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Riassunto libro e commento, Schemi e mappe concettuali di Storia Della Pedagogia

Riassunto libro e commento finale

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 26/09/2023

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sofia-ripalvella-3 🇮🇹

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Scarica Riassunto libro e commento e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Della Pedagogia solo su Docsity! Sofia Ripalvella 55EI20 Le forma sociali dell’educazione servizi, territori, società Marco Catarci Introduzione L’agire educativo assume sempre una rilevanza sociale. La rilevanza sociale è valutata in base a tre caratteristiche essenziali: • La ricerca educativa non può esimersi dal confronto con i fondamenti sociali dell’educazione, ossia, l’educazione è influenzata dalle dinamiche sociali e dai fattori culturali, economici e politici. • Il percorso di apprendimento di ciascun individuo si svolge in una pluralità di agenzie educative presenti nella società. • Qualsiasi analisi dei processi educativi deve tener conto del tipo di società che si intende costruire attraverso l’educazione. Per questo motivo, occorre chiedersi a cosa sia funzionale quel tipo di educazione. La pedagogia sociale sottolinea così, valenze e responsabilità educative, solitamente trascurate, sia dalle agenzie non formali sia dai contesti informali. CAP. 1 IL QUADRO DI RIFERIMENTO DELLA PEDAGOGIA SOCIALE 1.1 Ambiti del campo di studi Gli studi in ambito pedagogico hanno evidenziato che i processi educativi in atto nella società non dipendono solo dall’esperienza scolastica, ma anche dalle esperienze extrascolastiche. Conoscenze, abilità e competenze vengono acquisite dal soggetto nel corso della vita in numerose circostanze, anche quando egli non ne è pienamente consapevole. Infatti, mentre prima l’educazione e la formazione erano affidante solo al sistema scolastico, oggi esistono molte agenzie formative che non hanno nulla a che fare con il sistema scolastico. Questo intreccio di agenzie di formazione dà vita a un vero e proprio tessuto di formazione diffusa. L’oggetto d’indagine della pedagogia sociale è l’intero insieme dei processi educativi in atto nelle diverse realtà sociali e dei rapporti che si strutturano tra tali processi e i contesti. 1.2 Origini della disciplina Le origini della pedagogia sociale sono rintracciabili principalmente nel contesto pedagogico tedesco della seconda metà dell’Ottocento. È in particolare all’opera “Sozialpadagogik” di Natorp, pubblicata nel 1899, che viene fatta comunemente risalire la nascita della pedagogia sociale. Strutturando il suo pensiero sul concetto di comunità e osservando che tutta l’attività educativa è fondata sulla comunità, Natorp sottolinea che qualsiasi forma di educazione ha carattere sociale, perché tale è la natura dell’uomo. A cavallo tra l‘800 e il ‘900, un ulteriore contributo fondamentale allo sviluppo della pedagogia sociale giunge da Jhon Dewey, il quale ribadisce che l’educazione è un processo sociale. Nella sua opera “Democrazia ed educazione” (1916), Dewey mostra come l’educazione, nel perseguimento delle finalità dello sviluppo naturale del soggetto, svolga una funzione sociale imprescindibile e promuova nella società l’incremento progressivo della partecipazione, della collaborazione e della democrazia. Il processo educativo è visto come lo sforzo collettivo di limitare le differenze costruendo valori comuni all’interno di piccole comunità che intendono costruire grandi comunità. Dewey rende così evidente il nesso tra comunità sociale ed esperienza educativa, sottolineando come ogni cambiamento sul piano educativo si determini in relazione a specifici mutamenti sociali. Durkheim, con “La sociologia e l’educazione”, riconosce all’educazione la funzione di riproduzione sociale e di creazione dell’essere sociale. Infatti, è attraverso l’educazione che i principi morali alla base della società vengono trasmessi. 1.3 Sviluppi nel contesto italiano In Italia, il campo di studi della pedagogia sociale si consolida sulla base sia di molte pratiche educative, indirizzate al miglioramento delle condizioni di vita dei soggetti deboli, sia di diverse riflessioni pedagogiche, volte ad offrire un contributo alla costruzione di una società democratica. Alcune importanti esperienze sono state avviate a partire dal secondo dopoguerra: I Centri di orientamento sociale, istituiti da Aldo Capitini nel 1944 a Perugia, libere assemblee alle quali interviene la popolazione per discutere di argomenti amministrativi e culturali, politici e sociali, in un’ottica di partecipazione democratica e di educazione alla cittadinanza. LaScuola-città Pestalozzi, fondata nel 1945 a Firenze, da Ernesto Codignola e la moglie Anna Maria Melli, per offrire sostegno alle famiglie disagiate. In tale ciascuno debba avere le opportunità per prender parte alle differenti sfere della vita sociale. In questa prospettiva dobbiamo ricordare la proposta di legge sul “Diritto all’apprendimento permanente”, nel 2009, volta alla predisposizione di una base normativa per costruire un impianto unitario e coordinato di educazione permanente e per definire una sistema nazionale di educazione degli adulti. Tra i principi generali della proposta, viene in particolare affermato che “ogni persona ha diritto all’apprendimento permanente”. Non sempre, però, la cittadinanza è un diritto riconosciuto per alcuni destinatari delle pratiche di pedagogia sociale. Va menzionato il caso dei giovani di seconda generazione dell’immigrazione che, pur essendo venuti in Italia molto piccoli e avendo effettuato tutto il percorso di prima socializzazione nel nostro paese o essendo addirittura nati in Italia, non acquisiscono automaticamente la cittadinanza al momento del compimento della maggiore età, poiché tale status viene conseguito nel contesto italiano in base al principio dello ius sanguinis (si consegue la cittadinanza in base alla discendenza o alla filiazione) anziché per ius soli (cittadino originario è chi nasce sul territorio dello stato, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori). CAP. 2 LA FORMAZIONE COME LOTTA ALL’ESCLUSIONE SOCIALE NEI SERVIZI ALLA PERSONA 2.1 Alle origini della pedagogia sociale: il contributo di Ivan Illich e Paulo Freire Un grande impulso allo sviluppo della pedagogia sociale viene offerto da Ivan Illich e Paulo Freire. Ivan Illich, nella sua analisi della relazione tra bisogni del soggetto, dinamiche sociali e processi educativi, sviluppa una critica durissima alle forme sociali della società contemporanea, al modello economico capitalista e all’idea di uno sviluppo illimitato. I criteri di umanizzazione a cui occorre conformare la società sono ben rappresentati dalla nozione di “ convivialità” che identifica una condizione di capovolgimento della realtà stereotipata e di costruzione di relazioni umane che partecipano liberamente alla creazione della vita sociale. La convivialità rappresenta l’unica possibilità per il soggetto di modellare l’immagine del proprio avvenire, riflettendo criticamente sui propri bisogni, con un fondamentale obiettivo collettivo. Secondo Illich, la scuola rappresenta una vera e propria forma sociale manipolatoria, che forgia individui adatti ad inserirsi nel sistema di produzione industriale, distinguendo e selezionando solo sulla base di qualifiche. L’apprendimento è spesso un risultato dell’istruzione, ma la selezione per un ruolo o per una categoria nel mercato del lavoro dipende in misura sempre maggiore dalla durata della frequenza scolastica. Nel disegno utopista di Illich, la descolarizzazione rappresenta la premessa indispensabile per la liberazione dell’uomo. Paulo Freire “La pedagogia degli oppressi” (1969), Freire concepisce l’educazione come strumento di riscatto dalla subalternità e di umanizzazione. All’educazione Freire assegna il ruolo di strumento di trasformazione della realtà dell’oppressione (che si esprime nella dialettica oppressori-oppressi) in una nuova impostazione “uomo-uomo”. Freire evidenzia che l’educazione può essere tanto uno strumento di trasformazione sociale, quanto di mantenimento dello status quo. Esistono infatti, due tipi di educazione: una depositaria e una problematizzante. Mentre la prima è mezzo di oppressione, poiché conserva le condizioni attuali e riproduce le dinamiche dell’oppressione, la seconda può divenire reale strumento di cambiamento. L’educazione “depositaria” stabilisce una relazione tradizionale tra educatore e educando, nella quale il primo depone nel secondo il contenuto dei programmi. Al contrario, l’educazione “problematizzante” dà voce a coloro che vivono condizioni disagiate. In questo tipo di educazione, il contenuto non è deciso dall’educatore, ma si costruisce con la comune partecipazione di educatore e educando attraverso il dialogo. Ciò che le analisi di Illich e Freire contribuiscono a mostrare è che l’azione educativa non può essere neutrale. Un’educazione neutrale finirebbe per mantenere lo status quo e legittimerebbe la marginalità sociale. 2.2 La collocazione delle pratiche educative nel contesto socio-economico Schwartz rende evidente che il problema fondamentale della formazione consiste nella sua effettiva accessibilità da parte di chi si trova in condizione di svantaggio sociale. L’inserimento formativo e sociale di coloro che sono stati esclusi può realizzarsi solo a una condizione, che il loro sapere, le loro esperienze e difficoltà, possano essere ascoltate e rispettate. Schwartz formula il principio fondamentale della formazione degli adulti: un adulto non accetta di formarsi che a condizione di trovare nella formazione una risposta ai suoi problemi. Tale approccio caratterizza la proposta delle Mission Locales, equipe multidisciplinari che opera sul territorio francese, con l’obiettivo di promuovere l’inserimento sociale e l’impiego dei giovani a rischio di marginalità sociale. Schwartz identifica poi le “docce fredde” come quelle reazioni che ogni azione sociale innovativa provoca nelle istituzioni, le quali si sentono minacciate da una novità di cui non dominano gli esiti. La formazione individuale del soggetto andrebbe inserita all’interno di una formazione collettiva. Il soggetto percepisce il senso della formazione quando comprende che le persone impegnate nella stessa esperienza sono in numero sufficiente da consentirgli di non sentirsi emarginato. Ramon Flecha distingue tre posizioni di riferimento dell’educazione nei confronti della società: • Conservativa: l’educazione, strumento che conserva le condizioni attuali e educando i giovani ai valori dominanti • Riproduzionista: critica le strutture della società e ritiene che l’educazione non possa fare nulla per il cambiamento perché il suo ruolo è semplicemente quello di riprodurre tali strutture sociali • Trasformativa: l’educazione contribuisce a ridurre le ineguaglianze, portando tutti alla stesso livello Jack Mezirow teorizza un “apprendimento trasformativo” che viene prodotto da una trasformazione sia degli schemi di significato sia delle prospettive di significato. Esistono quattro forme in cui tale processo può articolarsi: attraverso schemi di significato: volto a differenziare e a elaborare criticamente gli schemi di significato precedentemente acquisiti attraverso la costruzione di nuovi schemi di significato attraverso la trasformazione degli schemi di significato: che conduce alla convinzione che convinzioni e punti di vista precedentemente adottati risultino disfunzionali e inadeguati attraverso la trasformazione della prospettiva di significato: che consiste nell’acquisizione della consapevolezza che la prospettiva di significato precedentemente adottata era distorta o incompleta. 2.3 Pubblico, bisogno e domanda di formazione Il concetto di pubblico definisce il soggetto in base ad alcune caratteristiche essenziali: Il termine “territorio” non va inteso soltanto come spazio fisico in cui si svolge l’intervento educativo. L’intervento educativo si costituisce in base alle specifiche caratteristiche del singolo territorio. I gruppi territoriali sono un insieme di individui legati dalla consapevolezza di condividere lo stesso insediamento territoriale. Secondo Francesco Susi la nozione di territorio, nell’ambito di una iniziativa di formazione, assume quattro significati principali: • È luogo dell’azione; • È luogo di partecipazione alle attività sociali e formative, che coinvolgono soggetti che vivono in condizioni disagiate; • È contenuto del programma di formazione; • È il distretto, perché in esso si realizza un raccordo tra agenzie formative differenti. Il territorio rappresenta infine il contenitore nel quale i processi di esclusione, di conflitto, di rottura rendono evidenti le criticità dell’intero sistema sociale. Quando si fa riferimento ad un contesto circoscritto, al termine comunità viene preferita l’espressione “comunità locale”. Sul versante pedagogico, Piero Bertolini, spiega che la comunità rappresenta il più alto livello della socializzazione. Gli indicatori che contribuiscono a fare in modo che un insieme di soggetti possa essere ricompreso sotto l’espressione di comunità sono molteplici: • L’ampiezza dell’area territoriale; • La quantità di persone coinvolte; • Gli interessi comuni; • L’autonomia decisionale; • La dipendenza reciproca delle persone, che può essere funzionale o non funzionale; • La possibilità i distinguere tra noi e loro; Occorre però tener presente che, quando non è in grado di favorire l’ingresso di nuovi componenti, la comunità può mettere in atto dinamiche di esclusione sociale. Affinché una comunità possa essere definita competente, occorrono fattori fondamentali: • La conoscenza della sua realtà; • Il potere, avere influenza sulle decisioni che la riguardano; • La motivazione, che si traduce in una partecipazione attiva dei soggetti per affrontare i problemi collettivi. In una comunità competente, i saperi collettivi sono cruciali per costruire prospettive di cambiamento sociale. L’educazione e la socialità diventano beni fondamentali per una comunità, perché consentono di coniugare lo sviluppo economico dei territori con la qualità della vita del soggetto. In questo senso, l’approccio educativo territoriale diventa strumento indispensabile dello sviluppo locale. 3.2 Educazione di comunità, educazione popolare e animazione territoriale Alcuni approcci pedagogici strettamente legati alla dimensione territoriale sono: L’educazione di comunità si rivolge a soggetti coinvolti in processi e relazioni sociali con problemi e finalità comuni, per identificare bisogni e criticità, e promuovere lo sviluppo di azioni per il miglioramento delle condizioni di vita. Si tratta quindi di un orientamento basato sul territorio. L’educazione di comunità è un’attività continua, che enfatizza la partecipazione attiva del soggetto nell’apprendimento e nell’assunzione di decisioni attraverso il dialogo, che rappresenta la forma tipica di tale approccio. In quest’attività, l’educatore si pone in un atteggiamento aperto, in un ruolo di facilitatore dei processi educativi. L’educazione popolare consiste in una forma di educazione non formale che incoraggia il soggetto ad analizzare criticamente la propria vita e a mobilitarsi per il cambiamento delle condizioni sociali. A partire dalle esperienze del soggetto, la comunità inizia a identificare il problema, ampliando la sua contestualizzazione dal particolare al generale, sviluppando una teoria, pianificando e realizzando le azioni per il cambiamento. L’educazione popolare utilizza la cultura popolare (il canto, la danza, il racconto e le altre forme di produzione culturale) per sviluppare una comunicazione efficace con i partecipanti. L’animazione territoriale rappresenta un importante strategia per la promozione e l’incremento della partecipazione sociale. Le iniziative di animazione possono essere definite come tutti quei momenti nei quali, attraverso metodologie diversificate, viene promossa la presa di coscienza e lo sviluppo del potenziale di individui, gruppi e comunità. Il lavoro educativo può assumere diverse aspetti: • La promozione educativa: iniziativa volta ad incrementare il benessere complessivo del soggetto e a rafforzare le sue capacità di affrontare i compiti della vita quotidiana. • La prevenzione educativa: iniziativa progettata per contrastare, prima che compaia, il possibile disagio o l’eventuale marginalità. • La riabilitazione educativa: si intraprende in presenza di un disagio sociale conclamato, affrontato con iniziative educative in comunità diurne e residenziali o in centri specializzati 3.3 Azioni collettive di formazione e progettazione territoriale “Progettare” significa pensare ad un’azione destinata a trasformare una situazione esistente in una voluta. La progettazione di azioni educative nei contesti territoriali può fare riferimento a impostazioni teoriche e modelli operativi differenti. Le caratteristiche dell’azione collettiva di formazione sono le seguenti: • Si svolge in un’area territoriale economicamente, socialmente e culturalmente svantaggiata; • È gratuita e si rivolge a tutti; • È volta a mettere la popolazione in condizioni di affrontare meglio i propri problemi di vita e lavoro; • Intende fornire strumenti di analisi e di azione; • È dotata di un proprio dispositivo istituzionale; • È centrata sui gruppi di apprendimento che stabiliscono contenuti e tempi della formazione; • Utilizza le risorse educative, materiali e umane presenti nel contesto locale; L’azione collettiva di formazione si svolge attraverso un dispositivo globale di formazione che si compone dei seguenti dispositivi: • Un dispositivo di analisi dei bisogni, della domanda e dell’offerta; • Un dispositivo di animazione, informazione e sensibilizzazione; • Un dispositivo di formazione dei formatori; • Un dispositivo di ricerca; • Un dispositivo di accoglienza e orientamento; • Un dispositivo di formazione; • Un dispositivo di valutazione e monitoraggio. 3.4 Ricerca educativa e partecipazione: il metodo della Ricerca Azione Tra i diversi metodi della ricerca pedagogica, la Ricerca Azione, rappresenta uno strumento in grado di coniugare indagine scientifica e cambiamento sociale. Sviluppata negli USA negli anni ’40 con Kurt Lewin, la r-a si propone non solo di acquisire informazioni per arricchire il quadro conoscitivo rispetto ad un determinato oggetto di indagine, ma anche di analizzare le pratiche del contesto indagato per introdurre innovazioni. Tra gli aspetti essenziali del metodo, occorre ricordare il rapporto di collaborazione tra il ricercatore e gli attori locali che vivono sul territorio intervenuti nella realtà sociale, con i quali chi indaga, analizza, progetta iniziative di formazione, è chiamato oggi a confrontarsi, sono: • La società dell’informazione, sviluppata con l’espansione della tecnologia; • L’economia della conoscenza, originata in seguito ad uno spostamento dello sfruttamento della forza lavoro verso paesi con manodopera a basso costo, che comunque non ha consentito in quei posti migliori condizioni di vita, e che ha condotto i sistemi scolastici a selezionare una porzione della conoscenza considerata socialmente utile; • La società dell’apprendimento, i cui componenti sono chiamati a dover apprendere, al fine di tenersi al passo con i cambiamenti. In particolare, è invalso sempre più, l’utilizzo dell’espressione “società della conoscenza” per evidenziare che il soggetto acquisisce ed elabora criticamente saperi per le finalità più disparate, in modo funzionale allo sviluppo dell’economia e della società. Nel glossario dell’educazione degli adulti Jarvis definisce la società dell’apprendimento secondo 3 accezioni: la prima suggerisce un ideale e le altre due una realtà. L’apprendimento va considerato in primo luogo un “diritto”, il cui esercizio consente a ciascuno di svilupparsi, partecipare, agire socialmente e politicamente. In questa visione dell’apprendimento, l’espressione “società della conoscenza” identifica un contesto che stimola e consente che tutti i suoi membri e gruppi sviluppino continuamente le loro conoscenze, capacità e attitudini. Salvatore Colonna osserva che la società può essere condannata come un ordine educante del soggetto, che opera attraverso i suoi vari organismi. Indubbiamente l’immagine della società della conoscenza contribuisce, in un’ottica di pedagogia sociale, al riconoscimento dell’educazione in modo allargato nelle sue molteplici modalità. Una delle emergenze sociali più urgenti è quella che vede la società che si divide tra coloro che hanno avuto accesso alla conoscenza e coloro che ne sono rimasti esclusi. L’immagine della società della conoscenza viene richiamata anche nella strategia “Europa 2020”, definita nel 2010 dalla Commissione Europea alla ricerca di un nuovo modello di sviluppo economico. Nell’ambito di tale programma, sono stati definiti 5 obiettivi da conseguire entro il 2020 nelle aree dell’occupazione, dell’istruzione, della ricerca e della innovazione, dell’integrazione sociale e della riduzione della povertà, del clima e dell’energia. Va osservato che quello della dispersione scolastica è un fenomeno multidimensionale. Guido Benvenuto, osserva infatti che è un fenomeno poliedrico con differenti accezioni: • Il piano delle carriere e dei percorsi di istruzione e formazione: questa accezione materiale della dispersione rinvia alle forme di irregolarità, discontinuità e interruzione del percorso scolastico e fa riferimento all’uscita dell’allievo dalla linearità del percorso di istruzione • Il piano degli apprendimenti: questo significato intellettuale, rimanda al non raggiungimento di obiettivi di apprendimento • Il piano della socializzazione e relazionale: questa accezione relazionale rinvia a fenomeni di disagio e disaffezione al sistema di istruzione • L’interazione dei percorsi di istruzione e formazione con la dimensione sociale e professionale: questo significato concerne il collegamento tra scolarizzazione e società. • Contesti formali, informali e non formali di apprendimento L’apprendimento si distingue in: • L’apprendimento FORMALE: si svolge negli istituti di istruzione e formazione; • L’apprendimento NON FORMALE: si svolge al di fuori delle principali strutture di istruzione e formazione; • L’apprendimento INFORMALE: è il corollario naturale della vita quotidiana. Il soggetto può persino non esserne consapevole. Il Cedefop (centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale) ha formulato un’altra definizione delle 3 tipologie: • l’apprendimento formale viene definito come quell’apprendimento che si realizza nell’ambito di un contesto organizzato e strutturato, sfociando in una convalida o certificazione, attività internazionale; • l’apprendimento non formale viene descritto come una tipologia erogata nell’ambito di attività pianificate non specificatamente concepite come apprendimento, ma sempre intenzionali; • l’apprendimento informale viene definito, infine, come una tipologia risultante dalle attività della vita quotidiana legate al lavoro, alla famiglia, al tempo libero, non intenzionale. Le caratteristiche essenziali che consentono di distinguere tra le forme di apprendimento, vanno rintracciate quindi nella loro intenzionalità, nel grado di strutturazione e di controllo del processo. Jarvis, invece, distinguendo in base all’intenzionalità e alla casualità delle opportunità, identifica sei differenti situazioni educative per l’individuo: • Apprendimento intenzionale in contesti formali; • Apprendimento intenzionale in contesti non formali (posti di lavoro, comunità); • Apprendimento intenzionale in contesti informali (es. quando l’individuo decide di imparare ad usare un software informatico); • Apprendimento fortuito in contesti formali e si riferisce ad un apprendimento che chi ha progettato il processo educativo non intendeva perseguire; • Apprendimento fortuito in contesti non formali; • Apprendimento fortuito in contesti informali. Occorre poi tener presente che le categorie di apprendimento sono in costante mutamento, appare quindi necessario concepire l’apprendimento come un continuum che va dall’ambito formale a quello informale. Alan Rogers ha descritto tre modalità per prendere in esame la relazione tra educazione formale e quella non formale, a seconda che si consideri la seconda: • Complementare al sistema formale: in questa prospettiva le persone possono conseguire il livello di istruzione iniziale che non hanno potuto conseguire precedentemente. L’educazione non formale svolge un ruolo compensativo. Consentendo qualificazioni analoghe • Supplementare all’educazione formale: in questa ottica l’educazione non formale offre formazione in aggiunta a quella erogata dalle istituzioni scolastiche, su contenuti normalmente non associati all’apprendimento formale. Generalmente tali iniziative non portano a qualificazioni • Alternativa all’educazione formale: in questo caso l’educazione non formale offre un differente tipo di offerta formativa, con contenuti più appropriati alle caratteristiche dei partecipanti. A volte questa offerta conduce a qualificazioni alternative. Un approccio di pedagogia sociale può contribuire a considerare nell’ambito scolastico, la rilevanza di molti temi sociali. Per questo motivo è cruciale che un progetto educativo, identifichi e renda visibili anche le opportunità di apprendimento Mundi”. Nel primo caso, associazioni di volontariato, del privato sociale e di università popolari, si sono organizzate dal 2009, in una rete diffusa a Roma e nel Lazio, per costruire un’ampia offerta gratuita di formazione di italiano come L2 rivolta agli adulti immigrati. L’attività si caratterizza per la cura nell’accoglienza, l’approccio olistico ai problemi della persona, la bassa soglia che consente l’accesso alle persone con particolari carenze di istruzione, l’accompagnamento presso strutture di sostegno. Il secondo esempio fa riferimento a un’iniziativa progettuale svolta nell’ambito della mostra “Roma Caput Mundi” tenutasi il 10 ottobre 2012 e il 10 marzo 2013 a Roma, presso il Colosseo e il foro romano, curata da Andrea Giardina e Fabrizio Pesando e dedicata alla storia dell’espansione politica e culturale dell’antica Roma e alle dimensioni del dominio e dell’integrazione. L’iniziativa, condotta da un partenariato con vari centri, tra cui anche il CREIFOS (centro di ricerca sull’educazione interculturale e la formazione allo sviluppo) dell’università Roma tre, ha previsto l’organizzazione di visite guidate gratuite alla mostra rivolte a adulti immigrati, allievi della rete di scuole di italiano “scuole migranti”. Obiettivo principale dell’iniziativa è stato quello di offrire una risposta ai bisogni culturali degli adulti immigrati, attraverso un’offerta culturale tesa a evidenziare i legami della Roma antica con le altre culture. Commento: Le forme sociali dell'educazione sono molteplici e si sviluppano all'interno di servizi, territori e società. Questo significa che l'educazione non è semplicemente un processo di trasmissione di conoscenze, ma ha una dimensione sociale e si realizza all'interno di contesti specifici. I servizi educativi, come scuole, asili nido, istituti tecnici e università, sono i principali luoghi in cui l'educazione si svolge. Questi servizi sono strutturati in base a specifici obiettivi pedagogici e organizzativi e sono regolamentati da norme e regolamenti che ne definiscono il funzionamento. Essi offrono supporto e formazione a bambini, giovani e adulti, promuovendo l'accesso all'educazione per tutti. I territori sono gli spazi geografici in cui si sviluppa l'educazione. Essi possono essere sia urbani che rurali e hanno un ruolo importante nel determinare le opportunità educative disponibili. Ad esempio, le città possono offrire una vasta gamma di servizi educativi, culturali e sportivi, mentre nelle zone rurali l'accesso all'educazione può essere limitato. La società è il contesto più ampio in cui si inserisce l'educazione. Le caratteristiche sociali, culturali ed economiche di una società influenzano la forma e i contenuti dell'educazione. Ad esempio, la società moderna ha sviluppato un'educazione basata sul sapere scientifico e tecnologico, mentre in altre società tradizionali l'educazione può essere orientata verso la trasmissione di valori culturali e spirituali. Inoltre, le forme sociali dell'educazione sono strettamente legate alle dinamiche di potere e alle disuguaglianze sociali presenti nella società. Ad esempio, l'accesso a un'educazione di qualità può essere limitato da fattori come la classe sociale, l'etnia o il genere. È importante riflettere su queste disuguaglianze e lavorare per garantire un'educazione equa e inclusiva per tutti. In conclusione, le forme sociali dell'educazione si sviluppano all'interno di servizi, territori e società e sono influenzate da dinamiche di potere e disuguaglianze sociali. Sono fondamentali per promuovere l'accesso e la qualità dell'educazione per tutti.
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