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Riassunto libro " Filologia romanza. critica del testo, linguistica, analisi letteraria., Appunti di Filologia romanza

Riassunto libro "filologia romanza" di Leonardi, MInervini, Burgio

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 09/02/2023

Franny25
Franny25 🇮🇹

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Scarica Riassunto libro " Filologia romanza. critica del testo, linguistica, analisi letteraria. e più Appunti in PDF di Filologia romanza solo su Docsity! CRITICA DEL TESTO Capitolo 1 Filologia e verità: il testo come problema La filologia come critica del testo è la disciplina che studia i testi nella loro natura più profonda. Ogni testo infatti ha una storia che non traspare dalla semplice lettura: ha una storia prima di essere diffuso, una storia interna al lavoro del suo autore e un a storia dopo la sua diffusione. La filologia è lo strumento che consente un accesso affidabile al patrimonio testuale del passato, attraverso la piena comprensione storica dei testi nelle diverse fasi della loro vita ( filologia come storia della tradizione) e la restituzione editoriale di tali testi per un pubblico di lettori (filologia come e ecdotica). il testo è sottoposto ad una critica radicale, è visto come un problema al • quale la filologia è chiamata a fornire una soluzione fondata su un metodo. L’autore Alla figura dell’autore attribuiamo idee, contenuti e forma linguistica del testo di cui è responsabile e del quale detiene la “proprietà letteraria”. Il concetto di autore ha ricevuto una formulazione giuridica solo a partire dalla rivoluzione francese. Gli elementi chiave della figura dell’autore sono: l’originalità e la riproducibilità -> produce un testo originale e su di esso ha dei diritti economici, garantiti dal sistema di pubblicazione e di riproducibilità. Nel mondo medievale, la qualifica di auctor era riservata a categorie esclusive ma in generale nel sistema letterario medievale l’autore tende a scomparire e a non avere una rilevanza identitaria forte. -> moltissime opere letterarie medievali circolano in forma anonima ma quello del medioevo è un settore della produzione letteraria in cui gioca un ruolo fondamentale l’oralità, sia nell’esecuzione che nella diffusione, perciò le testimonianze scritte sono talvolta da interpretare come il supporto per una performance dove l’identità dell’autore risulta di secondaria importanza. IL TESTO NEL TEMPO (sonetto di Petrarca Il punto di partenza è la lettura, la comprensione del testo in ogni documento -> richiede di confrontarsi con un altro problema oltre alla debolezza dell’autore e della variabilità del testo ovvero le convenzioni della scrittura tra la testualità medievale e quella moderna, cioè la forma che il testo assume sulla pagina scritta. Differenze evidenti tra il manoscritto e l’edizione: la disposizione dei versi che si susseguono a due a due per riga, da leggere • in orizzontale -> è la norma del Medioevo per la poesia lirica romanza Nel manoscritto le maiuscole compaiono all’inizio di ogni verso ma hanno • un altra funzione rispetto a quella a cui siamo abituati. La punteggiatura è presente alla fine di ogni verso con funzioni di • delimitazione metrica. Anche la distinzione tra le parole segue criteri caduti in disuso da secoli • Assenza di apostrofo e accenti • Uso di grafie latine co e il segno u che vale sia per la vocale sia per la • consonante Notiamo alcune abbreviazioni, segno orizzontale sopra no e sopra uedrano • è quello che nel medioevo si chiamava titulus e indica una nasale (n m), per cui si leggerà non e vedranno. Il testo medievale è scritto secondo una codifica convenzionale che è sensibilmente mutata nel corso del tempo. -> alla filologia compete lo studio approfondito di tali codifiche e si pone il problema del trasferimento in una codifica più facilmente comprensibile per un lettore contemporaneo. SONETTO DI DANTE La mobilità del testo, la sua varibilità è attiva anche nel caso di un autografo: anche quando è l’autore a scrivere, il suo manoscritto è il frutto di un processo di elaborazione e rielaborazione testuale. L’obiettivo della filologia Si trova di fronte a tre ordini di problemi: il problema dell’autore -> esigenza di definire l’identità stilistica e culturale • di ciascun testo rispetto ad un determinato contesto letterario. Il problema del testo -> della sua variabilità nella tradizione manoscritta. • Il problema del manoscritto -> ovvero delle convenzioni che regolano • l’allestimento di un libro medievale. le caratteristiche esterne dei manoscritti sono studiate da discipline specifiche, come la paleografia che si occupa delle tipologie e dei sistemi di Scrittura, e la codiò logica che si occupa della configurazione materiale del libro nella forma del codice. Ciascun manoscritto che contiene un testo appare come il risultato di un processo, per comprendere quel singolo manoscritto è opportuno porsi il problema della sua posizione nella storia. Il rapporto tra il manoscritto e l’insieme della tradizione di un testo si può definire sincronia e diacronia. La sincronia = guarda a un singolo momento della storia di un testo, cioè ad • un singolo manoscritto. La diacronia= guarda al passaggio da un sistema all’altro, cercando in • ciascuno le tracce dei cambiamenti intervenuti, in modo da descrivere il processo. Capitolo 2 Il manoscritto come libro IL CENSIMENTO DEI MANOSCRITTI Di fronte ad un manoscritto il fine ultimo della filologia è l’esame del testo che esso tramanda -> assume una rilevanza speciale la figura di colui o colei che è responsabile della sua scrittura che viene definito copista. Ogni copista ha una sua identità culturale e un proprio sistema linguistico. L’analisi della storia di un testo presuppone idealmente uno più momenti • originari, in epoca medievale l’originale è spesso sfuggente, possiamo anzi presumere che un autografo cioè un manoscritto di mano dell’autore non sia mai esistito -> era prassi abituale della tradizione classica che la composizione avvenisse sulla base di appunti vergati su tavolette di cera o su fogli sciolti di pergamena dai quali l’autore elaborava il testo dettandolo ad uno scriba. Tuttavia alcuni autografi sono stati individuati -> ma anche l’autore in • quanto copista di se stesso commette errori involontari. Il caso più celebre è quello dell’autografo del Decameron di Boccaccio che ebbe un’intensa attività di copista ma nel caso del suo capolavoro le sviste sono numerose. I dubbi sulla perfezione dell’originale si accentuano quando la mano che trascrive non è quella dell’autore ma di un copista al suo servizio da lui direttamente controllato: in questo caso il manoscritto si definisce idrografo -> ne abbiamo la certezza nel caso del Canzoniere di Petrarca. IL COPISTA: Identità e attività L’identificazione del copista è un dato di notevole importanza per lo studio di un manoscritto però la maggior parte dei manoscritti non fornisce alcuna informazione circa il responsabile della scrittura. Chiamato a trascrivere un testo anche il copista più esperto e competente subisce meccanismi propri dell’atto del copiare che comporta inevitabilmente distrazioni fraintendimenti omissioni del tutto indipendenti dalla volontà di scrivere. -> a compromettere l’esattezza della coppia concorrono più fattori: le condizioni della fonte da cui il copista tra il suo testo (antigrafo) che può • presentare parti poco leggibili o danneggiate o una grafia poco chiara Le condizioni fisiche e ambientali in cui si svolgeva il lavoro di coppia • a ciò si aggiungono le insidie dovute al processo di copia in sè, nel quale si distinguono 4 momenti: La lettura del modello per una porzione di testo memorizzabile 1. La memorizzazione 2. L’auto dettatura interiore o pronunciata 3. La scrittura 4. ciascuno di questi momenti implica un rischio: Un fraintendimento nella lettura del modello (confusione di una lettera per • un’altra) Una distrazione nella sua memorizzazione, ad esempio con la perdita di uno • o più parole Una modifica nella riproduzione mentale ad esempio un adattamento degli • aspetti fonetici e morfologici al proprio sistema. Anche solo una distrazione nella scrittura può produrre un testo diverso da • quello che il copista intendeva riprodurre. E ognuna di queste volte tra un’operazione l’altra (5) c’è il problema del ritorno con l’occhio al modello, per riprendere la lettura -> momento che espone il copista a rischio di mancare il punto esatto in cui aveva interrotto la lettura precedente con il risultato di omettere o duplicare porzioni di testo. Infine c’è da tenere conto anche un’interferenza dell’oralità il copista poteva scrivere sotto dettatura -> in questo caso si pone il problema dei possibili fraintendimenti tra parole non graficamente ma foneticamente simili. ERRORI PIU’ COMUNI Due stringa di testo simili consecutive possono indurre il copista • trascriverne una sola -> aplografia Al contrario una medesima stringa di testo può essere ripetuta -> dittografia • Ripetizioni o anticipi di una parola già trascritta o memorizzata • Fraintendimenti grafici -> errore paleografico • Omissioni causate dalla distrazione -> un caso particolare di omissione • indotta dal contesto è il cosiddetto Saut du meme au meme = salto da stesso a stesso -> quando il copista, terminata la scrittura di un brano con una data parola, torna sul suo modello per riprendere la lettura del brano successivo a partire appunto dall’ultima parola che ha copiato: se non ha tenuto il segno ossia quella stessa parola compare un’altra volta poco dopo può ricominciare di lì, saltando dunque senza accorgersene il testo tra le tue parole uguali -> errore più difficile da identificare. Questi errori definiti meccanici, in quanto prodotti dal meccanismo della copia che all’origine di ogni manoscritto medievale si consentono di introdurre tre importanti precisazioni: Il criterio di erroneità -> il criterio con cui richiamo erroneo ciò che 1. leggiamo in un manoscritto Correzioni -> involontaria disattenzione a cui sono esposti copisti essi in 2. genere hanno consapevolezza e procedono spesso a un’opera di revisione e correzione del proprio lavoro. Errori derivati -> gli errori che rileviamo in un manoscritto possono essere 3. stati commessi dal suo copista nell’atto di trascrivere ma possono anche essere stati da lui copiati in quanto già presenti nel suo modello, il quale a sua volta può averli commessi oppure derivati e così a ritroso per un numero ignoto di passaggi. Quando leggiamo il testo contenuto in un manoscritto leggiamo sempre il risultato di un numero di atti di copia, ciascuno dei quali può aver introdotto modifiche di diverso genere. IL MANOSCRITTO COME TESTIMONE Il testo che leggiamo in un manoscritto a una storia dietro di sè, sia utilizzato il termine diasistema coniato in linguistica per definire l’interazione di più sistemi: il testo di un manoscritto è il risultato di questa interazione di sistemi, dal primo proprio dell’autore all’ultimo proprio del copista attraverso quelli delle eventuali altre copie intermedie. un campo metaforico applicato agli studi filologici e quello giudiziario -> il • lavoro sui manoscritti e assimilato a un processo nel quale si debba ricostruire come si sia svolto un fatto (l’originale) soltanto sulla base del racconto di uno o più testimoni (manoscritti) che raccontano versioni differenti. Va ricordato il principio giuridico del Corpus giustinianeo -> un solo • testimone equivale a nessun testimone = soltanto il confronto di più testimoni e l’analisi delle differenze tra le diverse testimonianze consente di verificare la veridicità del racconto di ciascuno di loro. LA LINGUA DEL COPISTA Il copista attua nel testo una ricodifica -> intendendola come un processo di adattamento del codice linguistico del modello al proprio codice linguistico. Si distingue una forma linguistica da una sostanza testuale. Solo dall’analisi della lingua dei manoscritti si potranno eventualmente indurre informazioni circa la veste linguistica dell’originale. L’analisi tuttavia non è semplice per vari fattori: siamo di fronte ad un diasistema -> ad una sovrapposizione di strati • linguistici, da quello dell’autore a quello dell’ultimo copista Non sappiamo in che misura ciascun copista sia stato sistematico nel • sovrapporre la propria patina., occultando la forma precedente. DUE INDIZI possono essere decisivi per avere qualche punto fermo: Le informazioni circa la provenienza dell’autore o del copista, che 1. consentono di avere almeno una o due zone di riferimento a cui attribuire i fenomeni. Per i testi poetici, le informazioni che si ricavano dal sistema delle rime o 2. assonanze: l’identità fonetica richiesta per le sillabe coinvolte in fine-verso indica quale doveva essere in sistema fonetico adottato dall’autore e rivela le eventuali modifiche introdotte dai copisti. L’analisi è molto più difficile e delicata quando non si abbiano informazioni così precise sulla zona di origine dell’autore o del copista. Particolarmente complesso è il caso dei canzonieri trobadorici, dove già la lingua di partenza degli autori doveva rappresentare diverse varietà dell’occitano. L’interazione con la lingua dell’autore è particolarmente rilevante nel caso che riguarda la poesia lirica dei Siciliani. Dell’intero corpus di canzoni e sonetti non abbiamo documentazione che provenga dalla corte di Federico II o dall’isola, è leggibile in canzonieri allestiti in Toscana i cui copisti presentano una superficie linguistica con varie sfumature locali ma sempre toscane e probabilmente attingono a una fonte che doveva contenere la poesia dei ciao Sul piano operativo questo stato di cose impone un estremo rigore, nella • raccolta dei dati e nell’applicazione delle procedure, nell’esposizione degli argomenti, sono indispensabili per il lavoro filologico l’impegno alla massima trasparenza nella documentazione e la consapevolezza che non tutte le ipotesi hanno lo stesso grado di sostenibilità. LA COLLAZIONE Il confronto fra i testi può essere realizzato con diverse procedure e dalla modalità con cui si raccolgono i dati dipende in parte la successiva possibilità di analizzarli. Per questo le modalità e criteri seguiti nella colazione dovrebbero essere dichiarati per ogni lavoro filologico (ciò accade raramente). Innanzitutto si distingue una colazione fondata sulle proprie trascrizione integrale di tutti i testimoni, da una che adotti la trascrizione integrale di un solo testimone e resisti puntualmente solo le differenze degli altri. nel primo caso il filologo avrà disposizione un materiale più completo -> le • trascrizioni potranno essere diplomatiche o interpretative. Nel secondo caso il filologo avrà operato mentalmente il processo di • trascrizione diplomatica o interpretativa e sarà passato direttamente alla registrazione delle differenze tra i manoscritti. La prima modalità è dunque in linea teorica preferibile ma all’atto pratico essa non è sempre realizzabile: per testi molto lunghi o trasmessi da molti manoscritti il lavoro richiede un tempo che difficilmente è disponibile. Comunque sia il processo di colazione vero e proprio, cioè la registrazione delle differenze tra i testimoni, richiede la scelta di un testo da quale partire per il confronto. Tutti i testimoni? Altri due limiti pratici si possono rendere difficile è impossibile una collezione completa di tutti i testimoni lungo l’intera estensione del testo. Per le opere che hanno avuto una grande fortuna e di cui quindi si • conservano i numerosi testimoni può essere necessario limitare la colazione alla parte di essi. Il caso limite per i testi romanzi è la commedia di Dante di cui si conoscono più di800 manoscritti, per l’edizione critica Petrocchi scelse di limitare la collazione manoscritti più antichi puntando a fornire un quadro della prima fase di trasmissione del poema. L’altro limite per una colazione completa è dato dalla lunghezza del testo -> • in questi casi si può procedere a una selezione di luoghi testuali da sottoporre a collazione -> si parla di Loci critici (luoghi critici). Più delicata e infine la questione che riguarda la scelta delle varianti da registrare. In astratto, ogni variazione può essere importante, ma in concreto una registrazione totale fornisce l’insieme multiforme, nel quale è opportuno distinguere categorie diverse: La prima categoria, la più numerosa, comprende le varianti che attengono 1. alla forma linguistica -> quelle relative all’assetto grafico fonetico e morfologico del testo in ciascun testimone Le variazioni della sostanza semantica a livello puntuale (microvarianti) -> 2. come la presenza/assenza di piccole porzioni di testo, la sostituzione dilemmi o sintagmi. Una terza categoria identifica opposizioni di più ampia portata 3. (macrovarianti) -> che rappresenta la riscrittura di interi passi o la presenza/assenza di parti consistenti del discorso. L’INNOVAZIONE: CRITERI INTERNI Il materiale prodotto dalla collezione è sottoposto ad analisi, allo scopo di distinguere le innovazioni. Definiamo “lezione” so che si legge in un manoscritto. Tutte le lezioni che non presentano differenze tra un manoscritto e l’altro possiamo presumere, che siano derivate dall’originale. Viceversa, ogni differenza tra le lezioni di più manoscritti registrata nella colazione indica che nel corso della trasmissione è intervenuto un cambiamento -> definiamo questo evento con il termine di “innovazione”: quando la tradizione pluri testimoniale l’obiettivo della filologia è distinguere tra le lezioni che si oppongono, quelle che sono il frutto di innovazione da quelle che conservano la lezione tramandata senza modificarla. Definiamo la lezione un “errore” se ad esempio una lezione non offre un significato accettabile o viola la coerenza di un enunciato. Nel caso in cui non si possa sostenere che tutte le lezioni concorrenti salvo una sono errori, si parla genericamente di “varianti”. Le varianti per le quali non si riesce in alcun modo a discernere dove sia l’innovazione si definiscono varianti adiafore cioè indifferenti -> quando l’una o l’altra lezione alternativa potrebbero indifferentemente essere attribuite all’autore o all’intervento dei copisti. ANALISI DELLE VARIANTI SOSTANZIALI Il primo criterio per distinguere le innovazioni può essere la corrispondenza • con lo stile dell’autore (usus scribendi = abitudini di scrittura): tra due varianti alternative, quella che è più lontana dal sistema proprio dell’autore avrà più probabilità di essere quella innovativa. Tale criterio di validità presenta però diversi problemi di affidabilità -> si fonda sul presupposto che l’autore abbia uno stile ben definito e non facilmente imitabile da parte dei copisti. Un caso particolare di applicazione dell’usus scribendi riguarda i testi per i • quali conosciamo una fonte -> sarà più probabilmente innovativa quella variante che si allontani dal testo della fonte (correzione in base alle fonti). -> due problemi: - è impossibile conoscere il testo esatto della fonte che il traduttore aveva disposizione. - i copisti di una traduzione potevano verificare la corrispondenza dell’oro modello con la fonte e correggere il testo nella loro trascrizione. La dinamica dell’innovazione Qualche indicazione in più nell’analisi delle varianti è possibile ricavarla dalle ipotesi che riguardano la loro eziologia, cioè i motivi per i quali un copista ha sentito l’esigenza di modificare il testo del suo modello. Criteri eziologici Lectio brevior (=lezione più breve) -> prevede che una variante più concisa • avrebbe maggiori probabilità di essere originaria in quanto i copisti tendevano a ampliare con glosse o perifrasi le formulazioni sintetiche Lectio difficilior (= lezione più difficile) -> secondo cui la variante che • presenta una qualche difficoltà, di ordine linguistico o metrico, avrebbe più probabilità di essere originaria. Tanti criterio si giustifica con l’idea che un copista di fronte a un testo difficile, sia portato a renderlo più facile, a sostituire una parola una struttura sintattica complessa con alternative più ordinarie, facilmente comprensibili (banalizzazione), e soprattutto che sia improbabile il processo contrario: di fronte ad una lezione che non ponga alcuna difficoltà di comprensione non si vede perché un copista dovrebbe essere intervenuto a modificarla con una soluzione più difficile. Anche se non è sempre possibile definire con precisione il tasso di difficoltà di una lezione si possono individuare alcuni fenomeni che costituiscono per i copisti un ostacolo, o meglio uno stimolo a intervenire, il genere perché percepiti come erronei: si parla in questo caso di fattori dinamici -> elementi testuali ricorrenti che provocano la dinamica dell’innovazione. Per molte traduzioni di testi in versi, ad esempio, si registra con una certa • regolarità un problema connesso allo iato: si contrappongono le lezioni che comportano una dialefe e lezioni che la evitano, e dato che la scansione ritmica regolare del verso è più facile nella seconda soluzione, si può supporre che la prima quella con dialefe, sia originaria. (Fenomeno particolarmente studiato nella lirica dei trovatori e nei romanzi di Chretien). Capitolo 5 “La tradizione come processo: genealogia dei testimoni” Riuscire a sapere qual è la posizione di ciascun manoscritto nella tradizione può fornire indicazioni importanti circa la natura conservativa o innovativa delle sue varianti: questa fase della ricerca filologica si definisce classificazione dei testimoni e applica un modello di ispirazione genealogica. Immaginando la copia come un atto di filiazione di un manoscritto dal suo modello, la tradizione può essere concepita come una genealogia in cui i manoscritti che abbiano la stessa derivazione si riuniscono in famiglie, ciascuna sotto un capostipite, con la possibilità di individuare più generazioni successive -> tale metodo viene impropriamente definito metodo di Lachmann, dal filologo ottocentesco Karl Lachmann. Contaminazione di lezioni = processo per cui, in una tradizione in cui quattro • manoscritti si distribuiscono in due famiglie y e z, il copista del manoscritto B non dipende soltanto da y ma ha a disposizione anche un secondo antigrafo che usa per correggere gli errori di y. -> può oscurare la visibilità della genealogia del codice contaminato. Talvolta la contaminazione lascia qualche traccia sicura: non sono rarissimi i casi di doppia lezione, in cui il copista invece di scegliere tra le due alternative le ha trascritte entrambe, rivelando così di utilizzare due fonti. L’indizio più frequente però che segnala un contaminazione è comunque la contraddittorietà dei dati della collazione. Un tipo di contaminazione molto delicata da dimostrare è quella che si • definisce extra-stemma (o extra-archetipo) -> a indicare la possibilità che uno dei due modelli sia estraneo alla genealogia ricostruibile dei manoscritti noti. Il concetto di ipotesi più economica -> quando si offrono più possibilità alternative di interpretare i dati della collazione, è consigliabile optare per quella che possa dare una spiegazione delle diverse lezioni con il minor numero di passaggi e con il maggior peso di argomenti. I limiti della stemmatica Le complessità che si incontrano nella classificazione dei testimoni suggeriscono dunque molta prudenza nella determinazione delle famiglie e nella configurazione dello stemma. Indichiamo le principali cautele da osservare: In genere sono più facilmente visibili i tratti generazionali più recenti, cioè gli errori che un manoscritto deriva dai suoi più diretti antecedenti rispetto a quanto è avvenuto nella prima fase della tradizione, che ha più possibilità di essere stato occultato nei vari successivi passaggi per noi perduti. Nello stemma si parla di: piani bassi -> forniscono più materiale non contraddittorio e lasciano • individuare le famiglie. Piani alti -> è più delicato il processo di raggruppamento delle famiglie, • quelli in cui i capostipiti derivano dall’originale o dall’archetipo. Denuncia di Bedier a proposito del Lai de l’ombre -> tendenza fuorviane del metodo stemmatico a proseguire verso l’alto.= si corre il rischio di considerare errori congiuntivi lezioni che invece a un esame più attento si rivelano ammissibili. È vero che la maggior parte degli stemmi di testi romanzi sono bipartiti, cioè con due soli rami che partono dall’originale o dall’archetipo. Si verificano spesso situazioni in cui la logica stemmatica può essere applicata solo parzialmente. Una parte della tradizione manoscritta può aver lascito tracce dei vari passaggi sufficienti a dimostrarne gli snodi mentre in altri testimoni non si riesce a razionalizzare la distribuzione delle varianti e degli errori. -> in questo caso è opportuno isolare il primo settore della tradizione, per il quale si potrà designare uno stemma parziale relativo solo ai manoscritti interessati e rinunciare a classificare il resto della tradizione. Non mancano poi le tradizioni per le quali risulta del tutto impossibile distinguere le linee di sviluppo da cui discendono i manoscritti conservati, in questi casi è opportuno ammettere l’impossibilità di applicare il metodo, e rinunciare a classificare i manoscritti. Funzionalità dello stemma Quando la classificazione dei testimoni riesce a rintracciare le linee genealogiche principali di una tradizione, lo stemma che ne risulta è di grande utilità per ripercorrere la storia e l’evoluzione del testo. -> lo stemma consente di valutare di volta in volta sia l’autorevolezza di ciascun manoscritto, sia la probabilità che ciascuna variante di rappresentare un’innovazione o piuttosto una lezione originaria. Metodi quantitativi L’obiezione di Bedier sl metodo stemmatico consisteva nella natura problematica del concetto di errore, la cui individuazione è tutt’altro che oggettiva, in quanto spesso dipende dall’interpretazione del filologo ed è quindi suscettibile di essere arbitraria. Questa critica ebbe due effetti: uno scetticismo molto diffuso circa la possibilità di ricostruire i rapporti tra i • testimoni di un’opera e quindi la rinuncia al tentativo stesso di classificarli. L’idea di poterli classificare senza ricorrere al concetto di errore, • considerando valide tutte le lezioni divergenti. -> dato che esclude ogni valutazione qualitativa delle lezioni divergenti, questo approccio alla tradizione testuale è definito quantitativo ed è alla base delle principali applicazioni informatiche sviluppate per la classificazione dei manoscritti. Un primo modello di analisi quantitativa delle varianti è fondato su basi statistiche, tramite il calcolo delle frequenze. Dopo aver presentato tutti i casi in cui due o più testimoni presentano varianti in comune che li distinguono dagli altri, varie procedure di calcolo attribuiscono a ciascuna coppia o gruppo di testimoni un punteggio, in base alla frequenza relativa. -> le coppie che totalizzano la maggior frequenza relativa di variazione sono ritenute avere la maggior probabilità di essere collegate da una relazione, che le oppone dagli altri. -> tali opposizioni possono essere rappresentate in grafici che collegano i manoscritti ma che a differenza degli stemmi, non indicano quale sia il punto di origine della tradizione. In anni ancora più recenti si è applicato alle tradizioni testuali un altro • modello di analisi quantitativa, un metodo per la classificazione basato sulla comparazione delle sequenze del DNA. Capitolo 6 “Il testo come ipotesi: l’edizione” L’obiettivo principale della filologia è l’edizione critica. L’edizione è l’atto con il quale si pubblica un testo del passato, cielo si rende di nuovo pubblico accessibile alla lettura. Il primo presupposto di un’edizione critica è la trasparenza, chi è responsabile di un’edizione deve esporre i criteri seguiti per stabilire il testo. Secondo presupposto è la comprensione del testo: l’editore deve assicurare l’interpretazione del significato almeno letterale dell’opera che pubblica. Edizione ricostruttiva: proporre un testo che non rappresenti soltanto l’assetto di un singolo testimone, ma risalga nella tradizione fino a quanto lo permettono i dati eliminando le innovazioni attribuibili ai copisti. Edizione conservativa: non interessata a ripercorrere la diacronia, tende a pubblicare il testo contenuto in un manoscritto, eventualmente correggendone solo gli errori più evidenti EDIZIONE DA MANOSCRITTO UNICO L’edizione può fondarsi sul manoscritto unico per necessità o per scelta: Il primo caso riguarda i non pochi testi di cui sia pervenuta una sola testimonianza: essa costituisce l’unica fonte di informazioni e l’edizione dovrà limitarsi allo stato di evoluzione del testo rappresentato da quel manoscritto -> l’unico strumento per individuare ed eventualmente eliminare dall’edizione errori o innovazioni del testimone superstite è dunque la presenza di anomalie rispetto alla coerenza contenutistica o formale del testo. anche in questo caso sono possibili diversi atteggiamenti nei confronti del • testo: l’edizione può privilegiare il punto di vista sincronico e offrire il testo del manoscritto senza correggerlo, oppure può privilegiare il punto di vista diacronico intervenire ipotizzando una soluzione ai problemi riscontrati operando tramite congettura. Quando invece, in presenza di altri testimoni l’edizione è basata su un unico manoscritto per una scelta dell’autore è quasi sempre adottato il punto di vista sincronico -> la scelta infatti è motivata dalla difficoltà o dalla sfiducia nella classificazione dei manoscritti. L’opzione più estrema è l’edizione diplomatica -> alla presentazione del testo così come si trova nel manoscritto non si applica alcun intervento che lo renda più leggibile secondo consuetudini moderne, in pratica non si offre alcuna interpretazione del testo salvo decifrarne segni grafici. In genere quindi un’edizione diplomatica si giustifica quando il testo è di particolare interesse dal punto di vista linguistico, ad esempio per le prime testimonianze scritte LINGUISTICA Capitolo 1 “Lo spazio linguistico romanzo” Le Lingue romanze, chiamate anche neolatine, in quanto discendenti dal latino, sono oggi diffuse in Europa, America e in misura minore, in Africa, Asia e Oceania. -> a questo vastissimo spazio linguistico si da il nome di Romània. I Territori romanzi extra europei includono no maggior parte dell’America centrale e meridionale (detta perciò America latina) e il Quabec in Canada. In Africa, Asia e Oceania l’uso di lingue romanze riguarda essenzialmente le élite sociali. nel complesso le lingue romanze contano circa 750 milioni di • parlanti nativi, la più diffusa è lo spagnolo, seguita dal portoghese, dal francese, dall’italiano, dal rumeno, dal catalano e dal dal gallego. Per una serie di circostanze storiche alcune lingue romanze hanno sviluppato una tradizione letteraria, sono diventati espressione di istituzioni politiche, hanno subito dunque un processo di elaborazione e di standardizzazione. Accanto alle lingue diffuse sul piano nazionale regionale occorre considerare quelle di circolazione più ristretta, parlate negli stessi territori delle lingue nazionali e con esse strettamente imparentate: I DIALETTI. Dialetti primari, discendenti direttamente dal latino e dialetti secondari, discendenti da un’altra varietà romanza. Dialetti sono lingue poco standardalizzate, con debole tradizione letteraria e scarsa codificazione grammaticale e confinate all’oralità. LA ROMANIA IN PROSPETTIVA STORICA L’impero romano raggiunge la sua massima espansione nel II secolo d.C., il latino originariamente lingua della città di Roma e allora parlato in un’area immensa che va dal vallo di Adriano al litorale nordafricano, dalle coste dell’Atlantico al corso del Reno e del Danubio. Paragonando l’attuale diffusione delle lingue romanze con quell’antica del latino, si possono osservare variazioni molto notevoli: in primo luogo un’ampia zona di sovrapposizione che chiamiamo Romània • continua -> l’area dove si parlava anticamente latino e si parlano oggi lingue romanze include l’Italia e la penisola iberica, la Galia e la dacia, corrispondenti grosso modo agli attuali territori di Italia, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Romania e Moldavia. In molte aree un tempo latinizzate non si parlano oggi varietà romanze: è la • cosiddetta Romània perduta, dove la discontinuità rispetto alla situazione antica è dovuta agli effetti di conquiste militari i grandi movimenti migratori. Così la latinità è stata cancellata dalle provincie di Britannia (odierna INGHILTERRA), Germania, dall’arrivo di popolazioni di lingue germaniche. Le lingue romanze sono agi parlati anche in territori dove non si è mai • parlato latino: la Romània nuova, che comprende l’America centrale e meridionale, il Canada francofono e alcuni Stati degli USA. Questa diffusione delle lingue romanze al di là degli spazi dell’antico impero romano è legata all’espansione coloniale spagnola portoghesi e francese a partire dal 500. IL CONTATTO LINGUISTICO La simmetria negli usi e nelle competenze linguistiche è molto comune e può essere analizzata ricorrendo i concetti di: — BILINGUISMO -> cioè la padronanza di due lingue/dialetti da parte dei membri di una comunità — DIGLOSSIA -> la distribuzione funzionale di due lingue all’interno di una comunità. Bilinguismo e diglossia non sono mutamenti esclusivi. Nello spazio linguistico romanzo si riscontra una grande varietà di situazioni che nei singoli Stati sono stati affrontati in modo diverso: il Portogallo: caratterizzato dalla scarsa frammentazione dialettale, il • portoghese è la lingua ufficiale. In Spagna: lo spagnolo condivide lo status di lingua ufficiale con il basco nei • paesi baschi e in Navarra, con il Gallego in Galizia, con il catalano in catalogna. La Francia: il francese è la sola lingua ufficiale dello Stato • Il Belgio: sono riconosciute tre lingue ufficiali, il francese, il fiammingo, e il • tedesco Il Lussemburgo: trilinguismo, il lussemburghese, il francese e il tedesco • La svizzera: riconosce quattro lingue nazionali, il francese , tedesco , italiano • e romancio.In Italia: il 45,9 % degli italiani si esprime in Italia il 14% prevalentemente in dialetto il 32,2% li alterna. La Romania: il rumeno è la sola lingua ufficiale anche se esistono cospicue • minoranze. La Moldavia: lingua ufficiale il rumeno • Le così dette lingue di contatto: pidgin e creoli. Pidgin= sono lingue di emergenza nati in situazioni di multilinguismo dal contatto fra gruppi che parlano lingue non reciprocamente comprensibili e non dispongono di altri strumenti di comunicazione. Creolo= una lingua a pieno titolo, dunque impiegata in una varietà di situazioni comunicative, con un lessico sufficientemente ricco e una grammatica complessa. CLASSIFICAZIONE DELLE LINGUE ROMANZE iberoromanzo -> portoghese, spagnolo, catalano • Galloromanzo -> francese, occitano, francoprovenzale • Italo romanzo -> italiano, sardo, dialetti gallo italici • Balcanoromanzo -> dalmatico, rumeno • Capitolo 2 “il latino e la genesi delle lingue romanze” Il latino appartiene al ramo italico della famiglia delle lingue indoeuropee -> espansione politica e militare di Roma -> processo di integrazione delle popolazione -> romanizzazione -> la latinizzazione linguistica costituisce un elemento importante nel processo di romanizzazione: il latino si afferma attraverso le strutture amministrative e militari e scolastiche dello Stato romano. La latinizzazione trova però un limite quasi insuperabile il radicamento del greco nella parte orientale dell’impero, un’area vastissima che include l’Egitto, la Palestina, la Siria. In tutto l’arco della sua lunga storia e latino si confronta sempre e ovunque con altre lingue: i suoi parlanti cioè non vivono mai in ambienti linguisticamente omogenei. Italia antica è caratterizzata da una notevole eterogeneità Ethno linguistica: i popoli che abitano la penisola hanno origini storie miti modalità insediative e stili di vita del tutto differenti e parlano e scrivono lingue diverse. il lessico è considerato l’unico settore in cui l’influenza delle lingue di sostrato sia indiscutibile: entrano il latino moltissime parole delle lingue locali, scomparse proprio in seguito al processo di latinizzazione (termini attribuibili al sostrato etrusco). Si parla invece di super strato del latino in riferimento all’influsso esercitato sul latino tardo, e poi sulle varietà romanze, dalle lingue parlate da gruppi dominanti sul piano politico militare ma poi linguisticamente culturalmente assimilati. I rapporti commerciali e militari intrattenuti dal mondo romano con la Germania libera configurano un tipo di influenza sulla lingua latina di adstrato: nel caso di lingue di territori contigui, il cui contatto non porta la scomparsa di una delle due. Le fonti che consentono di farsi un’idea, sia pur parziale, del funzionamento dell’articolato sistema linguistico latino sono tipo tipologicamente molto varie: un piano i testi letterari permettono di delineare i tratti del latino standard delle sue varie fasi di sviluppo; sono di grande interesse anche opere letterarie in cui alcuni personaggi di solito di bassa estrazione sociale sono caratterizzati linguisticamente: così i liberti nell’episodio della cena di Trimalcione del retorico grammaticale. La francesizzazione dello spazio linguistico citano è un processo di lunga durata che ha inizio nel XIII secolo in concomitanza con il rafforzamento del potere del re di Francia. Va però detto che in epoca medievale la francesizzazione è un fenomeno che interessa essenzialmente la comunicazione scritta, mentre nell’oralità le varietà occitane restano largamente predominanti. PENISOLA IBERICA Il dominio iberoromanzo presenta in età medievale una situazione linguistica molto particolare: la conquista arabo islamica della maggior parte dei territori della penisola iberica porta con sé un intenso processo di assimilazione religiosa, culturale e linguistica . Tra le diverse varietà acquisisce una posizione preminente il castigliano. La corte alfonsiana promuove inoltre un’intensa attività di scrittura in volgare, con l’elaborazione di testi giuridici e storiografici e la traduzione dall’arabo di testi scientifici e letterari, che arricchiscono notevolmente il lessico castigliano. AREA ITALOROMANZA Frammentazione linguistica si accompagna con la politica. A partire dal XIII secolo si afferma l’egemonia della Toscana: il toscano è • usato nelle scritture pratiche, pubbliche e private, di mercanti e notai spesso attivi anche sul versante letterario. Il toscano acquisisce grande prestigio sul piano culturale grazie riconosciuto valore delle opere di Dante Petrarca e Boccaccio. il veneziano conosce una notevole circolazione nell’Adriatico e nel • Mediterraneo orientale Spicca per il suo particolare assetto plurilingue la situazione della Sicilia • medievale, la popolazione dell’isola appare in gran parte arabofona, con gru non irrilevanti di lingua greca e romanza. Il periodo che va dalla seconda metà del 400 alla fine del 500 rappresenta un momento di svolta nella storia linguistica europea: si apre la così detta età della norma, l’epoca cioè in cui alcune lingue romanze e non romanze del continente vengono sottoposte nella loro forma scritta a processi di standardizzazione e codificazione -> la standardizzazione consiste nell’imposizione dell’uniformità ad una classe di oggetti di per se variabili Al processo di standardizzazione si accompagna in genere quello di codificazione linguistica, ovvero l’elaborazione di una norma: un insieme di regole basate su un corpus di testi di riferimento, enunciate in grammatiche o dizionari. Questi processi sono preceduti dalla selezione delle lingue da standardizzare e codificare tra tutte quelle adoperate dalla popolazione: nel caso delle lingue romanze il fenomeno riguarda nella prima età moderna il portoghese, il castigliano, il francese e il toscano. Queste lingue godono nel medioevo di una diffusione sovraregionale, posseggono una vasta produzione letteraria e sono e Normalmente usate nell’oralità e nella scrittura. Se guardiamo alle cause che innescano questi processi occorre considerare il ruolo svolto dall’invenzione della stampa: nata in Germania verso la metà del 400 e rapidamente diffusasi in tutta Europa -> accresce in modo vertiginoso la produzione di libri, insieme viene a fissarsi un sistema grafico uniforme, cui corrisponde una tendenziale uniformità strutturale della lingua a tutti i livelli. Il processo di codificazione delle lingue romanze ha alla base una nuova, più positiva considerazione del volgare il quale per poter competere con il latino come veicolo di cultura e strumento di governo, deve dotarsi di un analogo apparato di regole. -> si cominciarono a scrivere grammatiche e dizionari dei volgari e l’istituzione di numerose accademie. DIFFUSIONE DELLE LINGUE ROMANZE NELLO SPAZIO EXTRAEUROPEO Cristoforo Colombo apre la strada all’esplorazione e alla conquista dell’America, da parte delle grandi potenze dell’epoca, con importanti conseguenze linguistiche. la diffusione dello spagnolo nelle terre americane non è però immediata, dal • punto di vista demografico i coloni provenienti dalla Spagna rappresentano una minoranza Gli indigeni, detti indios parlano molte lingue diverse spesso prive di • scrittura In una società rigidamente strutturale come quella coloniale, il plurilinguismo • non sembra creare grandi problemi comunicativi, essendo i rapporti tra i gruppi scarsi -> si tratta di un caso di diglossia senza bilinguismo. Il concetto moderno di nazione si delinea nel panorama culturale europeo nella seconda metà del XVIII secolo e porta con se un profondo mutamento dei rapporti fra gli stati e le lingue. L’esperienza della Francia costituisce in quest’ambito in paradigma con cui l’intero occidente è chiamato a confrontarsi. strumento d’azione per eccellenza della politica linguistica rivoluzionaria è • l’istruzione pubblica: nel 1793 si istituiscono le scuole primarie di stato, in cui il francese è la lingua di insegnamento. Pur non condividendo il percorso politico, altri stati europei e americani fanno esperienze analoghe a quella della Francia in campo sociolinguistico: i progressi dell’industrializzazione, la rivoluzione dei. Trasporti, la diffusione dei giornali e soprattutto l’incremento della scolarizzazione contribuiscono ovunque alla propagazione delle lingue nazionali. con la rivoluzione si afferma inoltre l’idea che la lingua sia segno di identità • politica e costituisca uno degli elementi essenziali dell’appartenenza alla nazione. Capitolo 5 “Elementi di grammatica storica: fonologia” Nel passaggio dal latino alle lingue romanze il sistema vocalico ha subito una trasformazione radicale. Il latino ha dieci fonemi vocalici. Le vocali latine /a e i o u/ hanno una realizzazione breve e una lunga e la differenza tra le due realizzazioni ha valore fonetico, serve cioè a distinguere parole che hanno diverso significato. Oltre alle vocali il sistema comprende i dittonghi, i tre dittonghi mostrano una precoce tendenza al monottongamento, sviluppatasi poi pienamente in età imperiale nel caso di /ae/. Questo sistema subisce, nel corso dei secoli una serie di modifiche e assestamenti che, partendo dall’allineamento di tutte le vocali accentate in sillaba aperta, conduce alla perdita del valore distintivo della quantità vocalica. Il collasso del sistema vocalico latino fa si che l’antica regola di accentuazione non si conservi in nessuna lingua romanza Le lingue romanze riorganizzano i loro sistemi vocalici intorno a opposizioni che non sono più quantitative ( vocali lunghe vs vocali brevi) ma qualitative, basate esclusivamente sul timbro delle vocali. A partire dalla disgregazione del sistema vocalico latino, diversi sistemi vocalici prendono forma e si affermano nello spazio linguistico romanzo. Per quanto riguarda le vocali toniche, il sistema di più larga diffusione è il cosiddetto sistema romanzo comune -> si tratta di un sistema simmetrico, in cui le vocali centrali base del latino confluiscono nel fonema /a/, le vocali alte lunghe passano a /i/ e /u/ le vocali alte brevi e medie lunghe confluiscono in un fonema medio alto anteriore /e/. il sistema romanzo comune presenta sette vocali su 4° di apertura (contro i • tre del latino). SISTEMA SARDO Presenta cinque fonemi su tre gradi di apertura, neutralizzando la differenza tra vocali medio alte e medio basse. SISTEMA VOCALICO BALCANICO Coincide nella parte anteriore con quel romanzo comune e nella parte posteriore con quello sardo. Il risultato è un sistema simmetrico di sei e vocali, che nella parte anteriore distingue un fonema medio alto da uno medio basso, mentre nella parte posteriore non fonologizza la differenza di timbro. SISTEMA SICILIANO Le vocali medie lunghe del latino sono confluite con le altre in /i/ e /u/ . Il sistema vocalico presenta dunque cinque fonemi vocalici analoghi a quelli del sardo ma sviluppatisi attraverso una trafila differente. femminili e maschili conservano nelle lingue romanze il genere latino grazie una combinazione di tratti semantici e formali: i nomi che continuano la terminazione -a sono femminili, quelli che continuano la terminazione -u(m) sono maschili. I nomi neutri della seconda classe latina sono perlopiù riassorbiti nel genere maschile. LE GRANDI INNOVAZIONI DELLA MORFOSINTASSI ROMANZA La categoria funzionale dell’articolo non esiste il latino e si può pertanto • considerare una creazione delle lingue romanze. L’articolo indefinito introduce nel discorso un referente nuovo, le lingue romanze utilizzano in questa funzione gli sviluppi del numerale latino unus. Nel passaggio dal latino alle lingue romanze i dimostrativi latini si sono • indeboliti politicamente e semanticamente. A differenza del latino le lingue romanze possiedono una doppia serie di • pronomi personali: quelli tonici o liberi, sono parole indipendenti non hanno una posizione fissa nella frase e possono correre in isolamento o dopo preposizioni; quelli atoni o clitici non hanno autonomia prosodica e sintattica si trovano necessariamente imposizioni adiacente al verbo. Le lingue romanze si differenziano dal latino anche per la creazione di un • ricco sistema di perifrasi verbali, che spesso hanno la stessa funzione delle forme sintetiche latine che sostituiscono. L’ordine delle parole nella frase è il latino più libero che nelle lingue • romanze, la notevole libertà posizionale del latino è connessa alla sua ricca morfologia flessi Iva, che fa sì che ogni parola porti in sé, autonomamente, le marche di caso e di accordo che consentono di attribuirle un ruolo nella frase e di metterla in relazione con gli altri costituenti. SVILUPPI SINTATTICI DIVERGENTI Nella maggior parte delle lingue romanze, così come in latino, l’espressione del soggetto non è obbligatoria; in queste lingue dette a soggetto nullo il soggetto pronominale è considerato enfatico, ridondante o non grammaticali in contesti in cui il riferimento è prevedibile. Il soggetto è invece obbligatorio in un gruppo di lingue geograficamente contigue che include il francese moderno e contemporaneo, alcune varietà occitane, franco provenzali, i dialetti italo romanzi settentrionali e il fiorentino odierno. Capitolo 7 “Il lessico delle lingue romanze” Il lessico delle lingue romanze è in gran parte di origine latina. Tra le cause che contribuiscono alla perdita di una parola vi sono la scarsa consistenza fonetica e l’isolamento morfo semantico. Sono però soprattutto i cambiamenti socioculturali a provocare attraverso la trasformazione della vita materiale e della mentalità, il rinnovamento del lessico, così per esempio buona parte della terminologia militare latina è scomparsa. i campi lessicali che mostrano maggiore stabilità nel passaggio dal latino • alle lingue romanze sono quelli della parentela, delle parti del corpo, del mondo naturale, degli animali. Accanto alle parole latine ereditarie, il lessico delle lingue romanze include un gran numero di parole latine di trasmissione in diretta che non sono cioè passate per via orale da una generazione all’altra di parlanti; a queste parole che possono considerarsi prestiti del latino scritto avvenuti nei pochi in ambienti diversi, si dà il nome di latinismi. In numeri assoluti, i latinismi sono molto più abbondanti delle parole latine ereditarie. La maggior parte dei latinismi entrati nelle lingue romanze a subito qualche tipo di adattamento fonetico e morfologico. I PRESTITI Ci si riferisce alle parole straniere utilizzate in una lingua diversa da quella originale, una componente numericamente minore del lessico, anche se molto significativa dal punto di vista culturale. I prestiti sono il risultato di interferenza linguistica verificatasi al contatto fra utenti di lingue diverse. prestiti di necessità (nozioni nuove) • Prestiti di lusso (già esistenti nella comunità linguistica) • Il lessico che le lingue romanze ereditano dal latino contiene già un certo numero di germanismi, arrivati tramite i molteplici contatti intrattenuti dal mondo romano. bizantinismi • Arabismi • Americanismi • Germanismi moderni • ANALISI LETTERARIA Capitolo 1 “Letterature del Medioevo romanzo” La Romània letteraria ebbe nel medioevo dimensioni minori di quella linguistica. “Letterature” il plurale serve a sottolineare la pluralità linguistica sottesa al passaggio testuale del medioevo romanzo: gallego, catalano, castigliano ecc.; ma le singole varietà possono essere studiate tenendo sullo sfondo alcune categorie che permettono di riconoscere dei caratteri costitutivi generali: Letteratura: la definiamo come una totalità di oggetti verbali, i testi letterari. • Testo letterario: è l’esito di un atto individuale di messa in forma di contenuti • semantici. Stile/generi: lo stile è sia un atto di parole sia un codice espressivo capace • di qualificare una serie di testi, si compone di regole. Cultura: in senso antropologico, è il complesso delle produzioni simboliche • che sorreggono l’armatura della vita sociale e le strutture religiose e profane dell’esistenza, è il filtro attraverso cui percepiamo e descriviamo la realtà. Sulla base di queste categorie, potremmo definire la letteratura come uno dei modi grazie ai quali una cultura organizza e rappresenta la propria immagine del mondo. Tratti semantici e linguistici: Funzione comunicativa: gli autori medievali non rivendicavano l’autonomia • dell’arte e alle litterae attribuivano due funzioni: insegnare e intrattenere. Scrittura/oralità: Dante il basso medioevo la scrittura fu una pratica per • pochi. Contenuti: gli autori si pensavano come titolari dell’archivio dei saperi della • comunità. Forme: rimase stabile l’uso dei versi pure per generi per i quali consideriamo • normale la prosa. Stile: nei testi di una stessa serie volgare, di qualunque epoca, colpisce la • stabilità dello stile e la sua tendenza a esprimersi nella ripetizione tradizionali di schemi verbali e retorici. Realtà: la relazione fra i testi la realtà è un terreno infido, il contesto • medievale a un’architettura tradizionale per almeno due motivi: il primo è connesso al mito dell’incarnazione che produce un modello di realtà bipartito fra un piano nascosto, eterno e trascendente e uno visibile; da tale costruzione di scende uno schema di realtà come gerarchia catastale in tre livelli: gli oratores, i bellatores e i laboratores. Capitolo 2 “I testi volgari fra tradizione orale e vocalità” I giullari -> erano ovunque portatori della festa e del carnevalesco, signori dell’intrattenimento circense e affabulatori di molte virtù: musici giocolieri danzatori acrobati, Si muovevano di piazza in piazza, intrattenevano in cambio di doni o denaro con loro si muovevano tecniche attoriali, intrecci e formule letterarie e musicali. Tra otto e novecento si è ipotizzata l’esistenza di una letteratura giullaresca prodotta nell’improvvisazione grazie a tecniche comuni nella cultura dell’oralità primaria. Nello spazio europeo la tradizione orale coincide da metà XIX secolo con il folklore, il termine designa una produzione anonima, fiabe di magia, racconti, proverbi canzoni e poesie, dotata di storicità indefinita ma antica raccolta presto informatori analfabeti.
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