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Riassunto libri + appunti COMPLETI lezioni PSICOTERAPIA Prof. Fontana, Schemi e mappe concettuali di Psicoterapia

Riassunto libri + appunticompleti lezioni PSICOTERAPIA Prof. Fontana

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2023/2024

In vendita dal 10/05/2024

lalalasong
lalalasong 🇮🇹

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Scarica Riassunto libri + appunti COMPLETI lezioni PSICOTERAPIA Prof. Fontana e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Psicoterapia solo su Docsity! TEORIA POLIVAGALE: =“molte vie vagali” grazie al cambiamento evolutivo nella regolazione neurale del sistema nervoso, in cui i circuiti più nuovi regolano nei circuiti più vecchi (quelli della difesa) , andando a promuovere la salute, la crescita, il recupero dell'energie, l’interazione sociale al fine di creare sicurezza per l'individuo. è una teoria neurofisiologia che ci permettere di osservare le traiettorie evolutive del trauma e i possibili esiti patologici di regolazione autonomica (psicosomatica ed emotiva). Non è l’evento traumatico ad essere traumatico, lo è come il soggetto vive quell’evento (diverse traiettorie traumatiche grazie alle risorse personali, il senso di agentività, resilienza, dimensione corporea) L'obiettivo della teoria polivagale è prevedere le traiettorie evolutive del trauma, e quindi i possibili esiti patologici a livello di regolazione e funzionamento. I traumi sono tali perché non hanno avuto una narrativa adeguata nello scambio sociale, diventano traumi le esperienze che cadono nel «non detto» e nel «non corporeo». Se il vissuto traumatico non trova sbocco, conforto e non viene umanizzato, diventerà un ferita incarnata, ovvero l’espressione della sofferenza che lascerà un segno sull’esperienza identitaria profonda. La dissociazione impedisce all'individuo di elaborare e mentalizzare adeguatamente gli stati corporei e mentali, gli eventi esterni, di regolare adeguatamente i sentimenti e di apprendere dall'esperienza. La dissociazione coinvolge la corporeità (Nijenhuis, 2004). Gli stati mentali e corporei non si fondono e rimangono non integrati: le emozioni e le sensazioni corporee non possono essere incarnate a rappresentazioni di emozioni e sentimenti e non possono essere una guida per il comportamento  la manifestazione del trauma non è solo nel ricordo ma è anche nelle 4 dimensioni e nella forma che prendono le 4 dimensioni del modello 4D (pensieri, tempo, come il paziente vive il proprio corpo, e come regola le proprie emozioni). Un elemento fondamentale è la dissociazione (quando la mente non sopporta l’esperienza e prende le distanze da ciò che sta subendo il proprio corpo  dissociazione è un modo per gestire la disregolazione emotiva ma causa dei problemi nel lungo termine). La scelta di utilizzare la dissociazione la si fa in modo implicito e automatico  filogenetica: processi antichissimi di gestione della paura, del dolore e della minaccia. L’American Psychiatric Associaton (2022) suddivide il processo di regolazione delle emozioni in regolazione esplicita e implicita, in base all’utilizzo di processi controllati oppure automatici. Nello specifico, con la regolazione esplicita si fa riferimento ad un monitoraggio consapevole: vengono, quindi, imparate delle strategie per interpretare le situazioni in diversi modi, per capire come diversi comportamenti possono essere utilizzati al servizio di una determinata emozione oppure cambiare la risposta emotiva per produrre dei risultati più positivi. Alla regolazione implicita, invece, non è associato un monitoraggio dell’emozione cosciente; l’intensità e la durata dell’emozione vengono modulate senza la necessità di esserne consapevoli  cortocircuito neurofisiologico causato dal trauma= coazione a ripetere del trauma anche quando le situazioni ambientali erano favorevoli dissociazione= sinonimo di meccanismo di difesa; allontanare un’angoscia insopportabile. Una quantità eccessiva e forte di dissociazione diventa patologica, ma di solito è sana e naturale Teoria del codice multiplo: Processo primario (registro dell’inconscio o dell’es associata alle funzioni non verbali) Processo secondario (pensiero conscio o dell’io associata alle funzioni verbali) La teoria del codice multiplo (TCM, Bucci, 1997) include tre sistemi di elaborazione e rappresentazione delle informazioni emotive, somatiche e motorie: 1. il sub-simbolico non verbale (schemi di sensazioni sensoriali, viscerali e cinestesiche, attività motorie sperimentate durante gli stati di eccitazione emotiva). 2. il simbolico non verbale (immagini transazionali, rappresentazioni organiche dell’esperienza: emozioni). L’immagien può essere ulteriormente trasformata in parola 3. il simbolico verbale (parole, attività referenziale, linguaggio ed espressione attraverso i quali rendiamo condivisibile l’esperienza soggettiva: sentimenti) Le sensazioni assumono senso se vi è un’attribuzione di significato (passaggio tra sub simbolico n.v. e simbolico n.v). Il processo di trasformazione avviene ANCHE nel sogno (Bion trasformazione dei movimento beta (sensazioni) in movimenti alfa, cioè immagini= reverie) La teoria polivagale ha fornito il mezzo per spiegare l'importanza dello Stato fisiologico viscerale come variabile interveniente in grado di influenzare il comportamento, la nostra abilità di interagire con gli altri e la regolazione delle emozioni. La teoria mette enfasi sulla sicurezza percepita la quale calma il nostro sistema nervoso autonomo, mette enfasi sullo stato autonomico, cioè l'equilibrio tra le diramazioni simpatiche e parasimpatiche del sistema nervoso autonomo, assumendo così un valore adattivo in cui entrambe le diramazioni hanno livelli di importanza simili; in particolar modo questa teoria afferma che vi è un’ equilibrio autonomico quando il vago centrale e il sistema di coinvolgimento sociale funzionano in maniera ottimale (funzionalità del vago ridotta  attività di difesa). Disregolazione autonomica  disregolazione emotiva  percezione di minaccia  attivazione fisiologica di difesa; le valutazioni cognitive giocano un ruolo secondario rispetto alle reazioni viscerali le quali organizzano le risposte psicologiche e comportamentali la sicurezza non è rappresentata dalla rimozione della minaccia, ma dipende da indizi unici dell'ambiente e delle relazioni. La sensazione di sicurezza è regolata dall'abilità di interagire reciprocamente con gli altri, di regolare reciprocamente l'uno con l'altro e protestato fisiologico e di creare relazioni. Nella relazione c'è una co-regolazione con l'altro: quando viene rilevato il pericolo la fisiologia si attiva; quando si percepisce sicurezza, ci si calma, si ha accesso alle strutture cerebrali superiori (creatività e produttività), e si creano relazioni fiduciose. Quindi, sia una mutua regolazione dello Stato fisiologico tra gli individui. Il sistema dei coinvolgimento sociale quindi è composto da una componente somatomotoria (Coinvolge vie efferenti per la regolazione dei muscoli facciali e della testa) e da una componente visceromotoria (coordina bronchi e cuore)  Giudizi provenienti da un individuo sicuro consentono all'altro di non trovarsi in uno stadio difensivi. Se le componenti sovraordinate del nostro sistema nervoso rilevano del rischio, la risposta vagale di calma si ritrae e ci si prepara per i comportamenti di attacco o fuga o immobilizzazione (sistema nervoso simpatico). Le caratteristiche di sicurezza consentono al volto di essere espressivo e avere una voce prosodica (vedere capitolo sotto). La corteccia temporale legge questo tipo di informazioni proiettate dagli altri (espressioni e prosodia) senza la necessità di consapevolezza, interpreta l'intenzionalità. la corteccia temporale contribuisce all'interpretazione dell'espressività facciale, dell'intonazione dei gesti. Questo processo interpretativo porta alla decisione neurale di stabilire se le caratteristiche di coinvolgimento siano sicure o pericolose (nocicezione). Molte persone (autismo, ansie sociali) non possiedono la capacità di decifrare gli indizi e i segnali di coinvolgimento sociale a causa di sistemi nervosi. Non vi è co regolazione con gli altri, non si sentono al sicuro con le altre persone il comportamento sociale è disturbante e non supportivo (importanza dell'esperienza precoci) Quello che la Teoria Polivagale vuole sottolineare in sintesi è che quando il nostro sistema nervoso autonomo è continuamente impegnato in attività difensive, come può accadere in situazioni traumatiche o di stress prolungato, queste stesse possono diventare potenzialmente dannose per la nostra salute fisica e mentale poiché viene a mancare in modo cronico l’equilibrio tra le diverse branche del sistema nervoso autonomo. L'attivazione immediata del sistema di difesa genera una risposta che non è mediata dalle zone corticali, dalle funzioni superiori, ma che si sviluppa nella parte evolutivamente più antica del cervello, il tronco encefalico. neurocezione= sicurezza → equilibrio delle due vie PARASIMPATICO stimolo → via dorso vagale (sensazioni viscerali) → nervo vago → iperattivazione= freezing, dissociazione. ventro vagale → regolazione motoria viscerale (bronchi, faccia e cuore)= l’ipoattivazione porta ad attivare il SNS SIMPATICO = predispone ad attacco o fuga  ATTIVAZIONE SPONTANEA PREFERENZIALE PERCHE’ SEMPRE UTILIZZATA (ATTACCAMENTO) CAP.2 Secondo la teoria polivagale non vi è solo un sistema di attacco e fuga ma vi è anche un sistema di immobilizzazione e di spegnimento comportamentale e di dissociazione supportate dalle vie vagali non mielinizzate (“finta morte”). Questa reazione adattiva non è una risposta conscia o volontaria ma è una reazione biologica adattiva l'impossibilità di utilizzare i meccanismi di attacco e fuga in grado di attutire gli effetti dell'evento traumatico. In particolare quando i mammiferi si spengono vi è una notevole riduzione di sangue ossigenato che si dirige verso il cervello e ciò va a compromettere le abilità cognitive es. Quando un topo viene catturato nelle fauci di un gatto appare morto ma non lo è la perdita di coscienza possiede alcuni vantaggi che cambiano il modo in cui sperimentiamo un evento traumatico, ad esempio persone che hanno subito abuso sessuale, molto spesso descrivono un'esperienza psicologica di non essere veramente lì, di aver vissuto di dissociazione o svenimento. Il nervo vago quindi è implicato nello spegnimento (svenimento, bradicardia, apnea) ma è anche implicato nel coinvolgimento sociale e nel calmarsi. Il trauma perturba l'abilità di entrare in relazione con gli altri e di utilizzare il comportamento sociale per regolare la funzione vagale, per calmarci Lo stesso evento può innescare differenti razioni di processazione in persone diverse col risultato di attivare differenti stati fisiologici. Lo stesso stimolo dell'ambiente potrebbe produrre risposte qualitativamente differenti a seconda dello Stato fisiologico con cui si trovava l'individuo nel momento in cui lo stimolo è stato presentato; Inoltre Le esperienze precoci giocano un ruolo importante nel modificare la soglia o la vulnerabilità per esprimere queste reazioni. Il fatto che una persona possa o meno sentirsi sicura con il caregiver durante i primi periodi dello sviluppo potrebbe essere un fattore in grado di contenere le differenze individuali nella vulnerabilità al trauma. Il sistema di coinvolgimento sociale della via vagale mielinizzati fornisce la piattaforma neurale adeguata su cui processi di attaccamento possono aver luogo. Per prima cosa la sicurezza, poi può seguire in maniera naturale un attaccamento sano. (I nervi vaghi e mielinizzati stanno alla base del comportamento sociale, in quanto regolano il cuore, l'espressività facciale e la produzione di prosodia e comportamento  i disturbi clinici sono associati sia una riduzione della regolazione vagale del cuore sia a un'attenuazione della regolazione neurale dei muscoli del volto e della testa) 1. Coinvolgimento sociale percepito, che utilizza gli indizi di sicurezza al fine di negoziare la vicinanza con l'altro 2. la seconda fase riguarda il contatto fisico e l'intimità; se queste due fasi non si verificassero in ordine corretto vi sarebbero problemi legati all'attaccamento e ai legami futuri Se vi è una buona base di sviluppo per l'attaccamento allora una persona possiede una risorsa in grado di attutire l'impatto del trauma. Inoltre la regolazione vagale rappresenta un punto fondamentale della regolazione emotiva e l'interferenza in questo processo, potrebbe portare a sviluppare disturbi affettivi o a interpretazioni errate delle intenzioni Uno degli inneschi più potenti della neurocezione, sia nelle persone sane che nelle persone aventi un disturbo (in particolare disturbo post traumatico da stress e l'autismo) avviene attraverso la stimolazione acustica. Il processo comune tra il disturbo post traumatico e l'autismo è l'effetto condiviso dell'ipersensibilità uditiva: persone che hanno una storia traumatica non amano stare in luoghi pubblici poiché i rumori danno loro fastidio e hanno grandi difficoltà a rilevare la voce umana e molte persone con autismo riportano gli stessi problemi; ciò causa una minore regolazione vagale orientata a supportare comportamenti difensivi  Il disturbo dello spettro autistico comprende problematiche di comunicazione e difficoltà legate al coinvolgimento sociale in quanto queste persone possiedono voci senza alcuna prosodia, ipersensibilità obiettiva, difficoltà di elaborazione definitiva, non esercitano un contatto visivo, hanno un'espressività facciale piatta. Le strategie di intervento Anche il disturbo borderline ha un sistema di coinvolgimento sociale compromesso, in particolare le vie ventro-vagali mostrano poca efficienza nel minimizzare l’attivazione simpatica. È un disturbo psichiatrico che include caratteristiche di instabilità dell'umore difficoltà di regolazione emotiva, i quali sono due costrutti che per essere regolati coinvolgono la regolazione neurale del sistema nervoso autonomo. Ciò è causato da una storia evolutiva molto sgradevole (traumi ripetuti) risposte fisiologiche e comportamentali dopo un trauma = risposta adattiva del corpo interocezione: è il processo che fornisce il segnale al cervello dei cambiamenti dello Stato fisiologico. il processo in grado di descrivere sia le sensazioni consce che il monitoraggio inconscio dei processi corporei da parte del sistema nervoso. l’interocezione ha luogo dopo la neurocezione è composto dai recettori sensoriali localizzati negli organi interni al fine di valutare le condizioni interne; vie sensoriali che comunicano le informazioni dagli organi al cervello; strutture cerebrali per interpretare le informazioni sensoriali e per trovare la risposta degli organi; via motori che comunicano le informazioni dal cervello agli organi e che sono in grado di cambiare lo stato degli organi Freno vagale: rallenta la frequenza cardiaca regolata del vago militato Tono vagale: rispecchiano le influenze più toniche sul cuore da parte delle vie ventro-vagali mielinizzate ed è frequentemente rappresentato dall’ampiezza dell’aritmia sinusale respiratoria (RSA). Come sta il mio corpo in questo momento Prospettive somatiche sulla terapia: la psicologia odierna utilizza modelli top down che concettualizzato le emozioni i processi affettivi come quei fenomeni centrali e minimizzano il ruolo del corpo in queste esperienze; ma ci sono anche psicologi che apprezzano l'importanza della comunicazione bidirezionale tra il cervello e il corpo: per esempio, l'informazione sensoriale procede dal corpo verso il cervello e influenza il modo in cui rispondiamo al mondo, e i processi cerebrali possono influenzare i nostri visceri attraverso i processi cognitivi e affettivi legati alla nostra prospettiva del mondo e alle nostre reazioni verso varie caratteristiche dell'ambiente.  vi è una bidirezionalità tra le nostre sensazioni corporee legate alla sfera cognitiva La società odierna tratta i comportamenti delle persone che sono reattive a livello comportamentale o viscerale verso lievi cambiamenti di stimolazione, come sbagliati difettosi, Dando per scontato che i bambini dovrebbero essere in grado di disattivare volontariamente questi comportamenti e che, se non sono in grado di farlo, allora sono difettosi, piuttosto che comprendere esiste un substrato neurale sottostante alla gamma osservata LEZIONE TPV con Gaia Cozzocrea Come detto precedentemente, il trauma può essere espresso secondo le 4 dimensioni citate nel modello 4D: tempo, pensieri, corpo e emozioni. Ma i processi che ci fanno affrontare i traumi hanno inoltre una componente filogenetica, e nella pratica le 4 dimensioni sono avvertite contemporaneamente dall’individuo. L'obiettivo della teoria polivagale è prevedere le traiettorie evolutive del trauma, e quindi i possibili esiti patologici a livello di regolazione e funzionamento. Aristotele ci dice per primo che l’uomo è un animale sociale, e questo si riflette in realtà nei nostri schemi regolatori. Da questi deriva il benessere ma anche il malessere che proviamo a causa delle relazioni che viviamo, e quindi anche per la terapia non guardiamo solo i disagi di chi abbiamo di fronte ma anche le sue risorse, entrambe frutto della disposizione individuale e delle relazioni vissute. Le risposte di un individuo di fatto dipendono da queste risorse, che portano a situazioni adattive o non. Questo processo è definito “AUTO-ECO- ORGANIZZAZIONE”. pesso la reazione del paziente alla nostra regolazione passa più per canali non verbali e para-verbali. Nel setting costante questo è garanzia di sicurezza e quindi i cambiamenti possono stimolare la neurocezione che avverte cambi anche rispetto alla sicurezza. In generale tutto ciò che fa “scendere” nella scala delle difese è definibile come traumatico; questo perché ci si focalizza sempre più sulla soggettività. Questo rimanda all'idea di Io corporeo di Freud: il pensiero nel bambino non è che una simulazione per ottenere ciò che si vuole nel momento in cui il corpo è frustrato dal non poterlo ottenere. E’ da qui che nasce la regola dell'astinenza, che doveva portare alla neutralità in seduta e serviva a non dare soddisfazioni. Eppure portata all'estremo anche questa regola è negativa: ci sono infatti situazioni in cui riconoscere i meriti dei pazienti può fungere da rinforzo in maniera produttiva. Le fibre ventrali-vagali sopradiaframmatiche hanno potere inibitorio sul battito cardiaco in relazione alla respirazione, che quindi è un ottimo indicatore dell'agitazione del paziente. Ovviamente lo è per proprietà transitiva anche l’Heart rate Variability (HRV). Per questo se la conversazione non procede è possibile creare spunti da approfondire chiedendo cosa il paziente senta NEL CORPO in quel momento, o notando qualcosa di particolare del corpo nelle ultime risposte del paziente (es. tono di voce). Partire da lì dà più libertà al paziente di esprimersi e lo renderà più cosciente anche del proprio corpo in relazione ai vissuti. È un processo molto utile nei pazienti alessitimici; vale chiaramente anche per il terapeuta (automonitoraggio). STUDIO DI CASH(?): in un esperimento su pazienti con narcisismo patologico, due campioni si mettono su un gioco chiamato cyberball, dove ci si passa la palla con il computer finché si aggiunge un terzo personaggio con il quale poi il pc gioca lasciando senza palla da passare il soggetto partecipante. Il gruppo di soggetti narcisisti nega di provare rabbia e dolore, ma facendo uno scan delle aree cerebrali attivate si vede l'attivazione proprio dei circuiti legati a queste emozioni. Il gruppo di controllo e invece onesto su ciò che prova. In sintesi il corpo non dimentica e non mente; il massimo che può fare è nascondere o dissociare. (FAMIGLIA🡪ATTACCAMENTO🡪REGOLAZ. AUTONOMICA🡪REGOLAZ. EMOTIVA)* *in realtà questo schema è bidirezionale. Se anche si avverte una sensazione spiacevole o si fa esperienza di flashback o pensieri intrusivi, nel momento in cui un soggetto si riesce a calmare a casa o vicino a una figura di riferimento (ambienti sicuri) si ha una risposta adattiva. Prove che il SNS e SNPS hanno un'influenza sono portate da Ostermann (bambini in affido che avevano sistemi disorganizzati avevano iperattività del SNS o ipoattività del SNPS) e una meta-analisi di Groh(?) e Narayan (?) (i bambini mostrano maggior attivazione simpatica quando sono da soli, a prescindere dal sistema di attaccamento). Quando c'è una mancanza di comunicazione fra tronco encefalico (cervello rettiliano) e sistema limbico (cervello mammifero) si può parlare di SCHIZOFISIOLOGIA. Insieme queste due parti sono il CERVELLO EMOTIVO; dei processi riflessivi si occupa invece la NEOCORTECCIA (si sviluppa dai 2 fino ai 7 anni, compone il 30% del cervello). Nelle sincopi, ossia svenimenti, c'è disfunzione dorso-vagale. Vanno escluse cause organiche, ma si è scoperto che questo sistema è coinvolto. La connessione è più lampante se c'è un elemento trigger per le sincopi. Nel Sé traumatizzato, internamente e in maniera non psicotica, può capitare di sentirsi ripetere frasi come “fai schifo” “sei il solito idiota”, come anche di sentirsi fermi nel tempo (“il solito” rimanda all’immobilità). Il talamo di questi soggetti non codifica per l'amigdala, e dunque il trauma non è nella memoria autobiografica; i ricordi sono bloccati nella sensazione del corpo traumatizzato. I trigger, quindi, mandano in dissociazione o trance come riferiva Piaget nel caso di Irene (madre morta nel letto, trigger: letto vuoto). Il modello di Vice della “Master Control Theory” è legata a aspetti cognitivi e stati d'animo, nello specifico con le credenze e il controllo delle situazioni. Se c'è credenza di essere indegni di amore si tenderà ad esempio ad evitare la vicinanza delle persone. Ogni tanto si possono fare dei test per mettere alla prova e smentire le proprie credenze; sono tentativi goffi, ma è importante riconoscerli in terapia e lasciare campo sicuro al paziente per metterli in atto. LA CURA DEL SE’ TRAUMATIZZATO CAP.1 irritabilità e reattività, oppure possono sembrare insensibili e distanti) e disturbi del sonno. È stato riconosciuto un sottotipo dissociativo del disturbo post- traumatico da stress. Questo include tutti i sintomi di cui sopra, oltre a una depersonalizzazione (sentimento di distacco dal proprio sé o corpo) e/o derealizzazione (vivere il mondo come irreale o onirico), si riferisce all'integrazione incompleta di aspetti di identità, memoria e coscienza, ed è associata a genitorialità non responsiva e a trauma psicologico, così come a un disturbo post-traumatico da stress. All’interno della dimensione dissociativa nel PTSD troviamo i TRASC (stati alterati di coscienza correlati a traumi). Gli Stati alterati di coscienza vengono classificati in base a: o livello di attivazione dell’arousal; o ampiezza della consapevolezza; o estensione dell’autoconsapevolezza; o dinamiche sensoriali - DEREALIZZAZIONE= percezione alterata dell'ambiente e delle altre persone, per esempio percepire gli altri come se non fossero reali o come se il mondo fosse come in un sogno - DEPERSONALIZZAZIONE: percezione alterata del sé corporeo, esperienze extracorporee, intorpidimento sensoriale, ottundimento emotivo e fisico, e alterazione del senso di sé “sentirsi distanti o non realmente qui” - DISSOCIAZIONE: stato alterato di coscienza che disconnette alcuni processi psichici rispetto al restante sistema psicologico dell’individuo che porta il soggetto alla compartimentazione e al distacco. Depersonalizzazione e derealizzazione sono spesso direttamente indotte dall'esposizione a stimoli legati a eventi traumatici passati. è da sottolineare che esperienze come sentirsi storditi o intontiti non sono intrinsecamente patologiche né indicative di stati alterati di coscienza correlati al traumi. Queste esperienze sono considerate come prototipi della cosiddetta “dissociazione normativa”, ovvero esperienze che avvengono all'interno della popolazione generale per cui si raccomanda di non includere vari casi di dissociazione normativa nella diagnosi di PTSD. MODELLO 4D per classificare la sintomatologia del disturbo post traumatico da stress sulla base di quattro dimensioni della coscienza a seconda che ci sia CNV o TRASC. L'esperienza dissociativo drammatica e trasversale rispetto alle quattro dimensioni, ad esempio, un flashback, ovvero un salto temporale all'indietro nel passato traumatico, viene vissuto anche nel corpo e induce emozioni e pensieri relativi all'evento. o coscienza del tempo : velocità (per quanto tempo l'esperienza di “adesso” sembri naturare, generalmente si dice 2-3 secondi; nelle persone drammatizzate il tempo sembra muoversi più lentamente), direzionalità del tempo percepito come un qualcosa che avanza solo in avanti (nella persona traumatizzata il passato è presente attraverso i flashback; è talmente presente da perdere il contatto esperienziale con l'ambiente circostante), la continuità invece, chiarisce che la coscienza viene vissuta come continuativa, senza interruzioni; queste versione riportano che la loro esperienza sembra slegata e discontinua, infatti può capitare che descrivono di vivere sia gli eventi del presente che alcuni frammenti di ricordi degli eventi traumatici passati o coscienza dei pensieri : l'organizzazione strutturale della coscienza umana è tipicamente simile a una storia avente un contenuto tipicamente autoreferenziale. La persona traumatizzata fa esperienze di pensieri e ricordi intrusivi del passato e frequentemente agisce nel proprio ambiente in modo stereotipato che simboleggia ancora di più la propria storia di vita (si comporta per esempio con rabbia, violenza, autolesionismo). I pensieri delle persone traumatizzate spesso non sono riportati in una prospettiva in prima persona ma in seconda. Di solito i pensieri vengono personificati come voci che provengono da altri internalizzati (es. Sentire all'interno della propria testa la voce di un genitore che in passato è stato abusante e che commenta o guida ai loro pensieri, emozioni o azione “sei così stupido, non farlo!”) o coscienza del corpo : le persone traumatizzate sperimentano comunemente esperienze extracorporee (depersonalizzazione); esperienza di un sé corporeo da una prospettiva in terza persona, è deficitario il senso di auto appartenenza: il se viene percepito come all'interno del corpo fisico ma il corpo o parte di esso, viene vissuto come estraneo (“queste non sono le mie mani”); l'esperienza può essere accompagnata anche da analgesia o insensibilità al tatto nella parte del corpo negata. o coscienza delle emozioni : le persone traumatizzate mostrano alternativamente segni di arousal sia aumentato che diminuito, entrambi a valenza tipicamente negativa; per esempio prono alternativamente paura, ansia, senso di colpa e vergogna. “quando mi arrabbio molto non sono più lì”. Un item della DES descrive questa dimensione come: alcune persone si accorgono che in alcune situazioni si comportano diversamente, tanto da sentirsi quasi due persone differenti o Una quinta dimensione è quella dell'intersoggettività, la quale non è introdotta nel modello ma è una dimensione altrettanto importante Il DES (Dissociative experiences scale) è un questionario autosomministrato per andare a valutare i sintomi dissociativi. ha degli item che vanno a misurare nell’esperienza TRASC il distacco e la compartimentalizzazione in quanto sono due fenomeni psichica diversi. TRASC: - COMPARTIMENTALIZZAZIONE: deficit nell'abilità di controllare deliberatamente i processi mnemonici, di percezione, emotivi o le azioni. In questo processo gli aspetti del funzionamento psicobiologico che dovrebbero essere associati e coordinati non lo sono; è compromesso il senso dell’agentività: implica una disconnessione tra volontà e azione: una persona vive una mancanza del normale è previsto controllo volontario cosciente sulle proprie funzioni cognitive e comportamentali =frammentazione della narrazione. - distacco: stato alterato di coscienza caratterizzato da un senso di separazione da certi aspetti dell'esperienza quotidiana sia quanto riguarda il proprio corpo, il proprio senso di sé o il mondo esterno ( depersonalizzazione, derealizzazione, flashback, stati di trance, la conclusione, l'alterazione dell'identità). Vi è un’iper inibizione dell’arousal come meccanismo che media le esperienze di distacco. I sintomi espressi da persone drammatizzate possono essere classificate come CNV o TRASC, mi riferimento alle dimensioni di tempo, pensieri, corpo ed emozioni. Le dimensioni automatizzate possono sperimentare entrambi i gruppi di sintomi in momenti diversi in circostanze differenti, spesso provocati da una fonte di stress percepito dall'esterno. Stress grave associato a coscienza normale in stato di veglia CNV: - iper arousal - no dissociazione o stati alterati della coscienza - no flashback - no depersonalizzazione, derealizzazione o distorsioni significative del suo schema corporeo - no voci nella testa - ricordi intrusivi e sconvolgenti ma no perdita parziale o completa della consapevolezza - riconoscere le sue sensazioni come proprie e ed è capace di identificare le cause o i fattori scatenanti delle sue risposte emotive - non riporta mai di “non avere sensazioni” è più “sano” e egodistonico, è associato a stress cronico generale, emotività e cognitività negativa e disadattamento interpersonale. L'esperienza del tempo non è ripetitiva, le esperienze di pensiero sono limitate alla prospettiva in prima persona, ci sono esperienze di se stessi come incarnati in un corpo ed esperienze motivate e connotate da una gamma emozionale sana Stress grave associato A Stati alterati di coscienza correlati a traumi (TRASC): stati alterati di coscienza= deviazioni dal normale modo in cui le persone tendono a percepire loro stesse gli altri e il mondo - sintomi cronici di iper arousal (simpatico) - segni di dissociazione: alto arousal (agitazione) o basso arousal (stupor dissociativo o catatonia dissociativa). L'ampiezza della In basso ci sono linee maggiormente marcate in quanto vi è maggiore correlazione tra dimensioni sintomatologiche non dissociative appartenenti alla CNV, rispetto a quanto siano collegate le dimensioni nei TRASC, in quanto sono dimensioni compartimentate. Inoltre i sintomi che caratterizzano i TRASC (es. flashback) saranno osservati meno frequentemente rispetto ai sintomi che vengono vissuti all'interno della CNV (es. Ricordi intrusivi). Elaborazione dissociativa correlata ai traumi: il modo in cui la persona codifica l'evento traumatico può portare a due fenomeni distinti CNV (sano) TRASC (patologico) 1. evento traumatico 1. evento traumatico 2. avviene la codifica dell’evento “sono presente nel momento” (C’E’ AUTOREFERENZIALITA’), il vissuto è sperimentato ( ciò porterà alla percezione che il 2. perdita dell’agentività, divisione dell’individuo (NO AUTOREFERENZIALITA’), la coscienza si dissocia e non permetterà né la codifica né vissuto appartiene al passato) Strategie: - soppressione (“ho provato a fare in modo di non sentire chiudendo me stessa fuori” - distrazione (“guardavo da un'altra parte cercando di focalizzarmi su qualcos'altro”) - rimozione (“ho cercato di cancellarlo dalla mia mente” - decentramento “mi sono distanziata da me stessa come se mi portassi fuori da ciò che stava accadendo” Queste strategie di regolazione emotiva sono del tutto sani finché la persona non fa “un passo indietro troppo lungo e troppo spesso” in quanto si può avere un automatizzazione di queste strategie l’elaborazione – la reazione stessa è adattiva/salvifica ma problematica (“non riguarda me”, “ho fatto in modo che stesse accadendo a qualcun altro”) 3. regolazione emotiva attraverso la risposta comportamentale (percepita come relativamente efficace) per padroneggiare l’esperienza 3. dissociazione la quale non porterà ad una ripetizione costante (flashback intrusivi) dell’evento traumatizzante in quanto quest’ultimo non è stato codificato ed elaborato. Quell’esperienza continuerà a bussare alle porte della coscienza 4. strategie di coping per star meglio 4. evento traumatico= eterno presente a causa della sintomatologia (LOTTA INCONSCIA X L’AUTOREFERENZIALITA’). il corpo e la mente ritornano lì per necessità di ricodificare, ma l’individuo non possiede gli strumenti necessari come quando non li aveva mentre viveva l’esperienza La sintomatologia TRASC spinge il paziente lontano dall'esperienza del presente e lo porta verso flashback del passato; confondono e disorientano il paziente con voci di paura, dubbio, ridicolizzati, precludendo qualunque concentrazione sul compito specifico; separano l'esperienza del paziente dal proprio corpo interferendo con l'abilità di affrontare pienamente le paure e di possedere le proprie azioni e di padroneggiarle; impediscono al paziente di sentire veramente le proprie emozioni, sia piacevoli che non creando una separazione dai propri sentimenti portando a Stati di ottundimento affettivo perdendo consapevolezza e intuizione a causa di un deficit della funzione riflessiva. Le due modalità dipendono dalle capacità regolative ed emotive sviluppato durante la relazione col caregiver. ESEMPIO: Una coppia rimase intrappolata nell'auto a causa di un incidente stradale che coinvolse diverse macchine. Quando in seguito vennero intervistati, il marito disse che durante l'evento aveva sentito ansia intensa che il suo obiettivo primario era pensare a un modo per liberare se stesse la moglie e uscire dall'auto (CNV). Al contrario, la moglie riportò di essere stata in stato di shock, congelata e intontita; in effetti descrisse che oltre a essere fisicamente immobilizzato all'interno dell'auto era anche incapace e psicologicamente di muoversi (TRASC). Quattro settimane dopo l'incidente entrambi avevano flashback visivi e uditivi dell'incidente frequenti incubi, difficoltà a dormire, ipervigilanza e aumento dell'irritabilità. Il marito non aveva precedenti problemi psichiatrici mentre la moglie aveva avuto varie difficolta in infanzia e adolescenza a riguardo la relazione con la madre e il padre. Nonostante avessero vissuto la stessa esperienza avevano risposte esperienziali e neurofisiologiche molto diverse; inoltre il marito successivamente, ascoltando la descrizione audio con i dettagli dello scontro disse di sentire ansia e attivazione emotiva intensa i suoi pensieri erano focalizzati a trovare attivamente un modo per scappare per sé e per la moglie. Quest'ultima al contrario, descrisse sensazioni di ottundimento, congelamento e shock mentre ascoltava l'audio. La fenomenologia della percezione temporale è in relazione con la fenomenologia dell'emozione: più le emozioni sono negative, più la percezione temporale si dilunga, il tempo sembra non passare mai, sia durante eventi traumatici che dopo. queste persone sembrano lottare con l'esperienza di sentirsi emotivamente annebbiate, uno stato che può risultare talvolta simile a un senso di atemporalità. in contesti sociali risulta possibile apparire “strani” in quanto si risponde “fuori tempo" e in modo distante distaccato o “lento”. Queste persone possono presentare più fissità (rigidità delle braccia e delle gambe, pugni chiusi), un maggior numero di cambiamenti nel respiro, segni evidenti di cambiamenti nel sistema nervoso autonomo (sudorazioni, arrossamento), cambiamenti nel volto (emozioni espresse). Queste persone possono tenere lo sguardo fisso nel vuoto o avere problemi di attenzione, perdere improvvisamente l'orientamento rispetto all'ambiente circostante, cambiare il modo improvviso e ingiustificato il comportamento sociale o l'argomento della conversazione, parlare in modo confuso e perdere la parola, avere comportamenti ripetitivi (muovere in maniera ritmica è ripetuta la gamba), avere la necessità improvvisa ingiustificati di abbandonare l'ambiente nel quale ci si trova. Aree cerebrali coinvolte nella percezione del tempo: area motoria, cingolato anteriore dorsale, corteccia somatosensoriale, corteccia parietale, insula. Pratiche terapeutiche: per prima cosa si lavora prima sul post drammatico e poi sui disturbi dissociativi; importante instaurare fiducia, speranza e sicurezza in una relazione terapeutica sana; bisogna sottolineare la bi direzionalità, favorire la mentalizzazione; fornire un setting solido e stabile. è molto importante la fiducia in quanto il paziente traumatizzato ha paura della fiducia stessa, fidarsi per lui e il segnale di inizio di un'eventuale nuova tragedia, così altererà e condizioni terapeutiche per alleviare angoscia interne in secondo luogo via la modulazione dei sintomi attraverso anche l'introduzione della psicoeducazione successivamente viene l'elaborazione del trauma “rivestire i propri panni” andando a creare una significazione dei sintomi e andare a creare un senso a ciò che accade 1. brevi esercizi di respirazione (3-6 minuti) meditativa può essere utile non solo per migliorare il rilassamento, la consapevolezza della focalizzazione sul qui e ora ma anche per accrescere l'accuratezza della percezione temporale. Quando l'attenzione del paziente viene meno il terapeuta dovrebbe prender nota di cosa lo sta distraendo creando un aggancio verbale 2. Mantenere una consapevolezza sensoriale e mindful del proprio senso fisico di sé nel momento presente 3. costruire un senso narrativo incarnato del sé (“io sono nel presente”/ “io sono resiliente”) 4. Impegnarsi nella rievocazione intenzionale di eventi traumatici mentre si rende esplicito il contesto presente 5. Grounding: pratiche di competenze somatiche che consiste di divenire intenzionalmente consapevoli delle sensazioni fisiche che coinvolgono tutti i 5 sensi. Inoltre svolge anche la cognitività andando a chiedere direttamente al paziente “si ricordi che giorno/mese/anno è..”, o andando a richiamare ricordi positivi - tatto: “senti i tuoi piedi saldamente in contatto col terreno” - vista: “mi guardi”, “guardi che brutta la tazza del caffè”, mostrare un colore che da sicurezza x riportare il paziente al presente - olfatto: oli essenziali, candele profumate, profumi “importanti” per il paziente - gusto: offrire prodotti come gomme da masticare o caramelle - udito: “ascolti il tono della mia voce” bisogna provare varie tecniche che includono l'attivazione di vari sensi, uno alla volta, affinché gradualmente il paziente ritorni allo stato normale cosciente Pensieri L’esperienza cosciente deve essere valutata come una storia raccontata in prima persona dove fa fede: - contenuto: autoreferenziale negativo (anche no TRASC, ma lo è l’alterazione della prospettiva), disorganizzato, autocolpevolizzarsi (responsabili di aver causato o non esser stati capaci di impedire che accadessero le esperienze traumatiche). Presentano aspettative negative generali sul sé, sugli altri e sul mondo. Il contenuto del pensiero autoreferenziale attuale interagisce con il contenuto degli archivi mnestici: i ricordi autodefinito ori hanno un'influenza centrale sul contenuto del pensiero autoreferenziale e sugli attributi con i quali le persone definiscono se stesse (quando viene chiesto di recuperare dei ricordi autodefinitosi, è molto più probabile che selezionano ricordi di natura traumatica, considerando i ricordi di eventi traumatici come componenti centrali della loro identità personale, Andando a condizionare così il “sé operativo” attuale). Il pensiero negativo di per sé non può essere un indicatore di TRASC, in quanto i pensieri negativi li hanno tutti nella popolazione normale (pensieri negativi riconosciuti come propri) - struttura: forma, processo o modo alterato in cui la persona sperimenta consciamente il pensiero - narrazione: contenuti autoreferenziali negativi, significativa disorganizzazione (frammenti sensoriali e lampi di sensazioni emotive), manca coerenza e flusso temporale, mancanza di scorrevolezza nel racconto, ripetizioni e pensieri lasciati a metà e discorsi riempitivi, pensieri disorganizzati che implicano confusione e modalità di pensiero sconnesse, manca coesione causale, coerenza e coesione narrativa. La disorganizzazione narrativa è maggiormente presente durante i momenti percepiti come peggiore all'interno del racconto del trauma. La diminuita frammentazione nel racconto del trauma è correlata con un miglioramento dei sintomi. di solito vi è una scarna esposizione introduttiva e si entra nel dettaglio quasi Guarire il se traumatizzato mediante riflessione sullo schema di sé: interventi specifici per aiutare le persone a scrivere una narrativa più adattiva e per il loro futuro, rispetto a quella dolorosa e disorganizzata del loro passato. tra questi modalità vi è la terapia di elaborazione cognitiva per il trauma che ha come obiettivo quello di ristrutturare l'apprendimento relativo alle minacce esterne e alla cognizione interna negativa riferita al se; si basa sul dialogo verbale con esercizi carta e matita e da fare durante la seduta. Un esercizio valido per ricompattare il pensiero è il »BRAINSTORMING: L’esercizio va eseguito su un grande foglio di carta in modo da creare una combinazione verbale/visiva dello schema di se del paziente, per aiutare anche il terapeuta a focalizzare. All’interno di questo esercizio faremo una grande distinzione tra memoria semantica e autobiografica al fine di modificare l’attribuzione di senso al narrato, da negativa a positiva. Gli approcci strutturati alla terapia del trauma includono un lavoro diretto con le voci che sono tipicamente considerati parti del sé o vengono considerate come la voce personificata di aspetti diversi del paziente stesso o come voci di altri interiorizzati. Un esercizio terapeutico prevede un lavoro con una sedia vuota e un lavoro con due sedie. È fondamentale che l'intervento non contribuisca a consolidare ulteriormente il senso di separazione percepito dal se; al contrario dall'intervento ha come obiettivo l'aumento della funzione riflessiva e l'insight relativi al conflitto interno e al malessere del paziente che sta vivendo. la voce di un altro interiorizzato viene temporaneamente trasformato in un pubblico il paziente immagina che la voce occupi un assedio vuota nella stanza e gli rivolge la parola, comunicando, come la voce lo fa sentire. Dopodiché il paziente si siede nella “sedie della voce” ed esprime la prospettiva della voce in risposta alla sua affermazione iniziale. l'intervento destinato ad aumentare la capacità di assumere la prospettiva altrui e virgola la funzione riflessiva e la mentalizzazione. Alla fine si può intraprendere una conversazione reciproca moderata dal clinico con l'intervento che si conclude sempre con il paziente seduto nella sua sedia di partenza. a gruppi di persone che sentono voci spesso vengono anche proposte psicoterapie di gruppo che hanno lo scopo di normalizzare ridurre lo stress associato a tale esperienza; la riduzione della frequenza delle voci non è necessariamente uno degli scopi di tale intervento la terapia cognitivo comportamentale e le terapie narrative possono incrementare l'organizzazione narrativa tramite il racconto ripetuto degli episodi traumatici; potrebbe essere utile tracciare un grafico con la sequenza cronologica degli eventi sia positivi sia negativi sia traumatici della vita per andare a evidenziare i “buchi neri” nei ricordi. Questo esercizio è utile per l'identificazione di alcune esperienze chiave Corpo Damasio (1999) ci dice che lo spazio fisico non è l’unica modalità in cui mente corpo e sé entrano in connessione. Mente e corpo sono connessi all’interno dell’esperienza, questo possiamo notarlo per esempio nelle frasi «qui ci sono io»/questo è mio. Quando il se è traumatizzato, sia la psiche che il soma sono feriti. Gravi traumi interpersonali come nella tortura, nella violenza domestica ripetuta, nello stupro, nell'incerto, spesso insegnano alle persone che il loro corpo non è sicuro, che non è di loro proprietà, che è un luogo di disgusto e contaminazione di cui vergognarsi.  Il risultato è che le persone cercano di fuggire rifiutare e abbandonare il loro corpo; di conseguenza questa persona consapevolmente o meno, rifiuterà il proprio nucleo corporeo, la sua natura più basilare, creando una separazione dell'io dall'esperienza corporea. Ma cosa succede quando si passa dall’embodiment (essere un corpo) al dis- embodiment (senso di essere dis-incarnati)? Intervengono sintomi che sono chiamati depersonalizzazione e conversione. Le esperienze extracorporee sono definite come situazioni nelle quali la soggettività conscia viene percepita come localizzata in un punto dello spazio differente dal corpo fisico. Nella depersonalizzazione la persona fa l'esperienza di essere un osservatore esterno degli avvenimenti della propria mente o del proprio corpo accompagnato da - un senso alterato del tempo - ottundimento emotivo: non sentire emozioni mentre si piange oh si ride - ottundimento sensoriale: sentirsi irreali o tagliati fuori dal mondo - alterazioni del senso di sé: sentire il corpo come se non appartenesse al se (DEPERSONALIZZAZIONE) attivati o disattivati senza sentire allo stesso tempo qualcosa di piacevole o di spiacevole Le emozioni sociali sono state definite come le emozioni che richiedono la valutazione del significato dei pensieri, delle emozioni o dell'azione di un'altra persona rispetto al sé e che hanno come scopo primario la mia senatus di funzioni sociali (ammirazione, gratitudine, amore compassione e fierezza; rabbia, disprezzo, invidia, gelosia, colpa e vergogna) eventi interpersonali positivi possono creare fiducia in sé e autostima nella persona che li sta sperimentando mentre eventi interpersonali e negativi causano sentimenti negativi. Alessitimia: difficoltà a identificare e nominare le emozioni (sia “sentendo troppo” o “troppo poco”). Una persona può desumere la propria esperienza emotiva attraverso i segni psicofisiologici (es. pianto, riso) ma quando quest'ultimi sono assenti si troverà a non sapere cosa sta provando. le persone con alessitimia non sanno cosa stanno sentendo ma spesso riportano sentimenti negativi a causa del deficit di regolazione emotiva causata dall'incapacità di identificare, descrivere e quindi regolare il malessere. In aggiunta a ciò era ragionevole pensare che l'esperienza della vestiti amia in se stessa causi il malessere: non sapere cosa si sta provando può provocare ansia e disforia. L’emozione trova uno spazio sociale, narrativo, e assume proprietà di condivisibilità abbattendo i limiti biologici. Se le sensazioni esprimono informazioni viscerali su un registro inconscio (sub-simbolico), si evidenzia che il soggetto alessitimico non ha sufficientemente fatto esperienza del proprio corpo, mostrando l’impossibilità di rivolgersi alla propria corporeità e quindi ai registri di elaborazione superiori (simbolici). L’eziologia è legata alle interazioni precoci con i caregiver  grave trascuratezza emotiva, neglect , traumatizzazione ripetuta Non sentire niente  non sentirsi reale intorpidimento corporeo “sono una voce senza corpo, muovo il corpo così posso sentirlo” = dissociazione, depersonalizzazione, psicopatologia grave, abuso di sostanze  aiutare i pazienti a identificare una connessione tra esperienze somatiche stati emotivi posso aiutarti a superare l’alessitimia creando un linguaggio per i loro stati affettivi. Per esempio possono essere incoraggiati a comunicare a voce alta cosa proprio nel corpo mentre fanno un esercizio di body scan (es. contrazione, formicolio, schiacciamento, cuore che accelera). Se durante il body scan il paziente riferisce di non provare nulla sì puoi incoraggiare ad applicare una leggera pressione su una qualunque parte del corpo, a flettere i muscoli in modo da facilitare l'esperienza di sensazioni fisiche. L’alessitimia è un costrutto transnosografico, cioè è no specificatore che taglia per orizzontale un sacco di patologie: es. attraverso l’alessitimia definiamo perché uno schizoide è uno schizoide. Vergogna: la vergogna per presentarsi non solo come stato emozionale acuto ma anche come aspetto più durevole della struttura di personalità, appare essere elemento fondamentale in ogni singolo aspetto del loro essere. Gli abusanti utilizzano spesso insieme al senso di colpa anche la vergogna per mantenere le loro vittime in una posizione subordinata: l'individuo viene demonizzato, il valore della persona viene seriamente compromesso anche agli occhi della vittima stessa che inizia a valutare se stessa come meno di niente; ciò nostro diventa una convinzione di base ma è anche un'emozione di base: le vittime arrivano a sentire se stesse come orrende e repellenti. Ci si disapprova e la persona ritiene che gli altri lo disapprovino. la vergogna a differenza della colpa è accompagnata dalle sensazioni di essere pubbliche; nella vergogna il sé nella sua interezza viene sentito nel presente come la presenza del collasso può creare uno stato estremamente non responsivo e non coinvolto caratterizzato da marcato rudimento emotivo, analgesia a livello somatico e abbassamento del livello di coscienza che non favorirà una codifica dettagliata degli eventi. (dorsovagale) Anedonia: deficit/incapacità di provare emozioni positive in un contesto che normalmente dovrebbe provocarle. Molto spesso le persone traumatizzate riportano di provare emozioni negative (vergogna, rabbia, colpa, mancanza di dolore) davanti a stimoli “piacevoli”  interferenze affettive negative sulla capacità edonica Anedonia, alessitimia e ottundimento si manifestano in modo simile e sovrapposto Queste emozioni negative impediscono di sentire emozioni positive. è utile far pensare al paziente un episodio, una giornata positiva, un complimento, un sorriso ecc.. per aiutarlo a deconcentrarsi sulla sensazione negativa. inizialmente terrà a mente questa immagine per un breve tempo. La raccolta accurata della storia riguardante associazioni ricordi positivi nella vita dei pazienti rappresenta un primo passo importante per determinare quali possono essere le esperienze più appropriate da utilizzare in esercizi di visualizzazione immaginativa. Queste esperienze possono comprendere sentirsi al sicuro con qualcuno, trovare conforto con un proprio animale, passati i ruoli in cui si è sentiti competenti; può essere d'aiuto anche identificare i tratti di resilenza o risorse (utilizzate anche durante eventi drammatici. All'inizio i pazienti trovano difficile ricordare o creare associazioni positive ma con la persistenza del terapeuta, il paziente sarà in grado di identificare almeno un'associazione positiva Vi è una causalità bidirezionale e vincoli reciproci tra descrizioni e fenomenologiche della coscienza e misurazioni neurofisiologiche o oggettive; l'assunto della causalità bidirezionale significa che l'esperienza e la neurofisiologia sono intercausali: l'esperienza causa il cambiamento neurofisiologico e la neurofisiologia causa il cambiamento esperienziale. Rivalutazione cognitiva: comporta l'interpretazione intenzionale di uno stimolo di un evento attraverso una modalità che influenza il suo impatto tipico. Ad esempio se normalmente una persona si sente rattristita dalla fotografia di una donna che piange, la rivalutazione cognitiva potrebbe portare a interpretare la relazione della donna come lacrime di gioia, facendo sì che il soggetto non senta partecipazione per il dolore della donna ma sia piuttosto spinto a condividere l'allegria. La reazione normale automatica di rispondere a uno stimolo emotivo (elaborazione di primo ordine) è scavalcata intenzionalmente attraverso la manipolazione attentiva (l'elaborazione di secondo ordine). Questo compito richiede di fare un passo indietro rispetto al modo usuale di sperimentare se stessi e il mondo, il modo da percepirle intenzionalmente un modo nuovo e più adattivo. “Ero consapevole dei miei pensieri e delle mie emozioni senza identificarmi eccessivamente con essi”  il sé non è lo stato emozionale l'intero senso del dell'individuo e inghiottito dall'onda di uno stato emozionale che arriva a consumare il se  il sé è lo stato emozionale  non vi è separazione esperienziale tra il sé e l'emozione per cui l'emozione non può venire regolata e vi può essere l'esperienza della perdita di controllo = sé inghiottito es. il sé viene inghiottito dalla vergogna= senso stabile cap. 7 COME SI CURA UN SE’ TRAUMATIZZATO? Dobbiamo aspettarci per la guarigione un lasso di tempo simile a quanto ci è voluto perché si strutturasse un sé traumatizzato. La funzione adattativa del trattamento è quella di connettere mente e corpo (Porges, 1995): terapia del "sentirsi al sicuro" concentrandosi sulla respirazione e sulla prosodia, in modo che la terapia diventi un esercizio neurale. Promuovere lo sviluppo delle capacità di regolazione del Sé (Leahy, 2013; Bernstein, 2015) e delle funzioni autonomiche alterate (Porges & Dana, 2018) L'obiettivo terapeutico non è rappresentato solo dalla diminuzione degli Stati emozionali negativi ma anche dalla possibilità per la persona traumatizzata di abitare anche il lato positivo del quadrante emotivo potendo in questo modo vivere esperienze positive di varie intensità, come la gioia.  se il paziente sente meno malessere ma non è in grado di provare stati più frequenti di gioia, fierezza trionfo e compassione il trattamento dovrebbe essere considerato incompleto. Ci dovrà essere una reintegrazione all'interno della comunità la quale dovrebbe sostenere ulteriormente lo sviluppo della resilienza per favorire le potenzialità di una crescita continua Modello generale della terapia del trauma introdotto da Pierre Janet per l’isteria in seguito sviluppato per il PTSD complesso e i disturbi dissociativi come insormontabile. Una forte alleanza terapeutica è di primaria importanza per aiutare il paziente a sopportare il senso di perdita e la tristezza che ne deriva; inoltre è benefico rispettare un ritmo che rassicura il paziente, e benefico vedere il lutto come un ponte che connette il passato con il futuro  a seconda di processi linguistici utilizzati dal paziente, i suoi processi immaginativi, la ricostruzione di un copione (cioè ricodificare vi ricordo in modo da renderlo meno stressante) si può utilizzare un approccio più strutturato con una forma relativamente fissa, lineare e sequenziale, oppure un approccio meno strutturato e più esplorativo (es. Associazione libera) Supporto sociale: Molti pazienti hanno sempre percepito se stessi come isolati e estraniati rispetto al mondo a causa del segreto dei propri traumi. Credono di essere molto diversi dagli altri, credendo che il loro cervello, mente e corpo funzionino in modalità diverse da quello delle altre persone e tale sentimento può portare a isolamento. inoltre proprio la sintomatologia TRASC può rendere difficile per le persone traumatizzate la partecipazione al mondo sociale che mi circonda perché rende incapaci di comprendere identificarsi con le esperienze della coscienza normale in stato di veglia. il supporto sociale soprattutto dopo l'avvenimento di un evento traumatico rappresenta un forte produttore positivo di resilienza e guarigione attraverso il semplice riconoscimento empatico dagli altri. Il supporto può essere dato da partner amici, familiari, colleghi di lavoro, vicini di casa, personale di polizia, mass media, terapia di gruppo… in particolare la terapia di gruppo può diminuire il sentimento di isolamento sociale promuovendo padroneggiamento ed empowerment. le persone traumatizzate hanno difficoltà ad avere una teoria della mente adattiva a causa delle loro storie traumatiche, avendo così problemi con la condizione sociale. La teoria della mente si riferisce al fenomeno di cosa due persone anticipano l'una dell'altra interpretando l'azioni una dell'altra sia in presenza che in assenza dell'altra persona. riguardo la condizione sociale queste persone possono avere difficoltà significative quando interpretano il significato delle azioni altrui o quando attribuiscono in maniera regolare ma erronea un significato a segnali o azioni affettive degli altri.  questi elaborazioni cognitive avranno un effetto deleterio sulla qualità delle relazioni interpersonali. Inoltre i deficit di mentalizzazione hanno conseguenze sulle risorse della persona nel ruolo di caregiver facilitando quindi la trasmissione intergenerazionale del trauma Dato che manca un robusto senso del sé, le persone traumatizzate si trovano spesso sopraffatte non solo dalle proprie difficoltà essenziali ma si caricano anche dello stress e delle difficoltà altrui  l'Intersoggettività rappresenta una quinta dimensione della coscienza che si riferisce allo stato fenomenologico vissuto da due o più persone nel contesto della presenza reciproca (“la mia esperienza di quello che la tua esperienza può essere momento per momento”). in alcuni casi la coscienza dell'intero oggettività era rappresentata da un'esperienza comune tra due o più persone es. Due persone possono sentirsi molto vicine oppure molto distanti, ognuna avendo la sensazione che l'altra debba sentirsi allo stesso modo; un gruppo di persone si sente in ansia per qualcosa e tutti sanno di non essere gli unici a sentire l'ansia ma comunque tutti evitano di avvicinarsi o di tentare di risolvere la sorgente dell'ansia In ognuno di questi casi, sebbene l'esperienza di ognuno sia privata, attraverso l'interfono viviamo un'esperienza che sembra pubblica. Stati intersoggettivi di coscienza che rappresentano esperienze interiori di incontri interpersonali possono essere condivise in modo esplicito attraverso un dialogo aperto, ricettivo e riflessivo riguardo gli Stati fenomenologici vissuti sia dal paziente che dal terapeuta così come nascono in tempo reale nel corso dell'ora di terapia L'elemento chiave del trattamento è la mentalizzazione, oltre che a formare un'esperienza vissuta profondamente di che cosa sia una relazione sana. Oltre al lavoro sui contenuti degli eventi traumatici, il lavoro terapeutico deve sostenere la prospettiva della mentalizzazione rispetto al significato e all'effetto del trauma; in questa prospettiva l'attenzione è primariamente rivolta da menti del paziente e non all'evento LEZIONE Un autore importantissimo è Schore, che vede il trauma in maniera globale e lo collega alla disregolazione emotiva. Distingue anche STRESS ACUTO E CRONICO: è in quest’ultimo che si prende distanza dagli eventi, e quindi dalle emozioni collegate al trauma. Nel trauma complesso dunque la risposta al trauma non si conclude mai; questa stessa risposta diventa parte della struttura personologica. l trauma dà luogo alla dissociazione, che porta a disordini mentali e psicosomatici spesso legati a disregolazione degli impulsi; queste dinamiche sono terreno fertile per lo sviluppo di dipendenze. Tornando all’ascolto, vediamo cosa ci fa vedere in merito. Notare le dissociazioni può sembrare semplice, ma non dobbiamo solo osservare i contenuti del momento presente, ma anche e soprattutto il COME vengono comunicati (appiattimento del tono di voce?), e per farlo è necessario l’ascolto liberamente fluttuante. Nel complesso, osserviamo verbale, non verbale, para-verbale e sensazioni in noi suscitate. A emergere a quel punto potrebbe essere un gesto o un evento (Es.: enactment dell’arrivare in ritardo. “Come una partitura che inizia con due minuti di silenzio”). Persino nella sensazione di non aver nulla da dire si può trovare spunto di discussione e approfondimento; magari può emergere che questa sensazione è legata a vergogna, in quanto essendo in seduta il paziente sente di dover per forza comunicare qualcosa. Eppure non c’è scritto da nessuna parte nel contratto, tantomeno che in caso non si abbiano cose da dire ci si debba vergognare. Sono quindi dei lasciti di copioni consolidati negli anni, cose che il soggetto ha scritte dentro di Sé. A quel punto con l’ascolto e la successiva esplorazione abbiamo il compito di integrare le parti: è questa l’essenza della terapia per la dissociazione. Un altro esempio di enactment opposto al precedente è quello di chi arriva in anticipo e citofona allo studio. Esempio: un ragazzo arriva in seduta parlando della sua attuale relazione con una ragazza e di alcuni pensieri intrusivi che gli dicono di lasciarla; in una precedente relazione era stato lasciato per un altro, e continua inoltre a sognare di trovarsi alla guida di un’auto che è senza freni e ha paura di schiantarsi. Collegando il tutto, emerge ansia,paura di sentirsi disregolato e richiesta di aiuto nel farlo. Al momento dell’enactment, il paziente chiaramente non dà senso all’arrivare in anticipo, ma approfondendo questo tema sarà poi possibile che comprenda il collegamento con quanto detto e ci dia una risposta. Altro tema è la paura di fidarsi: teme di essere tradito, e per questo arrivano i pensieri che gli dicono di lasciarla, proteggendosi. In questi momenti è fondamentale non insistere troppo: la collaborazione è fondamentale, e se manca è fondamentale allentare la presa e ritornare sul tema in un momento più opportuno; è facile che emergano temi collegabili andando avanti, perciò sapremo riaprire il discorso collegando grazie all’attenzione liberamente sospesa. Riassumendo, negli enactment vengono evocati tutti quei vissuti e quegli aspetti che il paziente non vorrebbe mai far emergere, che vorrebbe evitare. PSICOTERAPIA E TEORIA DELL’ATTACCAMENTO CAP.11 costruzione del crogiolo dello sviluppo fornire una base sicura per la caratteristica che definisce una relazione di attaccamento sufficientemente buona  regolazione degli affetti, equilibrio tra connessione ed esplorazione, confidenza con il proprio sé, fiducia negli altri, sensazione che il mondo sia un posto sicuro  base sicura internalizzata. Promuovere una comunicazione collaborativa= arrivare a conoscere la mente di un altro e tenerla in considerazione nello strutturare e regolare le interazioni 1. strutturare l'interazione in modo da imparare il più possibile i sentimenti, desideri, necessità e punti di vista 2. cominciare la riparazione interattiva non appena ha luogo la rottura 3. tenere aggiornata la capacità di dialogo in modo da stare al passo con l'altro 4. capacità di dialogo sia affettivo sia linguistico che possa accogliere quanto più è possibile l'esperienza soggettiva del paziente (sentimenti, pensieri e desideri) 5. atteggiamento di accettazione accompagnata dall'aspettativa che il paziente possa fare qualcosa di più di ciò che lui stesso al momento attuale sia convinto di poter fare 6. voglia di confrontarsi, porre dei limiti e combattere con lui  sensibilità responsiva (genitore), sintonia empatica (terapeuta Sforzi intenzionali del terapeuta di rendere disponibile per il paziente una relazione di attaccamento sana: - rendere inclusivo il dialogo: 1. Riconoscere l'esperienza del paziente: i pazienti hanno bisogno che li aiutiamo ad accedere all'intera gamma dell'esperienza soggettiva, in modo che la possano esprimere. “la parte cruciale viene svolta dalle comunicazioni emotive che il paziente ha con il suo terapeuta”. Dobbiamo sintonizzarci su ciò che il paziente può trasmetterci soltanto in modo non verbale in quanto molto spesso provengono da uno stile di attaccamento di tipo insicuro, per cui non sapranno analizzare l'esperienza emotiva (volto del paziente, tono della voce, postura). Si riesce a cogliere il linguaggio non verbale attraverso la propria esperienza soggettiva, responsività autoriflessiva, ricerca empatica introspettiva e un'attenzione oscillante. Sarebbe utile rendere esplicita paziente la propria esperienza del paziente stesso, di se stessi e della interazione: il fatto di tradurre chiaramente in parole tale esperienza può aiutare il paziente ad accedere ad aspetti disconosciuti della tua esperienza Spesso le parole dei pazienti sono un resoconto molto parziale o fuorviante di ciò che sentono realmente, di conseguenza le entrate del terapeuta può essere un punto di partenza Parlare alla parte dell'esperienza sulla quale il paziente al momento non si esprime. Il paziente deve poter trovare nelle parole del terapeuta una sua immagine riflessa che può consentire al paziente di sentirsi riconosciuto dal terapeuta al livello più profondo e accettato 2. comunicare il riconoscimento dell'esperienza del paziente: in modo tale che paziente si senta capito: piuttosto che cercare di cogliere i sentimenti del paziente, ciò che il terapeuta deve fare è operare in modo che i sentimenti del paziente gli arrivino (al pazient e stesso) permettere di sentirsi. separazione contribuisce alla fiducia del paziente nella relazione intesa come base sicura non è la perdita o il trauma in sé che si risolve in attaccamento disorganizzato ma piuttosto la perdita o il trauma che non è stato mai risolto Per i pazienti in psicoterapia ogni rottura nella continuità della relazione è un innesco potenziale di antichi sentimenti e antiche offese: - pazienti in uno stato della mente preoccupato spesso diventano ansiosi quando si tratta di separazione - pazienti distanzianti reagiscono come se si trattasse di un non evento - pazienti irrisolti possono diventare disorganizzati e disorientati è di vitale importanza che i terapeuti siano consapevoli delle proprie risposte caratteristiche alla separazione per paura di ripetere con i propri pazienti e scenari problematici con i quali si potrebbe avere familiarità Concludere la terapia è un atto di separazione estrema anche se i pazienti possono tornare dopo che la terapia è finita, concluderla è un processo di enorme rilevanza emotiva e potenzialità terapeutica. mettere fine alla nuova relazione di attaccamento può avere effetti profondi, dolorosi e per questo motivo la conclusione fornisce un'opportunità supplementare di rivisitare e risolvere ulteriormente le questioni passate. - I pazienti preoccupati per favore dell'abbandono, al momento della conclusione della terapia tenderà a protestare - i pazienti distanziati possono aver bisogno che il terapeuta sbarri la porta ad altre cose per lasciare tutto lo spazio necessario a quella esperienza emotiva che il paziente teme e desidera - i pazienti irrisolti che rischiano di essere distrutti dalla perdita e sono anche terrorizzati di rimanere soli possono aver bisogno che il terapeuta dia loro la possibilità di realizzare una conclusione a scalare in cui i pazienti possano lasciare la terapia prematuramente con l'intesa di poter ritornare in terapia quando lo sentono Valutare lo stato mentale del paziente rispetto all'attaccamento: può consentire al terapeuta di identificare quale potrebbe essere il principio è la metafora che conferiscono una particolare forma non solo alle relazioni del paziente ma anche vari aspetti del paziente stesso. - Paziente con uno stile di attaccamento evitante: essendo cresciuto con genitori emotivamente distanti che erano rifiutanti o controllanti, un simile paziente fa lo stesso e agli altri ciò che è stato fatto a lui. Nella relazione tende a essere quello che rifiuta, che tiene le distanze e che controlla (anche i propri sentimenti). quando comincia a vivere le proprie mete i propri desideri come veramente suoi può facilmente succedere che comincia a sentirsene controllato e tenderà quindi a rifiutarli. E fuori contatto rispetto a se stesso e agli altri così come i suoi genitori lo erano suoi riguardi. la metafora guida in questo caso è: autoisolamento per evitare di essere rifiutato o controllato.  che genere di sentimenti, desideri, pensieri e comportamenti potevano trovar posto in relazione di quel tipo? che cosa aveva bisogno di negare o sopprimere il paziente? quali strategie relazionali e di regolazione degli affetti hanno per il paziente per mantenere legami di attaccamento? = rispondere a queste domande ci aiuta a determinare cosa il paziente abbia necessità di ricevere da noi le indicazioni più valide per identificare i modelli di attaccamento dei pazienti derivano dalla Adult Attachment Inverview (AAI). questa è strutturata in modo simile a un'intervista clinica. Dopo la valutazione e afferrare gli aspetti della persona di cui non si può parlare direttamente in quanto lo stato della mente rispetto all'attaccamento è il prodotto dei modelli operativi interni e delle regole che in quei modelli sono codificate che sono in larga misura non consce e implicite. Per cui risulta più interessante non ciò che una persona ci possa dire esplicitamente ma ciò che implicitamente ci mostra attraverso le modalità della sua conversazione - narrazioni coerenti e collaborative riflettono modelli operativi sicuri - narrazioni segnate all'incoerenza dal l'irrilevanza riflettono modelli operativi insicuri o disorganizzati la narrazione di una persona riflette che il modello operativo interno è direttamente applicabile alla valutazione clinica nel setting terapeutico: il modo in cui pazienti usano le parole e sirena aspetti dell'esperienza che non possono essere tradotti in parole.  La prima o le prime due ore della psicoterapia sono un contesto utilizzato dal paziente per attivare il comportamento di attaccamento o di difese nei confronti di quel comportamento bisogna stare attenti a quattro dimensioni della narrazione: - qualità: “ha prove evidenti di quello che dice?” - Quantità: “riesce paziente a essere completo nella sua comunicazione?” - relazione: “riesce il paziente a mantenersi attinente alla questione?” - modo: “riesce il paziente a comunicare in modo chiaro?” I pazienti sicuri riescono a comunicare in modo chiaro ed essere pertinenti. Riescono a parlare in modo ponderato e danno l'impressione di rimanere in buona connessione col terapeuta e attenti allo scopo della conversazione. i pazienti distanziati hanno difficoltà ad essere credibili e collaborativi, spesso contraddicono ciò che asseriscono. Sono anche esageratamente succinti e hanno poco da dire sulle esperienze che si riferiscono all'attaccamento spesso giustificandosi dicendo che semplicemente non ricordano (per preservare il miglior attaccamento possibile era per loro più utile e non ricordare o non essere consapevoli dei desideri, sentimenti o esperienze relative al bisogno di connessione col caregiver). le comunicazioni dei pazienti preoccupati sono pieni di contrasti, possono essere veritiere ma è raro che siano succinte, pertinenti o chiare. i loro sentimenti intensi e sofferti spesso contribuiscono a generare narrazioni divaganti, vaghe e difficili da seguire. CAP.12 il paziente distanziante Questi pazienti possono essere situati in un continuum che ha a un estremo gli ossessivi e all'altro estremo i narcisisti e gli schizoidi. I pazienti di questo tipo hanno enormi difficoltà a dare la fiducia necessaria agli altri per poter essere con loro in una intimità genuina ma anche per loro è possibile avere relazioni stabili. non riescono a estinguere i propri bisogni di attaccamento imposti da ragioni biologiche  Fiducia compulsiva in se stessi, sovrastima del proprio valore= ciò richiede di rimanere lontani da qualunque sentimento, pensiero o desiderio che possa indurli a cercare sostegno Questi pazienti sono riluttanti a provare emozioni che possano stimolarli entrare in relazioni profonde con gli altri e ancora più riluttanti a esprimere emozioni. con questi pazienti va creata una connessione emotiva e confrontazione per generare cambiamento: dobbiamo metterci in sintonia profonda con i segnali affettivi elusivi del paziente, molto spesso comunicati con il corpo, ma anche con i cambiamenti del nostro stato psicobiologico. = l'attenzione alla nostra esperienza interiore ci può dare ottimi frutti e non dobbiamo essere troppo preoccupati di nascondere i nostri sentimenti (Ekman dimostra che il volto impassibile non appiattisca soltanto l'espressione delle nostre emozioni ma anche l'esperienza che possiamo ricavarne nella terapia)  introdurre nella terapia di questi pazienti i nostri sentimenti personali può aiutarli a cominciare a integrare i propri che sono scissi Ma bisogna essere importanti per loro (ciò va contro con la strategia disattiva del paziente distanziante che consiste nel diminuire l'importanza degli altri). = bisogna mettere il paziente in condizione di consentire che il terapeuta ha questi importanza (Per riuscire a contare qualcosa per il paziente distanziante potremmo aver bisogno di fargli sapere quanto egli conti davvero per noi). Connessione emotiva e confrontazione= tradurre in parole la nostra empatia per l’esperienza del paziente Può diminuire la paura del paziente che vogliamo controllarlo o rifiutarlo; ma può anche avere l'effetto contrario: Questi pazienti hanno imparato poco nel campo dell'empatia dalle figure di attaccamento e come risultato, la nostra comunicazione empatica può essere “greco” per loro, per cui è molto utile l'espressione intenzionale o spontanea della nostra esperienza soggettiva nella comunicazione col paziente (confrontazione). significa rivelare qualcosa di ciò che sentiamo il fatto che noi mostriamo la nostra emozione può essere particolarmente importante per i pazienti. La nostra esperienza soggettiva può fornire una strada chiave per giungere al sono troppo timorosi di affermare se stessi e troppo desiderosi di piacere. nel setting della terapia si comportano come se fossero impotenti sia nel gestire la loro angoscia sia nel cercare di capirla. la loro prontezza di impegnarsi nella relazione terapeutica è più un segno del loro desiderio di compiacere e non un'indicazione della capacità di collaborare. Per assicurarsi quel conforto da parte del terapeuta questi pazienti sanno che devono mantenere un'apparenza di disperazione e nello stesso tempo aiutare il terapeuta ad avere sensazioni positive. L'affievolirsi della fiducia nella strategia per attivante va di pari passo con l'accrescersi della capacità di vivere il terapeuta come in base sicura. E solo nella misura in cui si sentono meno costretti a monitorare o gestire le risposte del terapeuta che i pazienti preoccupati possono concentrare pienamente l'attenzione sulle proprie esperienze; solo così si può diventare una base sicura. Bisogna cercar di puntare a una relazione che incoraggia il paziente a mettersi in relazione con quanto più è possibile della sua esperienza e dobbiamo aspettarci dal paziente più di quanto lui stesso inizialmente si senta capace: dobbiamo cioè, riconoscere e reclutare quelle risorse interne che il paziente potrebbe non volersi riconoscere. o Inclusività: quando i pazienti preoccupati esprimono i propri sentimenti loro scopo non è tanto quello di esprimere se stessi quanto quello di ottenere l'attenzione o l'aiuto degli altri in quanto credono che altrimenti sarebbero indisponibili nei loro confronti. bisogna utilizzare il trucco che quando il paziente esprime pubblicamente le proprie emozioni noi riusciamo a essere disponibili né più né meno di quando lui non le esprime. o il gradiente dello sviluppo: È molto utile partire dall'assunto che il paziente sia capace di sentire e di pensare più approfonditamente di quanto appaia, in quanto generalmente i pazienti tendono a sottostimare i propri punti di forza e le proprie risorse. probabilmente è più utile limitarsi a esplorare il punto di vista della paziente sulle proprie capacità e su come col suo modo di vedersi possa svilupparsi nel tempo e inoltre, è di vitale importanza intervenire con modalità che comunicano implicitamente la convinzione che il paziente sia più capace di quello che lui stesso crede. Se vogliamo essere d'aiuto nell'attivare il sé riflessivo del paziente preoccupato dobbiamo pensare per il paziente ma senza esagerare, dobbiamo modellare il suo mentalizzare (per esempio esprimendo con chiarezza i nostri pensieri a proposito dei sentimenti che vengono evocati); ma invece di prenderci la responsabilità esclusiva di dare un senso alla sua esperienza, si farà meglio a invitarlo a unirsi a noi nell'impresa o a chiedergli di parlare ad alta voce mentre pensa alla propria esperienza. Ricordare: il paziente ha realmente paura di sviluppare un senso di fiducia e di indipendenza perché autonomia e iniziativa personale sono state scoraggiate nella sua infanzia e perciò oggi sono percepite come incoerenti rispetto alle condizioni che il paziente ha su se stesso. Più il paziente cercherà di essere “un buon paziente” (dimostrazioni di angoscia, tendenza a compiacere il terapeuta, disperazione) più profonde sono la diffidenza del paziente e la sua angoscia riguardo l'abbandono. Il terapeuta deve avere uno stato della mente sicuro riuscendo così non solo a interagire in modo relativamente libero ma anche ad aiutare il paziente a dare un senso al suo ruolo nelle interazioni che si creano. transfert erotico: rappresenta un modo di difendersi dalla lontananza ma anche un modo di difendersi da problemi più fondamentali legati all'attaccamento. quando gli uomini distanzianti sviluppano sentimenti di sessuali per il terapeuta, quei sentimenti possono riflettere il bisogno di evitare l'intimità e la dipendenza perché sessualizzare il terapeuta può essere un modo di svalutarlo come figura di attaccamento dalla quale il paziente potrebbe tanto dipendere. l'impatto emotivo del transfert erotico su noi terapeuti può differire a seconda del nostro stato della mente rispetto all'attaccamento: se il nostro stile tende a distanziante potremmo vedere di buon occhio il desiderio di vicinanza perché dà sostegno al nostro amor proprio; se il nostro stile tende a essere preoccupato potremmo vedere di buon occhio il desiderio del paziente come un segnale di intimità ma possiamo viverlo come frustrante perché rappresenta un invito che dobbiamo rifiutare e presumiamo che il paziente avrà la sensazione che sia lui stesso e non il suo desiderio, che stiamo rifiutando. nella misura in cui riusciamo a dare spazio a questo abbiamo l'opportunità di esplorare il suo ruolo nella relazione terapeutica. Per il fatto che questo desiderio da parte del paziente non può essere mai gratificato appieno, può rappresentare l'esternazione del modello do desiderio frustrato che caratterizzava anche l'attaccamento originale del paziente (RIVIVERE). Talvolta questo transfert è un cammino nel tentativo di ù sviluppare una più profonda capacità di dar fiducia e di amare va preservato il rapporto asimmetrico (rispondere si lo toglierebbe) per la divisione dei ruoli, diventerebbe un relazione come tutte le altre - BORDERLINE, Modello della rabbia e del caos/irrisolti : i pazienti borderline hanno uno stato della mente preoccupato rispetto all'attaccamento in quanto hanno spesso fatto esperienza di storie caratterizzate da traumi o perdite ricorrenti. Invece di avere un senso di sé stabile questi pazienti sentono il proprio interno come caotico e vuoto, le loro emozioni sono dolorose e soverchianti, le loro relazioni tempestose in quanto sono combattuti tra il terrore della dipendenza e i propri bisogni. Quando sono in preda alla disperazione possono cercare di avvicinarsi, ma quando sono nel bel mezzo della rabbia si ritirano. cercare di salvare un uomo in procinto di annegare che però lotta per respingere ogni aiuto come se dovesse difendersi da un attacco con questi pazienti la sfida consiste nel non farsi cacciar via. Dobbiamo essere capaci di offrire una combinazione di empatia e di imposizione di limiti: quando la relazione terapeutica può diventare sufficientemente contenente, il paziente avrà finalmente l'opportunità di sviluppare quel genere di instabilità interpersonale e interna per la quale l'attaccamento primario il paziente non ha fornito alcun modello. o Empatia= senza la sintonia empatica del terapeuta il paziente di sentirsi non riconosciuto e solo, oppure peggio ancora, minacciato e tradito. Una sintonia del genere dipende da almeno tre cose: capacità di attingere a una teoria e ai risultati della ricerca che siano pertinenti apertura all'interno spettro dell'esperienza e capacità di interagire quel paziente con modalità tali che possono mentalizzare gli ostacoli all'empatia e alla relazione. la principale barriera che preclude l'accesso all'empatia e il controtransfert negativo del terapeuta in cui può diventare per noi difficile metterci nei panni del paziente quanto serve per afferrare la logica emotiva della sua esperienza. Trovare il modo di tradurre in parole la nostra esperienza in modo silente dentro di noi oppure con il paziente è sufficiente per modulare i nostri sentimenti. Questi pazienti avevano genitori imprevedibili, arrabbiati o indisponibili con modi di fare che mettevano paura. vi è una vittimizzazione dell'infanzia e un sé che incorpora le risposte della figura di attaccamento abusante; ma poiché questo se è nello stesso tempo persecutorio in disaccordo verso il vero sé, deve essere espulso  Proiezione di questa pericolosa presenza interna che assicura che siano gli altri a essere percepiti come persecutori. quando gli altri non sono disponibili il paziente può sentirsi costretto a dirigere su se stesso la sua persecuzione con attacchi crudeli diretti verso se stesso (automutilazione). Per questi pazienti è come se l'altro internalizzato non solo incombesse in modo ingombrante ma fosse anche mal disposto a minacciare regolarmente il sé. Dato che sono pazienti privi di un se riflessivo o mentalizzate, loro vivono in un mondo soggettivo il cui carattere è definito dalle realtà fisiche più che psicologiche, da azioni più che da parole  almeno all'inizio della terapia con questi pazienti, ha un maggiore impatto più quel che facciamo di quel che diciamo, più quel che mostriamo di quel che diciamo. Da pazienti di questo genere siamo messi alla prova ripetutamente ma anche quando falliamo (es siamo punitivi o rifiutati), c'è l'opportunità della riparazione, mostrando che c'è spazio per il fallimento e che se tollerabile nella misura in cui non confondiamo la parte con il tutto. o Stabilire dei limiti: Non dobbiamo cercare di controllare il paziente. la formula è “se lei fa x, io farò y”  “se lei mi tira addosso qualche oggetto la seduta ha termine”. i limiti sono necessari per proteggere entrambe le parti e la terapia. CAP.14 il paziente irrisolto  Quando le vecchie esperienze traumatiche possono essere rivisitati senza che il paziente si senta nuovamente traumatizzato (vivere il trauma nel presente), le memorie del trauma cambiano, ricevendo un nuovo contesto di ricordo con sentimenti e significati elaborati nella sicurezza della relazione terapeutica.  Nello stabilire il nuovo contesto per il trauma del passato abbiamo bisogno anche di creare nuovi collegamenti tra l'inquietante passato e le sue conseguenze nel momento presente. Bisogna richiamare alla mente il trauma senza incorrere in una nuova traumatizzazione, dare un nome ai sentimenti e alle sensazioni corporee relative al trauma, rendere esplicite le memorie implicite, mentalizzare (rispondere al paziente alla luce di sentimenti, bisogni e credenze CAP.15 il regno Del non verbale L'esperienza preverbale di attaccamento del paziente, il trauma per il quale non ha parole, i sentimenti e i bisogni che ha dovuto scindere sono in gran parte cose accessibili, NON per come sono espresse a parole ma per come il paziente le evoca in noi. è la sensazione di che cosa sta avvenendo qui, di cosa si sia realmente sviluppando nella relazione terapeutica. Per minimizzare il rischio che la nostra attenzione sia monopolizzata dalle parole del paziente dobbiamo ricordare di leggere linguaggio non verbale del paziente e di fare ogni tanto una pausa. Ciò che i pazienti non possono esprimere in modo articolato tende a essere evocato, messo in atto o incorporato (ciò che i pazienti evocano in noi, spesso noi lo mettiamo in atto; ciò che i pazienti incorporano spesso lo evocano in noi…) sia il paziente che il terapeuta possono essere a vicenda una presenza evocativa del non verbale: nonostante ciò la relazione si caratterizza di asimmetria anche per il fatto che il terapeuta attraverso l'esperienza clinica e la terapia personale, può avere una capacità ben sviluppata di tollerare di riconoscere i sentimenti propri e quelli degli altri ciò fa sentire il terapeuta, a differenza del paziente, più sicuro e di offrire flessibilità e sintonia empatica che rendono possibile una relazione di attaccamento sicuro. Differenze individuali nella percezione nell'espressione dell'esperienza nel Regno del non verbale: - responsività sensibile: Può essere legata anche al controtransfert. è la capacità di leggere accuratamente i segnali non verbali del bambino e di comunicare in modo non verbale risposte contingenti; vale a dire sintoniche combacianti con insegnali del bambino. Analogamente ciò si fa con il paziente: rispondere ai segnali non verbali del paziente attraverso modalità non verbali che consentano a lui di sentire che i loro stati interni non sono soltanto capiti ma anche sentiti dal terapeuta. la ricerca afferma che le persone che sono più sicure sono anche le più abili nella comunicazione non verbale, Una persona evitante tenderà invece a essere molto limitata di espressioni facciali ad esempio; mentre le persone molto ansiose tendono ad essere molto espressive. - Che ne facciamo di ciò che è stato evocato?: Cosa dovremmo fare dell'esperienza che paziente evoca in noi dipende dalla sensazione conscia di ciò che ha probabilità di essere la cosa più utile per il paziente; l'uso che realmente ne faremo dipende da una moltitudine di fattori che includono la nostra personale situazione psicologica, lo stato d'animo, le preoccupazioni del momento, l'influsso del paziente. Il condividere la propria esperienza emotiva con il paziente può creare una relazione terapeutica che sia inclusiva e che richieda ai pazienti un po’ più di quanto loro si aspettino da se stessi; condividendo, c'è anche la possibilità di evocare sentimenti scissi (Flusso evocativo fluisce in entrambe le direzioni Quanto più riusciamo a rendere esplicito l'implicito, tanto più aumenta la probabilità che la relazione del paziente con il terapeuta possa alla fine essere vissuta come sicura sintonica collaborativa e inclusiva; come nello sviluppo del bambino una simile comunicazione aperta dipende in gran parte dalla sensibilità del caregiver ai segnali del bambino (parallelamente ciò dipende dalla sensibilità del terapeuta e segnali non verbali del paziente, inclusi quelli che sono trasmessi con l'evocazione dell'esperienza nel terapeuta)  In che misura questa nostra esperienza emotiva è realmente evocata dal paziente, o in che misura è solo nostra? = bisogno di distinguere tra risposte di controtransfert concordanti empatiche e risposte complementari. - contratransfert concordante (sento il paziente): Le prime si pensa che si manifestano quando il paziente evoca nel terapeuta una identificazione con un aspetto discontinuo dell'esperienza propria del paziente (Tristezza che il terapeuta si ritrova a vivere in seguito a una percezione di tristezza nel paziente) - controtransfert complementari (sento il terzo): le seconde possiamo pensare che si manifestano quando il paziente evoca nel terapeuta una identificazione con un aspetto dell'esperienza internalizzata del paziente dopo averla vissuta con un terzo (terapeuta arrabbiato per ciò che sembra essere una mancanza di coinvolgimento del paziente  plausibile che si tratti di un'identificazione con il bambino (paziente) mentre interagisce con i caregiver) A dispetto di ciò che possiamo credere di star scegliendo consciamente di fare con il paziente, sono spesso i nostri inconsci bisogni, sentimenti e tensioni di essere decisivi, sono questi che arrivano al paziente per mezzo dei canali della comunicazione non verbale. Nella relazione terapeutica la persona nel cercare di comunicare qualcosa attraverso parole, il paziente sembra mirare a far sentire qualcosa all'analista o a stimolarlo a fare qualcosa. La messa in atto di un comportamento molto spesso, durante la terapia è di frutto e inconscio e, nella misura in cui riusciamo a diventare consapevoli del significato di ciò che stiamo facendo in una messa in atto e riusciamo a portare una tale consapevolezza all'interno del dialogo con il paziente; questo dialogo diventa spesso più inclusivo e il nostro ruolo nella messa in atto meno limitante. Modelli di messe in atto: - collusione: La coppia terapeutica che collude ha concluso un patto inconscio che è al servizio dei bisogni auto protettivi di entrambi i partner. in un patto di questo genere le difese individuali di un partner possono rispecchiarsi nelle difese dell'altro o adattarsi a esse (es. Un terapeuta e un paziente i cui stili distanzianti si rispecchiano a vicenda, possono colludere per tenersi alla larga dai sentimenti forti; così facendo possono mettere in atto una relazione emotivamente distante che è familiare a entrambi; finché la messa in atto non è riconosciuta, questioni di vitale importanza ma che provocano ansia, continuerà a essere evitate). Collusioni meno stabili possono aver luogo quando le difese del terapeuta e del paziente sono diverse, ma tuttavia si adattano (es. Terapeuta che ha un modello di attaccamento preoccupato può contenere o anche manifestare tutti i sentimenti che il suo paziente distanziante disconosce; questa missione può essere psicologicamente conveniente per il paziente, che si risparmia di doversi occupare direttamente delle proprie questioni relazionali ed emotive fino a che il terapeuta sembra aver voglia di assumersene, quasi come se fossero sue; nel frattempo il terapeuta nel cercare disperatamente di ottenere l'attenzione del paziente, potrebbe riattivare un ruolo che gli è familiare e che gli dà sicurezza, ma che è angosciante). Fino a che il terapeuta e il paziente colludono le vere paure veri bisogni che si ottengono dalla loro messa in atto concreta hanno tutte le probabilità di rimanere nascoste Una collusione in cui le difese dei partner sono diverse tra loro, a sempre il potenziale di diventare una collisione. - collisione: il paziente va a finire col sentirsi sempre più controllato e appesantito dall'evidente bisogno del terapeuta di avere un contatto emotivo mentre il terapeuta può diventare sempre più esasperato per la lontananza del paziente. Quando la collusione va in pezzi e ne scaturisce una collisione, alcune realtà difficili, ma con potenzialità liberatorie, possono essere messe a fuoco. Ciò dipende dall'abilità del terapeuta, dalla sua capacità di mentalizzare quanto basta per riconoscere le messe in atto. Le messe in atto possono essere riconosciute attraverso un accurato esame critico, un'improvvisa consapevolezza della natura del proprio comportamento con il paziente, con un consulto di supervisione o nell'ambito di una psicoterapia personale. Le messe in atto ripetitive, possono essere riconosciute, analizzate e Sistema nervoso simpatico: aumento della respirazione e del ritmo cardiaco, dilatazione delle pupille, perdita di colore della pelle; il paziente può sentirsi sopraffatto e disorganizzato sistema nervoso parasimpatico: rallentamento della respirazione e del ritmo cardiaco restringe mento delle pupille. Il paziente, per esempio, il cui respiro è rapido ma cui il viso rosso e probabilmente inondato da un'emozione legata al trauma. In questo caso: - chiedere al paziente di prestare attenzione alle proprie sensazioni corporee più che ai propri sentimenti, per descriverle - chiedere al paziente le sue impressioni sensoriali relative allo studio del terapeuta - impegnare il paziente in un esercizio respiratorio che rallenti e regoli la respirazione Quando hanno successo questi interventi riportano a livello dell'attivazione del sistema nervoso autonomo del paziente all'interno della finestra di tolleranza. parliamo del corpo: una conversazione sul corpo può essere strutturata in più modi - possiamo commentare direttamente ciò che si vede - possiamo invitare i pazienti a stare attenti alle sensazioni corporee descriverle - possiamo infine cercare di sviluppare una consapevolezza delle connessioni tra sensazioni corporee, sentimenti e pensieri del paziente Naturalmente, dare il contesto di ogni nostro commento sul corpo del paziente e alla relazione terapeutica. Idealmente il terapeuta una base sicura la cui presenza rende possibile l'esplorazione sicura dell'esperienza corporea del paziente  Se facciamo crescere la pienezza della consapevolezza mentale del corpo potenzialmente promuoviamo sia l'autoregolazione sia la consapevolezza dell'esperienze scisse Immobilizzazione: è alla radice di molti traumi. Smontare questa inibizione mobilizzando il corpo può essere determinante per ribaltare l'impatto del trauma, incluso il trauma relazionale innescato da una figura di attaccamento spaventate. un trauma paralizzante può disattivare alcune parti del cervello, addormentando la volontà (corteccia prefrontale sinistra) emettendo il silenziatore alla voce (area di broca). Pertanto molti pazienti soffrono di una compulsione cronica circa l’essere condiscendenti, hanno una continua incapacità di stabilire confini appropriati o a dare inizio ad azioni efficaci nel proprio interesse (inclusa l'azione di avvicinare gli altri per ottenere sostegno). La loro inibizione, se diventa abituale, li rende vittime anche nel presente; se questi pazienti prestano attenzione alle sensazioni corporee, scoprono di avere impulsi e scissioni ad agire con modalità che in precedenza era per loro troppo pericolosa azzardare= metterli in grado di agire a partire dagli impulsi impediti, tra cui l'atto di parlare, puoi aiutarli a rompere l'assuefazione all'inibizione. Per il paziente può essere utile anche immaginare di farlo (“e se lei provasse a immaginare se stesso da bambino nell'atto di affrontare la rabbia di suo padre lottando contro di lui o difendendosi a parole, ma apertamente?”). desomatizzazione: è un termine che descrive un aspetto chiave del processo terapeutico, cioè la reintroduzione della psiche nell'esperienza somatica non significa solo riconoscere e contenere le sensazioni e gli effetti corporei, ma anche interpretarli e dare loro un senso interpretare significa collegare l'esperienza corporea affettiva nel presente e ai suoi antecedenti nel passato. lo stress traumatico e le emozioni non regolate hanno effetti diretti sul cervello (sopprimono l'attivazione dell’ippocampo, l’amigdala reagisce in modo indiscriminato ai pericoli percepiti non controllando la cornice contestuale fornita dalle limitazioni imposte l'ippocampo, l'amigdala così opera con un grilletto ipersensibile che attiva indiscriminatamente il sistema nervoso autonomo mi rispose al segnale che la maggior parte di noi valuterebbe come neutri) Il risultato di un trauma irrisolto può essere una vita vissuta come un'emergenza continua, con il corpo messo alla prova da crisi reali o immaginarie, la mente priva di spazi atti a tradurre gli stati somatici in sentimenti che possono essere condivisi, sui quali si possa riflettere e che possano essere modulati. la desomatizzazione dipende innanzitutto dalla capacità del terapeuta di mettere i pazienti in condizioni di tollerare le loro sensazioni corporee invece di scinderle; così facendo aiutiamo il paziente a costruirsi un vocabolario per descrivere l'esperienza fisica, incoraggiando il paziente a osservare l'idratazione del proprio corpo man mano che cambia, e traducendo in parole il linguaggio del corpo del paziente  differenziare le sensazioni corporee dei sentimenti (liberarsi dalla tirannia dell'equivalenza somatica)  la capacità di mettere in relazione sensazioni col cuore e sentimenti può aiutare questi pazienti a utilizzare l'esperienza interna come base che per capire se stessi e comunicare con gli altri una volta che queste sensazioni corporee e questi effetti siano divenute parte della conversazione terapeutica, la meta è quella di connetterli con i sentimenti del paziente insieme anche ai contesti che li evocano. Questa pratica è molto utile per gli adulti evitanti in quanto possono apparire calmi durante l'esame della loro storia di attaccamento mentre invece le misure fisiologiche rivelano uno stress emotivo anche se loro lo sentono sono debolmente  disconnessione dalle proprie sensazioni somatiche e anche dai propri sentimenti come risultato della disattivazione della strategia di attaccamento, disattivazione che richiede loro di ignorare tutti i segnali interni che possono evocare in loro la consapevolezza di aver bisogno degli altri. ciò richiede che il terapeuta prestare attenzione al corpo con modalità che il paziente non ha potuto utilizzare LEZIONE 21/02/24 CONCETTI DI BASE La psicoterapia interviene in situazioni di sofferenza psichica significativa o in presenza di sintomatologia clinica. Per questo, è uno dei metodi utilizzabili per il raggiungimento del benessere psicosomatico, ma non è l’unico metodo esistente. Obiettivi della psicoterapia: 1. Sollievo dalla sofferenza 2. Portare il pz a sentirsi “al sicuro” (vedi Porges): la maggior parte dei disagi è legata al senso di minaccia, per questo la sicurezza è così importante. 3. Fiducia epistemica: acquisire la capacità di giudicare efficacemente il mondo e i suoi elementi come più o meno benefici per noi stessi. Avere fiducia di ciò che si sceglie, si prova ecc. NB: la sicurezza riguarda anche il terapeuta. Capiterà di non sentirsi a proprio agio ma l'importante è acquisire la capacità di recuperare la sicurezza in condizioni di stress. Il terapeuta oltre che per obiettivi si differenzia dal pz per competenze e ruoli che saranno sempre esplicitati per la funzionalità del setting. PERCHE’ LA PSICOTERAPIA FUNZIONA? MURAN e LIPNER parlano di ciò che funziona e non funziona fra tutti i vari modelli psicoterapici esistenti senza favorirne uno in particolare. Si rifanno al cosiddetto “Dodo verdict”: le prospettive sono valide sempre se applicate correttamente (tutti sono vincitori). Fattori funzionali al successo della psicoterapia:  il supporto che si dà al paziente  Apprendimento e insight ottenuto  azione, intesa come messa in pratica di ciò che si è appreso in ottica trasformativa Principi di cambiamento:  dare aspettative realistiche sull'outcome, dando fiducia nell'approccio psicoterapico  lavorare sull'alleanza terapeutica, in un accordo che è sia implicito che esplicito ed è composto da tre componenti: chiarezza sugli obiettivi, task o compiti, legame (bond) col pz.  Lavorare sull’ insight e sui suoi risvolti pratici (non come semplice intellettualizzazione)  Incoraggiare nuove esperienze  Incentivare l'esame di realtà, inteso come riconoscimento dell'esperienza disgiungendola dai propri stati mentali quali paure, ansie ecc. questo cambio di ascolto è importante perché un cambio improvviso potrebbe essere recepito negativamente, oltre che apparire ingiusto. La metodologia di ascolto ci porrà nella situazione di esperire sentimenti e pensieri intensi. Questi sono importanti, ma è altrettanto importante non farsi travolgere; per farlo serve ricordarsi di essere sia permeabili che osservanti. E’ come essere attori e spettatori di uno spettacolo al tempo stesso. Altro pregio di questa modalità è il poter monitorare il cambiamento nel tempo del pz. Se, ad esempio, nonostante l’iniziale buona ricezione del metodo non notiamo miglioramenti sostanziali nel tempo e non percepiamo resistenze, è possibile capire che il pz sia semplicemente compiacente. Anzi, è qualcosa di impossibile da non notare se si usa questo metodo. In tal caso, è opportuno approfondire queste sensazioni, che ci giungeranno sorprendendoci. L’attenzione uniformemente sospesa deve esserci anche per le varie formulazioni del caso: non dobbiamo avere un atteggiamento preciso. Il viaggio, e quindi l’ascolto, non può essere prestabilito; le uniche cose prestabilite sono i metodi e l’impostazione. Infine, lasciarsi permeare dal presente ci salva anche dal ristagnare delle stesse tematiche. Invece di controllare come procede un certo versante, lasciamoci sorprendere dall’esposizione: potremmo constatare che il pz che abbiamo di fronte non è lo stesso della seduta precedente. BYON sistematizza ulteriormente le indicazioni sull’ascolto terapeutico in un saggio di sole 3 pagine intitolato “Note su memorie e desiderio”. Sostiene che non si possano dare indicazioni precise su cosa fare, quanto piuttosto su cosa non fare. Non sarà una memoria ferrea o il desiderio di aiutare a far emergere i ricordi, ma sarà semplicemente l’ascolto a farlo. I desideri al massimo resteranno inconsci. In modo simile i collegamenti a info pregresse verranno da sé e non ci sarà sforzo di tenere cose a mente. Anche l’assenza di desiderio è importante, in quanto la presenza distrae da ciò che davvero c’è. Se si spera in qualcosa, si rischia o di vedere qualcosa che non c’è, o di non notare anche elefanti nella stanza. Insomma, serve fare spazio. Chiaramente, in quanto umani abbiamo dei limiti e NON E’ POSSIBILE MANTENERE SEMPRE QUESTO STATO ATTENTIVO SOSPESO. Ciononostante bisogna mettersi in condizione di attuarlo, e quindi si acquisirà e perderà questo stato più volte in seduta. Ricordiamo che il problema non è mai nella rottura ma nei mancati tentativi di riparazione; vale anche per l’ascolto. Sull’aspetto intuitivo, T. H. OGDEN si riferisce a immagini mentali, pensieri, desideri e cose apparentemente scollegate dal discorso come “Reverìe”. Esse non sono cvhe il prodotto della mente del terapeuta quando si lascia attraversare, e quindi importanti da riconoscere. Metaforicamente poi si può parlare di ascolto con EMISFERO DESTRO E SINISTRO. Quello del destro è più enfatizzato in ambiente psicologico in quanto legato a processi di analisi e di osservazione in cui ci fa arrivare il pz, come se l’ascolto fosse incarnato nelle sensazioni avvertite e riferite alla comunicazione globale. Processo che, se estremizzato, passa dall’empatia al contagio emotivo. L’ascolto dell’emisfero sinistro è più legato al pensiero logico, e dunque se estremizzato rende meno partecipativi. L’obiettivo è fondere le due funzioni per poter partecipare e comprendere. Per farlo dobbiamo accettare la sensazione di incertezza iniziale che proveremo, la quale è prassi. Tornando alle sensazioni esperite da terapeuti, possiamo definirle come “ottimi servi e cattivi padroni”. Dobbiamo considerarle e usarle, ma non farci guidare eccessivamente. Per esempio, in situazioni in cui viene da agire d’impulso, è opportuno soffermarsi ed evitare di farlo, a prescindere da cosa l’impulso sia nato (es.: irritazione, ammirazione). Dobbiamo usarle per comprendere, non per appagare i nostri bisogni. Anche le tematiche di regressione e innamoramento sono connesse a questi concetti: tutto va riconosciuto ed elaborato. Tuttavia, bisogna riconoscere che questi sentimenti sono veri nella misura in cui sono legati al setting: non è quindi il caso di farsi illusioni. Come dice Freud, fuori dalla stanza quelle emozioni non sarebbero mai esistite. I ruoli attribuiti saranno indossati quanto basta per capire, ma non dovranno rimanere cuciti sul terapeuta. Sono esperibili sensazioni di ogni tipo, ma in generale vanno dal massimo distacco alla massima minaccia (vedi Casement e cosa dice sulle raccomandazioni per l’ascolto). E’ proprio nelle sensazioni scomode che incontriamo meglio il pz: bisogna dargli a possibilità di coglierci anche in modi in cui non vorremmo essere colti. E’ come interpretare una parte che non ci piace. Quando Byon pubblica “attenzione e interpretazione” diedero a lui del pazzo in virtù delle metafore matematiche usate. Parlò ad esempio di dover divenire zero per poter interpretare correttamente, poiché eliminando memorie e desideri si incarna ciò che il paziente trasmette ma non riesce a pensare. Non è più capire “come se”, ma qualcosa di comprensibile in quanto esperito grazie alla permeabilità, ossia all'essere zero. Altra metafora utile a capire questo è il comportamento di una madre relativamente buona verso un bambino ancora incapace di parlare. Il principio di comprensione via esperienza presente è lo stesso applicato all’EMDR, dove c'è una vera e propria rievocazione del trauma così ché possa essere co-regolato in quel momento. Ricordiamo infatti che il trauma non è quasi mai ricordato ma espresso nella pragmatica, nei copioni autoimposti e imposti agli altri. Ecco perché è così importante questo ascolto particolare. Anche se non avremo mai la certezza che il trauma corrisponde alla verità storica ciò che conta è capire cosa sono e perché quei vissuti sono trauma e co-regolarli. D'altro canto non si può cambiare il passato ma possiamo sempre provare a reinterpretarlo. LEZIONE 17/04 TRAUMA EVOLUTIVO= acquisizione regolazione emotiva e meccanismi sé- altro; autosabotatore interno, traccia del trauma relazionale evolutivo. il trauma ev. è collegato al sé adulto attraverso la memoria implicita, nelle aspettative e crea delle strategie affinché non si ripropone la situazione traumatica (memoria procedurale). il trauma ev. origina nell’attaccamento (quello che origina fuori lascia dei segni diversi). Di fronte al trauma noi acquisiamo un sé alieno (Fonagy), tiene dissociata una parte del sé. La dissociazione è funzionale all’adattamento. dalla dissociazione sorgono due conseguenze: concezione rappresentazionale (sé-altro) che è la via “alta”, la via del sabotatore interno, degli schemi mentali; e disregolazione autonomica psicosomatica-affettiva “via bassa” dove è il copro che presenta i segni non causati da una condizione medica. Si distinguono queste due vie perché possono essere applicati due tipi diversi di intervento: nella via alta gli interventi sono top-down, lavorano sulla consapevolezza di come lui è nel rapporto con gli altri; la via bassa lavora con interventi bottom- up, hanno come obbiettivo il regolare lo stato corporeo (es. mindfulness, grounding..) non spiegare perché il corpo è disregolato: il corpo si sente meglio e la mente così riesce a pensare meglio. La relazione terapeutica deve essere percepita come solida e sicura dal pz prima di attuare questi interventi. successivamente ci deve essere l’interpretazione causale e la creazione di nuovi modi più funzionali e adattivi. Nel corso dello sviluppo infantile: il caregiver “pensa il bambino” e il bm diventa un adulto con un relazione oggettuale interiorizzata, un rapporto sé- altro (un modo di essere trattato), avverrà un identificazione di sé ma anche come l’altro ci ha trattato/percepito (es. identificazione con l’aggressore= un bm trascurato può diventare un adulto trascurante, è una conseguenza della dissociazione, con l’identificazione bisogna scordarsi ciò che si ha vissuto durante l’esperienza traumatica); esistono delle forme più sottili, es. sabotatore interno può diventare una guida interna. trauma complesso, cioè relazionali generano una serie di copioni: strategia controllante, strategia punitiva, strategia accudente. lo sviluppo di una strategia o l’altra dipende dall’elaborazione esperienziale soggettiva. Queste strategie cercano di controllare il senso di sicurezza dell’individuo (es. prendersi cura solo dell’altro senza permettersi di avvicinarsi, essere estremamente controllante nel rapporto perché non ci si sente al sicuro). le aspettative riguardo la relazione saranno negative a livello implicito, anche la psicoterapia lo sarà (viene osservato attraverso il comportamento del pz nei confronti del terapeuta). la psicoeducazione rispetto al sintomo è funzionale a far emergere una sensazione di rassicurazione. Questo non può avvenire se non si lavora nella cornice di sicurezza. Dopo che si è stabilizzato l’aspetto corporeo si può (facendoci guidare dal grado sostenibilità di tollerare le emozioni) iniziare ad andare un po oltre la questione del presente (es. il dottore fa riflettere che l’attacco di panico è avvenuto dopo la telefonata, si può richiedere di ricalarsi in quella situazione). - costellazione di rappresentazioni interne di sé e degli altri che sono collegate a Stati affettivi e che vengono esteriorizzati nelle relazioni interpersonali - un senso generale di sé che è continuo e stabile nel tempo - Un insieme caratteristico di meccanismi di difesa: prevengono la consapevolezza di desideri inconsci, Preservano un senso di autostima di fronte a vergogna e vulnerabilità, garantiscono un senso di sicurezza, difendono da un affetto o da un'idea inaccettabile e cambiano attivamente anche la relazione tra il sé e l'oggetto. quando si valuta la personalità di un paziente le difese sono quasi sempre inscritte nei suoi modi di porsi in relazione (paranoide= proiezione; schizoidi= ritiro nella fantasia). I meccanismi di difesa sono considerati secondo un'organizzazione gerarchica, dai più primitivi ai più maturi. le difese primitive sono comunemente connesse a organizzazioni primitive della personalità quit Meccanismo di difesa Descrizione Difese primitive Lei Scissione SRI Identificazione proiettiva Proiezione TE Diniego Dissociazione nno delle esperienze del Sé e dell’altro STR SATO, un'integrazione. Quando l’indivi- si rontronta con contraddizioni relative a comportamen- È ESSO o affetti considera le differenze con blando diniego Sallin rerenza. La scissione previene il conflitto generato ‘compatibilità di due aspetti polarizzati di sé o di altri. cosnioa di un meccanismo di difesa e di una comunicazio- d5a Sonori, questo fenomeno coinvolge comportamen- ER ERISE una sottile pressione interpersonale su un di individuo affinché assumale caratteristiche di un aspetto de Sé o di un oggetto interno che vengono in lui proiettate. L'individuo che costituisce il bersaglio della proiezione inco- mincia quindi ad avere comportamenti, pensieri e sentimenti che sono in accordo con quanto è stato proiettato. Consiste nel percepire e nel reagire a impulsi interni inaccettabi- liea elementi che da questi derivano come se fossero al di fuori del Sé. A differenza di quantosi verifica nell’identificazione pro- iettiva, il bersaglio della proiezione non si sente cambiato. Disconoscimento di dati sensoriali che permette di evitare la consapevolezza di aspetti della realtà esterna difficili da af- frontare. Distruzione del proprio senso di continuità nelle aree dell’iden- tità, della memoria, della coscienza o della percezione al fine di mantenere l’illusione di un controllo psicologico di fronte a un senso di impotenza e di perdita del controllo. Anche se simile alla scissione, in casi estremi la dissociazione può comportare un'alterazione dei ricordi che si riferiscono a determinati even- ti, dovuta a una disconnessione del $é da tali eventi. Idealizzazione Attribuzione di caratteristiche di perfezione o quasi perfezio- ne ad altri al fine di evitare ansie o sentimenti negativi quali disprezzo, invidia o rabbia. Acting out Somatizzazione Regressione Fantasia schizoide Messa in atto impulsiva di desideri o fantasie inconsci al fine di evitare affetti dolorosi. Conversione di dolore emotivo o di altri stati affettivi in sinto- mi fisici, con focalizzazione dell’attenzione su preoccupazioni somatiche (piuttosto che intrapsichiche). Ritorno a una fase precedente dello sviluppo o del funziona- mento al fine di evitare i conflitti e le tensioni associati allivel-. lo di sviluppo presente. Ritiro nel proprio ‘mondo interno al fine di evitare ansie relati- ve a situazioni interpersonali. Queste difese agiranno quindi insieme a un complesso di relazioni oggettuali interne per generare nel corso del processo di valutazione una specifica interazione desiderata; la stessa interazione desiderata può essere vista come una difesa che protegge da un'interazione temuta. - mentalizzazione: i pazienti con disturbi di personalità primitivi come quelli affetti da disturbo borderline di personalità, spesso non sono in grado di superare i traumi che hanno vissuto nell'infanzia in quanto non possiedono una struttura mentale coerente che l'aiuta a elaborare il trauma. Mentalizzazione= acquisizione evolutiva che permette al sostanze, oppure di dipendenza. Il livello di organizzazione borderline della personalità si può suddividere in un livello ad alto funzionamento (al confine con quello nevrotico), e uno a basso funzionamento (al confine con quello psicotico). FUNZIONAMENTO NEVROTICO: - Meccanismi di difesa : o Rimozione o formazione reattiva (l’individuo evita e si difende da impulsi angosciosi o dolorosi accentuando e manifestando la tendenza opposta) o spostamento (i sentimenti negativi vengono trasferiti dalla fonte originale dell'emozione a una persona o oggetto meno minaccioso) o isolamento o intellettualizzazione (proferisce le proprie esperienze in maniera anafettiva e generalizzata) o annullamento retroattivo: compiere un’azione al fine di annullare magicamente una precedente (es. compulsione a lavarsi le mani dopo aver compiuto un atto ritenuto “sporco” svolto in precedenza) I pazienti con questa organizzazione di personalità vedono se stessi e gli altri come individui che presentano nello stesso tempo caratteristiche buono e cattive; hanno un'identità ragionevolmente stabile nel tempo. C'è un super-io critico e severo e per ciò questi individui tendono a lato di denigrazione, sentirsi colpevoli per la maggior parte del tempo. in questi pazienti il conflitto intrapsichico è un'entità preponderante: la funzione riflessiva e integra e quindi sono in grado di riconoscere che le loro rappresentazioni di una persona o di un evento non corrispondono necessariamente alla reale natura di tale persona o evento. Negli individui nevrotici i disagi e i sintomi derivano dal conflitto. Per esempio possono avere delle tentazioni sessuali e allo stesso tempo vivere quei desideri come proibiti e sconvenienti.  soggetti nevrotici rappresentano se stessi e chi gli sta intorno come un misto di caratteristiche buone e cattive, riescono a cogliere le sfumature, le varie gradazioni presenti in una persona Ogni paziente cerca sottilmente di imporre al terapeuta determinate modalità di risposta di interazione; così tratti del suo carattere entrano in gioco in questo tentativo di riprodurre una relazione oggettuale interna nelle dimensioni di transfert e controtransfert= il terapeuta deve quindi immergersi nell'esperienza del qui e ora generata dall'interazione clinica. i terapeuti adattano il loro approccio al paziente che va - dall'essere esplorativi o espressivi: bisogna avere una forte motivazione alla comprensione di sé, un significativo grado di sofferenza, buona tolleranza della prestazione, mentalizzazione che rende possibile l’insight (nevrotico) - all'essere supportivi o normativi: presenza di una grave crisi esistenziale, scarsa tolleranza alla frustrazione o dell'ansia, di eccessiva concretezza con assenza di mentalizzazione, basso livello intellettivo, ridotta capacità di autosservazione, difficoltà nell'entrare in una relazione di fiducia con il terapeuta (borderline) 2. FORMULAZIONE PSICODINAMICA: 1. bisogna aver chiaro il quadro clinico e dei fattori di stress associati; 2. la formulazione deve contenere un insieme di ipotesi esplicative in termini biopsicosociali (in che modo elementi biologici, intrapsichici e socio culturali contribuiscono a determinare il quadro clinico); 3. infine, nella formulazione deve essere spiegato come ciò che viene descritto nei primi 2 punti influenzi il programma terapeutico e la prognosi. bisogna tenere in mente dei punti: - non cercare di spiegare tutto , bisogna focalizzarsi su uno o due temi cruciali che sembrano essere al centro dei suoi problemi - tenere in mente che il racconto della storia del paziente è una costruzione che fornisce una mole di informazioni sulle teorie patogenetiche. Le modalità con cui concettualizzano loro problemi e le storie della loro vita possono dirci molto su chi siano veramente i pazienti - cercare di individuare fattori stressanti che possono scatenare i sintomi e gli Stati emotivi spiacevoli - prestare attenzione alle forme di comunicazione non verbale - basarci sulle informazioni derivate dal transfert e dal controtransfert - identificare i meccanismi di difesa - cercare di prevedere le modalità co dei pattern relazionali del paziente LEZIONI 11/04/24 PROCESSI REGOLATIVI IMPLICITI (DIFESE) Le usiamo tutti inconsapevolmente: moduliamo i nostri stati interni rispetto a ciò che accade all’esterno, meccanica che serve per proteggerci dal distress. Le difese si dividono in PRIMITIVE ed EVOLUTE; il continuum di Kernberg permette di vedere la localizzazione rispetto a queste due tipologie. Ricordiamo che: IO= insieme dei processi impliciti, di cui fanno parte le difese Le DIFESE NON SONO COPING: il coping è esplicito, le difese implicite. DIFESE PRIMITIVE Le difese di livello più basso sono quelle che compromettono l’ESAME DI REALTA’, ossia il DINIEGO PSICOTICO e la DISTORSIONE PSICOTICA. Seguono le difese di ACTING, dove il soggetto agisce senza riflettere. La più famosa è l’ACTING OUT, ma sono acting anche AUTOLESIONISMO, AGGRESSIONE PASSIVA (ATTI MANCATI) e l’ HELP REJECTING COMPLAINING. Passando a un livello ancora superiore c’è il DISCONOSCIMENTO, in cui quello che è doloroso viene escluso. L’esempio lampante è il DINIEGO, ma valgono anche PROIEZIONE e RAZIONALIZZAZIONE. Salendo ancora c’è la SCISSIONE, nella quale si distorce l’immagine di Sé o dell’altro. L’IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA ad esempio fa esperire l’affetto, ma rende giustificato quell’affetto dal fatto che, secondo l’Io, è stato proprio l’altro a motivare quell’affetto. Ci sono poi le DIFESE NARCISISTICHE, ossia SVALUTAZIONE, IDEALIZZAZIONE ed ONNIPOTENZA. Tutte queste sono dette difese primitive poiché arrivano prima nello sviluppo tipico e sono meno simboliche. Sono dette anche IMMATURE in quanto meno legate alla mentalizzazione, e sono legate principalmente aun funzionamento di tipo BORDERLINE. DIFESE EVOLUTE Passando a un livello più elevato smette di esserci una netta distinzione fra buono e cattivo, come anche una vera negazione o disconoscimento. Nelle difese MATURE quello che viene allontanato agisce spesso nel rapporto fra AFFETTO e RAPPRESENTAZIONE: l’affetto rimane, ma viene rimossa la parte cognitiva di quello stesso affetto (RIMOZIONE), oppure al contrario si ha solo la rappresentazione di un affetto senza provarlo pienamente (INTELLETTUALIZZAZIONE). Salendo nei nostri livelli, troviamo quello legato al meccanismo dell’INIBIZIONE: gli affetti inibiti emergono in forma differente in un altro momento. Sono le cosiddette difese NEVROTICHE, che lasciano il conflitto nell’Io. Si arriva infine a un livello che potremmo chiamare delle DIFESE ADATTIVE (riferendosi alla norma dei contesti: un acting potrebbe essere molto più “adattivo” se si è in pericolo di vita). Parliamo qui di INGAGGIO SOCIALE, o più propriamente di AFFILIAZIONE. La DISSOCIAZIONE è specifica per situazioni traumatiche, ma in una prospettiva più ampia possiamo notare una trasversalità dissociativa fra questi vari livelli. Ricordiamo che la dissociazione NON E’ scissione: la scissione ha valenza percettiva e separa rappresentazioni Sé-Altro positive e negative, ESEMPIO CLINICO: Gaia non si fida del ragazzo nonostante indaghi su un tradimento non trova niente che lo provi. Ci sono due possibilità: o il ragazzo è un latin lover dalle capacità assolutamente perfette nel nascondere tutti i tradimenti, o non c'è nessun tradimento in atto. Gaia deve ritrovare la capacità di fidarsi del suo saper valutare l'altro conformemente a quanto sa e vede nell'altro. rispetto ai Trigger delle difese, è importante vedere in particolare se questi sono legati solo alcuni soggetti o relazioni oppure se emergono in generale. la logica i trigger agiranno ovunque, ma potranno farlo in modo diverso ( Gaia, la ragazza dell'esempio, nelle amicizie non è sospettosa ma mantiene le distanze divenendo lei una figura che si prende cura delle sue amiche mentre non permette loro di fare lo stesso con lei). se arriva Comunque la sofferenza o una credenza del sabotatore interno viene confermata, è importante ricordare che noi non siamo contro le credenze o il sabotatore interno in sé, ma piuttosto contro la sua RIGIDITA’, il porsi a priori sulle cose. Certo che il sabotatore può avere ragione; non significa però che debba averla sempre! 17/04/2024 Approfondiamo il trauma evolutivo e il sabotatore interno. il trauma è tradotto non solo nei pensieri ma anche negli agiti e nella parte inconsapevole del soggetto: il trauma complesso diviene un modo di essere. sulla via Alta o top down è già stata fatta molta ricerca e quindi possiamo ritrovare i risultati di questo in psicoterapia psicodinamica e cognitivo comportamentale. è legato alle rappresentazioni di sé e dell'altro, agli script ecc. in approcci top down seguiamo lo schema visto finora: Stabilizzazione Esplorazione Elaborazione Vedi slide di SCHIMMENTI per lo schema su via alta e via bassa. Partendo dall'alto possiamo iniziare a parlare di DISTANZA DELLE RELAZIONI OGGETTUALI, ossia dei casi in cui ci si identifica con l'aggressore ad esempio. una parte di sé ne odia un'altra. le relazioni progettuali sono radicate nell'attaccamento: la loro origine è spiegata bene da Fonagy e Target che allontanandosi dal modello clinico creano un MODELLO DIALETTICO in cui il soggetto è cresciuto non interiorizza solo l'altro, ma anche il come lui stesso è stato trattato da quell'altro. In questo modo si può riflettere lo schema sugli altri allontanando la sofferenza, a scapito di far soffrire gli altri. Per questo gli schemi genitoriali sebbene traumatizzanti vengono reiterati di generazione in generazione. L'alternativa è continuare a sentirsi vittime; in realtà è possibile che si sperimentino entrambe le rappresentazioni contemporaneamente: un paziente borderline ad esempio potrebbe sentirsi Vittima del terapeuta e iniziare a urlare tentando di incutere paura. per colpire gli altri con quello schema nocivo, è necessario che il soggetto si dimentichi di essere stato vittima: questo è quindi una conseguenza della dissociazione. Come fa la persona traumatizzata a non rivivere il trauma? ci sono tre strategie: CONTROLLANTE, PUNITIVA e ACCUDENTE. il controllante vuole dominare Ogni aspetto degli eventi in relazione; il punitivo si pone un livello morale superiore allontanando l'altro; l’accudente si prende cura degli altri impedendo però che gli altri si prendono cura di loro (loro inteso come accudente).Tutte e tre le strategie hanno lo stesso scopo, ossia allontanare l’altro, tenerlo a distanza di sicurezza così che non si scatenino le dinamiche del trauma vissuto. Cambiano molto però i modi in cui si esprimono gli aspetti aggressivi: questi sono più espliciti nel punitivo o nel controllante, mentre appaiono più impliciti nella strategia accudente ( si sta svalutando l'altro accudendolo, l'idea è che non valga nulla e gli serva il proprio aiuto).Poiché si cerca di controllare il senso di sicurezza a volte queste strategie sfumano l'una nell’altra, o se ne applicano diverse a seconda di quanto il soggetto si sente non al sicuro. CASO CLINICO: EMANUELA. Emanuela Parla come se nulla fosse della sua infanzia traumatica: la madre muore quando lei ha 4 anni, il padre si sposa con un'altra che maltratta lei e sua sorella. e ricorda il rimprovero ricevuto più spesso, ossia il fatto che le stavano facendo il favore accudendola. le difese sono dissociative: minimizza, non ricorda sua madre, ignora il maltrattamento giustificandolo usando frasi come “ eravamo tanti” “ era stanca”. La trascuratezza si ritrova non nel suo aspetto ma nel non permettere ad altri di avvicinarsi a lei; ha degli amici che la cercano per aiuto ma non chiedono mai nulla su di lei. E’ lei stessa che non dice nulla di sé. Quello di Emanuela è un falso sé. Dirà sempre di star bene e sarà sorridente occupandosi degli altri. Altro riflesso di trascuratezza è la sua routine: svolge più lavori e studia non concedendosi riposo. Arriva in terapia perché si è spaventata a causa di attacchi di panico che le sono venuti dal nulla, o meglio, dopo una telefonata in cui la matrigna le dice che si sta lasciando con il padre. Il terapeuta dovrà riuscire a farle capire che il suo vissuto raccontato non è ciò che lei si sentiva dentro. scoprirà che nella telefonata lei era stato detto anche che il padre si sentiva con una ragazza della sua stessa età, cosa a cui lei reagisce con disgusto. facendolo notare emerge altro: lei ha subito un abuso da un uomo. il link Dunque è proprio questo evento: risperimenta il freezing e riferisce l'evento ancora con distacco. il terapeuta Avverti disagio e decide di dare voce a quel dolore mettendolo in evidenza. Emanuela qui non minimizza, piange. Si va quindi a livello di questo dolore contenendolo con gesti di accudimento come passare un bicchiere d'acqua o un fazzoletto. si usa un tono di voce più calmo e caldo cercando il contatto visivo. Emanuela Finalmente si rende conto di quanto fosse stato difficile andare avanti. Da questo punto in poi si può procedere con la fase di esplorazione. Si scopre che lei aveva riferito l'accaduto al padre e quindi aveva massacrato l'uomo di botte per una questione d'onore, quando lei avrebbe preferito soltanto denunciare e avere giustizia. nelle successive sedute si fa il link con la relazione attuale del padre e l'abuso passato. la psicoterapia da quello poi si muoverà verso il collegamento fra i vissuti e la sua inavvicinabilità: è quella che viene definita fase integrativa. Tornando alla slide di schimmenti, altro tema che emerge nella via Alta è l'ASPETTATIVA INTERPERSONALE, ossia ciò che dicevamo prima anche sugli script e al legame con le strategie. di fatto le strategie contribuiscono a provocare l'avvenimento di eventi ri-traumatizzanti: si mettono gli altri nelle condizioni di poter rispondere e agire in modi traumatizzanti. possiamo chiamarla anche profezia che si autoavvera o conseguenza dell'auto-etero- regolazione. ovviamente tutto questo accade anche in terapia. il paziente potrebbe vedere gli spunti di insight nella terapia Come cose possibili solo in quel setting e in quella base sicura. sono i casi in cui ci possono essere relazioni terapeutiche negative, in cui i pazienti saltano le sedute o dicono semplicemente di star bene rifiutando nuovamente l'aiuto. inevitabilmente emergeranno di nuovo dei peggioramenti dovuti al sabotatore interno: La cosa buona è portatrice di cambiamento, e il cambiamento è rischioso, richiede la revisione degli schemi. nel caso di Emanuela riemerge l'ansia ad esempio con sintomi meno intensi ma presenti. bisogna agire come nei casi delle rotture, ossia per rendere presente ciò che sta accadendo nel qui e ora. Nel presente Emanuela ha i mezzi per capire ciò che il terapeuta sta dicendo, non è più una bambina e non sta più minimizzando con la dissociazione. si potrà capire anche come il paziente ha vissuto quella esplorazione; nel caso di Manuela questa tendeva a ricordare l'aspetto del “ penso più a me che a te” da parte dell'altro (in questo caso il terapeuta).Il terapeuta aveva Infatti detto che era contento che Emanuela le avesse parlato di questo trauma, una frase che ha un po' troppo oltre il livello in cui si era al momento. Ora che invece stiamo entrando nella fase di interpretazione del transfert, il terapeuta assume il ruolo della figura paterna o maschile (sempre nel caso di Emanuela) facendo decadere l'idealizzazione della terapia e del terapeuta stesso. prima di dichiarare questo transfert, serve prima fare le “INTERPRETAZIONI CENTRATE SULL’ANALISTA”: queste sono frasi in cui si fa notare, senza negare ciò che il paziente dice o sente, che si è capito adesso come il paziente si era sentito in quella dinamica. si racconta quindi “come stare con uno come me” e non “ come il paziente ci ha visti”: non è centrata sul paziente e quindi come primo passo risulta più efficace perché meno invasiva. se arrivassimo subito a discutere la visione del paziente, non faremo altro che riconfermare le idee secondo cui il paziente in fondo si sbaglia inventando storie. Vedere che invece l'altro così come il paziente lo vede sceglie di non difendersi può promuovere una graduale revisione degli schemi interni: forse l'altro non è sempre svalutante o pericoloso. Una volta capito cosa accade in terapia si può estendere il ragionamento alle aspettative negative che il paziente ripone nelle relazioni interpersonali in generale. per smontare le vecchie credenze bisogna integrare la sfiducia, capire che non si soffre automaticamente esponendosi ma che servono più step, nonché ottenere nuovi modi di fronteggiare il dolore. Questo lavoro riduce fine di “giocare” nuovamente quell'ascolto i pensieri del prossimo paziente. I giovani terapeuti devono ricordare che fornire una terapia essenzialmente gratuita, se si lascia che il paziente non assolva ai suoi obblighi di natura economica, può trasmettere il messaggio che il lavoro svolto dal terapeuta effettivamente non valga molto; il terapeuta che si mostra restio ad esigere i suoi compensi per motivi transferali, suscita nel paziente “il terapeuta è così poco sicuro di sé da ritenere ingiusto il pagamento delle sue parcelle?” il costo deve essere accessibile a quel paziente ma anche sostenibile per il terapeuta, deve essere un accordo 3. le regole: le regole contribuiscono a formare una cornice di sicurezza soprattutto per il paziente per capire cosa è prevedibile e cosa ci si aspetta; è necessaria per lavorare in sicurezza e fare buon uso di ciò che accade nella relazione terapeutica. Se le regole vengono infrante bisogna andare a capire la motivazione di base in quanto il paziente porta anche in queste azioni pezzi del sé, oppure bisogna rinegoziarle. - stabilire l'obiettivo e il perché del trattamento - definire la realtà della relazione attraverso la definizione dei ruoli sia del terapeuta e del paziente, con le varie responsabilità reciproche. Asimmetria della relazione SOLO nel ruolo. Bisogna spiegare anche i limiti della relazione. - Bisogna proteggere il paziente, terapeuta e la terapia attraverso le regole stabilite  pensare in sicurezza. Le regole fanno sì che sia percepito un posto sicuro, empatico e favoriscono l'alleanza terapeutica. Raccomandare che le regole favoriscono il pensare su cosa sta accadendo nel qui ed ora - minimizzare i benefici secondari (vantaggi) della patologia, ciò accade soprattutto negli adolescenti e nelle persone con disturbo antisociale. Di ciò bisogna parlarne sia all'inizio e durante il setting - speranza: “so che se ti impegni c'è la puoi fare” (soprattutto con i pazienti borderline) - spiegare il tipo di ascolto messo in atto (libera associazione, incoraggiando con qualche domanda ascoltare le impressioni, cosa suscitò nel terapeuta il discorso, non preoccuparsi se si vede il terapeuta assorto o se si ascolta in maniera particolare) - sedute saltate: accordo se vengono pagate o meno (pensiero della palestra) - coinvolgimento figure professionali: interventi integrati. Leggere cosa il paziente fa/dice/come si comporta con le varie figure del team, questo fa sì che ci sia una figura integrata del paziente - I regali poco costosi o oggetti fatti dagli stessi pazienti possono essere accettati con gratitudine a seconda del tipo paziente o della fase di terapia. Il certi casi il rifiuto di un regalo potrebbe avere conseguenze estremamente negative per l'alleanza terapeutica e per l'autostima del paziente. Alcuni hanno bisogno di sentire che possono dare qualcosa in cambio al terapeuta. D'altra parte i regali possono anche essere utilizzati nel tentativo inconscio di corrompere o manipolare il terapeuta. Anche quando i regali vengono accettati, in generale il loro significato deve quindi essere oggetto di discussione nel corso della terapia per valutare con il paziente la possibilità che al dono siano associati scopi nascosti. - Segreto professionale: impaziente non rivelerà i suoi segreti più nascosti e le sue fantasie più imbarazzanti se non si sente sicuro del fatto che le sue confidenze rimarranno fra lui e il terapeuta. - Quando incontro un paziente in un ristorante o in qualsiasi altro luogo pubblico deve far mostra di riconoscerlo solo se è paziente che per primo gli fa un cenno, lo saluta o gli rivolge la parola il quanto alcuni pazienti preferiscono tenere completamente per sé il fatto di essere in terapia: saranno quindi finta di non riconoscerlo In alcuni casi familiari vorrebbero essere informati sui progressi del paziente mentre in altri desiderano invece fornire al terapeuti informazioni che ritengono poco probabile che il paziente abbia riportato. In simil circostanze il terapeuta può ascoltare quanto il familiare ha da dire ma poi ha l'obbligo di spiegare al suo interlocutore che niente di ciò che succede nell'ambito della terapia può esserti rivelato CAP.4 che cosa dice e fa il terapeuta? Neutralità, riservatezza e astinenza: tutti e tre i principi sono entro certi limiti utili, ma solo in senso relativo; nessuno di questi dovrebbe comunque portare un terapeuta ancora inesperto ad assumere un atteggiamento freddo e impassibile nei confronti del paziente (schermo bianco). La nozione di neutralità non è mai stata proposta come sinonimo di freddezza o distacco: il significato di neutralità corrisponde al mantenimento di una posizione equidistante dall'io, essa è super-io e dalle richieste della realtà esterna. Il principio di base indica che per comprendere i pazienti il terapeuta psicodinamico deve cercare di mantenere una posizione non giudicante rispetto ai loro desideri, pensieri, sentimenti e in una certa misura anche ai loro comportamenti. I pazienti tendono ad aprirsi molto più facilmente se si sentono capiti piuttosto che giudicati in ogni seduta il terapeuta può in effetti elaborare sul paziente tutta una serie di giudizi (sul modo di vestire, su ciò che dice, sulle sue decisioni, sulla sua vita sessuale…) ma il terapeuta deve tenere in mente che il paziente deve essere libero di fare autonomamente le sue scelte (la terapia non deve essere coercitiva)  rispetto a certe questioni quali comportamenti di abuso nei confronti di un bambino attività criminali o rifiuto di pagare le parcelle il terapeuta può invece avere reazioni chiare e inequivocabili che in genere è utile manifestare apertamente al paziente riservatezza: i terapeuti non parlano della loro vita privata della loro famiglia o dei loro problemi personali perché nella simmetria che caratterizza la relazione terapeutica è necessario che al centro dell'attenzione siano i problemi del paziente. Il terapeuta che mette a parte i pazienti delle sue difficoltà personali li può invece caricare di responsabilità: i pazienti possono sentirsi in dovere di prendersi cura del terapeuta. Astinenza: rappresenta la raccomandazione di evitare una gratificazione eccessiva dei desideri transferali del paziente. D'altra parte una totale mancanza di gratificazione può determinare la perdita del paziente; se quest'ultimo non riceve qualcosa dal terapeuta, è improbabile che la terapia duri a lungo i terapeuti possono fornire un notevole grado di gratificazione semplicemente ascoltando con attenzione e calore le parole del paziente, possono ridere di una battuta o commuoversi per una storia triste ma devono rispettare il principio dell'astinenza per quanto riguarda la gratificazione dei desideri sessuali e ogni altra forma di sfruttamento del paziente per i loro bisogni personali. Bisogna avere un atteggiamento improntato a una certa sobrietà e autodisciplina Interventi del terapeuta: i diversi interventi possono essere concettualizzati lungo un continuum espressivo supportivo. - Espressivo= l'interpretazione. L'interpretazione è spesso considerata come lo strumento principale del terapeuta psicodinamico per fornire consapevolezza di elementi che stanno fuori la coscienza e comprensione al paziente. L'interpretazione ha anche una valenza esplicativa, cioè, il terapeuta cerca di aiutare il paziente ad acquisire consapevolezza spiegando motivi e significati. Di norma un commento interpretativo dovrebbe essere presentato come un'ipotesi che il terapeuta sta sviluppando, alla cui formulazione il paziente è invitato a partecipare. il lavoro interpretativo può essere spesso focalizzato su desideri inconsci, fantasie e credenze, componenti che appaiono nelle relazioni infantili, nelle relazioni presenti al di fuori della terapia e nel transfert.
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