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La Transizione dei Ruoli Familiari: I Cadetti e la Tradizione Aristocratica, Sintesi del corso di Storia Moderna

Il ruolo dei cadetti nelle famiglie aristocratiche del tardo illuminismo, quando le tradizionali dinamiche di potere e autorità venivano messe in discussione. Le famiglie di Barbiano di Belgiojoso, Greppi e altre, condividevano fedeltà agli Asburgo, reti di relazioni internazionali e un periodo successivo alla Pace di Aquisgrana e alla guerra dei Sette Anni. I cadetti, spesso considerati antagonisti del primogenito, sfruttavano la loro libertà per costruire relazioni strategiche, politiche e economiche, consentendo a alcune famiglie di raggiungere livelli elevati di prestigio sociale. Le scelte matrimoniali e la gestione dei rapporti familiari erano sempre a capo del pater familias, ma i cadetti potevano determinare cambiamenti negativi se non rispettavano le tradizioni aristocratiche.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 29/01/2022

michela.tarchetti
michela.tarchetti 🇮🇹

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Scarica La Transizione dei Ruoli Familiari: I Cadetti e la Tradizione Aristocratica e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Cadetti Premessa: ampio progetto che ha l’obiettivo era quello di seguire nella lunga durata dell’evolversi del tema della distinzione nell’élites lombarde e nel loro rapporto con la politica europea. Il periodo storico dell’analisi svolta è tra il 1400 e metà del 1800. Le famiglie analizzate riguardano dei giovani che hanno vissuto nel contesto storico politico della Lombardia austriaca  Riforme Teresio Giuseppine. PRIMA PARTE CADETTI, UN MOSAICO DI VITE PARALLELE La Rivoluzione francese e il Codice Civile di Napoleone portarono delle modifiche nei contesti famigliari dell’antico regime. I cadetti erano visti di malo modo nelle famiglie, che erano definiti inferiori rispetto al figlio primogenito (vi erano già stati dei cambiamenti delle regole successorie). CADETTI = Agenti di mobilità sociale e di negoziatori di strategie familiari. A cavallo del Settecento e Ottocento vi furono diverse situazioni politiche che portarono ad un cambiamento di comportamenti e di scelte personali partendo dai cadetti. Il modello tradizionale di famiglia viene messo in discussione da scelte radicali ma anche dal mutamento del contesto storico nel quali sono vissute. Le famiglie sono articolate da diverse dinamiche che portavano solitamente a momenti di fratellanza e conflittualità questo perché molto spesso veniva l’attenzione verteva sugli argomenti di tipo patrimoniale. La società nel tardo illuminismo presentava numerose varietà di atteggiamenti che trovavano nella storia della famiglia una varietà di atteggiamenti e di logiche che trovavano propria nella storia sociale della famiglia una delle sue principale espressioni, i cadetti attuarono una serrata negoziazione del loro futuro con la tradizione familiare in grado, di rispettarla, consolidarla, e tramandarla ai posteri oppure di demolirla. Le famiglie trattate sono: - Barbiano di Belgiojoso e Serbelloni  patriarzato milanese - Greppi  Bergamo Nonostante l’origine familiare tutte e tre hanno punti in comune: - Fedeltà agli Asburgo - Rete di relazioni internazionali  sociabilità non solo aristocratica - Periodo successivo alla Pace di Aquisgrana e alla guerra dei Sette Anni  cultura dei lumi, mutamento del rapporto tra Principe e Ceti  società nuova. I cadetti molto spesso sono apparsi come “attori” secondari all’interno delle famiglie, perché il tutto era incentrato sulla figura del primogenito che era rapportato all’autorità parentale, essi erano visti come degli antagonisti alla figura del primo figlio. Il sistema successorio condizionava i rapporti familiari, dagli scritti ad esempio è emerso un “gioco di squadra” tra i diversi cadetti presenti all’interno del contesto familiare, in quanto rispetto alla figura del primo figlio avevano libertà che a lui non erano concesse, come la libertà di movimento grazie al celibato, libertà della carriera (militare o ecclesiastica), che permettevano di costruire un patrimonio di relazioni di stampo strategico, politico ed economico, che permise ad alcune famiglie di scalare gli alti vertici del prestigio sociale e di superare le congiunture storiche. Le scelte all’interno del contesto familiare erano sempre a capo del pater familias se queste non erano “accettate” andavano contro quello che era lo status globale della famiglia aristocratica che rischiava di creare dei condizionamenti negativi. Il primo figlio poteva determinare dei cambiamenti = morte, incapacità di gestione, difficoltà nel rispettare il decoro familiare (tradizione). Cadetti e futuro? Non trattavano solo gli aspetti economici che erano necessari per la loro sopravvivenza, ma anche il maggiore o minore grado di ubbidienza verso l’autorità parentale, attitudine alla salvaguardia della tranquillità familiare. Questa aveva un prezzo da pagare, il figlio doveva saper ubbidire, a causa di questa virtù si consumarono anche scontri all’interno del contesto familiare che nei casi più gravi portare alla caduta del prestigio della famiglia stessa. I cadetti vanno analizzati sotto la prospettiva generazionale, all’interno delle famiglie si potevano comparare i diversi ruoli dei diversi cadetti, andando a visualizzare rotture generazionali e culturali legati all’antico regime, definendo tutto in base al contesto storico politico, visualizzando il mutamento storico collettivo. Monarchia Asburgica = istituzione familiare subisce dei cambiamenti a mezzo legge. Non è solo il contesto storico politico, provocato dal periodo dei Lumi nel quale sono analizzate che determinò un cambiamento di momenti all’interno dei nuclei familiari aristocratici, portando i cadetti a compiere determinate scelte politiche e non che determinarono però dei cambiamenti sociali importanti. Cadetti = giovani Soggetto che diviene autonomo e che verrà il massimo apice nell’epoca napoleonica. Figli che si ribellano ai padri, giovani con giovani e anche tra fratelli e primogeniti che si scontrano a quelle che erano le regole della società. Nasce un concetto di “noi” che assumerà connotazione politica nell’Ottocento. XIX secolo dei giovani patrioti che porterà alla nascita di quelle che sono poi le nazioni. La gioventù diventa soggetto sociale nel contesto ampio del rinnovamento delle generazioni non deve però essere intesa come un oggetto in sé, quanto come un luogo sociale, in cui si percepiscono e si esprimono le tensioni che oppongono o collegano generazioni diverse. Le scelte dei giovani portarono a delle vere rotture, vanno comunque inquadrate nel contesto territoriale – Lombardia austriaca - e temporale – secondo Settecento – perché l’ambiente va ad influenzare le scelte. Rispetto al contesto italiano era molto diverso quello che pericolosa per un sistema culturale ed educativo perdurato per diversi secoli. - Testamenti, libri di casa, genealogie, carte processuali: hanno determinato la grandezza dei casati per trasportarli nel futuro e hanno fornito altri dettagli sull’evoluzione dei rapporti familiari soprattutto nei momenti di crisi familiare. PARTE SECONDA MILANO TRA IMPERO E MONARCHIA ASBURGICA NELLA SECONDA METÁ DEL SETTECENTO La cornice storica nel quale si prestato attenzione è quella della Lombardia austriaca della seconda metà del Settecento, quando le riforme di Maria Teresa d’Austria ma soprattutto del figlio Giuseppe II, cambiarono per sempre il rapporto tra principe e ceti che aveva caratterizzato i legami delle aristocrazie dell’antico Ducato con i loro dominatori stranieri per oltre due secoli. Rafforzamento della Monarchia asburgica: - Monarchia territoriale - Asburgo: detentori del titolo di Sacro Romano impero. Rapporto tra Monarchia e Impero Guerre di successione  creano nuove alleanze che cambia l’equilibrio politico del continente. Guerra di successione spagnola, seguiti da quella polacca e successivamente da quella austriaca. Quella spagnola determinò un rinnovamento perché si instaurarono delle relazioni internazionali che determinarono il destino degli stati italiani e delle sue dinastiche che si ricollocarono sia a livello nazionale che non, l’equilibrio europeo subì dei mutamenti. Determinò dei cambiamenti il passaggio dal dominio asburgico di Spagna a quello degli Asburgo d’Austria; in questo periodo storico si possono notare i diversi cambiamenti delle famiglie aristocratiche e nelle loro strategie familiari usate per consolidare un percorso di distinzione in modo da collocarsi ai vertici dell’amministrazione dello Stato anche durante le diverse dominazioni. La Monarchia asburgica costruì lungo tutto il Settecento, nel suo rapporto con i ceti dei suoi domini periferici e come questi ultimi abbiano vissuto il legame di fedeltà con la dinastia. La monarchia cambiò il volto sia nella politica estera che interna, ma in modo particolare vi fu un mutamento con l’Impero. La monarchia asburgica aveva una doppia caratteristica: - Filoimperiale: posizione di chi, all’interno della corte, privilegiava gli interessi universalistici incarnati dall’Impero, nella convinzione che proprio ciò costituisse il carattere peculiare della Monarchia asburgica rispetto agli altri stati europei. - Filomonarchica: pensiero che fosse più giusto dedicarsi agli interessi dinastici rispetto a quelli imperiali. Vi erano stati dei condizionamenti rispetto alle famiglie aristocratici che avevano dovuto scegliere scelte per mantenere vivi i loro legami di fedeltà o ricompattarsi nei momenti di forte crisi dinastica soprattutto durante le guerre di Successione. Le diverse problematiche determinate soprattutto dalla guerra per l’ascesa al trono di Maria Teresa dopo la morte di Carlo VI misero alla luce la debolezza della Monarchia, bisognava tenere conto delle diverse potenze europee e del ruolo all’interno dell’Impero, perché l’ascesa della Prussia aveva cambiato i rapporti di forza all’interno del Sacro Romano Impero, l’Italia si faceva sempre più sentire il pensiero di neutralità. La Monarchia iniziò a ridurre il suo impegno e le sue responsabilità per concentrarsi maggiormente alla costruzione di uno Stato centralizzato nel centro Europa  rinnovata politica imperiale.  rivoluzione del Sistema  diverso approccio con i sovrani degli Stati decentralizzati. Le esigenze della dinastia divennero sempre di più il corpo separato da quelli della totalità della compagine imperiale. La storiografia sulla prima metà del Settecento ha saputo rinnovarsi in modo efficace, Carlo III di Borbone restituendo alla contemporaneità un’immagine diversa  legata alla figura del sovrano. Lombardia Austriaca  riforma età teresiana e giuseppina  comportamenti delle famiglie aristocratiche e le strategie familiari usate per consolidare un percorso di distinzione plurisecolare e collocarsi ai vertici dell’amministrazione dello Stato anche durante le dominazioni diverse. I nobili e il nuovo ordine La monarchia asburgica cambiò progressivamente atteggiamento nei confronti dei suoi domini italiani, i ceti milanesi cercavano di darsi nuova forma senza andare a perdere la loro peculiarità di ceto  non volevano perdere i loro poteri. La Guerra di Successione polacca definì i territori lombardi agli austriaci, rendendola un dominio diretto degli Asburgo. Le famiglie cominciarono a perdere le loro autonomie di governo acquisendo una nuova connotazione di sudditi. La Lombardia nell’arco dei diversi anni e nelle diverse guerre di Successione subì dei cambiamenti anche a livello di riforme – età delle riforme – (fedeltà al principe in cambio di autonomia amministrativa dei ceti ad esempio), i ceti dirigenti furono coinvolti negli affari pubblici, anche se comunque l’obiettivo era quello di centralizzare il potere a favore della Monarchia. La monarchia sviluppò una nuova gerarchia degli onori e della distinzione sociale che aveva come scopo quello di aggirare l’ordine locale. Era il sovrano con la sua supremazia a dare origine al rango nobiliare. Fu diverso quando salì al trono Giuseppe II, ci furono dei cambiamenti che provocarono il mal contento. L’arciduca Ferdinando, il principe imprenditore. Figlio cadetto dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, gli toccò la Lombardia austriaca con il trattato del 1763 che contrattò con il matrimonio don Maria d’Este  Modena doveva essere un dominio separato. Le alleanze matrimoniali degli Asburgo rientravano nella loro strategia di una politica imperiale a vocazione ‘italiana’ che vide ben 4 figli della coppia imperiale ricoprire un ruolo politico importante. Il matrimonio portò dei cambiamenti all’interno del territorio italiano, le famiglie accettate a corte furono quelle descritte negli ordini patrizi e dei dottori di collegio, o quelle riconosciute dal Tribunale araldico. Fu comunque una spina nel fianco per la famiglia in quanto, critico delle eccessive spese della corte, introdusse comunque elementi di sviluppo e di interesse sullo scenario milanese, fu in grado di gestire lo spazio politico in senso autonomista, appoggiato dal patriarzato che lo vide come un elemento in grado di far recuperare parte del territorio perduto con le precedenti riforme. Fu un mediatore, una figura che viene ricordata nei libri di storia, fu un politico spregiudicato e un abile affarista ma anche un uomo dotato di sensibilità culturale. Ferdinando creò un gruppo di imprenditori e finanzieri  aveva talento per le speculazioni edilizie (riutilizzo di materiali da demolizioni). Il suo ruolo era quello di suscitare consensi all’interno dell’aristocrazia milanese, ma durante il suo ruolo si scontrò parecchie volte con la corte che tentava di dargli solo un ruolo rappresentativo. I conflitti con la corte furono accesi, al punto che l’arciduca si allontanò da Milano per circa un anno, questa ‘fuga’ fu anche effettuata per esprimere il suo dissenso nei confronti del fratello e delle sue riforme. Era forte da parte sua il desiderio di governare autonomamente ma questo non era il progetto della corte che in realtà aveva in mente un impero centrato sulla città dove risiedeva la famiglia reale. Il suo potere comunque aumentò quando ci fu l’invasione dei francesi, questo perché non vi era interesse a Vienna di difendere i territori della Lombardia dall’invasione dei nemici. Ferdinando trovò un accordo con Wilczeck e insieme perorarono la causa di difesa dei territori italiani, anche se questo non fu sufficiente per fermare l’avanzata di Napoleone che entrò a Milano nel 1796. Ferdinando scappò da Milano. Ferdinando fece dei grossi cambiamenti nel territorio milanese, diede impulso alle industrie, speculò sul commercio del grano, realizzò strade, navigli, canali. Non si conoscono i rapporti con le famiglie nobiliari si sa che era una corte di stampo principesco come quella toscana. Dopo la riconquista degli Asburgo, Milano tornò ad essere una semplice porzione periferica del territorio imperiale, non vi era più spazio all’autonomia. Nella Milano della Restaurazione le classi dirigenti tra cui in primis l’Aristocrazia, non simboleggiavano più il tradizionale contraltare con il potere viennese perché esse avevano ormai perduto la loro identità e ruolo. PARTE SECONDA La famiglia di Alberico Barbiano di Belgiojoso 1725- 1813 Principe del Sacro Romano Impero e patrizio milanese, valoroso soldato, la cui famiglia (figli) misero in ridicolo la sua autorità di pater familias e la tradizione di cui si sostanziava mandando in bancarotta le casse. Nobiltà, onore e utile erano i tre perni su cui aveva costruito tutto, un patrimonio di valori appartenenti al ceto in cui lui pienamente si identificava e che aveva cercato invano di trasmettere ai posteri attraverso i figli. Il primo figlio Rinaldo, e i due cadetti Ludovico Francesco e Ercole, erano stati destinati il primo ad una carriera militare ed il secondo a quella ecclesiastica, le due figlie invece erano destinate ad un matrimonio di prestigio. L’arrivo delle armate cambiò il suo destino personale, togliendogli tutti i titoli e onori che egli possedeva. Solo Barbara figlia primogenita, fu l’unica a dargli soddisfazioni diventando la “mediatrice familiare”. Ludovico di Belgiojoso, fratello cadetto di Alberico, ebbe un ruolo di frequentare altri ufficiali per avanzare nella sua carriera (per via anche delle raccomandazioni ricevute), nonostante però tutta la rete clientelare della famiglia Belgiojoso, non furono soddisfatte le richieste di Alberico, a causa della morte improvvisa di Giuseppe II. Intervenne lo Zio Ludovico, che fece ottenere la promozione, ma nonostante questo il giovane non si avviò al fronte a causa di una presunta malattia che lo trattenne a Vienna. Il padre Alberico, fu molto duro in merito a questo argomento, perché avrebbe potuto indebolire la sua figura. Dopo un ritorno in Italia, Ludovico Francesco dichiarò che voleva lasciare definitivamente l’esercito a causa di problemi di salute, Alberico era difficilmente contenibile, scriveva al fratello Lodovico di vergognarsi, il figlio si comportava senza onore. Il fratello consigliava però ad Alberico di non abbandonare il figlio a se stesso perché questo avrebbe portato disonore alla famiglia. Ci furono diversi tentativi di mediazione ma furono tutti fallimentari; ci fu anche il tentativo di salvaguardare il patrimonio che era già in crisi a causa del primogenito, Ludovico scrisse al padre per far ritorno a casa, ma Alberico fece resistenza, al punto di cercare di bloccare le sue dimissioni dall’esercito, ma Ludovico tornò a Milano senza avvisare, andando a stare dallo zio, informandolo inoltre di voler lasciare Milano per andare a Malta, cosa che sembrava essere il male minore per il nipote. Alberico tentò di trovare una moglie adeguata al figlio, per fare in modo che egli non prendesse i voti. Anche questi tentativi furono fallimentari e il figlio iniziò a dilapidare il patrimonio di casa Belgiojoso. Nonostante i vari tentativi di riallacciare i rapporti con il padre, Ludovico arrivò al punto di chiedere di essere riammesso nell’esercito, evento che venne rifiutato perché in questo modo i creditori avrebbero potuto avanzare le pretese di risarcimento. Nel 1793 Alberico chiese raccomandazioni cercando così di accontentare il figlio, cosa che non avvenne, questo generò scompiglio e fece coprire di ridicolo Ludovico agli occhi di tutti. Fu incarcerato, e ci rimase per 3 anni di fila senza avere contatti con nessuno, tranne che con il padre che aveva diritti sulla sua persona anche in caso di malattia. La sua condotta, sia quella precedente all’arresto, sia quella all’interno del carcere, gli fecero allungare la detenzione. Dopo la scarcerazione, fallì il tentativo di farlo entrare nell’esercito al punto che si dovette nascondere a Milano dalla sorella, Alberico tentò di arruolarlo all’intero di un esercito straniero, il padre nonostante tutto cercò di risolvere la situazione. Ercole di Belgiojoso, l’abate mancato Anche il terzo figlio fu una spina nel fianco per il padre Alberico. Una figura malinconica e solitaria a cui mancava trascorrere il proprio tempo insieme alla famiglia, questo a causa della mancanza della figura materna. Ercole non era portato per lo studio, non era brillante come i suoi altri due fratelli; tuttavia, il buon carattere che tutti gli riconoscevano faceva presagire a tutti i suoi familiari un futuro piuttosto tranquillo, in sintonia con il mantenimento del prestigio familiare. La scelta di vestire l’abito sacrale non fu fatta in totale autonomia del cadetto, non si sa quanto fosse stato influente nella scelta il padre Alberico, ma nonostante questo, accettò la scelta del figlio Ercole. Milano non era la città adatta per concretizzare la sua carriera cosa che era nelle mire paterne, per via delle riforme giuseppine avevano ridotto gli spazi per guadagnarsi un posto di prestigio. Finì i propri studi a Roma, alla cura di due precettori. Dopo solo due mesi, Ercole non voleva già più fare l’abate bensì intraprendere la carriera militare. Ercole rese evidente di non possedere una vera strategia nella scelta per il suo futuro, non voleva essere abate e non sapeva come dover diventare militare. Chiese aiuto allo zio, convinto che fosse l’unica soluzione, nonostante questo Ercole non fu convincente al punto che lo zio lo insultò, definendolo inadatto per entrambe le carriere. Ercole scrisse al padre, chiedendogli di non prendere in considerazione le voci che giravano sulla sua persona. Né lo zio né il padre diedero conto dei suoi desideri, egli avrebbe dovuto ascoltare i desideri della famiglia, perché solo in questo modo avrebbe potuto assicurarsi un futuro privo di problemi. Questo diede l’idea che Ercole decise di non abbandonare la carriera ecclesiastica a favore di quella militare. Alberico aveva ancora in progetto quello di far emergere il figlio in modo che egli potesse portare prestigio alla famiglia. Ercole però faceva fatica a mettere in pratica i consigli e le notizie che giungevano da Milano, lo dipingevano come un buono a nulla ignorante. Alberico continuò a dispensare consigli al figlio, continuando nel processo di educazione a distanza richiamandolo continuamente alle regole fondamentali, egli avrebbe dovuto distinguersi e di evitare rapporti con gente di poco conto. A causa della mancanza di fondi e di totale dipendenza quindi dalla famiglia, fu difficile per Ercole rispondere al padre per esporgli i suoi reali desideri; al punto che scrisse al padre per dire che era convinto di voler seguire la carriera ecclesiastica, andando a correggere quei difetti che lo avevano reso immaturo ai suoi occhi. Dopo un periodo di quiete in cui sembrava che i rapporti tra padre e figlio fossero idilliaci, Ercole manifestò il con maggiore incisività il desiderio di abbandonare gli abiti sacrali. Alberico non ascoltò le parole del figlio, cercando di risolvere le problematiche che erano di nuovo insorte tra di loro, perché sperava che egli ritornasse sui suoi passi, cosa che non avvenne perché il figlio si comportò in maniera sconsiderata, cosa che incideva sulla famiglia, riducendo così le sue opportunità di carriera e di prestigio. Ercole fu ricattato dal padre come anche i suoi fratelli e questo per un attimo diede l’idea che egli fosse rinsavito e avesse così compreso che il ruolo ecclesiastico era quello più idoneo alla sua persona, anche perché il ruolo assunto da Ercole era fondamentale per la buona riuscita per la famiglia a livello di onore e gloria. Ancora una volta riuscirono a redimere Ercole, riportandolo sulla strada prevista dal principio, ma anche questo periodo durò poco, Ercole mise in atto una strategia di comportamento volta da un lato a prendere tempo con la famiglia e dall’altro a usarlo per acquisire abilità non finalizzate a qualcuno che stava per prendere nella carriera ecclesiastica, questo tergiversare portò ad un ritardo nella nomina, al punto che il cadetto rimanifestò il desiderio di diventare Cavaliere di Malta portando lo scompiglio tra le mura familiari, espresse inoltre il desiderio di sposarsi. Alberico aveva già mandato avanti le trattative per farli avere il ruolo presso il Duomo di Milano, il padre decise di rinchiudere il figlio in un luogo isolato in modo da convincere Ercole a cambiare nuovamente idea. Questo esperimento fallì, destando inoltre problematiche perché Ercole aveva ottenuto la carica presso il Duomo. Furono chiare e meno ingenue le motivazioni espresse dal cadetto al padre in merito alla sua scelta di abbandonare gli abiti ecclesiastici, la lettera però non era stata scritta da lui ma vi era qualcun altro che manovrasse il ragazzo. Il cadetto però ormai sembrava aver preso la sua decisione al punto che non si faceva più trovare dal proprio precettore; Alberico risultò sconfitto, non nascose la sua frustrazione e il suo orgoglio ferito di pater familias. Nel 1796 la carriera dell’abate finì, il padre lo obbligò a scrivere delle lettere di scuse, sfumò inoltre il progetto di farlo rientrare a Milano per impiegarlo nel reggimento di Ludovico. Alberico non approvò i progetti in campo militare che gli vennero proposti, perché il cadetto non aveva alcuna preparazione in campo militare e quindi i ruoli di comando non potevano essere adatti alla sua persona, non si poteva permettere ulteriori brutte figure, anche perché era ancora convinto che la carriera ecclesiastica fosse quella più idonea al ragazzo e che quella militare fosse pericolosa a causa delle caratteristiche caratteriali del cadetto. Le diversi rete di relazioni di Alberico permisero di salvare la situazione dei figli, la carriera di Ercole fu fulminante, il cadetto si impegnò moltissimo nella sua nuova veste, Alberico continuò a mandare avanti il suo progetto educativo a distanza, mettendogli a disposizione la sua esperienza in campo militare. Il principe dispensò consigli in merito, esponendo al ragazzo delle regole anche per stare all’interno della società, in modo che egli non cominciasse a frequentare “cattive” compagnie sperperando denaro. Più volte Ercole fu richiamato dai suoi superiori per via dei suoi difetti caratteriali, nonostante questo la scalata militare di Ercole riuscì grazie ai legami che il padre aveva instaurato nel corso della sua vita, ma ad un certo momento si inceppò a causa della frequentazione di cattive compagnie, che lo portarono ad indebitarsi. L’invasione francese portò un mutamento nella situazione di Ercole, che si ritrovò a Milano insieme al fratello Ludovico Francesco, provocando drammi familiari e destando scandalo. Oltre a questo, la situazione economica della famiglia Belgiojoso fu incrinata dall’arrivo di Napoleone, Alberico chiese di essere dimissionato dalle guardie reali, gli furono sequestrati ori e beni. Alberico e i figli firmarono una convenzione nella quale si diceva che ai figli sarebbero spettati 3000 lire annui, oltre al mantenimento assicurato nella casa paterna e a un domestico, la somma sarebbe raddoppiata se i due cadetti avessero lasciato la dimora di famiglia. Alberico chiese loro di comportarsi con decoro. Accettò dei matrimoni non consoni al rango familiare. Rispetto ad Alberico e Ludovico che erano stati in grado di sostenere un gioco di squadra tra fratelli a favore dell’impresa familiare, i figli e nipoti fecero lo stesso ma a vantaggio delle loro libertà individuali. Ludovico Francesco portò avanti la famiglia Belgiojoso. La vita di Alberico finì in maniera solitaria, rifiutò anche onorificenze a livello militare, perché andavano contro i suoi ideali che aveva mantenuto durante tutta la sua vita. I SERBELLONI E LA DISTINZIONE ESIBITA La loro analisi familiare è basata su carteggi patrimoniali in quanto la corrispondenza privata è alquanto scarsa. Furono le vicende patrimoniali a creare forti dissapori fra i discendenti della casata e a portare alla quasi dissoluzione dell’ingente patrimonio accumulato. I quattro fratelli si dilaniarono in lunghi costosi conflitti non solo dal punto di vista matrimoniale ma anche sulla base delle differenze culturali che si trasformarono in politiche all’arrivo di Bonaparte. Gian Galeazzo a differenza di Rinaldo di Belgiojoso non ebbe il bisogno di ribellarsi alla volontà paterna per affermare la propria autonomia, perché rimase orfano quando era ancora giovane. I suoi comportamenti strutturati sul desiderio di grandezza, non erano finalizzati al corretto obiettivo del primogenito quindi quello legato al certa frequentazione anche in toscana, Bonaparte celebrò a casa Greppi la vittoria di Marengo. Personaggio molto abile riuscì a destreggiarsi con talento nelle diverse direzioni dell’epoca, i suoi modi si discostavano da quelli che erano i canoni tradizionali dell’educazione dell’epoca che il padre cercava di imporgli, in modo che si occupasse dell’attività finanziaria e politica con i personaggi illustri e potenti di quegli anni. Le sue vicende rispecchiano la complessità dell’età di transizione nella quale è vissuto, cioè la seconda metà del Settecento. Le lettere tra il padre e il figlio rispecchiano l’educazione che il Principe cercava di insegnargli, che hanno reso Paolo un personaggio che emerge nel sistema culturale, più legato a creare un modello di gentiluomo. Dai racconti emersi nelle lettere si intersecano numerosi personaggi che costituiscono la società che permettono l’apertura verso le corti di Vienna e di Madrid per Paolo, dando vita a storie particolari che si riflettono su una società che sarà investita dalla Rivoluzione Francese. La casa Greppi Antonio Greppi padre di Paolo è stato uno dei personaggi chiave della storia di Milano asburgica, al pari di Belgiojoso e Serbelloni, fedele agli Asburgo d’Austria. Famiglia di mercanti, che seppero ampliare i propri commerci, abbracciando altre professioni come quelle di imprenditori, banchieri, finanzieri. Antonio fu un uomo di spicco anche all’interno della società, anche se la sua professione di fermiere non era vista di buon occhio agli occhi dell’opinione pubblica, aveva affari commerciali in tutta Europa, che gli permetteva di vivere di rendita, andando ad investire in ulteriori affari sicuri e redditizi cosa che invece non fece il figlio ricercando affari complessi. Paolo era l’ultimo di cinque figli maschi, ricevette una formazione molto comune studiando in diversi collegi, destinato dal padre alla carriera di commerciante, nonostante lui volesse intraprendere quella militare. Un negoziante alle prime armi Una delle caratteristiche più evidenti del rapporto educativo tra padre e figlio è che esso si compì a distanza, ma non per questo fu meno efficace e incisiva. Il cadetto non si adattava volentieri alle regole imposte da Antonio, fu più volte costretto a rimproverargli aspramente alcuni suoi eccessi comportamentali, nonostante fosse molto disposto a tollerale le intemperanze del figlio imputandole, anche se sarebbero potuti emergere delle difficoltà che avrebbero messo in difficoltà la famiglia. Antonio Greppi grazie al suo carattere e ai suoi valori era consapevole del fatto che il ruolo della famiglia all’interno della società era influenzato dal comportamento dei singoli individui per questo tutti dovevano risultare ineccepibili e conformi agli usi sociali in cui tutta la società si riconosceva. La famiglia Greppi abbandonò l’attività mercantile e si spostò verso la creazione della primogenitura nella conclusione di un matrimonio adeguato al rango, con la figura più idonea della famiglia che permettesse così di mandare avanti la stripe familiare. Gli straordinari legami creati dal padre a livello internazionale oltra alle attività economiche messe in piedi, non potevano non influenzare il comportamento dei figli, in particolare Paolo che essendo di natura curiosa e intraprendente seppe ben approfittare della situazione. Durante gli anni a Cadice il cadetto diede adito a comportamenti azzardati in merito ad attività economiche azzardate e pericolose, attività che venivano svolte anche sul mercato europeo, arrivando anche a svolgere trattative di contrabbando dell’argento. Il giovane negoziante aveva comunque nonostante il temperamento focoso richiamato dal padre che gli diceva di comportarsi con onore e timore di Dio, assunto il comportamento più opportuno secondo le circostanze e le differenti pratiche sociali, cosa che mise in atto soprattutto, quando entrò a contatto con la società delle corti di Madrid e Vienna. Il negoziante viaggiatore Circa a 30 anni di età, Paolo entra a contatto con territori più professionali e ambienti più mondani, assunse così il ruolo di negoziante-viaggiatore, Antonio comunque continuava a mandare avanti il suo percorso educativo. Dai carteggi si evince che Paolo era un perfetto manager del tempo, perché oltre al campo economico quindi relativo alla sua attività di commerciante, grazie ai numerosi viaggi apprese nozioni di politica e si addentrò in quelli che erano i mondi dei cortigiani, facendo il tutto con una certa spregiudicatezza che il padre non tollerava, perché questi atteggiamenti andavano oltre la condizione di convenienza. Antonio incitava il cadetto alla moderazione e al buon senso, tuttavia Paolo assunse connotazioni differenti, cercava di concludere affari velocemente in modo da godere dei piaceri della buona società, mantenendo comunque una buona reputazione all’interno della società, cosa che il padre non accettava, dalle lettere infatti gli ricordava che doveva concentrarsi solo su quelli che erano gli scopi del viaggio, di conseguenza tralasciare i piaceri mondani. Per via di questi comportamenti le attese del padre non vennero rispettate. Durante il viaggio il cadetto insieme al fratello appresero diverse nozioni in diversi campi, Paolo nelle lettere espressa anche le sue emozioni facendo tesoro di tutto quello che era riuscito ad imparare dalle diverse società dell’epoca. L’aspetto che lo affascinava di più erano le innovazioni industriali e tecnologiche, l’Inghilterra fu la terra che lo impressionò maggiormente: accademie scientifiche e salotti letterali erano i luoghi di decoro e della convenienza più adatti ad una società così multiforme, nella quale Paolo si sentiva a suo agio; questo gli permise di fare un’ulteriore esperienza nel mondo. Un’altra tappa che permise di accrescere la sua figura fu la corte di Madrid, dove egli mise in mostra una mera capacità accorta e flessibile nella comprensione delle nozioni. All’interno di essa si aprirono le porte del successo, per gli affari e le relazioni sociali. Il padre seguiva a distanza perché temeva che il giovane si lasciasse trasportare da eccesso di sicurezza, il padre continuava nelle lettere a metterlo in guardia ma lui continuava a sostenere che avesse fatto tutto con onore e decoro, lui giocava per giocare e non per denaro. Antonio arrivò al punto di effettuare un richiamo formale ai due figli. Dallo scambio epistolare emerge sempre il patto che stava alla base del rapporto educativo: padre-precettore e figlio-discepolo, il quale avrebbe dovuto impegnarsi a tenere nella debita considerazione i consigli del padre. Nella corte di Vienna, il cadetto riuscì a muoversi a proprio agio come nella corte spagnola, creando una rete di relazione con i personaggi più importanti all’interno della stessa, che permisero a Paolo di avere appoggi per le sue attività commerciali. I figli grazie alla rete di relazioni creata precedentemente dal padre, riuscirono ad inserirsi e a farsi ben volere nei più importanti ambienti di corte. Paolo cercò di avviare trattative commerciali legate alle manifatture del metallo che avrebbero permesso alla corte di ottenere il materiale per la creazione di navi, questo scatenò le ire dei soci di Cadice e di riflesso anche quelli del padre che non perdeva l’occasione di invitarlo all’uso del buon senso e della prudenza. Dopo la morte di Maria Teresa, i rapporti sociali instaurati da Paolo furono molto utili sia alla famiglia che alle sue trattative personali. Il cadetto dalla doppia vita Paolo trascorse parte della sua vita in Spagna, per poi trascorrere del tempo a Vienna fino a fare ritorno in Italia, dove si congedò a Cadice, gli affari di famiglia lo impegnarono sia nell’aspetto pubblico sia in quello privato. La carica di console imperiale, lo costrinsero a frequentare la corte in maniera assidua. Grazie alle relazioni create fu in grado di raccontare in maniera dettagliata le diverse vicende, sia in campo politico, sia in campo economico-sociale, non che culturale e storico. La lontananza dalla casa di Cadice per via degli affari familiari lo aveva tenuto lontano dal controllo diretto e durante la sua assenza si erano creati non pochi problemi che rendevano urgente il suo intervento. Le trattative commerciali all’interno della società di Cadice erano molteplici, non erano solo mirate ai commerci tradizionali come olio e vino, grano e orzo, ma erano anche legate al commercio di legname, di mercurio necessario per la lavorazione dell’argento, lastre di rame per la costruzione di navi. Erano trattative redditizie ma molto pericolose, questo generò disaccordo tra il padre e il figlio, il cadetto guardava il commercio con una visione più liberalista, era quello il timore di Antonio che queste trattative che coinvolgevano le corti potessero compromettere anni di strategia famigliare che avevano avuto come esito la nobiltà della famiglia. Il rischio era quello di compromettere l’ascesa della famiglia, tanto guadagnata dal padre nel corso della sua vita. I timori paterni uniti al nuovo profilo sociale che la famiglia Greppi si trovò a sostenere dopo la nomina a conte di Antonio ebbero pesanti ripercussioni sulla vita del cadetto, perché si trovò ad avviare un faticoso scontro col genitore in merito al suo futuro. L’ascesa sociale aveva contribuito a generare i seguenti effetti: conversione dell’attività mercantile in finanziaria, trasformazione di una parte di rendita in acquisto di terreni, primogenitura, matrimonio vantaggioso. Tutti in famiglia erano quindi consapevoli della loro situazione sociale, i voti famigliari caddero su Marco che diventò il primogenito di casa. Paolo suggerì al padre di dividere il patrimonio per evitare rivalità tra i fratelli. Si crearono nuovamente malumori tra il padre e il cadetto, anche a causa dei commerci che aveva stipulato il figlio che erano ancora ad alto rischio. Paolo in Spagna ebbe un figlio da una vedova, e non voleva inoltre farlo sapere al padre. Il cadetto si creò una rete di protezione per custodire il suo segreto, alla morte di Paolo tutta la famiglia comunque sapeva l’esistenza di questo figlio illegittimo, che scoprì di far parte della famiglia Greppi solo dopo la morte del padre. La doppia vita del cadetto consente di effettuare una riflessione sui modelli educativi attuati nella società di antico regime, il cadetto rivendicava al padre di voler essere protagonista della sua vita, conflitto che era ben presente nella società dell’epoca dove il ruolo del pater familias era predominante, nonostante questo il cadetto riuscì a ricavarsi uno spazio di libertà perfino nella gestione degli affari, perché non vi era ancora una netta separazione tra la sfera pubblica e quella privata. La sua vita segreta rise problematico le relazioni all’interno della famiglia, però non portò ad una dilapidazione del patrimonio di
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