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Riassunto libro "Comunicazione politica" di Mazzoleni, Sintesi del corso di Sociologia

Abbastanza sintetico ma esaustivo (focus su capitoli: 1-2-3-4-5-7).

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 06/04/2022

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raffaele-veneriano 🇮🇹

4.6

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Scarica Riassunto libro "Comunicazione politica" di Mazzoleni e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! LA COMUNICAZIONE POLITICA Gianpietro Mazzoleni Parte Prima IL CAMPO DELLA COMUNICAZIONE POLITICA Capitolo 1 : Storia e teoria Uno sguardo alla storia: dalla retorica alla videopolitica e oltre La storia della comunicazione politica inizia nello stesso momento in cui la filosofia greca comincia a riflettere sul potere, sull'autorità, sulla democrazia. Né Platone, né Aristotele usano mai il termine comunicazione, ma ben conoscevano l'effetto del discorso persuasorio sul pubblico dei cittadini. Era argomento di dibattito tra i filosofi greci il potere della retorica. La retorica era l'arte della persuasione e le sue tecniche furono applicate naturalmente alla politica. Nel mondo romano abbiamo altri esempi di «proto» comunicazione politica durante il periodo della repubblica, quando il governo era retto da magistrati eletti dai cittadini. A Pompei si possono ancora vedere sui muri delle case le scritte e i graffiti elettorali, prime forme di manifesti e slogan, invitanti a votare per questo o quel candidato. Ma più della comunicazione scritta o visiva era praticata la propaganda orale. Strade e piazze erano i luoghi privilegiati del contatto diretto tra i candidati e il popolo degli elettori. Alcuni termini, entrati nell'uso nell'epoca moderna, risalgono proprio all’epoca romana, come «candidato» o «comizio». Accanto al dispotismo e al soffocamento delle voci libere ad opera sia dei sovrani che delle chiese, l'unico tipo di attività di comunicazione politica che possiamo individuare è il sistematico controllo e l'altrettanto sistematica manipolazione della cultura e dell'informazione. Solo dopo la Rivoluzione americana, con il varo della Costituzione, e con la Rivoluzione francese, dunque con la rinascita degli ideali libertari e democratici, possiamo ritrovare l'esercizio di forme di comunicazione politica, in occasioni elettorali. Si diffonde infatti un giornalismo libero, che si sottrae alle censure dei regimi assolutistici e che si schiera sempre più spesso al fianco dei partiti e delle fazioni in lotta. Il XIX è il secolo di ulteriori sommovimenti e di grandi passioni politiche, il secolo della rivoluzione industriale, dell'urbanesimo, della scolarizzazione di massa. La democrazia fatica a consolidarsi, ma nonostante questi limiti le libere elezioni diventano progressivamente il fondamento su cui poggiano le democrazie di massa dei nuovi stati. Le campagne elettorali, gli scontri fra partiti nei parlamenti d'Europa, il sorgere di grandi leader politici, la creazione di prestigiose testate giornalistiche sono tutti fatti che marcano la nascita della moderna comunicazione politica. Occorre attendere il nostro secolo per potere parlare di comunicazione politica in senso pieno. Soltanto con la nascita dei mezzi di comunicazione di massa, il cinema, la radio e più tardi la televisione, si creano le condizioni per lo sviluppo e la maturazione di tutte le forme e di tutti gli strumenti di comunicazione applicabili alla sfera politica. Tra le due guerre mondiali la propaganda e la manipolazione hanno avuto il sopravvento sulla dialettica democratica e sulla libera informazione, soprattutto nei paesi sotto i regimi fascisti e comunisti. Il più grande laboratorio della comunicazione politica, come la conosciamo oggi, sono gli Stati Uniti: la stabilità delle istituzioni democratiche e l'ampia libertà goduta dal sistema dell'informazione hanno senza dubbio giovato allo sviluppo interno e poi all'esportazione di modelli di comunicazione politica. La dialettica tra potere politico e potere dei media, negli USA ha rappresentato un ideale da imitare per molti paesi di giovane democrazia. Mentre nel vecchio continente imperversava il fascismo e si consolidava lo stalinismo, negli Stati Uniti si celebrava il connubio tra pubblicità, marketing, informazione, sondaggi d'opinione, nel grande gioco della politica e nelle campagne elettorali. La diffusione del nuovo mezzo della televisione, negli anni '50 e '60, ha impresso una fortissima accelerazione allo sviluppo della comunicazione politica. Oggi difficilmente la politica può prescindere dai mass media, e soprattutto dalla televisione. La video-politica è diventato il formato più noto e più popolare della politica Capitolo 2 : Modelli e definizioni Modelli della comunicazione politica Il modello pubblicistico-dialogico I mass media non sono lo spazio pubblico; contribuiscono a crearlo, ne sono uno dei principali motori, ma la loro azione va a sommarsi all'azione dialogica degli, e tra gli altri, due attori- cittadini e politici. Definiamo così la comunicazione politica all'interno di uno schema relazionale tra gli attori della scena politica moderna: istituzioni politiche, mass media, cittadini. Le istituzioni politiche (P) comunicano con i cittadini (C) e questi con le istituzioni politiche, dando origine ad uno spazio condiviso (a). Il sistema politico comunica con il sistema dei media (M) e viceversa, dando origine allo spazio comunicativo (b). I media, a loro volta, si relazionano anche con C, prevalentemente con una comunicazione a senso unico che si sostanzia in uno spazio comunicativo, di tipo informativo (c). I tre spazi comunicativi a, b, c, costituiscono una rete di scambi di natura politica, sono cioè comunicazione politica. La comunicazione politica mediatizzata è invece lo spazio (d) che a, b, c creano sovrapponendosi, ossia quando lo scambio comunicativo coinvolge tutti e tre gli attori dell'arena politica. Quindi, i mass media sono sì determinanti, ma solo oggi. Da un punto di vista astratto, possono benissimo essere assenti, come lo erano appunto all'alba della democrazia. Il modello «mediatico» Nel modello pubblicistico i mass media sono soltanto uno degli attori dell'interazione/comunicazione politica. Secondo questo modello, però, il peso dei tre attori nelle concrete situazioni è di fatto sbilanciato, risultando assai più forte quello dei mass media. Sul concetto di potere dei media, le interpretazioni delle varie scuole non coincidono, ma è incontestata l'attribuzione di un ruolo imprescindibile ai mass media nella sfera politica. Sulla base di questa posizione poggia la prospettiva della mediatizzazione della politica, secondo la quale oggi l'azione politica pubblica avviene all'interno dello spazio mediale . I media sono l'arena pubblica in cui hanno luogo lo scambio e i rapporti di forza fra i tre attori. I media forniscono o sono i canali tra gli attori P e C, fungono da palcoscenico su cui si sviluppa l'azione politica, e al tempo stesso sono interlocutori di entrambi. La comunicazione politica, quindi, è il prodotto dell'interazione e della competizione tra i diversi attori nello spazio pubblico mediatizzato. Attori e forme della comunicazione politica Il sistema politico Per sistema politico si intende generalmente l'insieme delle istituzioni politiche che costituiscono l'ossatura della vita politica di un paese: il Parlamento, il Governo, la Magistratura, ma anche il Capo dello Stato. La comunicazione che questi attori attivano è di tipo principalmente istituzionale, quando cioè è espressione delle stesse istituzioni e non delle persone che ricoprono in vari uffici. È a pieno titolo sistema politico anche l'area non istituzionale, identificabile nei soggetti politici quali partiti, movimenti, gruppi di pressione. Il sistema dei media che tradizionalmente erano scarsi consumatori dei vecchi media; 3)l'informazione televisiva comincia a esercitare un vasto impatto sui temi della politica, sui linguaggi, i modi di presentazione di leader e altri soggetti politici. Governi, partiti, esponenti politici adottano rapidamente tecniche e trucchi per sfruttare al meglio il mezzo televisivo. 4)Un'altra conseguenza è l'organizzazione più scientifica delle campagne elettorali: i candidati vengono scoraggiati dall'esprimere la propria opinione direttamente agli elettori senza prima sottoporsi a una verifica di efficacia comunicativa da parte di esperti. Terza fase (dagli anni ’90 a oggi) Ecco alcune sue caratteristiche: l'abbondanza di mezzi di comunicazione, la loro pervasività, la velocità, la convergenza tra telecomunicazioni e vecchi media. La comunicazione politica della terza fase subisce una mutazione genetica lungo cinque principali direttrici: 1)Professionalizzazione del rapporto con l’opinione pubblica: i politici sono sempre più costretti a ricorrere al know how di professionisti della comunicazione per comunicare a rischio zero con i media ma anche con i cittadini. 2)Aumentata competizione tra contenuti dei media e informazione politica: l'informazione è sempre più attenta alla moda, al pettegolezzo a causa della galoppante commercializzazione. Il risultato più eclatante per quanto riguarda la comunicazione politica è l’avvento dell’infotainment. 3)Populismo: i media si popolarizzano puntando i riflettori sui sentimenti e sul privato. 4)Comunicazione centrifuga: oggi la moltiplicazione dei canali e la frammentazione dei pubblici permette agli attori politici di confezionare e indirizzare i propri messaggi a determinate nicchie di destinatari 5)Consumo occasionale di comunicazione politica: oggi si osserva l'emergere di abitudini di consumo della politica che assomigliano alle modalità di acquisto in un supermercato. Contenuti e messaggi politici possono affiorare ovunque, Quarta fase? A dieci anni di distanza, nell'epoca del web 2.0, i due autori riprendono il tema di come vedere la comunicazione politica alla luce dei rapidissimi sviluppi tecnologici. Anche se loro non la etichettano come “quarta fase”, i suoi connotati sociali e politici la rendono una fase “altra” rispetto alle tre epoche precedenti. Le caratteristiche di questa fase sono: -L’ubiquità delle ICT; -Un minore peso della tv come servizio pubblico; -La ridefinizione dell’idea di cittadinanza che comprende il nuovo tipo di rapporti tra pubblico e privato. Parte Seconda PROSPETTIVE CONTEMPORANEE Capitolo 3 : La mediatizzazione della politica Mediatizzazione della politica ed effetti La centralità dei media nell'arena politica è una esclusività dell'età contemporanea. Prima di una mediatizzazione della politica viene una mediatizzazione della società: i media sono un ingrediente essenziale della società post industriale, più ancora di quanto lo fosse la sola stampa nella società industriale. Detto questo, i media non sono diventati istituzioni politiche ma hanno fornito al sistema politico lo spazio, gli strumenti, i canali necessari al suo funzionamento nell'era della democrazia di massa. Ai media viene attribuito un forte potere nella società e nell'arena politica. Sotto questo profilo, mediatizzazione è sinonimo di “potere dei media” o meglio è l'insieme degli effetti empiricamente osservabili prodotti dai media sul sistema politico. Quando si parla di effetti dei media è necessario distinguere tra effetti sistemici, che sono il risultato dell'azione mediale sul funzionamento del sistema politico, ed effetti psico-sociali, che sono invece l’impatto che i media esercitano sugli atteggiamenti, opinioni e i comportamenti politici dei cittadini. Quali sono questi effetti sistemici? Possiamo raggruppare gli effetti in due grandi categorie: gli effetti mediatici, ossia quelli che riguardano prevalentemente gli aspetti mediali della comunicazione politica, e sono la spettacolarizzazione, la costruzione dell'agenda politica e la frammentazione dell'informazione politica. Gli effetti politici che toccano direttamente il modo di essere, di porsi, del sistema politico, e sono la personalizzazione, la leaderizzazione e la selezione delle elite politiche. Criteri di misurazione della mediatizzazione della politica Esistono alcuni criteri di misurazione della mediatizzazione della politica. Il primo aspetto è il grado in cui i media costituiscono la fonte più importante di informazione sulla politica e sulla società. Il secondo è il grado di indipendenza dei media dalle istituzioni politiche. Il terzo è il grado in cui il contenuto dei media riflette la logica politica o la logica dei media. Il quarto è il grado in cui gli attori politici sono condizionati dalla logica politica o dalla logica dei media. A seconda dell'intensità di questo o quell'altro aspetto possiamo idealmente misurare in che grado la politica è mediatizzata. Laddove è più evidente la mediatizzazione della politica e del discorso politico non significa che si creino le premesse per quella che alcuni autori hanno chiamato videocrazia, ossia una sorta di confisca da parte dei media di funzioni proprie del sistema politico. Diciamo che politica mediatizzata non è sinonimo di governo dei media. Gli effetti mediatici 1.L’effetto di spettacolarizzazione Divenendo oggetto di una spettacolarizzazione permanente, l'attività politica ha perso la sua sacralità ed è stata costretta ad adattare le sue forme tradizionali di comunicazione ai nuovi canoni e alla nuova situazione. In altre parole, l'esito più significativo della spettacolarizzazione della politica è una mutazione quasi genetica del discorso politico: oggi non solo nessun politico può comunicare senza passare tramite i media ma nessun politico può comunicare efficacemente senza modulare il suo messaggio sugli schemi linguistici e narrativi preferiti dalla cultura di massa che sono appunto quelli di intrattenimento, di spettacolo e della pubblicità. 2.L’effetto di costruzione dell’agenda politica (o di tematizzazione) Piccola premessa sul concetto di agenda politica: si tratta di un tema, un problema, che viene a trovarsi sull'agenda del dibattito politico; significa semplicemente che è all'ordine del giorno. Nella letteratura scientifica si trovano due effetti che si riferiscono all'agenda: l'agenda setting e l'agenda building, che hanno significati diversi. Il primo effetto è sinonimo di influenza dei media sulle percezioni dei temi sociali e politici da parte del pubblico dei cittadini: è stata notata una corrispondenza tra l'ordine di importanza delle issues coperte dai media e le issues ritenute più importanti degli intervistati. Il secondo, il processo di agenda building, non si riferisce all'impatto dell'informazione politica sul pubblico ma sulla politica e sui politici. È, in altre parole, il ruolo decisivo dei media nella selezione dei temi al centro del dibattito pubblico e con i quali i politici sono quindi obbligati a misurarsi. In breve, i mass media, puntando i riflettori su particolari realtà politiche, sono in grado di imporre l'agenda politica nazionale o locale. 3.L’effetto di frammentazione del discorso politico Ovvero la riduzione del dibattito pubblico politico ai minimi termini. I contenuti di natura politica quando vengono trattati dai media subiscono spesso una sorta di “effetto clip”. Frammenti di dichiarazioni, battute ad effetto, brevi citazioni che si attagliano perfettamente al ritmo incalzante delle news televisive. Gli effetti politici 1.L’effetto di personalizzazione della politica L'insistenza dei riflettori dei media sulle persone che governano o fanno opposizione, o comunque sono impegnate nella lotta politica ha portato alla individualizzazione della politica e la personalizzazione della rappresentanza politica. Come già per la spettacolarizzazione, anche con la personalizzazione gli attori politici si sono progressivamente adeguati ai registri comunicativi dei mass media, enfatizzando la visibilità, il look, l'immagine. 2.L’effetto di leaderizzazione Strettamente correlato alla personalizzazione della politica è l'effetto di personalizzazione della leadership o leaderizzazione. In tutte le democrazie, negli ultimi decenni, si è assistito ad una deriva verso la leaderizzazione delle istituzioni e dei processi politici. Lo si è registrato, ad esempio, nell'Italia della vittoria di Berlusconi, un politico che ha giocato molto sul suo appeal personale. Il declino della forma partito e la mediatizzazione hanno creato le condizioni perché fosse lo stesso leader a creare il partito, a trasformare i partiti già tendenzialmente personali in partiti personalizzati. 3.L’effetto di selezione delle elite politche Un'ulteriore conseguenza della mediatizzazione della vita politica è il trasferimento dei meccanismi di reclutamento del ceto politico dalle macchine di partito ad agenti esterni al sistema partitico. Ovvero l’influenza più o meno intensa, e più o meno diretta, del sistema dei media sulla selezione delle elite. Come avviene questa selezione? I media tendono a preferire i personaggi tele- genici, abili nella dialettica, pronti alla battuta. Tanto più un (futuro) politico ha un profilo mediatico tanto maggiori sono le sue chance di emergere. Durante la campagna elettorale del 1994 molti candidati del partito di Berlusconi furono espressamente selezionati sulla base delle loro capacità comunicative e mediatiche e alcuni furono allenati ad andare in televisione. Fine della mediatizzazione? Negli ultimi anni, in coincidenza con la diffusione di internet, si sta facendo strada tra gli studiosi il convincimento che la mediatizzazione come l'abbiamo conosciuta abbia fatto il suo tempo e che si debba mettere a fuoco una sorta di web-izzazione delle pratiche comunicative della politica. Certamente i nuovi media sono diventati strumenti importanti di comunicazione tra politici e cittadini perché consentono la disintermediazione, ossia il bypassare i media tradizionali. Manuel Castells tenta un'interessante definizione di internet introducendo un neologismo: “auto-comunicazione di massa”, sottolineando che internet non è un media in senso tradizionale. Trattandosi non di un mezzo vero e proprio ma di un insieme di mezzi internet, non sostituisce i media tradizionali ma vi si aggiunge; dunque si dovrebbe piuttosto parlare di una “mediatizzazione estesa”. Il dibattito scientifico è comunque appena iniziato. media e i politici sono distanziati dalle rispettive logiche, finalità e strategie, che in molti casi possono entrare in rotta di collisione. Il modello del collateralismo È il modello che Hallin e Mancini attribuiscono alla tradizione politica e culturale dei paesi europei. Il termine “collateralismo” sta a rappresentare un giornalismo schierato, megafono o portavoce di gruppi e partiti politici. In questo modello è il sistema politico ad essere centrale a condurre il gioco. Il modello dello scambio I politici hanno bisogno dei media come i media hanno bisogno dei politici: questa reciproca necessità induce entrambi gli attori a preferire al conflitto il negoziato. Ciò si traduce nell'attenzione del politico alle richieste del giornalista, sperando di ottenere una copertura benevola, e nella collaborazione del giornalista con il politico per sottrarsi alle pressioni di quest'ultimo. Il modello della competizione L'idea sottostante a questo modello è quella del confronto, della sfida, tra il potere dei media e il potere politico. Rientra in questo contesto l'ipotesi di una deriva video-cratica. Esistono molte imprese editoriali e molte testate giornalistiche che «fanno politica», cioè scendono sullo stesso terreno su cui si muove l'attore politico, contendendogli lo spazio. Lo schema della competizione configura una sostanziale parità tra i due competitors. In gioco vi sono i medesimi obiettivi: la leadership dell'opinione pubblica, il consenso, la legittimazione. Il modello del mercato Ovvero se i media siano prima una componente della democrazia o un'istituzione che risponde agli imperativi commerciali. Il “going commercial” degli organi di informazione sulla comunicazione politica (infotainment). Sintetizzando possiamo dire che, i giornali americani si sono sviluppati in un contesto di concorrenza per il profitto, quelli europei hanno coniugato politica e mercato con una prevalenza della prima rispetto alla seconda. Capitolo 5 : Linguaggi, rituali e simboli della politica Il linguaggio politico Che cos’è il linguaggio politico Spesso, “linguaggio politico” viene usato intercambiabilmente con “discorso politico”, con messaggio politico e anche con comunicazione politica tout court. L'accento non viene solitamente posto sulle modalità o caratteristiche linguistiche dell'emittente quanto sul che cosa egli dice, con quali mezzi, a chi, con quali effetti. Il concetto di discorso politico è invece molto contiguo con quello di linguaggio, da cui deriva. Il riferimento principale è alle particolari declinazioni grammaticali, testuali, contestuali o stilistiche espresse nell'uso del linguaggio. Per esempio, gli aspetti retorici, le modalità e strategie conversazionali sono dimensioni tipiche dell'analisi del discorso- politico e non. Alcune definizioni di linguaggio politico Una celebre tipologia di linguaggio politico è quella elaborata da Edelman nella sua opera più importante “The Symbolic Uses of Politics” (1976). Edelman individua quattro tipi di linguaggio politico: • il linguaggio esortativo, • il linguaggio giuridico, • il linguaggio amministrativo e • il linguaggio della contrattazione. Il linguaggio esortativo È il linguaggio politico per eccellenza, il linguaggio delle campagne elettorali, della pubblicità e del marketing di partiti. Costitutive del linguaggio esortativo sono la drammatizzazione e l'emotività, due registri cruciali per conquistare l'attenzione e il consenso del pubblico. Il linguaggio giuridico Il linguaggio giuridico è largamente usato nella comunicazione politica soprattutto di tipo istituzionale: con esso sono stilate le costituzioni, le leggi, le sentenze. La caratteristica più emblematica di questo linguaggio, fa notare Edelman, è la sua «ambiguità»: «le interpretazioni [...] variano con il mutare dei giudici, dei tempi, del contesto e degli interessi in gioco». Il linguaggio amministrativo Si tratta di un linguaggio strettamente imparentato con quello giuridico, essendone una derivazione. Lo stile amministrativo fa pensare a un'élite ristretta che si esprime in un linguaggio impenetrabile. Edelman osserva curiosamente che una delle risposte tipiche del pubblico- destinatario degli atti comunicativi amministrativi è di natura emotiva, improntata all'irritazione e alla burla. Il cittadino manifesta insofferenza al cosiddetto burocratese perché lo vede come un ostacolo alla comunicazione trasparente. Il linguaggio della contrattazione Con questo linguaggio si viene a coprire una vastissima zona della sfera politica, di quella che potremmo chiamare comunicazione politica-backstage, dietro le quinte. Edelman ne sottolinea l'aspetto di riservatezza, non nel senso che sia un linguaggio segreto ma che viene utilizzato in ambiti sottratti alla percezione e alla conoscenza del pubblico e dunque anche dei mass media. Gli esempi che dà sono chiarificatori: i negoziati per la formazione delle liste elettorali, le intese tra deputati in una commissione parlamentare. Il linguaggio politico: una tipologia più recente Un'altra tipologia del linguaggio politico è quella proposta da Cedroni e Dell’Era, che individuano tre categorie. I linguaggi rivoluzionari: ovvero quello che diviene un vero e proprio strumento di cambiamento politico e sociale. I linguaggi totalitari: si tratta di quei linguaggi che non solo denotano un cambiamento politico-sociale, come nel caso precedente, ma che hanno un'influenza diretta su tale mutamento. I linguaggi della crisi: i due autori fanno l'esempio, relativo all'ultimo decennio della storia politica del nostro paese, di quel lessico di rottura, come nel caso della Lega Nord e di termini chiave della sua lotta politica: come “il federalismo”, “la Padania” o “la Repubblica del nord”. I rituali politici Definire il rituale politico Non c'è politica senza rituali. Anche il rituale è a pieno titolo un tipo di linguaggio politico. Un esempio classico di rituale politico è il voto. Un'attività altamente regolata in termini sia procedurali che simbolici. La scheda è un oggetto carico di significati culturali e istituzionali, la posizione della croce sul simbolo di un partito, la deposizione nell'urna, anch'essa un oggetto sacro, è la suprema manifestazione della volontà del cittadino. I riti scandiscono, seguendo regole precise, i ritmi e la vita della società, contribuendo a integrare ossia a socializzare gli individui. Il simbolismo politico Spesso si fa riferimento indifferentemente ai termini di rituale e simbolo e si attribuiscono le stesse funzioni all'uno e all'altro. Con l'espressione “simbolismo politico” ci si riferisce alla fenomenologia e alla riflessione scientifica sulle dimensioni simboliche della politica, alla trasmissione e allo scambio dei significati e dei valori, ossia delle risorse non materiali della politica presenti in tutte le culture. Non è mai esistita azione politica che non sia stata rappresentata, sostenuta, implementata attraverso i simboli. Si può affermare che, quanto ai simboli, la politica non si distingue dalla religione. Capitolo 7 : Le campagne elettorali Comunicazione elettorale e comunicazione politica Le campagne elettorali sono un fenomeno che catalizza e avvince sempre l'interesse dei mezzi di comunicazione, dell'opinione pubblica e delle scienze sociali. Non è un'esagerazione affermare che il fenomeno della comunicazione elettorale somma in sé quasi tutto il campo della comunicazione politica. Volendo quantificare le ricerche sulle campagne elettorali, possiamo dire che rappresentano due terzi dell'intera produzione scientifica sulla comunicazione politica. Dalle campagne elettorali del passato a quelle di oggi Proprio perché le campagne elettorali sono un fenomeno strettamente legato alla comunicazione, esse si sono evolute nell'epoca delle democrazie di massa in parallelo con la diffusione dei mass media. Pippa Norris ha proposto la seguente periodizzazione storica dell'evoluzione delle campagne elettorali: •Le campagne elettorali pre-moderne: da metà 1800 al 1950, si distinguono per tre caratteristiche: la comunicazione-propaganda si basa essenzialmente su forme dirette di interazione tra candidati ed elettori a livello locale; gli organi di informazione fungono da intermediari tra partiti e cittadinanza; l’elettorato è fortemente ancorato all’identificazione e alla adesione ai partiti; • Le campagne moderne: dagli anni ’60 fino agli anni ’80 – anni del boom televisivo, la Tv sostituisce le piazze, diventa il palcoscenico delle competizioni elettorali. Lo spot televisivo è il simbolo delle campagne moderne, insieme ai dibattiti televisivi tra i candidati. Il candidato scalza velocemente il partito dal centro della comunicazione. Si registra anche un calo del legame verso i partiti di massa. • Le campagne postmoderne; dagli anni ’90 in poi. Si distinguono per la professionalizzazione di tutte le attività di pianificazione e gestione della comunicazione. I messaggi dei candidati vengono sviluppati sulla base dei dati di sondaggio, l'elettorato viene segmentato e studiato in profondità. La campagna elettorale di partiti e candidati Esistono due modelli teorici di campagna elettorale: •Campagna di posizione: Nei sistemi in cui la presenza dei partiti è forte e l’elettorato schierato e diviso. Il modello di comunicazione si basa sullo schema “noi contro loro”: il partito o il candidato fa leva su un elettorato che sa essere già suo e si serve dei media in funziona simbolica, più per affermare e difendere il proprio territorio che per ampliarlo. •Campagna di conquista: Nei sistemi con deboli identità e organizzazioni partitiche, dove l’elettorato è una massa piuttosto indifferenziata politicamente, l’impiego dei media è una necessità per imporre la propria esistenza e le proprie posizioni. Lo schema non è “noi contro loro”, ma la conquista di tutti. È utile osservare gli strumenti maggiormente utilizzati nelle battaglie elettorali post moderne. Vi sono tecniche tradizionali, tecniche audiovisive, i nuovi media e i consulenti politici. 1)Le tecniche tradizionali possono a loro volta essere suddivide in due categorie: le tecniche interattive e quelle unidirezionali. Le tecniche interattive implicano contatti diretti tra il candidato e i suoi potenziali sostenitori: sono il porta a porta, gli incontri con gruppi e movimenti, i comizi di piazza. Le tecniche unidirezionali sono perlopiù di natura scritta: la stampa, il manifesto, i gadget. 2)Le tecniche audiovisive sono legate in prevalenza al mezzo televisivo, con il suo uso diretto, a pagamento- spot- o gratuito, oppure con quello indiretto, con la partecipazione del candidato a dibattiti, talk show, programmi di approfondimento. 3)I nuovi media, Internet, il web 2.0, i social network. Le nuove tecnologie della comunicazione non rimpiazzano i media tradizionali perché non hanno quella diffusione capillare, ma integrano i vecchi; detto questo, essi apportano anche ulteriori benefici: permettono una più precisa personalizzazione del target; con Facebook e Twitter le campagne si possono trasformare in un dialogo interattivo tra candidati ed elettori. I consulenti politici. Gli attori protagonisti sul palcoscenico delle campagne elettorali sono, naturalmente, i candidati dei partiti, ma i protagonisti occulti, coloro che conducono il gioco da dietro le quinte, sono sempre più spesso i consulenti politici. Si tratta quasi sempre di personaggi prestati alla campagna politica dal marketing commerciale, dagli istituti demoscopici, dalle agenzie di pubblicità, dal giornalismo, dal mondo della ricerca e dell'università. Sotto le etichette di media advisor, spin doctor, campaign manager, allenano i candidati ad apparire in televisione e ne gestiscono anche l'intera campagna. Strategie di immagine Gli ingredienti essenziali delle moderne strategie di campagna elettorale sono: immagine e spettacolo. Le odierne campagne elettorali sono spesso definite, nel linguaggio giornalistico e scientifico, come battaglie delle immagini. Quando si usa il termine immagine occorre sempre esplicitare a quale aspetto di questa realtà ci si riferisce. Esiste infatti una duplice fenomenologia dell'immagine: l'immagine proiettata e l'immagine percepita. La prima è il profilo di un soggetto politico costruito e confezionato per essere diffuso direttamente o attraverso i media e che raggiunge i vari target. L'immagine percepita è invece un costrutto mentale soggettivo, dunque la la fotografia che uno ha nella propria testa della realtà, nel nostro caso del candidato o del leader politico. Questa immagine mentale, viene creata dagli stimoli dell'immagine proiettata, che, secondo Mauro Barisone, si divide in: immagine personale, immagine politica e immagine performativa. L’immagine personale è l'insieme dei tratti individuali che definiscono la personalità del candidato: la faccia, il look, i tic, eccetera. L’immagine politica si riferisce all'identificazione del candidato con certe posizioni, tematiche o retoriche politiche. Silvio Berlusconi è il centrodestra, Beppe Grillo l'antipolitica, e così via. L’immagine performativa è l'insieme di attributi politico- personali che permettono al cittadino di valutare se gli abbia le carte in regola per essere un leader eletto. Questa importanza dell’immagine spiega perché l'image management sia un imperativo del marketing politico . Pubblicità elettorale televisiva Lo spot Lo spot elettorale, come il suo omologo commerciale, è un comunicato di breve durata, tra i 15 e i 60 secondi. Di spot ne esistono svariati tipi. Secondo la classificazione di Patrick Devlin, ci sono gli spot mezzobusto (con il solo candidato che parla), gli spot negativi (contro i candidati concorrenti), gli spot cinema-verità (che raffigurano momenti della vita reale del candidato), gli spot documentario (che illustrano che cosa il candidato ha fatto nella politica o nella professione), e gli spot testimonial (in cui personaggi celebri decantano le qualità del candidato). La pubblicità negativa In molti paesi dagli Stati Uniti alla Germania, passando anche per l’Italia, le campagne elettorali registrano sempre più spesso casi di candidati che attaccano gli avversari con spot e manifesti. Anche se non tutta la pubblicità “contro” può essere ritenuta negativa, essa segna davvero un mutamento nelle tattiche di campagna elettorale: si preferisce mettere in cattiva luce i concorrenti piuttosto che spiegare il proprio programma.
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