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riassunto lessico Elisabetta Ježek, Appunti di Linguistica

riassunto completo e accurato di lessico, elisabetta jezek

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 12/02/2020

Jingyi_Shao
Jingyi_Shao 🇮🇹

4.5

(27)

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Scarica riassunto lessico Elisabetta Ježek e più Appunti in PDF di Linguistica solo su Docsity! Lessico, Jezek  CAP.1 Nozioni di base 1. Lessico e dizionario 2. Lessico e semantica 2.1. Concetti e codifica lessicale 1. Lessicalizzazione, ovvero la codifica lessicale, può essere descritta come la diretta associazione di un concetto con una forma lessicale, che ha come risultato l’esistenza di una parola - Una prima interpretazione dinamica: lessicalizzazione nel senso ampio per indicare qualsiasi procedimento in base al quale in una lingua specifica, un determinato concetto è associato a una forma lessicale. Questo procedimento ha come risultato l’entrata nel lessico di una parola che prima non esisteva. Ad es. la parola “cognata” lessicalizza il concetto di ‘sorella del marito’ - Una seconda interpretazione, sempre dinamica ma più ristretta: il procedimento specifico in base al quale una sequenza di elementi lessicali che frequentemente si presentano adiacenti in un testo, oppure una forma della flessione nominale o verbale, acquistano progressivamente valore di unità lessicale con significato autonomo, e quindi di parola. Ad es. diremo allora che in italiano la sequenza per lo più si è lessicalizzata e ha dato vita a un nuovo elemento lessicale, cioè all’avverbio perlopiù, o che il verbo cantare si è lessicalizzata e ha dato vita al nome cantante o, ancora, l’infinito del verbo avere si è lessicalizzata e ha dato vita alla corrispondente forma nominale avere/averi ecc. - Univerbazione: da per lo più a perlopiù L’univerbazione riguarda diversi tipi di sequenze, con strutture più o meno simili alle frasi (come nel caso dell’it. non so che: ha un non so che che colpisce). Le sequenze che subiscono qst processo sviluppano spesso un significato non desumibili alle singole parole, e possono essere più o meno coese dal punto di vista sintattico. - Il processo per cui un morfema grammaticale assume valore di un elemento lessicale: processo inverso alla grammaticalizzazione Ad es. l’uso del morfema –ismo in ‘non supporto questi ismi superficiali’ in cui ismi sta per parole con il suffisso –ismo. - Una terza interpretazione statica: in questa accezione, ogni singola parola costituisce una lessicalizzazione. Considera la lessicalizzazione dal punto di vista del risultato di qst processo. Ad es. diremo che in inglese esistono due lessicalizzazioni per esprimere il concetto di libertà, vale a dire liberty, freedom 2.2. Tipi di lessicalizzazioni 1. Lessicalizzazione sintetica: Una combinazione di concetti è espressa da una singola parola. Nell’associazione forma/contenuto sia attuato un procedimento di sintesi, cioè di compressione di più elementi di contenuto in uno stesso elemento lessicale. Ad es. in it. Tipi di lessicalizzazione del moto. muovere: MOTO andare: MOTO + DIREZIONE (lontano da chi parla) correre: MOTO + MANIERA (ad alta velocità) camminare: MOTO + STRUMENTO (i piedi) zoppicare, marciare: MOTO + STRUMENTO + MANIERA 2. Lessicalizzazioni analitiche: un concetto globalmente unitario è espresso da più parole. 2 dalla cultura e anche dalla lingua che, in quanto strumento che consente di esprimerle, dà loro forma. Secondo W. B. Whorf: «The categories and types that we isolate from the world of phenomena we do not find there because they stare every observer in the face: on the contrary, the world is presented in a kaleidoscopic flux of impressions which has to be organized by our minds – and this means largely by the linguistic system in our minds…» - Un concetto può essere semplice o complesso, ma questo fatto è indipendente dal modo in cui è codificato nel lessico, perché non c’è un necessario rapporto 1:1 tra forma e contenuto ed anzi, nella maggior parte dei casi esistono tra i due piani notevoli discrepanze. - Riassumendo le lingue divergono sia nel modo in cui segmentano i concetti, sia nel modo in cui associano uno stesso contenuto agli elementi lessicali; la tensione tra analisi e sintesi costituisce una caratteristica tipologica delle lingue che si evidenzia specialmente nell’organizzazione del loro lessico (alcune più sintetiche altre più analitiche). 3. Distinzione tra lessicalizzazioni descrittive e lessicalizzazioni etichettanti. Questa distinzione ha a che fare con i diversi modi in cui si può dare un nome agli oggetti (naturali, mentali o manufatti). I due tipi di lessicalizzazioni si distinguono in base alla diversa relazione semantica esistente tra il designato e la parola. - Lessicalizzazione descrittiva: in qst caso, il designato è associato alla parola attraverso una descrizione. Ad es. nel cahuilla della California meridionale dove per es. pietra è lessicalizzata come “ciò è diventato duro”, cesto come “ciò che è intrecciato” - Lessicalizzazione etichettante: in qst caso, il designato è associato all’attribuzione di un’etichetta.  Questa distinzione è presente anche nelle lingue indoeuropee, pur in modo meno evidente. 5 - come nell’it. dove lavoratore è un nome descrittivo poiché c’è un morfema –tor– che chiarisce che si tratta di qualcuno che svolge un’attività, mentre medico è un nome etichettante poiché non c’è alcun elemento che chiarisca questo fatto. - altri termini che oggi interpretiamo come etichettanti erano in origine descrittivi: lat. granum. ing. corn originariamente ‘ciò che è stato invecchiato, seccato’ 3. Significato lessicale e significato grammaticale - Significato lessicale o materiale: significato delle parole contenuto - Significato grammaticale o formale: significato delle parole funzione 3.1. Parole contenuto e parole funzione Parole contenuto/lessicali/piene Parole funzione/grammaticali/vuote appartenenti alle categorie lessicali maggiori: verbi, nomi, aggettivi, preposizioni (sopra, con), alcuni avverbi (velocemente, tardi) appartenenti alle categorie lessicali minori: articoli, pronomi, dimostrativi (questo, quello), congiunzioni, preposizioni (a, da), alcuni avverbi (non), verbi ausiliari (avere, essere) forniscono il contenuto svolgono delle funzioni hanno significato anche da sole, cioè autonome dal punto di vista semantico acquisiscono significato in relazione alle parole contenuto costituiscono un insieme aperto, ovvero un insieme al quale entrano e dal quale escono costantemente nuovi elementi costituiscono un insieme chiuso, ovvero un elenco finito di parole l’entrata nel lessico delle parole contenuto è un fenomeno frequente l’entrata nel lessico delle parole funzione è un fenomeno molto raro, diacronicamente chiede più tempo: è interessante notare che 6 la nuova parola funzione può essere il risultato della trasformazione di una parola contenuto in una parola funzione: il caso del suffisso it. –mente derivato dal lat. mens mentis, ablativo mente. problemi della classificazione: 1) Alcuni verbi, ad es. gli ausiliari, sono tipici esempi di parole funzione 2) Anche le prep. sono diseguali, accanto a prep. con significato fortemente relazionale come a, nell’it. ci sono anche prep. con contenuto lessicale più definito, come ad es. sopra 3) Infine gli avverbi: di contenuto come velocemente, o piuttosto di funzione come la negazione non. 3.2. Tipi di significati grammaticali - Numero Nelle lingue del mondo che codificano questa distinzione tra uno e più di uno, essa è espressa: 1) Frequentemente con morfemi grammaticali per lo più su nomi 2) Con raddoppiamento del morfema lessicale, come ad es. in indonesiano bukubuku ‘libri’ 3) Con modifiche del morfema lessicale, ad es. nell’ing. goose/geese 4) Con grado zero, ing. fish/fish 5) In altre forme, per es. nella distinzione tra nomi numerabili, nomi massa e nomi collettivi (famiglia, gente, traffico) o nei quantificatori (lasso di tempo, pizzico di sale, sacco di patate, ecc.) - Genere Nelle lingue del mondo la distinzione del genere è applicata in modo esteso non solo a parole che designano esseri animati, ma anche oggetti concreti, astratti, ecc. 7 consideriamo distinte queste parole è il fatto che oltre ad avere una forma differente, hanno anche un diverso significato lessicale. - derivati dai significati prevedibili: derivati formati all’occorrenza attraverso l’applicazione di una regola di formazione di parola. - derivati dai significati idiosincratici: come ad es. libretto, che non significa soltanto piccoli libri, ma indica piccoli libri specifici, come quello dell’opera, della macchina, degli esami universitari ecc. 4. composti: - composti tipici: parole come in it. capotreno, aspirapolvere - composti formati da nomi giustapposti: come divano letto, treno merci 5. polirematiche: espressioni nominali ed espressioni verbali: tavola rotonda, palla al piede, sala d’attesa, cibo per cani buttare via, chiedere scusa, vuotare il sacco queste sequenze , nonostante graficamente vedendo siano costituite da più elementi, assomigliano dal punto di vista lessicologico a dei lessemi, poiché esprimono un concetto saliente nella sua globalità, e quindi unitario : sono cioè un costituente semantico. La palla al piede non è una palla, ma una persona che costituisce un peso, o una situazione che rappresenta un ostacolo; se ‘partecipo a una tavola rotonda’ non sto parlando di una tavola e tanto meno rotonda, ma di un incontro in cui assieme ad altre persone si discutono temi specifici; se ‘vuoto il sacco’ non faccio un’operazione materiale, ma un’operazione mentale. Per le altre espressioni (sala d’attesa, cibo per cani, buttare via, chiedere scusa), la natura di costituente semantico è meno evidente: ciò nonostante bisogna riconoscere che anche queste sono delle sequenze speciali. Nel caso di sala d’attesa, ad es., non possiamo sostituirne una parte, e dire ‘una sala grande d’attesa’ o ‘una sala di lunga attesa’. Questo esempio fa capire: per ‘ritagliare’ in un testo le unità che funzionano da parole, non è sufficiente affidarsi 10 a giudizi intuitivi circa il grado di idiomaticità. Infatti, non solo espressioni idiomatiche (come palla al piede) ma anche espressioni il cui significato è desumibile dai significati delle parti, tipo sala d’attesa, hanno comportamenti particolari, che le assimilano alle parole semplici. 6. Unità lessicali superiori, unità polirematiche, polirematiche, costruzioni lessicali, espressioni multiparola: le espressioni costituite da più parole. - Polirematiche idiomatiche palla al piede, vuotare il sacco, - Polirematiche non idiomatiche sala d’attesa, chiedere scusa 7. Locuzioni, espressioni idiomatiche, fraseologie: le sequenze che hanno un significato non composizionale. Nonostante siano chiamate con un nome diverso, lo statuto lessicologico di queste forme è assimilabile a quello delle parole semplici, come è evidenziato dai test che proponiamo. 8. Costruzioni (in A. Goldberg): unità intermedia tra sintassi e lessico, dotata di significato proprio, non totalmente predicibile a partire dai costituenti, con struttura parzialmente fissa (in cui la sostituzione dei costituenti è soggetta a delle restrizioni). 9. Lessemi omonimi: due forme che hanno in comune il suono e la grafica, ma significato diverso 10. Lessema polisemica: una unica forma in cui sono cumulati più significati 11. La distinzione tra omonimia e polisemia: si tratta di criteri basati sull’analisi dello sviluppo della lingua nel tempo, cioè la distinzione è decidibile soltanto in diacronia. 1) criterio etimologico (come nel caso di miglio1: unità di misura e miglio1: pianta) 2) criterio della ‘parentela’ tra i significati: in base a qst criterio se i due significati associati alla stessa forma lessicale possono essere messi in relazione, cioè ricondotti uno all’altro attraverso qualche dimensione semantica (ad es. usi estesi o figurati di un uso letterale di partenza), siamo davanti a un lessema polisemico: è il caso della parola collo, che oltre ad indicare una 11 parte umana, indica anche per estensione una parte di un indumento, e per similitudine quella di un recipiente. - Metodi per ritagliare le parole 1. I requisiti essenziali della parola – tre proprietà principali 1) La coesione tra le parti costituenti (testa – costituente principale, e quindi n. o v.) 2) l’ordine fisso tra le parti costituenti 3) l’autonomia, ovvero la capacità di avere da sola un senso compiuto e di comparire da sola in un testo 2. Test di separabilità – inserzione di un modificatore tavola rotonda *una tavola molto rotonda Sala d’attesa *una sala grande d’attesa Carta di credito *una carta nuova di credito Coltello da cucina ?un coltello affilato da cucina Cibo per cani ?un cibo nuovo per cani Buttar via qualcosa Butto ogni giorno via le immondizie *ho buttato due volte via le immondizie Tirare fuori qualcosa Tirate subito fuori i documenti *tirate con rapidità fuori i documenti Chiedere scusa Chiede spesso scusa ?ha chiesto più volte scusa Vuotare il sacco Ha vuotato rapidamente il sacco *ha vuotato con fatica il sacco Stare male Sta sempre male *è stato per ore male Si noti che: 1) In genere le sequenze verbali possono facilmente essere modificate da avverbi semplici, e meno facilmente modificate da espressioni avverbiali 2) quelle nominali non possono invece essere modificate con altrettanta facilità da aggettivi. L’inserzione di un modificatore non è possibile né nel caso di espressioni idiomatiche né nel caso di espressioni col significato composizionale 12 I rapporti interni tra i due membri del composto possono essere di tipo: coordinativo: odio amore, bar ristorante, divano letto, porta finestra subordinativo: busta paga, treno merci attributivo: viaggio lampo - Parole composte e derivate statunitense b) Parole complesse con struttura interna sintattica Ovvero parole sintagmatiche / espressioni multiparola - Nomi sintagmatici - Verbi sintagmatici 15 4.3. Parole in una prospettiva tipologica 1. Parole di lingue isolanti (ad es. il cinese e il vietnamita) Parole monomorfemiche formate da un unico morfema lessicale libero (quindi sono parole morfologicamente semplici), il quale ha generalmente la caratteristica di avere un solo significato e di essere invariabile nella forma. 2. Parole di lingue polisintetiche (ad es. nelle lingue elle lingue Yupik dell’Alaska) Parole formate dall’unione di più morfemi sia lessicali, sia grammaticali, sono quindi parole morfologicamente complesse. Da un punto di vista morfologico, in una immaginaria scala che va dalla parola più tipica alla parola meno tipica, la parola polisintetica costituisce polo estremo meno tipico, poiché assomiglia ad una frase, ed è fatta da tanti morfemi ognuno dei quali racconta qualcosa del significato complessivo della parola. Al polo opposto si trova la parola isolante, in cui vi è la corrispondenza biunivoca 1:1 tra morfemi e parole, e il cui contenuto non è descritto ma ‘etichettato’. 3. Parole di lingue agglutinanti (ad es. nel turco) 16 Parole formate da un morfema lessicale e da uno o più morfemi flessivi e derivazionali in un ordine rigido, i quali hanno la particolarità di avere in qualsiasi contesto sempre lo stesso e unico significato e di concorrere a formare parole altamente regolari per quanto riguarda la struttura morfologica e la calcolabilità del significato. 4. Parole di lingue fusive (ad es. nell’it.) Il sistema morfologico fusivo è caratterizzato dal fatto che spesso un unico morfema somma più significati e che lo stesso significato può essere espresso da più morfemi Ad es. cantavano Cant- a- v- -ano MORFEMA LESSICALE CLASSE FLESSIVA TEMPO; ASPETTO IMPERF; MODO INDIC; PLUR; TERZ. PERS.; 5. Parole di lingua introflessive (come nelle lingue semitiche) Parole costruite attraverso l’innesto (come tra due pettini) di un morfema formato da vocali in una radice lessicale composta da consonanti, che in sé non è completa e ha un significato molto generico, e che diventa parola solo quando è completata da questo innesto.  CAP.2 L’info lessicale 1. Tipi di info contenute nelle parole Significato: proprietà semantiche, l’info principale e più evidente contenuto in ogni parole, ovvero in sostanza il valore informativo della parola Dist. Significato lessicale e Significato grammaticale Dist. Significato denotativo e Significato connotativo 1) Significato denotativo (descrittivo/referenziale) 17 ‘ho un dubbio atroce’ ‘questo mi sembra un caso dubbio’ ‘ho preso un treno veloce’ ‘questo treno va veloce’ ‘non capisco perché ti ostini a restare’ ‘non capisco il perché’  Tre ipotesi per quanto riguarda la classe lessicale 1) È possibile supporre che ci sia nel lessico una diversa entrata lessicale per ogni diverso uso – economicamente svantaggiosa, non plausibile dal punto di vista psicologico e cognitivo 2) Che la parola abbia una classe lessicale di default che rientra nelle sue info lessicali, e possa per conversione acquisire nel contesto altri usi, che sono usi derivati o secondari 3) L’ipotesi contestuale: la parola non contiene nessuna info relativa alla classe lessicale, e acquista questa proprietà soltanto nel contesto sintattico.  Riassumendo Tutte le parole hanno: I. Un significato II. Una forma fonica III. Delle proprietà morfologiche IV. Un comportamento sintattico ‘minimo’, che può essere associata all’appartenenza a una o più classi lessicali V. Restano esclusi solo i casi particolari, tipo le interiezioni bah, ahi, ecc. 5) Proprietà specifiche delle parole con funzione di predicato - Struttura argomentale: un elemento linguistico è un predicato se esprime la proprietà di un’entità o se descrive la relazione tra due o più entità un elemento linguistico è argomento se identifica una delle entità rispetto alla quale il predicato dice qualcosa, che deve essere 20 obbligatoriamente nominata affinché ciò che il predicato dice abbia un senso. I predicati, diversamente dagli argomenti, sono espressioni insature, che devono essere completati dagli argomenti per formare un’espressione di senso compiuto. L’argomento assomiglia a ciò che nella tradizione grammaticale viene chiamato complemento. Però non tutti i tipi di complemento sono argomenti, in quanto possono essere tralasciati senza che la frase risulti incompleta, per questo si dice elemento accessorio o circostanziale. Le parole che hanno la funzione di predicare sono dotate di una struttura argomentale La struttura argomentale può prevedere un numero di argomenti che varia in genere da uno a tre: - Verbi zeroargomentali: piovere, nevicare - Verbi monoargomentali: cadere, nuotare - Verbi biargomentali: noleggiare, conoscere - Verbi triargomentali: dare, dedicare - Aktionsart: aspetto lessicale Riguarda il modo in cui il verbo presenta l’azione che descrive. 2. Info lessicale e conoscenza enciclopedica - Conoscenza enciclopedica: quell’ampio insieme di conoscenze che un parlante associa al concetto espresso da una parola e che gli derivano dalla sua esperienza del mondo - Diverse posizioni riguardo la distinzione tra info lessicale e conoscenza enciclopedica: 1) La posizione minimalista 2) La posizione massimalista 3) Una terza posizione: 21 sostiene che le info contenute nelle parole siano tante quante sono necessarie per rendere conto del loro comportamento combinatorio (cioè di come possono o non possono combinarsi con altre parole) e delle interpretazioni nel loro uso 4) Una quarta posizione: inutilità completa della dist.  CAP.3. Il significato delle parole 1. Che cosa significano le parole - Semantica lessicale - Semantica frasale - Contesto - Contesto linguistico: contesto sintattico e contesto semantico - Contesto situazionale (extralinguistico/pragmatico) 2. Ambiguità e polisemia delle parole 1) Omonimia: ambiguità contrastiva È il caso di una forma lessicale che in una lingua ha accidentalmente due o più significati distinti e non correlati tra loro. L’esempio di Miglio Questo tipo di ambiguità si chiama contrastiva perché i due significati sono contradditori nella loro natura, nel senso che un significato esclude automaticamente l’altro. Detti in un altro modo, sono significati in antagonismo o in competizione. Tipicamente sono significati che non possono essere attivati allo stesso tempo. 2) Polisemia: ambiguità complementare È il caso di una forma lessicale che ha più significati corrispondenti a manifestazioni diverse dello stesso significato di base in contesti diversi. L’esempio di collo 22 1) Definizione: i sostenitori di questa ipotesi pongono l’accento sul fatto che il riferimento che le parole instaurano con la realtà non è, ma è mediato dall’immagine mentale che costruiamo di queste entità. Le parole sono, quindi, associate principalmente a un concetto. Questa posizione è spesso rappresentata da: che mette in rilievo il fatto che si ritiene non ci sia una relazione diretta tra la parola e l’entità extralinguistica, e che questa relazione sia mediata dal concetto la mediazione del piano concettuale è indispensabile per rendere conto dei vari fatti, ad es. del fatto che attraverso le parole possiamo parlare non solo di entità esistenti nel mondo o di eventi che accadono nel mondo, ma anche di cose astratte: stati d’animo (ira), qualità (bellezza), entità immaginarie (unicorno), eventi ipotetici ma possibili e così via. 2) l’idea aristotelica: va osservato che l’ipotesi mentalista non repinge l’idea del riferimento a patto di affermare che le parole non fanno riferimento direttamente alla realtà esterna, ma fanno riferimento a modo in cui questa realtà è concettualizzata e categorizzata, in altre parole ‘costruita’ nella mente del parlante. Va osservato a questo proposito che il ruolo del pensiero come mediatore tra la lingua e il mondo non è affatto disconosicuto dalle teorie del riferimento, le quali anzi condividono appieno l’idea aristotelica secondo la quale nel linguaggio entrano in gioco tre ordini di entità: a) le cose, b) ciò che sta nelle mente e c) le parole foniche (ovvero ‘ciò che è nella voce’) 3) semantica cognitiva: l’approccio mentalista è alla base della semantica cognitiva, che studia i fenomeni enfatizzandone il rapporto con le diverse 25 Concetto Entità extralinguistica Parola abilità della mente umana, come per es., la capacità di categorizzare i dati dell’esperienza e di organizzare i concetti. - Teoria strutturale del significato 1) Breve assunto: in base a questa teoria il significato ha in primo luogo una natura relazionale. Secondo questa teoria, il significato consiste nello specifico valore che la parola assume in relazione alle altre parole presenti nella lingua che fanno parte dello stesso campo semantico, e designano oggetti più o meno analoghi, come nel caso di sedie: sgabelli, treppiede, sedile, scanno, seggiola, trono, panca, poltrona e così via. Ciò che ha rilevanza nel determinare il significato di una parola è quindi la quantità e il tipo di parole di cui la lingua dispone per nominare quella classe di oggetti, e quindi il modo in cui la lingua, attraverso le parole segmenta e organizza gerarchicamente un determinato ambito concettuale, che in sé non ha necessariamente dei confini precisi. 2) La nozione chiave: valore Il valore semantico di una parola è il suo contenuto informativo, che però non è dato in sé, ma è acquisito in un certo senso per esclusione: una parola significa ciò che non è significato dalle altre parole che occupano lo stesso campo semantico. Il rapporto con la realtà è importante ma ha un ruolo secondario nel definire il significato della parola, in quanto il significato ha una natura almeno in parte autonoma, ovvero linguistica. È una teoria che pone l’accento sul ruolo che la lingua ha nel modellare i concetti e sull’importanza delle relazioni esistenti tra le parole di un lessico, in particolare tra le parole facenti parte dello stesso ambito semantico - Teoria basata sulla nozione di prototipicità del significato 1) Studi di psicologia e scienze cognitive: 26 questi studi avevano come interesse principale quello di chiarire come organizziamo in categorie i dati che provengono dalla nostra esperienza del mondo, cioè come costruiamo delle categorie concettuali, specialmente dai dati concreti. Compiamo una categorizzazione quando attribuiamo ad esempio un determinato oggetto per bere alla classe delle tazze e non ai bicchieri. Facciamo questo tipo di operazione in base alle caratteristiche degli oggetti e degli eventi così come li percepiamo. In ogni categoria riuniamo oggetti o eventi che condividono somiglianze che scaturiscono dalla condivisione di caratteristiche che riteniamo rilevanti per la categoria. Riuniamo inoltre nella stessa categoria oggetti e eventi che, pur nelle loro differenze, in base alle caratteristiche che assumiamo come rilevanti, risultano essere più simili tra di loro che altri oggetti o eventi. Ovvero quando categorizziamo dei dati procediamo per assimilazione, dissimilazione ecc., mettiamo in atto cioè una serie di strategie cognitive. 2) Studi basati sulla nozione del prototipo. Il prototipo sarebbe ‘elemento esemplare di una categoria’, e definito da un insieme di tratti o condizioni che diversamente dalla teoria tradizionale, non sono tutti necessari. Gli studi basati su questa nozione offrono una interpretazione del concetto di categoria e del processo di categorizzazione alternativa a quella tradizionale. Secondo questa teoria, la categoria è interpretata come un insieme di elementi che vede al centro un elemento esemplare, il prototipo appunto, e attorno al quale, secondo gradi diversi di similarità, altri elementi che si avvicinano più o meno al prototipo 3) Nozione chiave: similitudine se da un lato i tratti non sono necessari nel senso aristotelico, essi permettono però di stabilire similitudini. Il concetto chiave nella teoria dei prototipi è proprio quello di similitudine. Secondo questa teoria, la categorizzazione è principalmente una questione di somiglianza a un prototipo, più che di rispondenza a criteri di necessità e sufficienza. 4) Semantica: 27 3) Questa teoria dunque sostiene il primato della dimensione sintagmatica nella definizione del significato lessicale, non in quanto livello al quale sono selezionati i sensi, ma in quanto livello al quale i sensi stessi sono generati. - Teorie di Pustejovsky: elabora i principi che sono i meccanismi che si applicano alle prole quando si combinano tra di loro, e danno vita al significato specifico che queste assumono nel contesto. 1) Il principio di co-composizione Secondo questo principio, ogni verbo ha un significato di base, cioè una parte non variabile del significato. A questo significato si integrano nel contesto i componenti semantici portati dai complementi, che fanno sì che il verbo sviluppi nuovi significati. - Illustrazione tramite combo verbo-nominale in base a questo principio il significato del verbo è determinato da quello dei suoi argomenti ‘Luca ha cotto la carne.’ Un’attività che porta a un cambiamento di stato. ‘Luca ha cotto il pane.’ Un’attività che porta alla creazione di qualcosa. Quindi: nella fattispecie, la distinzione rilevante tra i due argomenti è che la carne costituisce un’entità già esistente (entità naturale), e che quindi per definizione non può essere creata, e il pane costituisce un’entità non esistente in natura e che se è creata ha uno scopo preciso (entità funzionale). E i significati di carne e pane incapsulano questi aspetti, e quando interagiscono con il verbo, lo completano in modo diverso, in sintonia con la distinzione tra entità naturale e entità funzionale che li caratterizza. Per il fatto che c’è un’interazione tra la semantica del verbo e quella del nome, il principio è chiamato principio di co- composizione. 30 2) Il principio di forzatura di tipo semantico Il principio di forzatura di tipo solleva a livello di interpretazione il componente semantico dell’eventività, che rimane latente nel nome quando è combinato con verbi o prep. che non lo richiedono - Illustrazione tramite combo verbo-nominali Es. verbi aspettuali iniziare, durare, smettere, finire, ecc. ‘ieri pomeriggio ho comprato un nuovo libro.’ (oggetto) ‘ieri pomeriggio ho iniziato un nuovo libro.’ (evento) ‘questa birra è calda!’ (oggetto) ‘questa birra è durata tutta la cena!’ (evento) Questi verbi richiedono che il loro complemento oggetto indichi un evento. In virtù di questa restrizione, se il complemento oggetto anziché denotare un evento denota un oggetto fisico, questi verbi ‘forzano’ l’oggetto ad assumere un’interpretazione eventiva. - Illustrazione tramite combo introdotto da prep. con significato temporale Es. prep. Come prima e dopo, che richiedono di essere completate da un nome che denota un evento. ‘il dolce era delizioso’ ‘dopo il dolce, andiamo a casa’ 3) Il principio di legamento selettivo - Illustrazione tramite combo agg. + n. ‘questo è un buon coltello’ ‘è un buon medico, ma ha un brutto carattere’ ‘vorrei un buon libro per le vacanze’ nel caso di agg. predicativi come buono, l’agg. modifica la porzione della semantica del nome che specifica ciò che 31 comunemente si fa con l’entità che il nome indica. A loro volta in nomi, in sintonia con questa selezione, completano il significato dell’agg., che nel caso di buono finisce per significare genericamente: ‘in grado di soddisfare lo scopo principale per cui x esiste.’ 5. Modi di rappresentare il significato delle parole - Formalismo basato sui tratti semantici Questo formalismo è basato sull’idea che il significato delle parole possa essere concepito e descritto come un insieme di componenti, ognuno dei quali corrisponde a un ‘pezzo’ di questo significato Ad es., l’insieme dei tratti (uomo) (adulto) (maschio) definiscono il significato della parola italiana uomo I tratti funzionano come delle categorie binarie, o sono presenti o sono assenti. - Formalismo basato sul concetto di primitivo semantico abbinato con la nozione di decomposizione In questo caso il significato lessicale delle parole è concepito come un’entità costruita attorno a uno o più elementi basici, cioè non ulteriormente scomponibili in tratti, chiamati primitivi (semantici). È per eccellenza il metodo della decomposizione lessicale, che parte dal significato nella sua globalità e procede fino ad arrivare all’identificazione del nucleo del significato (i primitivi), oltre al quale nessuna decomposizione è possibile. Questa analisi si è rivelata particolarmente feconda nell’analisi del significato dei verbi, che bene si presta ad essere scomposto in primitivi. Ad es., il significato del v. rompere contiene il primitivo CAUSARE Ad es., il significato del v. arrossire contiene il primitivo DIVENTARE Ad es., quello del v. correre non contiene ne CAUSARE né DIVENTARE, ma FARE Primo punto debole: non è chiaro quali siano questi primitivi e quanti ce ne siano. 32 - Nelle lingue del mondo, che presentano diversi sistemi di classi lessicali, alcune classe non mancano mai, ovvero quelle di v. e n., che possono essere considerate classi basiche. - Le parole possono appartenere a più classi. Fenomeno non frequente in lingue come it., ma frequentissimo nelle lingue che hanno una scarsa morfologia, tipo l’ing. - Nell’ambito di una singola classe, è possibile individuare sottoclassi o sottoinsiemi. 2. Classi morfologiche, sintattiche, semantiche 1) Classi morfologiche 2) Classi sintattiche: ha luogo secondo due modalità principali: a). l’analisi delle combinazioni che una parola consente sul piano sintagmatico (classificazione su base distribuzionale) b). l’analisi della modificazione sintattica alla quale una parola si presta (classificazione su base sintattica) 3) Classi semantiche: a) Parole che si riferiscono a delle entità (persone, piante, animali, luoghi, oggetti fisici o immaginari, concreti o astratti, più o meno delimitati); b) Parole che attribuiscono una proprietà alle entità, come risplendere nella frase ‘il sole risplende’ c) Parole che esprimono le qualità delle entità, come rosso nel sintagma ‘un ombrello rosso’ 3. Rapporti tra il significato e la classe di parole 4. Sottoclassi di parole 4.1. Classi di verbi 1. Il primo modo di classificazione: analisi del tipo di evento che il v. esprime dal punto di vista concettuale – significato denotativo 35 1) criteri semantici/classi semantiche - v. di moto andare, camminare - v. di maniera strofinare, tagliuzzare - v. di percezione sentire, udire, avvertire - v. di cognizione capire, intendere - v. di misura costare, pesare - v. di lancio buttare, scaraventare - v. di comunicazione parlare, sussurare - v. meteorologici piovere - v. psicologici temere - v. indicanti reciprocità salutarsi - v. indicanti riflessività lavarsi e così via… 2) difficoltà di classificazione: nascono dal fatto che il significato di un v. è composto da più tratti con prominenza strutturale, in altre parole, alcuni aspetti del significato del v. condizionano il suo comportamento sintattico, altri no. 2. Il secondo modo di classificazione: analisi del tipo di evento che il v. esprime dal punto di vista aspettuale – aktionsart (criteri semantici) - v. di stato rimanere, possedere - v. di cambiamento puntuale scoppiare, arrivare - v. di processo lavorare, dormire 1) le principali caratteristiche di classificazione a) il dinamismo b) la durata c) la presenza o meno di un punto di conclusione d) l’iteratività – v. semelfattvi tossire, lampeggiare e) l’ingressività o l’egressività incamminare ingressivo rispetto a camminare trovare egressivo rispetto a cercare f) l’incrementalità crescere 36 2) le 4 classi principali a) verbi di stato b) verbi di processo indefinito ‘pietro cammina su marciapiede’ c) verbi di processo definito ‘pietro ha svuotato la vasca’ d) verbi istantanei/momentanei/puntuali ‘pietro ha trovato le chiavi’ - v. che implica un cambiamento di stato: rompersi - v. che non lo implica: suonare 3. Il terzo modo di classificazione: proprietà di valenza (criteri sia semantici che sintattici) - v. zerovalenti nevicare, piovere, lampeggiare - v. monovalenti nascere, nuotare, tossire - v. bivalenti conoscere, partecipare, noleggiare, abitare - v. trivalenti dare - v. tetravalenti trasferire e così via… 1) numero di argomenti 2) criterio di sottocategorizzazione degli argomenti: cioè il modo in cui gli argomenti sono espressi sintatticamente, ad es. se sono oggetti diretti o oggetti indiretti Classi principali di v. dell’it in base a proprietà di sottocategorizzazione [non SN1 ] ‘piove’ [SN1 ] ‘la bambinaSN1 piange’ [SN1 SN2] ‘lucaSN1 non conosce la stradaSN2’ [SN1 prep.SN2] ‘luca SN1 abita a RomaSN2’ [SN1 SN2-prep.SN3] ‘luca SN1 ha dedicato il libroSN2 alla madreSN3’ [SN1 prep.SN2-prep.SN3] ‘luca SN1 ha chiesto di teSN2 alla mammaSN3’ 37 - Altre nozioni: 1) Frame semantico: è la struttura cognitivo-concettuale evocata da un v., della quale fanno parte un insieme di partecipanti (frame elements), tra cui alcuni sono argomentali, altri accessori Per es. ‘Elena ha viaggiato tutta l’Europa in treno in tre settimane con un’unica valigia.’ il frame «viaggio» include il viaggiatore, l’origine, la direzione, la destinazione, il percorso, il modo/mezzo di trasporto; altri elementi accessori sono la durata, la distanza, il bagaglio, lo scopo, la frequenza, la velocità. 2) Pattern verbale: è inteso come una struttura argomentale con la specificazione del tipo semantico atteso per le diverse posizioni argomentali ([Luogo], [Cibo], [Persona], [Attività], ecc.), popolati da ‘set lessicali’, ovvero da elenchi di parole che, alla luce dell’analisi semantica, risultano riempire quella posizione. Per es. per il v. partecipare nel senso di ‘prendere parte a’, il pattern è il seguente [PERSONA] partecipa a [ATTIVITÀ], dove il set lessicale di [ATTIVITÀ] risulta essere (in ordine di salienza di co-occorrenza): (gara, riunione, selezione, manifestazione, seduta, cerimonia, conferenza, votazione, elezione, celebrazione, …) - Validità del modello di valenza: è valido solo nei casi in cui il verbo coincide con il predicato della frase. 1) Frase con v. che coincide con il predicato: PREDICATOV ARGOMENTON 2) Frase con v. che non coincide con il predicato: COPULAV PREDICATO NOMINALEN 40 Per es. in una frase come ‘Luca è un bravo ragazzo’ ‘un bravo ragazzo’ è un elemento obbligatorio, ciò nonostante, questo elemento obbligatorio in questa frase non è un argomento, anzi è il predicato (nominale), cioè l’elemento che dice qualcosa a proposito dell’argomento Luca. Il v. ‘è’ in questo caso è una copula, cioè un elemento che mette in collegamento il soggetto Luca e il predicato nominale ‘un bravo ragazzo’ - Due classi di v. a monte della valenza 1) v. predicativi (v. lessicali) quelli che coincidono con il pred. della frase 2) v. copulativi quelli che non coincidono con il pred. della frase, e fungono da copula al predicato. - Il predicato, in qst caso, può essere costituito da: n.: luca è ingegnere agg.: luca è grande pres. n.: luca è un bravo ragazzo. - Distinzione tra la copula essere e i v. copulativi propriamente detti diventare, sembrare, stare, restare, rimanere, … Mentre la copula essere è un puro elemento di congiunzione; i altri v. copulativi contribuiscono alla semantica del costrutto (per es. conferendo uno spec. valore aspettuale ) 4. il quarto modo di classificazione: la dimensione di transitività (criteri sia semantici che sintattici) - v.t.: un v. è t. quando è accompagnato da un complemento oggetto o diretto come nel caso di aggiustare 41 - v.i.: un v. è i. quando non può essere accompagnato da un complemento da un complemento oggetto o diretto come nel caso di arrivare dal punto di vista sintattico i v.i. si suddividono in due classi 1) v. inergativi: sono quelli che nei tempi composti selezionano l’ausiliare avere (come dormire, camminare, nuotare, ridere) - proprietà semantiche e azionali: descrivono per lo più attività intenzionali messe in atto dal soggetto (lavorare, camminare, piangere, tremare), o funzioni e reazioni corporee non propriamente controllate, colte nel loro procedere (dormire, respirare, piangere, tremare ecc.) 2) v. inaccusativi: sono quelli che nei tempi composti selezionano l’ausiliare essere (come cadere, arrivare, scappare) - gli inaccusativi comprendono anche v. i. pronominali (come ammalarsi, pentirsi, commuoversi, arrabbiarsi) - i v.i. inaccusativi sono particolari, perché i loro soggetti possiedono alcune caratteristiche che sono tipiche degli oggetti dei v.t.: ad es. possono essere sostituiti con il pron. ne (ho visto molti bambini / ne ho visti molti; i bambini sono arrivati / ne sono arrivati molti; i bambini hanno dormito / *ne hanno dormito molti.) - proprietà semantiche e azionali: gli inaccusativi tendono ad esprimere cambiamento di stato che accadono al soggetto (cadere, guarire, esplodere, sparire, morire, …), un cambiamento di posizione a seguito di un moto direzionato (arrivare, entrare, fuggire, scendere), uno stato (restare, rimanere), un avvenimento (occorrere, succedere) 42 Fa parte di una classe costituita da un solo individuo e quindi di norma non ammette l’articolo e nemmeno il plurale - Nomi numerabili di classi di individui: dotati di capacità di riferirsi a una classe di individui, con il cui numero superiori a 0 Ammette l’articolo sia determinativo che indeterminativo, il plurale e i quantificatori plurali Classe di n. Art. Plur . Quantificator i Es. n. massa Det. sing - Sing. Oro, sangue n. numer. di classi di ind. Det. Indet. X Plur. Ragazzo, idea n. numer. di. singoli ind. - - - Luca, Francia 2. Nomi di secondo ordine – nomi eventivi/predicativi - Nomi d’azione nella grammatica tradizionale: usati di preferenza per riferirsi ai nomi che sono derivati morfologicamente da verbi. a) Nomi derivati da v. attraverso l’utilizzo dei suffissi (camminata, costruzione, fioritura, mormorio, lavaggio) b) Nomi non derivati da v. (temporale, colpo, pranzo) - N. che possono essere base di v. (colpire, pranzare) - N. che non hanno un v. corrispondente (temporale) - Nomi di stato (come ad es. stanchezza, pace ecc.) sono tra i nomi di eventi quelli che assomigliano di più ai nomi di entità - Caratteristica comune: è quella di essere dotati di una dimensione temporale (legata al fatto che il loro contenuto è un evento e distingue questi nomi dai nomi di primo ordine.) - Diversi modi di chiamare ‘nomi eventivi’ 1) Nomi predicativi (nel senso di ‘nome il cui contenuto è un evento’) 45 2) Nomi insaturi (mette in luce la proprietà di un nome di richiedere altri elementi per completare il proprio significato) 3) Nomi referenziali: nomi di entità, fa riferimento più propriamente al piano della funzione che un nome svolge nel discorso, e da qst punto di vista applicabile a entrambi tipi di nomi (cioè sia ai nomi di primo ordine che a quelli del secondo) - Sottoclassi con due criteri 1) Il primo criterio: il criterio della valenza CLASSI DI NOMI ESEMPI NZEROARGOMENTALI: temporale (eventi atmosferici o naturali) Ieri sera il temporale è durato due ore NMONOARGOMENTALI: nascita, tuffo La nascita di Lucia, ha rallegrato tutti; il tuffo di Luca, è stato spettacolare; NBIARGOMENTALI: telefonata, paura ho ascoltato la telefonata di Gianni alla madre; la paura di Paolo per i cani era evidente; NTRIARGOMENTALI: rinvio il rinvio del giocatore della palla nell’area avversaria è stato inaspettato - Osservazione 1: la valenza dei nomi non è mai obbligatoria da un punto di vista sintattico alla stessa maniera in cui lo sono gli argomenti del verbo. E in effetti il sintagma nominale risulta completo anche senza gli argomenti. (come per es. ‘abbiamo sentito il tuffo da lontano’, ‘la telefonata di Gianni è durata un’ora’ - Osservazione 2: è opportuno interpretare la valenza come un concetto primariamente semantico, cioè come l’insieme dei partecipanti all’evento denotato dal nome e presenti a livello di interpretazione semantica della frase in cui il nome compare. 46 - Osservazione 3: la valenza del nome non è mai espressa in modo diretto, ma attraverso sintagmi preposizionali, e conseguentemente porta ad ambiguità nell’interpretazione del ruolo che questi argomenti svolgono nella frase → la prominenza strutturale di un argomento rispetto all’altro 1) Nome passivo: un nome la cui semantica è intrinsecamente orientata verso il partecipante che subisce, a vario grado, la conseguente dell’azione. Come per es. abbattimento del palazzo da parte dell’amministrazione (agente: amministrazione, paziente: palazzo). L’ordine paziente-agente mette in evidenza il fatto che l’argomento agente è strutturalmente dipendente da quello paziente, e viceversa che l’argomento paziente nel caso di abbattimento è quello con maggior prominenza strutturale. In it. L’argomento agente può essere espresso, ma alle seguenti condizioni: i. Solo attraverso la locuzione preposizionale ‘da parte di’: ‘l’abbattimento del palazzo da parte dell’amministrazione’ ii. In seconda posizione rispetto al paziente, come mostra la non grammaticalità di ‘*l’abbattimento da parte dell’amministrazione del palazzo’ iii. Preferibilmente non come unico argomento, come mostra l’esempio ‘?l’abbattimento da parte dell’amministrazione è già avvenuto’, che è accettabile a patto che l’argomento paziente sia direttamente recuperabile nel contesto. 2) Il secondo criterio: aktionsart CLASSI DI NOMI DINAMICIT À DURAT A TELICITÀ ESEMPI 47 suffisso impiegato nella derivazione e il significato della parola che costituisce la base - L’uso nominali degli infiniti verbali: il fatto che gli infiniti verbali non sono completamente lessicalizzati è mostrato dalla presenza di alcune restrizioni → pur consentendo l’art. (‘amare il bere’) e in alcuni casi un agg. (‘il continuo bere’), non consentono di norma la pluralizzazione → ammettono espressioni avverbiali (‘il bere in fretta fa male’) → hanno, per così dire, una sintassi mista tra la sintassi del v. e la sintassi del n. - Costruzioni lessicali: messa a fuoco, modo di vedere, posta in gioco, presa di posizione, scatto a vuoto ecc.  La nominalizzazione che ha come base un v. è concepita come un gradiente, lungo il quale possono situarsi diversi tipi di n.: è possibili interpretare l’infinito nominale (con una sintassi mista) come il nome più vicino al v., e il nome d’azione (sintassi del tutto nominale) come il nome più vicino al nome.  Alla luce della distinzione tra le modalità di riferimento e predicazione, è possibile rintracciare la motivazione della nominalizzazione nell’esigenza del parlante di creare dei referenti nel suo discorso, a partire da elementi che normalmente si presentano con altri usi, ad es. predicativi.  Per quanto riguarda le nominalizzazioni che hanno come base un v., i nomi risultanti da questo processo sono spesso polisemici, e in particolare sviluppano degli schemi di polisemia costituiti da significati di carattere più verbale e significati di carattere più nominale Nome processo/nome risultato ‘la costruzione della casa durò sei mesi’ (=processo) ‘la nuova costruzione è alta 50 due piani’ (=risultato) - Test ‘che cosa è avvenuto/c’è stato/ci fu?’ Un test utile per evidenziare se un nome si riferisce a un ‘entità o a un evento: che cosa è avvenuto/c’è stato/ci fu? ‘è avvenuto/c’è stato/ci fu una festa, un colpo, un concerto, un arresto.’ (= nome eventivo) ‘*è avventuta/c’è stata/ci fu una macchina, una borsa, un gatto, un letto’ (=nome non eventivo) 5. Sistemi di classi di parole nelle lingue 1. Il criterio più forte per identificare i sistemi di classi delle lingue: da un punto di vista interlinguistico, il criterio che più si presta a costituire il termine di paragone per … è quello basato sulla sintassi. - Tutte le lingue hanno indubbiamente una minima organizzazione sintattica - A seconda delle teorie, questa organizzazione sintattica rispecchia principi di carattere innato o funzioni di carattere pragmatico come la funzione referenziale, la funzione predicativa e la funziona di modificazione. 2. La classificazione dei sistemi di classi lessicali delle lingue basata sul criterio sintattico proposta da K. Hengeveld, è basata sull’idea che in tutte le lingue, indipendentemente dalle loro caratteristiche morfologiche, sia possibile individuare la classe lessicale di una parola osservando due elementi: 1) La funzione che la parola svolge nell’unità sintattica in cui è collocata, cioè se è la testa di tale unità, o se è il modificatore. 2) La funzione dell’unità sintattica in cui la parola si trova, cioè se questa è un’unità predicativa (= un sintagma verbale) o un’unità referenziale (=un sintagma nominale) 51 → l’incrocio di questi due criteri consente di individuare 4 diverse posizioni sintattiche che corrispondono a:  V. = testa di una unità sintattica con funzione predicativa (sintagma predicativo o verbale)  N. = testa di una unità sintattica con funzione referenziale (sintagma referenziale o nominale)  Agg. = modificatore di una unità sintattica con funzione referenziale  Avv. = modificatore di una unità sintattica con funzione predicativa Testa Modificatore Sintagma predicativo v. avv. Sintagma referenziale n. agg. → sistemi differenziati: sono sistemi di lingue che possiedono le quattro posizioni sintattiche individuate sopra. La lingua in questione possiede quattro classi di elementi lessicali, per es. inglese. The littleAGG. girlN. dancedV. beautifullyAVV. → sistemi flessibili: sono tipici di lingue che non hanno quattro classi di elementi lessicali, cioè uno dedicato per ogni funzione, ma ne hanno di meno. Ciononostante, sono lingue che coprono tutte le 4 posizione della griglia, perché ciò che avviene è che uno di questi elementi svolgono più funzioni, ad es. sia la funzione di agg., che quella di avv. È il caso di neerlandese, dove la distinzione tra agg. e avv. è assente. Een mooi kind ‘un bel bambino’ Het kind danst mooi ‘il bambino balla in modo bello’ 52 - Rapporti in absentia: una relazione paradigmatica è tale se risponde alla funzione di ‘either-or’, o abbiamo un elemento o un altro. sono chiamati in absentia in quanto riguardano parole che sono in alternativa tra loro in una determinata posizione sintagmatica. l’insieme dei rapporti paradigmatici esistenti tra le parole di una data lingua costituisce la sua dimensione paradigmatica (o verticale) - Rapporti in praesentia: rapporti ‘both-end’, poiché le parole che hanno tra loro relazioni sintagmatiche compaiono una dopo l’altra in sequenza - Il parlante, quando compie un atto linguistico, seleziona elementi dal piano paradigmatico per combinarli sul piano sintagmatico. 2. Tipi di associazione semantica tra parole - Le relazioni verticali (gerarchiche o di inclusione): 1) L’iperonimia/iponimia 2) La meronimia/olonimia - Le relazioni orizzontali 1) La sinonimia: relazione di equivalenza 2) La quasi sinonimia: relazione di similitudine 3) L’antinomia/la complementarità ecc.: relazione di opposizione - Le altre possibili relazioni 1) Relazione di causa 2) Relazione di implicazione temporale 3) Relazione di ruolo 4) Relazione di modo 3. Relazioni gerarchiche di inclusione: iperonimia/iponimia, meronimia/olonimia 55 1) Iperonimia/iponimia - La relazione di iperonimia e iponimia lega due parole, delle quali una ha significato + specifico (iponimo) dell’altra (iperonimo), nel senso che il significato dell’iponimo è costituito da quello dell’iperonimo + qualche tratto aggiuntivo. Dal punto di vista del referente, nel caso specifico dei nomi, si può osservare che l’iponimo denota un referente che è incluso nel referente denotato dall’iperonimo: il referente dell’iperonimo è un sottotipo del referente dell’iperonimo. - Relazione verticale ← poiché l’iponimo è sottoordinato rispetto all’iperonimo ← essendo l’iponimo una sottoclasse dell’iperonimo - Relazione orientata e asimmetrica ← implicazione unilaterale (se è vero che una macchina è un veicolo, non è vero che un veicolo è necessariamente una macchina.) - Nel lessico ci sono più livelli di iperonimia/iponimia ← un iponimo può essere a sua volta un iperonimo di un altro elemento - Relaziona transitiva ← trasferimento di info semantiche attraverso più livelli (un’utilitaria è una macchina, ed è anche un veicolo) - Co-iponimi ← un iperonimo può avere più iponimi, la relazione tra i co- iponimi è orizzontale (macchina, aereo, autobus; camminare, correre, volare; fuoristrada, utilitaria;) - Test principali a) Test basato sul criterio di inclusione: ‘x è (un) y, ma y non è (un) x’. → vale sia per i nomi, che per i verbi 56 b) Test: ‘un n1 e altri tipi di n2’ → vale soltanto per i nomi c) Test: ‘v1 è un modo particolare di v’ - La relazione ipero/ipo riguarda: - parole semplici - composti - sintagmi più o meno sintagmatizzati (cibo/cibo per cani, succo/succo di frutta) - parole appartenenti a parti di discorso diverse (colpire/martellata, uscita/andare) - questa relazione è più applicabile nel caso dei nomi e anche dei verbi, mentre nel caso degli aggettivi il principio di strutturazione più forte sembra essere quello dell’opposizione. Ciononostante per alcuni aggettivi è possibile pensare a una struttura di iperonimia/iponimia, ad es. quello di colorato. 2) Meronimia/olonimia - La relazione di meronimia/olonimia lega due termini dei quali uno (il meronimo) indica la parte e l’altro (l’olonimo) indica il tutto. Soprattutto i termini che denotano oggetti fisici (ivi compresi i luoghi) sono suscettibili di entrare in una relazione meronimica. - Tipi di relazioni meronimiche 1) Relazione tra un intero e le sue parti costituenti: mano è olonimo di dito dito è meronimo(parte) di mano/piede 2) Relazione tra un oggetto e la sostanza di cui è fatto: muro è olonimo di cemento cemento è meronimo (sostanza) di muro 3) Relazione tra un insieme e i suoi membri: 57 s. assoluti: sempre scambiabili s. contestuali: scambiabili almeno in un contesto - Test principali: (mettono in luce una proprietà logica della sinonimia – quella di essere un’implicazione bilaterale) 1) test per n. e agg.: è x, quindi è y; è y, quindi è x. 2) Test per v.: qualcosa/qualcuno x, quindi qualcosa/qualcuno y; qualcosa/qualcuno y, quindi qualcosa/qualcuno x; 2) Quasi sinonimia - Definizione: sono coppie di termini che rispondono in modo incerto al sopra citato test della sinonimia. Per es. arnese/attrezzo, boccone/morso, pieno/colmo, mormorare/bisbigliare, chiaccherare/conversare - Sono chiamati anche coppie affini o analoghi. Dal punto di vista del significato, sono parole analoghe anche i co- iponimi di un termine generale. Per es. prefisso, suffisso, infisso, co-iponimi di affisso; volare, correre, camminare, co-iponimi di muoversi e così via. - Dimensioni semantiche che consentono di chiarire in che modo i quasi sinonimi divergono 1) Grado: uno dei due termini esprime lo stesso significato dell’altro, ma in modo più forte, indicato da ↑, o più debole da ↓ per es. pieno↑colmo, taglio↓contenimento 2) Modo: due v. quadi sinonimi denotano lo stesso tipo di evento, svolto però secondo modalità diverse Per es. sorridere, sghignazzare, sogghignare, ridacchiare; bisbigliare, mormorare, sussurare; - Varianti sinonimiche↓ 60 3) Connotazione: i due termini hanno denotazione identica, ma diversa connotazione Per es. gatto/micio, fare/commettere 4) Registro: i due termini hanno uguale denotazione, ma diverso registro Per es. sciocchezza/cazzata/fesserie, abbattersi/abbacchiarsi 5) Campo: i due termini hanno uguale denotazione, ma sono utilizzate in campi diversi Per es. ricetta/prescrizione; priorità/precedenza; 6) Area geografica: i due termini hanno uguale denotazione, a sono usati in aree geografiche diverse Per es. tabaccaio/tabacchino, spegnere/smorzare - Altri quasi sinonimi non direttamente classificabili: acrobata/saltimbanco, decotto/infuso/tisana; probabilistico/statistico; professione/attività/lavoro/occupazione; 5. Relazioni di opposizione: antonimia, complementarità, termini conversi 1) Antonimia - Definizione: gli antonimi sono coppie di parole che designano una proprietà o un evento, i quali hanno la caratteristica di essere, da un punto di vista concettuale, graduali e scalari. Per es. facile/difficile, largo/stretto, pulire/sporcare, alzare/ abbassare, profondità/superficie - Opposizione polare: I due antonimi si oppongono quindi l’uno rispetto all’altro in relazione a una scala di valori della quale costituiscono i due poli, cioè lessicalizzano i due poli della scala. 61 - Contrarietà invece di contraddittorietà: da un punto di vista logico, gli antonimi sono contrari, non contraddittori: la negazione di uno dei due termini non equivale al suo opposto: non facile non significa necessariamente difficile. ← questo è possibile perché esiste una regione lungo la scala delle proprietà che è neutrale. - Test: ‘non è né x né y’/’è meno/molto/più/moderatamente/leggermente/appena/u n po’ x, y’ 2) Complementarietà - Definizione: due termini sono complementari quando si oppongono rispetto a una distinzione binaria, quando cioè tagliano in due sezioni mutualmente esclusive il dominio concettuale che descrivono. Per es. promosso/bocciato, vero/falso, vivo/morto - Opposizione binaria: i termini complementari si escludono a vicenda e non vi è mai un termine intermedio - Relazione del tipo ‘e è non y’/‘non è né x né y’ I termini complementari rispondono negativamente al test perché l’opposizione che codificano è esclusiva, nel senso che l’affermazione di un termine esclude l’altro, e non si danno casi intermedi. Non è possibile negare contemporaneamente entrambi gli elementi. 3) Termini conversi - Sono termini il cui significato esprime una relazione necessaria tra almeno due elementi. Per es. comperare/vendere, padre/figlio - I conversi sono termini intrinsecamente relazionali; La relazione sottostante è asimmetrica, ovvero colta dal punto di vista di uno di questi due elementi; 62 ‘stavano bisbigliando a bassa voce ’ risulta ridondante, attesta la presenza di una relazione paradigmatica ‘ha scaraventato con forza la sedia contro il muro’ non risulta ridondante, attesta quindi la presenza di una relazione sintagmatica 7. Configurazioni lessicali - Per configurazione lessicale, si intende il profilo relazionale di una parola dal punto di vista del suo significato, ovvero l’insieme e il tipo di relazioni semantiche che attiva in ciascuna delle sue accezioni, ad es. sinonimia, opposizione, iperonimia, causa, ecc. - Esempi in it. 1) Pessimismo: non risulta avere sinonimi, e si caratterizza principalmente in base al suo opposto ottimismo, e a un gruppo di quasi sinonimi dal significato più accentuato catastrofismo, disfattismo, nichilismo 2) Pieno: ha un profilo analogo, non ha sinonimi, ma ha un antonimo vuoto e un paio di quasi sinonimi rafforzativi colpo, zeppo, ricolmo 3) Piovere: non ha sinonimi, ma soltanto iponimi diluviare, piovigginare e un opposto spiovere che ha una diversa Aktionsart, che è puntuale (mentre piovere è durativo) 4) Suddito: si caratterizza soltanto in base ai suoi conversi monarca, regnante, sovrano e si presenta quindi come un termine intrinsecamente relazionale 5) Abbonarsi: non ha sinonimi, né opposti, ma soltanto i termini affini associarsi, iscriversi 6) Nel caso di parole polisemiche come botte non ha opposti nel significato generale di ‘recipiente costituito da doghe di legno’, dove si caratterizza esclusivamente in relazione ai quasi sinonimi: barile, barilotto, bidone, tino, ecc. nel significato figurato di ‘persona grassa’ ha sia 65 molti sinonimi come balena, bombolo, ciccione, grassone, obeso, pancione, trippone, che molti opposti come acciuga, chiodo, spillo, stecchino, stuzzicadenti ecc.  CAP.6. Strutture sintagmatiche nel lessico 1. Relazione sintagmatica - Sintagma: si parla di sintagma per riferirsi a un particolare tipo di unione di elementi linguistici, cioè all’unione strutturata di più parole che funziona come la sua ‘testa’ sintattica, e che si situa a un livello intermedio tra la parola e la frase. - Relazione sintagmatica: quando le parole si combinano tra loro, istaurano delle relazioni sintagmatiche. E queste relazioni attivano vari tipi di processi. 2. Combinazione impossibile di parole e il perché 2.1. Restrizioni sulla selezione e solidarietà lessicale - Solidarietà lessicale: Coseriu [1971] chiama le coppie di parole come naso/aquilino, cane/abbiare, fiorire/pianta, abbattere/albero «solidarietà lessicali». È definita come un’implicazione sintagmatica di contenuto, tale per cui uno dei due termini (naso) funziona da tratto distintivo del secondo (aquilino). Coseriu osserva che la s.l. è una relazione orientata. Ad es. dal punto di vista del contenuto naso è incluso in aquilino, ma naso non include aquilino, perché del naso si può dire altro, oltre che è aquilino. - Nozione di selezione: N. Chomsky [1965] il quale utilizza la nozione di selezione, già messa a fuoco da Hjelmslev. Il principio di selezione è il principio attivo nel rapporto tra un predicato e i suoi argomenti. In base a questo principio, che opera su più livelli, il predicato seleziona i propri argomenti. Al 66 livello semantico, un predicato seleziona una gamma di argomenti possibili in virtù del suo significato, e ne esclude altri. Ad es. sentire, essendo un verbo che esprime una percezione, seleziona soggetto un essere animato, ed esclude gli altri esseri inanimati, che per definizione non percepiscono. Per questo motivo, Chomsky chiama questo tipo di restrizioni restrizioni sulla selezione (selectional restriction). - Tre tipi di restrizioni sulla combinazione delle parole 1) Restrizioni concettuali o ontologiche Queste restrizioni sulla combinazione delle parole derivano dalle proprietà intrinseche del referente della parola, delle quali siamo consapevoli a seguito della nostra esperienza del mondo. Una combo di parole che vìola questa restrizione esprime un conflitto concettuale, il quale non può essere risolto in nessun modo, perché è errato dal punto di vista ontologico (ovvero di come è fatto il mondo). 2) Restrizioni lessicali basate su una solidarietà semantica La natura di questo tipo di restrizioni è diversa da quelle concettuali ontologiche, perché è fondata su un conflitto lessicale invece di quello ontologico. Il conflitto lessicale ha a che fare con il modo in cui la lingua lessicalizza un concetto, in particolare con il modo in cui lo ‘segmenta’ attraverso le parole. Per es. in inglese vi è tall/high, per cui ‘the boy is high for his age’ risulta una combinazione scorretta. Per es. in it. ‘luca calzava una cravatta rossa’ vìola una solidarietà semantica tipica dell’italiano, quella che lega la parola calzare alla classe di oggetti composta principalmente da scarpe/guanti 67 1) È creata ex novo dal parlante nell’atto comunicativo. Si noti che questo singolo criterio esclude in blocco le espressioni idiomatiche, le frasi fatte, le locuzioni fissate dall’uso. 2) I suoni membri possono essere combinati con altre parole, quindi sostituiti mantenendo lo stesso significato (lavare/costruire/vendere la macchina) o, nel caso di termini polisemici, mantenendo uno dei significati tipici (‘lavare la macchina’ automobile; ‘azionare la macchina’ macchinario) 3) I referenti denotati dalle parole sono generalmente disponibili nel discorso, per questo motivo si può riferire ad essi anche tramite un pronome. Ad es. ‘ho cercato le chiavi e le ho trovate.’ 4) I membri sono autonomi dal punto di vista sintattico, e rispondono positivamente alle modifiche tipiche di un elemento libero. Ad es. ‘ho ordinato un libro’, ‘il libro che ho ordinato’, ‘il libro è stato ordinato’, ‘ho ordinato un nuovo libro’ 5) Il significato della combinazione è composizionale, può cioè essere calcolato a partire dal significato delle singole parole 3.2. Combinazioni ristrette Sono le combinazioni soggette alla restrizione legata alla presenza di un’implicazione sintagmatica di contenuto 1) Alcune restrizioni sono più circoscritte rispetto alle altre. Nelle combo verbo–nominali: Se la restr. è meno circoscritta, il v. ammette più classi di oggetti, come nel caso di comprare, che non ammette in genere oggetti astratti ma ammette svariate classi di oggetti fiisci. Se la restr. è più circoscritta, il v. ammette un’unica classe di oggetti, come per parcheggiare (veicoli: la macchina, la 70 bici, il motorino), indossare (capi di vestiario) o addirittura un singolo oggetto come per pastorizzare (latte, o raramente birra). Va osservato che il verbo che ammette meno classi di oggetti è più specifico e tende alla monosemia. Nelle combo nome–aggettivo: l’agg. può essere detto di più classi di oggetti o di un singolo oggetto 2) Il significato delle combinazioni ristrette è generalmente composizionale, può cioè essere calcolato a partire dal significato delle singole parole. 3) La sostituibilità dei membri della combinazione è ridotta a causa della presenza di una restrizione. Nel caso delle restrizioni molto circoscritte, la sostituzione del termine su cui opera la restrizione è impossibile, in quanto non sono disponibili altri oggetti che possono per es. essere sottoposti all’azione indicata dal verbo, o che possono avere la proprietà indicata dall’agg. 4) I membri della combinazione sono autonomi dal punto di vista sintattico, nel senso che consentono le modificazioni tipiche degli elementi liberi Ad es. parcheggiare la/una/molte/delle macchine, la macchina che ho parcheggiato, la macchina, l’ho parcheggiata sotto casa, parcheggiare la nuova macchina, la macchina è stata parcheggiata. 3.3. Collocazioni 1) Definizione: una collocazione è una combinazione di parole soggetta a una restrizione lessicale, per cui la scelta di una specifica parola (il collocato) per esprimere un determinato significato, è condizionata da una seconda parola (la base) alla quale questo significato è riferito. 71 Per es. in it. pioggia battente: per esprimere il concetto di intensità, pioggia – la base si abbina di preferenza a una agg. specifico battente – il collocato, anziché ad altri agg. che da punto di visa semantico sono ugualmente compatibili (come ad es. intenso, impetuoso) Un altro es. in it. stendere un documento, dobe per esprimere l’atto della creazione, documento (la base) si abbina di preferenza a un verbo specifico stendere (il collocato) anziché ad altri verbi ugualmente compatibili. 2) La distinzione tra solidarietà lessicale e collocazioni propriamente dette - Nel caso delle solidarietà semantiche c’è sempre una evidente implicazione di contenuto, che è preservata per il collocato anche quando è singolarmente preso ad es. se preso da solo indossare implica necessariamente indumento Nel caso delle collocazioni propriamente dette, l’implicazione sintagmatica di contenuto è presente nella combinazione ma non emerge quando i collocati sono presi da soli Ad es. se preso da solo stendere non implica necessariamente documento. → ciò è legato al fatto che i termini stendere, lanciare, battente, fisso ecc. (i collocati) sono polisemici, laddove indossare, aquilino, parcheggiare ecc. tendono invece alla monosemia e hanno un significato più specifico - Per quanto riguarda la restrizione: nel caso delle solidarietà semantiche, la restrizione è imposta dal verbo o aggettivo (indossare implica indumento, aquilino implica naso, parcheggiare implica macchina; ecc.) al nome e ha carattere di obbligatorietà; 72 - Il fatto che questa restrizione sia condizionata dall’uso, e come tale sia soggetta a variabilità interlinguistica: si confronti l’it. fare una fotografia con l’ingl. to take (*make) a picture - Il fatto che la base (il n.) determina il significato del collocato (il v.): si confronti fare (=emettere) un sospiro con fare (=esercitare) una pressione - Il fatto che il nome mantiene nella costruzione a v. supporto il significato che ha in altre combinazioni: si confronti ‘prendere una decisione’ con ‘annullare una decisione’ - Il fatto che i membri della costruzione sono generalmente autonomi dal punto di vista sintattico, come mostrano i seguenti test: ‘prendere una/la/molte/delle decisioni’, ‘la decisione che ha preso Luca’, ‘la decisione, l’ha presa Luca’ 2) Nelle costruzioni a verbo supporto, il verbo ha sempre un significato generico, come in it. fare, dare, prendere, mettere ecc. e il contributo semantico di questi v. alla costruzione è spesso limitato al tempo, al modo e all’Aktionsart che un v. non può non esprimere. → per questa caratteristica, le costruzioni a v. supporto possono essere definite come delle collocazioni in cui il significato della costruzione è espresso quasi interamente dal nome. Inoltre il nome è sempre un nome eventivo. 3) Nelle costruzioni a verbo supporto, il predicato è costituito dal nome, e il verbo funge da supporto per costruire la frase. → la struttura sottostante delle costruzioni a v. supporto: COPULAV PREDICATO NOMINALEN 4) Dal punto di vista sintattico, le costruzioni si dividono in due sottotipi: 75 - C. con membri sintatticamente autonomi: prendere una decisione, fare una telefonata → nome referenziale: una decisione, una telefonata - C. con membri non del tutto sintatticamente autonomi: prendere sonno, fare festa, ecc. → nome non referenziale 5) Lo statuto lessicologico delle costruzioni a verbo supporto rispetto alle regolari collocazioni è diverso. Le costruzioni a verbo supporto si presentano come dei tipici casi di predicati analitici, e quindi di costruzioni assimilabili alle parole complesse. Questa analogia è supportata dalla frequente presenza di un corrispondente verbo sintetico (fare una telefonata = telefonare; dare consigli = consigliare). Ciò non vale per il caso delle regolari collocazioni né delle combinazioni regolari del verbo. 3.5. Locuzioni / espressioni idiomatiche Come ad es. in it. allargare le braccia (=rassegnarsi), alzare il gomito (=bere troppo), tagliare la corda (=andarsene di nascosto), vuotare il sacco (= confessare), mosca bianca (=persona con qualità rare) Il significato delle locuzioni idiomatiche si costituisce in blocco a partire da procedimenti come ad es. quello di similitudine (vuotare il sacco → rendere evidente ciò che contiene → confessare). Invece il significato delle combo regolari o delle combo ristrette è costituito sintagmaticamente tramite da un calcolo tipicamente composizionale. Il risultato dell’applicazione di una similitudine è un significato traslato da un contesto originario e fissato su un’espressione linguistica che di conseguenza risulta bloccata, sia per quanto riguarda la sostituibilità dei membri, sia per quanto riguarda la possibilità di modificarli. In somma, questa espressione 76 linguistica composta di più parole finisce per comportarsi, dal punto di vista semantico e sintattico, come una parola sola: vuotare il sacco nell’uso idiomatico è un verbo monovalente, ovvero richiede il solo soggetto e significa ‘confessare’. 4. Ricadute sul lessico dei fenomeni combinatori 1) La nozione di distanza sintagmatica e vicinanza sintagmatica o coesione lessicale. 2) Qualcosa su lessicalizzazione: combinazione di parole → lessicalizzazione → parola complessa il processo di lessicalizzazione è spesso associato alla perdita, da parte della sequenza di parole, della proprietà di avere un significato calcolabile. Per es. in tirare fuori a. Ha tirato fuori i soldi. (= estrarre) b. Ha tirato fuori una bella scusa. (= dire, pronunciare → lessicalizzata) Il fatto che la sequenza tirare fuori in (b) sia lessicalizzata, e costituisca una parola complessa è mostrato dall’impossibilità di separarne i costituenti: *ha tirato una bella scusa fuori. Però bisogna riconoscere che il fenomeno della lessicalizzazione coinvolge ad un primo livello anche sequenze di parole il cui significato conserva la proprietà di essere, almeno in parte, calcolabile La lessicalizzazione va intesa come un fenomeno di rianalisi dei confini di parola, che può, ma non deve, avere come esito una parola complessa il cui significato non è composizionale. La presenza di un significato non composizionale può costituire una fase avanzata del processo di lessicalizzazione, o una modalità tramite il quale questo processo si manifesta, ma non una condizione necessaria perché la lessicalizzazione avvenga. Va inoltre notato che quando è raggiunta una fase avanzata di lessicalizzazione, gli elementi di una sequenza tendono a unirsi 77
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