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Riassunto libro "Fuori dal coro", Appunti di Storia dell'arte contemporanea

Riassunto libro "Fuori dal coro"

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 11/09/2023

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Scarica Riassunto libro "Fuori dal coro" e più Appunti in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! Fuori dal coro di Giulio Ciavoliello I. Fuori dal coro 1970 -> mostra “Amore Mio” a Palazzo Ricci, Montepulciano. Luciano Fabro partecipa ad “Amore Mio” con l’opera “Cittadini, consideratemi irresponsabile di quanto succede!” in cui posiziona un autoparlante, che diffondeva le parole del titolo dell’opera, nel vano di una finestra in modo che all’esterno sembrasse che il vocio provenisse dall’interno e viceversa. L’opera sia allora che in seguito è stata fraintesa in un affermazione di responsabilità che l’opera non presentava e che l’artista ha sempre respinto -> il contrario dell’originale. | Quest’opera non appare inseribile nello spirito del tempo, in un clima post Sessantotto, che prevedeva da parte degli artisti una partecipazione a forme di azione sociale e politica -> veniva dato per scontato un coinvolgimento o una corresponsabilità, un impegno. Ma Fabro si distingue nell’affermare la sua esigenza di disimpegno. Anni della contestazione -> rivolta etica contro i valori diffusi della società capitalista: individualismo, potere, esaltazione della tecnologia e consumismo. Negli anni precedenti, la contestazione era partita con le occupazioni delle università da parte degli studenti e si era estesa in altri settori. Il 30 maggio 1968, il giorno dell’inaugurazione della 14° esposizione della Triennale di Milano, venne segnata da un grave episodio di devastazione -> alcuni studenti di Brera e di architettura, artisti e intellettuali distruggono gli allestimenti della mostra “Il Grande Numero” concepita dall’architetto Giancarlo de Carlo a tema Globalizzazione. La situazione era sfuggita di mano e delle persone politicamente ingestibili avevano preso il sopravvento fino all’8 giugno quando venne interrotta l’occupazione. | Dominava una prevenzione ideologica che caratterizzava le propensioni collettive, per cui diventava sbgliata qualsiasi proposta proveniente da un’istituzione riconosciuta, nonostante l’istituzione Triennale comprendeva un elemento di forte critica all’ordine esistente -> ma ciò non ha suscitato ripensamenti da parte degli occupatori che furono maggiormente sollecitati concependola come ipocrisia. 1968 -> iniziativa artistica che interrompe con l’irrisione la serietà del periodo è la Banda del Marameo, messa in piedi da Aldo Spoldi. Questo gruppo conduceva azioni improvvise in pubblico con l’unico scopo di provocare negli astanti un sorriso. Sempre nel 1968 a giugno, alla Biennale di Venezia, si ripete qualcosa di analogo all’episodio della Triennale. Sarà un edizione condizionata dalla contestazione durante l’inaugurazione ma non vanificata -> i protagonisti erano soprattutto gli studenti della locale accademia; in segno di condivisione, alcuni artisti che partecipavano a quella edizione rovesciano le opere per impedirne la visione. Un eccezione da segnalare fu il gesto di Pino Pascali che in segno di estraneità rispetto agli atteggiamenti prevalenti, invia un telegramma in cui spiega di voler ritirare le proprie opere. Per Pascali l’artista deve essere isolato perché solo così responsabilizzare il proprio gesto, senza dover trovare un appoggio collettivo. Pascali, sotto la pressione egli eventi, quando tutti sembrano schierarsi, pone al centro la libertà dell’artista. Un'altra eccezione, riferita sia alla Biennale che alla Triennale, è il comunicato di Carla Lonzi, Fabro e Paolini, in cui affermano un disaccordo, affermando l’estraneità dell’essere artista rispetto a cause esterne all’arte | Pareri fuori dal coro II. Autonomia e forma 1947 -> nel manifesto di “Forma I”, Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato, si schieravano dalla parte dell’astrattismo perché non trovavano prospettive nel realismo, affermando la compatibilità di formalismo e marxismo. | Per comprendere meglio bisogna porre attenzione ad un avvenimento in cui il rapporto tra cultura e politica ha visto un confronto diretto. Nel 1946 due alti dirigenti del Partito Comunista, Alicata in maggio e Togliatti in ottobre, intervengono sugli esiti deludenti della rivista Politecnico fondata da Vittorini a cui si rimproverava la mancata funzionalità a un progetto politico e il protrarsi di uno scollamento tra masse popolari e ceto intellettuale a causa di un mancato scopo educativo della rivista. Vittorini elabora una risposta memorabile in cui dichiara di essere consapevole dell’impossibilità di separare completamente cultura e politica ma nello stesso tempo pone l’esigenza di una distinzione fra le due. Secondo Vittorini è una cultura autonoma ad arricchire la politica, mentre una cultura politicizzata, intesa come strumento di influenza non può offrire niente. Dopo di che giunge al punto saliente: per lo scrittore rivoluzionario non è il caso di suonare il piffero per la rivoluzione, perché significherebbe ridurre la scrittura a bel canto ignorando il mondo dei sentimenti che interessa lo scrittore. Così dicendo, Vittorini, si offre come modello per l’autonomia dell’artista e di chi si occupa della cultura. -> nel manifesto di Forma si fa propria la posizione di Vittorini. | Nel manifesto in primo piano: in arte esiste solo la realtà tradizionale e inventiva della forma pura. Tradizionale: richiama il rapporto che la cultura intrattiene con la storia Forma pura: fa pensare a una ricerca libera, svincolata dal contenuto -> mettendo in crisi la rappresentazione Il realismo corrisponde così al “bel canto” rifiutando racconti problematici. Nell’immediato dopoguerra la forma libera e indipendente che si esige si trova nell’astrazione e non nella figurazione e negli intenti pedagogici del Partito Comunista. Tornando alla fine degli 60’, per forma artistica si intende altro -> la forma è da intendersi come espansa, aperta all’ambiente, alla processualità, al corpo, alla parola. Con la forma si mettono in atto “processi di pensiero visualizzati”, la forma artistica si associa al pensiero e si distingue dalla forma sociale. 1969 -> “Campo Urbano” è una mostra atipica, che dura solo il 21 settembre, in cui gli interventi artistici erano improntati alla maggior condivisione possibile e quindi all’aperto in strade, piazze scostandosi dalle solite esposizioni in luoghi deputati. -> due artisti coinvolti fanno eccezione: - Paolini -> presenta uno striscione con scritto “ET. QUID. AMABO. NISI. QUOD. AENIGMA. EST?” che significa: “E cosa amerò se non ciò che è enigma?”. Questa situazione che inscena Paolini è paradossale. Attesta un distacco, che esclude una comprensione immediata da parte dell’osservatore, non mossa dalla volontà di stabilire una relazione. - Fabro -> fa una richiesta, elaborando un documento intitolato “Domanda di cessione di terreno nel territorio comunale” | Questi due interventi vanno considerati non tanto in chiave polemica, ma come affermazione di una distinzione, fondata sul fatto di non credere a un operare artistico costituito da aperture generiche, di non affidarsi a un controllo collettivo indifferenziato. povere” fra Celant, Rumma e gli artisti convenuti ad Amalfi nel 1968 per “Campo Urbano” fra Caramel, Mulas, Munari e coloro che erano coinvolti nella manifestazione a Como del 69’. Nel 1970 “Amore Mio” rivela un’estraneità rispetto alla tendenza all’estensione dell’arte al sociale, che caratterizza la prima metà degli anni 70’. Si evidenzia l’esistenza di un corpo sociale separato, di un elitè costituita per necessità, interna alla società. -> si insinua un dubbio che poi diventerà consapevolezza, ovvero del fatto che la diluizione nel sociale, che l’intrusione del politico, siano prive di prospettiva e non possano offrire un sentiero da percorrere nell’arte. “Amore Mio” è il risultato dell’incontro fra la determinazione di Marotta e dei vari rapporti tra artisti. Si potrebbe considerare una forma di autogestione, che in quel periodo inizia a diffondersi, ma è un modello che risponde a esigenze politiche che però “Amore mio” non ha -> è invece un incontro tra persone che si sono scelte e non accumunate dalla circostanza politica. È un’unione che si istaura fra di loro che a più a che fare con un’idea di comunità -> si persegue una condivisione, un confronto su un terreno comune dove però non vengono a meno delle distinzioni. Rimane viva l’idea che il ruolo dello spettatore è diverso da quello dell’artista. Rispetto all’autogestione, con “Amore mio”, si ribadisce il principio dell’autonomia dell’arte nell’elaborazione delle sue risorse e delle sue relazioni interne. Riguardo al rapporto fra arte e società, si scoprono posizioni frutto di affermazioni esplicite o dedotte dal senso di alcune opere es. Fabro, Paolini, Pascali. Alcuni artisti sono accumunati dalla loro relazione con Carla Lonzi -> un dialogo intellettuale con lei che scaturisce poi nella pubblicazione di “Autoritratto”: es. Castellani afferma “ l’arte è una cosa, l’impegno politico un'altra”. “Autoritratto” è un esempio di ciò che si può intendere per comunità artistica da cui emerge un valore del soggetto non schiacciato dal gruppo. Si va a costituire un collage di dialoghi avvenuti in differenti momenti. | Nel 1970 però questo rapporto tra Lonzi e gli artisti si interrompe, quando si dedica completamente al femminismo. Il trauma di questo distacco dall’arte accadrà nel 1981 quando Celant invita Lonzi ad intervenire nel catalogo della mostra da lui curata al Centre Pompidou. Carla Lonzi, quando vede che gli artisti non escono dall’ordinamento in ruoli, si sente come tradita. Il suo libro si è posto fuori dalle categorie professionali, per stabilire un confronto tra coscienze in una dimensione esistenziale. Gli artisti poi si aspettavano da lei una immedesimazione nello “spettatore ideale”. V. Icona eletta La logica dell’espansione che caratterizzava il passaggio tra i 60’ e i 70’, non teneva conto di un limite, trascinandosi così una contraddizione al proprio interno: l’insieme delle aperture e delle possibilità artistiche non ammette quanto derivante dal passato, inteso sommariamente come blocco unico a cui opporsi o rimanendo nell’illusione di non poterne tener conto. | La questione del rapporto con la storia si ripresenta in alcuni artisti all’inizio degli anni 70, a cui connessa vi è sempre la questione dell’immagine intesa come forma riconoscibile. Alcune affermazioni di Boetti ci mostrano come non ci si può privare fino in fondo delle immagini, c’è sempre un’icona eletta -> c’è una costante umana indipendente da tempi e luoghi, una necessità d’immagine, che sopravvive nonostante l’inibizione dettata da alcune culture. Le immagini possono semplicemente far parte del nostro ambiente, ci sono e verso di loro possiamo anche essere distratti ma in entrambi i casi si tratta di immagini scelte. ognuno di noi prima o poi seleziona un’immagine come compagna coabitante, adotta un’icona eletta -> questo risponde a una necessità di quell’animale culturale che è l’uomo. Con l’inizio degli anni 70’ si può constatare una fase acuta il processo di espansione da parte dell’arte: la tendenza a mostrare la trasformazione di materiali e forme, sconfinare dall’oggetto, agire con il corpo, in un ambiente fisico e sociale -> le opere trovano la propria occasione nella transitorietà e nella disseminazione, sono da intendersi come operazioni che danno senso e ragione a un mondo dell’arte rapportato al mondo più ampio. Essendo un periodo in cui in un clima sociale e politico era rilevante la messa in discussione dell’ordine esistente -> le pratiche artistiche mettevano in atto forme di resistenza e di messa in discussione dello schema ordinato di luoghi e ruoli definiti dal sistema dell’arte e del mercato. Boetti all’epoca era fuori sintonia, fuori dal coro: rimaneva silenzioso e appartato, distante dalla maggioranza -> opta per la concentrazione sull’immagine fissa. In linea con la sua posizione è da ricordare il peso che per lui andava assumendo la manualità, ricominciata nel 69’ con “Cimento dell’armonia e dell’invenzione”, in cui il ricalco a matita della quadrettatura dei fogli rappresenta una prima apertura al disegno in generale -> inteso come segno che da forma al pensiero, è il primo mezzo a dare forma all’immaginazione. | Nel periodo che va dalla fine degli anni 60 alla prima metà degli anni 70, Boetti non è un caso unico. Ontani -> (amico di Boetti) è protagonista di una particolare performance che ha come obiettivo la visione frontale di un’immagine fissa -> centrale nella sua opera la trasposizione in fermo immagine dell’azione. | Questa persistenza dell’immagine si trova in alcuni esponenti dell’arte povera: es. Kounellis, De Dominicis, Pisani, Pistoletto. Significativi lavori di questi artisti presentano un’azione rallentata. Convenzionalmente ciò che ci propongono gli artisti può essere definito performance, ma in questi casi non vi è dinamismo. La presentazione dell’oggetto, del materiale, non sostituisce ma i del tutto l’idea di rappresentazione , che permane come visione. Ciò che accade si trova come in una sospensione metafisica. L’opera si sottrae alle sollecitazioni della cronaca e delle ideologie -> i riferimenti sono piuttosto alla storia dell’arte. | Barilli, nel 1974 allo Studio Marconi, propone una mostra incentrata su questo, dal titolo “La ripetizione differente” -> il curatore riunisce esperienze diverse ma convergenti su un riconoscimento e un richiamo alla storia. La mostra include Richter, che presentò un trittico fatto di variazioni pittoriche sul modello dell’”annunciazione” di Tiziano. Alla mostra è presente anche Ontani, nel cui lavoro ricorre il richiamo al passato -> l’artista offre il suo corpo e volto per una messa in posa che ricostruisce l’opera di un autore distante nel tempo o per incarnare un personaggio. La mostra include anche Salvo, che nella prima metà degli anni 70 rivela una spiccata propensione alla pittura intesa come immagine e manualità. Salvo, da un impianto concettuale in cui c’è il riferimento a maestri del passato attraverso la fotografia, immette la variante pittorica. Un altro artista presente è Mondino. Celant riferisce riguardo agli artisti poveristi, che intorno al 67, nella loro fase iniziale, arrivarono a definire insieme una visione iconoclasta rispetto alla pittura dell’epoca, ma che poi nel 71 non esiste più ragione di muoversi in gruppo e che quindi Arte povera doveva dissolversi affinché ognuno potesse assumere la propria singolarità -> in questa nuova fase Celant era intenzionato a seguire i percorsi individuali degli artisti. Questi ultimi non potevano più riconoscersi nei concetti di iconoclastia e decultura che ormai erano da ritersi superati. Boetti lo aveva già previsto, difatti ripensando alla mostra “arte povera + azioni povere” del 68, afferma che era una situazione di coinvolgimento collettivo in cui però mancava l’aspetto individuale, e che questa condizione non poteva durare nel tempo. VI. Imago mundi Ci sono due atti costitutivi del percorso straordinario del curatore d’arte contemporanea Harald Szeemann:  1969 mostra curata da lui a Berna “When Attitudes Become Form”  1972 Documenta 5 Il dato più evidente di Documenta 5 non fu la parte sulle tendenze concettuali, ambientali e comportamentaliste (che ci si aspettava da Szeemann dopo l’esperienza di Berna) ma fu la sezione intitolata “Realismo” -> incentrata su pittura e scultura iperrealista con la cura di Ammann | Questa edizione aveva come tema centrale -> mettere in discussione la realtà – mondi pittorici oggi Il termine “iperrealismo” prevalente in Italia e Francia, mentre nei paesi anglosassoni si parlava di “new realism” -> si riferiscono in ugual modo a un’arte caratterizzata da una finzione di verità dove la pittura si confonde con la fotografia e la scultura simula il corpo umano sul punto di animarsi. Il termine iperrealismo è divenuto un termine contenitore in cui sono inserite esperienze visive ritenute affini ma che comunque hanno differenze e intenti diversi. In questa sezione di Documenta sono presenti: Hanson, Richter, Artschwager, Close, Gertsch, Johns, Estes, De Andrea… Questa presenza a Kassel, per una parte rilevante della critica europea, è uno shock. -> Celant: vede nell’iperrealismo un ritorno all’ordine, una regressione al realismo ottocentesco per giustificare le condanne all’arte moderna e contemporanea -> Argan: evidenzia una discendenza dalla Pop Art. Per lui reintegra la tecnica tradizionale dell’arte per dimostrare che essa è ormai incapace di produrre valori. La morte dell’arte per Hegel si realizza nell’affermarsi dello spirito assoluto, con il superiore dominio della scienza e della filosofia mentre per Argan il demone è il mercato -> il limite risiede nella disponibilità a trasformare gli atti creativi in beni scambiabili con denaro, facilmente identificati dal pubblico, in forme che lo assecondano più che stimolarlo -> l’iperrealismo appare come un modo per impressionarlo facilmente. | Entrambe le opinioni si comprendono in una visione di sinistra del tempo -> la pittura iperrealista ha un rapporto serrato con la fotografia -> la scultura iperrealista si combina a elementi di vita quotidiana Nell’iperrealismo emerge un’attenzione per la percezione -> l’inganno percettivo ha più elementi in comune con l’optical. All’inizio degli anni 70 i concetti di figurazione e astrazione sono da rivedere. La pittura astratta (rispetto all’immediato Dopoguerra) non si può più considerare contrapposta al realismo. La differenza tra figurazione e astrazione va in cortocircuito. L’iperrealismo se considerato come derivazione del realismo, tradisce la tradizione di quest’ultimo, diventando realismo astratto. La pittura assume il carattere freddo che di solito si attribuisce al medium fotografico. Nel momento in cui è diffusa la presentazione di materie, processi, idee, con l’iperrealismo si propone una fissità, una stabilità della forma. Rinasce una possibilità per la rappresentazione. Si apre un varco, che non è un ripiegamento verso il passato ma invece può costruire una ricongiunzione con esso, guardando al presente e al futuro. Riemerge la possibilità di inserire di nuovo nella bidimensionalità del supporto un’illusione spaziale. Szeemann si pone come autore di una scrittura espositiva che prende il posto della scrittura critica basata sulla parola -> con Documenta 5 prende atto di un realismo emerso di recente e lo ammette. Nella realtà storica però la profezia di Menna non si è avverata -> se si pensa a cosa accade negli anni 70: in varie occasioni la questione del rapporto con la tradizione non fa clamore poiché l’avanguardia si era posta come rottura nei suoi confronti. Marisa Volpi -> articolo “fine dell’avanguardia” in cui evidenzia le differenze tra le avanguardie storiche e quelle attuali. Per l’autrice le tendenze artistiche emergenti non hanno un carattere alternativo come invece avevano le avanguardie del primo 900. Per lei le avanguardie si contrapponevano alle istituzioni che non ne riconoscevano le regioni | Due esempi delle nuove avanguardie: - la mostra “Vitalità del negativo” a Roma -> inaugurata in presenza di ministri e autorità - la mostra “When Attitudes Become Form” del 1969 a Berna curata da Szeemann -> possibile grazie al contributo della multinazionale Philip Morris | Avevano inoltre ricevuto notevole attenzione da parte della televisione Nel Sessantotto a Torino aveva operato il “deposito d’arte presente” -> spazio nato dall’incontro tra Marcello Levi, Gilardi e Sperone per presentare opere riconducibili soprattutto all’arte povera. Nella Land art si mette in atto una grande trasformazione che coinvolgeva il paesaggio naturale unendo la visione demiurgica dell’artista e una visione utopica, mediante la trasformazione di uno spicchio di mondo fisico. Calvesi -> espressione “Avanguardia di massa” in riferimento a due fatti del 77:  Enormità di pubblico accorsa al nuovo Centre Pompidou a Parigi: un grande pubblico fa propria una forma di arte avanzata  L’emergere degli indiani metropolitani in Italia all’interno del movimento del 77: l’uso da parte di molti giovani contestatori di un linguaggio del corpo, delle parole, riconducibile consapevolmente a quello di avanguardie artistiche come Futurismo, Dada e Surrealismo. (i giovani del Parco Lambro ecc.) Con l’espansione del fare artistico all’ambiente e al corpo si verifica un’adesione a stili di vita comunitari. In alcuni artisti sopravvive un’interazione con il mercato ma non impegni rigidi, difatti si rifiutava la sottoscrizione di contratti di regolare fornitura di opere in cambio di una somma mensile. C’è dunque un opposizione a coloro che detengono il potere (establishment), con forme d’arte che nella fase germinale si manifestano in modo marginale e sotterraneo: underground -> è un mondo a parte rispetto all’ufficialità, altro rispetto alle correnti culturali dominanti. È una sottocultura: ci si trova davanti a una cultura avanzata, espressa da gruppi ristretti, che come sottocultura è resistente a suggestioni esterne e indisponibile a una ricezione immediata da parte del grande pubblico. | Termine adatto -> post-avanguardia Il concetto di espansione, in riferimento alle tendenze artistiche che si aprivano all’ambiente come Land Art, Arte povera e Process Art, se si estende al concetto di spazio urbano e sociale, aiuta a capire ciò che accade tra la fine dei 60’ e l’inizio dei primi 70’. Dal 68’ si sviluppa una corrente di pensiero che vede nella partecipazione del pubblico all’attività artistica un’occasione per lo sviluppo di consapevolezza e creatività, facendolo uscire dalla passività. | Negli anni 70, l’arte intesa come partecipazione, è sostenuta e teorizzata da Crispolti (critico). Egli si oppone al mercato e a una gestione privata dell’arte, affermando un superamento della figura dell’artista a favore dell’operatore estetico nel sociale -> rinuncia individualistica a favore di una partecipazione che rappresenta un momento di crescita autoconocitiva altrui. L’attenzione si sposta dall’autorialità di opere individuali alla nascita di una professionalità assimilabile a quella del pedagogo, che punta a fare emergere la creatività per raggiungere un maggior grado di consapevolezza. Crispolti è un intellettuale che nello stesso tempo tiene in considerazione l’istituzione e i rapporti con essa, con intento migliorativo e riformista. È in linea con il processo di decentramento amministrativo in corso negli anni 70 -> in questo quadro si afferma una tendenza a spostare decisioni e gestioni dallo stato alle regioni, dai comuni ai quartieri. Es. viene consentito l’accesso alle università con qualsiasi diploma, approvato lo statuto dei lavoratori… -> cambiamenti reali per i ceti meno abbienti. Per la sinistra radicale sono dei modi per distogliere l’attenzione dall’obiettivo comune ovvero la fine dell’ordinamento capitalista, l’abolizione della proprietà privata e la nazionalizzazione dei mezzi di produzione e di scambio, per l’affermazione di una economia collettivista (con cui si schiera Argan). Argan -> punto di riferimento per Lea Vergine che da alla stampa il libro “Attraverso l’arte. Pratica politica/pagare il 68” in cui affronta il rapporto tra politica e arte, soffermandosi su artisti che hanno messo profondamente in discussione il senso del loro ruolo all’interno della società del tempo. Questo si è tradotto a volte in un rifiuto a produrre opere d’arte: es. Piero Gilardi, Enzo Mari Lea Vergine negli anni 70 si dedica a un lavoro di ricerca, di scrittura, di confronto con gli artisti, mantenendo un atteggiamento non-collaborazionista nei confronti dell’istituzione. -> questa presa di posizione si interrompe nel 1980, quando cura per il comune di Milano la mostra “l’altra metà dell’avanguardia” a Palazzo Reale, sulla presenza femminile nelle avanguardie. IX. Millenovecentosettantasei 1977 -> anno italiano del Movimento 1978 -> anno internazionale della Contestazione 1976 -> anno molto significativo per l’arte e non solo | Ricorre la Biennale di Venezia con i settori architettura e arti visive uniti. Il direttore è Gregotti (architetto). Il titolo è “Ambiente, partecipazione, strutture culturali”. -> mostra “Ambiente/Arte”, ordinata da Celant, sulla relazione tra arte e spazio e sulla reciproca influenza tra i due. Comprende esponenti della scena internazionale corrente e altri delle avanguardie del primo e secondo 900. -> mostra “Ambiente come sociale” nel Padiglione Italia, ordinata da Crispolti, è una sezione su un insieme di realtà locali, su azioni condotte nel territorio italiano, nei centri storici, nelle periferie e nella provincia. È una mostra fatta di documentazioni, proiezioni e presentazioni -> l’aspetto informazione caratterizza la mostra. A Verbania (Piemonte) inaugura “Aptico. Il senso della scultura” al Museo del Paesaggio. Partecipanti: Fabro, Nagasawa, Trotta e de Sanna. Viene pubblicato anche un libro dal titolo omonimo che insieme alla mostra sono il prodotto di un confronto che si allarga ad artisti contemporanei e del passato (Bernini, Canova, Medardo Rosso) la cui distanza nel tempo non è considerata un limite. | Venezia -> dilatazione nel senso dello spazio, orizzontale (relazione con ambiente socialmente e fisicamente inteso) Verbania -> dilatazione nel senso del tempo, verticale (una relazione con la storia) Mostra “Disegno/Trasparenza” nello Studio d’arte Cannaviello a Roma, curata da Bonito Oliva, ricognizione internazionale incentrata sul disegno. Il disegno riafferma possibilità per l’immagine, fa assumere forma all’immaginario. Partecipanti: Chia, Clemente, Mariani, Ontani, Salvo. In quest’anno, di Bonito Oliva, si ricorda la pubblicazione “L’ideologia del traditore”, saggio sul Manierismo (proposta imprevista perché è un critico che si occupa di vicende novecentesche e attualità). L’autore individua nell’artista manierista uno sradicamento e una lateralità antesignana a quella in cui si trova l’artista contemporaneo. Quest’ultimo, distaccato dalla realtà, impossibilitato a incidervi, trova sbocco nell’autosufficenza del linguaggio, il cui culmine è rappresentato dall’approccio concettuale. Questi temi erano già stati anticipati da Oliva nel 1972 alla conferenza “La citazione deviata”. Un altro episodio del 1976, sintomatico dei tempi che cambiano -> Sergentini con la galleria “L’Attico” a Roma, lascia lo spazio ex-garage. Lo fa con una mossa spettacolare, allagando pesantemente lo spazio: la galleria per qualche giorno si trova appiattita, allagata, che ne attesta la totale inagibilità -> luogo che non ha più ragione di esistere perché adatto alle esigenze di un azione ampia da parte degli artisti. Difatti iniziano a delinearsi nuove esigenze, di concentrazione in un’opera che può essere accolta nelle stanze di un appartamento storico, come quello che già Sergentini ha già a disposizione in via Paradiso. Un mostra esemplificativa del periodo è “Attualità internazionali 72-76” nell’ambito della Biennale di Venezia. Questa mostra nella sua eterogeneità suscita l’impressione di essere indefinibile che da segnali di una svolta a venire. Partecipanti: Opalka, Agnetti, Pistoletto, Trotta, Nagasawa, Marisa Merz, Mondino, Salvo… X. Forma tattile 1976 Mostra “Aptico. Il senso della scultura”, nel museo del paesaggio di Verbania. La mostra si fonda su un’invasione rispettosa e benefica, tesa a costruire un rapporto fecondo tra elementi di epoche diverse -> nelle sale convivono opere e arredi della collezione permanente e opere introdotte dagli artisti. Interessante è il libro tascabile che l’accompagna. A configurare la mostra sono De Sanna, Fabro, Nagasawa, Trotta -> individuano una sorta di genealogia della scultura non fondata su uno sviluppo lineare ma definita per salti generazionali e figure di riferimento di vari momenti storici. L’idea conduttrice è che la scultura si muove su se stessa con una coscienza storica che segue un doppio movimento, di progressione dell’origine e di ritorno all’origine nella dimensione verticale. Non c’è evoluzione in senso rettilineo orizzontale, ma in ascensione: “il passato non è dietro di noi ma sotto i nostri piedi”.  Figure storiche (non sono considerati antenati ma consanguinei del doppio movimento, fuori dal tempo) -> Canova, Bernini, Brancusi, Fontana, Manzoni  Figure del presente -> Paolini, Ongaro, Melotti, Tonello Interessante è la discussione avvenuta con De Sanna e Trini -> “Miracolo a Milano. Fabro, Nagasawa, Tonello, Trotta. I punti in comune”. Si percepisce come si sia costituita una situazione che pone al centro dell’arte questioni da tempo messa da parte, che sono state accantonate nelle azioni di rottura e espansione delle avanguardie. Entrano di nuovo in gioco la tradizione, la materia, le convenzioni, la sapienza artigiana, intesi come trasformazione e trasfigurazione della materia. | Si riprende un sentiero interrotto, prendendo la distanza dalle deviazioni e dalle proposte dell’avanguardia. Con “Aptico” ci si colloca fuori dalla riduzione linguistica e dalla logica dell’oggetto, senza temere di affermare una peculiarità, fondata sulla natura tattile della scultura. Punto in comune della discussione è l’ancoraggio a una cultura che ha come centro il Mediterraneo, mare intorno al quale vi sono luoghi di incontri e stratificazioni millenarie, in cui l’arte è pubblica e convissuta. La necessità e l’opportunità di fare i conti con tale patrimonio diventano un modo per affermare un’identità non riducibile all’idea di progresso, dalla spinta unidirezionale che è a fondamento dell’avanguardia. Si propone una gestione dell’opera che possa garantire un maggior controllo da parte dell’autore. Gli artisti considerati esprimono una posizione di difesa dei valori riposti nel passato e di messa in discussione dei rapporti di potere vigenti nel mondo dell’arte. Emerge anche il fatto che come artisti si può vivere il tempo presente sottraendosi alle suggestioni dell’attualità, a sollecitazioni esterne alle ragioni della propria ricerca -> non è necessario rispondere con puntualità a esigenze del momento. disegno. Questo articolo è accompagnato da un intervista a Maraniello, in cui afferma che non c’è un ritorno alla manualità ma si tratta di una situazione nuova. Sempre nel 1979, alla Galleria Civica di Modena -> mostra “L’estetico e il selvaggio” a cura di Cortenova. La mostra da l’idea della varietà di componenti che caratterizzano il momento: vi si trovano elementi relativi alla pittura in declinazioni disparate: - Gastini -> disseminazione di segni nello spazio - Chia -> pittura libera di impianto figurativo La scultura è presente in differenti articolazioni: - Maraniello -> in relazione al colore e allo spazio - Nagasawa -> in forme rapportate alla storia In quel periodo gradatamente emerge un interesse per la pittura, che fa pensare al quadro inteso come prodotto, oggetto di concentrazione e disponibile allo scambio economico. Ma la pittura dal 76 al 80 mantiene un forte rapporto con l’ambiente, è come se la dimensione ambientale ,che aveva caratterizzato il periodo precedente, venisse assorbita dalla pittura. | Un esempio è la mostra “Pittura- Ambiente” del 1979 a Palazzo reale di Milano, curata da Alinovi e Barilli in cui segno e colore comprendono lo spazio. Partecipanti: Bonalumi, Cox, Esposito, Gastini… È incentrata sull’esplosione del colore – luce nello spazio | Nel mondo dell’arte appaiono lavori in cui è presente la relazione figura e ambiente Es. Aldo Spoldi, Francesco Clemente. Relazione oggetto, colore, ambiente si può trovare in Calzolari, De Maria, Paladino. Alla fine degli anni 70 gli addetti ai lavori prendono atto del cambiamento. In questa fase emerge l’espressione “transavanguardia” coniata da Bonito Oliva. Il termine compare per la prima volta in un articolo su alcuni artisti come Chia, Paladino, Cucchi, De Maria… Contemporaneamente Oliva cura la mostra “Arte fatta ad arte” con Chia, Clemente, Cucchi, De Maria e Paladino -> sono i 5 artisti che a partire dal 1980 si identificano come Transavanguardia. Nel 1979 all’Aia nella galleria Nouvelles Images -> mostra “riferito a…”. Partecipanti: Abate, Mariani, Barni, Ontani. Sempre in quell’anno a Milano nello Studio Marconi, Flavio Caroli cura la mostra “Il nuovo contesto” di cui parla come ritorno allo specifico e nuovo individualismo. Una pittura differente da quella iconica di origine pop suggestionata dai mass media che dalla pittura aniconica a carattere analitico. Alla galleria Astra di Milano -> mostra “Labirinto” a cura di Oliva. Partecipanti: Chia, Clemente, Cucchi, Paladino. | Se la pittura non rinuncia a un estensione ambientale, a essa fa da controcanto la concentrazione nella pratica del disegno Esempio di mostra che è incentrata su questa tecnica è quella del 1980 a Bonn Tutto è partito dal disegno e dalla sua eliminazione. Se il disegno senza ossatura aveva aperto a tutto ciò che era avvenuto dopo -> dopo un centinaio di anni era emersa l’esigenza di una riconsiderazione. Non è possibile escludere il disegno che non è più solo preparatorio, progettuale ma è a tutti gli effetti forma dotata di autonomia. Il disegno alla pari della pittura non denota una regressione ma entrambi rispondono a una necessità prima repressa o rimossa. Entrambi concorrono alla localizzazione di una condizione interiorizzata (richiamando Ammann). 1980 alla galleria “la Tartaruga” di De Martiis -> mostra “Una mostra di sei pittori” (Abate, Di Stasio, Marrone, Panarello, Pizzicannella, Piruca) -> Calvesi adotta il concentro di anacronismo. 1980 alla Loggetta Lombardesca a Ravenna -> mostra “Italiana: Nuova immagine” curata da Oliva che si sofferma sul senso dell’immagine convergendo su un punto: il passaggio in arte da uno stato precedente di presentazione dei materiali concreti ed energetici a uno stato in cui si mette in atto la rappresentazione. 1980 alla galleria d’arte moderna di Bologna -> mostra “Dieci anni dopo. I nuovi nuovi” curata da Barilli con contributi di Alinovi e Daolio. Il titolo si riferisce alla mostra “Gennaio 70” che riuniva esperienze legate al poverismo, alla concettualità e al comportamento confluenti alle opportunità date dal video. “i nuovi nuovi” sono gli artisti in cui la componente emotiva rientra in gioco avvalendosi del colore e dell’immagine. Due numeri del mensile Bolaffiarte del 1980 dedicano uno spazio a due voci che stanno cantando le lodi degli artisti di nuova generazione -> Barilli e Oliva -> Barilli “La mamma mi ha regalato una scatola di colori” incentrato sui nuovi-nuovi, intesi come paradigmatici di una situazione diffusa che comprende molti artisti, inclusi esponenti della Transavanguardia. Con Alinovi e Daolio stilano schede relative ad artisti del panorama recente. -> Oliva “Europa: fine della sbornia ideologica” e “America: fine dell’arte puritana” in cui scrive sull’arte affacciatasi agli anni 80, sul dipingere, su similitudini tra vecchio e nuovo continente 1980 -> mostra “Egonavigatio” a Mannheim alla Kunstverein. Partecipanti: Chia, Clemente, De Maria, Paladino. 1980 -> mostra “Nuova immagine. Una generazione (e mezzo) di giovani artisti internazionali” alla Triennale di Milano curata da Caroli. Mostra a campo largo, non impostata solo sulla manualità. Partecipanti: Spoldi, Galliani, Longobardi, Bartolini, Manai, Longo, Schnabel, Cragg… 1980 -> mostra su 7 artisti italiani Chia, Clemente, Cucchi, De Maria, Ontani, Paladino, Tatafiore alla Kunsthalle di Basilea, curata da Ammann. 1980 -> mostra “The Italian Wave” curata da Alinovi alla galleria Holly Solomon di New York Partecipanti: Bartolini, Benuzzi, Esposito, Jori, Ontani, Salvo, Spoldi, Zucchini Nel 1980 all’interno della Biennale di Venezia c’è la “Aperto 80” curata da Oliva e Szeemann 1980 aprono 2 mostre contemporaneamente: -> “Genius Loci” al Palazzo di Città di Acireale curata da Oliva, una rassegna in cui a fare da fondamento è un’arte dove la forma fa emergere la relazione con creatività e saperi locali, dopo il dominio dell’internazionalismo dei linguaggi dell’avanguardia. Partecipanti: le tre c dell’avanguardia Chia, Clemente, Cucchi e altri -> “Magico primario” al Palazzo dei Diamanti di Ferrara curata da Caroli, magia e primarietà si riferiscono a elementi di base presenti nell’umanità, che riaffiorano nel nuovo contesto e si impongono al posto dell’eccesso di razionalità. Partecipanti: Spoldi e Notargiacomo (in cui l’elemento di fondo è quello sognante del gioco, infanzia, fantasia che irrompe nel quotidiano), Galliani, Bartolini. 1971-> personale di Notargiacomo alla galleria la Tartaruga di Roma ->invasione di serie di omini di plastilina che pullulavano nello spazio. Per Spoldi invece il gioco è una costante | La successione di eventi tra il 79 e l’80 conferma l’impressione di Ammann sull’arte italiana nell’articolo di Domus. Una situazione che è da esempio per altri paesi europei. È un dare il la ai giovani artisti in particolare. Nel passaggio tra 70 e 80 emerge una situazione giovanile tedesca che guarda più che all’interno all’esterno del Paese -> Maenz coglie il fenomeno e presenta nel 1980 nella sua galleria una mostra dove la pittura praticata dai giovani artisti poco conosciuti trionfa in un’accezione che solo una semplificazione permette di chiamare neo-espressionista. Lavorano sull’immagine in cui la manualità accompagnata all’eclettismo è misurata da un approccio concettuale. Partecipanti: Dahn, Kever, Bommels. | In apertura agli anni 80, sono presenti dei focolai pittorici autoctoni in vari paesi europei. Es. Figuration libre in Francia (maestro fluxus -> Vautier) Per gli artisti italiani, della Transavanguardia in particolare, è un periodo in cui l’interesse e i riconoscimenti sono grandi, anche negli stati uniti -> vengono inseriti anche in grandi collettive. La condizione statunitense dell’arte presenta delle precocità che contribuiscono a una complessità che pone agli antipodi di univocità e visioni omogenee -> da tempo si muovevano verso l’abbandono di impianti razionali troppo forti a vantaggio di un uso libero e sensuale del colore. Lo si era visto in mostre in cui gli artisti adottavano l’elemento decorativo non curanti di possibili considerazioni riduttive. 1978 -> nella pluralità estrema della cultura di New York ci sono 2 proposte incentrate su una pittura di immagini: - “New Image Painting” al Whitney - “Bad Painting” al New Museum -> vengono messe in luce il senso di una tendenza emergente, in cui la protagonista è una libertà pittorica con la quale non si teme la deformazione della figura. Nel 1981 in Italia la fase di emersione di fenomeni artistici a carattere pittorico è conclusa, e vi è una recettività ampia verso ulteriori proposte. L’attenzione degli addetti ai lavori si estende fino a rilevare delle peculirarità. Al di la della manualità emergono individualità in cui il lavoro assume articolazioni ben differenti tra loro, a volte concentrate in situazioni, in affinità poetiche e temporanee convergenze formali. | In tale quadro va presa in considerazione la comunità creativa del quartiere popolare di San Lorenzo a Roma, si dagli anni 70 -> ha visto convergere artisti come Nunzio, Bianchi, Dessì, Coccobelli, Gallo, Pizzicannella, Tirelli. Qui l’immagine è poco legata alla figura e a cromatismi vivaci. Mariani -> frequenta invece molto l’immagine come figura e memoria divisa tra evidenza pittorica e investigazione sulla rappresentazione. In analogia con il suo lavoro si muove una parte di coloro che componevano la mostra di 6 pittori alla galleria La Tartaruga di Roma Mussa -> per questo tipo di proposte artistiche usa il termine pittura colta Bartolini -> rappresenta un caso particolare di pratica riflessiva sul genere tradizionale del paesaggio concertandosi sullo strumento di base del fare pittura -> dipinge un paesaggio sulle setole di un pennello 1984 -> Calvesi dirige la Biennale di Venezia “Arte allo specchio” dove mette in mostra un arte fatta guardando la tradizione, con una ricognizione che presenta aspetti storici ed evidenze dell’attualità XIII. Da Parco Lambro a Castelporziano Nel 1976 gli Area concludono l’ultima edizione del Festival del proletariato giovanile a Parco Lambro di Milano, organizzato da Re Nudo (rivista) -> costituiscono il tentativo più rilevante di un raccordo tra cultura underground e nuova sinistra. Il gruppo Area mettono in atto un esperimento intitolato Caos. Questo gruppo rappresenta un caso unico ed è una combinazione di elementi piuttosto ricca, a cui si aggiungono input che vengono dalle arti visive. Questo accade grazie a Sassi, un membro del gruppo, che è colui che spalanca le porte del mondo che comprende lo spirito dell’happening, le esperienze fluxus. Gli Area realizzano l’incontro tra due mondi -> quello della ricerca sperimentale e quello della partecipazione popolare. Sono i fautori di un arte formalmente autonoma. Sono voce del Movimento e rimangono irriducibili a qualsiasi categoria. Il concerto di quella sera fu l’apice di una festa burrascosa, condizionata da episodi negativi. Questa manifestazione rappresenta a pieno l’idea di un mutamento del clima: al di là della rivendicazione degli spazi per fisionomie di gruppo che l’organizzazione non aveva previsto, per le femministe, per gli omosessuali, ciò che prevale è una rabbia senza controllo, un insieme di disagi individuali confluenti in azioni collettive improvvise e non orientate -> soprannominata anche Woodstock italiana ma rispetto a quella anglosassone vi è una mancata politicizzazione, che a un certo punto giunge al collasso. Non è più possibile realizzare un’utopia di pochi giorni in cui la musica fa da aggregante di situazioni e incontri liberatori. Molto è cambiato e tutto diventa poco comprensibile. Inoltre vi è un segnale inquietante -> vi è un sottrarsi dalle relazioni dovuto all’entrata in gioco dell’eroina, che chiude la persona in un esperienza psichica riguardante solo se stessi. 1976 anno significativo non solo per l’arte | Televisione -> ente formativo Per un lungo periodo ci fu un unico canale, per poche ore al giorno in bianco e nero. La situazione cambia nei primi anni 70, quando incominciano a operare emittenti al di fuori. 1975 nonostante una riforma della RAI, che serve ad assicurare una specie di pluralità interna al sistema dei partiti, la situazione per la libera iniziativa privata rimane vagamente aperta e ambigua. 1976 una sentenza della Corte Costituzionale riconosce a operatori privati la possibilità di trasmissioni radiofoniche e televisive. | Le iniziative così si moltiplicano a dismisura -> si passa da un monopolio a una moltiplicazione di iniziative, all’interno del quale si inserisce il fenomeno nelle radio libere. Si possono mettere in piedi emittenti radiofoniche e televisive che grazie a proventi pubblicitari hanno la possibilità di reggere strutture agili che producono informazione e intrattenimento. Chi fa parte del mondo giovanile si pone l’obiettivo di produrre una comunicazione alternativa ai canali istituzionali Es. Radio Città Futura a Roma, Radio Alice a Bologna, Radio Popolare a Milano. -> il vantaggio della radio, rispetto alla carta stampata, è la possibilità di essere veloce nella produzione di contenuti, immediata e diretta nell’esprimere opinioni | In generale cambiano i modi della comunicazione radiofonica, che passano dalla rigidità della radio di stato a un approccio informale Ciò che stava accadendo nella società -> determina cambiamenti anche dentro la televisione 1976 la televisione ha due reti con il proprio telegiornale. Sulla seconda rete c’è studio aperto in cui nella seconda parte della trasmissione gli spettatori possono chiamare per porre domande. 1976 -> anno di svolta per la televisione nazionale - Nasce “Ring” -> programma in cui personaggi si contrappongono vivacemente sui temi di attualità - Nasce “L’altra domenica” -> condotta da Arbore. Trasmissione che si presenta come improvvisata, ironica, divertente ma mai volgare - “Bontà loro” -> viene introdotto il talk show televisivo in Italia condotto da Costanzo, in cui fa confrontare politici, sportivi, personaggi di vari campi. Discussioni che riguardano temi vari - “Onda libera” -> protagonista Benigni 1977 - “Portobello” -> è fatta in rapporto con i telespettatori che intervengono in diretta, dove si mettono all’asta prodotti particolari e si presentano curiose invenzioni - “Discoring” -> programma musicale 1981 - “Mister Fantasy” -> programma musicale. Nello spazio-tempo di questa trasmissione si condensa il mondo di MTV, che sta nascendo negli stati uniti come canale tematico televisivo costituito dalla messa in onda di video musicali -> il video clip è un processo iniziato degli anni 70 | L’innovazione di una forma di intrattenimento televisivo, fatta di comicità e musica, è attuata prevalentemente da professionisti che vengono dalla radio Nel 1977 inizia la televisione a colori e nasce il telecomando. Anno in cui finisce “Carosello”, intermezzo pubblicitario tra il telegiornale e l’inizio dei programmi pubblicitari. XVI. Carla e Francesca Carla Lonzi -> presenza singolare all’interno della cultura del Dopoguerra. Personaggio decisivo per lo svecchiamento della mentalità di coloro che scrivono di arte. 1963 -> la vede partecipe di una polemica con Argan, ritenuto colpevole di aver sostenuto la priorità delle poetiche di gruppo rispetto alle ricerche individuali. Lonzi in un articolo su “Avanti!” dal titolo “Solitudine del critico” fa intendere, che nonostante la sua età, non ha timore di mettere in discussione un autorità in materia come Argan. 1970 -> avversione all’autorità del potere maschile in ottica femminista | Con lei si profila una diversità nel rapporto fra chi scrive di arte e chi la pratica: un rapporto non più fondato sul distacco. Per Lonzi l’atto critico si basa sulla condivisione di un’esperienza autentica con l’artista, nell’assunzione di una totalità. Lonzi è l’apripista rispetto al rinnovamento che investe l’organizzazione, le relazioni e le modalità dell’arte nella seconda metà degli anni 70 -> un atteggiamento non accademico e non distaccato rispetto all’agire artistico. “Autoritratto” è l’esempio decisivo di una scrittura dentro l’arte, che si costituisce di frammenti di riflessione e confronto dell’artista sul proprio lavoro e si compone in un unicum fissato da Lonzi dal 65 al 69. Dopo “Autoritratto”, l’azione nel mondo dell’arte da parte della Lonzi si interrompe, per dedicarsi completamente alla teoria e alla militanza femministe. Questo passaggio risulta compiuto nel 1970, quando a Roma compare il Manifesto di Rivolta Femminile, scritto da lei, da Accardi (presente in Autoritratto) e da Banotti. Se si esclude il suo intervento nella sezione dedicata a Fabro nel catalogo di “Amore Mio”, la transizione dall’arte al femminismo è stata breve e di taglio netto. 1982 -> morte Carla Lonzi 1983 -> morte Francesca Alinovi (vittima di un delitto -> riceve grande attenzione mediatica) Francesca Alinovi -> altra figura rilevante per l’arte italiana. È la prima persona in Europa a fare report appassionati e puntuali sui protagonisti del graffitismo che facevano ingresso nelle gallerie d’arte es. Kieth Haring. Lonzi e Alinovi hanno diverse formazioni ma entrambe caratterizzate dalla storia dell’arte, con conseguenti sviluppi di identità particolari, legate a caratteri speciali. Entrambe vantano di una buona scrittura non accademica. Sono dirette e esplicite. Le accomuna un elemento di fondo -> in entrambe non è determinante l’affermazione del pensiero e dell’azione della persona in quanto soggetto. L’io non si fa mai da parte e costituisce il modo per avvicinarsi alla realtà- Lonzi -> determinata, con auto-identificazione, stabilisce un confronto tu per tu: “Autoritratto”, “Taci, anzi parla”, “Vai pure”, “Armande sono io!”. Alinovi -> il forte coinvolgimento in prima persona è ricorrente: “L’arte mia”, “Quel che piace a me”. Differenza tra le due -> presenza della componente politica femminista della Lonzi Alinovi è decisamente post-ideologica, forse femminista ma senza doverlo rivendicare - Lonzi -> ha una soggettività critica esasperata, non da tregua. Dal 1970 il dominio della concezione maschile e patriarcale viene incessantemente individuato in tutto e per questo sempre decisamente avversato. La sua sensibilità si presenta come monocorde. Impossibilità di convivere con le differenze, tollerare, giungere a compromessi. - Alinovi -> la sua sensibilità si presenta come polifonica. Il suo atteggiamento è morbido, aperto, come dal resto il rapporto fra arti e i saperi. Ha un rapporto sereno con le autorità, non ha bisogno di mettere in discussione autorevolezze consolidate e interagisce senza problemi con una figura di riferimento come Barilli. Se si considera la sua propensione agli sconfinamenti si ravvisa qualche similitudine con Celant. Entrambi riservano una grande attenzione all’arte e alla cultura nord-americana. In comune con Celant c’è anche l’individuazione di uno snodo nell’opera di Piero Manzoni, riguardo a ciò che in arte è venuto dopo. È una protagonista del cambiamento del paradigma nel passaggio degli anni 80 XVII. Rapporto di navigazione L’opera è incrocio di saperi confluenti in una soluzione che è attribuita agli artisti. Essa li scavalca e li supera con la propria potenza. L’opera entra in un patrimonio comune, esiste grazie a una comunità fatta di individui che la riconoscono e l’alimentano. Intorno alle opere ruota un mondo, un ecosistema speciale. La storiografia concentrata sugli anni 70 ha evidenziato la relazione fra arte e società, arte e politica, il cosiddetto impegno degli operatori nel mondo dell’arte, che rivedevano i ruoli, uscivano dagli ambiti professionali per portare l’arte a un pubblico indifferenziato. Una parte degli artisti, una minoranza, non curante di una mentalità diffusa, ha provato sin da allora a tenere ben distinte le peculiarità dei linguaggi artistici rispetto a ciò che riguarda la politica e la società -> si sono concentrati sulle necessità interne della ricerca artistica, che sul finire del decennio, trovando progressivamente spazio, hanno incominciato ad avere ascolto e intendimento. La situazione è esplosa all’inizio degli anni 80, dopodiché è prevalsa una semplificazione in riferimento alle correnti artistiche. Tutto si è ridotto a una contrapposizione sterile e superficiale tra Arte Povera e Transavanguardia. Ma il decennio dei 70 ha una sua complessità. Nel corso dei 70 si palesa l’esigenza di non proseguire a trascurare la storia dell’arte, nella componente iconografica ma anche nelle tecniche tradizionali. Sono elementi con i quali ci si rapporta. A farsi avanti è un’intenzione formale, un’esigenza di composizione di elementi visivi, in cui emerge un rapporto diretto tra pensiero e forma, con l’incidenza del disegno e del colore nella pittura. Il disegno, il colore, aspetti figurali e pezzi di realtà concreta possono trovarsi uniti o disgiunti, in un insieme ibrido eppure coerente. Nella seconda metà dei 70 affiora l’esigenza di un raccordo con la storia in differenti generazioni, in più di una situazione e in artisti completamente diversi tra loro. Il raccordo con il passato è il dato storicamente più rilevante. Succede che i riflettori si concentrano su quelli che appaiono nuovi protagonisti dell’arte, che offuscano coloro che sono stati i protagonisti della stagione precedente. Le gallerie, dopo anni di sofferenza, trovano un’agevolazione dello scambio economico -> è un periodo in cui, in una concorrenza che è anche generazionale, una parte degli artisti e degli operatori beneficia della situazione, un’altra no e ne è angosciata perché la vive come uno smacco. Tra le semplificazioni, a volte inevitabili, ricorre quella del ritorno alla pittura che identificherebbe gli anni 80. La pittura non se ne è mai andata. Bisogna fare i conti con quanto propongono gli strumenti di comunicazione nel mondo dell’arte. La sensibilità degli artisti e la loro forza di visioni fuori schema può condurli a posizioni eterodosse. Queste si possono esprimere prima in sordina, rimanendo inascoltate e incomprese, poi crescere di interesse fino a esplodere. È ciò che è accaduto per quanto riguarda il venir meno del peso dell’ideologia nell’arte, insieme al recupero delle tradizioni.
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