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riassunto "le crociate", Sintesi del corso di Storia Medievale

riassunto esaustivo del libro e dei temi del programma d'esame

Tipologia: Sintesi del corso

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chiara-giangiacomo
chiara-giangiacomo 🇮🇹

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Scarica riassunto "le crociate" e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! 1 LE CROCIATE L ’ IDEA, LA STORIA, I L MITO riassunto il concetto di crociata Il 27 novembre 1095, nell’ambito delle fasi conclusive del concilio di Clermont, papa Urbano II, esortò l’Europa cristiana ad imbracciare le armi in difesa dei cristiani d’oriente, promettendo a coloro che fossero partiti ricompense materiali e spirituali. Da tempo, infatti nella penisola iberica, nell’Italia Meridionale e nelle isole tirreniche i cristiani latini impegnati a conquistare le terre del nemico saraceno. Contemporaneamente i cristiani orientali subivano l’aggressività del sultano selgiuchide e del califfo d’Egitto. Nel corso di un sinodo, il papa aveva ricevuto, dall’imperatore d’Oriente Alessio Comneno, la richiesta di mercenari da contrapporre ai turchi. A questa richiesta si aggiungeva la volontà di ottenere il massimo consenso possibile visto il conflitto che lo contrapponeva al clero di fedeltà imperiale. Infatti Roma era rimasta fedele a Clemente III, nominato dall’imperatore Enrico IV. Inoltre rispettando le richieste di Costantinopoli, v’era forse la volontà di risanare la frattura tra le due Chiese. Si maturò l’idea di raggiungere Gerusalemme non tanto come obbiettivo militare ma penitenziale. Dunque l’appello di Clermont fu accolto con grande entusiasmo e, oltre ai vertici ecclesiastici e alla nobiltà feudale, coinvolse gruppi di cavalieri, e di paupares (deboli) e intere flotte composte da cives e bellatores Dei. A seguito della prima crociata e della conquista di Gerusalemme, Nicea e Antiochia, ci si rese conto della necessità di dotarsi di una forza militare stabile per difendere la presenza latina. Nacquero così gli ordini monastico militari che rappresentarono una novità assoluta nel contesto religioso del tempo che era uso separare i bellatores dagli oratores. Questi ordini tra cui si sarebbero distinti i Templari, dli Ospitalieri e i Teutonici, avrebbero garantito a un presidio a tutela di quanto conquistato. Al principio, non esiste alcuna crociata; esistono i crucesignati, coloro che portano cucita sul mantello o sulla bisaccia una piccola croce. Solo sotto Callisto III (1455-1458), il termine cruciata entrerà sistematicamente nella documentazione papale. Il termine cruciata inizia a circolare in ambito iberico, mantenendo a lungo un valore economico-finanziario: bulla cruciatae con cui erano stabilite le decime e di altri contributi in denaro che i cristiani erano chiamati a versare in vista delle singole spedizioni. La prima attestazione del termine “crociata” in ambito storiografico risale (pare) a una sezione de Le transport du Mont-Calvaire de Hierusalem en France par la piété d’un catholique Dauphinois, di Archange de Clairmont, pubblicato a Lione nel 1638. Significato onnicomprensivo, rimandando: - a quell’insieme di azioni che avevano portato alla conquista di Gerusalemme, nel 1099; - alla sua difesa, nei decenni successivi; - alla difesa degli stati latini di Terrasanta, sino alla loro caduta, nel 1291; - alla difesa dell’Europa intera, su cui incombeva il pericolo turco, nei secoli immediatamente successivi. 2 Crociata- movimento, crociata-istituzione La prima crociata era andata configurandosi tanto come iter, ovvero viaggio militare volto alla difesa dei cristiani, quanto come pellegrinaggio penitenziale verso i luoghi santi, assumendo dunque le forme del pellegrinaggio armato. Inizialmente il papato non si preoccupò di chiarirne le linee teoriche, limitandosi a disciplinarne la pratica. Si può affermare che la crociata, in origine, abbia funto, in origine, da valvola di sfogo per le attese religiose del laicato. Tale aspirazione, strettamente legata all’immagine d’una Gerusalemme apocalittica, preludio della realizzazione del regno di Dio, si sarebbe perpetrata nel tempo: dalla spedizione del 1096 a quelle dei pueri del 1212, si può dire che la cosiddetta crociata popolare sarebbe durata a lungo. In realtà non si trattava d’altro che di movimenti eterogenei, con due caratteristiche di fondo: - l’essere espressione di un disagio tanto più forte quanto più si raggiungevano i ranghi più bassi della società - l’adozione di un linguaggio millenaristico che decantava l’avvento imminente di un Regno di Giustizia, capace di rovesciare i potenti e innalzare gli umili In effetti, l’aspirazione a purificarsi dal peccato, confluita di lì a poco nell’invenzione teologica del Purgatorio, avrebbe costituito un tratto fondamentale della sensibilità religiosa del tempo. La crociata- movimento, cioè quel particolare complesso di miti e rappresentazioni strettamente legato alla pratica del pellegrinaggio e all’idea di redenzione, avrebbe caratterizzato a lungo una società in trasformazione che guardava alla Città Santa e al suo possesso come a una tappa fondamentale della Storia della Salvezza. La crociata-movimento affiancò la crociata la crociata- istituzione, tesa invece a disciplinarne le caratteristiche. Con la fine dell’iter armato (tuitio, exaltatio e dilatatio Christianitatis) Papi e canonisti riuscirono a forgiare uno strumento eccezionale per il governo del «corpus Christianorum»; e ciò, nonostante il sorgere d’un ampio fronte critico, teso a negare ogni liceità nella lotta tra cristiani. Non era raro, anzi, che gl’insuccessi cristiani in Terrasanta fossero addebitati alla stessa politica papale, accusata permettere l’utilizzo della forza all’interno della Cristianità. Elaborazione canonistica: - Innocenzo III (1198-1216) - Onorio III (1216-1227) - Innocenzo IV (1243-1254) - Enrico da Susa, cardinale di Ostia Crux cismarina, crux transmarina Attorno alla crociata andarono concentrandosi gli sforzi teologici e canonisti volti a definire l’apparato dei voti e delle decime, oltre che a giustificare l’idea stessa di una guerra condotta contro gli infedeli. Fu Innocenzo III a promuovere una riflessione in merito. Secondo il Cardinal Ostiense, avendo la Chiesa il diritto di governare su tutta l’ecumene, ogni crociata diventava lecita in quanto costringeva gli infedeli a riconoscerne la sovranità. Egli ammetteva senza riserve la possibilità di agire militarmente contro eretici, scismatici, poiché secondo il suo parere, erano più colpevoli dei saraceni, in quanto capaci di dividere spiritualmente e materialmente la Cristianità. Spettava alla Chiesa indicare di volta in volta gli obbiettivi. Non ci si discostava molto dal modo in cui Urbano II aveva inteso il proprio iter, benché il ruolo papale ne uscisse accentuato. Fu così che si 5 La disciplina de voto Nel corso del XIII secolo papi e canonisti tentarono di fissare con precisione le caratteristiche del voto crociato: la promessa solenne che i crucesignati erano chiamati a formulare prima della partenza, impegnandosi a osservare le indicazioni contenute nella bulla papale con la quale la spedizione era bandita. Il primo iter gerosolimitano era stato, in larga parte, il risultato di un moto spontaneo. Quello successivo rispondeva all’esigenza di recuperare Edessa. La Quantum praedecessores, promulgata da Eugenio III il 1 dicembre del 1145, con la quale ricordava l’impegno del predecessore sottolineando sia le garanzie concesse al crociato durante la sua assenza, sia le ricompense spirituali. Come tale. Avrebbe funto da modello per buona parte delle bolle successive. Col papato di Innocenzo III furono introdotte novità importanti. La Quia maior attribuiva alla Chiesa la responsabilità dell’impresa. La costituzione Ad liberandam de quarto concilio lateranense (1215) trasformava quel vago ammasso d’operazioni belliche e penitenziali che aveva caratterizzato le principali spedizioni del XII secolo, in un insieme coerente senza, tuttavia, fornire alcuna definizione canonica al fenomeno. La natura del voto crociato avrebbe costituito uno dei principali oggetti di discussione. Una volta assunto platealmente il segno della croce, il crucisignatus era sottoposto a una disciplina simile a quella in uso per i peregrini gerosolimitani. Il papato, dal canto suo, si limitò ad agire sul piano delle tutele, dichiarando intangibili i beni di chi assumeva la croce super vestem. In particolare, L’ Ad Liberandam, stabiliva la durata dell’impegno in tre anni: per l’intero periodo il papato avrebbe sorvegliato sui beni delle persone che decidevano di partire. Il crociato era esento da ogni prelievo in denaro imposto nel proprio territorio e gli eventuali prestiti erano congelati. Dal punto di vista spirituale, al mantenimento del voto era legata una peculiare forma di perdono, nota successivamente come indulgenza plenaria, legata alla remissione della pena temporale meritata per i peccati commessi. Esso fu un processo affermatosi tra il XII e il XIII secolo, contemporaneamente al concetto di purgatorio. Il voto pronunciato vincolava il crucisignatus al suo espletamento, senza possibilità di essere rescisso, benché si affermasse velocemente la volontà di trasmetterlo agli eredi. Questa possibilità era concessa solo nel caso il voto fosse stato emesso con l’intenzione di recare aiuto alla Terrasanta, qualora, invece, fosse stato emesso col solo fine di visitare i luoghi santi era solvibile solo dal contraente. La disciplina de voto sarebbe andata affinandosi ne corso del tempo, senza mai essere codificata del tutto. La Chiesa avrebbe approvato la possibilità della - commutatio: cioè la possibilità di mutare obbiettivi o di saldare il voto versando una somma di denaro. - Redemptio: i malti, i chierici, le donne e i bambini potevano partecipare finanziando un guerriero che potesse impegnarsi militarmente al proprio posto. - dilatio: la possibilità di procrastinare la partenza. - dispensatio: il voto, cioè, poteva essere rimesso in caso di particolari condizioni d’impedimento. In tutti i casi, al crucisignatus, era riconosciuto uno status particolare, differente anche se simile a quello del pellegrino, di cui ricalcava le orme ponendosi al servizio della Chiesa. 6 L’indulgenza Contestualmente alla riflessione sullo statuto del crucisignatus andò affinandosi quella sulle indulgenze, strettamente connessa alla disciplina penitenziale all’interno della quale la crociata era andata forgiandosi, tanto da essere definita iubileum: tempo di grazia e di perdono. L’idea che il perdono della pena temporale per i peccati, potesse essere acquisito, per intervento della Chiesa, abilitata ad usufruire del tesoro e dei meriti di Cristo, si affermò lentamente nell’ambito dell’elaborazione della dottrina della riconciliazione, suscitando aspre discussioni sulla possibilità che una tanto alta forma di perdono potesse essere guadagnata mediante una guerra. Le prime tracce di una codificazione in tal senso possono farsi risalire ad Alessandro II, che scrivendo al clero di Volterra prima de 1063, aveva concesso ai milites, intenzionati a partire per Barbastro, la remissione dei peccati. Non si trattava, tuttavia, di un perdono indulgenziale, benché la direzione era stata intrapresa. Allo stesso modo è possibile interpretare in tal senso le parole di Gregorio VII, che in una serie di lettere dove dichiarava di voler liberare il Santo Sepolcro, faceva riferimento alle ricompense spirituali di chi avesse partecipato alla spedizione. Tale istanza si sarebbe ulteriormente definita nel corso del concilio di Clermont, per volontà di Urbano II attraverso il cosiddetto “canone dell’indulgenza”. La natura dell’assoluzione, a ogni modo, la natura dell’assoluzione, si chiarerà soltanto nel tempo, in rapporto alla disciplina antiereticale. Il canone XXVII del terzo concilio lateranense (1179) avrebbe accordato a chi avesse preso le armi contro gli albigesi un’indulgenza di due anni. Questo passaggio fondamentale dimostra come il concetto d’indulgenza si stesse affermando. Fu probabilmente per contrasto che si cominciò ad associare al viaggio armato verso la Terrasanta la completa remissione della pena temporale, dunque, plenam indulgentiam. Il quarto concilio lateranense, celebrato nel 1215, avrebbe esteso l’indulgenza plenaria anche ai finanziatori. La predicazione L’indulgenza crociata non sarebbe stata l’unica a permettere la completa remissione della pena temporale. Le prime notizie riguardanti la concessione dell’indulgenza della Porziuncola risalgono al 1270; vent’anni dopo Celestino V avrebbe istituito la celebre perdonanza. La crociata a ogni modo non avrebbe smesso d’esercitare il proprio richiamo, ma i tempi erano cambiati. Del resto non si può certo dire che le intenzioni papali fossero chiaramente tematizzate, né applicate ovunque alla stessa maniera. Perché il dettato delle bolle e i decreti conciliari fossero applicati, il papato si affidò alla predicazione modellata su esempio di Urbano II, invitando vescovi e abati a trasmettere il messaggio nei territori di propria competenza. Sia l’uno, sia gli altri non avevano disdegnato il supporto di predicatori popolari, soliti a esprimersi in volgare, facendo uso d’immagini semplici, comprensibili al proprio pubblico. Il carisma di questi predicatori si rivelò decisivo per il successo del primo iter gerosolimitano. Il problema di sopire gli eccessi sarebbe stato risolto in un primo momento grazie all’attivismo dell’ordine cistercense e in particolare di Bernardo di Clairvaux. Non v’è modo tuttavia di ricostruire con esattezza i caratteri della predicazione urbaniana. Si può supporre che tali predicazioni, oltre a puntare l’attenzione sulla necessità di difendere la cristianità, possedessero un forte carattere penitenziale, centrato sull’imitazione delle sofferenze di Cristo e sulla potente simbologia della croce. I predicatori si spostavano da un luogo all’altro, all’interno di una specifica area di reclutamento, approfittando dei giorni di mercato o di festa. Il tutto avveniva nel corso di cerimonie elaborate, accompagnate talvolta da canti e processioni, che si concludevano 7 spesso con la lettura della bolla papale e delle promesse d’indulgenza. Terminata l’orazione, si preparava la cerimonia del voto. L’incremento dell’attività omiletica, a ogni modo, avrebbe spinto all’elaborazione di sermoni quando non di veri e propri tratti di predicazione, tesi a delineare, nel loro complesso, la figura del crociato ideale. In numerosi testi la crociata è presentata come una guerra legittima, pari a quelle dell’Antico Testamento. Al contempo essa risulta inserita nel novero delle attività penitenziali, tramite le quali era possibile era possibile stabilire un rapporto speciale con l’Altissimo, cui il crociato era legato da obblighi feudali, in cambio dei quali riceveva l’agognata indulgenza. Con ciò l’intrinseca materialità dell’atto non era ignorata. I predicatori forniscono numerose considerazioni in merito alla logistica di ciascuna spedizione. A interessare la partecipazione corale del popolo cristiano, compresa quella dei non combattenti. Tali gruppi non dovevano limitarsi a finanziare il movimento: ma erano chiamati a prenderne parte attivamente. Erano loro, anzi, a incarnare la potenza del crociato ideale, portatore di valori umani e cristiani (la modestia, la povertà e l’amore per il prossimo). I veri crociati non erano pomposi o ricchi ma dovevano abbracciare la povertà. I ricchi erano infatti chiamati a disfarsi dei loro beni aiutando i meno abbienti. La crociata, quindi, eliminava temporaneamente le differenze di ceto. Per tutti il motore primo delle proprie azioni doveva essere l’amore per Cristo e per la Terrasanta. Tutti, insomma, dovevano contribuire alla crociata. Il finanziamento L’organizzazione del viaggio era costosa e non tutti potevano provvedervi personalmente. Il nolo stesso delle navi, dalla terza crociata mezzo abituale, costava caro. Si rese necessario, quindi, tesaurizzare le risorse; ad esempio persuadendo il cristiano in punto di morte a destinare parte dei propri beni in suffragio alla propria anima e a sconto dei propri peccati. Principi e sovrani disponevano di redditi importanti, derivanti dai propri possedimenti. Nel 1147 Luigi VII ricorse a un prelievo apposito imposto ai propri sudditi, sia laici che ecclesiastici, volto direttamente a sostenere economicamente la seconda crociata. Al contempo, i genovesi per finanziare la spedizione iberica, procedettero ad appaltare alcune gabelle, segnando l’avvio di quello che si potrebbe definire “debito pubblico”, nel 1166, Enrico II impose un tributo in tutta l’Inghilterra. La base imponibile era valutata dalle singole diocesi piuttosto che dalle contee, in modo da garantire un prelievo regolare. A raccogliere il denaro era il clero locale che faceva riferimento al vescovo. Non erano inclusi nel conto le armi, i cavalli, gli indumenti dei cavalieri, tutte le pertinenze utilizzate dai chierici nel servizio divino. Chi avesse voluto partecipare alla spedizione era esente dal pagamento della tassa. Tutti gli altri vi erano costretti pena l’imprigionamento e la scomunica. Come si può immaginare tale misura risultò impopolare e generò scontento nonostante il riconoscimento della giusta causa. Fu la Chiesa, a ogni modo, a far diventare tale pratica comune imponendo la cosiddetta decima apostolica: segno della volontà del papato di porre un freno al predominio dei principi e di affermare il proprio controllo sull’intero processo. - Nel 1199 Innocenzo III impose la prima tassazione diretta sui redditi del clero - Il quarto concilio lateranense pose le basi affinché il prelievo diventasse regolare e socialmente accettato grazie all’efficacia della macchina della propaganda papale - Nel 1228, Gregorio IX fissò il valore del prelievo a un decimo dei redditi annui ecclesiastici. Inoltre stabilì che le somme raccolte fossero impiegate, oltre che in subsidum Terre Sancte, 10 Il bellum iustum Tra IV e V secolo si fa avanti l’idea per cui, giacché l’imperatore è cristiano, combattere per lui è del tutto legittimo. Certo, permane ancora una corrente (non poi così minoritaria) ostile all’impegno dei cristiani in guerra; tale corrente, tuttavia, s’indebolisce col passare del tempo. Al contempo andò delineandosi la possibilità che l’astensione dal sangue non fosse prerogativa di tutto il popolo cristiano ma di quella parte deputata ai misteri divini o di chi, invece, compiva la scelta monastica. Tra il IV e il V secolo si iniziò, quindi, a riflettere sistematicamente sulla guerra e in particolare sul concetto di bellum iustum: - Aristotele fu il primo a dare questa definizione, concetto discusso nella Politica dove sosteneva che imbracciare le armi non doveva essere fine a sé stesso. Era lecito in caso di difesa o per prevenire l’asservimento della cosa pubblica, ma anche per conquistare un impero e asservire quelle popolazioni meritevoli di schiavitù oppure, e soprattutto, «in vista della pace». - Cicerone riprese tali istanze contrapposizione tra bellum iustum e bellum iniustum - Agostino d’Ippona, al principio del V secolo, sottolineò la minaccia rappresentata dai barbari all’impero e dagli eretici alla chiesa, giustificava il ricorso alle armi a determinate condizioni. Affermava che la guerra era senza dubbio un male ma, a volte, un male necessario per evitare una sventura maggiore o riparare un’ingiustizia. Il iustum bellum (guerra lecita) rientrava quindi nelle attività legittimate da dio, anche se a certe condizioni. Agostino: non stabilisce una dottrina. Nei suoi scritti, soprattutto in quelli della maturità, sono presenti, però, numerosi passi che porteranno, molto tempo dopo, tra XII e XIII secolo, alla definizione canonica di tale guerra. - Graziano, nella parte seconda del suo Decretum, nellacausa XXIII della parte seconda, nell’ambito dell’analisi della posizione giuridica dell’eretico, una guerra è da ritenersi “legale” se dichiarata dall’autorità del «princeps», legittimata a farlo. Il suo fine era, quindi, era quello di ripristinare la pace e la legittimità dell’ordine violato. - Jean Flori: «è lecita una guerra dichiarata dall’autorità legittima (intendendo con ciò lo Stato, l’imperatore in carica), intrapresa per ristabilire la giustizia, difendere la patria o recuperare terre o beni ingiustamente spogliati, messa in atto da soldati immuni da odio o interessi personali». L’impero, la guerra, il sacro Un elemento importante, capace di fornire alla società cristiana una spinta decisiva non solo verso l’accettazione ma verso la sacralizzazione stessa della guerra, era stato fornito dalla progressiva integrazione tra romani e barbari nel III secolo e poi, soprattutto, tra V e VI dove le chiese erano state costrette a confrontarsi con una mentalità nuova prettamente bellica, i germani riservavano alla guerra un posto singolare, conferendole tratti sacrali. La conversione al cristianesimo era andata incontro a un lento processo d’acculturazione. È quanto si rivela ad esempio, nella consuetudine d’inserire reliquie nel pomo delle spade. Il connubio tra l’universo germanico e il mondo cristiano aveva particolarmente caratterizzato la Gallia dei franchi: era stato evidente già con i merovingi e a maggior ragione con i Pipinidi e i Carolingi. La renovatio imperii non aveva fatto 11 altro che ammantare di valore l’idea di una guerra legalizzata. Proclamata da un’autorità legittima, il cui volere rispecchiava quello divino. Da questo momento in poi la figura dell’imperatore aveva iniziato ad assolvere a un duplice compito: difendere l’impero e la sua chiesa. Al contempo, quindi, le guerre intraprese a difesa dell’una o dell’altra avevano acquisito un carattere sacrale. Si era arrivati, addirittura, nelle campagne contro i sassoni, a imporre con la forza il sacramento del battesimo. La chiesa non avrebbe mai teorizzato la legittimizzazione delle conversioni forzate. D’altra parte non era possibile considerare tali guerre alla stregua di bella sacra, tantomeno di bella sancta. Il cristianesimo non ha mai conosciuto guerre di questo genere, la santità era piuttosto prerogativa del singolo partecipante nel momento in cui questi s’accostava al conflitto con spirito di contrizione esercitando in maniera eroica le virtù cristiane. Naturalmente tutto ciò riguardava il piano teorico. Si può osservare, però, come la chiesa abbia proceduto a santificare numerosi combattenti, che avevano dato prova di possedere quelle virtù. Rispondendo, in tal modo, all’affermarsi di un nuovo tipo di conflitto, in una cristianità in cui l’usanza di combattere a cavallo e di servirsi di pensanti armature in ferro, aveva reso la condizione di guerriero un privilegio costoso ed elitario. Non s’era più di fronte all’ordinato bellum imperiale, ma alla werra, lo scontro tumultuoso tra feroci guerrieri. Esso era stato l’esito di un lungo processo, giunto a maturazione nel generale clima d’incertezza e frammentazione dell’Europa post-carolingia. La difesa della chiesa Queste guerre acquistano un carattere legittimo e sacrale quando sono condotte in difesa della Chiesa. E’ ciò che accade soprattutto tra IX e X secolo, in corrispondenza delle incursioni saracene, ungare e normanne, le quali colpiscono prevalentemente le proprietà ecclesiastiche. Rappresentativo è l’episodio del sacco saraceno di Roma (846) e il conseguente appello ai Franchi di Papa Leone IV. Nell’Epistola ad exercitum Francorum, redatta poco dopo, questi afferma con decisione che chi sarebbe accorso in difesa dell’apostolo Pietro non avrebbe avuto difficoltà ad entrare nel Regno dei cieli; affermazione che contiene in sé un nuovo elemento: l’idea della remissione dei peccati, che più tardi sarebbe stato uno dei tratti costitutivi della crociata. Il X secolo rappresentò un momento importante per l’affermazione di tali istanze. Saraceni, ungari e normanni colpivano principalmente i monasteri, all’interno dei quali si concentrava il grado maggiore di ricchezza e livello minore di difesa. Non a caso fu proprio dall’ambiente monastico che derivò una spinta ulteriore verso la sacralizzazione del guerriero. Insomma, la forza esercitata in difesa della chiesa e affidata ai milites cristiani, ad alcuni dei quali era concesso il titolo di advocatuas, presente poi nel corso della crociata, iniziava non solo ad essere ammessa ma a ritenersi necessaria e perfino benemerita. Fra il X e l’XI secolo si ricorse ampiamente alla convocazione d’assemblee locali o regionali con l’obbiettivo di porre un freno ai soprusi e alla violenza: - 909 – concilio di Trosly (Soissons), alla presenza dell’arcivescovo di Reims è affrontato il problema del disordine sociale: rapine, ratti, omicidi sono all’ordine del giorno. S’invoca la pax regis, garantita dal re. - 989 – sinodo di Charroux (Poitiers), alla presenza dell’arcivescovo di Bordeaux à anatema contro chi fu proclamata per la prima volta la pax Dei il cui scopo era salvaguardare beni e persone e interdire i conflitti. Chi avesse violato le chiese e i beni ecclesiastici o avessero colpito dei chierici; eccetto che, contrariamente ai canoni, si fosse trattato di chierici armati 12 sarebbe stato scomunicato. Inoltre furono dichiarate inviolabili alcune categorie di persone (monaci, ecclesiastici, vedove, i deboli…) e di luoghi (chiese, abbazie e mercati) - 1054 – sinodo di Narbonne: divieto per un cristiano di uccidere un altro cristiano che corrispondeva a versare il sangue di Cristo - 1207- concilio di Toulouges, alle disposizioni precedenti furono affiancate una serie di norme di natura temporale che introdussero la cosiddetta Tregua Dei che consisteva nel vietare ogni forma di combattimento in specifici periodi dell’anno che coincidevano con i momenti più importanti del calendario liturgico. Si finì per restringere il periodo in cui erano permessi i combattimenti tra il lunedì e il mercoledì Tali provvedimenti rispondevano in larga parte alla volontà della Chiesa di preservare le proprie prerogative in assenza di un potere pubblico capace di mantenere l’ordine. Certo le norme proclamate in tali concili non erano sempre rispettate. Tuttavia le paci e le tregue ecclesiastiche introdotte tra il X e l’XI secolo possedevano una nuova caratteristica: l’introduzione di sanzioni spirituali come l’anatema e la scomunica. Il miles christianus Nel corso del Concilio di Arles, all’ormai consuete sanzioni commutate agli effractores Pacis andava affiancandosi il pellegrinaggio penitenziale alla volta di Gerusalemme in particolare per coloro che violavano la tregua commettendo un omicidio. Il Concilio di Clermont rientra pienamente in questo quadro. Urbano secondo, dunque, non inventava nulla. L’aspirazione alla pace, la necessità di arginare la violenza dei milites, l’applicazione di sanzioni spirituali E dunque, per converso, di premi per chi avesse rispettato il dettato papale si trattava di elementi circolanti da tempo. Il Papa. Non avrebbe fatto altro che raccogliere e ricapitolare istanze ampiamente presenti nella società. I concili di pace dettavano le norme di comportamento, contenendo in nuce quell’etica cavalleresca, che si sarebbe affermata compiutamente fra il XII e il XIII secolo all’interno dell’epica. Benché la Chiesa tentasse di fornire a guerrieri professionisti una serie di motivazioni legittime, la guerra restava comunque un’azione deplorevole della quale vergognarsi. Nel 1070 i guerrieri, che avevano partecipato quattro anni prima alla battaglia di Hastings al seguito del Normanno Guglielmo, furono costretti a purificarsi dal peccato. Il fatto nuovo, semmai, può essere individuato nel progressivo affermarsi dell’idea per cui il combattere stesso, in nome della Chiesa potesse fungere da penitenza. Questo aspetto rientrava nella proposta di un’etica nuova prospettata ai milites fondata sul rispetto della volontà di Dio e la difesa dei più deboli. Il favore concesso dalla Chiesa al miles ebbe un peso nella definizione di nuovo archetipo dell’uomo a cavallo, facendone un cavaliere di Cristo: un miles christi. Un’espressione che iniziò a essere impiegata per indicare colui che decideva di porre la propria spada al servizio della Chiesa. Nei secoli successivi, gli affreschi, le sculture e i versi dei poemi epici avrebbero affrontato il tema dei Vizi e delle Virtù cristiane. Quella fra i vizi e virtù era l’unica guerra davvero cristiana. Il Miles cristiano, dunque, acquisiva una fisionomia particolare, capace di segnare la differenza rispetto ai secoli precedenti. La Chiesa di Roma, in sostanza, in mano a gruppi di riformatori ispirati da personaggi come Ildebrando di Soana, incitava i guerrieri ad attuare una conversio particolare: Invece di deporre le armi, di mutare radicalmente il genere di vita e di chiudersi in monastero, essi erano incoraggiati a conservare il oro stile di vita subordinandosi ai programmi della Libertas ecclesiae. Si trattava dello stesso processo che di lì a 15 per numero numerosi milites in un’occasione di conversio. Ben presto, anzi, i Papi si resero conto di poter fare affidamento proprio sui Normanni, la cui fedeltà era acquistabile attraverso la legittimazione delle loro conquiste. Stanziati nel Ducato di Normandia, i primi gruppi erano comparsi nel meridione alla fine del X secolo. Nel 1016 una quarantina di cavalieri di ritorno dalla Terra Santa avrebbe contribuito a liberare Salerno assediata dagli arabi. Fra i molti gruppi familiari giunti in cerca di fortuna, sarebbero emersi gli Altavilla e i Drengot. Nel 1030 Rainulfo of Drengot ottenne da Sergio IV, duca di Napoli, l’investitura della contea di Aversa, che presto diventò punto di riferimento per tutti i Normanni. Non a caso qui sarebbero approdati attorno al 1035 alcuni membri degli Altavilla, La cui rapida ascesa sarebbe stata, favorita dal sostegno offerto al generale bizantino Giorgio Maniakes, impegnato a sconfiggere i musulmani in Sicilia. La mancata cessione di parte del bordino da parte di questi avrebbe spinto Guglielmo d’Altavilla a conquistare la Apulia e ad invadere la Calabria. Alla sua morte il fratello avrebbe assunto il titolo di duca dei Normanni di Apuleia e Calabria. Papa Leone nono, preoccupato per i progressi effettuati dai Normanni, decise di porsi alla testa di un esercito con lo scopo di affrontarli in battaglia. La battaglia ebbe il luogo il 18 giugno del 1053 a Civitate. I Normanni riportarono una netta vittoria riuscendo a catturare il Papa. Nel corso della sua prigionia, Leone IX comprese di doversi alleare con una tale potenza. Il Papa riconobbe quindi il dominio normanno nel meridione, ricevendo in cambio l’omaggio dei Normanni di proteggere la Chiesa e di recuperare i regalia Sancti Petri in Apuleia e Basilicata. Il mondo bizantino alla vigilia della crociata Sì e avvolte sostenuto che la crociata abbia avuto origine dall’appello di Alessio Comneno. Volto a ricercare in Europa e presso il papato uno aiuto materiale per contrastare l’avanzata turca. Il pericolo maggiore era costituito dai selgiuchidi che nel corso del decimo secolo, per far fronte alle dure condizioni ambientali, alcune tribù guidate da Seljuq, erano migrate a sud. Da qui iniziò l’avanzata dei turchi, che in poco tempo riuscirono a sottomettere l’intera Mesopotamia e l’Asia minore. - Il 1071 è l’anno della battaglia di Manzikert dove l’Impero bizantino subisce una sconfitta devastante e perde l’intera Anatolia, il cuore dell’Impero, a favore dei turchi. Non si tratta di una conquista immediata, ma di un processo lungo venti anni, durante i quali Bisanzio deve anche fronteggiare un imponente attacco Normanno (Roberto il Guiscardo) ai possedimenti nei Balcani, che rimangono territori contesi fino al 1085. - Nel 1075 Nicea fu conquistata, seguita da Nicomedia. - Nel 1091 i Musulmani tornano ad assediare Costantinopoli. Le mura reggono ancora, ma l’Impero cessa di essere il freno all’espansionismo musulmano verso la cristianità europea e non riesce più a garantire i pellegrinaggi europei in Terra Santa. Il grande Alessio Comneno comprende perfettamente che per l’Impero non ci sono alternative alla riconquista dell’Anatolia, ricca di risorse umane e materiali. Nel 1094 Alessio riesce a riprendere le Isole Egee ed il Mar di Marmara. Nello stesso anno, invia una richiesta a Papa Urbano II per ricevere rifornimenti e truppe professioniste. In cambio, è disposto a riunificare la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa (separate dallo Scisma del 1054) e a mettere la seconda sotto il comando della prima. 16 Il mondo iberico alla vigilia della crociata A partire dalla metà del secolo, il mondo musulmano aveva iniziato ad affacciarsi sul mare, promuovendo una serie di raids tramutatosi presto in veri e propri tentativi di conquista. Il cosiddetto paradigma della scorreria ha relegato la maggior parte di esse a semplici razzie, in realtà si trattava di azioni Mai del tutto scoordinate tra loro miranti all’impianto di veri e propri insediamenti costituiti generalmente da una piazzaforte militare da cui si procedeva a islamizzare il territorio circostante, intromettendosi nelle contese tra i signori locali. Fu questa strategia a permettere la veloce arabizzazione della penisola iberica. - 711- Il giovane Jabal Tariq attraversò lo stretto, occupando l’area che da lui avrebbe preso il nome di Gibilterra. - 712- conquista di Cordova e Toledo Secondo la tradizione Franca. I Saraceni sarebbero stati fermati da Carlo martello nella battaglia di Poitiers, combattuta nel 732. Sotto Abd al-Rahman, Fondatore della dinastia ommayade di Cordova? La regione avrebbe conosciuto il proprio massimo splendore. A partire dall’undicesimo secolo, tuttavia, l’autorità ommayade iniziò a cedere di fronte al crescente policentrismo che caratterizzava il territorio. A ciò si aggiungeva il dinamismo dei regni cristiani del settentrione. Poco dopo, a est erano emersi i regni di Navarra e d’Aragona. Love, smembramento del Califfato nel 1301 nella sua dissoluzione molteplici principati retti da sovrani autonomi, i cosiddetti re delle Taifas, avrebbe favorito l’avvio di periodiche campagne militari successivamente rilette con il nome di reconquista. Per i successivi quattro secoli, sino alla conquista di Granada il 2 gennaio 1492 da parte dei Re Cattolici. La Chiesa romana avrebbe sostenuto tale moto d’espansione fornendo al miles cristiano le stesse indulgenze accordate ai pellegrini diretti a Gerusalemme. Il mondo tirrenico alla vigilia della crociata A contrastare la componente islamica mediterranea presero parte anche le marinerie italiane e in particolare quella genovese pisana. La forte spinta espansionistica che caratterizzò città come Pisa, Genova e Venezia si accompagna costantemente a una decisa carica ideale. Tendente a sottolineare il ruolo anti saraceno rivestito dai propri concittadini o più semplicemente il favore divino nei propri confronti. Si tratta di elementi che precedono la crociata e che giungono a maturazione col papato di Urbano II. Basti pensare all’impegno pisano nel Tirreno e dunque a episodi come la presa di Palermo nel 1064, di al Mahdiyya nel 1087, o delle Baleari nel 1113. Si pensi inoltre alla partecipazione Genovese alla conquista del litorale siro-palestinese, o ancora all’importanza della quarta crociata per la costruzione dell’identità del comune veneziano. Nel corso dell’undicesimo secolo, Genova e Pisa si resero protagoniste di una di una serie di spedizioni predatorie, Anch’esse, talvolta definite precrociate, Volte al saccheggio delle basi saracene tirreniche. Gli episodi sono molti: - 1005. Spedizione pisana contro Reggio e Messina. - 1034, spedizione contro buona. - 1064 contro Palermo. - 1015. Spedizione congiunta Pisano genovese in Sardegna e Corsica. 17 - 1087. Spedizione contro Al-Mahdiyya Avvallata dal papato mediante la concessione del vexillum Sancti Petri. - 1146 1148, spedizioni genovesi contro Almeria e Tortosa. Probabilmente fu il desiderio di saccheggio e di ricchezze ricavabili dai tributi in oro e dai proventi del riscatto dei prigionieri a spingere verso una politica aggressiva. È importante rilevare differenze sostanziali fra le spedizioni dell’inizio dell’undicesimo secolo e quelle successive: Nelle prime è possibile notare la regia del potere dei Marchesi a cui è affidata la difesa delle coste. Dalla metà del secolo è piuttosto l’intraprendenza di alcune famiglie a emergere come possibilità di lavoro. A ciò va aggiunto un elemento importante, la progressiva assunzione da parte del papato di un rinnovato ruolo di guida nei confronti della cristianità. Al termine di un’evoluzione durata oltre un secolo, anche grazie al rinsaldarsi del Regno Normanno nell’Italia meridionale, il Mediterraneo occidentale tornava, dunque, un mare cristiano il cui stretto controllo concedeva a Pisani e genovesi. Di proiettarsi. Verso l’Oriente che veneziani e amalfitani frequentavano da tempo. Progressivamente entrambe le città sarebbero andate preferendo alla guerra. La stipula di accordi commerciali con la componente musulmana. Inoltre, questi avvenimenti sono da riportare nella lunga stagione di riforma della Chiesa. Infatti La perdita da parte dell’impero di alcune sue prerogative. Si sarebbe incontrata con la volontà dell’élite guerriere di esercitare un ruolo di guida in ambito urbano. Il bellicismo della crociata non avrebbe fatto che accrescerne il dinamismo, adattandosi alla loro peculiare visione del mondo. Il sorgere governo cittadino, quello che nella non prima della metà del dodicesimo secolo sarebbe stato definito comune, ne avrebbe costituito la principale conseguenza. Pre crociate? Il Mediterraneo, dunque, costituisce la più ampia cornice in cui collocare quel grandioso progetto d’espansione del nome cristiano, propagandato dal papato a partire dall’undicesimo secolo, di cui la crociata è lo strumento principale. I decenni a cavallo fra l’undicesimo e il XVI secolo videro l’instaurarsi di tre nuovi regni, frutto di conquista: quello d’Inghilterra, quello di Gerusalemme e quello di Sicilia. È importante sottolineare come nel pensiero di Urbano II, il completamento dell’occupazione del suolo siciliano da parte dei Normanni Nel 1091 si leghi sia al dinamismo dei potentati cristiani della penisola iberica, sia alla spedizione in Oriente, conclusasi con la conquista di Gerusalemme. Diversi storici hanno letto nella conquista della Sicilia da parte dei Normanni, così come in alcuni episodi della conquista cristiana del suolo iberico Come l’assedio di Barbastro del 1064, e indeterminati azioni Pisano genovesi condotte fra il Tirreno e le coste africane, con particolare riguardo alla presa di al-Mahdiyya (1087), null’altro che delle pre- crociate. In realtà. Al principio dell’undicesimo secolo. Non esisteva alcuna crociata, esistevano i crucesignati recanti sulla spalla o sulla Bisaccia una piccola croce, la stessa croce, che il papato aveva offerto come strumento di controllo feudale a Guglielmo, conquistatore d’Inghilterra, non meno che a molteplici altri soggetti. Dietro queste spedizioni non c’era altro che la volontà di affermare le proprie prerogative codificate nell’ambito della riforma della Chiesa. Non siamo quindi di fronte a guerre di religione. Il carattere di tali imprese deriva piuttosto dall’inquadramento papale. Analizzando il discorso tenuto da Urbano II Emerge il quadro di uno scontro frontale capace di spiegare in parte la risposta corale della cristianità. 20 città. Chi si opponeva alla barbarie era destinato alla stessa fine. I pochi aggiungere a Costantinopoli tra luglio agosto del 96 furono velocemente trasferiti oltre il Bosforo. Il 6 agosto Alessio Comneno concesse loro l’accampamento di Civetot. Approfittando dell’assenza Di Pietro, tornate a Costantinopoli per ottenere provviste, i francesi decidono di assaltare nicea. Nel tentativo di imitarli, i tedeschi portarono battaglia all’esercito del sultano turco, venendo sconfitti. Alla notizia dell’accaduto coloro che erano rimasti indietro abbandonarono il campo. Il 21 ottobre nei pressi del villaggio di Dracon, furono fatti a pezzi. Vecchi, malati, donne e bambini vennero uccisi, i più giovani, venduti come schiavi. La spedizione, dunque iniziava nel peggiore dei modi. Non a caso quindi urbano secondo si affrettava a vietare le partenze indiscriminate. I chierici, ad esempio, dovevano ottenere l’assenso dei superiori, le persone sposate, quello del coniuge nel tentativo di non turbare l’ordine sociale. I primi contingenti si mostrano nell’estate del 1096, guidati da alcuni tra i nomi più prestigiosi della cristianità del tempo: - Il più autorevole era Ugo di Vermandois, fratello di Filippo I re di Francia - seguire Roberto Conte di fiandra. - Roberto, figlio di Guglielmo il conquistatore - Goffredo di Bouillon, Duca della Bassa Lorena. - Dal meridione sarebbe partito invece Raimondo di Saint Gilles, Conte di Tolosa - Ademaro, legato papale. All’impresa presero parte sia i Normanni del 12:00 sia i delle principali città marinare. Molti furono coloro che si aggregarono alle grandi schiere che attraversarono la penisola, quella provenzale e quella Franco Normanna. Non è noto quanti italiani facessero parte di queste schiere. È possibile però che qualche gruppo consistente si fosse messo in marcia già dopo il Concilio di Piacenza, rispondendo forse alla richiesta di truppe mercenarie fatta da Alessio Comneno per sostenere gli attacchi turchi in Anatolia. L’appello crociato coinvolse inoltre le schiere normanne stanziate nel sud della penisola, le quali si misero in viaggio al seguito di Boemondo d’Altavilla. Questi esercitava un dominio labile sui principali porti pugliesi, snodi fondamentali per il trasporto degli eserciti. La prima crociata, da Antochia a Gerusalemme L’una dietro l’altra le schiere raggiunsero Costantinopoli. Si può solo immaginare la preoccupazione della Corte imperiale nell’apprendere dell’avvento di così ampie schiere di barbari (stranieri provenienti dall’occidente), Tanto più dopo i disordini causati dai pauperes guidati da Pietro d’Aimiens. Del resto nei loro comportamento era disciplinato ne chiare le loro intenzioni. Alessio ricolmo di onori e di doni, facendolo intendere però di considerarli al proprio servizio, costringendoli a un giuramento di fedeltà, che contemplava, la restituzione delle città eventualmente conquistate, appartenute un tempo all’impero. Nel complesso si può affermare che i Baroni latini non avessero un programma ben definito. Nessun europeo di allora percepiva la complessità dei problemi politici strategici e logistici che l’attraversamento dell’Anatolia avrebbe comportato. - Il 6 maggio del 1097 i latini assediarono Nicea. - Il 19 giugno la città cadde 21 I crucesignati furono ampiamente ricompensati e proseguirono verso est. Per facilitare l’operazione, l’esercito fu diviso in due grandi schiere. Quella capeggiata da Boemondo giunse a un passo dalla città di Dorylaeum. I latini furono però assaliti dalle truppe selgiuchidi. Il sopraggiungere della seconda schiera. Guidata da Ademaro, contribuì a risolvere la situazione. Da quel momento in poi si decise di procedere congiuntamente. I crucesignati raggiunsero quindi Eregli dove ebbe luogo un’altra battaglia. Ehi, nonostante l’abilità dei cavalieri turchi. In particolare dei cosiddetti askar, le guardie scelte del sovrano, la cavalleria pesante europea si rivelò imbattibile. Ben presto fu chiaro a tutti che si dovesse puntare sull’Antiochia. Tuttavia rifornirsi diventava sempre più complesso. Così, su consiglio delle guide bizantine, il grosso dell’esercito accettò di raggiungere la Siria mediante un largo ma comodo itinerario. Gli unici a non accettare la proposta furono Tancredi e di Baldovino di Boulogne, che optarono per la via più breve. - Baldovino si ricongiunse a Marash col grosso dell’esercito di qui poi abbandonò la spedizione per occupare Edessa. - Tancredi, invece, dopo aver occupato Maistra e Alessandretta, raggiunse i crucesignati ad Antiochia. La città era stata strappata ad Alessio Comneno nel 1085. - 21 ottobre, Iniziò l’assedio che si rivelò assai difficoltoso. Fu Boemondo a risolvere la situazione attaccando un notabile armeno che consentì ai Normanni di scalare le difese. - 3 maggio 1098 la Antiochia cadeva in mano ai latini. Il giorno dopo le truppe di boga giungevano sotto le mura. I cristiani trovarono la forza di reagire anche grazie al rinvenimento di una reliquia identificata con la lancia della passione, la cui autenticità sollevo parecchi dubbi. La disfatta delle truppe nemiche il 28 giugno successivo parve a tutti qualcosa di miracoloso. Si trattò di un vero e proprio punto di svolta. Alla cui riuscita fu fondamentale la partecipazione delle marinerie italiane, E in particolar modo dei genovesi, il cui sostegno era stato richiesto esplicitamente da Urbano II. La spedizione però. Perdeva un vero e proprio capo spirituale con la morte di Ademaro. Nel mentre un’epidemia infieriva tra le schiere. In settembre finito il contagio, i capi scrissero urbano, informandolo dei successi ottenuti e della morte del proprio legato, scongiurandoli di raggiungerli per condurre personalmente la Santa Impresa. Due mesi dopo le truppe si misero in cammino, a eccezione di quelle di Boemondo che rimasero in Antiochia. D’altronde la spedizione doveva proseguire e non era possibile lasciare Antiochia scoperta. Ehi, un mese intero fu perduto nell’assedio. Ma’arrat al-Nu’man, nel corso del quale ebbero luoghi alcuni atti di cannibalismo perpetrati dai cosiddetti tafur (termine presente in numerose lingue con significato di furfante, miserabile). - Il 4 gennaio del 1099 a sud di Antiochia, si celebrò un incontro promosso dal Conte di Tolosa, finalizzato A risolvere la questione antiochena. Per l’occasione, quest’ultimo propose agli altri principi di porsi al suo servizio in cambio di denaro. Tancredi e Roberto di Normandia Consentirono. Gli altri invece declinarono l’offerta, lasciando non 22 al normanno il controllo della città, la quale gli sarebbe stata in seguito riconosciuta. I primi di giugno i crucesignati scorsero in lontananza a Gerusalemme. L’esercito cristiano circondò nord e a sud le mura della città. - il 12 giugno fu lanciato un primo attacco a Gerusalemme. Terminata in un nulla di fatto anche a causa della mancanza di macchine d’assedio, aggravata dalla carenza di legname. - Il 15 giugno, nel corso di un consiglio di guerra, si decise di mettere in cantiere quante più torri possibili. - Il 17 giugno i crucesignati sempre più assetati per via della calura estiva e della chiusura dei pozzi, furono raggiunti da sei galee di supporto. - La mattina del 18 giugno un’imponente flotta egiziana si stagliava all’orizzonte. Ci si affrettò dunque a smontare il campo e a caricare i viveri, le galee restanti furono date alle fiamme, così da impedirne la cattura. Entro sera il gruppo raggiunse Gerusalemme. I maestri d’ascia genovesi costruirono una torre alta 15 m sulla collina di Sion. Un’altra grande torre mobile fu costruita dai lorenesi. - Nella notte tra il 9 e il 10 luglio, quest’ultima fu smontata e ricostruita di fronte al tratto di mura addossato alla chiesa di Santa Maria Maddalena. Questo contribuì a creare un certo sgomento tra gli assediati che si erano impegnati a rafforzare quelle porzioni di mura occupate precedentemente. - Venerdì 15 luglio 1099 fu stabilito l’attacco dopo una serie di combattimenti, i fratelli Letaldo ed Engelberto di Tournai riuscirono a oltrepassare per primi le mura. La città cadde in poche ore ed ebrei e musulmani furono massacrati. Attorno alla metà di agosto i crucesignati sarebbero riusciti a fermare le truppe del Gran Visir sultano Fatimide del Cairo. Urbano II morì poche settimane dopo, ignaro dell’esito della spedizione. Il regno di Gerusalemme Conquistata Gerusalemme, bisognava procedere all’organizzazione del territorio. L’Arcivescovo di Pisa, Daiberto fu acclamato patriarca. Tale lezione, tuttavia, non aveva ottenuto alcuna ratifica papale, Tanto che la sostituzione collegato si rivelò alquanto facile. Anche grazie al sostegno di Boemondo a cui riconobbe immediatamente il possesso di Antiochia. Il programma del nuovo Patriarca. Si rivelò improntato a portare nella città oltremarina, gli ideali della riforma. La Chiesa di Roma doveva regnare di diritto a Gerusalemme, Centro e cuore della cristianità. Ciò si scontrava tuttavia con la volontà dei capi crociati rimasti in oltremare che andavano ritagliandosi qua e là una serie di domini personali, che necessitavano di un re la cui autorità si limitasse alla sola a Gerusalemme e al suo circondario. Non a caso il 22 luglio 1099 Goffredo di Buglione otteneva la nomina ad avvocato del Santo Sepolcro, titolo associato a chi si impegnava ufficialmente nella difesa di un bene ecclesiastico. Nella Pasqua del 1100 Goffredo di Buglione si spinse fino a cedere alla chiesa di Gerusalemme, oltre la cittadina costiera, l’intera città, con la Cittadella e la torre di David che il Patriarca fece presidiare dichiarando che se fosse morto, essa avrebbe dovuto passare in mano al patriarcato. In questi accordi è possibile scorgere l’origine del conflitto che avrebbe opposto Daiberto e Baldovino. La priorità era quella di inquadrare le conquiste all’interno di un 25 - Nel 138 contro di lui si mosse Giovanni II Comneno, figlio di Alessio, però senza successo. La sua morte avrebbe segnato l’abbandono di ogni ambizione di rimettere mano su quanto perduto. - Nel 1143 moriva Folco d’Angiò, la corona passava a Baldovino III, giovane affidato alla tutela della madre. Questa situazione diede adito a una serie di intrighi di palazzo e induceva i vassalli di Tripoli e Antiochia a muoversi autonomamente Fu tale con testo a permettere a Zangi ogni libertà d’azione. - Nel novembre del 1144, dopo aver raccolto una serie di contingenti curdi e turcomanni, si mosse alla volta di ad essa. - La vigilia di Natale dello stesso anno, la città veniva conquistata e la popolazione massacrata. Nel frattempo i Baroni oltremarini si erano affrettati a chiedere aiuti in Occidente. La minaccia incombente sui restanti principati cristiani di Terra Santa Spinse il nuovo Papa Eugenio a proclamare una nuova spedizione - il 1 dicembre 1145, mediante la bolla quantum predecessores rivolse al re di Francia e a tutti i fedeli oltralpe l’appello. Avvalendosi della recente sistemazione giuridica della guerra contro l’infedele operata dalla causa XXIII del Decretum di Graziano (1140), il papa non faceva altro che riassumere quanto stabilito dai suoi predecessori in materia di lotta contro gli infedeli. Incaricò, quindi Bernardo di Chiaravalle di reclutare in Francia i contingenti necessari. - Il 31 marzo, dopo aver udito il sermone pronunciato dall’abate, il re di Francia, Luigi VII, prese la croce, canonizzando una tradizione. Va detto come la notizia del pericolo in corso andasse mescolandosi al diffondersi di varie dicerie riguardanti un potente re sacerdote, della stirpe dei Magi, intenzionato a marciare verso Occidente. Questa e altri suggestioni, giocarono un ruolo importante nel favorire la partecipazione di grandi masse di persone all’impresa, non solo nei territori franchi. Fu la Germania, infatti, ha rivelarsi uno dei principali teatri di reclutamento, grazie ai violenti richiami di un certo Rodolfo, Che si impegnò personalmente in un’ampia campagna di predicazione Spingendo a prendere la croce, il Re d’Italia e di Germania Corrado III. Il suo esempio fu seguito da uno stuolo di alte cariche, laici ed ecclesiastici, tra cui un giovane Federico Barbarossa. La seconda crociata A differenza di quanto era accaduto alla fine del secolo precedente, il secondo grande pellegrinaggio armato non si risolse in un susseguirsi di spedizioni, ma nel muoversi organico e ordinato di due corpi di spedizione, quello francese e quello tedesco. - Nell’agosto del 1146 l’imperatore Costantinopolitano Manuele Comneno promise al Papa e al re di Francia solleciti aiuti in cambio di un giuramento di fedeltà da parte dei crucesignati. Richiamandosi all’esempio di Alessio. 26 - Corrado, terzo, fu il primo a partire alla fine di maggio del 1147 giungendo a Costantinopoli il 10 settembre. La presenza tedesca sollevò diversi problemi a causa delle inevitabili devastazioni operate nel corso della marcia. Non a caso, Per motivi logistici, si decise di non attendere l’arrivo dei francesi. L’armata arrivata in Asia, si mise in cammino seguendo lo stesso itinerario compiuto dai crucesignati mezzo secolo prima. - Il 25 ottobre la cavalleria tedesca divisi in cerca di cibo, fu oggetto di una Valente imboscata da parte di quella turca. - Intanto il re di Francia era giunto a Costantinopoli il 4 ottobre. I due eserciti riuniti proseguirono lungo la costa. - Il 6 gennaio del 1148 l’avanguardia francese subì un’importante sconfitta sulle alture del Monte Cadmos, costringendo Luigi a ritirarsi ad Antalya - Manuele partiva dunque alla volta del porto d’antiochia. Raggiunta il 19 marzo. Il resto dell’esercito andò incontro una fine miserabile finendo in mano turca. Fu allora che per la prima volta si manifestò drammaticamente la diversità di vedute, destinata a diventare cronica tra i crucesignati europei e la feudalità franca di Siria: - Desideroso di raggiungere il sepolcro, Luigi marciò su Gerusalemme, entrandovi nel giugno del 1148, dove trovò Corrado - Il 24 giugno nei pressi di acri alla presenza di Baldovino III fu celebrata una grande Assemblea nel corso della quale si decise di assaltare Damasco. - Messi in marcia verso la metà di luglio le truppe di Gerusalemme, ripopolate dai crucesignati occidentali, posero la città sotto assedio. - La mancanza di macchine belle si fece avvertire immediatamente. Il 27 luglio 1148 i capi della spedizione decisero di decretare la ritirata. Falliva così l’iter promosso da Eugenio III. Quello orientale, a ogni modo, non fu l’unico fronte aperto dall’appello papale. Nel corso della campagna di predicazione germanica alcuni nobili chiesero a Bernardo di benedire alcune campagne militari contri i Vendi, tribù slave stanziate tra l’Elba e l’Oder. Esse erano finalizzate tanto all’evangelizzazione quanto all’occupazione del territorio. L’ abate accolse la richiesta seguito dal Papa, che nella bolla dell’11 aprile successivo, accostava di fatto la difesa di Gerusalemme alla propagazione del nome cristiano sia nelle terre baltiche, sia nella penisola iberica, tramite l’assunzione del signum crucis. Partiti da Magdeburgo, nel corso dell’estate i combattenti teutonici assediarono Demmin e ottenendo dai Vendi una generica promessa di conversione. A prescindere dagli esiti poco brillanti, l’appello papale mostrava tutta la malleabilità dello strumento crociato, così come la sua applicabilità a campi e obiettivi diversi. Saldino e la riconquista di Gerusalemme Il fallimento della seconda crociata permise la dinastia Zengide di rafforzarsi. Nur al-Din adottò lo strumento del jihad di guerra assordando dei predicatori sunniti per procedere contro i cristiani. 27 - Nel 1154 si impossessarono di Damasco unificando i domini musulmani. - Ehi, negli anni successivi si verificarono numerosi scontri con le forze di Baldovino III - La spedizione ogni modo sarebbe rimasta senza seguito nel maggio del 1159, l’imperatore e Nur al din firmarono un trattato di pace Parte dei meriti del Condottiero Zengin era da attribuirsi ai suoi luogotenenti, tra cui spiccava un certo Ayyub. Il figlio del quale io Yusuf passato alla storia col nome di Salah al-Din (integrità della fede) avrebbe conosciuto un’importante avvenire. - Il giovane Yusuf rivestì un ruolo importante nell’eliminazione del visir, accusato di aver complottato con i crociati finendo per prenderne il posto, nel marzo del 1169 per volere del califfo fatimide al-Adid - A settembre del 1171 ormai assestatosi al Cairo, forte di alcuni membri del proprio gruppo familiare e assicuratevi la realtà dei cosiddetti mamelucchi, procedette all’omissione del nome del califfo fatimide dal sermone del venerdì. - Al adid moriva poco dopo, consentendo a Saladino di impadronirsi delle sue ricchezze. In pochi anni il giovane condottiero sarebbe riuscito a impadronirsi sul dinamismo crociato. - Nella primavera del 1175, il califfo di Bagdad gli conferì il governo dell’Egitto, Yemen e Siria. Ciò permise a Saladino eliminate le opposizioni interne di concentrarsi sui domini latini, guidati da Baldovino IV. Malato di lebbra, avrebbe regnato per pochi anni, fino al 1185. Il problema della successione si concluse con l’incoronazione di Guido, un vassallo del Re d’Inghilterra e Sibilla, sorella di Baldovino. Questo scatenò molte opposizioni, delle quali però seppe approfittare Saladino. Egli raccolse quindi un grande esercito e si mise in marcia verso il Giordano. - a luglio occupò Tiberiade, a eccezione della Cittadella rimasta in mano ai crociati. nel frattempo le forze del Regno si radunavano ad acri. Incrociati si mostrano così verso la città occupata, raggiungendo la piana di Hattin - Il 4 luglio 1186, preceduti dalla reliquia della vera croce fatta portare da Gerusalemme i combattenti cristiani tentarono di aprirsi un varco verso il lago Per gli approvvigionamenti idrici. Tuttavia, si trovarono completamente circondati. La maggior parte dei combattenti fu massacrata, la reliquia della vera croce cadde nelle mani dei nemici. La battaglia di Hattin segnò un vero e proprio punto di svolta, svelando tutte le debolezze del Regno. Forte della vittoria Saladino, marcio alla volta di acri che gli fu consegnata senza combattere. Quindi occupo altre piazzeforti, incontrando una debole resistenza. L’intera fascia costiera, eccezione di tipo lì e tiro, tornava in mano musulmana. - Il 4 settembre il sultano ricevette una delegazione da Gerusalemme, la cui conquista appariva inevitabile. Ma si verificò un fatto inatteso. Baliano di Ibelin, cavaliere crociato francese, fratello di Baldovino IV, rifugiatosi in Tiro, chiese al conquistatore un salvacondotto per raggiungere la moglie nella città santa. Una volta giunto in città, questi si vide circondato da una folla che lo implorava di non partire. Organizzò quindi la difesa impegnando tutti i tesori, compreso quello del Santo Sepolcro. 30 fronte all’esercito musulmano. Dopodiché, alla fine dell’agosto del 1191, decise di muoversi da acri per raggiungere Giaffa. Da lì assalire Gerusalemme. - Nel corso del tragitto, Riccardo subì numerosi incursioni da parte della cavalleria musulmana. Il 7 settembre nei pressi di Arsurf la retroguardia rispose lanciandosi addosso alle truppe nemiche. Il sovrano, temendo la disgregazione delle sue forze, decise di cambiare strategia ordinando a tutto l’esercito di rimanere compatto. La misura risultò vincente. La sconfitta di Hattin non era vendicata, ma la vittoria aveva ravvivato gli animi e l’esercito vote, dunque raggiungere Giaffa. Nel frattempo Saladino pensò di passare alle armi della diplomazia. Le trattative furono affidate al fratello. Riccardo pretese la restituzione di Gerusalemme e del suo territorio e la riconsegna dei frammenti della Vera croce, ma la proposta fu rifiutata. Il sovrano convocò ad aprile un consiglio nel corso del quale avvertì i baroni che presto sarebbe ripartito preoccupato dalla situazione in Inghilterra. Riccardo mandò così un messaggero a Tiro per annunciare a Corrado che sarebbe diventato re. A Guido lasciava, invece, la sovranità del regno di Cipro. Nel frattempo Saladino decise di incalzare la pace con Corrado che però sarebbe morto pochi giorni dopo averla rifiutata. Corrado fu ucciso da due sicari della setta dei Nizariti il 28 aprile. I due assassini confessarono, successivamente, sotto tortura, che il responsabile della morte era lo stesso re d’Inghilterra. - Il 2 settembre 1192 alcuni messi firmarono, in sua vece, una pace di tre anni e otto mesi: i latini avrebbero mantenuto il controllo della costa fra Tiro e Giaiffa mentre Ramla e Lydda sarebbero state gestite in co-dominio. Ascalona doveva essere restituita ai saraceni. Gerusalemme, invece, sarebbe rimasta in mano musulmana, ma i cristiani avrebbero potuto visitarla liberamente. - Il 9 ottobre, Riccardo, si imbarcava dal porto di Acri per fare ritorno in Europa. Saladino poteva mostrarsi come il vero vincitore: Gerusalemme era stata riconquistata, era stata assicurata la continuità territoriale tra Siria ed Egitto ed erano stati debilitati i principati franchi. Saladino morì il 4 marzo 1193 pianto da tutto il suo popolo. Per i successori di Saladino non fu affatto facile raccoglierne l’eredità. La lotta tra gli eredi avrebbe caratterizzato quello che viene definito dagli storici “secondo regno”: una nuova configurazione politica incentrata su Acri, eletta a nuova capitale del regno. Intorno al 1200, al-Adil, fratello di Saladino, riuscì a farsi riconoscere come sultano. Egli era ben disposto verso i franchi e una volta sul trono avrebbe adottato una politica conciliante, volta, da un lato a sfruttare le capacità economiche dei latini, dall’altro a evitare l’arrivo di nuove spedizioni da occidente. Nonostante la sua politica pacifica, tuttavia, gli episodi ostili non mancarono. Si trattava, però, per lo più, di episodi provocatori. La quarta crociata La cosiddetta quarta crociata nasceva con lo scopo di porre rimedio al fallimento della precedente. Fu Innocenzo III a partire dal 1198 a richiedere l’impegno della cristianità per una nuova spedizione che riportasse Gerusalemme in mani cristiane. Essa sarebbe diventata, però, un affare tutto veneziano. Nell’ottobre del 1147, quando i francesi, accampati alla periferia della capitale, 31 sospettavano del baileus e ne conoscevano le trattative con i turchi, il vescovo Goffredo di Langres aveva sostenuto che si dovesse assaltare Costantinopoli con la forza. Fu tuttavia l’insuccesso della crociata dei grandi re d’occidente a creare le condizioni perché ciò potesse accadere. Da tempo Venezia operava in completa autonomia rispetto a Bisanzio, godendo di grandi privilegi. - La frattura fra le due potenze era diventata evidente il 12 marzo 1171 quando l’imperatore Manuele Comneno ordinò l’arresto di tutti i veneziani e la confisca dei loro beni. Fu organizzata una prima spedizione punitiva, dal doge Vitale II, che si era conclusa però con un nulla di fatto. - Nel 1187 Isacco II Angelo aveva concesso alla città tre crisobolle che reintegravano i veneziani e rinsaldavano i loro privilegi. Un ulteriore privilegio fu concesso nel 1189 in previsione di un possibile attacco da parte di Federico Barbarossa, impegnato nella terza crociata. Ma i veneziani non erano stati ancora pienamente risarciti. Inoltre, la situazione si sarebbe complicata con l’ascesa al trono di Alessio III Angelo caratterizzato da protezionismo e risentimento neolatino. L’interruzione dei pagamenti concordati e i favori concessi ai genovesi avrebbero avuto un ruolo predominante nell’accettazione, da parte di Venezia, alla proposta di partecipare a una nuova crociata. La spedizione fu guidata da Bonifacio di Monferrato, fratello di Corrado. - Nell’aprile del 1201 il nuovo comandante firmò un contratto con il doge veneziano, Enrico Dandolo, per il trasporto di armati e pellegrini. In cambio di un’ingente somma di denaro, Venezia avrebbe fornito le navi necessarie per il trasporto dei soldati e i necessari approvvigionamenti, inoltre, avrebbe partecipato con una propria flotta in cambio della metà di ogni conquista o del profitto derivato. - L’8 ottobre 1202 partirono circa 300 navi Giunti nei pressi di Zara, il doge propose ai crociati di pagare una parte del debito aiutandolo a sottomettere gli abitanti. Il sacco di una città di fede romana fece scalpore in tutta la cristianità, costringendo il papa a scomunicare i veneziani. Ma non i crociati per non vanificare l’impegno speso nell’organizzazione della spedizione. Proprio a Zara si presentò il principe bizantino, Alessio, figlio dell’imperatore Isacco II Angelo. Egli chiese aiuto ai crociati per sconfiggere lo zio Alessio III Angelo che l’aveva usurpato. In cambio prometteva denaro e la riunione delle chiese. - Nel luglio del 1203 i crociati giunsero a Costantinopoli, riuscendo in breve tempo, a restaurare sul trono l’imperatore deposto - Nel febbraio del 1204, Alessio, in carica da pochi mesi, fu assassinato. Fu proclamato imperatore il capo dell’opposizione, Alessio V. I crociati riposero incendiando e assediando la città e impose sul trono l’imperatore latino Baldovino di Fiandra. Aveva inizio così la vicenda dell’impero latino d’Oriente. Le terre imperiali furono spartite. L’intera carta del mediterraneo ne risultò modificata, infondendo forte preoccupazioni tra genovesi e pisani. Con questi ultimi Venezia siglò un trattato di pace, coi genovesi, invece, fu subito guerra. 32 La quinta crociata Nel corso del duecento, l’obbiettivo principale della crux transmarina fu la conquista dell’Egitto. Senz’altro quello di Saladino era stato un governo forte, deciso a guadagnare campo nei confronti dei franchi, come aveva mostrato la conquista di Gerusalemme del 1187. Tuttavia, dopo la sua morte, le ragioni del commercio avevano preso il sopravvento su quelle della guerra. - Nel luglio del 1211, il nuovo sultano d’Egitto, al-Adil, in accordo con Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme, procedette all’estensione della tregua in corso per altri sei anni. Il rinnovo si rendeva necessario per garantire la regolarità dei commerci, tornati ormai al livello di un tempo. Tale prospettiva era lontana da quello che, contemporaneamente, si stava organizzando in occidente per volere del papato e in particolare di Innocenzo III, tornato a chiedere con insistenza il recupero di Gerusalemme. Il fallimento della terza crociata e di quella successiva, erano infatti vive nella memoria collettiva. La nuova spedizione, progettata nel 1213, promossa dal papa nel corso del concilio lateranense del 1215, avrebbe avuto come obbiettivo principale la conquista dell’Egitto. - Nel settembre del 1217, un gruppo di crociati al comando di Andrea II d’Ungheria e del duca Leopoldo d’Austria, sbarcò ad Acri. Essi tentarono più volte, ma senza successo, di conquistare la fortezza del Tabor. Poco dopo l’intervento del sultano, arrivato in sostegno del figlio, governatore di Damasco, gli eserciti si ritirarono. Al-Adil pensò bene di distruggere parzialmente la fortificazione taborita, risultata vulnerabile e costosa. Proprio allora, i Templari procedettero all’edificazione, nei pressi di Athlit, di Chastel Pelerin, che avrebbe svolto un ruolo fondamentale nel sistema difensivo latino. Il castello era dotato di un porto naturake e la sua imponenza gli avrebbe assicurato una certa fama d’inespugnabilità. Sarebbe, infatti, stato abbandonato soltanto nel 1291, dopo la caduta di Acri. - Nel maggio 1218 sbarcarono a Damietta i primi contingenti, guidati da Giovanni di Brienne. Le forze franche vi si riversarono con veemenza decise a farne la propria testa di ponte per la conquista del paese. La spedizione aveva avuto inizio. Al- Adil, che allora si trovava al Cairo, Demando la difesa del porto Nilotico a un altro figlio, Al-Kamil. Il 31 agosto, inaspettatamente, il sultano morì, designando Al-Kamil come suo successore. Nel corso dell’autunno, approfittando dell’indecisione dei crociati, che attendevano rinforzi da occidente, il nuovo sultano lanciò una serie di offensive, nessuna delle quali risolutiva; dopodiché si ritirò al Cairo. Vedendosi alle strette Al-Kamil, tentò di negoziare con i crociati, prima però ordinò che le mura di Gerusalemme venissero abbattute così da rendere la città indifendibile se fosse caduta in mano latina. Tuttavia le trattative non andarono a buon fine. Il legato papale, l’iberico Pelagio di Albano, spinse per apportare un massiccio attacco contro Damietta, che cadde all’inizio di novembre. I capi crociati decisero di aspettare l’arrivo del giovane Federico di Svevia, che stava per essere nominato imperatore. Vistosi sostituito dalla guida dell’impresa, Giovanni di Brienne, ritornò ad Acri. Nonostante il voto crociato, emesso nel 1215, Federico non arrivò. Inviò, però, un piccolo contingente guidato da Ludovico di Baviera, che appoggiò la proposta del legato pontificio di un 35 La prima crociata di Luigi IX Nel giugno del 1244, un nutrito gruppo di combattenti khwarezmiani, oltrepassò l’Eufrate, scendendo in Siria, devastando i territori intorno a Damasco per risalire poi verso Gerusalemme. Molti fuggirono e abbandonarono Gerusalemme. - L’11 luglio, i khwarezmiani, si riversarono nella città santa massacrando chiunque si trovasse sul loro cammino. Chiese e conventi furono bruciati. Fu violata anche la chiesa del santo Sepolcro. Soltanto in trecento riuscirono a raggiungere la costa. I cavalieri dell’Outremer si radunarono in fretta ad Acri, raggiunte dalle truppe degli alleati Siriani. I khwarezimani, invece, confluirono nell’esercito di al-Salih. - Il 17 ottobre, a nord esti di Gaza, ebbe luogo una delle più importanti battaglie che Outremer avesse mai conosciuto. In poche ore l’esercito franco-siriano fu completamente annientato da quello di al-Salih Si trattò della più disastrosa sconfitta militare subita dai tempi di Hattin. Gerusalemme non sarebbe più stata recuperata. Il vero obbiettivo di al-Salih non erano, però, gli stati crociati ma la Siria, contro cui si volse immediatamente assediando Damasco. Poco dopo cadde anche Ascalona. Nel frattempo, allarmato, l’occidente cristiano si era mosso. L’onere di una nuova crociata, fortemente voluta dal nuovo papa, fu assunto da Luigi IX di Francia. - Nel 1245, nel corso del concilio di Lione, fu bandita la nuova crociata Essa sarebbe stata guidata e sostenuta interamente dal sovrano francese e avrebbe avuto luogo senza il coinvolgimento dei sovrani di Gerusalemme. Il piano d’attacco prevedeva di occupare l’Egitto come deterrente per imporre al sultano uno scambio con Gerusalemme. Luigi IX strinse accordi con i genovesi per l’armamento e il nolo di diverse navi. L’operazione mise in moto un’enorme quantità di denaro. In molti avrebbero guadagnato sull’impresa prestando denaro alla corona - La partenza ebbe luogo alla fine dell’agosto del 1248 - Damietta fu raggiunta all’inizio di giugno La popolazione si diede alla fuga. L’inaspettata piega degli eventi convise il sovrano di poter conquistare il Cairo, tanto più che era giunta voce della preminente morte del sultano. Memore della crociata di Damietta, il sovrano decise di attendere la fine della stagione di piena. Nonostante ciò la spedizione si concluse nel peggiore dei modi: con la ritirata dei crociati e la vittoria delle truppe egiziane. Inoltre la cattura del re fece precipitare gli eventi. Egli fu liberato mediante un ingente somma di denaro, anticipato da genovesi e templari. La crociata si concluse con un nulla di fatto e il regno di Francia ne uscì fortemente indebitato. La guerra di San Saba Luigi IX rimase in Outremer fino al 1254, operando in favore della ricostruzione di alcune fortificazioni. La sua partenza fece piombare il regno nel caos, del quale approfittarono le comunità 36 italiane. Nel corso del duecento, la costa siro-palestinese aveva iniziato a contendere all’Egitto ilo ruolo di principale mercato commerciale del mediterraneo. Buona parte dei traffici si stava concentrando su Acri, trovatasi presto al centro di un complesso gioco di potere: genovesi, pisani e veneziani vi possedevano ciascuno un proprio quartiere. Le tensioni, accumulate nel cinquantennio precedente, sfociarono nella cosiddetta guerra di San Saba - La guerra di San Saba scoppiò verso la fine del 1256, fu il primo conflitto apertamente dichiarato fra le città di mare italiane. Si trattò soprattutto di una questione di confini: il quartiere genovese di Acri non raggiungeva il porto; nell’area del porto interno, protetto da una catena, sorgeva un edificio di proprietà del monastero greco-ortodosso di San Saba su cui si concentrarono le attenzioni collettive. Pare, che nello stesso periodo, Un genovese di nome Baroccio Mallone, avesse trasportato ad atri una nave regolarmente acquistata, che risultò però rubata ai veneziani. Questi ultimi occuparono l’edificio e saltarono nel quartiere genovese, dando inizio a una guerriglia. I genovesi risposero incendiando alcune navi veneziane. Il conflitto andò velocemente allargandosi alle principali autorità di Terra Santa, costretta a prendere posizione. L’intromissione e nella faccenda di Filippo di Montfort, signore di Tiro che da tempo contestava i diritti veneziani su alcune località sui propri domini, provocò una reazione a catena, convincendo il bailo del regno e Giovanni d’Ibelin, conte di Giaffa, a schierarsi con Venezia, seguiti dai pisani e dai templari. I genovesi, invece, ricevettero il sostegno degli Ospitalieri e di tutti i baroni oltremarino che volevano spodestare il potere degli Ibelin. Outremer piombava, così, nella guerra civile. - Nella primavera del 1257, una flotta al comando di Lorenzo Tiepolo, figlio del doge, partiva dalla laguna. - Una volta giunti ad Acri rimpolparono l’esercito veneziano - I genovesi subirono una prima rande sconfitta - Un altro scontro ebbe luogo l’anno successivo dove i genovesi furono nuovamente sconfitti. Il governo genovese prese, allora, accordi con i principali avversari di Venezia: i greci di Nicea. Essi erano, infatti, stati cacciati da Costantinopoli dopo la quarta crociata e credevano ancora in una restaurazione bizantina. Michele Paleologo, imperatore di Nicea, nel 1258 stipulava un’alleanza con i genovesi. - Il patto fu firmato a Ninfeo il 13 marzo 1261 - La città sarebbe stata conquistata dalle truppe di Nicea tra il 24 e il 25 luglio La carta geopolitica del Mediterraneo orientale ne risultò rivoluzionata. Benché i genovesi non avessero partecipato all’operazione, l’imperatore mantenne comunque propri impegni, concedendo loro di incamerare parte dei beni veneziani. Il risultato fu lo spostamento degli interessi commerciali genovesi dalla costa alle sponde del Mar Nero. Baybars Verso la fine del 1259 l’il-khan Hulegu penetrò nella Siria settentrionale, al comando di un esercito mongolo, conquistando Aleppo. Avuto notizia della morta del gran Qa’an, egli tornò sui suoi passi, 37 Lasciando nella regione un ampio contingente sotto il comando di un cristiano di nome Kitbugha. Egli si volse contro Damasco conquistandola nella primavera successiva. Il nuovo sultano mamelucco Qutuz si mise immediatamente in marcia. Mandando in avanscoperta un contingente al comando di un certo Baybars. Il suo esercito si scontrò il 3 settembre con quello dei mongoli. Ebbe la meglio, si trattò della prima grande vittoria mamelucca, la quale guadagnò ai nuovi dominatori dell’Egitto, la fama di forti guerrieri, campioni dell’islam e del jihad. Baybars di lì a poco riuscì a farsi eleggere sultano. Una volta salito al potere si occupò di rafforzare l’esercito. Ordinò, inoltre, la coniazione di nuove monete che ne riportavano l’effige: un leone, con cui sarebbe passato alla storia. Per far fronte alla minaccia mongola, egli aveva bisogno di muoversi tra i domini sirio- egiziani. Gli stati crociati rappresentavano un problema. Approfittando, quindi, dell’assenza di un sovrano residente a Gerusalemme, Baybars iniziò a privare i franchi di alcuni dei principali capisaldi marittimi e delle più importanti fortezze, con lo scopo di stringere Acri in una morsa. - Il 22 luglio 1266 conquistò la roccaforte templare di Safed. Questo gli permise di accedere facilmente al litorale acritano. - Il 20 maggio 1268 occupò Antiochia. La sua caduta fu accompagnata da numerosi morti e prigionieri. Dopo 170 anni il principato antiocheno cessava d’esistere. Del suo territorio resisteva solo la contea di Tripoli. I franchi tentarono una risposta ma si rivelò presto debole e inappropriata - Nel 1271 Baybars conquistò Crac des Chevaliers, la principale difesa di Tripoli. La chiesa ospitaliera fu trasformata in moschea. - Per Baybars si trattò dell’ultimo grande successo della sua carriera. Morì nel luglio del 1277 La seconda crociata di Luigi IX La progressiva erosione dei territori latini aveva preoccupato Luigi IX, deciso a portare a termine l’impresa iniziata nel 1248. Ancora una volta, la crociata rappresentò per Genova un’occasione di guadagno. Tanto più che Venezia rifiutò le offerte francesi. Il porto ligure si impegnò a fornire delle navi. - La partenza ebbe luogo il 2 luglio 1271 Giunti in Oltremare, si decise che l’esercito avrebbe attaccato Tunisi. Ciò provò il malcontento dei genovesi che con essa commerciavano da tempo. - I francesi assaltarono Cartagine, il cui possesso era necessario per l’approvvigionamento idrico. - Assediarono poi Tunisi. Presto, però, le condizioni igieniche del campo crociato si fecero precarie. Lo stesso Luigi IX fu colto da dissenteria fino a morirne il 25 agosto 1270. L’impresa falliva miseramente. Si sarebbe tratta dell’ultima grande crociata del secolo. Di lì a poco si sarebbe affermata la nuova strategia del passagium particulare, condotto da piccoli gruppidi spedizione formati da specialisti della guerra. Questa strategia fu accolta favorevolmente nel corso del secondo concilio di Lione, indetto da papa Gregorio X. 40 dagli uomini di un capo tribale, un certo Osman. L’attivismo ottomano rappresentava una minaccia reale, Tant’è che nella primavera del 1303 l’imperatore affidò la questione a un ex frate del tempio, Roger de Flor. Questi racimolo un ampio numero di combattenti tra i mercenari che avevano servito sotto Federico, terzo nel corso della guerra del vespro Rimasti senza occupazione dopo la pace di Caltabellotta. Tra l’aprile e l’ottobre del 1304, la cosiddetta compagnia catalana ottenne diversi successi. Tuttavia Roger non poté evitare che i suoi soldati razziassero indiscriminatamente le terre bizantine. Forse per sopperire al mancato pagamento. La sua avventura, ogni modo si sarebbe interrotta il 30 aprile dell’anno successivo, quando ho invitato dal principe nel proprio Palazzo sarebbe stato assassinato da alcuni mercenari alani. Il rinnovato dinamismo turco andava amalgamandosi col risorgere del vecchio progetto di conquista di Costantinopoli, patrocinato da Carlo di Valois. A seguito della normalizzazione dei rapporti tra il papato e la corona francese, infrantisi con lo schiaffo con lo “schiaffo di Anagni”, egli era andato accostandosi a Papa Benedetto XI, così da ottenerne l’appoggio. Ehi, il Papa, presentatosi come custode della Chiesa e campione della crociata. Permise a Carlo di portare avanti i propri piani, concedendovi una parte delle sovvenzioni in subsidio terrae sanctae raccolte in territorio francese e assicurando a chi volesse prendere parte alla spedizione le stesse indulgenze concesse per la crociata in Terrasanta. Ehi, oltre, concessa la completa remissione della pena a chi non in grado di prendere parte alla spedizione, avrebbe finanziato la partecipazione altrui. Questa fu una pratica che avrebbe caratterizzato tutte le successive crociate antiturche. L’intera impresa fu giustificata prospettando la possibilità che Costantinopoli cadesse in mano ai turchi. Tuttavia non passò molto perché il papa tornasse sui propri passi sostenendo che le condizioni in cui versava la cristianità non fossero idonee per la realizzazione dell’impresa. Del resto Costantinopoli non era soltanto l’obbiettivo di Carlo di Valois ma anche di Giacomo II d’Aragona e di Federico III. L’interesse per la capitale imperiale era giustificato anche dalla strategia di recupero della terra santa espressa da molti trattati che contemplavano la collaborazione dell’impero costantinopolitano. Il patrimonio diffuso di isole egee appartenenti al territorio imperiale costituiva infatti un’eccellente base di partenza per realizzare il blocco economico dell’Egitto mamelucco. - Il 7 luglio 1304, Federico III, chiese al papa l’autorizzazione al papa a inviare in oriente una flotta di 10 galee al comando del fratellastro Sancho d’Aragona - Allo stesso tempo Benedetto Zaccaria conquistava l’isola di Chio trasformandola in un’importante base commerciale L’attenzione generale pareva, quindi, essersi spostata lungo la direttrice che univa l’Egeo al Mar nero. Fu Clemente V a muoversi per una nuova crociata. - Il 14 giugno 1306 egli emanò alcune bolle che garantivano indulgenze, decime e altri privilegi a chi avesse preso la croce. I veneziani accolsero la proposta con entusiasmo al contrario dei genovesi. - Il 19 dicembre 1306 il doge stipulò un accordo con alcuni francesi per la fornitura di una flotta. 41 La crociata di Carlo di Valois sembrava, dunque, molto vicina alla realizzazione. Eppure non avrebbe mai avuto luogo. Si tende a giustificare tale fallimento con la morte della moglie. In realtà è possibile che parte dei fondi destinati alla spedizione fosse stato utilizzato per sedare alcune rivolte scoppiate nelle Fiandre. - L’11 agosto 1308 Clemente V, con l’approvazione di filippo IV, questi proclamò un passagium particulare volto alla difesa di Cipro e del regno armeno di Cilicia. Il finanziamento necessario sarebbe giunto in parte dalle casse papali e in parte dal re di Francia. - Il 23 giugno una piccola flotta aveva lasciato Cipro alla volta dell’isola conquistata entro la fine dell’anno. Il passagium proclamato dal papa si era dunque trasformato in un’operazione di conquista, giustificata dal tentativo di rendere l’isola una base avanzata per attaccare i mamelucchi. Rodi sarebbe diventata un importante nodo di scambi commerciali tra l’occidente e gli emirati turchi dell’Anatolia, rimanendo in mano all’ordine fino al 1522. Le crociate nel trecento Smirne Il dinamismo turco si sarebbe fatto sempre più importante giungendo a velocemente a minacciare i territori imperiali. Approfittando delle lotte per il potere che si stavano verificando a Costantinopoli, Orkhan, succeduto a Osman nel 1326, sarebbe riuscito ad ampliare in maniera considerevole il territorio sottoposto al proprio controllo, assicurandosi il controllo degli Stretti e l’accesso ai balcani. A contendere il primato anatolico era, allora, il sovrano turcomanno Umur Beg, il cui quartier generale si trovava a Smirne diventata un nido di corsari turchi. - Tra il 1332 e il 1334 ebbe luogo un primo tentativo di occupare la città per opera dalla lega comandata dall’imperatore costantinopolitano Andronico III Paleologo e il re di Francia Filippo IV di Valois. L’operazione era termintata, tuttavia, con un nulla di fatto, permettendo a Umur Beg d’accrescere il proprio potere. - Nel 1344 Venezia Cipro e gli Ospitalieri di Rodi si strinsero in una sancta unio, formando una flotta considerevole. Riuscirono a occupare il porto e la cittadella inferiore. Umur beg riuscì però a riconquistare le posizioni perdute. Nel frattempo Clemente VI ordinava di predicare una crociata in aiuto di Smirne. Umberto, un nobile ambizioso, fu posto dal papa a capo della spedizione in qualità di “capitano generale”. - Partito da Marsiglia alla fine dell’agosto del 1345 giunse presso l’isola di Chio che fu eletta base delle operazioni. Poco dopo la flotta raggiunse Smirne, riuscendo a occupare la città bassa. - Tra l’aprile e maggio 1347 le forze di Umberto, grazie al sostegno degli ospitalieri, ottennero una vittoria sui turchi. Poco dopo Umur beg moriva tentando di riconquistare la città bassa di Smirne. L’azione poteva dirsi conclusa. 42 - Nel 1350 la città fu ceduta all’Ospedale, tuttavia, i turchi furono autorizzati a presidiarne la cittadella, mentre i veneziani guadagnavano importanti privilegi commerciali. Alessandria Alla lega del 1343 aveva preso parte anche il sovrano di Cipro, Ugo IV di Lusignano. L’isola rappresentava, allora, una frontiera avanzata del movimento crociato. Egli mantenne buoni rapporti con l’Egitto evitando che la crociata di Smirne diventasse un passagium generale contro l’Egitto. Contro Alessandria si mosse, invece, il figlio Pietro di Lusignano che perseguiva l’obbiettivo di riconquistare la Terrasanta. - Nell’autunno del Pietro intraprese un viaggio in Europa cercando di convincere i re di Francia, Inghilterra e alcuni principi tedeschi a sostenere un passagium particulare che preludesse a un più ampio passagium generale, bandito da Urbano V. Pietro di Lusignano riuscì così a unire una numerosa flotta. - Il 9 ottobre del 1363 i crociati raggiunsero il porto di Alessandria. Entro sera la città era stata conquistata e saccheggiata Tuttavia la conquista mutò rapidamente in un nulla di fatto. I crociati saccheggiarono anche i magazzini veneziani, genovesi, catalani e marsigliesi. Fu subito chiaro che la conquista non poteva essere mantenuta. Alessandria fu evacuata. Pietro non si arrese e continuò gli assalti alle coste anatolica e siro-libanese. Anna fine degli anni sessanta cercò di convincere nuovamente i cristiani d’occidente a prendere parte a una nuova spedizione, ma non ci riuscì. Morì qualche tempo dopo assassinato nel 1369. La sua morte aprì una grave crisi di politica. Al-Mahdia Le spedizioni organizzate nel corso del trecento avevano in comune molte cose. A partire dal loro carattere predatorio, misto a un’aurea che potremmo definire cavalleresca. La tendenza era quella di fare del nemico un soggetto unitario, benchè il mondo musulmano fosse estremamente sfaccettato. Il califfato di Baghdad non esisteva più, i mori di Spagna erano ormai una realtà lontana, l’Egitto e la Siria subivano la concorrenza commerciale genovese e veneziana, i principati arabo-berberi dell’Africa settentrionale avevano perso la capacità d’incidere sulla vita mediterranea, subendo i ricorrenti assalti cristiani. È quanto sarebbe accaduto con la crociata bandita contro il porto di al-Mahdiyya. Ancora una volta fu Genova a fornire il bagaglio necessario. I genovesi miravano, infatti, ad acquisire un porto che li permettesse di controllare lo smercio dei prodotti africani, in particolare dell’oro subsahariano. A Tolosa, i loro ambasciatori, offrirono al sovrano navi e vettovaglie per una spedizione che avesse a capo un principe francese di sangue reale, affermando di volersi fare carico della paga di arcieri e uomini armati per tutta la durata della spedizione. La proposta fu accolta con entusiasmo da Luigi II duca di Borbone. I genovesi misero in mare 40 galee e 18 navi. Il comando della flotta fu affidato al genovese Giovanni Centurione; Luigi di Borbone, invece, ottenne il titolo di comandante generale. Sia Clemente che il suo rivale Bonifacio IX, concessero alla spedizione la patente crociata. Senz’altro si trattò di una spedizione imponente, l’ultima del suo genere. - La flotta salpò da Marsiglia il 1 di luglio 1390 - Il 22 i crociati sbarcarono sulla spiaggia antistante la città di al-Mahidyya 45 Il nuovo papa Pio II riuscì a stipulare un accordo con Venezia e col duca di Borgogna sulla base di un progetto di spartizione dell’impero. - Il 18 giugno 1464, assunta la croce, Pio II si avviava alla volta di Ancona, dove avrebbe dovuto riunirsi la flotta cristiana che aveva chiamato a raccolta. Tuttavia ad attenderlo ci fu solo una folla di sbandanti. Inoltre una violenta epidemia avrebbe decimato buona parte dei presenti. Pio II morì alla metà di agosto, pochi giorni dopo l’arrivo del dofìge di Venezia. Il successore Paolo II tentò di proseguirne l’opera ma senza particolari risultati. Nel corso degli anni settanta i turchi, padroni ormai dei Balcani meridionali, si sarebbero spinti fino al Friuli. - Nel maggio del 1480 i turchi attaccavano Rodi prima di spostarsi a luglio verso Brindisi per giungere poi ad Otranto che fu assalita d’agosto e saccheggiata. Buona parte della popolazione fu massacrata. La strage provocò ampia apprensione e in breve tempo si formò una lega che comprendeva il papa Sisto IV, il re di Napoli, Firenze e l’Ungheria. Il papa si accordò con Genova per la fornitura di navi e galee. Nel frattempo la morte di Mehmet II e la contesa per la successione contribuivano ad allentare la pressione. - La flotta cristiana si imbarcò nel mese di giugno - Giunti ad Otranto, i primi attacchi si conclusero nel nulla e la perdita di numerosi uomini suscitò ampie polemiche così ad Alfonso d’Aragona fu consigliata la via diplomatica e venne stipulato un accordo tra le parti. La città venne finalmente liberata. Le crociate nel cinquecento Il secolo compreso fra la battaglia di Lepanto, combattuta al 7 ottobre del 1571, e l’assedio di Vienna, consumatosi fra il 14 luglio e il 12 settembre del 1683, vide la passione crociata, che aveva caratterizzato il secolo precedente, spegnersi progressivamente. L’Europa andava incontro a problemi interni dovuti alla crescente spaccatura fra cattolici e protestanti. L’impero ottomano restava tuttavia un problema. Infatti, il sultano Selim II perseguiva una politica aggressiva. - Nel 1569 i cristiani persero Tunisi. - Nel 1464 fu la volta di Cipro, in mano a Venezia. Dopo aver stipulato una tregua con l’impero Selim, aveva rinnovato gli accordi con la Francia, concedendo al re Cristianissimo una sorta di tutela Dei pellegrini e dei mercanti diretti in Terra Santa. Ciò permetteva a questi di presentarsi più che come un traditore dell’ideale crociato come il protettore dei cristiani presenti nelle terre del sultano. Il risultato non era stato altro che allargare il divario fra la corona francese e quella iberica. Infatti, la conquista di Cipro non faceva che avvicinare gli interessi veneziani a quelli spagnoli. La notizia della presa di Famagosta raggiunse l’Occidente, favorendo la formazione di una Santa Lega che vedeva schierati il Papa, la Spagna, Venezia, Malta, il Ducato di Savoia e il Granducato di Toscana. - Il 7 ottobre del 1571 ha largo di Lepanto la flotta cristiana dei portava un’importante vittoria sugli ottomani. 46 Tuttavia la vittoria non fu adeguatamente sfruttata. La riconquista di Cipro fu rimandata alla primavera successiva, ritenendo impossibile al nemico ricostruire la flotta in così breve tempo. Si trattò di un’illusione. Venezia, non potete far altro che trattare la pace conclusa l’anno successivo. Al contempo, la conquista di Tunisi da parte della flotta spagnola si rivelava effimera. - Nel 1574 la città veniva ripresa senza che la Spagna potesse reagire Il successo ottomano era completo. È possibile definire crociati tutti coloro che nel corso del 500 parteciparono allo scontro antiottomano? Il 2 marzo del 1572 Pio V concedeva a tutti coloro che avrebbero preso parte alla guerra contro i turchi la stessa indulgenza Che i suoi predecessori avevano accordato ai crucesignati che si recavano in soccorso della Terra Santa. La crociata, insomma, pur offuscata dalla più generale contrapposizione mediterranea, continuava a sussistere. Nel corso del 600, tuttavia, avrebbe conosciuto un’innegabile declino. La crociata rappresentava un ricordo del passato. Essa, tuttavia, non avrebbe mancato di cambiare di significato rivestendosi di accenti diversi, accompagnando il mondo europeo, Mediterraneo fino alle soglie della contemporaneità. Le fonti della prima crociata La riflessione sulla crociata affonda le proprie radici nella crociata stessa. La notizia della conquista di Gerusalemme ebbe un effetto dirompente, spingendo numerosi osservatori a narrare le gesta di chi aveva preso parte all’impresa. Storia e mito andarono, così, velocemente intrecciandosi. I resoconti più antichi sono rappresentati da alcune lettere inviate in Europa nel corso della marcia verso oriente dai capi della spedizione. Mittenti e destinatari sono personaggi di spicco come Alessio Comneno e Urbano II. Il contenuto e molto vario: in alcuni casi si tratta di testi informativi, ricapitolativi delle tappe del viaggio, per altri il modello è quello degli excitatoria, destinati a smuovere gli animi per rinforzare gli eserciti di crucesignati. Le fonti più importanti, chr ci sono giunte fino ad oggi sono: - Gesta francorum et aliorum Hierosolymitanorum (1100-1101, non oltre il 1103); - Fulchero di Chartres, Historia Hierosolymitana (c. 1100-1106); - Roberto di Reims/il Monaco, Historia Iherosolimitana (prima del 1107) - Guibert di Nogent, Dei gesta per Francos (prima del 1108) - Baudri de Bourgeuil/Baldric di Dol, Historia Jerosolymitana (c. 1108) - Guglielmo di Malmesbury, Gesta regum Anglorum (ca. 1120) - Orderic Vitalis, Historia Ecclesiastica (ca. 1135). La diffusione di queste cronache ebbe un peso importante nell’elaborazione del mito. Il successo dell’impresa era giustificato mediante un pressante riferimento alla volontà di Dio. La narrazione degli eventi contemplava uno scopo morale, presentato retoricamente, con lo scopo di persuadere della bontà dell’impresa. La presa di Gerusalemme non era che un capitolo della Storia della Salvezza. Era cioè da leggersi all’interno di un piano divino, che voleva la Città Santa nelle mani cristiane così da permettere la realizzazione della parusia. Ogni cronaca era, quindi, caratterizzata da allusioni bibliche volte a costituire veri e propri paralleli fra i crucesignati e gli israeliti in cammino verso la Terra Promessa. Siamo di fronte a un’epica sacra, volta a dimostrare l’adempimento della volontà divina da parte di Urbano II e dei crucesignati. 47 Privilegi commerciali L’analisi delle fonti letterarie non costituisce l’umico approccio possibile allo studio della crociata. Un importante complemento è dato dalla documentazione notarile e diplomatica. Nel corso del XII secolo il suolo siro-palestinese fu raggiunto da un flusso crescente di uomini e merci. Il calcolo economico giocò un ruolo importante nel richiamare in Terrasanta comunità molteplici tra cui si distinsero quelle italiane, decise ad installarsi nella regione. Gli italiani, inizialmente, vi emigrarono in maniera temporanea spinti dalle richieste d’approvvigionamento della giovane società oltremarina e dalle concessioni promesse dai principi crociati. Tra di esse la più importante riguardava l’esenzione, totale o parziale, dai diritti dognali e dalle imposte sulla compravendita, ovvero dal comerchium (complesso delle tasse sulla compravendita). Seguita dalla cessione di parte degli incassi delle dogane, dalla possibilità di utilizzare i propri pesi e le proprie misure, da concessioni giudiziarie e amministrative e dal diritto d’utilizzo di mercati e interi quartieri nelle principali città conquistate. - Il primo privilegio noto è quello concesso ai genovesi il 114 luglio 1098 da Boemondo d’Altavilla che concedeva loro ampie proprietà in città. Va detto come su alcune concessioni sia stato avanzato il dubbio di falsificazione. Inoltre la documentazione notarile conservata a Genova e a Venezia permette di comprendere quanto la presenza italiana si facesse sempre più massiccia, finendo per condizionare la bilancia commerciale degli stati crociati. La scelta di stabilirsi o meno presso un sito costiero di pendeva da molti fattori: innanzitutto dalla funzionalità delle strutture portuali e dalla presenza di collegamenti viari verso l’interno. L’entroterra in genere non era ricercato. Pochi porti rispondevano alle esigenze dei mercanti delle città marinare: Acri, Tiro e Beirut nel regno di Gerusalemme e Tripoli e Antiochia. Su di essi, dunque, si sarebbe concentrata l’attenzione generale dando vita a una società in perenne costruzione. I trattati sul recupero della Terrasanta La caduta di Acri tra il 18 e il 28 maggio 1291, fornì una spinta importante alla concettualizzazione dell’idea di crociata. L’evento fu seguito da una serie di scritti dedicati al recupero di ciò che era andato perduto. I trattati che ci sono giunti, composti tra il 1291 e il 1330, sono opera di personalità diverse, ciascuna dotata di motivazioni e finalità proprie. Coem tali possiedono caratteristiche differenti. Tutti, pur comprendendo alcuni temi tipici come la necessità di conversione degli infedeli, il rapporto tra crociata e missione, le qualità militari dei combattenti ola giustificazione storica e teologica delle sconfitte subite dai cristiani, condividono toni pratici offrendo, spesso, dei veri e propri piani strategici. Si trattò, in effetti, di un grande moto del pensiero, recante, tuttavia, un cambiamento importante nell’approccio stesso della crociata: Iliade di baroni, Odissea di mercanti, peregrinatio di pauperes, strumento di disciplinamento del papato, questa tornava ad avere come obbiettivo il recupero di Gerusalemme e del Santo Sepolcro. Solo che lo faceva sotto una veste nuova: ragionando su un piano prettamente militare: una crociata intesa come grande movimento di popolo, non era più consigliabile. È possibile trovare, dunque, all’interno di questi scritti, accurati piani di conquista, con riflessioni sulla qualità dell’esercito e di progetti di alleanze con i mongoli. Tali tesi si presentano sotto aspetti peculiari. Tuttavia, è possibile suddividere gli autori in due gruppi principali: - Da un lato il gruppo composto da personalità entrate in diretto contatto con l’Oriente - Dall’altro ci sono gli scritti di carattere prettamente teorico, redatti da personalità che non avevano avuto esperienza con l’Outremer 50 A seguito della pubblicazione, l’autore avrebbe ulteriormente modificato il testo accentuandone il carattere epico. Senz’altro l’opera contribuì a rendere amato l’epos crociato rappresentando la principale fonte per gli avvenimenti della prima crociata. È il caso, ad esempio, del poeta Giovanni Francesco Negri, autore della prima trasposizione dialettale conosciuta, in dialetto bolognese. Probabilmente l’opera di Tasso fu importante per redigere liste di nomi di crucesignati italiani. Il medesimo motivo encomiastico è riscontrabile, inoltre, nel tentativo di accaparrarsi la provenienza del cosiddetto “primo crociato”: di colui che avrebbe scalato per primo le mura di Gerusalemme, questo primato era conteso tra molte città italiane tra cui Genova, Pisa e Firenze. L’opera del Negri si inserisce in questo filone. Da questo punto di vista un caso importante è senz’altro quello genovese, volto ad esaltare una partecipazione certamente più dinamica di quella d’altri centri. È quanto mostra la riflessione di Agostino Calcagnino, sulle ceneri di Giovanni Battista, recate in patria, secondo la tradizione, nel corso della prima crociata. Risale, invece, alla fine del secolo quella che può considerarsi la prima storia delle colonie genovesi nell’Oriente, serbata in un manoscritto dell’abate genovese prospero Semini. L’opera tracciava un profilo del flusso commerciale sviluppatosi nei secoli posteriori al mille tra le terre siro- palestinesi frutto della partecipazione crociata genovese. Il seicento Jacques Bongars Nel corso del XVII secolo la Francia sarebbe passata all’avanguardia della riflessione sulla crociata: - Nel 1611 Jacques Bongars pubblicava una delle più celebri raccolte di testi crociati dal titolo “Gesta Dei per Francos” importante sia per il progresso segnato nella conoscenza delle fonti, sia per il valore politico. L’opera, dedicata a Luigi XIII, possedeva un preciso valore politico. Il titolo, infatti, evidenziava l’indiscutibile apporto francese rivendicando il compito sacro di difendere la cristianità alla Corona, indipendentemente dalla Chiesa di Roma. L’espressione stessa avrebbe assunto nel tempo, un significato sacrale, favorendo la trasformazione della crociata in una sorta d’epopea nazionale. Bongars forniva, dunque, uno strumento interpretativo importante, capace d’influenzare le successive tendenze: le crociate non erano state altro che un’impresa divina compiuta per mezzo della nazione francese. I tempi erano maturi perché la crociata divenisse un oggetto storiografico autonomo. Dal 1638, infatti, il termine “croisade” assumeva un significato onnicomprensivo, comprendendo quell’insieme di azioni che avevano portato alla conquista di Gerusalemme nel 1099, alla sua difesa fino alla caduta degli stati latini nel 1291. Il re Sole giungerà a rivendicare l’alta sovranità della Terrasanta che già era apprtenuta a Luigi IX. L’ideale crociato, dunque, trovava nuovi estimatori. - Il gesuita Gabriel Daniel avrebbe consacrato molte pagine della sua Histoire de France (1713) al legame tra corona e crociata, giustificato dalla partecipazione all’impresa di sovrani come Luigi VII, Filippo Augusti e Luigi XI. Lo stesso Urbano II era francese. - Leibniz, consigliere di corte del principe elettore di Mainz, concepiva un piano di crociata che avrebbe distratto Luigi IX dalle mire espansionistiche tra Mosa e Reno, dirigendole verso l’Egitto per procedere alla conquista di Gerusalemme e Costantinopoli. Il sovrano ignorò la proposta di tale impresa. 51 - Nel 1679 Innocenzo XI riceveva una relazione sulla situazione dello stato turco da parte di un cappuccino presente nelle terre d’oltremare. Egli denunciava la debolezza dei turchi e rivelava che un attacco strategico da parte dell’Europa sarebbe risultato vincente. Esotismo Il fallimento dell’assedio di Vienna (1683), avrebbe confermato la convinzione di un rapido tramonto della potenza turca, suscitando la stesura di nuovi piani di crociata. Molti videro nella vittoria un segno del favore divino. L’islamistica muoveva, così, i primi passi seguita dalla turcologia, dall’iranistica e dalla crudologia, contribuendo a una maggiore conoscenza reciproca, sfociata di lì a poco nella moda orientalistica: caratteristica fondamentale della cultura europea sette-ottocentesca. L’Europa del tempo fu attraversata da un interesse per l’universo turco, non più limitato alla considerazione del suo apparato bellico: dal caffè alla musica, dall’architettura alle arti visive, le cosiddette turcherie iniziarono a diffondersi grazie all’infittirsi degli scambi commerciali e l’incremento delle relazioni diplomatiche. In gran parte, ciò era dovuto al raffreddarsi dei rapporti conflittuali. Si cominciò a guardare, anzi, al di là del Caucaso. Il fondamentale lavoro di traduzione culturale compiuto tra il Cinque e il Seicento da padre Matteo Ricci sarebbe stato proseguito, fornendo all’occidente più di uno strumento per comprendere l’Asia. Gli orizzonti, dunque, parevano allargarsi. L’esotismo andava accompagnandosi al sorgere di una sensibilità erudita, esercitata in tutti i campi, che faceva del cimelio una testimonianza importante. Dal punto di vista storiografico, tale fu il risultato dell’adozione del metodo critico. La crociata, insomma, diventava un oggetto di studio permettendo, al contempo, di soddisfare l’interesse crescente per l’età di mezzo e per l’Oriente. Ciò, tuttavia, non avveniva dappertutto. In Italia questo interesse rimaneva confinato a qualche tradizione locale. Altrove, pur adottando il metodo critico, si sarebbe sfruttato l’argomento per ragioni confessionali. È il caso ad esempio della pubblicazione di Joahann Lorenz von Mosheim dove ribadiva l’idea per cui la crociata non era stata altro che una distorsione del cristianesimo operata dal papato. Essa aveva contribuito a spopolare l’Europa e a riversare in Asia le sue ricchezze rovinando molte fami9glie nobili; per converso aveva arricchito chiese e monasteri, incoraggiando il culto dei santi e delle reliquie e incitando il clero verso ideali terreni. L’illuminismo francese L’avvento dell’illuminismo avrebbe segnato una svolta importante nell’elaborazione del mito. Molti illuministi avrebbero visto la crociata come null’altro che il frutto del fanatismo religioso. Assieme all’inquisizione e alla persecuzione degli ugonotti, essa era il simbolo Del dispotismo clericale, da cui bisognava liberarsi. Più che un tema storiografico, la crociata diventava quindi un obiettivo polemico, rientrando appieno nella discussione sul tema della tolleranza. L’universo orientale diventava simbolo di poesia, raffinatezza, sensibilità, sensualità, tramutatosi in un vero e proprio mito culturale. Il confronto tra le barbarie e la raffinata cultura islamica, confronto cui la crociata sera volta risultava impietoso, come mostrava la rivalutazione della figura di Saladino Che incarnava non solo e non tanto le virtù cavalleresche della temperanza, della giustizia e della generosità, ma anche dei nuovi ideali di tolleranza e solidarietà che lo rendevano il prototipo del sovrano illuminato. Se il Montesquieu dell' Espirit de Los (1748) si limitava a svalutare il fenomeno, ritenendolo frutto del fanatismo, capace unicamente di portare in Europa la lebbra, Voltaire vi prestava maggiore attenzione pubblicando una breve Histoire des Croisade 52 - secondo Voltaire le crociate non erano altro che il prodotto di un' età oscura, da relegare nel museo degli orrori della storia. Esse non erano state altro che l' esito di una epidemia frutto di credenze irrazionali e superstizioni, del tutto opposte a quella civiltà della regione che trovava nel mondo greco e arabo. La sua critica, a ogni modo, in particolare alla prima crociata, si rivelava favorevole ad alcuni personaggi: Alessio Comneno era descritto come misurato e prudente. Federico Barbarossa era lodato per la sua meticolosa preparazione all' impresa, Federico II per la sua lungimiranza, Luigi IX era presentato come un modello di virtù. Di essi, tuttavia, ammirava più che la pietas religiosa l'intelligenza politica - Diderot dava, invece, una visione meno edulcorata che si concludeva con un severo monito: la crociata non era stato altro che un miscuglio di odi e falsità, capace di portare l'Europa al declino spopolando le contrade, arrestando il progresso agricolo, arricchendo chiese e monasteri -Nicolas de Condorcet, recuperando parte della visione voltariana, forniva una nuova visione dell'argomento dividendo la storia umana in nove epoche: la prima crociata separava la sesta dalla settima, ponendosi da sparti acque tra spartiacque tra le barbarie e la civiltà. Egli notava come a fronte dei molti orrori commessi nel corso delle varie spedizioni esse avevano favorito il commercio e accresciuto le relazioni con il mondo arabo; ciò aveva attenuato il fanatismo che le aveva causate. L’illuminismo inglese Contemporaneamente la crociata diventava argomento dell'empirismo inglese, che avrebbe fornito un'interpretazione più equilibrata al fenomeno - nel 1769 William Robertson scriveva un lungo testo intitolato View of the progress of società in Europe in cui la crociata era letta come tappa fondamentale del progresso della civiltà. Ne riportava la nascita alla pratica del pellegrinaggio, al terrore per la fine del mondo, allo scalpore suscitato dalla notizia dell' arrivo dei turchi in oriente. sosteneva che l' irrazionalismo e la mistica collettiva erano alla base dell' utilitarismo arabo che giovava del guadagno economico fornito dai pellegrini. La predicazione di Pietro l'eremita e il Concilio di Clermont diventavano così cause occasionali il cui unico pregio era stato quello era stato quello di iniziare il movimento liberando le masse. Tuttavia criticava gli orrori associando li al fanatismo e all' avidità. Criticava però gli intellettuali francesi perché incapaci di comprendere il sincero desiderio religioso. In sostanza Robertson forniva dunque una visione positiva della crociata implicita nell' espansione degli scambi commerciali e nel disgregamento dei legami feudali - Gibbon, ispirato dall' opera di Robertson, si domandava se la guerra condotta a fini religiosi potesse ritenersi lecita, osservando però come la crociata per quanto moralmente discutibile, rientrasse nei canoni di legittimità del proprio tempo. La crociata quindi andava intesa nel contesto in cui si era svolta. Gibbon ne ammetteva il merito della capaci5di aprire agli europei nuovi orizzonti commerciali. Indirettamente l'opera di Gibbon spostava l'attenzione dal piano etico e collocava la crociata nel suo contesto originario. Nella sua brutalità la crociata restava uno dei più grandi avvenimenti della storia da cui l'Europa aveva avuto inizio. Infatti il romanticismo l'avrebbe rivalutata come il fulcro dell'età di mezzo. Un immaginario reazionario Gli scritti dei philosophes istituivano un forte nesso tra crociata e fanatismo religioso, frutto di un’epoca barbara, buia, ignorante e superstiziosa. Voltaire vi si era scagliato contro con l’obbiettivo di polemizzare 55 I suoi studi, così come quelli di Iorga, avrebbe costituito una parte importante nella storiografia successiva, costringendo a riformulare la domanda in merito alla natura della crociata in sé. - Nel frattempo Steven Runciman dava alle stampe la propria celebre triologia: A History of the Crusades (1954). Nel privilegiare i fatti politici ed economici, concentrandosi nuovamente sui principali secoli crociati, egli sottolineava il carattere barbaro dell’impresa, del tutto opposto allo spirito di civilizzatore del mondo arabo e bizantino. La storia della crociata era ridotta a un susseguirsi di battaglie, gesta di cui egli coglieva gli aspetti negativi. Il punto di vista di Runciman diventava prevalente quando descriveva la figura di Alessio Comneno o quando descriveva gli esiti della guerra crociata. Intanto la tematica trovava spazio nel X Congresso Internazionale di Scienze Storiche svoltasi a roma nel settembre del 1955. Pluralisti, tradizionalisti e creazionisti Alla metà del secolo le tendenze imperanti all’interno della crociatistica si erano ormai delineate. Il progressivo ampliarsi della prospettiva suggeriva di affrontare l’argomento à part entière. La dilatazione della problematica, insomma, non era il sintomo di un complesso dinamismo, che vedeva delinearsi due opposte tendenze storiografiche. - La prima solitamente definita tradizionalista, era legata a quello che si riteneva essere l’obbiettivo primario della crociata: Gerusalemme. - La seconda definita pluralista che faceva della crociata null’altro che uno strumento papale. Nel primo caso ci si limitava a considerare il fenomeno in relazione alle spedizioni dirette in Terrasanta, ritenendo ogni altra manifestazione null’altro che una deviazione dagli intenti originari. Nel secondo, l’attenzione si spostava sul soggetto promotore, ponendo sullo stesso piano sia le spedizioni gerosolimitane sia quelle condotte contro eretici, pagani, nemici politici e contro i turchi. Benché la dimensione tradizionalista sia tutt’oggi ancora sostenuta, si può affermare che quella pluralista sia maggioritaria. A tali categorie Paul Chevadden ha recentemente aggiunto quella dei creazionisti, per i quali la crociata non sarebbe stata altro che una creazione di Urbano II. A quest’ultimo andrebbe il merito di aver dato origine alle crociate. Tutti gli elementi essenziali della crociata (il voto, la croce, l’indulgenza…) sarebbero stati codificati dal papa. Il problema della definizione resta comunque aperto. Christopher Tyerman tese a instaurare uno stretto legame tra la parola e la cos, si può dire che il problema della definizione del concetto di crociata sia, ormai, parte della crociatistica in sé. 56 57
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