Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto "La sceneggiatura", Libro Manuale del film., Sintesi del corso di Teoria Del Cinema

Riassunto del capitolo "La sceneggiatura", del libro "Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi".

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 22/11/2021

ilza_
ilza_ 🇮🇹

4

(1)

3 documenti

1 / 17

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto "La sceneggiatura", Libro Manuale del film. e più Sintesi del corso in PDF di Teoria Del Cinema solo su Docsity! Sceneggiatura e racconto 1. 1Checosa è una sceneggiatura Prima di un film c'è l'idea di una storia, priva ancora delle sue articolazioni. Molte volte limitata a una situazione, a un evento, a uno o due personaggi. E l'abbozzo di un racconto possibile, che si deve articolare, precisare, definire. Deve prendere forma, farsi una storia fatta per essere raccontata attraverso immagini. Così nasce una sceneggiatura, ovvero una descrizione più o meno precisa, coerente, sistematica, di una serie di eventi, personaggi e dialoghi. Si può considerare la sceneggiatura come un processo di elaborazione del racconto cinematografico. Deve attraversare diversi stadi: dall'idea alla sceneggiatura finale. Gli stadi sono: - il soggetto: è la prima manifestazione concreta di un'idea. E' un piccolo racconto di qualcosa che ancora non c'è ma che è destinato a prendere forma. - adattamenti: film tratti da racconti e romanzi. Il soggetto letterario viene sottoposto a un lavoro di contenimento (tagli, selezione...) - trattamento: gli spunti narrativi del soggetto vengono sviluppati e approfonditi. La fama è ancora letteraria, ma ha una caratterizzazione narrativamente più definitivamente (descrizione scene, dialoghi abbozzati, intrigo articolato...). - scaletta: serve a tener sott'occhio l'intera storia del film. Segna la fase del passaggio dal "momento" letterario dello storia a quello della costruzione del film. Trattamento e scaletta interagiscono fra loro dando vita alla sceneggiatura. Vengono messe in ordine tutte le scene del film, descritti con cura ambienti, personaggi ed eventi, indicati con precisione i dialoghi. La sceneggiatura subisce un'ulteriore fase che viene chiamato decoupage tecnico. Le scene vengono divise in singole immagini, dette inquadrature o piani. Vengono numerate e si indica il contenuto, il punto di vista della MDP, eventuali movimenti... Dopo si può accompagnare la sceneggiatura con dei disegni che raffigurano le inquadrature del film, si chiama story board. - sceneggiatura desunta dalla copia definitiva del film: Segue la lavorazione del film. Un critico/uno studioso, a partire da un film già realizzato, ne descrive le diverse inquadriature e scene, riporta i dialoghi... Il cinema classico (americano) aveva una sceneggiatura chiusa, che rispettava le indicazioni del découpage tecnico. Il cinema della Nouvelle Vague (moderno), privilegiava una sceneggiatura aperta, disponibile a modificarsi nel corso del film. he caratteristiche essenziali di una sceneggiatura sono: - fluttuante e instabile: la sceneggiatura è un'oggetto dalla natura estremamente labile. Gli eventi che racconta possono continuamente modificarsi. - Darsi in funzione di un film che è essenzialmente fatto di immagini: non è concepito per durare, ma per eclissarsi, diventare altro. 1. 2checosaèun racconto Le caratteristiche generali del racconto e in che senso e come possiamo parlare di racconto cinematografico. - racconto: è un termine che racchiude almeno 2 significati. STORIA e DISCORSO. - storia: il contenuto o concatenarsi di eventi - . discorso: l'espressione, i mezzi per cui il tramite viene comunicato il contenuto. In sostanza la storia è il che cosa viene narrato, il discorso è il come. Il racconto inteso come storia, è una catena di eventi legati fra loro da una relazione di causa ed effetto che accadono nel tempo e nello spazio. Narratività, se il racconto è un dato concreto e fattuale (es. il gattopardo). La narratività va intesa come un insieme di codici, procedure e operazioni, indipendenti dal medium nel quale esse si possono realizzare, ci permette di riconoscere questo come un racconto. ‘ambienti, delle situazioni e delle azioni che si succedono in un ordine dato, che lasciano passare un certo punto di vista. Dove si colloca il cinema nella bipolarità di narrazione e mostrazione? A prima vista il cinema sembra situarsi sul piano della rappresentazione (come il teatro), in quanto ricorre alla presenza di attori. Il rapporto fra attore-personaggio, e spettatore, non è più diretto, come accade sostanzialmente in teatro, bensì mediato. La map che riprende la recitazione dell'attore, può, attraverso la posizione o i movimenti, intervenire e modificare la percezione che lo spettatore ha della "recita". Essa può forzare lo sguardo dello spettatore e dirigerlo. Gli attori non sono cosi i soli a "fare senso", con loro, attraverso la macchina da presa, è al lavoro anche qualcos'altro, un'istanza altra, invisibile in quanto entità,ma nel testo è ben percepibile. Oltre a far mostrare, quest' istanza ci fa anche sentire. Oltre alle immagini manipola anche i suoni (voci, rumori e musiche). Cosi come ci mostra un mondo in un determinato modo, ce lo fa anche sentire. La musica d'accompagnamento (musica extradiegetica), che ascoltiamo solo noi spettatori, è un elemento di mediazione fra il film e il mondo diegetico, dà un senso particolare alle immagini che si aggiunge a quello della mostrazione, rivelando la presenza di un'istanza che agisce dietro le quinte. Il fatto che un film ci mostri e ci faccia sentire in un modo che non è diretto ma mediato, non significa ancora che si possa parlare di narrazione. E necessario che il cinema dimostri di possedere la facoltà di manipolare il tempo e lo spazio della storia e di regalare il flusso delle informazioni diegetiche. Oltre a farci vedere e sentire, la narrazione cinematografica costruisce il proprio operare sui principi della selezione e della combinazione. Ogni racconto non mostra tutto il mondo diegetico, ma seleziona dei suoi frammenti e, li dispone in un certo ordine (combinazione). L'istanza si articola su tre livelli: mostrare, far sentire, narrare. L'istanza narrante è un'entità astratta, al di fuori del mondo diegetico, la cui funzione è avvertibile nel momento in cui le immagini e i suoni sono strutturati in modo da dare vita a una narrazione. a volte questa istanza si fa più concreta, manifestandosi attraverso una voce, di nessun personaggio, che commenta le situazioni e i personaggi, si chiama narratore extradiegetico. A volte può essere un vero e proprio personaggio della storia. Può raccontare tutto il film o solo dei momenti. Si chiama narratore intradiegetico. 1.3.2 Lo spazio del racconto Il racconto cinematografico trova nello spazio un elemento a sé costitutivo proprio quanto lo sono il tempo e la causalità. Un film narrativo presuppone sempre una serie di quadirspaziali che, hanno il compito di accogliere quelle trasformazioni operate da determinati agenti su cui si costituisce la storia di un racconto. Quando parliamo dello spazio del racconto cinematografico possiamo intenderlo tanto come spazio della storia, quanto come spazio del racconto. - Spazio della storia: è lo spazio diegetico rappresentato da un film, i suoi luoghi e ambienti. - Spazio del racconto: è quello spazio che viene a formarsi sullo schermo attraverso il modo in cui il discorso articola lo spazio della storia. esempio: prendiamo una stanza: questa stanza sarà il nostro spazio della storia. Possiamo ora decidere come mostrare la stanza. Dall'alto o dal basso, MDP in movimento o fissa. Ciò da vita a una certa rappresentazione di questo spazio della storia, uno spazio diegetico che, mostrato attraverso certe modalità discorsive, diviene così lo spazio del racconto. | diversi tipi di rapporti spaziali, che si instaurano in un film nel passaggio da un'immagine a un’altra , secondo le ipotesi di Gaudreault e Jost. In un film si possono articolare quattro tipi fondamentali di rapporti spaziali: - articola due segmenti dello spazio diegetico in sovrapposizione parziale fra un'immagine e l'altra: 1% immagine vedo una parete intera di quadri appesi; nella 2 4 immagine, vedo più da vicino una parte di questa parete è uno solo dei quadri appesi. Ci ritroviamo di fronte a un “ ritorno dello stesso”, ed è per questa ragione che si può parlare di identità spaziale. La prima manifestazione all’alterità è la contiguità. - contiguità: es: una conversazione fra due personaggi in cui si altemano le immagini dell'uno e dell'altro. | due spazi sono adiacenti, congiunti fra loro, legati da un rapporto di comunicazione visiva immediata. Questa relazione di congiunzione è invece assente negli altri due casi di relazione spaziale fondati sull'alterità. Siamo nell'ambito di un regime di disgiunzione che si articola nella distinzione fra spazi vicini e spazi lontani. In un caso siamo di fronte a una disgiunzione di prossimità, nell'altro di distanza. - disgiunzione di prossimità: si dà ogni qualvolta fra due spazi non adiacenti è possibile una comunicazione visiva o sonora non amplificata. Esemplificata è come la relazione fra due celle separate da un muro in cui i due detenuti possono lo stesso comunicare fra loro. - disgiunzione di distanza: è quella che viene a costruirsi fra due spazi privi di una possibilità di comunicazione visiva o sonora diretta. es: una donna rimasta sola nella sua casa di campagna segue quella del suo uomo recatosi nella grande città a fare fortuna. Dagli esempi citati sono chiare queste diverse relazioni spaziali, da una parte, sono proprie di certe situazioni narrative fortemente codificate. Dall'altra richiedono allo spettatore una loro immediata comprensione. distinguere due diversi tempi: quello della storia-tempo diegetico-e quello del discorso, che dà vita al tempo del racconto, che nel film è chiamato tempo filmico. Nel tempo diegetico ogni evento può qualificarsi per il posto che occupa nella cronologia della storia, per la sua durata e per il numero di volte che si ripete. L'istanza narrante non è obbligata a rispettare la sua temporalità diegetica. Così sono stati indicati i 3 livelli, concernenti i rapporti fra tempo della storia e tempo del racconto, messi a punto da Genette nell'ambito della narratologia letteraria: ordine, durata e frequenza. L'ordine L'ordine degli eventi è diverso da quello della storia. flashback — una parte di storia che il racconto presenta in un momento successivo a quello da esso occupato sul piano cronologico. E' così un salto indietro, un ritorno a ciò che è già accaduto. flashforward — rappresentazione di un evento futuro, un salto in avanti seguito da un ritorno al presente. Il racconto cinematografico altre alle immagini ha anche le parole. | momenti passati di una storia possono essere evocati anche sul piano sonoro attraverso il racconto di un narratore diegetico. Non si parla più di flashback o flashforward, ma se usano quelli della matrice genettiana: - analessi — evocazione a posteriori di un evento passato (flashback) - prolessi — il racconto in anticipo di un evento futuro (flashforward) Le analessi sono distinguibili in: - esterne — l'episodio evocato inizia e finisce prima del momento in cui ha preso avvio il racconto. - interne — l'episodio evocato è avvenuto dopo l'inizio della storia - miste — evocazione di un episodio passato che ha inizio prima dell'inizio del racconto che la contiene e termina dopo la storia Lo stesso vale per le prolessi. Possono essere: esterne, interne, miste, uguali alle analessi. Le analessi assumono spesso il compito di completare una mancanza o un'omissione (da spiegare il carattere di un personaggio, o le cause di un evento). Le prolessi hanno la funzione di anticipare un evento futuro, in forma più o meno esplicita. La distinzione tra tempo della storia e tempo del racconto: - fabula — si riferisce all'ordine cronologico degli eventi proprio della storia - intreccio — si intende l'ordine degli eventi così come essi si danno nel racconto La durata Ogni racconto ha la sua durata di fruizione. La durata di un film è determinata dal numero di metri della pellicola impressionato: per tutti il film dura lo stesso tempo. Esiste una durata della storia e una del racconto. - durata del racconto — è la durata del film stesso - durata della storia — la durata supposta dell'insieme degli eventi su cui si articola la storia Il problema del rapporto tra le due durate non riguarda solo il film intero, ma anche le parti che lo compongono (i suoi episodi). Il problema che qui si pone è quello del ritmo e della velocità narrativa che possono modificarsi nel corso dello sviluppo del film. Genette indica, cinque diversi rapporti temporali fra durata della storia e durata del racconto. 1. Pausa (TR=n, TS= 0) Non corrisponde nessuna durata diegetico. Il flusso temporale si arresta. Il film continua a durare, mentre la storia si ferma. La pausa cinematografica può darsi attraverso: descrizione, campo vuoto e fermo fotogramma. 2. Estensione (TR> TS) Il tempo del racconto è superiore a quello della storia. Il modo più efficace per realizzare un' estensione temporale è attraverso l'uso dello slow motion, dove la velocità rallentata impone una durata del tempo filmico superiore a quello diegetico. Lo Slow motion ha la funzione di enfatizzare e dare maggior risalto a certi eventi (scene d'azione). Anche attraverso l'uso di immagini descrittive o natura simbolica (es. Ottobre, attraverso il pavone meccanico). Anche attraverso la ripetizione di un evento (es. Ottobre, ingresso ripetuto più volte). 3. Scena (TR = TS) Il tempo del racconto è uguale a quello della storia. La si incontra nelle scene di dialogo, senza salti temporali. Anche una successione di immagini che da vita a un episodio narrativo compiuto (un incontro, un duello, un inseguimento) senza la presenza di salti temporali. E' molto presente nei film dei Lumière, dove il tempo della storia è uguale al tempo del racconto 4. Sommario (TR <TS) Al tempo del racconto è minore del tempo della storia. Serve per eliminare dei dettagli considerati inutili o per accelerare il ritmo della narrazione. Esso dà vita alle sequenze ovvero un insieme di inquadrature, che costruiscono un episodio narrativo compiuto. Presenta al suo interno dei salti spaziali o temporali (es. la pulizia di una pistola viene mostrata attraverso alcune immagini dei momenti essenziali) Si può pensare a due tipi di sequenza: - sequenza ordinaria — attraversata da ellissi di minima incidenza, talvolta in avvertibili - sequenza a episodi — una serie di rapide immagini, di solito separate da dissolvenze o veloci panoramiche, mostrano aspetti parziali di un determinato processo temporale. Altre soluzioni di riassunto sono le immagini stereotipate, quali lo sfogliare di un calendario, il veloce muoversi delle lancette ecc. Di sommario possiamo anche parlare di quelle unità intermedie che stanno fra la scena o la sequenza, e l'intero film. Le due scene vengono divise fra loro da un salto temporale. natura, ma di cui non si può non tener conto. 1. Perquanto riguarda il carattere variabile della focalizzazione nell'ambito di uno stesso racconto: il narratore può infatti focalizzare il proprio racconto su un personaggio all'inizio e su un alto da un certo punto in poi. Oppure una parte può avere focalizzazione zero e | 'altra parte può essere focalizzazione esterna. 2. In qualsiasi racconto un narratore non si rapporta solo a un personaggio, ma a più personaggi. Di conseguenza con un personaggio possiamo avere una focalizzazione, mentre con un altro un'altra. 3. Anche nel rapporto con un solo personaggio, il narratore può farci sapere di più rispetto ad alcune cose e di meno rispetto ad altre. In un film noi passiamo in qualsiasi momento della storia saperne di più, di meno o quanto il nostro eroe. Il discorso però si complica a partire dalla specificità del linguaggio cinematografico, che trova uno dei suoi elementi caratterizzanti nell'immagine. Un film racconta mostrandoci delle cose. Il discorso sulla focalizzazione cinematografica va dunque, a un primo livello, affrontato sul piano della visione. Proprio a partire da queste considerazioni che Frangois Jost ha introdotto un altro termine nella narratologis filmica; quello di ocularizzazione, intendendo la relazione che si instaura Lia ciò che la macchina da presa mostro e ciò che si presume il personaggio veda. Il discorso slitta dunque sul "chi vede ?", su qual è il centro percettivo intorno a cui si organizza la narrazione. Anche l'ocularizzazione, come la focalizzazione, è suddinibile in te categorie: - ocularizzazione interna — dove ciò che io vedo è quel che è visto da un personaggio. - ocularizzazione zero + vedo qualcosa direttamente, senza la mediazione di un personaggio a vederlo. - ocularizzazione interna primaria — quelle singole immagini che recano in sé le tacce di qualcuno che guarda (es. sguardo di un personaggio ubriaco, addormentato. Oppure immagini in movimento). - ocularizzazione interna secondaria — alternanza di due immagini che mi mostrano l'una il personaggio che guarda, l'alta ciò che è guardato. L'ocularizzazione Zero, rappresenta uno sguardo esterno alla diegesi, quello della sola istanza narrante. È ciò che gli americani chiamano nobody shot. Può a sua volta dividersi in un'immagine a enunciazione mascherata o in un'immagine a enunciazione marcata. - enunciazione mascherata — ci danno a vedere gli elementi diegetici più importanti nel modo più chiaro, facendo dimenticare la presenza della MDP. - enunciazione marcata — la posizione o i movimenti della MDP Sottolineano una certa autonomia dell'istanza narrante in rapporto al personaggio, come quando, un assassino che si avvicina alla sua vittima la MDP mi mostra solo la sua ombra. assume qui un tono marcato perché si fa evidente la volontà dell'istanza narrante di non mostrarci il volto dell'assasino per continuare a tenere lo spettatore nel dubbio della sua identità. Vedere dunque determina un sapere, ma questo sapere può essere molto parziale. Inoltre le informazioni sul mondo diegetico di un racconto filmico, passano anche attraverso: parole, rumori, musiche e menzioni scritte. Questi diversi elementi possono contraddire apertamente l'apparente senso di un'immagine e smentire quindi il presunto sapere dello spettatore. Vedere o sentire non significa dunque per forza sapere. Esistono dei rapporti fra ocularizzazione e focalizzazione ma in un caso, quello dell'ocularizzazione, io mi riferisco al vedere, implicando il sapere che questo vedere può comportare, e nell'altro, quello della focalizzazione, io mi riferisco al sapere, implicando il vedere che può essere fra le cause di questo sapere. Ma sapere che cosa? Di un sapere che concerne questo mondo diegetico: che cosa apprendo, come e quando, i personaggi ecc. Le tre figure dell'ocularizzazione e quelle della focalizzazione possono presentare delle affinità, ma non coincidono. Alcune brevi considerazioni sulla focalizzazione al cinema. L'esteriorità della MDP non implica di per sé una negazione dell'interiorità del personaggio. Si parla di focalizzazione esterna non quando un personaggio è semplicemente visto dall'esterno bensì quando, dal punto di vista della distribuzione delle informazioni narrate, si fa evidente una restrizione del nostro sapere in rapporto a quello del personaggio. La domanda essenziale è dunque questa:" so quali sono le motivazioni che spingono il personaggio ad agire in quel modo, quali i fini della sua azione, quali i sentimenti che egli vive? Se la risposta è positiva, sono in regime di focalizzazione interna, se non lo è sono in quella esterna. - focalizzazione spettatoriale o assenza di focalizzazione + conferisce allo spettatore un sapere maggiore di quello del personaggio, gli offre un vantaggio cognitivo. hitchcockiana. Può essere costruito sia sul piano della singola immagine (inquadratura) che su quello della sucessione di più immagini (sequenza). La focalizzazione e l’ocularizzazione (come lo spazio e il tempo della storia), testimoniano di come le immagini e i suoni su cui si articola un film non si limitino a una semplice rappresentazione, ma diano vita a una vera e propria narrazione, che trova il suo indiscutibile punto d'origine in un’entità ben precisa che abbiamo definito come istanza narrante o enunciatore.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved