali del paese. Il 10 gennaio a Brema venne proclamata una repubblica dei consigli. Uno sciopero generale a Berlino procurò 1200 morti e a Monaco ve ne furono mille. La Mspd aveva raggiunto l'obiettivo di realizzare la trasformazione politica per via costituzionale ma i morti causati dalla repressione della rivoluzione non potevano essere ignorati. Nonostante la radicalizzazione che cominciò nei primi mesi del 1919, l'Uspd rimase sempre all'insegna dello spontaneismo, al contrario della Spd e del Kpd che erano caratterizzate da un centralismo autoritario. 2. La legittimazione della rivoluzione: la Costituzione: La rapida convocazione di un'assemblea costituente e l'approvazione di una costutuzione era richiesta da tutte le forze: Spd, sindacati, partiti borghesi, dalla maggioranza dei consigli dei soldati e da molti consigli degli operai. Il congresso generale dei consigli del Reich fissò così la data dele elezioni al 19 gennaio a cui parteciparono per la prima volta anche le donne. La Spd prese il 37,9%, la Uspd solo il 7,6%. La maggioranza non andò quindi alla sinistra ma ai partiti borghesi: il Zentrum prese il 19,7%, il Partito Democratico Tedesco, i liberali di sinistra, il 18,5%. Benché fosse il primo partito, la Spd dovette trovare un accordo in seno all'assemblea costituente che si riunì per la prima volta a Weimar il 6 febbraio. Un altro motivo della ricerca di un accordo era dovuto alla rivoluzione che si era estesa nei Lander che si battevano per il mantenimento della struttura federale e non volevano ridurre le proprie competenze a favore del Reich. Di conseguenza tutti i partiti erano intenzionati a salvaguardare le proprie roccheforti regionali, anche la Mspd che più di ogni altro puntava ad uno Stato unitario centrale. Di fronte alle minacce di separatismo i commissari del popolo non poterono impedire che nei vari Lander si tenessero assemblee costituenti: la Uspd perse consensi ovunque mentre la Mspd era quasi ovunque il partito principale. La legge del 10 febbraio 1919 confermò l'impianto federale dello Stato. A causa della resistenza dei Lander venne abbandonata l'idea di uno stato federale con rilevanti tratti unitari, come lo aveva pensato Hugo Preuss nel suo abbozzo di costituzione qualche mese prima. Cadde così anche la proposta dello stesso Preuss della riforma del Reich che prevedeva la formazione di sedici territori del Reich con un conseguente smembramento. La riforma del Reich si limitò alla creazione dello stato libero della Turingia e all'annessione di Coburg alla Baviera e di Waldeck alla Prussia. "Il diritto del Reich prevale su quello dei Lander", secondo l'articolo 13, regola che valeva soprattutto in ambito tributario, così che i Lander divennero una sorta di "ospiti paganti" del Reich, ma mantennero l''autonomia in campo educativo e culturale. La struttura decentrata dello Stato favorì all'inizio l'estrema sinistra ma divenne poi terreno per il Nasdp che divenne primo partito in diversi Lander prima delle elezioni del 1933. Presidente del Reichstag e art. 48 - Il sistema proporzionale, che prevedeva il diritto di voto alle donne e l'elettorato attivo a 20 anni, in quanto rappresentante della volontà popolare "numerica" più che di quella "vera" non poteva conferire al Reichstag troppo potere per evitare il rischio di una dittatura parlamentare. Venne quindi contrapposto un presidente con ampi poteri, eletto dal popolo e che poteva essere destituito su istanza del Reichstag tramite referendum. Il presidente poteva sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni. A lui spettava la nomina del cancelliere e su proposta di questo anche dei ministri che dovevano avere anche la fiducia del Reichstag. Il presidente poteva poi ricorrere all'articolo 48, che gli attribuiva poteri straordonari. L'articolo 48 era una sorta di costituzione di riserva che consentiva al presidente di proclamare lo stato d'emergenza, di "adottare le misure necessarie al ristabilimento dell'ordine e della sicurezza pubblica quando fossero turbati in modo rilevante". Divenne spesso un potere dittatoriale a cui divenne prassi fare ricorso anche se non era in corso una vera minaccia, ma solo quando qualche importante funzione statale non poteva essere sbrigata secondo il normale iter legislativo. Elementi plebiscitari e corporativi causa di sfiducia nel parlamento - Il presidente aveva il potere di sottoporre al corpo elettorale ogni provvedimento varato dal parlamento, di conseguenza la sovranità di quest'ultimo era limitata. Inoltre un terzo dei deputati del Reichstag poteva ottenere la sospensione dell'entrata in vigore di una legge e con il 5% di parere favorevole degli aventi diritti al voto esigere che la legge venisse sottoposta al giudizio popolare. L'elemento corporativo era dato dalle categorie professionali come veri rappresentanti degli interessi del popolo, in particolare con il consiglio economico del Reich che partecipava al processo legislativo formulando pareri e presentando proposte di legge. Diritti e doveri fondamentali dei tedeschi secondo la Costituzione - La carta costituzionale era una sorta di compromesso che da un lato rifletteva l'equilibrio tra partiti borghesi e operai, dall'altro lasciava aperti sviluppi possibili di diverso genere: repubblica pluralistica con un'importante connotazione sociale o stato autoritario e presidenzialistico. Questa sorta di compromesso si ritrova anche nella parte dedicata ai diritti e doveri fondamentali dei tedeschi, seconda parte della costituzione divisa in cinque capi: persone singole, vita collettiva, religione e associazioni religiose, educazione e istruzione, vita economica. E' significativo che ii diritti fondamentali non fossero stati posti come fondamento della costituzione, ma alla sezione relativa alla vita economica sono chiaramente riconoscibili i tratti principali dello stato sociale: la giustizia come fondamento di un'esistenza degna; la promessa verso ogni tedesco di mantenere al suo sostentamento in caso non potesse contare su un lavoro; l'uso della proprietà come bene privato ma anche finalizzato alla causa comune; l'impegno a creare un diritto del lavoro e un sistema di assicurazioni sociali. Tentativi di socializzazione - L'assemblea costituente emanò una legge quadro e prese alcuni provvedimenti di socializzazione riguardo le miniere di carbone e potassio e al settore elettrico, ma che necessitavano di una legge attuativa. Ma sia la Mspd che la Uspd rimasero sempre restie alle richieste di soclializzazione. Per entrambi i partiti le richieste sarebbero state giustificate in un periodo di crescita economica. Inoltre né la Spd né i sindacati avevano una chiara idea di cosa significasse socializzazione. L'organizzazione dello stato sociale era ancora troppo acerba per considerare opere di socializzazione. Nella costituzione si preferì quindi usare l'espressione economia comunitaria. In caso di necessità economica che avrebbe richiesto l'intervento dello Stato, si sarebbe trovato un appiglio con l'articolo 165 che prevedeva una sorta di capitalismo organizzato. Solo nel 1920, in seguito al putsch di Knapp si posero le fondamenta dello stato sociale, grazie soprattutto a Heinrich Brauns, esponente del Zentrum, esperto di problematiche sociali. Tuttavia sia per il lavoro di preparazione che per la tattica di rinvio degli imprenditori, le norme entrarono in vigore solo nel 1923, troppo tardi per evitare la radicalizazione della classe operaia e limitare il potere del padronato. 3. Il dopoguerra La smobilitazione fu una delle sfide più grandi per i governi del dopoguerra. Alla fine della guerra la produzione industriale era dimezzata rispetto al 1913 e la maggior parte era stata convertita per fini bellici. La produzione agricola era scesa del 30%. Degli oltre 13 milioni di soldati che erano stati richiamati alle armi quasi 2 milioni e mezzo erano caduti. A causa delle perdite territoriali decise dal trattato di Versailles, il Reich aveva perso un decimo della popolazione. L'armistizio comportò una rapida smobilitazione delle truppe; incombeva la disoccupazione di massa e il governo non disponeva di mezzi per intervenire, anche perché le misure per il controllo dell'economia adottate durante il conflitto erano decadute con la fine della guerra. Si ricorse quindi sempre più spesso alla decretazione d'urgenza. Per sistemare i soldati smobilitati venne loro riassegnato il lavoro che svolgevano prima dell'inizio della guerra con i conseguenti licenziamenti smantellamento dell'esercito. Il 13 marzo Luttwitz occupò il quartiere degli uffici governativi con una brigata di marina. La parte di forze armate che era rimasta scettica sul putsch però non intervenì. Il capo di stato maggiore, Hans von Seekt dichiarò che mai dei soldati avrebbero sparato su altri soldati. Il governo così rimase indifeso e fu costretto a trasferirsi prima a Dresda e poi a Stoccarda. la reazione al putsch fu uno sciopero generale indetto dai sindacati che ebbe molto successo, tranne in Baviera dove il governo a guida Spd fu costretto a rassegnare le dimissioni e venne instaurato un gabinetto monarchico guidato da Gustav von Kaht. Anche a Berlino la burocrazia ministeriale rimase fedele al governo e così il 17 marzo il tenttivo di putsch fallì. Elezioni del giugno 1920 - Nelle elezioni che si tennero nel giugno 1920 la coalizione di Weimar scese dal 76,2% al 43,6%, molto bene andarono Kpd-Uspd con il 20%, e bene anche il Partito popolare tedesco-nazionale (Dnvp) che ottenne il 15%, e il Partito popolare tedesco (Dvp) che ottenne il 13,9%. Le elezioni segnarono quindi l'affermazione del Kpd. La destra era composta da oltre settanta raggruppamenti ma non rappresentavano un movimento di massa. Tra questi c'era il Partito nazionale dei lavoratori fondato il 5 gennaio 1919 e dal quale sarebbe nata la Nsdap. Le nuove destre - Le nuove destre rifiutavano il vecchio ordine caratterizzato a loro modo di vedere da arroganza monarchico-aristocratica, da arroccamento su posizioni capitalistiche e borghesi. Si consideravano movimenti rivoluzionari spinti dalla violenza per l'attuale sistema di cose. le nuove destre potevano attingere consensi da diverse direzioni perché trovavano punti in comune con diversi gruppi sociali. Con i conservatori condividevano i concetti di disciplina, ordine, popolo nazione, dittatura, Con i borghesi i punti di contatto erano il predominio delle élite sugli incolti, la selezione meritocratica della leadership, l'ottimizzazione dell'economia. Addirittura avevano punti in comune con la sinistra: parità di diritti dei lavoratori, valorizzazione del lavoro, porre limiti ai privati sulla proprietà a favore della collettività. Differenze tra destra nazionalista e giovani conservatori - C'erano però delle differenze tra la destra etnico-nazionalista e i giovani conservatori che erano più elitari, più cristiani che estranei alla religione. Come i nazionalisti di destra erano per una guida carismatica dello Stato ma sottolineavano come il Fuhrer dovesse comunque essere al servizio della nazione. Non credevano in uno Stato come strumento di controllo assoluto sui cittadini. Erano per il superamento delle classi. La destra etnica dava particolare rilievo alla razza e ritenevano l'antisemitismo una ideologia imprescindibile. Ritenevano la civiltà un prodotto creativo degli ariani. Nsdap - La Nsdap all'inizio fu un fenomeno circoscritto a Monaco dove dopo il fallimento del putsch di Kapp si erano concentrati molti radicali di destra. A Monaco inoltre il partito poteva contare sulla protezione di ufficiali della Reichswehr come Rohm, o sul capo della polizia Frick. Hitler già allora mostrava il suo disprezzo verso il trattato di Versailles, sottolineava il concetto di popolo e nazione, parlava di "questione ebraica". Si mise in mostra fin da subito grazie al talento oratorio. La propaganda capillare e aggressiva, la solennità delle sfilate militari, l'uniforme, la brutalità esasperata, come avvenne negli scontri di Coburgo nell'ottobre 1922 al termine dei quali il partito fu messo al bando in Prussia e nei Lander della Germania meridionale tranne che a Monaco. Tutto questo distingueva la Nsdap dagli altri movimenti nazionalisti. La sua espansione fuori dalla Baviera si ebbe verso la fine del 1922 e potè contare su un notevole afflusso di lavoratori. Putsch di Hitler - L'occupazione della Ruhr del 1923 da parte dei francesi, a causa del mancato versamento delle somme previste per le riparazioni scatenò una nuova ondata di nazionalismo. Il 25 settembre Hitler assunse il comando delle unità della Lega combattente puntando l'indice contro quelli che riteneva i traditori del trattato di Versailles e che si trovavano a Berlino. Putsch separatisti si ebbero in diverse località e repubbliche autonome vennero proclamate in Renania e altrove. Anche la Kpd, su ordine di Mosca, si preparò ai propri putsch in Sassonia e in Turingia dove si alleò con la Spd per la creazione di fronti popolari, ma non ebbero successo. In occasione di una manifestazione che si tenne a Monaco, tra l'8 e il 9 novembre, Hitler assunse il controllo della riunione e ottenne l'appoggio del comanante della Reichswehr e del capo della polizia per il suo tentativo di putsch che fallì quasi subito quando il corteo venne disperso dalla polizia. Ebert salva la repubblica, Stresemann forma una grande coalizione - Fu ancora una volta l'alleanza di Ebert con i militari a salvare la repubblica. Il 9 novembre 1923, quinto anniversario della repubblica, Ebert conferì pieni poteri al capo di stato maggiore von Seekt che schierò l'esercito al fianco della repubblica contro i tentativi di putsch della Nsdap e del Kpd. Ebert era consapevole che per salvare il Reich era necessario il sostegno dei partiti repubblicani. Grazie a Gustav Stresemann, il Partito popolare tedesco tornò alla parlamentarizzazione del biennio 1917- 1918 per sostenere una politica repubblicana. Si formò così una grande coalizione che andava dalla Spd alla Dvp e che condusse ad un consolidamento della repubblica che però si rivelò precario. 5. La battaglia contro la pace La battaglia della Repubblica di Weimar fu sempre concentrata sulla lotta al trattato di Versailles che fu particolarmente duro per la Germania. Questo fu dovuto sia al lavoro poco coordinato della delegazione che trattò, ma soprattutto per gl interessi che avevano le potenze vincitrici, dagli attriti tra loro, dalla concorrenza economica e dalla difesa delle rispettive posizioni nello scenario mondiale soprattutto nei confronti degli Stati Uniti, oltre alle richieste dell'opinione pubblica per ottenere i risarcimenti per i danni di guerra subiti. La Germania tuttavia mantenne lo status di potenza europea nonostante le privazioni subite. La Germania aveva perso il 13% dei propri territori: la Prussia occidentale, la Posnania, l'Alta Slesia, l'Alsazia-Lorena e parte dello Schleswig; Danzica fu costituita in stato libero e il bacino della Ruhr fu sottoposto al controllo della Società delle Nazioni per un lungo periodo durante il quale venne annesso alla Francia sotto il profilo economico e finanziario. Con la sottrazione dei territori il Reich perse una parte della popolazione ma anche terre coltivabili, materie prime determinanti per l'industria come il carbone e il ferro. Venne privato di quasi tutta la flotta commerciale Perse poi tutte le colonie che rappresentavano però uno status symbol di potenza mondiale. Dal punto di vista militare venne stabilito che le forze armate non dovessero superare le 100000 unità. Per molte clausole venne prevista una durata limitata grazie soprattutto agli inglesi, consapevoli dell'importanza della Germania come partner commerciale da contrapporre a Russia e Francia. Reazioni al trattato di Versailles - Il trattato venne considerato dalla Germania un diktat con clausole economiche impossibili da soddisfare. Tutti i partiti politici, compresa la Spd, accusarono le potenze dell'Intesa di volere lo strangolamento economico del Reich. Il cancelliere Scheidemann reputò inaccettabile il trattato e il suo governo, diviso a metà tra favorevoli e contrari alla sua sottoscrizione, si dimise. Il nuovo governo, presieduto dal socialdemocratico Gustav Bauer, chiese e ottenne un voto di fiducia affinché venissero accettate le condizioni del trattato purché venissero rigettate le responsabilità della guerra. Le clausole più disonorevoli erano la consegna di 895 persone, tra cui il Kaiser, per la grave violazione del codice morale internazionale e delle leggi e degli usi di guerra che le avrebbero portate al giudizio del tribunale militare. L'esercito inoltre non poteva superare le centomila unità tra soldati e ufficiali e venne imposto il divieto di disporre di armi moderne. Venne infine ordinata l'occupazione e la smilitarizzazione della Renania e la perdita delle colonie. Molto intensa fu la battaglia contro quella che veniva definita "la menzogna della guerra" contenuta nell'articolo 231 del trattato. L'articolo 232 poi estendeva le riparazioni ai danni fisici riportati dai combattenti e alle perdite economiche subite dai parenti dei caduti e dei feriti, clausola che l'Inghilterra spinse per inserire. Ulteriori sanzioni per indebolire la Germania - Per impedire alla Germania di rafforzarsi, gli Stati dell'Intesa vietarono ogni possibilità di unirsi all'Austria e imposero la rinuncia al diritto dell'autodeterminazione. Altre mosse in questo senso ma sul fronte interno furono la manipolazione del referendum tenutosi nell'Alta Slesia nel marzo del 1921 il cui esito era risultato favorevole alla Germania. L'Alta Slesia venne quindi assegnata alla Polonia che mise le mani sul centro industriale alto-slesiano. Il referendum dello Schleswig portò invece alla divisione del Land, mentre nella Saar un referendum venne tenuto solo nel 1935, cioè subito dopo la fine del periodo di sfruttamento delle risorse della regione concesso alla Francia. Tentativi falliti di revisione del trattato - Le richieste tedesche di revisione del trattato non ebbero effetto. Quello che accomunava tutti i revisionisti era la richiesta affinché alla Germania venisse concessa dignità pari a quella degli altri Stati e potesse avere rapporti economici con l'estero. La destra cercava, senza risultato, di far credere che un trattato di pace piuttosto duro avrebbe portato alla minaccia della bolscevizzazione del Reich. Il primo ministro degli esteri socialdemocratico, Hermann Muller, fu il sostenitore della cosiddetta "politica degli adempimenti", secondo la quale adempiere fedelmente alle clausole del contratto non avrebbe dato altro risultato che dimostrare la possibilità di adempiervi. Secondo i sostenitori di questa politica l'unica soluzione per un compromesso era quella della Società delle Nazioni allo scopo di percorrere due strade: soluzione pacifica delle controversie e concessione del libero commercio. L'approccio fallì anche a causa degli assassinii di due dei suoi maggiori sostenitori: Erzberger e Rathenau che portarono ad un ulteriore diffidenza da parte dell'Intesa. Miliardi di marchi oro per le riparazioni - Trovarono così spazio quelli convinti che la pace sarebbe presto finita e che le durissime clausole del trattato avrebbero talmente indebolito la Germania che anche gli altri Stati europei ne sarebbero rimasti penalizzati e si sarebbero convinti ad accettare la revisione del contratto. Nel gennaio del 1921 le potenze vincitrici fissarono il totale per le riparazioni richieste in 269 miliardi di marchi oro pagabili in 42 anni. Di fronte al rifiuto tedesco l'Intesa occupò Dusselforf, Duisburg e Ruhrot creando un confine doganale con il resto del paese. A maggio le richieste scesero a 132 miliardi di marchi oro. Il Reichstag accettò le condizioni con 220 voti favorevoli e 117 contrari ma tutti sapevano che pagare sarebbe stato impossibile. La Francia occupa la Ruhr - Il 16 aprile 1922 a Rapallo, Germania e Russia si accordarono per rinunciare alle rispettive riparazioni per i danni di guerra e a riallacciare legami diplomatici ed economici. Il trattato di Rapallo contribuì a suscitare nuove diffidenze nei paesi dell'Intesa che si riunirono il mese successivo a Genova per discutere gli assetti economici e la ricostruzione dopo la prima guerra mondiale. La Francia spinse per nuove sanzioni e quando alla fine dell'anno la Germania rimase in arretrato con i pagamenti previsti occupò la Ruhr. Il governo del Reich invitò il paese alla resistenza passiva e allo sciopero generale. La Francia reagì duramente e gli scontri che ne seguirono procurano oltre cento morti e 150000 funzionari della Ruhr furono costretti a lasciare la regione andando ad incrementare l'esercito di disoccupati che era già di due milioni. Il piano di Dawes - Il 26 settmebre 1923 il governo Stresemann pose fine alla resistenza passiva e il Reich potè prendere parte alle trattative che si conclusero nel 1924 con l'approvazione del piano ideato dal finanziere americano Charles Dawes. Il piano garantiva alla Germania un notevole prestito internazionale, composto quasi del tutto da capitale statunitense, e soprattutto rendeva proporzionale il pagamento delle quote per le riparazioni all crescita economica della Germania: un miliardo di marchi oro i primi due anni fino ad arrivare a due miliardi e mezzo con una progressività quinquennale. Per offrire le garanzie per il prestito, le ferrovie tedesche vennero rilevate da una Spostamento a sinistra dell'elettorato - Prospettiva che sembrò realizzarsi con le elezioni che dimostrarono uno spostamento dell'elettorato a sinistra. Un segnale venne dato dal referendum del giugno 1926 sull'espropriazione senza indennizzo dei beni delle ville principesche. Spd e Kpd avevano raggiunto l'accordo sull'espropriazione senza indennizzo ma in realtà avevano continuato a trattare con il governo senza alla fine riuscire a decidersi. La proposta di legge di iniziativa popolare venne approvata da 12 milioni di elettori ma il Reichstag la bocciò. Il referendum che comunque si tenne perché previsto dalla legge segnò la vittoria dei sì che furono 14 milioni, numero inferiore al necessario ma maggiore di quello che Spd e Kpd si aspettavano. La Spd era riuscita a far breccia in nuove fasce di elettorato. Elezioni maggio 1928 - Lo spostamento a sinistra trovò conferma nelle elezioni del maggio 1928 per il rinnovo del Reichstag. La Spd trionfò con il 28,7% e la Kpd aumentò i propri voti. La Nsdap calò leggermente ma a livello locale in alcune zone toccò il 30%, come nello Schleswig-Holstein. La Dnvp segnò una netta sconfitta i cui voti andarono ai piccoli partiti agrari e in parte al partito che rappresentava il ceto medio. Il centro borghese-repubblicano andò malissimo: Dvp, Ddp e Zentrum persero ognuno circa il 2%. Cambiamenti verso destra, scompare Stresemann - L'esito delle elezioni indusse i partiti di destra a rivedere il proprio atteggiamento nei confronti della repubblica per non lasciarla nelle mani della sinistra. A fine 1928 la direzione del Dnvp venne assunta da Hugenberg, nazionalista radicale. A guidare il Zentrum venne Ludwig Haas, esponente dell'ala destra del partito che mise in ombra l'ala cattolico-socialista che aveva nel ministro del Lavoro Brauns il suo principale esponente. Nel 1929 scompare Stresemann e la Dvp perde il suo principale esponente. Aumentano le fratture tra gruppi sociali, i partiti si frammentano, la Nsdap cresce - La congiuntura economica favorevole agevolò i gruppi sociali legati all'industria ma aggravò la situazione del settore agricolo e contribuì ad alimentare le differenze tra i vari gruppi riguardo a reddito e prospettive. Nacquero nuovi partiti legati alla difesa di interessi diversi (es.: il partito dei proprietari di case o di chi era stato danneggiato dalla roforma monetaria). Con la moltiplicazione degli interessi il centro borghese si frantumò in piccoli raggruppamenti. Il ceto medio era scontento dell'offerta politica dei vari movimenti che si spostarono verso destra. Neanche la Sdp riusciva a far diminuire la diffidenza da parte del ceto medio perché considerato partito operaio. Questo favorì la Nsdap che assunse il ruolo di una sorta di partito popolare in grado di captare il malcontento di vari gruppi sociali prima della crisi economica del 1929. Questo clima caratterizzato dalla frammentazione dei partiti, dalle divisioni sociali, continui cambiamenti economici, a governi dboli era diffuso in tutta l'Europa. Fratture che non consentivano la formazione di condizioni politiche che permettessero di superare le preferenze della varie parti. 2. L'organizzazione dello stato industriale Nel biennio 1928-1929 la repubblica tornò alla normalità dal punto di vista economico con il reddito nazionale che tornò quello del periodo prima della guerra. C'erano però differenze tra i vari settori dell'economia nazionale e nella distribuzione del reddito e della proprietà. Sul piano politico- economico la Germania era uno Stato industriale moderno e borghese ma non lo era nella sua cultura politica. Dopo la guerra la quota di attività produttive non fece segnare un aumento e nel 1933 era leggermente sceso. Nel 1929 l'agricoltura contribuiva al reddito complessivo per il 16%. La quota del terziario invece aumentò fino al 38% nel 1933, anno in cui gli addetti ai servizi risultò pari a quello degli occupati in agricoltura. Quando Hitler salì al potere industria e artigianato costituivano il 40% della forza lavoro. L'agricoltura tra difficoltà e tradizione - L'integrazione dell'agricoltura nel nuovo modello di società industriale risultò difficile. Le perdite patrimoniali subite in seguito alla guerra non erano state compensate: mancava il capitale necessario ma anche la volontà di adattarsi alla nuova situazione. Quasi mai si toccarono i livelli di produzione di prima della guerra e il reddito procapite non aumentò. Tuttavia il mondo agricolo aveva conservato la sua influenza, grazie alla presenza dei suoi membri nelle élite politiche e amministrative e a un costante bacino elettorale; grazie ai modelli culturali e ai valori da sempre legati al mondo agricolo. L'agricoltura rimase un servizio per garantire il sostegno alimentare del Reich e come strumento conservatore contro lo sviluppo della società urbana. Gli agrari rivendicavano parità di rango ma avevano perso quel potere che gli era garantito dalla protezione monarchica. Inoltre la grande proprietà terriera che era quasi sempre di estrazione nobiliare poteva contare sempre meno sul sostegno dei contadini che politicamente avevano cominciato ad allontanarsi creando propri partiti e associazioni. Di contro, le divisioni politiche ed economiche presenti nel settore indiustriale tornavano a vantaggio dell'agricoltura grazie ai contrastanti interessi economici prodotti dall'alleanza tra proprietari terrieri e industriali in nome della conservazione del potere. Gli artigiani si fanno valere, la precarietà dei commercianti - Il ceto medio non se la passava meglio. Nonostante non fossero più importanti come prima, gli artigiani riuscirono a difendersi e a trarre vantaggio dal nuovo modello di società grazie alle loro competenze tecnico- professionali. Riuscirono anche ad ottenere progressi nel campo elettrico e automobilistico, settori nei quali il numero degli occupati salì molto tra il 1924 e il 1928. e raddoppiò il fatturato. Precaria era invece la situazione dei commercianti al dettaglio costretti anche a fare i conti con i grandi magazzini e la vendita per corrispondenza. Stato assistenzialista o di classe? - Gli interventi dello Stato in campo economico e sociale erano un fatto nuovo. All'inizio erano misure eccezionali e linitate, poi divennero sempre più frequenti. Questo crescente intervento dello Stato peocurò un duro confronto riguardo alla domanda se doveva essere assistenziale o di classe, sindacale o basato su un blocco borghese. L'incidenza della spesa pubblica sul reddito nazionale passò dal 15% al 25% tra il 1913 e il 1926 e la quota delle entrate statali salì dal 9% al 18% dal 1913 al 1929. Tuttavia gli spazi per la redistribuzione delle risorse erano ridotti. Rispetto alla produzione mondiale l'economia tedesca, pur attraversando una forte crescita, rimase indietro e il livello di produzione industriale era inferiore rispetto a quello di prima sella guerra. Le esportazioni non toccarono mai i livelli di prima del conflitto e solo nel 1926 si registrò un saldo favorevole. Tra l'altro, l'alto tasso di disoccupazione, l'incertezza sulla conservazione del posto di lavoro, il risparmio delle famiglie gravato dall'inflazione, il reddito imferiore rispetto a quello di prima della guerra erano fattori che condizionavano la domanda interna. La repubblica dovette fin da subito affrontare problemi che avevano a che fare con la distribuzione delle risorse e del reddito: riforma monetaria; riforma del sistema tributario per mettere al sicuro le finanze statali; politica doganale e commerciale dopo la fine delle clausole del trattato di pace; politica sociale. Erano quindi in gioco le alleanze sociali: l'industria contro il mondo del lavoro, gli agrari e il ceto medio; l'industria e l'agricoltura unite contro il lavoro e il ceto medio. Si trattava poi di definire la repubblica, se basata sull'assistenzialismo o su classi divise tra loro. Politica finanziaria - Riguardo la politica finanziaria, il ministero delle finanze guidato da Hans Luther si opponeva alla rivalutazione dei diritti di credito derivanti da prestiti di guerra, azioni, titoli di rendita e libretti di risparmio. L'eliminazione di questi crediti colpì su tutti i piccoli risparmiatori ma anche banche e assicurazioni. In caso di rivalutazione infatti lo Stato e gli industriali avrebbero dovuto risarcire i creditori contraendo nuovi debiti. La corte suprema del Reich però riuscì ad imporre la rivalutazione, il governo cercò di uscirne con un decreto d'emergenza e il Reichstag di contro si rifiutò di prorogare la legge sui pieni poteri e si tornò a votare. Lo spostamento a destra favorì la rivalutazione: nel luglio del 1925 le ipoteche vennero rivalutate del 25%, le azioni e le obbligazioni industriali del 15%. Per i depositi delle casse di risparmio venne applicato un tasso di rivalutazione del 12,5% mentre per i propri debiti lo Stato ne limitò la rivalutazione al 12,5% rinviando il pagamento degli interessi alla fine delle riparazioni. Tuttavia, per compensare le minori entrate, lo Stato ridusse sovvenzioni e servizi e aumentò le imposte. Quasi 400000 dipendenti di Stato persero il posto e chi non venne licenziato si vide decurtare lo stipendio. Politica tributaria - Riguardo la riforma tributaria nacquero due posizioni: chi reputava indispensabile abbassare il carico tributario all'economia per aumentare la capacità produttiva, chi riteneva che le tasse andassero abbassate per i consumatori per favorire i consumi. Vinse la prima posizione, quella vicina all'industria, e ad essere colpiti furono i piccoli e medi patrimoni. Anche la classe operaia ne risentì perché vennero aumentate le imposte sui consumi ma non vennero diminuite quelle sul reddito da lavoro dipendente. Politica doganale - Riguardo la politica doganale la domanda era se fosse preferibile favorire l'agricoltura o l'industria esportatrice. C'era timore di introdurre i dazi agricoli per evitare un aumento dei prezzi e l'introduzione di controdazi che avrebbero penalizzato le industrie esportatrici. Il governo avrebbe voluto dare la priorità alle esportazioni, ma il Reichstag nel 1925 approvò un progetto riguardante dazi e dogane per andare incontro al mondo agricolo. I settori industriali dipendenti dalle esportazioni erano invece sempre più ostili verso le concessioni all'agricoltura e alla possibilità chr assumesse un ruolo speciale. Agricoltura e industria, un'alleanza fragile - L'alleanza tra agricoltura e industria rimase sempre fragile. I temini "modernizzazione" e "industrializzazione dell'agricoltura" indicavano il desiderio delle industrie esportatrici di un'apertura dell'agricoltura al mercato mondiale. Obiettivo per cui l'industria era disposta a mettere sul piatto un miliardo di marchi in cinque anni, progetto che tramontò a causa della crisi economica mondiale. Nel 1928-1929 l'industria esportatrice si dimostrò poco disponibile a raggiungere un compromesso con i sindacati chiedendo una riduzione dei salari, degli oneri sociali e del carico tributario, mettendo così in discussione lo stesso stato sociale. Politica sociale - Riguardo la politica sociale i conflitti di quegli anni di ogni paese industrializzato riguardavano orario di lavoro, salari e assistenza per i disoccupati. La giornata di lavoro di otto ore era stata una conquista ottenuta durante i moti rivoluzionari del dopoguerra. In realtà venne quasi subito rimessa in discussione dai datori di lavoro con la scusa degli alti costi salariali e di produzione. Il governo confermò tramite decreto la giornata di otto ore ma in realtà oltre la metà dei lavoratori iscritti al sindacato lavorava molte più ore. Sindacati-imprenditori, tensione e arbitrato - Negli anni del blocco borghese i sindacati ottennero qualche successo grazie all'appoggio del ministro del Lavoro Brauns, centrista. Nel 1919 si era stabilito che se datori di lavoro e lavoratori (le parti sociali) non fossero riuscite a trovare un accordo, sarebbe stato lo Stato ad intervenire mediante l'arbitrato obbligatorio (un metodo per evitare che una lite tra due o più soggetti finisca in tribunale) e il vincolo dei contratti collettivi (contratto di lavoro stipulato a livello nazionale tra le organizzazioni rappresentanti dei lavoratori dipendenti e i loro datori di lavoro) che produssero decine di migliaia di procedimenti di conciliazione. Erano appunto successi per i sindacati che venivano contestati dagli industriali che accusavano lo Stato di battere sul tasto della questione salariale per tenere buona la classe operaia. Gli industriali volevano tenere lontani i sindacati. Era vero che la quota complessiva di salari e stipendi era aumentata più dell'incremento produttivo, ma era anche vero che il reddito reale delle persone rimase quasi sempre al di sotto di quello di prima della guerra a causa dell'aumento delle imposte e del carico fiscale. Per garantre il minimo per vivere aumentarono più i donne. Queste attività costiituivano circa il 16% della popolazione attiva. Borghesia più povera ma depositaria di sapere - Il 6% della popolazione apparteneva alla borghesia. Ma a differenza della borghesia economica, la borghesia colta si era impoverita pur mantenendo il controllo delle istituzioni educative. L'egemonia culturale della borghesia venne messa in discussione dal diffondersi della cultura di massa ma il suo ruolo di depositario del sapere scientifico e culturale aumentò. La borghesia in sostanza rischiava di perdere quell'immagine di élite intellettuale. La nobiltà perde privilegi ma non importanza - L'un per cento della popolazione apparteneva alla nobiltà che da un lato cercava di mantenere intatta la propria esclusività di ceto, dall'altro rimanevano legati alla terra come simbolo identitario e base della loro esistenza. La rivoluzione e la repubblica avevano privato la nobiltà dei privilegi politici e giuridici nella nuova società industriale ma essa aveva comunque conservato un ruolo importante dal punto di vista politico, pur se inferiore rispetto a quello del passato. La nobiltà era molto presente nell'amministrazione pubblica, nell'esercito, nei partiti, nelle associazioni e poteva contare su una imponente rete di relazioni sociali. Tra campagna e città la distanza si riduce - la differenza tra città e campagna non riguardava solo il modo di abitare, di lavorare, di produrre, di stare in famiglia o di poter accedere all'istruzione. Riguardava anche il modo di pensare, di intendere i valori, di produrre aspettative. I collegamenti stradali e ferroviari avevano ridotto le distanze tra città e campagna. La cultura e la struttura del paese avevano subito trasformazioni a causa dell'influenza della città. Queato processo avveniva grazie ai lavoratori pendolari e stagionali che dalla città portavano nuovi elementi titpici della città, alle associazioni legate ai partiti alle chiese, alle radio, agli spettacoli sportivi di massa o a quelli cinematografici. Si moltiplicavano le panetterie, le drogherie, segno che si stava perdendo quel carattere di autosufficienza alimentare che era sempre stato il tratto tipico dell'economia familiare di paese. Cominciò a cambiare anche la struttura politica delle comunità dei villaggi non più basata sulla proprietà e sull'esperienza. Tuttavia nelle campagne la struttura di classe tipica della società industriale era ancora una eccezione anche perché le organizzazioni sindacali erano quasi assenti e gli operai non si riconoscevano parte del movimenti operaio. Rapporti di classe e milieu sociali - Dal punto di vista urbano-industriale cambiarono i rapporti di classe ma non venne meno la coscienza, la convinzione di appartenere ad una certa classe sociale. Per esempio, i lavoratori rafforzarono questa coscienza attraverso le lotte operaie, la guerra, le rivendicazioni come la parità dei diritti. Ad unire i lavoratori c'era l'avversione dei comunisti per i "padroni", che accomunava anche i lavoratori cattolici. Ciò che accomunava la borghesia era l'avversione verso la classe operaia. Questa insuperabilità dei contrasti e delle differenze di classe si rispecchiava nei partiti che li rappresentavano e traeva origine dalla cementificazione di quelle stesse classi in mileu sociali e morali, caratterizzata da un'accomunanza di valori ed esperienze che le rendevano chiuse e socialmente omogenee. Ciò che definiva l'appartenenza ai diversi milieu sociali poteva essere la condizione sociale (borghesi, lavoratori), il modo di vivere, i simboli (linguaggi, feste, vestiti, credenze), i valori (capacità professionale, educazione). Ogni milieu sociale aveva una propria idea su quello che doveva essere il migliore ordine sociale e politico e da quello derivavano le preferenze politiche. Maggiori erano le barriere di classe e maggiormente marcate erano le differenze tra milieu. Aumentano le differenze all'interno della classe lavoratrice e della borghesia - Il maggior grado di omogeneità si trovava tra i lavoratori dell'industria e dall'altro tra la borghesia, gruppi chiave della società industriale. Dopo la prima guerra mondiale all'interno della borghesia divenne più marcata la differenza tra grande borghesia e il ceto medio piccoloborghese. Ma anche nella classe lavoratrice aumentarono le differenxze tra operai specializzatie operai generici, braccianti, lavoratori e contadini. Il sistema capitalistico-industriale rese migliore la posizione degli operari specializzati sul mercato del lavoro, anche in termini di reddito, ma negli anni della repubblica le possibilità di ascesa sociale rimasero limitate. Operai e borghesi erano profondamente divisi anche sul piano politico. Gli operai votavano Spd e Kpd, i borghesi erano contro la repubblica o se anche a favore rimanevano scettici. Dissoluzione del milieu proletario - I milieu sociali cominciarono a dissolversi nel momento di maggiore compattezza. Molto vistosa fu l'erosione che riguardò il milieu proletario che non fu dovuta solo alla divisione tra Spd e Kpd e gtra sindacati e organizzazioni di massa. L'eorsione fu dovuta anche alla resa di fronte alla cultura di massa come segnale che il milieu operaio aveva cominciato a smarrire la capacità di agregazione. D'altra parte anche gli anziani appartenenti al milieu proletario e di antico stampo socialista, non sempre rimanevano fedeli alla propria ideologia e mostravano spesso di non riuscire a liberarsi di quella mentalità guglielmina. Credevano ancora alle forme di educazione autoritaria, consideravano poco la parità tra uomini e donne. La cultura del movimento operaio sembrava essere più un'idea che qualcosa di veramente attuabile nella realtà, pur essendo una cultura che segnava un confine tra classe operaia e borghesia. I lavoratori cattolici non facevano parte del milieu proletario anche se nel 1924 i partiti di sinistra ottennero il 20% dei voti dai lavoratori cattolici. Tra il 1886 e il 1928 era notevolmente scesa la percentuale di cattolici che votavano per il Zentrum. Anche il milieu cattolico cominciò a perdere la sua capacità di aggregazione dovuto alla mobilità e all'urbanizzazione . Dissoluzione della borghesia - La borghesia reagì con una chiusura ancora maggiore di fronte alla minaccia di perdere la propria egemonia culturale e alla sfida lanciata dal movimento operaio. Nonostante si cercasse di unire le forze tra piccola borghesia ed élite per fare fronte comune contro la sinistra, non si ottenne molto. La grande borghesia voleva a tutti i costi mantenere la leadership intellettuale della nazione, già indebolita dalle menzogne sulla responsabilità della guerra e dalla leggenda della pugnalata alle spalle. Si isolò sempre di più fino a dissolversi, tra l'altro dopo aver permesso all'estrema destra di venire inclusa come arma di difesa contro il bolscevismo. Progetti di ricambio generazionale come la frontgeneration - La borghesia aveva perso compattezza a causa della "perdita della giovinezza", cioè una sorta di rivolta dei figli contro i padri intesa come un'insofferenza al predominio della generazione guglielmina che non voleva farsi da parte e di cui i giovani non condividevano le idee. Negli anni Venti furono diversi i progetti di ricambio generazionale, il più importante dei quali fu rappresentato dalla generazione del fronte, la frontgeneration, il mito dei combattenti del fronte. Mito basato sull'idea di un nuovo inizio radicale, di un nuovo mondo che raggiunse l'apice alla fine degli anni Venti per tenere vivo il ricordo della guerra e rivendicare una nuova generazione. Questi progetti, frutto di un ricambio generazionale, proponevano un'interpretazione convincente della realtà e andavano oltre le classi sociali. Ruotavano sempre intorno alla guerra mondiale, ancora impressa nel bagaglio delle esperienze non solo dei tedeschi. Era una generazione di giovani vogliosa di cambiare le cose ma frustrata dalla sensazione che le possibilità offerte da un mondo che stava cambiando fossero sttate tradite dagli anziani. Diversamente da questi ultimi che reagirono in modo nostalgico e difensivo, i giovani elaboravano la guerra passata e la successiva rivoluzione, la guerra civile e l'inflazione, senza guardare al passato ma al futuro, anteponevano la vita alla ragione, l'azione alla riflessione, la volontà al timore di agire. Il mito dei giovani degli anni Venti venne alimentato dalla propaganda politica per favorire le nascite per compensare le perdite della guerra e dalla crescita del numero dei giovani dovuta ai cambiamenti demografici. Anche la Nsdap trasse vantaggio dalla ribellione dei giovani, specie nelle campagne. La Nsdap intercettò questi fenomeni di ribellione e li indirizzò versi le associazioni, le organizzazioni giovanili, l'esercito. La nuova generazione tra conservatorismo e americanismo - I progetti della nuova generazione non erano dovuti solo a motivi politici e ideologici. Molta influenza la ebbe l'abbandono degli standard fino ad allora dominanti in materia di gusti e comportamenti, nonostante la contrapposizione con gli anziani e i tentativi per arginare il fenomeno con strumenti legislativi (la legge per la protezione della gioventù dagli scritti turpi e immorali, per esempio). La nuova gioventù del periodo di Weimar si muoveva su due binari: da un lato doveva fare i conti con prospettive di lavoro aleatorie, dall'altro potevano contare su una quantità molto vasta di nuove offerte: ballo, cinema, sport, dischi, ovvero tutto ciò che rientrava nel termine "americanismo", che divenne presto il simbolo della modernità. La generazione di Weimar poi fu la prima a disporre di molto tempo libero, sia grazie ai contratti di lavoro che lo prevedevano, sia spesso per òa mancanza di lavoro. Fu anche la prima ad avere più reddito a disposizione. L'emancipazione della donna - Anche il mondo femminile subì parecchie trasformazioni, sopratttutto riguardo al rapporto tra la donna e il lavoro, alla maggiore consapevolezza in tema di sessualità e controllo delle nascite, ai loro comportamenti nel tempo libero e all'immagine della donna in generale. La maggior parte delle lavoratrici trovava impiego nelle nuove professione tipicamente femminili: impiegate, maestre ecc., ma la loro presenza cominciò a farsi sentire anche in quelle professioni considerate da uomini, come nell'industria e nelle università. Il tema della sessualità cominciava a non essere più un tabù e il corpo femminile era più libero grazie alle nuove mode. Cambiarono anche i rapporti con il marito e i genitori che contribuirono ad aumentare per la donna le possibilità di autodeterminazione. E ottennero la parità di trattamento nei luoghi di divertimento. L'immagine della "nuova donna" non fu il risultato del femmnisimo ma pouttosto dell'industria cinematografica, delle riviste, della pubblicità e dei consumi di massa. Il tutto nonostante la resistenza delle istituzioni conservatrici, da molti uomini ma anche da donne. L'arte espressione del cambiamento... - Il dissolvimento del modello di ordine e dei valori tradizionali, il conflitto tra le generazioni venne percepito anche dalla cultura e dall'arte nelle sue espressioni che se ne fece interprete. Già prima della guerra l'arte aveva sfidato le convenzioni radicate nella élite intellettuale, con la provocatoria relativizzazione del vero e del bello. La cultura d'avanguardia di Weimar così fuori dagli schemi, era una sorta di icona della relativizzazione dei valori e della cultura della repubblica i cui esponenti, spesso, non facevano mistero di simpatizzare per la sinistra. Lo stesso valeva per i movimenti di riforma che spuntavano un po' ovunque: riforma scolastica, riforma sessuale ecc. Erano nuove correnti che rappresentavano il pluralismo degli anni Venti ma che non andavano sopravvalutate come fecero i loro avversari. I bastioni del tradizionalismo non ne vennero intaccati ma molti intellettuali si batterono aspramente, spesso spalleggiati dalla politica, contro quello che definivano "bolscevismo culturale". Basti ricordare la cacciata della scuola del Bauhaus da Weimar nel 1925, le ordinanze contro la "cultura negra" emanate nel 1930, il ministro degli Interni Wilhelm Frick che anticipò la campagna dei nazisti contro quella che definirono "arte degenerata". ...ma senza far presa sulle masse - La varietà della vita culturale di Weimar era però anche un segno della mancanza di punti di riferimento, della ricerca confusa di un nuovo ordine, del desiderio di trovare un senso nell'età della tecnica. Era però un clima di rinnovamento che si tramutò presto in disincanto. Ci fu il movimento artistico della "nuova oggettività". L'avanguardia rimase però un'arte elitaria e il movimento delle riforme non divenne mai molto popolare. Con poche eccezioni le nuove tendenze non riuscirono ad imporsi sui canoni dominanti. Rappresentavano la pluralità di stili di vita ma l'impatto sulle masse risultò limitato. L'arte rifletteva la cultura politica di Weimar: alla continua ricerca di nuovi orientamenti ma fragile. non agire, per mantenere quell'equilibrio di pace e continuare quella fase di rilancio dell'immagine e dell'economia della Germania così faticosamente raggiunti, costituì il servizio più grande che potesse fare al Paese. Nonostante le critiche, la Germania ottenne tanto sia dal piano Dawes che dal piano Young. Pur non riuscendo a raggiungere pienamente diversi obiettivi, la Germania aveva ottenuto la cancellazione di diverse clausole del trattato di Versailles, riconquistando buona parte della propria sovranità. Nel 1929 il piano Young ridusse a 112 miliardi di dollari la somma per le riparazioni con la riduzione della quota annuale da 2,5 a 2 miliardi. Ebbe termine ogni controllo esterno ed entro la fine del 1930 la Renania sarebbe tornata tedesca. Tuttavia questo gesto distensivo della Francia incoraggiò i tedeschi ad ulteriori richieste di apertura dei propri confini. CAPITOLO 3 – CADUTA E DISTRUZIONE 1930-1933 Crisi economica in Europa - La Germania, ma non solo, venne attraversata da una profonda crisi economica. Le divergenze dei vari gruppi sociali su quelli che avrebbero dovuto essere i principi fondamentali dell'ordinamento politico provocarono il blocco del sistema politico. L'Inghilterra riuscì a superare la crisi monetaria e istituzionale grazie a un governo di coalizione che comprendeva tutti i partiti presenti in parlamento. Nei Paesi scandinavi i socialdemocratici si allearono con gli agrari e attuarono un programma di aiuti all'agricoltura. In Francia si rischiò la guerra civile in seguito alla vittoria delle elezioni da parte del Fronte popolare, mentre la Spagna non riuscì ad evitare la propria guerra. Con l'eccezione degli Stati dell'Europa settentrionale e nord occidentale, al termine della crisi economica tutti gli altri Stati erano governati da dittature. Tentativi di dittatura semicostituzionale - La crisi tedesca ed europea fu allo stesso tempo di tipo economico, politico e istituzionale. In particolare, in Germania la crisi economica del 1929 provocò una crisi politico-istituzionale che per conseguenze e dimensioni superò quella del dopoguerra. il ceto politico non seppe infatti reagre con fermezza al rischio di una nuova ondata di inflazione e alla bancarotta. Vi furono dei tentativi ma si rivelarono inutili. nel marzo 1919 Hindenburg aveva preso contatti con Hugenberg offrendogli la nomina a cancelliere che venne rifiutata. Pochi mesi dopo Schleicher pianificò una soluzione autoritaria con l'idea di un "gabinetto Hindenburg" la cui presidenza venne proposta a Bruning nel dicembre successivo. C'era insomma l'obiettivo di una dittatura semicostituzionale costituita da una base corporativa rappresentante degli interessi delle élite e sostenuta dall'esercito. Falliscono i progetti di dittatura semicostituzionale. L'ascesa di Hitler - La dittatura, come la democrazia parlamentare, fu qualcosa di inedito. Bruning tentò di dare il via ad un regime ancora parlamentarizzato, Papen cercò di andare contro il parlamento e senza legittimazione popolare, Schleicher fu a capo di un esecutivo basato su forze extraparlamentari e anch'egli senza legittimazione popolare. Fallirono tutti perché nessuno di loro era davvero attuato in forma anti- costituzionale e non potevano contare su una base di massa. La dittatura semicostituzionale divenne impossibile senza il sostegno di Hitler che non era interessato e che nel 1933 riuscì in poco tempo ad instaurare una dittatura autoritaria. Lo avevano sottovalutato a tal punto che già nel 1934 era riuscito ad ottenere l'appoggio dell'esercito per compiere il passo decisivo verso la dittatura totalitaria. 1. La fine della repubblica Bruning, la dittatura parlamentare e la politica deflazionistica - Per guidare il nuovo corso autoritario e antiparlamentare venne scelto Heinrich Bruning. Era un esperto di economia e finanza, ex ufficiale durante la prima guerra mondiale ed esecutore degli ordini di Hindenburg. Era in buoni rapporti con gli industriali ma anche stimato dai lavoratori cristiani e dalla Spd. A dimostrazione di quanto fosse dipendente da Hindenburg, fu proprio il presidente del Reichstag a fissare alcuni punti del programma del nuovo cancelliere Bruning. Hindenburg scelse anche alcuni membri del governo: Schiele (Dnvp) e Treviranus per rappresentare gli agrari, Groener per rappresentare le forze armate. Tra gli ex della grande coalizione scelse Moldenhauer come ministro delle Finanze e agli esteri Curtius, entrambi della Dvp. Era un governo borghese che cercò di trovare spazio a destra. La Spd fiutò il pericolo e offrì a Bruning sostegno per il compromesso da lui stesso proposto in merito all'assicurazione per i disoccupati, ponendo come unica condizione la rimozione di Schiele e Treviranus. Hindenburg fece subito capire a Bruning che non avrebbe voluto un governo che comprendesse la Spd né qualunque altra soluzione che avesse richiesto il sostegno dei socialdemocratici. Bruning ubbidì chiarendo nel suo discorso davanti al Reichstag che il suo governo non si sentiva legato a nessuna coalizione. Sua intenzione era governare non sulla base di singole leggi ma su grandi disegni di legge non modificabili e in grado di creare un compromesso tra i partiti. Aggiunse che di fronte all'impossibilità di percorrere tale strada, il governo non avrebbe esitato a ricorrere ai decreti di emergenza, cioè qualora il parlamento si fosse avvalso del proprio potere di respingere i disegni di legge governativi avrebbe rischiato lo scioglimento. La possibilità di passare dalle parole ai fatti ci fu nel luglio 1930. Bruning aveva adottato alcune misure contro l'inflazione come il taglio alla spesa pubblica, il prelievo fiscale a carico dei percettori di reddito fisso, un contributo straordinario per i redditi più elevati, l'aumento delle imposte e contenimento dei costi per l'assicurazione dei disoccupati. Si creò quindi un'alleanza tra partiti che nulla avevano in comune: Spd, Dnvp, Nasdp e Kpd che bocciarono il disegno di legge del governo che a sua volta passò alla decretazione di urgenza. La trasformazione tramite decreto d'emergenza di un progetto di legge non approvato dal parlamento era una violazione della costituzione, a quel punto la Spd ne chiese il ritiro e si formò una nuova coalizione che lo bocciò. Il decreto di emergenza fu comunque emanato e il Reichstag venne sciolto secondo l'articolo 25 della costituzione. Elezioni settembre 1930 - Segnarono la disfatta dei partiti di destra: la Dnvp prese il 7% e 41 seggi, la Dvp il 4,5% e 30 seggi. La Nsdap cominciò la sua grande ascesa con il 18,3% e 107 seggi. Il Zentrum rimase stabile con 11,8%. A sinistra ci fu un travaso di voti dalla Spd, 24,5%, alla Kpd, 13,1%. C'era la possibilità di creare una maggioranza. I partiti che avevano costituito la Grande coalizione disponevano ancora di 300 seggi su 577 ma pensare ad un'alleanza tra Spd e Dvp senza Stresemann era impossibile. Bruning però aveva già fatto capire di non volere la riedizione della Grande coalizione con lo scioglimento del Reichstag e rifiutò la proposta dell'associazione dell'industria di creare un governo di larghe intese. Bruning cerca alleati ma Hitler rifiuta. Si fa avanti la Spd - Bruning cercò quindi di mettere su un'alleanza di destra. Puntava ad una Dnvp più remissiva credendo che in caso di un rifiuto da parte dei tedesco-nazionali avrebbe potuto contare sulla Nsdap a cui, il 6 ottobre, propose una divisione di ruoli con la Nsdap che avrebbe dovuto semplicemente tollerare l'esecutivo presieduto dallo stesso Bruning. Hitler rifiutò, così come fece con la proposta del Zentrum di dare vita ad una coalizione nei vari Lander. Bruning spostò quindi la ricerca di alleati verso la poco amata Spd che pur di allontanare il cancelliere dai nazionalsocialisti finì per condividerne la politica deflazionistica. Per la Kpd la scelta della Spd rappresentò un vero e proprio tradimento e accusò i socialdemocratici di essersi venduti al capitalismo. Neanche gli industriali apprezzavano la politica deflazionistica del cancelliere, rivendicando il fatto che lo Stato non dovesse entrare nelle questioni di politica salariale e imporre soluzioni politoche al sistema economico, specie se a metà tra capitalismo e socialismo. Sotto attacco da più parti, Bruning si dimise il 7 ottobre ma non essendoci nessuno in grado di prenderne il posto gli fu affidato un altro incarico. A dargli la spallata decisiva fu l'annuncio di una conferenza a Losanna in tema di riparazioni che si sarebbe tenuta nel luglio del 1932 (e che quasi azzerò la sommadovuta dalla Germania) e ciò che avvenne dopo: Hindenburg venne rieletto presidente del Reich (Hitler suo avversario ottenne il 36,8%), il governo prussiamo a trazione socialdemocratica perse la maggioranza alle elezioni regionali, nei Lander vennero messe al bando le SA contro la volontà della Reichswehr che vedeva nelle bande d'assalto un potenziale bacino di reclutamento. Bruning cadde a fine maggio del 1932. Von Papen e il gabinetto Hindenburg - Successore di Bruning fu Franz von Papen, aristocratico della Vestfalia, in stretti rapporti con gli industriali della Saar e con la grande proprietà terriera, esponente del "club dei signori" di Berlino, luogo d'incontro dei proprietari terrieri e delle forze armate, ufficiale durante la Prima guerra mondiale. Anche i membri del governo di von Papen vennero scelti da Hindenburg, esponenti del ceto agrario e della casta militare. Era così nato il "gabinetto Hindenburg" formato da tecnici che aveva come programma la nascita di un governo nazionale che intendeva dare vita ad un nuovo Stato basato su una società gerarchica e sul riconoscimento incondizionato dell'autorità statale, contro l'avanzata del socialismo e il logoramento morale del popolo. Papen apre alla Nsdap - Papen non riuscì però a liberare il proprio governo dai condizionamenti di natura sia sociale che politica. Fece alcune concessioni alla Nsdap per rimpiazzare la coalizione negativa formata in precedenza dalla sinistra, le cui conseguenze non tardarono a manifestarsi: nel giugno del 1932 revocò la messa al bando delle SA e la violenza politica tornò subito nelle strade. Gli scontri a fuoco tra comunisti e nazionalsocialisti divennero quotidiani fino a cuominare nella "domenica di sangue" ad Amburgo, quando i comunisti fecero fuoco su un corteo composto da settemila nazionalsocialisti nel quartiere operaio. Alla fine i morti furono diciassette. Dalla escalation di violenze che la sua decisione scatenò von Papen trasse la conclusione che siccome la polizia non poteva intervenire contro Nsdap e Kpd contemporaneamente era opportuno integrare la Nsdap nelle istituzioni. La seconda concessione fu la convocazione delle elezioni il 31 luglio. Hindenburg motivò la decisione sostenendo che dopo le elezioni in Prussia ad aprile, la composizione del parlamento non corrispondeva più alla volontà popolare e lo sciolse. Papen approva i tagli salariali. Comunisti e nazionalsocialisti uniti nella protesta - Papen si scontrò anche con gli industriali ritenendo che le ragioni dello Stato dovessero prevalere sull'economia e annunciando concessioni all'agricoltura. Gli industriali a loro volta sollecitavano una politica commerciale in grado di favorire le esportazioni. Alla fine Papen non potè garantire la priorità agli agrari che si spostarono con la Nsdap. In realtà fu costretto ad assecondare i voleri di uno Stato di stampo industriale, cioè favorire occupazione ed esportazioni. Per aiutare l'economia concesse crediti per 2 miliardi di marchi e con un decreto d'emergenza allentò le maglie in materia salariale: i salari avrebbero potuto essere ridotti fino ad un massimo del 12,5% a condizione che le somme risparmiate venissero investite per la creazione di nuovi posti. La decisione presa scatenò proteste che culminarono con uno sciopero che mise in ginocchio i trasporti di Berlino nel novembre 1932. Comunisti e nazionalsocialisti si unirono per protestare contro sindacati, Spd e governo. Ciò non servì a diminuire il loro antagonsimo ma i lavoratori capirono che in una situazione di tale povertà sarebbero stati disposti a seguire i partiti più radicali e a prendere le distanze dai sindacati tradizionali. Il colpo di Stato prussiano - L'iniziativa presa da Papen che si rivelò portatrice delle peggiori conseguenze fu il "colpo di Prussia", lo scioglimento del governo socialdemocratico prussiano del 20 luglio 1932. In realtà già con il continuo ricorso all'articolo 48 e all'esautorazione del Bundesrat lasciò campo libero a Hitler. Meriti e demeriti di Schleicher - Le possibilità che un regime autoritario potesse governare con il sostegno dei sindacati era molto difficile e su quello Schleicher cadde, pur avendo affrontato con coraggio la crisi economica. Inoltre, come cancelliere e ministro della reichswehr aveva fatto capire che non sarebbe stato a guardare in caso di colpo di Stato da parte della Nsdap. Schleicher non riuscì ad ottenere l'appoggio che cercava: la Spd annunciò una dura opposizione e i grandi gruppi di interesse non gli diedero sostegno, senza contare che la Rlb, la Lega agraria nazionale, era controllata dalla Nsdap. Per assicurarsi il sostegno dei sindacati Schleicher avrebbe dovuto attuare una politica salariale e dei prezzi a sostegno dei lavoratori, inconciliabile con quello che chiedeva il settore agricolo: misure di protezionismo doganale, e gli industriali: scudo antipignoramento per le aziende con un grande debito sulle spalle. Alla fine Schleicher scontentò tutti. La scelta finale tra Hitler, Papen e Hugenburg - Dopo Schleicher, per gli industriali il cancelliere ideale non era Hitler ma Papen. Di Hugenburg non si fidavano perché pensavano che avrebbe adottato politiche troppo a favore degli agrari, così come non vedevano di buon occhio Hjalmar Schacht, presidente della Reichsbank, considerato autore di una politica troppo autoritario. Gli industriali volevano Papen, gli agrari Hugenburg, ma entrambi non potevano fare a meno di Hitler, il solo che poteva garantirgli un consenso di massa, richiesto da Hindenburg. Ad Hitler non interessava diventare vicecancelliere ma cancelliere. Papen diede il suo assenso, Hugenburg no convinto che la carica sarebbe spettata a lui. Ma il 30 gennaio 1933 le elezioni premiarono Hitler e a far pendere la bilancia dalla sua parte fu Papen che riunì il fronte di Harzburg: Hugenburg, Hitler, proprietà terriera e l'industria più vicina alla Nsdap contro Schleicher. Le condizioni si erano create con un incontro avvenuto ai primi di gennaio tra Hitler e Papen. Hindenburg inoltre aveva perso fiducia in Schleicher dopo il conflitto che aveva scatenato con la Lega agraria nazionale. Incapace di creare una base parlamentare con l'aiuto della nsdap, Schleicher proclamò lo stato di emergenza nazionale, sciolse il parlamento e indisse nuove elezioni, ovviamente con l'appoggio di Hindenburg che aveva ammorbidito la sua posizione nei confronti di Hitler. Il presidente del Reich, richiamandosi alla costituzione, chiese a Schleicher di verificare se i partiti avrebbero accettato di riconoscere lo stato di emergenza nazionale oppure si sarebbero appellati all'accusa di violazione della costituzione. i partiti, soprattutto la Spd e il Zentrum si schierarono con la costituzione e Schleicher fu costretto a dimettersi. Hitler al potere - Hitler poteva presiedere un governo in cui poter contare sul 46% dei seggi ma anch'esso, come i precedenti, era il governo di Hindenburg. Hitler chiese per il proprio partito pochi ministeri rinunciando anche al ministero della reichswehr che Hindenburg assegnò a von Blomberg. Papen e Hugenburg erano gli uomini forti dell'esecutivo. La nomina a cancelliere di Hitler fu agevolata anche grazie alla sua promessa di intavolare trattative con il Zentrum e il Partito popolare bavarese per allargare la base esecutiva. Il paradosso fu che per adottare una soluzione che non fosse in contrasto con quella prevista dalla costituzione, Hindenburg mise il potere in mano a Hitler che di lì a poco quella costituzione l'avrebbe cancellata. 2. La crisi economica mondiale Il periodo tra le due guerre vide una stagnazione economica mondiale. La guerra causò una diminuzione del reddito nazionale europeo del 30% e il dissesto delle finanze statali. La pace portò all'indebolimento di economie avanzate a causa della creazione di frontiere doganali, all'adozione di politiche autarchiche, all'espansione di centri di produzione extraeuropei e alla nascita di nuovi rapporti di scambio in Europa e nel mondo. I costi per affrontare la guerra non furono però la principale caua di stagnazione. La Seconda guerra mondiale comportò costi ben più elevati ma ciò non precluse le vie del grande sviluppo economico che si registrò dopo il 1948. Differenze tra la crisi del 1920 e quella del 1929 - La crisi deflazionistica del 1920 venne gestita in modo diverso rispetto a quella del 1929. In quella del 1920 intervenne la Società delle Nazioni che si fece carico della stabilizzazione di diverse valute; la Germania, grazie al boom del biennio 1920-1921 aveva attirato parecchia domanda sul mercato mondiale; il piano Dawes aveva visto l'impegno degli Stati Uniti che contribuì alla ripresa economica tedesca. C'era insomma più voglia di cooperazione internazionale per uscire dalla crisi. Gli scenari nel 1929 erano molto cambiati: tanto per cominciare non c'era uno stato moderatore internazionale e gli Stati si muovevano in modo diverso. A quel tempo la stabilizzazione economica era stata motivata anche con la necessità di impedire la presa del potere della sinistra. Nella crisi del 1929 il centro politico era diventato molto debole e i conflitti per il finanziamento delle politiche sociali erano molto accesi. Stavolta l'obiettivo della politica non era la stabilizzazione ma la revisione dell'ordine di Versailles con il risultato che sia internamente sia nei rapporti tra Stati, la politica economica, commerciale e finanziaria era un'arma da impiegare per la ripartizione delle risorse. Cause della stagnazione - Erano molte le cause della stagnazione. A): divenuti già prima della guerra la più grande potenza economica, gli Stati Uniti avevano optato per una politica isolazionista ma erano talmente dominante sul mercato mondiale che la loro crisi si estese a tutto il mondo. B): A causa della guerra la quota dell'Europa nel commercio mondiale si era ridotta e solo nel 1928 tornò sui livelli di prima della guerra, ma nella crisi del 1929 si ridusse di più di quella del commercio mondiale nel suo complesso. C): il cambiamento del quadro politico dovuto anche alla questione irrisolta della scelta tra industria e agricoltura. Motivo che generava conflitti in merito alle diverse opzioni possibili: autarchia economica o politica commerciale libera; sovvenzioni ai comparti tradizionali o finanziamenti per una politica sociale moderna. I cambiamenti dell'economia vennero interpretati in chiave politica e culturale che in chiave economica: l'industrializzazione come perdita dei valori legati al XIX in cui comandavano le élite agrarie; la dipendenza dal mercato mondiale come perdita della sovranità; l'ascesa degli Stati Uniti come perdita del ruolo dell'Europa nel mondo. Fuga di capitali e crisi delle industrie - In Germania i primi segnali della crisi vennero sottovalutati. Nella convinzione che ci sarebbe stato presto un balzo in avanti dell'economia, prima del 1929 il sistema produttivo venne sovradimensionato. I molti investimenti finanziati con capitale estero, in particolare statunitense, vennero ritirati con il "venerdì nero" del 1929. Una seconda fuga di capitali ci fu dopo la vittoria della Nsdap nel settembre 1930, vittoria che fece sorgere dubbi sulla tenuta della repubblica. Una terza fuga si ebbe a metà del 1931 con il fallimento dell'istituto di credito austriaco che causò una notevole crisi bancaria anche in Germania. Le esportazioni si ridussero, le industrie produttrici di beni di largo consumo entrarono in difficoltà di scaricare sui prezzi ai consumatori i propri costi, i consumatori videro ridursi il loro potere d'acquisto a causa dei licenziamenti e della riduzione dell'orario di lavoro. Interventi per limitare la crisi, no ai capitali esteri, sì ai tagli - Per limitare la crisi il governo intervenne tardi, primo perché le teorie a quel tempo dominanti non prevedevano l'utilizzo dell'indebitamento pubblico per sostenere la domanda, ma richiedevano il consolidamento del bilancio statale tramite il risparmio. Secondo, Bruning sperava di ottenere risultati che andassero oltre la crisi. Non la sottovalutò ma ritenne che sarebbe durata quattro o cinque anni. Per raggiungere il proprio scopo era disposto a chiedere alla popolazione notevoli sacrifici attraverso un contenimento delle spese in tutti i settori e la riduzione dei prezzi e dei salari. Secondo Bruning la crisi avrebbe portato ad una grande competizione mondiale e il primo paese che sarebbe riuscito ad affrontare sacrifici, anche se impopolari, si sarebbe ritrovato al vertice. Il 16 gennaio 1931 il governo prese la decisione di diminuire i prezzi di vendita degli articoli di marca del 10%, nella convinzione che ridurre i prezzi per dare impulso alle esportazioni in un mercato mondiale che si stava riducendo. E' chiaro che vincere sul mercato mondiale solo abbassando i prezzi non era possibile. Per uscire dal circolo vizioso causato dalla diminuzione della produzione e dal conseguente aumento della disoccupazione, sarebbe stato necessario attuare una politica finanziata dal credito estero o basata su una politica creditizia meno restrittiva. Nessuna di queste due strade venne scelta dal governo, nella convinzione che il ricorso al credito estero avrebbe compromesso la questione relativa alle riparazioni. Si decise di tagliare per risparmiare. Con un decreto d'emergenza dell'8 dicembre 1931 il governo taglio del 10-15% i salari e del 10% i prezzi amministrati; lo stesso si fece riguardo gli interessi creditizi, ai canoni di locazione, alle assicurazioni per i disoccupati e alle rendite. Per ripareggiarre il bilancio statale vennero ridotte le spese e si cercarono nuove entrate tramite nuove imposte e l'aumento di quelle esistenti. Per sgravare l'agricoltura dai debiti e per proteggerla dalla concorrenza tramite i dazi doganali, aumentarono i prezzi degli alimenti e i consumi diminuirono. I sacrifici dei tedeschi e la moratoria di Hoover - Bruning credeva che una politica congiunturale poteva essere attuata solo dopo l'estinzione delle riparazioni di guerra. Proprio per questo durante la crisi bancaria del 1931 il governo non cercò crediti sul mercato internazionale per non compromettere la sua capacità di movimento in politica estera. Il ritiro dei capitali esteri subì un accelerazione dopo una dichiarazione ufficiale in cui si riconosceva che il Reich era allo stremo delle forze. Le proteste per la riduzione dei salari si sperava che facessero capire ai paesi creditori il sacrificio dei tedeschi per adempiere al pagamento delle riparazioni. Inoltre, il governo minacciava di sospendere i pagamenti e paventava il rischio di una radicalizzazione interna a vantaggio della Nsdap. Tutto ciò portò ad ottenere una moratoria delle somme dovute decisa dal presidente americano Hoover. Politica deflazionistica di Bruning - Bruning attuò una politica deflazionistica che lo condannò alla perdita di consensi. i cittadini giudicarono l'inasprimento delle misure la prova del disorientamento del governo. Tra l'altro, le prime misure che Bruning adottò, tra luglio e agosto 1931, non ebbero effetti. Nel maggio 1932 il governo approvò misure per un totale di 135 milioni di marchi a cui se ne aggiunsero altri 300 grazie alla moratoria Hoover. A queste somme fecero seguito sgravi fiscali per l'industria per circa 1,7 miliardi di marchi e sovvenzioni di circa 700 milioni. Altre importanti misure per 500 milioni di marchi vennero approvato dal governo Schleicher nel gennaio 1933. Erano misure non sufficienti per annullare del tutto la crisi ma già all''insediamento di Hitler se ne potevano notare gli effetti benefici. Non è certo che siano stati gli interventi di Bruning a rendere milgiore la situazione, ma i nazionalsocialisti riuscirono a farlo credere. Furono soprattutto la Nsdap e la Kpd a trarre vantaggio politico dalla crisi, avendo tra le loro fila disoccupati e poveri. Disoccupazione in Europa - Nel 1932 in Germania i disoccupati erano più di 5,5 milioni. Anche in Scandinavia e in Inghilterra il tasso di disoccupazione era stato alto. Nel bienno 1931-1932 Germania, Danimarca, Norvegia e Polonia superarono il 33% di disoccupazione; Belgio, Olanda, Svezia, Inghiilterra e Austria toccarono il 20-25%. Nel gennaio del 1933 il tasso in Germania si era ridotto di poco. A pagare la crisi furono gli operai, i lavoratori non qualificati, le donne, i giovani e gli anziani. A questi si aggiunsero i due milioni di disoccupati invisibili, persone che non avevano più diritto ai sussidi di disoccupazione e molti altri. Alla fine del 1932 oltre 23 milioni di tedeschi non avevano altra risorsa al di fuori dei sussidi pubblici. Sussidi - I sussidi erano poca cosa. In genere si trattava di un periodo di 26 settimane in cui i disoccupati riscuotevano una somma che oscillava tra il 35% e il 75% del salario che prendevano in precedenza, dopo si passava ad un ulteriore periodo di 13 settimane di "sussidio di crisi" al termine del quale venivano assegnati all'assistenza pubblica come disoccupati "cronici" il cui aiuto CAPITOLO 4 LA PRESA DEL POTERE E IL FIHRERSTAAT�LA PRESA DEL POTERE E IL FIHRERSTAAT Verso il Führerstaat - Il governo Hitler entrò in carica il 30 gennaio 1933 come un normale governo del presidente ma tutti conoscevano le intenzioni di Hitler di arrivare alla dittatura. Con il primo passo Hitler riuscì ad eliminare tutti i fattori di potere concorrenti nel quadro costituzionale ma lo scopo era quello di abrogarla. Il secondo passo fu quello di creare nuove istituzioni politiche, eliminare ogni opposizione. L'instaurazione del Führerstaat e l'eliminazione di ogni tipo di istituzione costituzionale si concluse con l'assassinio dei capi delle SA il 30 giugno 1934 e la scomparsa di Hindenburg poco dopo. Verso nuove elezioni per legittimare il potere - i nazisti che non si aspettavano di conquistare il potere così facilmente decisero di legittimarlo con nuove elezioni in cui non ci fu una vera e propria campagna elettorale. I funzionari statali furono costretti ad allearsi con il governo, la polizia venne epurata e allineata con l'immissione di personale di certa lealtà, il 22 febbraio le SA vennero trasformate in polizia ausiliaria. Venne introdotto il divieto di stampa per intimidire la Kpd e la Spd, ad alcuni esponenti di spicco del Zentrum venne impedito di partecipare alla campagna elettorale. Elezioni 5 marzo 1933 - La partecipazione al voto del 5 marzo 1933 fu alta: l'89% ma la Nsdap ottenne solo 17,2 milioni di voti pari al 43,9% non riuscendo anche stavolta ad ottenere la maggioranza assoluta. Hitler ebbe bisogno di Hugenburg e della Dnvp, che nel frattempo aveva cambiato nome, per formare un nuovo governo. La Spd confermò i voti ma ridusse la percentuale al 18,2% per l'alta affluenza, la Kpd perse oltre un milione di voti anche per la paura di molti suoi elettori e ottenne il 12,3%. I partiti vengono sciolti, Nsdap partito di Stato - Pur non avendo la maggioranza assoluta, i nazionalsocialisti poterono contare sui voti dei tedesco-nazonali per mettere in atto tutte le misure in modo "democratico". Molte iniziative che vennero prese contro i comunisti trovarono l'approvazione degli ambienti borghesi, degli agrari, dei conservatori e dei liberali. Con la giornata di Postdam, il 21 marzo, Goebbels rilanciò lo spirito di riscossa nazionale tramite la conciliazione tra nazionalsocialismo e Prussia, vecchia e nuova Germania e molti esponenti dei partiti borghesi passarono alla Nsdap, convinti che il governo di Hitler sarebbe durato a lungo. Di fronte alle continue intimidazioni del governo e della Nsdap, molti partiti decisero di sciogliersi senza aspettare che qualcun altro lo facesse: il 4 luglio 1933 la Bvp, il giorno dopo il Zentrum, il Partito tedesco dello Stato (ex Ddp) e la Dvp sempre in quel periodo. La Spd venne messa al bando il 22 giugno e il 14 luglio venne emanata la legge contro la formazione di nuovi partiti. La Nsdap era così un partito di Stato. La Dnvp si sciolse a giugno dopo che Hungenburg fu costretto a dimettersi come ministro dell'Economia. Il 2 maggio inoltre c'era stata la liquidazione dell'intero movimento sindacale. Decreto del presidente e legge sui pieni poteri: il potere dei nazisti diventa legittimo - Facile come lo scioglimento dei partiti fu l'abrogazione della costituzione. L'incendio del Reichstag del 27 febbraio 1933 venne interpretato dai nazisti come la rivolta dei marxisti. Le contromisure non tardarono: Goring ordinò subito la sospensione di tutti gli uffici dell Spd, la chiusura dei giornali della Kpd e di quelli Spd. La mattina seguente venne promulgato il "decreto del presidente del Reich per la protezione del popolo e dello Stato" che abolì praticamente tutti i diritti dell'uomo e del cittadino e conferì al Reich tutte le competenze di polizia per riportare ordine nei Lander. Fu questo in pratica la vera "carta costituzionale" del Reich perché attribuì al regime poteri illimitati. La legge sui pieni poteri del 24 marzo 1933 legittimò il nuovo ordine ed era formalmente rispettosa della costituzione. I nazisti riuscirono ad approvarla dopo aver ottenuto la maggioranza dei due terzi con la intimidazione nei confronti della Spd e manipolandola. Con queste mosse il governo poteva emanare leggi in luogo del presidente i cui poteri vennero ridotti. Hitler aveva ottenuto lo scopo di raggiungere il potere nel rispetto della legge. L'uniformazione dei Lander - L'uniformazione dei Lander dal punto di vista politico e istituzionale fu un ulteriore passo verso la centralizzazione del potere. La Prussia già nel 1932 aveva perso le sue prerogative statali e prima del 1933 la Nsdap era entrata a far parte del governo di sette Lander. C'erano però da conquistare le città del nord, la Sassonia, i Lander della Germania meridionale dove la Nsdap era sempre stata debole. Sull'onda del decreto seguito all'incendio del Reichstag vennero inviati dei commissari del Reich che affidarono l'autorità della polizia alle SA e alle SS. Tra l'8 e il 9 marzo i governi regionali dei Lander furono costretti a rimettere il mandato. Tra il 31 marzo e il 7 aprile il governo emanò due leggi importanti per l'allineamento dei Lander. Con la prima venne estesa ad ogni dieta regionale la stessa maggioranza che reggeva il governo nazionale. In questo modo la Nsdap riuscì ad avere la maggioranza perché dal computo dei voti vennero tolti i voti della Kpd. Con la seconda vennero nominati dei luogotenenti del Reich con il compito di far rispettare le direttive politiche del governo centrale. L'unica eccezione fu la Prussia dove Papen era commissario del Reich e dove Hitler preferì riservare a sé la carica di luogotenente per ristabilire l'unità del Reich con la Prussia, ma anche per aprire la strada a Goring come ministro degli Interni con funzioni commissariali. Tutti gli obiettivi erano raggiunti: controllo della polizia, liquidazione di roccheforti nazionalconservatrici come la Prussia e cattoliche come la Baviera, passaggi dei poteri regionali alla Nsdap tramite i luogotenenti. La figura del luogotenente era importante perché realizzava l'unità tra partito e Stato che venne portata a compimento con la legge sulla riorganizzazione del Reich del 30 gennaio 1934 e la legge sull'abrogazione del consiglio del 14 febbraio. Il superamento del sistema politico di Weimar era concluso. Rimanevano solo il presidente del Reich e le forze armate. Epurazione degli ebrei e allineamento della cultura - A provocare delusione da parte dei borghesi fu anche l'accanimento nei confronti degli ebrei attraverso il boicottaggio dei negozi, la discriminazione attraverso la "legge della riorganizzazione dell'apparato burocratico", il rogo di migliia di opere considerate antitedesche, l'inizio della battaglia contro la Chiesa protestante, il processo di livellamento della stampa, della radio, della letteratura e della'istruzione tramite l'istituzione della camera della cultura del Reich. Uniformazione dell'economia - Anche la riorganizzazione dell'economia su basi corporative suscitò preoccupazioni. Vennero uniformate le associazioni economiche. Gli imprenditori vennero inrodotti nel Daf, Fronte tedesco del lavoro, venne abolita l'autonomia in materia contrattuale e la negoziazione dei contratti collettivi venne affidata ai cosiddetti fiduciari del lavoro. Commercio e artigianato furono iscritti nei cosiddetti "Stati generali" mentre l'agricoltura venne uniuformata tramite l'istituzione della corporazione del Reich per l'alimentazione, e gli agricoltori tramite e la legge sui poderi ereditari del Reich, che limitò il diritto ereditario, dopo che una legge emanata in precedenza ne aveva limitato il libero mercato tramite la regolazione dei prezzi. SA e Nsbo, questioni da risolvere - All'interno della Nsdap ci furono dure battaglie che riguardarono il potere, una sorta di contrasto tra gli uffici statali e quelli del partito a cui si cercò di mettere fine con la nomina di Himmler come capo di tutto l'apparato poliziesco. Venne sconfitto Ley che voleva fare della Daf un potente sindacato di Stato e Rohm che voleva rendere le SA l'unico pilastro armato del regime. Quando nel luglio del 1933 il ministro degli Interni Frick disse che la rivoluzione era terminata voleva rivolgersi alle SA e alla Nsbo, quelle forze che premevano per dare vita ad una sorta di seconda rivoluzione di tipo sociale. I soldati delle SA che erano per la stragrande maggioranza professionisti volontari si vedevano spesso esclusi dai posti di lavoro. Non si sentivano tenuti in considerazione come la Reichswehr con cui la conciliazione era molto difficile. Le richieste del sindacato erano notevoli: giornata lavorativa di otto ore, obbligo di iscrizione al sindacato, contrattazione collettiva, diritto di sciopero, tutela dei consigli di fabbrica, assicurazione per la disoccupazione. Richieste che furono accompagnate da scioperi e azioni contro dirigenti di fabbrica. Con la legge sull'ordinamento del lavoro nazionale del 20 gennaio 1934 si cercò di mettere fine a queste manifestazioni. Soppressione delle SA, Hitler comandante supremo della Reichswehr - Nella contrapposizione tra SA e Reichswehr Hitler finì per schierarsi con l'esercito dando vita ad una azione repressiva che portò all'uccisione e all'arresto dei capi delle SA. Venne ucciso anche Strasser (già in contrasto con Hitler nel 1932, quando questi lo accusò di tradimento per i contatti avuti con l'allora cancelliere, il generale Von Schleicher, che gli aveva offerto la carica di vicecancelliere per la formazione di un nuovo governo) e di Schleicher. La liquidazione di Rohm e delle SA era un segnale per la Reichswehr affinché non temesse la creazione di una milizia concorrente, ma con l'uccisione dei Schleicher venne fatto capire agli alti gradi delle forze armate che non sarebbero state tollerate iniziative personali. Il primo agosto 1934, con Hindenburg prossimo alla scomparsa, con una legge vennero unificate le cariche di presidente del Reich e cancelliere. Il giorno dopo la Reichswehr prestò giuramento di fedeltà. Uniformazione della cultura - Con l'ordine costituzionale venne spazzata via anche l'altra Weimar, quella del movimento di emancipazione dei giovani e delle donne, della grande fioritura scientifica, artistica e culturale. Uniformazione significò anche i giovani tedeschi riuniti nella Hitlerjugend e le donne nel Bund Deutscher Madel. La uniformazione culturale e scientifica avvenne con il controllo della camera di cultura del Reich, con la censura, con il razzismo di stato rappresentato dal "paragrafo ariano", un articolo di legge che discriminava gli ebrei nella pubblica amministrazione. Tutto quello che era "non tedesco", e "degenerato" e "ebraico" sparì. L'arte degenerata da tempo messa al bando venne venduta all'estero nel 1937. Tra i 30000 tdeschi che scelsero l'esilio diverse migliaia facevano parte dell'élite culturale e tra loro c'erano premi Nobel come Einstein e Thomas Mann. Non vennero risparmiati neanche i sociologi, filosofi e psicologi ebrei appartenenti alla scuola di Francoforte. Nell'economia la politica di riarmo contribuì moltissimo allo sviluppo industriale L'agricoltura tornò ad avere un ruolo significativo pur non conoscendo alcun processo di ammodernamento. In nome della comunità nazionale vennero repressi tutti i cinflitti di classe. I gruppi sociali videro diminuire la loro capacità di influenza, in particolare quello proletario.
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