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RIASSUNTO LETTERATURA INGLESE, Appunti di Letteratura Inglese

Riassunto integrato di appunti + slides + manuale

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 11/06/2023

marika-bucolo
marika-bucolo 🇮🇹

4.8

(19)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica RIASSUNTO LETTERATURA INGLESE e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! Riello alle origini della moda: corti e città fra Medioevo ed età moderna Di moda si può parlare già in età antica, però la moda come la intendiamo oggi ebbe origine in età medievale e si sviluppò nel corso del 500 e del 600. L’origine medievale della moda è doppia: - Da un lato si impone come parte della cultura delle corti europee→ moda che diventa un tratto distintivo delle élite sociali - Dall’altro è un fenomeno più esteso che interessa strati più estesi di popolazione urbana europea→ moda che diventa fonte di preoccupazione fra le gerarchie ecclesiastiche e politiche. La società medievale era fortemente gerarchizzata, con una divisione in classi sociali molto nette e forte stratificazione verticale del potere. Nella prima età medievale non si parla di moda, ma di abbigliamento che viene usato con lo scopo di distinguere gruppi di individui e classi sociali; la distinzione non c’era solo tra ricchi e poveri, ma anche fra persone di professione diversa. Spesso l’affiliazione politica o la protezione da parte di famiglie nobili si traducevano visivamente nell’uso di specifici colori, di simboli e abiti che venivano indossati come segni distintivi→ questo abbigliamento prende il nome di livrea. In questo contesto il vestiario aveva un costo molto elevato anche a causa della manifattura artigianale e del costo del materiale stesso. In molti casi la materia prima (in prevalenza lana e lino) veniva prodotta in casa. I tessuti, di solito venivano infeltriti e poi cardati per renderli più uniformi e infine tinti. Invece, la produzione di tessuti di più alta qualità avveniva in città, in botteghe di commercianti specializzati. La confezione degli abiti influiva molto di meno sul prezzo anche se risultava anch’essa costosa perché richiedeva molti aggiustamenti e molte prove da parte del cliente. Abiti maschili e femminili La moda va intesa come forma di cambiamento del vestiario nel tempo. L’inizio di questo cambiamento avviene nel corso del XIV secolo, quando la silhouette maschile comincia a differenziarsi da quella femminile. Un’analisi visiva di dipinti e affreschi del 300 e 400 mostra il cambiamento degli abiti maschili. I giovani cominciano a preferire abiti più corti, con pantaloni in maglia e una cintura in vita che formava una sorta di gonnellino; le donne invece continuarono ad indossare abiti lunghi che davano più importanza al busto e al seno. Le donne non si presentavano al pubblico senza copricapo con veli di lino semplici per le donne di rango più basso e materiali più sofisticati per le donne di ceto elevato. La trasformazione dell’abbigliamento è dovuta a innovazioni tecniche come il fatto che gli abiti vennero realizzati sempre di più attraverso processi di cucitura; si diffuse anche la tecnica a maglia e all’uncinetto e quindi per produrre un maglione o una calza non era più necessario produrre il materiale tessile, tagliarlo e cucirlo, ma si poteva adottare un procedimento che permetteva di creare il tessuto contemporaneamente il tessuto e il capo di abbigliamento. A partire dagli inizi del Trecento si assiste a una differenziazione sartoriale fra i due sessi. Cambiamento considerato dagli studiosi come uno dei fonemi chiave nella storia della moda per due ragioni: 1. La differenziazione di genere è rimasta una caratteristica distintiva della moda e della relazione fra is essi fino ad oggi. 2. La differenziazione dell’abito di genere fu un primo passo verso una visione dinamica del vestiario che iniziò a diversificarsi anche nel tempo. Questa differenziazione emerse anche grazie alla nascita di nuove contesti in cui mostrare e indossare la moda La città fa moda Fra l’anno Mille e la peste del 1348 la popolazione europea triplicò e le città aumentarono sia un numero che in grandezza. Si svilupparono nuove città grazie all’aumento della produttività agricola che permise ad un numero maggiore di persone di esercitare il commercio e di avviare varie attività artigianali. La città del tardo Medioevo diviene quindi un luogo di dinamismo sociale e di commerci sulla breve e lunga distanza. L’Italia era la zona europea con il maggiore tasso di urbanizzazione e città come Firenze, Roma e Napoli costituivano delle vere e proprie ‘megalopoli’. Le città nell’Europa medievale erano centri sia di produzione e commercio, ma soprattutto di consumo. La città era anche il luogo in cui sfoggiare nuovi abiti, soprattutto per le élites, che sempre più spesso sceglievano di risiedere all’interno delle mura urbane. Nel Medioevo la città diventa quindi il palcoscenico perfetto per la creazione e la rappresentazione di nuove mode. È anche il luogo in cui il principio della gerarchia medievale, in cui lo status sociale di un individuo era determinato dalla nascita, viene messo in discussione→ nelle città la condizione sociale è determinata dalla ricchezza piuttosto che danna nascita e quindi gli abiti eleganti costosi e alla moda potevano innalzare lo status sociale. La moda diviene così uno strumento di competizione sociale in una società ancora fortemente gerarchizzata. Le leggi suntuarie L’espansione del consumo urbano e il generale innalzamento della spesa per gli abiti erano fonte di preoccupazione per le autorità. In risposta questo vennero creati una serie di provvedimenti legislativi, denominati leggi suntuarie→ finalizzate a limitare la spesa di moda, lusso e intrattenimento. La legge suntuaria inglese del 1363 imponeva che «mariti e mogli, figlie e figli non possono indossare abiti del valore di più di due marchi per la stoffa…». Fra il Duecento e il Settecento questo tipo di interventismo statale era alquanto diffuso; questo può essere letto come tentativo di arginare un fenomeno di portata europea. Le leggi suntuarie erano particolarmente comuni: - in Italia nel 300 e 400; - in Inghilterra nel 500; - in Francia tra 500 e 600; Le leggi suntuarie regolavano non solo la spesa per l’abbigliamento, ma anche quella per cerimonie come matrimoni e funerali, stabilendo cosa potesse o non potesse essere scambiato fra gli sposi e addirittura quante candele fossero permesse ad un funerale. Ciò che è interessante è che non limitavano i consumi in generale, ma solo quelli ritenuti eccessivi. Al centro di queste legislazioni c’era l’attenzione e ciò che era superfluo e lo scopo era tenere a freno il lusso e mantenere lo status quo. Si può dire che le leggi suntuarie, che venivano costantemente emanate veniva anche probabilmente ignorate. I problemi delle leggi suntuarie erano: - scappatoie→ In alcuni casi le leggi stesse proponevano delle scappatoie, come quella fiorentina del 1415 che stabiliva che le donne che avessero voluto indossare abiti e gioielli proibiti potevano farlo per un anno intero pagando 50 fiorini. Appaiono così una sorta di «tassa sul lusso» per coloro che potevano permettersi sia gli abiti che il pagamento delle multe. - Rispetto→ per farle rispettare bisognava creare un sistema di polizia. Ad esempio, a Firenze nel 1330 gli “Ufficiali delle Donne” avevano il compito di multare le donne che non rispettavano le regole suntuarie. Donne e moda La preponderanza femminile nelle persecuzioni suntuarie nella Firenze del Seicento e l’esistenza di Ufficiali delle Donne richiamano l’attenzione sul fatto che la donna era considerata particolarmente soggetta all’influenza della moda. La donna del Medioevo non esprime una propria posizione ma è una vittima passiva di impulsi e desideri che non sa domare. Lo stesso principio si ritrova nelle leggi suntuarie→ la donna non prende mai parte all’elaborazione e alla stesura di queste leggi, sebbene sia l’oggetto delle regole che esse impongono. Quello che possono o non possono indossare è stabilito non dalla loro condizione sociale, ma da quella dei loro mariti. La donna diventa «feticcio», ovvero dimostrazione palese del potere e del benessere della famiglia e del marito. Teoria diversa da quella proposta dal sociologo Georg Simmel, che interpreta la moda come fattore di «compensazione» per la donna che, esclusa da un’attiva vita pubblica, crea la sua sfera di scelta ed espressione nella moda. immaginare che essi venivano utilizzati anche come pegno e quindi scambiati per denaro ed è anche per questo motivo che si davano gli abiti in affitto: sharing economy. Una figura legata a questo mestiere è Philip Henslowe, il quale utilizzava gli abiti che le persone impegnavano come vestiti di scena nel teatro di Shakespeare. Nel rinascimento si comincia a anche a parlare di differenziazione di genere perché fino a questo momento l’abito maschile e quello femminile erano molto simili. Cominciano a distinguersi le vesti anche in base al corpo. Tutto questo discorso ci porta a capire perché in questo periodo si può cominciare a parlare di moda: perché gli abiti cominciano a cambiare e a trasformarsi in base alle persone, al sesso, al lavoro ecc. Si crea una tensione: da una parte l’abito rappresenta l’identità, ma allo stesso tempo si percepisce come un qualcosa che cambia. Quindi, cosa accade se l’abito comincia a cambiare e a perdere la funzione di definire uno status? Si verifica una crisi sociale→ non c’è più ordine all’interno della società perché qualsiasi classe sociale indossa qualsiasi tipologia di abito e diventa difficile definire a colpo d’occhio lo status di appartenenza di un individuo. Questa visione dinamica dell’abbigliamento conduce ad un’esigenza di mantenere un ordine sociale di rappresentazione tra i diversi ranghi. Si vuole mantenere una società precostituita e per questo motivo vengono emanate delle leggi che limitano la libertà di indossare determinati abiti: le leggi suntuarie. Esse definiscono l’utilizzo di beni lussuosi in eccesso come un fatto moralmente disdicevole→ questo serviva per contrastare un fenomeno sempre più frequente, ovvero che anche le famiglie che non potevano permetterselo cominciavano a spendere grandi quantità di denaro per gli abiti. Di conseguenza, le leggi suntuarie servivano proprio a limitare questa spesa. In Inghilterra la prima legge suntuaria fu nel 1337 con Enrico VIII. Nel periodo Tudor abbiamo un rafforzamento di queste leggi perché c’è un grande interesse nei confronti della rappresentazione del corpo del Re. Questa necessità per Enrico VIII è dovuta ad un fattore politico→ egli decide di staccare l’Inghilterra dalla chiesa di Roma, formando la chiesta anglicana. Questo porta alla necessità di dover rafforzare la propria discendenza per rimanere al potere e lo fa attraverso l’abito→ usa la propria immagine come propaganda politica del regno. Inoltre, vuole creare l’immagine di un Inghilterra autonoma e necessitava di dare un ordine sociale ben definito, in modo tale che all’interno dello stato fosse ben riconoscibile la gerarchia anche solo sulla base dell’osservazione di cosa indossava un individuo. Più si aveva la sensazione che l’abito dovesse rappresentare l’individuo e dovesse cambiare, maggiore era la preoccupazione a fare ordine. Solitamente all’interno di queste leggi gli abiti più suntuosi e dettagliati venivano permessi esclusivamente alle classi sociali più elevate; ad esempio la pelliccia, la seta e il velluto erano destinati a pochi. C’è un forte legame tra regolare l’abito e strutturare lo stato. Le leggi suntuarie si riferivano solo alla limitazione dell’abito maschile anche perché le donne in questo periodo non avevano un’individualità e un’identità definita singolarmente, ma erano sotto la custodia del marito. Di conseguenza l’aspetto esteriore delle donne e l’abito non erano d’interesse per la regolamentazione suntuaria. I soli riferimenti alle donne nelle leggi suntuarie li abbiamo con Edoardo VI in cui si accenna al fatto che l’aspetto femminile, e ciò che indossavano, era strettamente legato alla volontà del marito (anche perché gli abiti e i gioielli erano di fatto proprietà dei mariti). Nel 1604 con James I le leggi suntuarie vengono abolite, ma ciò non voleva dire che le persone non avevano più la percezione che l’abito avesse la funzione di definir l’identità. Si va a rappresentare il proprio sé attraverso l’immagine e al materiale con il quale l’abito è stato realizzato. Geoffrey Chaucer 1340-1400 Nasce a Londra e rappresenta la borghesia che stava acquisendo molta importanza nel contesto economico e sociale nell’Inghilterra di quegli anni. Chaucer vive in un periodo in cui si stanno delineando delle nuove figure professioni, come i proprietari terrieri che possedevano una loro ricchezza personale. Tra le figure facenti parte del settore tessile troviamo anche i filatori della lana, i tessitori e via dicendo. Con il tempo si acquisisce una corrispondenza molto forte tra denaro e potere andando a delineare il denaro come un vero e proprio strumento di potere. Non di secondaria importanza è l’impatto che la sua attività letteraria e il suo successo ebbero sulla storia della lingua inglese: si deve a lui il fatto che il dialetto londinese è diventato ufficialmente la lingua della letteratura. In generale, in questo periodo, c’è un innalzamento del livello culturale in cui l’inglese diventa la lingua generale; nascono anche nuovi personaggi che hanno il potere e il dominio della cultura, che prima era detenuta dai monasteri. Nel momento in cui nascono le città ed il commercio la cultura inizia ad espandersi. La vita di Chaucer è molto interessante: per un periodo lavora per la corte di Edoardo III e viaggia molto in Europa entrando in contatto con la letteratura europea, soprattutto quella francese e italiana che influenzarono le sue produzioni. Per Chaucer la letteratura non costituiva la sua principale professione; infatti, solo negli ultimi anni della sua vita, in particolare dal 1380, iniziò a dedicarsi maggiormente alla letteratura. Canterbury Tales Il suo lavoro più importante è Canterbury Tales del 1387, un’opera incompiuta perché non riesce a scrivere tutto ciò che aveva programmato inizialmente. A noi sono arrivati una serie di frammenti di cui alcuni sono scritti in inglese antico e alcuni in inglese moderno. Lo stile di questo scritto è molto simile a quello del Decameron di Boccaccio, ovvero si tratta di una raccolta di novelle, molto satiriche ed ironiche che raccontano vicende differenti. Il pretesto del Canterbury Tales è quello di un gruppo di 28 pellegrini che devono raggiungere la città di Canterbury. Nella narrazione i personaggi si spostano da Londra, che rappresenta la civiltà, verso Canterbury, che rappresenta la città santa. Le due città vengono usate in modo metaforico: - Londra→ rappresenta l’aspetto materiale - Canterbury→ rappresenta l’aspetto sacro e spirituale perché viene considerata una città santa essendo il luogo dove avvenne il martirio di Thomas Becket. Quest’ultimo entrò in conflitto con Henry II per la costituzione “Constitution of Clarendon” sostenendo che la chiesa è soggetta alla corona. Nel 1170 Thomas Beckett fu ucciso a causa dei conflitti con Enrico II stesso divenendo Martire e santo. Nel racconto i pellegrini si trovano in una locanda londinese e l’oste decide di unirsi al pellegrinaggio; per passare il tempo organizzano una gara letteraria da cui solo uno ne sarebbe uscito vincitore: i partecipanti dovevano raccontare due novelle all'andata e due al ritorno, alla fine del viaggio avrebbero organizzato una cena premiando colui che aveva narrato il racconto migliore. In realtà la raccolta non venne mai completata e presumibilmente alcuni dei racconti che compaiono erano già stati scritti prima che Chaucer iniziasse a concepirne l’impianto. La storia viene narrata dal punto di vista del narratore che rappresenta l’alter ego dell’autore stesso; infatti, ha il carattere opposto a Chaucer presentandosi come una persona timida e poco dotata di abilità letteraria, il che gli consente si riferire parola per parola, nella maniera più fedele possibile, ciò che accadrà e quello che verrà detto durante il pellegrinaggio. Il narratore di unisce a sua volta al gruppo dei pellegrini e nel General Prologue li presenta al lettore uno per uno come gli sono apparsi durante la prima sera trascorsa insieme alla locanda, dichiarandone lo status sociale e descrivendone l’abbigliamento e l’atteggiamento. I personaggi di cui parla sono tutti appartenenti alla Middle Class e l’autore divide i pellegrini tra coloro che appartengono all’ordine civile (in cui il grando più alto è quello di cavaliere) e coloro che appartengono all’ordine religioso (il grado più alto è la priora). Chaucer si concentra sulla Middle Class perché è la classe sociale che si sta sviluppando in questo periodo storico; essa diventa una classe attiva che si sposta e vive la vita in modo molto più movimentato. In questo, Chaucer ci propone un’immagine composita e contraddittoria della società del suo tempo: stereotipata e tradizionale e allo stesso tempo dinamica e realistica. La descrizione dei personaggi non è noiosa e asettica, ma presenta una punta di ironia che serve a far divertire il lettore: - The Wife of Bath. Bath è una cittadina inglese che, come mestiere, realizzava abiti (condizione sociale: artigiana). Chaucer sottolinea il mestiere della donna tanto da sostenere che la donna supera per bravura due località olandesi famose per la manifattura degli abiti. Nel descrivere il suo carattere dà l’idea di una vita vivace e anticonformista che l’ha portata ad avere ben cinque mariti. Sostiene che “non c’era alcuna donna che poteva andare all’altare prima di lei” delineando un carattere molto forte, spavaldo e che si faceva rispettare. Un motivo di orgoglio per la donna è l’indipendenza che deriva dalla sua attività di tessitura e tinteggiatura che le consente di potersi permettere suntuosi vestiti. Chaucer si concentra molto sull’abbigliamento e su alcuni dettagli, come i tessuti dei fazzoletti realizzati con texture raffinate, delicate e preziose. Di domenica indossava i fazzoletti speciali, ancora più preziosi e pesanti in quanto realizzati con un maggiore quantitativo di stoffa (più materiale usato più l’oggetto era prezioso e più aumentava la ricchezza percepita dell’individuo). La descrizione poi passa alle calze della donna, di un colore rosso scarlatto e legate molto bene (questo indica la presenza di lacci → + elementi + ricchezza). Indossava scarpe nuove e ben rifinite. Anche il viso era importante e Chaucer lo descrive come “bold”, bello e florido ma anche sfacciato. Da come lo scrittore la descrive si deduce che per i tempi era molto ben vestita. - The Merchant. Era un mercante descritto con una barba forcuta, vestito con un abito molto colorato realizzato con diversi pezzi di stoffa (motley). Sulla testa indossava un cappello di pelliccia di castoro, indumento molto simbolico perché la pelliccia di castoro era destinata a pochi. Gli stivali vengono descritti riccamente ornati di fibbie. Da questa descrizione emerge l’idea di un mercante in grando di ragionare in relazione al denaro; infatti, l’uomo nel racconto esprime pareri quasi sempre relativi ai suoi profitti e guadagni. Era in grado di muoversi molto bene nel mondo delle monete, anche con quelle straniere, era un uomo benestante e che utilizzata l’intelletto. Nessuno però era a conoscenza del fatto che l’uomo aveva dei debiti. Questo dettaglio ci fa capire che l’uomo si metteva in mostra in un modo (con accessori e vesti) che lo facevano apparire come un uomo di alto rango, anche se in realtà aveva molti problemi economici. In questo personaggio notiamo come Chaucer si focalizza sull’incertezza che stava nascendo in relazione all’abito e a quanto l’uomo faccia affidamento all’abito in questo periodo. ➢ Discorso sul matrimonio del 1559: comincia ad acquisire questo ruolo di body politic e a considerarsi come se fosse sposata con l’Inghilterra. Unisce i valori femminili, così come concepiti, al concetto di corpo politico dicendo di essere sposata con l’Inghilterra→ comunione tra stato (corpo della regina) e corpo fisico della nazione. Lei stessa diventa simbolo di identificazione con il suo stato nazione. Dice “quando mi venne addossato l’onere pubblico del matrimonio…io sono già vincolata...” tentava a mettere a tacere tuti quelli che cercavano di farla sposare. ➢ Discorso alla delegazione parlamentare 1566: “da parte mia non mi preoccupo della morte, poiché tutti gli uomini sono mortali e sebbene io sia donna, pure ho altrettanto coraggio, necessario per la mia posizione, quanto ne ebbe mio padre. Io sono la vostra regina consacrata. Non verrò mai costretta a fare nulla con la violenza. Ringrazio Dio di essere dotata di qualità tali che, se venissi scacciata dal regno, in sottoveste, sarei in grado di vivere in qualunque luogo della cristianità”. In questo discorso cita la sottoveste perché fa un riferimento al concetto di abito del periodo rinascimentale→ era l’abito che dava il ruolo. Quindi ciò che Elisabetta sta dicendo è che la sua potenza non è data dall’abito, ma possiede una potenza e una grandezza anche senza il ruolo e l’abito del potere. In questo modo si sta paragonando a un uomo e sta sostenendo di avere le stesse virtù che avrebbe un uomo al suo posto. ➢ Discorso di Tilbury del 9 agosto 1588 Questo discorso venne pronunciato dalla regina alle truppe inglesi che si erano riunite a tilbury in attesa di scontrarsi con la Armada Spagnola. È uno dei discorsi più famosi e che compie a cavallo mentre indossa un corsetto di armatura su un abito bianco e impugna uno scettro d’argento. Dice “So di avere il corpo debole e delicato di una donna; ma ho il cuore e lo stomaco di un re, e per di più di un re d’Inghilterra…io stessa sarò il vostro generale, giudice e ricompensatore di ciascuno di voi per la vostra virtù nel campo di battaglia”; anche nel film viene costruita l’immagine di una donna attraverso la corazza e gli abiti che riprendono quelli originari. L’iconografia di Elisabetta I attraverso i quadri Ai documenti e discorsi che hanno lo scopo di sublimare la femminilità e acquisire valori maschili, attua un’altra strategia: la ritrattistica. Elisabetta in questo modo si presenta come simbolo della monarchia e del popolo inglese e utilizza il ritratto con lo scopo di legittimare la sua condizione politica. Viene rappresentata come un essere quasi immateriale, comincia a perdere (nei quadri) l’aspetto naturale per acquisire quello atratto. Passa da un body nautral a un body politic. Questo si rappresenta anche attraverso i colori, come l’oro e il vermiglio. Si parla anche di simboli di potere, ovvero oggetti che rappresentano un linguaggio e uno status sociale. I ritrattisti di questo periodo acquisiscono una grande importanza, perché attraverso l’abito e la sua immagine cercano di veicolare e legittimare il potere della regina. Alcuni dei ritratti più significativi sono: Ritratto di Elisabetta I da principessa del 1546 – artista sconosciuto Si ritiene essere il primo ritratto rimastoci di Elisabetta. Qui viene rappresentata nella sua età adolescenziale e come figlia del Re, con indosso abiti e gioielli appropriati per il suo rango. Come simboli di potere notiamo: - il pendente a croce→ segno dell’ortodossia religiosa, confermata anche dalla Bibbia sul leggio - le perle→ simbolo di purezza e verginità Coronation potrait Qui la Regina viene rappresentata nel giorno della sua incoronazione e, rispetto al ritratto precedente, il corpo della donna diventa quasi nullo e viene sovraccaricato dai simboli di potere e regalità: - corona→ sormontata dalla croce che simboleggia il potere religioso. - scettro → rappresenta il potere politico - globo→ metafora che indica il potere esercitato su un territorio. - pelliccia e abito→ il tessuto è dorato e ricamato con dei gigli. L’abito ha origini militari e veicolava un’immagine molto rigida e forte. La pelliccia di ermellino rappresenta la dignità del potere e il ruolo della regina. Questa imamgine è collocata su un fondo blu con la corona al centro, nel punto piu alto del triangolo come a rappresentare la gerarchia dello stato. Un’altra caratteristica importante è la presenza dei capelli sciolti che hanno lo scopo di simboleggiare la verginità della regina, visto che in quegli anni le donne sposate portavano per consuetudine i capelli legati. Farah Karim Cooper, in un articolo del 2006, scrive del linguaggio corporeo di questo quadro e lo definisce un codice che indica un qualcosa di specifico. Si focalizza sul viso della sovrana e soprattutto sul suo pallore→ il viso bianco indica l’eternità del body politic. È un viso intatto e perfetto che la fa apparire eternamente giovane perché deve rappresentare l’immortalità della dinastia e attraverso il trucco viene nobilitata la sua immagine. Farah insiste sul fatto che il biancore del volto deriva dall’idea Petrarchesca di donne rinascimentale. Per realizzare questo trucco si facevano misture di aceto e materiale di piombo; Infatti, Eisabetta ebbe dei problemi di pelle a causa dei trucchi che le corrodevano il viso. Era una sorta di circolo vizioso: più la truccavano, più le si rovinava la pelle e più la volevano truccare per coprire le macchie. Questo discorso di voler coprire le imperfezioni si lega ad un timore della falsità→ al tempo c’era il sospetto che coloro che si truccavano, in realtà stavano coprendo delle macchie scure del viso e quindi stavano ingannando la società. Si crea il paradosso di cui parla Farah, il “paradosso della bellezza”: da una parte c’è la spinta nell’avere il viso chiaro, dall’altro lato si diceva che erano tutte coperture. Da questo nascerà una nuova moda legata alla bellezza naturale e quindi solo coloro che sono naturali vengono considerate “fair” (fair vuol dire sia chiaro, che onesto e bello). Si parla di un modello e uno stereotipo che comincia a diventare l’opposto. Anche nel cinema vene ripresa la modalità in cui viene rappresentata in questi quadri. Quadro “Elisabeth and the Three Goodness” di Hans Eworth del 1569 Viene rappresentato l'arrivo di Elisabetta, incoronata e con in mano scettro e globo, che mette in fuga e sovrasta le dee Giunone, Atena e Venere perché combina nella sua figura tutte le qualità delle dee. È una rivisitazione del mito “il giudizio di Paride” che vede vincitrice Venere sulle sue rivali. Qui, Elisabetta tiene il premio per sé stessa (il globo) a simboleggiare il suo trionfo sulle dee. L’artista ha diviso il dipinto in due parti: - a sinistra il mondo reale e contemporaneo - a destra il mondo allegorico e mitologico La regina viene raffigurata sulla sinistra del quadro mentre emerge da un arco classico che presenta lo stemma della famiglia Tudor. Si pensa che l'edificio dipinto sullo sfondo sia la più antica rappresentazione del castello di Windsor. Questo quadro è l’unico in cui Elisabetta si presenta con i guanti→ pare che fosse molto orgogliosa delle sue mani e usava i guanti come segno di favore, togliendoli solo per consentire ad un cortigiano di baciare la mano reale. I guanti nel rinascimento denotavano lo status sociale perché erano uno oggetto prezioso, con un determinato costo e la moda del tempo consisteva anche nel portarseli dietro senza indossarli, solo per metterli in mostra e comunicare il proprio status sociale. Quadro “ Pelican potrait” di Nicholas Hilliard del 1575 in questi anni la regina viene raffigurata mentre indossa abiti e gioielli particolarmente elaborati e simbolici. Viene raffigurata con un colletto alto fatto di merletti. I colletti rappresentavano un grande simbolo potere perchè la loro realizzazione era molto complessa: venivano prima ricamati sulla tela, poi venivano ritagliati e cuciti a formare un collo. Anche qui ritroviamo l’elemento del bianco irreale che vuole veicolare l’immagine di un viso radioso e abbagliante che viene enfatizzato dal contrasto con delle labbra molto rosse (ideale di bellezza del tempo). Invece delle perle, il simbolo della verginità qui è rappresentato dalle ciliegie. Attraverso queste iconografie, aveva trasformato l’accusa di non essere né madre e né sposata in un suo punto di forza. Il nome del quadro “Pelican” è dovuto ad un gioiello a forma di pellicano che viene fatto indossare alla donna. si diceva che il pellicano si squarciava il petto per nutrire i piccoli con il proprio sangue e questo simbolo viene usato per rappresentare il sacrificio e il ruolo di madre di Elisabetta nei confronti della nazione→ simbolo dell’amore della sovrana per i propri sudditi. In questi quadri si sta definendo il bipolarismo tra bianco e nero in cui il bianco è la rappresentazione del buono e del bello sia esteriore che interiore; il nero non viene associato alla bellezza, ma a ciò che è oscuro, perché ha qualcosa da nascondere. Di conseguenza, in un discorso religioso il bianco viene associato al divino, mentre il nero a Satana. Questo bipolarismo (binarism) tra bianco e nero fa parte di tutta la simbologia di colori ai quali gli elisabettiani tenevano particolarmente. L’idea che percorre questo secolo è che attraverso gli abiti si poteva dare una rappresentazione del se. Al di fuori di questa situazione, gli eccessi erano considerati in maniera negativa perché erano ancora in vigore le leggi suntuarie e si associava la moda ad un qualcosa di economicamente dispendioso. Quindi la moda assume connotazione prettamente negativa. Philip Stubbes: accusava gli uomini di indossare gli stessi abiti decorati usati dalle donne e credeva che, in questo modo, non si riusciva più neanche a capire il genere. Sostiene che il tablet, il corsetto, era un abito “only to man”→ ingannava sul genere perché si diffuse anche tra le donne. Lezione 4 29/03/23 Shakespeare 1564-1616 È stato un drammaturgo e poeta, considerato il più importante scrittore inglese e il poeta più rappresentativo dell’Inghilterra. Nasce a Stratford Upon Avon e muore improvvisamente nel 1616. Vive sotto il regno di Elisabetta I, durante il quale ci fu una forte fioritura artistica e culturale. Era figlio di un guantaio, il che significava essere un artigiano benestante perchè doveva trattare pelli e tessuti di particolare valore. I guanti venivano usati da una classe sociale abbiente e indossati solo per essere mostrati come simbolo di benessere economico. Shakespeare frequenta una grammar school, ovvero un centro di educazione in cui si studiava latino e i classici della letteratura. Giunse a Londra nel 1952 e anche se tutta la sua vita è avvolta dal mistero, si hanno testimonianze del fatto che a Londra comincia a fare l’attore e a scrivere drammi. Alcuni pensano che abbia anche lavorato per un periodo in un ufficio di avvocati in cui scriveva e ricopiava testi→ Questo giustifica anche il fatto che nei drammi parlava molto di legge. Shakespeare ebbe quasi da subito un grandissimo successo in ambito teatrale, ma a causa di un’epidemia di peste si ritrova con i teatri chiusi, il che gli impediva di avere un introito per vivere. Quindi l’altra possibilità per coloro che sapevano scrivere era quella di essere accolti da un mecenate nella loro residenza in cambio di conversazioni e la stesura di testi. Durante questo periodo, tra 1590 e 1598, comincia a scrivere alcuni sonetti, molto in voga in questo periodo e sulla base del modello italiano di Petrarca. Nel sonetto di Petrarca ritroviamo i tratti esteriori della donna molto molto simili a quelli dell’ideale di bellezza proposti con Elisabetta→ immagine candida e chiara, associata alla brillantezza della pelle. Lo stesso modello lo troviamo tramandato anche nel sonetto inglese che presenta la struttura a 4 rime (abab cdcd efef gg) con una chiusura in 2 rime, un’introduzione e una conclusione. La cronologia delle opere Shakespeariane è ancora oggi incerta. Nel 1623 viene pubblicato il “First Folio”, la prima pubblicazione dei drammi shakespeariani redatto da John Heminges e Henry Condell, che comprende le 36 opere teatrale di S. elencate in base alla classificazione in tragedie, commedie e drammi storici. Questa pubblicazione viene chiamata “the true original copies” perché considerata il riferimento il più possibile vicino ai drammi veri e propri scritti da Shakespeare perché non esisteva il copyright → non si hanno testi fedeli perché il teatro era costituito da parole e i testi non venivano trascritti. Le sceneggiature scritte da Shakespeare erano approssimative perché servivano solo da linee guida per l’attore e S. non era interessato a metterle per iscritto. Shakespeare e il teatro Tra i fenomeni culturali elisabettiani c’è la diffusione del teatro in cui la relazione con la moda è molto stretta. Nel teatro Shakespeariano di oggi le produzioni attingono molto alla moda contemporanea diventando motivo vero e proprio del teatro; oppure attingono alla moda di altri periodi. Shakespeare è una grande risorsa per parlare della connessione tra moda e teatro e capire come nasce l’idea della rappresentazione del soggetto attraverso l’abito. Si nota che Shakespeare utilizza l’abito come metafora. Per leggere le opere teatrali di Shakespeare bisogna far riferimento anche alla scena per le quali vennero concepite. Bisogna inserire il discorso e le azioni degli attori in un determinato ambiente fisico e artistico, quello del teatro elisabettiano. Una delle caratteristiche più peculiari è che, nei suoi drammi, Shakespeare riusciva ad accontentare sia l’orecchio che l’occhio, ovvero riusciva a far vivere la poesia sulla scena, in modo tale da renderla parte dell'azione scenica e farla risultare visibile al pubblico. Possiamo quindi sostenere che nel teatro elisabettiano la poesia e l’azione scenica interagiscono e si compenetrano a vicenda. Scena abito a corpo nel teatro: Shakespeare poneva l’attore-personaggio (il soggetto della sceneggiatura) al centro della scena e i suoi movimenti, i gesti, la voce e il costume costituivano il motore dinamico di tutto lo spettacolo. Shakespeare creava dei personaggi in grado di dominare la scena e creare attorno a sé il mondo della fiction teatrale. L'attore shakespeariano è così importante perché nei drammi la sceneggiatura era molto povera e il compito degli attori era dar vita non solo alla storia ma anche l'ambiente geografico→le loro azioni verbali e fisiche dovevano costituire il tessuto del dramma. L'attore shakespeariano era un portatore di segni: ogni suo aspetto assumeva uno specifico significato informativo; ad esempio, era compito dell'attore, attraverso battute, gesti e costumi, raffigurare il luogo, il tempo e il contesto sociale e quindi far capire se la scena avveniva di notte o di giorno, sotto la pioggia o al sole… e soprattutto gli abiti di scena costituivano segni di riconoscimento per identificare la classe sociale del personaggio. Sulla scena shakespeariana l'abito e gli accessori avevano un ruolo molto importante nello sviluppo della storia. Si può parlare di abiti e materiali come una sorta di presenza meta-teatrale che dipendeva dal personaggio. Nel “gioco meta- teatrale” dei travestimenti corpo e abito si sostengono a vicenda. Questa simbiosi abito-copro era avvantaggiata dalla caratteristica struttura spoglia dello stage elisabettiano→ i corpi degli attori stabilivano la distanza simbolica tra scena e realtà. Le proprietà del teatro shakespeariano Sono tre le proprietà spaziali e culturali del teatro elisabettiano che permettono all'attore personaggio di emergere: 1. Apertura→ questa dipende dalla particolare forma del palcoscenico e dal rapporto che si instaura tra la scena e il pubblico. la scena è detta “aggettante” perché si proiettava in mezzo al pubblico. L'apertura del palcoscenico dipendeva anche dall’assenza di oggetti scenici che potevano ostacolare la vista del pubblico. Questa caratteristica ricopriva quasi esclusivamente l'attore dalla responsabilità di essere al centro dell'attenzione del pubblico e fonte di informazioni; inoltre permetteva alla sceneggiatura di svolgersi in modo dinamico, coinvolgendo il pubblico. 2. multidimensionalità → questa caratteristica riguardava la struttura del palco e la sua articolazione nello spazio. Il palco era molto ampio perché doveva essere funzionale alla rappresentazione e doveva consentire a tutti gli attori di stare contemporaneamente sul palco se necessario; inoltre, questa ampiezza permetteva di moltiplicare l'azione orizzontalmente, creando effetti di simultaneità e contrapposizione. 3. Fluidità→ questa caratteristica riguarda il rapporto fra scena e platea, in particolare fra attore e spettatore. Data la particolare struttura del palco aggettante, l'attore era in grado di stabilire rapporti diversi con il pubblico. L’essere fluido vuol dire anche che il teatro era un qualcosa che avveniva nel momento della rappresentazione e cambiava a seconda di dove venivano rappresentati e a seconda del tipo di pubblico che si trovavano di fronte. La struttura del teatro shakespeariano I teatri si trovavano in una zona lontana dalla città, al di là del Tamigi, perchè il teatro era il luogo dove le persone agivano in una condizione di libertà totale. Infatti, andare a teatro significava liberarsi dalle costrizioni della città. Il teatro shakespeariano è un tipo di teatro che nasce per una struttura architettonica particolare, ha una struttura circolare che richiama il teatro romano e greco; era parzialmente coperto da un tetto che lasciava scoperta la parte centrale, esponendo la scena all’aperto perché necessitavano della luce naturale; infatti, le rappresentazioni avvenivano alle 2 del pomeriggio. caratteristiche del teatro: - Struttura chiamata wooden O perché realizzata in legno. La struttura circolare dava importanza all’attore e di conseguenza anche l’abito aveva molta importanza. I vestiti degli attori non erano veri e propri costumi; Si usavano gli abiti stessi della borghesia con piccoli segni per identificarli, ad esempio al Re mettevano la corona. La scenografia era minima e non c’era la caratteristica del costume come la intendiamo oggi. Di conseguenza, il teatro diventa un luogo importantissimo per gli abiti perché necessitavano di raccoglierli per vestire gli attori e costando moltissimo nasce un mercato di seconda mano e di noleggio. Il teatro era anche luogo in cui il pubblico aveva la possibilità di vedere questi abiti, perchè non tutti li potevano vedere nella loro quotidianità. - Un altro elemento caratteristico era il thrust stage, ovvero il palco aggettante che porta lo spettatore e l’attore ad un contatto molto stretto. Mentre c’era la rappresentazione avveniva una sorta di dialogo perché le persone interagivano con l’attore, soprattutto quelli che si trovavano nella zona centrale, dove i posti costavano 1 scellino. - Un altro elemento è l’inner stage, una parte nascosta alle spalle del palco principale dove si svolgevano le scene in interni o dal quale emergevano personaggi particolari - L’upper stage era invece una sorta di balcone dove erano posizionati i musicisti o gli spettatori, ma veniva anche usato per rappresentare le scene che dovevano svolgersi su due livelli. Il Globe theatre Il Globe Theatre di Londra è stato costruito nel 1599. La struttura è in legno, chiamata anche "the wooden O", di forma ottagonale che presentava uno spazio aperto al centro, per far entrare la luce naturale. Il prezzo d'ingresso, durante l'età elisabettiana, era di 1 penny per i posti in piedi (al centro del teatro e a ridosso del palco) e di 2 penny per i posti a sedere nelle tre gallerie circolari. Una tettoia in caso di pioggia riparava i costosissimi costumi degli attori. Gli spettacoli iniziavano di giorno e duravano fino al pomeriggio tardi, in modo che gli spettatori potessero tornare a casa al sicuro prima che facesse buio, e a volte si faceva uso di pericolosissime torce. A causa di un incendio (dovuto ad una palla di cannone sparata durante uno spettacolo) il Globe e le sue scenografie furono distrutti e in seguito ricostruiti. Per quanto riguarda i costumi: è interessante notare come i stessi abiti dell'aristocrazia venivano adattati agli attori, il concetto di costume era diverso rispetto al nostro. Il Globe Theatre fu il teatro di Londra dove recitò la compagnia di William Shakespeare. Than in the breath that from my mistress reeks. I love to hear her speak, yet well I know That music hath a far more pleasing sound; I grant I never saw a goddess go; My mistress, when she walks, treads on the ground: And yet, by heaven, I think my love as rare As any she belied with false compare. Inoltre, dice che la donna ha un respiro pensate→ ovvero è una donna molto terrena, reale e non eterea. Nel terzo quartetto dice che ama parlare con lei sebbene sappia che la musica ha un suono molto più piacevole. Ci descrive una donna completamente diversa dai modelli della società del tempo: vediamo una riflessione sui caratteri che non rispondono ai canoni di bellezza. Sembra quasi che voglia evidenziare ciò che non è bello della donna. Nonostante tutto ciò pensa che il suo amore sia “rare” ovvero prezioso e unico. Ci racconta dell’unicità di questa persona che è naturale ed ha la sua personalità e lui la ama a prescindere dalla moda del tempo. Ritorna il discorso sugli stereotipi falsi, sull’abito inteso come una copertura superficiale che può ingannare chi la guarda (argomenti che tratta anche nella dodicesima notte). Questi sonetti sembrano riflettere sul problema che avevano in quel periodo, ovvero che l’aspetto esteriore aveva grandissima rilevanza e qualsiasi segno esteriore marcava l’identità e l’aspetto interiore delle persone. Ma era un qualcosa che poteva anche essere modificato e quindi essere ingannevole per chi guardava. Sta ribaltando i canoni estetici del periodo che erano molto molto forti in una società molto teatrale. Lezione 5 05/04/23 Dodicesima notte 1602 – Middle Temple Hall Si tratta di una commedia in 5 atti, scritta in prosimetro (tipo di commedia dove prosa e versi vengono alternati) da Shakespeare tra il 1599 e il 1601. È una commedia con un ritmo frenetico e corale, fondata sugli equivoci, sugli scambi di identità e di genere. Collocata alla fine del regno di Elisabetta I, segna il culmine della stagione delle commedie d’amore di Shakespeare e precede quella delle grandi tragedie. Il titolo allude alla festa della dodicesima notte (corrispondente all'Epifania) chiamata in questo modo per il numero dei giorni che trascorrono dal Natale fino alla festività. Venne messo in scena il 2 febbraio 1602 nel Middle Temple Hall, ovvero una scuola e un centro culturale in cui studiavano gli avvocati, perché il lavoro di avvocato era strettamente connesso al teatro→ per poter imparare a difendere una causa, e imparare la retorica e il linguaggio, gli studenti venivano allenati attraverso dei “mock trial”, ovvero finti processi. I riferimenti alla legge li troviamo anche nella Dodicesima notte con questioni legali e argomenti trattati nei tribunali. Manningham è un avvocato che lascia una nota nel suo diario riguardo alla Dodicesima notte, sostenendo che era simile alla “la commedia degli errori” che aveva già visto, e all’italiana “commedia degli inganni” presa molto a modello da Shakespeare. Fa un piccolo riassunto del dramma e dice che la cosa che lo ha interessato di più è stata l’inganno al maggiordomo. Trama: Ambientata nell'antica regione balcanica dell'Illiria, racconta una storia di amori e inganni. I due gemelli Viola e Sebastian naufragano sulle coste dell’Illiria e ciascuno crede che l’altro sia morto. Viola dopo la perdita del fratello decide di travestirsi da uomo per entrare al servizio del Duca Orsino e la dama Olivia, sotto falso nome di Cesario. Il Duca Orsino, che è innamorato di Olivia, manda Cesario come messaggero d’amore alla dama che nel frattempo è in lutto per il fratello. Olivia, credendola un uomo, si innamora di viola-Cesario. In tutto ciò Viola si innamora del duca Orsino, ma non può fare nulla perché ha le sembianze di un ragazzo. A complicare tutte la situazione, Sebastian approda sulle coste dell’Illiria e, come la sorella, si presenta alla corte del Duca sotto mentite spoglie insieme ad Antonio, l’uomo che gli ha salvato la vita. Orsino accoglie Sebastian, ma fa arrestare Antonio, in quanto suo acerrimo nemico. A causa della sua somiglianza con la sorella, Sebastian si ritrova coinvolto nel triangolo amoroso della vicenda principale. Sottotrama: vede protagonisti i personaggi che popolano la corte di Olivia: il giullare Feste, il maggiordomo Malvolio, la cameriera Maria, lo zio Sir Toby, il servo Fabian e Sir Andrew Aguecheek. Il maggiordomo Malvolio diventa la vittima di uno scherzo da parte degli altri cinque che, falsificando una lettera, gli fanno credere di essere oggetto di attenzioni da parte della padrona Olivia. Malvolio è un personaggio molto presuntuoso che è attratto da tutti gli eccessi; sogna un passaggio ai ranghi superiori della società e sogna ad occhi immaginandosi con indosso una vestaglia damascata, seduto sul suo seggio. La lettera che viene scritta per prenderlo in giro è fatta molto bene, tanto che lui crede di aver riconosciuto la scrittura di Olivia, ma in realtà era stata contraffatta da Maria (contraffazione→ riferimento legale). Sulle lettera c’è scritto: “Se questa cadrà in mano tua, rifletti. Nella mia costellazione io sono sopra di te, ma non aver paura della grandezza. alcuni nascono grandi, altri conseguono la grandezza, e altri ancora la ricevono… getta la tua umile scorza e fatti nuovo … ricorda chi ha lodato le tue calze gialle e se è augurata di vederti sempre con le giarrettiere a croce” Malvolio indossa la livrea in questo momento e vediamo come il cambiare abito era indicativo della classe sociale di appartenenza; infatti, nella lettera lo intimano a cambiare abito e “Olivia” gli chiede di indossare determinati capi: - Calze gialle → considerati non di moda in quel periodo, ma un eccesso. Deplorevole e non eleganti per le leggi suntuarie. - Giarrettiera a croce → nastri che si inserivano intorno alle calze, anch’esse simbolo di eccesso. Nel momento in cui Malvolio si presenta a Olivia indossa ciò che le ha chiesto e si composta come gli è stato indicato. Olivia resta scioccata. Toby, Maria e Fabian lo fanno credere pazzo, perché ha cambiato la sua identità togliendosi la livrea. Per continuare lo scherzo, organizzano una messa in scena: Maria chiede a Feste, il giullare, di travestirsi da prete; prendono Malvolio e lo chiudono in una stanza buia e Feste fa finta di essere un uomo del curato che sta lì per aiutarlo. Un elemento interessante è che Maria chiede a Feste di cambiare abito anche se Malvolio non lo poteva vedere perché chiuso in una stanza. Infatti, il cambio c’abito è per il pubblico e gli viene fatta indossare una toga lunga, una sorta di presa in giro sia per i preti che per gli avvocati che stavano assistendo allo spettacolo. Il tutto però si risolve nel migliore dei modi: Sebastian e Olivia si innamoreranno e sposeranno, il duca Orsino si rederà conto che Viola è la ragazza che fa per lui. Al lieto fine delle due coppie fa da contrasto l’ira di Malvolio, che, avendo compreso di essere stato raggirato, giura vendetta. Alcune scene in cui rientra il discorso dell’abito: Take the fool away Act 1.5 Dialogo tra Feste e Olivia in un momento in cui la dona è in lutto formalmente, perché sono morti il padre e il fratello. Si presenta in scena vestita tutta di nero ma il Fool (chiamato Feste nel dramma) sa bene che era solo una copertura formale. L’altra regola imposta da Olivia è che non parlerà con nessuno e infatti indossa un velo davanti che le copre il viso. Cucullus non facit monachum Act 1.5 In tutta la commedia viene trattato il tema dell’inganno dell’identità, inganno di cui tutti sono vittime. Feste è l’unico ad essere consapevole dell’ambiguità che si riflette ad Illiria. Egli è un clown e quindi vive di teatro e di recitazione, sa che il mondo è un palcoscenico e che la finzione si può confondere con la realtà. Shakespeare gli fa fare un gioco di parole che riprendono l’ambito sartoriale, come quando parla del “rattoppatore” e di come rattoppare la virtù con delle toppe voglia dire solo sistemarla e non farla nuova. Feste critica Olivia, definendola una finta virtuosa e sostenendosi più coerente di lei perché lui è ciò che appare con il suo abito, mentre Olivia rappresenta una virtù finta ed indossa un abito (del lutto) che non dovrebbe appartenergli→ tutto ciò perché Olivia finge di piangere il fratello. Il discorso è una sorta di gioco sulla rappresentazione e sull’abito. What kind o’man is he? Quando viola arriva alla corte, Olivia dice “che specie di uomo è” e Malvolio risponde “una specie umana”. Queste battute in teatro sono molto umoristiche e nel momento della messa in scena si crea una situazione molto ambigua: quest’uomo che in realtà è una donna (Cesario-viola), nella realtà vera è un boy act (attore uomo) e quindi per lo spettatore risultava un gioco umoristico→ un attore uomo che interpreta una donna travestita da uomo. Analisi: le tre parole chiave sono Genere – Costume – Identità Durante tutto il racconto c’è un elemento di simulazione, funzione ed equivoco che rende confuso ciò che è reale. Il tutto porta ad un discorso in cui il genere è connesso con l’identità, che a sua volta è legata al costume e agli stereotipi di comportamento e posizione sociale - Il genere Nell’opera di Shakespeare il genere, il costume e l’identità vengono investigati profondamente. Come possiamo dedurre da alcuni dialoghi di questa commedia, nel periodo elisabettiano gli stereotipi riguardo al genere erano assai numerosi. Le donne sono descritte come creature fragili e sensibili e il concetto di bellezza è legato alla verginità e alla giovinezza. Shakespeare, tuttavia, pone profondamente in discussione questa categorizzazione maschio/femmina e l’identità in generale, utilizzando una sottile ironia e una sorta di metateatro: Viola/Cesario→ ci fa percepire nella personalità di Viola una sorta di forza e mascolinità. Il suo personaggio sfiora la figura dell’androgino, dirigendosi verso l’immaginario e staccandosi dal reale. Va ricordato che all’epoca gli attori erano solo uomini, dunque un ragazzo interpretava una donna che si travestiva da uomo creando una certa ambiguità sessuale, anche a causa del costume molto aderente del personaggio che metteva estremamente in risalto l’anatomia. - Il costume Un altro elemento determinante nella commedia è quello del costume. Va tenuto conto che in epoca Elisabettiana la moda rivestiva un importantissimo ruolo sociale. In quest’opera, l’autore descrive molto precisamente gli abiti e i loro materiali, spesso investiti di significato ed espressione sociale. Lo stretto codice d’abbigliamento dell’Inghilterra Elisabettiana e la relativa cura ed attenzione per l’esteriorità, crea nei personaggi maschili di Shakespeare dei toni spesso molto “femminili” (particolarmente in Malvolio e Sir Aguecheek). Nell’opera troviamo anche molti riferimenti a materiali pregiati e lussuosi (seta, velluto, taffetà, damasco…) connessi a desideri proibiti. Ma il costume in La Dodicesima Notte nasconde più di quanto non riveli: come Olivia sceglie di nascondere il proprio volto dietro ad un velo (e dunque di nascondere il proprio dolore), Viola decide di mascherare completamente la propria identità e il proprio genere usando gli abiti di Sebastian. Shakespeare decide di far pronunciare proprio al pazzo, il buffone della storia, una delle frasi più esplicative del proprio pensiero riguardo al genere e all’identità: “cucullus non facit monachum”. - Sviluppo delle città→ passaggio dal lavoro rurale al lavoro industriale e, di conseguenza, un passaggio dalle campagne alle città. Inoltre, si stava diffondendo la “recinsione di terre da parte dei proprietari terrieri” e, dato che non era più possibile entrare a lavorare in questi terreni, occorreva cercare lavoro altrove e per questo si spostano verso le città, dove trovano lavoro presso le industrie tessili. I cottage che i contadini avevano abbandonato diventano luoghi in cui trascorrere le vacanze, nasce così il turismo di campagna e si ha una trasformazione del paesaggio rurale - Restrizioni della libertà di stampa, associazione e altri diritti civili La moda del 700 Nel 700 la moda diventa “moderna” perché diventa sia fenomeno di massa che passatempo. Questo comporta anche un cambiamento nell’aspetto delle città→ infatti, non si parla più di venditori ambulanti, ma di luoghi fisici con spazi definiti e vetrine. La funzione della vetrina è duplice: da un lato delimita lo spazio di vendita creando una divisione tra esterno ed interno; dall’altro è una strategia che invoglia il passante a guardare ed entrare. È un cambiamento lento, tanto che ancora alla fine del secolo la maggior parte dei consumatori si recava in un negozio solo occasionalmente, e le forme di distribuzione tradizionali continuavano ad essere importanti. A Parigi, in questi negozi nascono le merchands de modes, commercianti che si mettono al servizio delle donne per rendere gli abiti alla moda. Nel 700 si cominciano anche ad adottare le strategie pubblicitarie perché, se prima i venditori ambulanti si recavano di casa in casa per vendere, ora sono i consumatori a dover entrare spontaneamente nei negozi. Una delle forme pubblicitarie più comuni erano i “biglietti di commercio”, ovvero piccoli manifesti in cui venivano presentate le merci vendute da un negozio oppure veniva illustrato l’esterno o l’interno del negozio. Spesso contenevano illustrazioni che costituivano una vera e propria pubblicità. Un’altra forma di pubblicità molto comune era quella sui giornali, molto utile per raggiungere un vasto pubblico. Nel 700 l’acquisto di abiti a basso prezzo divenne più comune anche grazie all’introduzione di due principali innovazioni: l’abito pronto e la standardizzazione delle taglie (innovazioni che derivano dall’ambito militare). Inoltre, in questo periodo si comincia a parlare di marca anche se non ancora intesa come un valore comunicativo, bensì come uno strumento che permetteva di distinguere i produttori migliori dalla massa di artigiani. Si sviluppano 2 teorie sulla moda: 1. McKendrik – “Moda motore del consumo” → L’imitazione è il meccanismo tramite il quale si crea nuova moda. Quando una moda viene usata da tutti, è proprio quello il momento in cui si deve cambiare. Quando diventa di tutti, si crea un’altra moda, ancora più esclusiva. 2. Lorna Weatherill → gli oggetti che si posseggono sono anche ereditari; perciò, la moda viene vista come identità familiare, sociale e religiosa. Stile Regency Possiamo parlar di Regency Style a partire dal 1775 fino al 1830 e come caratteristica principale ha quella di ispirarsi allo stile impero francese e allo stile greco-romano. Ciò vuol dire che si va verso una semplificazione dell’abito rispetto a quelli dei secoli precedenti. Gli abiti erano più stretti sul busto, appena sotto il seno, e cadevano in modo morbido sulla lunghezza. Spesso erano realizzati in mussola bianca, quasi trasparente, che veniva facilmente drappeggiata seguendo lo stile degli indumenti delle statue greche e romane. La portavoce di questo stile fu l’imperatrice Giuseppina di Beauharnais, moglie di Napoleone, che diffuse questo stile in tutta Europa. Anche nell’abbigliamento maschile vediamo un distacco con il periodo precedente, anche se subisce un’evoluzione minore rispetto a quello femminile. A cambiare la moda maschile è l’influenza di personaggi di spicco nella società, come il nobile Lord Brummel. Egli diede vita al fenomeno del dandismo, che consiste in una particolare ricercatezza nell’abbigliamento da uomo, soprattutto nella scelta degli accessori e nell’atteggiamento→ parliamo di uno stile che diventa anche uno stile di vita. Brummel adottò l’utilizzo del colore blu (che si differenzia dai colori sgargianti del periodo precedente) e lanciò definitivamente l’uso dei pantaloni lungo e delle giacche da frac. Quindi, tra l’abbigliamento maschile troviamo: - Knee breeches - Coat - Frock coat - Pantaloons - Trousers Il romanzo del 700 e la narrativa delle rivoluzioni tra 1780 e 1830 Si segna il 700 come punto di partenza del romanzo moderno, ciò è dovuto soprattutto allo sviluppo della stampa e dell’editoria. Possiamo distinguere due tipi di romanzo: - Romance→ vede personaggi idealizzati o allegorici che affrontano avventure fantastiche. Sono destinati a lettori e lettrici acculturati e socialmente di buono status. - Novel→ vede una storia che cerca di essere credibile e plausibile e infatti, solitamente, viene preceduta da un’introduzione dove lo scrittore sostiene di aver trovato questo manoscritto e ne garantisce la veridicità. Con questo escamotage l’autore previene le censure di stampa e invita il lettore ad identificarsi nelle situazioni proposte. Il pubblico di lettori aumenta di cinque volte tra il 1780 e il 1830 includendo classi sociali anche più povere. Ciò avviene grazie ad alcuni fattori: - Alle circulating libraries che consentivano di abbonarsi a chi non poteva permettersi di comprare i libri. - all’alfabetizzazione della classe dei mercanti (ascesa borghese), grazie alle charity school, che garantisce l’aumento dei lettori. - grande pubblico di lettrici donne che, trovandosi meno lavoro in casa grazie alla rivoluzione industriale, avevano molto più tempo libero. Molti di questi romanzi aveva o l’obiettivo di spiegare alle giovani donne, come si dovevano comportare. Abbiamo quindi i paper far of ideas, ovvero quei romanzi che dovevano indottrinare il lettore. Nel 1695 con il Licensing Act ci fu l’eliminazione della censura che determinò il vero inizio della libertà di stampa. Jane Austen 1775 - 1817 Durante questi anni, il clima culturale è particolarmente vivace e tutte le arti entrano in un momento di grande vitalità (letteratura, pittura, musica…). È inoltre un periodo di grande agitazione politica e Jane Austen ci mostra una prospettiva molto ampia e rappresentativa della turbolenza della borghesia inglese durante il periodo della Reggenza. Vita: Il padre è un ecclesiastico di campagna (pseudo gentry – classe collegata alla media proprietà terriera) senza possedimenti terrieri ma molto colto e di buona famiglia. Jane crebbe in un ambiente vivace e culturalmente stimolante, il padre si occupò personalmente della sua istruzione, mentre i fratelli vennero mandati a studiare ad Oxford. Jane Austen trascorre i primi anni a Bath, una cittadina alla moda dove si potevano fare acquisti, poiché buon centro di commercio. Il passatempo preferito, all’interno di questa città, era fare shopping, poiché nel mentre si aveva l’occasione di conoscere nuove persone e di trovarsi un marito. Questo è il periodo del marriage market: avere un marito che facesse parte di un buon partito, per assicurarsi una buona posizione sociale. Jane Austen non possedeva una rendita e, in effetti, si troverà sempre nella condizione di dover dipendere da qualcun altro, dover vivere sempre sotto il tetto altrui. Non è né sposata, né è ancora sotto il potere del padre; quindi, rappresenta e vive una condizione particolare rispetto a quel periodo. Nel 1783, insieme alla sorella Cassandra, va ad Oxford e poi a Southampton per approfondire la sua istruzione. Nel 1793 scrisse i suoi Juvenilia, tre raccolte con toni umoristici di racconti, bozze di romanzi e parodie scritti solo per divertire la stretta cerchia di parenti; infatti, tutti i brani sono dedicati ad amici e parenti. Tra il 1775 e il 1799 iniziò a scrivere i suoi lavori più famosi: Orgoglio e Pregiudizio e Ragione e Sentimento. Temi: anche se vive durante le guerre napoleoniche, non tratta mai direttamente temi di guerra anche se fanno da sfondo agli eventi che descrive. Si focalizza sulle storie d’amore e sulla vita quotidiana parlandone con ironia. I suoi personaggi sono donne di cui descrive sia pregi che difetti attraverso battute sarcastiche. Il novel of Manners di Jane Austen Jane Austen si colloca nell’ambito della Novel: ovvero una novella, un romanzo. In particolare, “Novel of Manners” indica un romanzo di costume e di abitudini sociali, facendo riferimento ai modi di vestire, alle decisioni prese e alla quotidianità. I romani di Jane Austen si basano sulla sua concezione che esiste una relazione molto stretta tra carattere, comportamento e classe sociale di appartenenza. Solitamente parlano di classi sociali in cui le donne sono agiate e sono libere di sviluppare codici e convenzioni di comportamento più o meno elaborate. Le Novel of Manners trattano quindi di rapporti personali, distinzioni di classe e il loro effetto sul comportamento. Il Novel diventa il canone di quel periodo, mentre, al contrario, il Romance diviene l’anticanone per il suo carattere di anti-individualismo. Inoltre, altre caratteristiche sono: - linguaggio realistico indiretto - uso dell’ironia e senso critico - narratore onnisciente, ma inaffidabile. Il Novel of Manner di Jane Austen fa riferimento all’elegance of mind, ovvero la capacità di essere bilanciati. I manners sono la sostanza stessa del, attraverso il quale si esprime quella che è l’interazione tra l’individuo e la società novel: rappresentano il medium, il linguaggio. Jane Austen e la moda Jane Austen era un’abilissima ricamatrice, interessata quindi alla moda. Lo possiamo vedere nelle lettere che scrive alla sorella Cassandra, dove si nota come fosse interessata agli acquisti e alla moda; mentre nei romanzi il tema moda non è molto presente, poiché nei romanzi, l’essere eccessivi negli acquisiti e farsi trascinare nella moda, non era una cosa appropriata per una donna di quel mondo e di quel tempo. Anche parlare eccessivamente di moda non era ben visto e per questo ne parla di più nelle lettere, che sono più intime. Le lettere alla sorella Cassandra sono importanti per capire il valore che viene attributo agli oggetti: hanno un valore sociale anche legato al luogo in cui sono acquistati. Gli oggetti collegano l’identità all’individuo, ma anche al il gruppo sociale a cui appartiene. Nelle lettere si nota l’interesse della moda, cosa criticata da Edward Coppelland: egli nota che Jane sembra quasi che si contraddica. Quando scrive lei è attenta agli aspetti moda, sembra quasi che stigmatizzi questo atteggiamento di “moda” nei libri. È come se facesse parte di un doppio binario. Northanger Abbey – interiorità e aspetto esteriore: Romanzo terminato nel 1803, ma pubblicato solo nel 1818 dopo la sua morte. Il romanzo è composto da due volumi di 15 capitoli ciascuno, più un capitolo finale presente in quasi tuti i romanzi della scrittrice. La trama è piuttosto semplice e anche i personaggi sono ordinari: non ci sono grandi passioni, né personalità complesse. La storia racconta di Catherine Morland, che viene descritta ironicamente come un anti-eroina, di 17 anni, ingenua e un po’ ignorante. La ragazza viene invitata dai vicini di casa a fare una vacanza nella cittadina di Bath dove ha i primi approcci con la società fatta di apparenze e sentimentalismo. Il viaggio porterà la ragazza a fantasticare di vivere una situazione simile a quella die romanzi che legge, fino ad immaginare un delitto mai compiuto. Questo romanzo è una sorta di parodia del romanzo sentimentale perché la protagonista viene elevata a ruolo di “eroina”, ma è un personaggio ingenuo e semplice. Questo romanzo è anche una critica ai crimini della società borghese, soprattutto nei confronti delle donne che venivano trattate e valutate come schiave. Moda femminile: Nella Victorian Age c’è un’attenzione particolare rivolta all’arte e all’aspetto visivo. Le donne cominciano ad indossare un abbigliamento completamente diverso rispetto alla moda Regency dallo stile greco-romano che prevedeva tessuti morbidi. In questo periodo invece vengono impiegati tessuti molto rigidi, con grande complessità strutturale dell’abito. La moda del 1840 era caratterizzata da: - spalle basse e spioventi (inclinate) - vita bassa e appuntita - gonna a campana, che diventa sempre più voluminosa del corso del decennio - mantelli con colletti larghi - capelli spesso acconciati con la riga centrale e boccoli i lati della testa. - Cappelli (berretti di lino con balze di pizzo o grandi cuffie) Gli unici luoghi in cui le donne potevano uscire erano i Department stores che diventano luogo di socializzazione. La rigidità dell’abito femminile rispecchia perfettamente la rigidità della struttura sociale. moda maschile I pantaloni diventano più larghi e nasce l’abito a tre pezzi che ebbe origine alla corte di Carlo II d’Inghilterra (spostamento della capitale della moda dalla Francia all’Inghilterra). L’abbigliamento maschile, rispetto a quello femminile, subisce una grandissima semplificazione e trasformazione rispetto alle mode precedenti. Anche i colori cambiano, diventano più scuri→ nero, grigio, blu e marrone. Scompaiono i colori vistoti e le decorazioni elaborate che andavano di moda dalla metà del 600 al 700→ si parla della riduzione dell’elemento decorativo e del rifiuto allo sfarzo. Londra comincia a dominare la scena della doma con uno stile d’alta classe e un mercato dell’abbigliamento prodotto in serie e con misure standard. È proprio dall’Inghilterra che deriva una nuova figura nel panorama della moda maschile: il Dandy. Il dandy nasce con Brummel e incarna la sobrietà e la moderazione nell’abbigliamento e nel comportamento; la moda era definita come la capacità di passare inosservati. L’uomo abbandonò la pretesa di essere bello, preoccupandosi di essere unicamente pratico. Brummel definì il dandy come un uomo che doveva indossare abiti perfettamente confezionati, in colori sobri in grado di combinare eleganza e originalità. Il dandysmo è una riflessione estetica di cui già Byron, Balzac e Baudelaire avevano parlato. Oscar Wild riprenderà questo concetto, ma presentando il dandy come una figura decadente. Gli uomini rinunciano alle forme, alle decorazioni brillanti, sfarzose, eccentriche ed elaborate. Dal punto di vista sartoriale questo avvenimento dovrà essere considerato come la ‘Grande Rinuncia’ del sesso maschile. Durante la Victorian Age si comincia a parlare di moda confezionata grazie all’invenzione del telaio che permette una lavorazione molto più veloce. Nascono i grandi magazzini, tra cui “Elias and Moses”. Questo grande sviluppo dell’industria e la produzione di oggetti in serie, trova una sua opposizione da parte del movimento che nasce dal tentavo di recuperare l’arte con un prodotto che sia unico, fatto a mano e non a livello industriale. Questo concetto venne approfondito da Ruskin, con il quale nasce la riflessione estetica di questo periodo. Egli mette in opposizione Rinascimento e Medioevo, sostenendo che ciò che veniva fatto a mano aveva un valore maggiore, morale ed etico. Nasce così il movimento art and craft→ realizzare un qualcosa a mano voler dire creare un bene artistico, con grandi valori. Con Ruskin si ha la centralità dell’arte e la percezione estetica. Queste idee di Ruskin servono come punto di partenza per le idee di Morris La riflessione estetica di William Morris Morris condannava l’industrializzazione e i suoi effetti ponendo l’attenzione sull’arte e l’artigianato. Questa attenzione lo portò a riflettere sulla funzione dell’arte e sulle condizioni necessarie a favorire una produzione artistica. Morris odiava le macchine perché secondo lui conducevano ad una meccanizzazione della vita e considerava necessario riorganizzare l’intera società→ Immaginava di poter reintegrare la mano d’opera e la gioia del lavoro individuale. L’artigiano viene elevato e messo in contrapposizione all’industrializzazione. Morris comincia ad occuparsi prima delle carte da parati per poi passare ai tessuti ricamati, che utilizza per l’arredamento. Usa una procedura non industriale, ma una tecnica che riadatta quella tradizionale. Il lavoro fatto a mano lo rende irripetibile e quindi unico. Il disegno che crea diventa identificazione di Morris. Nel 1861, Morris fondò la Morris&co, una società di artigiani e designer di interni e tessuti che si ispiravano all’artigianato medievale. La prima tecnica tessile che Morris adottò per uso commerciale fu l’embrodery, in cui si vede un tentativo di ricreare una versione degli arazzi medievali di cui era affascinato sin da ragazzo. Questi primi tentativi furono la base per una serie di arazzi successivi e tendaggi ricamati più raffinati che Morris, sua moglie Jane e i loro amici realizzarono in seguito per Red House, la prima casa di famiglia dei Morris. I painted fabrics, i primi tessuti stampati realizzati dall’azienda di Morris risalgono al 1868; erano copie di chintz a fondo bianco del 1830, e furono dei test per il primo vero design tessile di Morris “Jasmine Trellis”, un modello che è stato poi semplificato per adattarsi alla tavolozza dei coloranti chimici utilizzati nel suo processo di produzione. Un’altra realizzazione di Morris, furono i Furnishing fabrics. Nel 1883, utilizzò un complesso metodo di stampa a scarica di indaco per produsse un design che, sebbene costoso, era quello con maggior successo e si chiamava “Strawberry Thief”. I contorni nitidi ottenuti attraverso questa tecnica di stampa a scarica hanno permesso a Morris di creare una serie di disegni esuberantemente complessi. Per quanto riguarda la “Indigo Discharge Due Technique”, Morris disse: "Il tessuto viene prima tinto dappertutto in una vasca indaco fino a una profondità uniforme di blu, quindi viene stampato con un reagente sbiancante che riduce o rimuove il colore come richiesto dal disegno. I mordenti vengono quindi stampati sulle parti sbiancate e su altre dove si desidera il rosso, e l'intera lunghezza del materiale viene quindi immersa in un tino di robbia calcolato per dare la tinta appropriata. Questo processo si ripete per il giallo, i tre colori vengono sovrapposti l'uno all'altro per dare il verde, il viola e l'arancione. Tutta la materia colorante sciolta viene quindi eliminata e i colori vengono fissati passando il tessuto attraverso il sapone quasi al punto di ebollizione. Il trattamento finale nel processo consiste nell'appoggiare il tessuto sull'erba, con la faccia stampata alla luce, in modo che i bianchi nei disegni possano essere completamente purificati e tutti i colori fuggitivi rimossi nel modo naturale. Riflessione estetica di Walter Pater Importante è anche la riflessione estetica di Walter Pater, professore ad Oxford di Oscar Wilde, che riflette sull’esigenza di avere un rapporto positivo con l’arte ad una voglia di riscoprire l’esperienza. Indagò il significato intimo dell’arte, elaborando una concezione per la quale l’esistenza è ben vissuta quando si riesce a cogliere determinati momenti e a trasportarli in una consapevolezza estetica piena. Il suo pensiero era legato all’assorbire la vita in modo pieno e a non perdere il frutto dell’esperienza. Per lui la realtà esterna esisteva solo per essere assimilata da una sensibilità estetica, che doveva essere solitaria→ sostiene che è impossibile avere una concezione oggettiva dell’esperienza perché deriva dalle impressioni soggettive dell’individuo. In quest’ottica, l’artista viene considerato come interprete del senso che vede nelle cose. La filosofia di Pater si potrebbe definire come un “edonismo sensistico” e così fu considerata dallo scrittore Oscar Wild. In generale, con Morri e Pater si può parlare di Aesthetic Movement che sostiene: - Il rifiuto del materialismo e della morale vittoriana - Insoddisfazione nei confronti del materialismo e delle teorie utilitariste - Arte al centro della riflessione “Art for art’s sake” Lezione 8 26/04/23 Walter Pater e Oscar Wild – Estetismo Negli ultimi decenni del 1800 emerge un movimento conosciuto come Estetismo (Aesthetic Movement – vedere sopra) di cui Walter Pater fu il teorico. In questo movimento gli artisti rivendicano la libertà dai vincoli morali e dalle finalità didascaliche, sostenendo che l’unico scopo dell’arte era la creazione della bellezza secondo la formula “arte per l’arte” (art for art’s sake). Walter Pater ispirò molto Oscar Wilde, che interpretò il pensiero di Pater in maniera estrema. Se con Pater possiamo ancora parlare di un’idea di morale, con Wild vediamo l’arte che si scardina da ogni istanza morale. Secondo Wild è la vita stessa ad essere arte opera d’arte, che va vissuta e che consiste in un’incessante ricerca del piacere → lo porta all’estrema conseguenza e lo vedremo in Dorian Gray. Vita→ Wild nasce da una famiglia irlandese e poi si trasferisce in Inghilterra; infatti, studia prima a Dublino e poi ad Oxford, dove già veniva considerato una persona eccentrica sia nel modo di fare che di parlare. Si trovava sempre al centro dell’attenzione. La sua scrittura appare semplice, spontanea e raffinata. È noto soprattutto per l’uso frequente di aforismi e paradossi. The Philosophy of dress e the beauty of dress di Oscar Wild Wild studia a Dublino e poi si trasferisce ad Oxford; la sua personalità è particolarmente eccentrica e comincia a scrivere saggi riguardanti il tema dell’estetica. Tra questi saggi, troviamo “The Philosophy of dress” del 1885 in cui fa un ragionamento sugli abiti. Parla per aforismi, con frasi brevi e sembra più che altro un attacco alla moda. Alcune citazioni sono: - “I have been sometimes accused of setting too high an importance on dress. To this I answer that dress in itself is a thing to me absolutely unimportant. In fact the more complete a dress looks on the dummy-figure of the milliner’s shop, the less suitable it is for being worn” “a volte sono stato accusato di dare troppa importanza all’abbigliamento. A questo rispondo che il vestito di per sé è una cosa per me assolitamente irrilevante. In effetti, più che un vestito sembra un completo di un manichino della bottega di una modista, che meno si presta ad essere indossato” - “I care nothing at all for frills, and I don’t know what furbelows are, but I care a great deal for the wonder and grace of the human Form, and I hold that the very first canon of art is that Beauty is always organic, and comes from within, and not from without, comes from the perfection of its own being and not from any added prettiness.” “non mi importa dei fronzoli, e non so cosa siano i furbelow, ma mi interessano molto la meraviglia e la grazia della forma umana, e ritengo che il primo canone dell’arte sia che la bellezza è sempre organica e viene dall’interno e non dall’esterno, viene dalla sua perfezione di essere e non da una grazia aggiunta” - And that consequently the beauty of a dress depends entirely and absolutely on the loveliness it shields, and on the freedom and motion that it does not impede” “e che di conseguenza la bellezza di un abito dipende tutta e assolutamente dalla leggiadria che custodisce, e dalla libertà e movimento che non impedisce” Fa riferimento ad una bellezza che non viene costruita artificialmente, ma sta supportando l’idea che l’eccessiva trasformazione e manipolazione del corpo umano non sia positiva (se ne parla anche con Shakespeare). L’abito deve corrispondere ad un senso di libertà → Si oppone alle costrizioni della moda dicendo che la moda è libertà di vivere e non si può di conseguenza considerare queste costrizioni belle. L’uomo assume maggiore consapevolezza della propria vita. L’arte risponde a questo con un’esigenza legata ad una nuova rappresentazione del se. Tutti i movimenti artistici di questo periodo hanno in comune l’angoscia condivisa→ Si ha un nuovo senso di frammentazione e di perdita che nell’arte cerca un nuovo modo di rappresentare→ oggetti scomposti, ripresi da più punti di vista, ricerca dell’espressione e rappresentazione del pensiero. C’è un altro tipo di indagine, che non si ferma al superficiale e scava nel profondo dell’individuo e della società. altre caratteristiche del contesto storico-sociale: - cominciano a ridursi le famiglie patriarcali - aumento dei lavoratori in fabbrica - condizioni di crisi nelle città, che diventano centrali - nuova percezione del tempo con Bergsin. si percepisce che il tempo non è solo quello cronologico, ma anche quella personale - teoria della relatività di Einstein Da questi aspetti, soprattutto dalla durata relativa del tempo, deriva la possibilità di rappresentare la coscienza nel romanzo. Si parla di psicologia frammentaria, che per rappresentare il pensiero e il flusso di coscienza opera per associazioni di idee che non hanno un ordine ben preciso e non hanno un tempo cronologico. Possiamo distinguere un alto e basso modernismo, non in senso cronologico, ma in senso estetico e sociologico: - Alto modernismo→ si cerca di rappresentare personaggi attraverso il loro flusso di pensiero e quindi non si ha più una rappresentazione dall'esterno (Virginia Woolf e Joyce). Si pone attenzione ad una tecnica narrativa non superficiale ma profonda. - Basso Modernismo→ vede un’editoria e una divulgazione popolare. Ampliamento dell'accesso alla scuola e all'università che provocarono una grande richiesta di produzione di giornali riviste Virginia Woolf (1882-1941) Vita→ nasce a Londra. Scrittrice e attivista britannica, viene considerata una delle principali figure della letteratura del XX secolo. Era attivamente impegnata nella lotta per la parità dei diritti tra i sessi. Un aspetto importante del 900 letterario e culturale britannico e il femminismo, sviluppatosi grazie alla psicoanalisi, alla filosofia e agli studi culturali. È il periodo delle Suffragette, che Virginia Woolf sosteneva molto. Secondo virginia e i modernisti la realtà deve essere rappresentata secondo il filtro di coscienza dei personaggi e non in modo oggettivo. Bisogna richiedere al lettore grande impegno perché la storia è narrata attraverso i personaggi e i loro pensieri. Woolf è alla ricerca di una nuova forma espressiva: parte dalla coscienza dei personaggi per descrivere loro e la storia. È un nuovo modo di scrivere che corrisponde ad un periodo nuovo. Era necessario stabilire un rapporto anche con il lettore, trovare un ponte, un modo di unire e accogliere lo scrittore e il lettore che non si conoscono → Rapporto di intesa. il flusso di coscienza – stream of consciousness: Woolf cerca di guardare al mondo soggettivo del personaggio, tanto che lo descrive attraverso le sensazioni che prova. Le azioni hanno luogo nella mente dei personaggi senza seguire un flusso cronologico. Tutto ciò avviene attraverso alcune tecniche letterarie, come il monologo interiore e il discorso libero che procedono per associazione di idee. Il concetto di cronologia si è ormai allontanato dalla vita e dalla realtà, per questo non vuole più rappresentarlo nella scrittura. Si ha quindi un attacco al romanzo realistico e naturalistico basato sui fatti→ il primato della scienza individuale sulla fattualità della vicenda. Si parla di una sorta di ricerca del fine doing→ ricerca di una nuova forma espressiva fondamentale. L’incapacità della Woolf nel raggiungere la sua idea di perfezione in questo la porterà al suicidio. MRs Dalloway del 1925 Il primo grande romanzo a cui la scrittrice lavorò per due anni e che originariamente doveva chiamarsi “The Hours”. Scrive questo romanzo in risposta ad un periodo di lutto che stava vivendo, a causa della morte di una sua amica. Mette la sofferenza che sta provando in questo momento nel personaggio di Mrs Dolloway. Lo stile narrativo che vediamo è il monologo interiore, i moments of being, usato per descrivere lo scenario. La trama→ racconta un giorno nella vita di Clarissa, una donna inglese dell’alta società che vive a Londra nel primo dopo guerra. La storia inizia alle 10 del mattino di un mercoledì del giugno 1923 in Bond Street. Tutta la storia si svolge in una giornata dedicata ai preparativi per la festa che organizzerà la sera stessa a casa sua. La protagonista cammina per le strade di Londra, incontra casualmente delle persone, fa delle osservazioni su di loro, le affiorano pensieri e ricordi; ad esempio, incontra Peter Walsh, suo fidanzato di quando era giovane, che le fa affiorare un sentimento malinconico rispetto al passato. Pensa alla sua via passata e riflette chiedendosi se è realmente felice della su vita attuale. Vediamo quindi, come tutto il racconto si articola attraverso questo flusso di coscienza. Il suo percorso si intreccia casualmente con quello di un altro personaggio che vaga per la città, Semptimus Warren Smith. I due, in realtà, non si incontrano mai e fra loro si crea solo un rapporto a distanza, simbolico. Smith è reduce dalla Prima guerra mondiale e incapace di reinserirsi in una società che giudica ipocritamente. Soffre di una malattia mentale e sente un continuo senso di oppressione che lo porta alla follia e infine al suicidio. Questo percorso drammatico si confronta simbolicamente con quello di Clarissa, che invece si trova in un dilemma esistenziale che alla fine la porta ad accettare sé stessa e la vita. Durante la festa Clarissa viene a sapere che Settimus si è suicidato. Con questo evento, la scrittrice assorbe l’ansia della morte dell’amica, rimanendo sconvolta. Avviene qui il moment of being. È interessante la figura di Lucrezia, moglie di Semptimus, che rifugia il suo dolore nel cucito, come se fosse un modo di scaricare l’ansia che prova. Si rifugia dalla morte del marito come la Woolf si rifugia nella scrittura per la morte dell’amica. I collegamenti alla moda: - Quando parla del Flowers shop pone attenzione alla descrizione dei colori dei fiori. Compara i fiori alle stoffe, come le rose. - Quando descrive Bond street in modo elegante perché è il luogo dove la regina faceva shopping. - The evening dress, ovvero il vestito che Clarissa (la moglie di Peter Walsh) voleva indossare per la festa. - Nel racconto breve “La dignora Dalloway in bond street” che precede il Romanzo di Mrs Dalloway, cita un negozio di guanti. Li descrive come elemento di distinzione per i ranghi più alti. Bloomsbury group 1904-40 Virginia Woolf riceve un’istruzione privata, mentre i fratelli maschi vanno a studiare a Cambridge. È così, tramite il fratello Thoby, che Virginia entra in contatto con giovani uomini che sfidano le convenzioni repressive della società vittoriana. I fratelli vanno a vivere a Bloomsbury, inizialmente un quartiere povero, quasi malfamato. In questo quartiere fondano una comunità di “spiriti liberi”: il gruppo Bloomsbury. I componenti si incontravano nella casa dell’artista Vanessa Bell e della sorella di Virginia Woolf, dove condividevano idee ed attività creative (il gruppo spaziava in diversi campi di arte). Nel 1913, sempre a Bloomsbury, Roger Fry apre Omega Workshop. Si tratta di un laboratorio di design, tessuti e accessori per la casa disegnati e realizzati da un gruppo di artisti. I direttori erano Roger Fry e i suoi amici (Vanessa Bell e Duncan Grant) che aveva conosciuto attraverso il Bloomsbury Group. A differenza di Morris, non era interessato alla riforma sociale o alla protesta contro la produzione di mass; voleva eliminare la distinzione tra belle arti e arti decorative. I design dei tessuti mostravano l’influenza dell’arte moderna con colori audaci e forme semplificate cubiste e fauviste. Vanessa Bell iniziò ad utilizzare i tessuti Omega nel design dei vestiti nel 1915 e ben presto la sartoria di Omega divenne molto popolare.
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