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RIASSUNTO LIBRO "IL LAVORO DA REMOTO ASPETTI GIURIDICI E SOCIOLOGICI Peruzzi, Sacchetto, Sintesi del corso di Diritto del Lavoro

RIASSUNTO LIBRO "IL LAVORO DA REMOTO ASPETTI GIURIDICI E SOCIOLOGICI degli autori Peruzzi e Sacchetto. Edizione 2021 usata anche per esame di sociologia del lavoro

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 29/06/2023

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Scarica RIASSUNTO LIBRO "IL LAVORO DA REMOTO ASPETTI GIURIDICI E SOCIOLOGICI Peruzzi, Sacchetto e più Sintesi del corso in PDF di Diritto del Lavoro solo su Docsity! (SOCIOLOGIA) “IL LAVORO DA REMOTO, ASPETTI GIURIDICI E SOCIOLOGICI” ✓ 1. TECNOLOGIE AL LAVORO NEI PROCESSI PRODUTTIVI E RIPRODUTTIVI Con questa prima specificazione si vede come la forza lavoro è sempre più ridotta una sequenza di numeri, ma essa rimane elemento centrale nei processi lavorativi. Dell'informazione della comunicazione hanno modificato profondamente molti posti di lavoro nei settori più diversi: nel corso dell'ultimo biennio la pandemia COVID-19 ha evidenziato come queste trasformazioni possono essere molto più articolata di quanto sperimentato, l'impatto del coronavirus sulla vita lavorativa è stato enorme, ed ha determinato enormi cambiamenti. L'applicazione massiva del lavoro da remoto assoluto un contesto privilegiato per osservare empiricamente le conseguenze di questi cambiamenti: la divisione tra lavoratori che erano considerati essenziali e che dovevano quindi operare in presenza rispetto a coloro che invece potevano lavorare da casa. Come emerso durante la pandemia è una parte consistente di lavoratori lavoro da remoto e tecnologicamente possibile, sebbene la comunicazione in presenza sembra rimane una forma di cooperazione vitale per gestire il lavoro in modo efficiente. Mentre a lungo lavoro da remoto è stato osteggiato e svolto da un esiguo numero di professionisti, con l'avvento della pandemia COVID-19 la concezione di quest'ultimo è cambiata radicalmente, è diventato invece centrale per sostenere i processi produttivi a livello internazionale che senza di esso si sarebbero bloccati. Le tensioni tra il lavoro in presenza e a distanza evidenziano come l'applicazione delle tecnologie non solo sia legata a elementi quali la cooperazione, il controllo e l'autonomia, ma si estende anche in modi importanti ai tempi e allora lizzazione della vita quotidiana: la questione del lavoro in presenza non si limita solo alle relazioni lavorative ma ad interessi diversi. La rottura del normale corso dei processi produttivi permette quindi di riflettere su alcuni aspetti del lavoro e della cosiddetta "questione tecnologica”. Lavoratore fantasma Il fantasma si è sviluppato soprattutto negli ultimi decenni dove il lavoro costituito mediante dipendenti fisici è stato fuso con il lavoro svolto mediante le nove tipologie: si definisce di fatto lavoratore fantasma colui che secondo i nuovi canoni lavorativi è progressivamente eliminato dalla vista del consumatore ma che in realtà costituisce l'organigramma su cui si basano molte applicazioni tecnologiche nell'ambito lavorativo L'avanzamento continuo delle tecnologie ha prodotto un ampio dibattito sulle applicazioni che si hanno nei processi normativi: si tratta di una discussione che non è certo nuova poiché l'applicazione di tecnologie i processi produttivi stessi modifiche in modo esteso i rapporti sociali nelle diverse società, a partire in particolare modo dai primi decenni dell’800 con la rivoluzione industriale. Il luddismo è stato un movimento di protesta operaia, sviluppatosi all'inizio del XIX secolo in Inghilterra, caratterizzato dal sabotaggio della produzione industriale. Macchinari come il telaio meccanico, introdotti durante la rivoluzione industriale, erano infatti considerati una minaccia dai lavoratori salariati, perché causa dei bassi stipendi e della disoccupazione. La distruzione di macchine industriali come segno di protesta avvenne già alla fine del XVIII secolo, ma solo sotto l'influenza della Francia e dei giacobini inglesi la protesta prese i caratteri di un movimento insurrezionale. Oggi con il termine luddismo si indicano tutte le forme di lotta violenta contro l'introduzione di nuove macchine e, per estensione e con intento denigratorio, ogni resistenza operaia al mutamento tecnologico. I luddisti in realtà non erano contrari alle macchine o alla tecnologia in quanto tali, piuttosto si opponeva i cambiamenti dei rapporti sociali che le innovazioni tecnologiche portavano. L'innovazione tecnologica integra continuamente nuovi aspetti connessi al processo lavorativo contribuendo a modificare le relazioni interne al processo di lavoro e meccanizzando conoscenze e saperi del lavoro vivo: si tratta di una industrializzazione delle informazioni. Nel dibattito pubblico l'impatto dell'innovazione tecnologica e sui posti di lavoro non ha mancato di sollevare scenari apocalittici: in realtà, gli studi sull'impatto delle innovazioni tecnologiche restituiscono un quadro molto più complesso e articolato che solo raramente arriva ad un grande pubblico di solito distratto. Mentre alcuni ricercatori pongono l'attenzione sui risvolti positivi o negativi nell'applicazione delle tecnologie nei processi lavorativi, altri hanno sottolineato il loro effetto di sostituzione della forza lavoro o di miglioramento delle condizioni lavorative. Grazie agli studi di Frey e Osborne (USA) si è vince che, come primo aspetto, l'effetto di trasformazione e sostituzione delle tecnologie sulle mansioni e di fatto parziale almeno nel breve nel medio periodo: le mansioni che lavoratori svolgono sono infatti solitamente composte da più compiti alcuni dei quali possono effettivamente essere sostituiti da nuove tecnologie, mentre altri possono essere trasformati e lasciati intatti. Le ricerche sui processi di automazione hanno messo in luce come la robotizzazione e la sostituzione della forza lavoro con macchinari riguarda prevalentemente le mansioni più standardizzate. Minore attenzione, invece, è stato posto sui modi in cui le innovazioni tecnologiche possono migliorare i livelli salariali grazie a nuove professioni. Contemporaneamente, il lavoro da remoto svolto dalla propria abitazione implica un confronto sporadico con i propri colleghi di lavoro, e le pause dal lavoro stesso sono caratterizzate non più dalla società con i colleghi ma da una costante relazione con i familiari. Se posi lavoro posso originare un certo stress nei confronti del lavoratore l'abitazione può determinare nei confronti del lavoratore da remoto la percezione di un senso di isolamento e di erosione dei rapporti sociali. Il lavoro da remoto modifica il rapporto tra i tempi dedicati al lavoro retribuito e i tempi dedicati al lavoro domestico che inevitabilmente si sovrappongono: la pandemia ha accentuato alcune tendenze che molte persone già precedentemente operarono a casa fuori dall'ora di lavoro, magari controllando, per esempio e-mail alla sera. In una prima interpretazione si può sostenere che il lavoro da remoto favorisca la conciliazione agevolando l'equilibrio tra i generi nella distribuzione del lavoro domestico; in una seconda interpretazione, invece, si sottolinea come il lavoro da remoto rafforza le disuguaglianze di genere favorendo un maggiore carico di lavoro domestico per le donne influenzando la realtà privata della coppia. Se l'abitazione per definizione è considerata come un posto protetto, il lavoro da remoto può ridurre lo spazio della socialità casuale dell'incontro aspettato, favorendo stress. IN CONCLUSIONE: Le innovazioni tecnologiche stanno trasformando sia le strutture produttive sia le mansioni: da un lato esse permettono di svolgere molte attività in diversi luoghi separati, dall'altro semplificano e standardizzano le prestazioni lavorative. La trasformazione delle mansioni dal punto di vista sia tecnico sia relazionale finisce sovente per invadere i tempi della riproduzione sociale: la sovrapposizione tra produzione e riproduzione e talvolta scarsamente percepita dal soggetto che fornisce priorità ad aspetti come la prontezza e l'efficienza relative alla realtà lavorativa. Il lavoro da remoto a infatti zar è il processo di stretta interconnessione tra presenza e distanza fisica su cui si basano le relazioni sociali e lavorative quotidiane ✓ 2. LAVORO AGILE: FLESSIBILITÀ TEMPORALE, (DIS)CONNESSIONE, CONTROLLO. UNA RIFLESSIONE GIUSLAVORISTA Se l'algoritmo conferisce l'anima software e ne consente il funzionamento, più in generale le tecnologie della comunicazione dell'informazione, il sistema digitale a cui accede e che regola può essere incorporato in un dispositivo smartphone, tablet, computer; incarnato, quindi, in entità robotiche. Categoria associata ai più avanzati i processi di digitalizzazione è quella della intelligenza artificiale, comprensiva non soltanto delle tecniche più tipicamente evocate come il machine Learning o il deep Learning, ma anche di approcci basati sulla logica o sul ragionamento meccanico. Il processo di digitalizzazione si presenta come un processo multiforme, complesso, caratterizzato da una moltitudine di variabili. L'esecuzione degli algoritmi avanzati di machine Learning retribuisce un problematico dato di opacità, connesso la difficoltà di ricostruire, conoscere e Digitalizzazione Nel contesto dell'organizzazione del lavoro, la digitalizzazione consiste nella conversione di parti del processo produttivo fisico in informazioni digitali attraverso utilizzo di sensori e dispositivi. Il sistema digitale opera eseguendo algoritmi e quindi una codificazione delle sequenze di passaggi necessari per realizzare un termi to compito. ALGORITMI DETERMINISTICI Si presentano come una successione di informazioni di istruzioni che a parità di dati di ingresso produce un solo e unico output, guidano il sistema su ragionamento meccanico seguendo un approccio basato sulla logica ALGORITMI DI APPRENDIMENTO AUTOMATICO Permettono di avviare sviluppare un processo che muove dalla ricerca, all'interno di un enorme serbatoio di dati forniti, di una regolarità statistica, una correlazione, ossia dei pattern, dei modelli di ricerca, che consentono di estrarre come informazione predittiva la soluzione statisticamente più efficace per il risultato che si intende conseguire; il sistema progredisce generando un ciclo continuo di nuovi modelli sulla base di dati feedback così da adeguare E perfezionare in modo autonomo le proprie azioni. interpretare le associazioni e i collegamenti probabilistici che si sono creati nelle reti neurali e che stanno alla base della decisioni a cui è pervenuto il sistema. A diventare il centrale è un problema di trasparenza, comprensibilità e traccia abilità del processo a cui si collega anche la questione dei possibili Bias, ossia la tendenza a deviare dal valore medio. Nel contesto digitalizzato, ogni singola interazione dell'operatore con la macchina e registrabile potenzialmente visualizzabile dal datore di lavoro, a cui è quindi consegnata la possibilità di un controllo ancor più serrato e pervasivo: l'evoluzione tecnologica e la digitalizzazione della realtà lavorativa inchiodano ancora di più il lavoratore a tempi luoghi predeterminati e a direttive specifiche e serate. Il tema del potere di controllo dialoga con altra questione trasversale, quella della prevenzione dei rischi psico-sociali, innescati e veicolati dall'utilizzo dello strumento digitale: l'intensificazione dell'attività all'interno dei processi automatizzati può implicare un conflitto tra richieste/ vincoli imposti e risorse a disposizione, alta concentrazione, mancanza di feedback, rischi collegati al quantitativo di lavoro e al suo ritmo soprattutto in casi in cui la tecnologia consente una supervisione pervasiva e costante. Quanto appena detto si può definire come “overworking”. ≠ La tecnologia del lavoro agile, dello smartworking consente di svolgere le prestazioni a distanza, da un lato consegna al lavoratore elementi di flessibilità che possono incontrare le sue esigenze di conciliazione ma allo stesso tempo mette nelle mani del datore un canale potenziato di possibile controllo. La flessibilità spazio-temporale può operare tanto a vantaggio quanto a detrimento del lavoratore e lo strumento digitale può sia comportare una supervisione pervasiva e serrata a danno non soltanto della riservatezza ma anche della salute del lavoratore, sia veicolare la stessa tutela e prevenzione del rischio. Overworking espressione usata per definire la causa del lavoro troppo duro, troppo o troppo lungo. Può anche essere correlato all'atto di lavorare oltre le proprie forze o capacità, causando disagio fisico e/o mentale nel processo. Smartworking (lavoro agile) Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività. IN CONCLUSIONE: Anzitutto si deve distinguere la questione del tempo della prestazione da quella del tempo della connessione, temi inevitabilmente Inter correlati. - La prima categoria misura anche del corretto adempimento della prestazione e base di calcolo per il trattamento economico, è qualificato dalla ricorrenza delle condizioni qualificanti un determinato periodo come tempo di lavoro. - La seconda categoria dal punto di vista cronologico si colloca come un sottoinsieme della prima, può anch'essa rilevare come misura di diligenza inadempimento, ma più stretti da mente si lega al tema della tutela della salute, aggancia la questione delle interruzioni dell’addozione i video terminali, mediante cambiamento di attività che sono da considerarsi a tutti gli effetti parte integrante dei luoghi di lavoro. Nei contesti di lavoro agile progettato senza precisi vincoli di orario, si può ragionare della possibilità di considerare il processo di mappatura e monitoraggio dei carichi di lavoro non solo come misura prevenzioni stica ai fini del corretto adempimento dell'obbligo di valutazione e gestione dei rischi psico-sociali, ma anche come sistema di misurazione del tempo di lavoro in grado di permettere ai lavoratori e alle loro rappresentanze di far rispettare i limiti di durata massima della giornata e settimana lavorativa. Pare infatti preferibile che il carattere di oggettività indicato dalla corte di giustizia sia collocato sulla linea semantica delle ulteriori condizioni di accessibilità e affidabilità, quale misura di attuazione e rafforzamento del principio di accountability (ci si riferisce al processo con cui si è chiamati a rendere conto delle conseguenze delle proprie azioni.). ✓ 3. DIGITALIZZAZIONE E BENESSERE DELLE PERSONE: CONCILIAZIONE E DISCONNESSIONE; LA PROSPETTIVA DELLE ISTITUZIONE UE. Da analisi conseguita dopo i capitoli precedentemente analizzati si evincono due conquiste dei lavoratori: il diritto alla disconnessione temporale e la possibilità per chi lavora di conciliare vita professionale con vita familiare, garantendo il benessere delle persone. Benessere, disconnessione e conciliazione comporta occuparsi della digitalizzazione intesi in senso ampio, comprensivo delle innovazioni tecnologiche. Concezione naturale suggestiva ed evocativa che ci spinge a entrare nella dimensione dell'armonia e del benessere. In realtà presuppone di affrontare percorsi di discontinuità tuttora ampiamente in attuati o confinati in ambiti specifici destinati in larga parte alla maternità e alla disabilità. Detto in poche parole, l'obiettivo della competitività e quello della conciliazione tra tempi di vita di lavoro produce un inevitabile binomio anomalo. Non vi è dubbio, quindi, che il risultato voluto e ottimale sia quello di vedere i due elementi congiungersi e portare i miglioramenti e la produttività grazie al benessere sul lavoro di chi ha pacificato la dimensione personale nella vita e nel lavoro. Ma di chi conciliazione stiamo parlando? La formula adottata attualmente a livello di istituzioni Ue è work life balance Questa declinazione mascherare il vero scopo del bilanciamento che non è solo tra vita e lavoro, ma tra lavoro professionale lavoro di cura; se guardiamo poi la terminologia utilizzata in Italia riguardante il lavoro agile, troviamo l'aggiunta della dimensione temporale: tempi di vita e di lavoro, forme utilizzata per non far straripare nel privato il rapporto lavorativo. Possiamo arrivare a ritenere che si utilizzano nozioni di conciliazione per fenomeni e per esigenze diverse: già non abbiamo ancora superato del tutto il binomio lavoro-non lavoro e non siamo entrati in una prospettiva che finisce per replicarlo, Anna quando il lavoro di cura nei tempi della vita non assorbiti dei tempi lavoro, che non può che essere il lavoro professionale o, con altra denominazione, per il mercato. Ritenere che si dovrebbe superare l'idea di conciliazione e parlare con maggiore determinazione di condivisione e di redistribuzione dei ruoli, occorre costruire politiche forti che sappiano mettere al centro una diversa attenzione ai tempi e alle esigenze delle persone nella consapevolezza che questo arriva a toccare anche il difficile bilanciamento tra collettivo individuale. La formula sintetica vita-lavoro finisce alla fine per apprezzarsi grazie la sintesi efficace e all'applicabilità diretta a tutte le persone, uomini e donne che siano. Work Life balance il buon equilibrio tra vita privata e lavoro, si conferma uno dei fattori maggiormente ricercati dai lavoratori italiani nella scelta di un'azienda. C'è solo da sperare che nel frattempo aumenti la consapevolezza che questi temi presuppongono la redistribuzione dei ruoli, in una società che continua a ritenere affidato alle donne il lavoro di cura dei nuclei familiari. Se mettiamo a confronto i contenuti delle relazioni annuali sulla parità di genere, possiamo verificare che quella per l'anno 2008 richiamava i principi comuni di flexicurity. Specificare che le relazioni degli ultimi anni non richiamano più a questo modello, che possiamo considerare superato. Nei documenti più recenti la flexicurity sembra non essere più richiamata e le preoccupazioni dell'istituzione delle europea si spostano sull'obiettivo di garantire una protezione adeguata una platea più ampia di lavoratrici cui applicare gli standard fondamentali in materia di lavoro. Illuminante la raccomandazione dell'8 novembre 2019 sull'accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati autonomi, che sembra finalmente dichiarare espressamente che "l'occupazione sarà sempre più differenziata e le carriere sempre meno lineare". Esigenze moltiplicate, occupazione differenziata, carriere non lineari: è questo il quadro che abbiamo di fronte, che richiede interventi plurali. "Sono state individuate due categorie di problemi: in primo luogo, le differenze esistenti a livello normativo tra lavoratori tipici e atipici o autonomi potrebbero penalizzare in modo non necessario uno di tali gruppi; in secondo luogo, l'applicazione delle stesse euro a tutti i gruppi potrebbe determinare risultati sfavorevoli per i lavoratori atipici e potrebbe risultare inadeguata alla situazione dei lavoratori autonomi.in entrambi i casi può esservi un margine per un miglior adeguamento delle norme alla specifica situazione di ciascun gruppo, pur mantenendo il principio generale dell'universalità”. In sintesi: estendere l'impianto del lavoro subordinato tipico è insufficiente, piuttosto occorrerebbe tenere conto delle specifiche esigenze con interventi volti alla costruzione di un diverso sistema di Welfare nell'intero suo assetto. Di fronte a questo panorama, appare evidente la necessità di attualizzare il progettare un rinnovamento anche sul fronte della conciliazione vita-lavoro, in modo che l'espansione della digitalizzazione sia strumentale a migliorare la qualità e il benessere delle persone che lavorano o che non porti a retrocederne. La risoluzione del 13 settembre 2016 del parlamento europeo sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevole all'equilibrio tra vita privata e vita professionale, la conciliazione è qualificata come diritto e le condizioni da creare riguardano l'equa ripartizione del lavoro di cura fra donne e uomini. Flexicurity è un modello di stato sociale basato su una politica pro-attiva di gestione del mercato del lavoro. Il modello consiste di una combinazione di estrema facilità di assunzione e licenziamento per il datore di lavoro e consistenti ammortizzatori sociali per i lavoratori dipendenti. Le trasformazioni dell'organizzazione del lavoro ridefiniscono sia la percezione del tempo e degli spazi sia il modo in cui lavoratori operano assieme alla loro disponibilità di potere, autonomia e controllo dentro l'organizzazione. Il percorso di evoluzione storica da task oriented e clock work non si presenta in maniera lineare quanto piuttosto come una tendenza a prevalenza egemonica, che si sedimenta nel tempo prevalendo sulle altre senza mai sostituirle totalmente: le due categorie potrebbero rappresentare i poli di un continuum su cui collocare le forme storiche di organizzazione del lavoro, due direzioni dell'organizzazione del lavoro che variano in base alle relazioni e i rapporti di forza dentro luoghi di lavoro, allo sviluppo tecnologico e alla cultura organizzativa. E all'interno di questa tendenza tanto contraddittoria quanto cangiante che proviamo a collocare l'analisi delle conseguenze del lavoro da remoto. Il dibattito pubblico sugli effetti del lavoro remotizzato da tempo e carico di presupposti normativi; l'analisi delle conseguenze organizzative della remotizzazione del lavoro presenta un quadro contraddittorio e indefinito. Da una parte si riscontra la convinzione che il lavoro da remoto possa favorire una maggiore autonomia nel lavoro stesso, favorendo una nuova disciplina del lavoro fondata sull'orientamento al risultato. Dall'altra parte, invece, alcuni ricercatori sostengono che il lavoro da remoto e le nuove tecnologie potrebbero rafforzare i processi di frammentazione e individualizzazione inasprendo il controllo grazie alle caratteristiche e potenzialità della supervisione informatica. Il saggio di Thompson analizza gli effetti della remotizzazione del lavoro sulle dinamiche di controllo e supervisione manageriale nel periodo endemico, soffermandosi su alcuni casi studio multisettoriali del contesto produttivo italiano: l'obiettivo è innanzitutto indagare come le organizzazioni hanno reagito alla trasformazione determinata dall'esplodere della pandemia COVID-19 Durante la quale i lavoratori hanno vissuto gli esperimenti del telelavoro. In secondo luogo si vuole analizzare come, se, sulla base di quali fattori le forme organizzative legate alla remotizzazione trasformino i processi lavorativi e il modo in cui sono organizzati. I risultati della ricerca rivelano, in sintesi, il processo di riorganizzazione della supervisione e del controllo nel contesto del lavoro da remoto e sottolineano come non esista una relazione deterministica e normativa tra sviluppo tecnologico, remotizzazione e rapporti di potere sul posto di lavoro. Il dibattito sui confini e le forme del controllo del lavoro ha traversato la sociologia del lavoro intrecciandosi spesso con le analisi sul ruolo della tecnologia nel processo lavorativo.ù Le questioni di avvio affrontati in questo dibattito riguardano la concezione del controllo come esercizio unilaterale del potere manageriale, le forme situate e storicamente assunte del controllo dell'autonomia e, infine, l'interpretazione della funzione stessa dello sviluppo tecnologico. La necessità del controllo del lavoro viene rintracciato da Harry Breveman nel fatto che "ciò che il lavoratore vende e ciò che il capitalista compra non è una quantità concordata di lavoro, ma la capacità lavorativa per un periodo di tempo concordato". • La Progress Labour Theory di Braveman disegna una traiettoria storica dell'evoluzione funzionale e qualitativa del controllo, per lo studioso questa traiettoria è segnata da una graduale dequalificazione del lavoro, intesa dall'autore come la progressiva degradazione delle conoscenze tacite ed esplicite dei lavoratori e del saper fare agevolata dalla rigida divisione tra fase ideativa ed esecutiva del lavoro e della parcellizzazione delle mansioni. Un processo che trova piena agibilità con il Taylorismo. La conflittualità operaia degli anni 70 spinge a una revisione critica di alcuni di questi assunti, suggerendo una maggiore complessità del controllo è una crescente ambiguità del processo e delle conseguenze della dequalificazione del lavoro: il processo lavorativo si dispiegherebbe come ridefinizione conflittuale tra la prerogativa manageriale e l'autonomia del lavoro, entrambe mai assolute, manifestandosi come una costante contesa per il controllo sul processo produttivo. • Per Friedman , per esempio, il controllo non si esercita esclusivamente attraverso il management scientifico e la rigida divisione tra compiti esecutivi e gli attivi, poiché un certo grado di creatività e discrezionalità nel lavoro risulta necessario per favorire la produttività, il controllo può essere esercitato scambiando un livello superiore di fedeltà agli obiettivi dell'azienda come un incremento di autonomia dire che Friedman definisce "autonomia responsabile". • Edwards esponente anch’egli della Labor process Theory si concentra sulle diverse forme concrete di esercitare il potere avvicendatosi nel corso del tempo come tendenze egemoniche e non reciprocamente escludenti. La prima forma studiata da Edwards è “il controllo semplice” o “la gerarchia diretta” , esercitata attraverso la supervisione diretta del controllore, spesso di tipo personale autoritaria. La seconda forma è invece il controllo tecnico o tecnologico esercitò attraverso un'organizzazione del lavoro in cui la procedura lavorativa è direttamente iscritta nell’infrastruttura tecnica, meccanica e organizzativa adoperata. La terza forma corrisponde al "controllo burocratico" in cui le relazioni di potere e le differenziazioni gerarchiche si cristallizzano in regole razionali-giuridiche e procedure finalizzate a premiare la disciplina e a sanzionare la resistenza. La successione storica di queste forme di controllo è legata alle differenti fasi di sviluppo del capitalismo nonostante sia lo stesso Edwards a sostenere la possibilità di una loro sovrapposizione sincronica. • Michael Burawoy analizza i meccanismi finalizzati a garantirsi la cooperazione dei lavoratori, intesa come un processo di adesione negoziale alle regole di produzione che l'autore ritiene proprio del regime egemonico del capitalismo monopolistico. Attraverso lo studio dei “giochi di produzione” egli sostiene che il consenso dei lavoratori non è il presupposto della partecipazione ma un suo risultato. • Storey, attraverso il concetto di "livelli di controllo", spiega come le strategie del management possono presentarsi in forme simultanee, separate facendo del controllo un terreno di costante sperimentazione prodotto della relazione dialettica tra struttura e agency. Oltre le forme di controllo verticali non meno importante è il cosiddetto controllo orizzontale tra pari, laddove le norme aziendali e gli obiettivi presentano elevata interiorizzazione, il comportamento deviante rispetto alla norma organizzativa può essere sanzionato, segnalato è stigmatizzato dai colleghi di pari livello: si tratta di una modalità di sorveglianza efficace di uno svincolato dallo sguardo il manager di là che si vada su una forte interiorizzazione della disciplina lavorativa, molto diffusa proprio nei contesti caratterizzati da “autonomia responsabile”. I valori aziendali divengono l'asse centrale di un complesso di norme rigorose e moralmente vincolanti, capaci di esercitare un controllo concentrativo di intensità persino maggiore di quello esercitato direttamente dal management. Se per autonomia (nel lavoro) si intende la capacità di produrre le proprie regole e gestire il proprio processo di azioni e decisioni senza essere controllato da nessun altro questo concetto rischia di risultare poco spendibile empiricamente. Pur utilizzando il concetto commedia il tipo dico tonico a quello di controllo assoluto, nella sua operarazionalizzazione empirica sembra più pertinente parlare di discrezionalità intesa come capacità di arbitrio, decisione scelta del soggetto agente all'interno del sistema di regole e procedure prestabilite. Quando si parla di autonomia dei lavoratori spesso si assume come orizzonte di possibilità proprio la forma Hyde al tipica del lavoro task oriented di Thompson, cioè una forma di autogoverno che non si limita alla possibilità di scegliere le combinazioni tra tempo e spazio dedicato al lavoro e tempo e spazio dedicato ad altre attività, ma che comporta anche una sostanziale e ampia libertà di scelta nel processo di lavoro e nelle procedure lavorative. Questa caratterizzazione del discorso è ancora più energica nell’accezione italiana del lavoro da remoto, dove lo smart working, sebbene fenomeno ben più ampio della remotizzazione profetizzano figura lavorativa totalmente orientata al risultato, autonoma nella scelta degli spazi, tempi, procedure e strumenti di lavoro, simile per condizioni gradi di libertà alle figure operaie proprie della fase proto-industriale. La rapida diffusione emergenziale nel periodo Pandemico di queste modalità di lavoro, a spinto numerosi ricercatori e ricercatrici a rilanciare il dibattito su flessibilità, autonomia e riprogettazione dei processi organizzativi. Il presupposto teorico di questi discorsi è che la remotizzazione E la distanza spaziale tra lavoratori e dirigenti nettamente crisi in metodi tradizionali di controllo, favorendo l'incremento sia dell'autonomia sia della produttività. ✓ 5. LAVORO DA REMOTO E PROCESSI DI SINDACALIZZAZIONE Prima della pandemia covi d'e 19, i lavoratori occupati da remoto in Italia erano prevalentemente uomini composizione di tipo marginale e commerciale. A partire da marzo 2020 il lavoro del moto si è esteso di una gamma più ampia di soggetti: se inizialmente esso riguardava soltanto l'1,6% dei dipendenti il 14,7% di autonomi, dopo il primo lockdown si stima che rispettivamente circa il 18,6% e il 21,9% di persone abbiano lavorato a distanza. Nel contesto italiano negli ultimi anni la diffusione del lavoro a distanza nelle aziende private non è stata omogenea ma abbastanza differenziata a seconda del settore economico e delle preferenze manageriali. Mentre nel settore bancario-assicurativo informatico, il lavoro a distanza era già relativamente diffuso prima della pandemia, in altri ambiti, come l'industria metalmeccanica alimentare, e soltanto con la pandemia questa modalità lavorativa è stata parzialmente adottata. Per molti lavoratori e lavoratrici, lo spostamento della postazione lavorativa a comportato una problematica sovrapposizione dei tempi e degli spazi di vita e di lavoro. Trasferendosi nelle case grazie disturbi digitali, il lavoro sia in molti casi intensificato, e il tempo di lavoro spesso frammentato si è esteso oltre gli orari previsti dai contratti. A subire questa trasformazione delle routine è stata perlopiù la componente impiegatizia, ossia riferita agli impiegati che solitamente sono lavoratori dipendenti che portano avanti attività di pianificazione, amministrazione e controllo, ossia quella che svolge mansioni prevalentemente remotizzabili. In un contesto di trasformazione così radicale delle modalità di organizzazione della prestazione lavorativa per gli impiegati, con l'adozione diffusa del lavoro da remoto, risulta dunque il garante investigare l'impatto che questi cambiamenti hanno avuto nelle relazioni lavorative e sindacali. È necessario indagare non solo come i lavoratori e le lavoratrici rinegozio il confine tra tempi e spazi di vita e di lavoro nel contesto della remotizzazione, ma anche se e come essi assumono collettivamente consapevolezza rispetto la nuova condizione di lavoro delle moto, avviando processi di avvicinamento al sindacato. Ricerche accademiche si sono a lungo interrogati sulle motivazioni alla base della crisi della rappresentanza sindacale degli ultimi trent'anni è tale fatto colpisce sia aspetti associativi (calo del numero di iscritti alle organizzazioni sindacali), sia organizzativi (riduzione della capacità di mobilitare i lavoratori nel conflitto industriale), sia istituzionali (mancato riconoscimento politico e normativo). Inevitabilmente si verifica un calo dei tassi di sindacalizzazione in termini di iscritti; le cause di tale tendenza vengono attribuiti a fattori quali l'indebolimento dei settori economici ad insediamento sindacale e l'affermarsi di nuovi modi di produzione nel contesto della globalizzazione e quali la delocalizzazione, il supply chain capitalism e la platform economy quale nuovo modello di business che usa la tecnologia per connettere persone, organizzazioni e risorse all'interno di un sistema interattivo (non strettamente digitale) in cui si crea e scambia valore, che comportano il diffondersi di rapporti di lavoro non standard e maggiormente precari, e ulteriore frammentazione della forza lavoro in cui interessi diversificati faticano ad essere rappresentati dalle organizzazioni sindacali tradizionali. Gli studiosi distrugge del lavoro hanno cercato di analizzare quali sono le strategie messe in atto da parte delle organizzazioni sindacali per limitare il calo delle iscrizioni ed incrementare la partecipazione e la qualità Sioni con altri attori sociali. Queste strategie di tipo organizzativo portano le strutture sindacali a trascendere le problematiche legate al singolo contesto lavorativo e ad occuparsi di questioni sociali di più ampia portata che possono interessare quella parte della forza lavoro più vulnerabile ed esposta ad elevato turn-over, così come gli attori della cosiddetta società civile (consumatori, comunità locali, utenti dei servizi). Nel dibattito relativo alle strategie organizzative e di rinnovo delle strutture sindacali le tecnologie informatiche hanno assunto un ruolo imprescindibile per avvicinare categorie di lavoratori in meno rappresentati come i giovani le persone migranti. Lo studio sul lavoro impiegatizio, invece, rimane poco sviluppato tra gli studiosi delle relazioni industriali, i processi di precarizzazione e degradazione a cui gli impiegati sono stati sottoposti nel contesto di ristrutturazione dell'imprese e il fatto che la remotizzazione del lavoro durante la pandemia ha riguardato proprio questa categoria rendendo rilevante l'osservazione dei processi di sindacalizzazione di queste figure professionali, anche al fine di discutere, più in generale, il futuro del sindacato nel contesto della digitalizzazione. Tra gli approcci che hanno guardato in maniera micro alle spinte verso la sindacalizzazione da parte di lavoratori e lavoratrici troviamo la teoria della mobilitazione elaborata da John Kelly. Tale teoria costituisce un tentativo di analizzare in maniera più sistematica i processi di sindacalizzazione da un punto di vista soggettivo. La trasformazione digitale attuale, di fatto, ha acuito la crisi sindacale a causa delle difficoltà di quest'ultimi di influenzare il cambiamento tecnologico e di organizzare una forza lavoro sempre più segmentata e dispersa. La frammentazione spaziale sociale dei lavoratori ha avuto come conseguenza una mancanza di identificazione da parte di questi ultimi con le organizzazioni sindacali tradizionali, così come la mancanza di incentivi nell'impegno sindacale in seguito all'isolamento e alla minore densità di rapporti sociali non virtuali tra laboratori. L’emergere di nuove vertenze individuali col passaggio al lavoro da remoto si dimostra un limitato interesse verso le spinte soggettive di chi si avvicina sindacato, e le strategie sindacali di allargamento della propria membership includendo i nuovi lavoratori remotizati. Teoria della mobilitazione di John Kelly Questa teoria identifica una serie di passaggi o fattori necessari all'attivazione o mobilitazione del lavoratore che decide di prendere parte all’azione sindacale. Risulta cruciale la capacità di identificare un interesse comune, che costituisce la base per l'azione collettiva. L'identificazione di un interesse collettivo presuppone a sua volta non emergere di un sentimento di ingiustizia, ossia la convinzione che un'azione o una situazione debba essere considerata illegittima e che questa sia attribuibile ad una precisa controparte, ad esempio la direzione aziendale. In parallelo si sviluppa un senso di identificazione collettiva tra chi subisce il torto e che può quindi affermare l'esigenza di un identità comune, in opposizione a un "loro" che si identifica come direzione aziendale, fonte del torto stesso. Tuttavia, il passaggio effettivo alla mobilizzazione presuppone un complesso "calcolo di costi benefici", attraverso il quale i singoli valutano se partecipare o meno all'azione collettiva tenendo conto delle possibilità di successo, delle reazioni della rete sociale e le conseguenze personali coll ttive che l artecipazione alla IN CONCLUSIONE: La remotizzazione del lavoro a trasformato il rapporto tra la forza lavoro impiegatizia e il sindacato. Il trasferimento della prestazione lavorativa, soprattutto quando questo è avvenuto in maniera repentina, ha fatto emergere delle nuove richieste da parte degli impiegati che hanno individuato soprattutto il bisogno di contenere i tempi e i carichi di lavoro, e di far fronte alla mancanza di strumentazioni adeguate. Di fronte all'emergere di queste nuove istanze, i lavoratori da remoto si sono spesso avvicinati al sindacato con lo scopo di richiedere sostegno nella tutela dei propri diritti. Seguendo il suggerimento dalla teoria della mobilitazione di John Kelly, che guarda i processi soggettivi di coinvolgimento e avvicinamento alle organizzazioni sindacali da parte i lavoratori, il capitolo a messo in luce alcuni motivi sostanziali per l'avvicinamento dei lavoratori al sindacato nel contesto della remotizzazione. La dilatazione dei tempi di lavoro, l'inadeguatezza delle strumentazioni fornite dall'azienda e la mancanza di compensazione adeguate sembrano aver causato una crescita dell'insoddisfazione facendo emergere un senso di ingiustizia tra lavoratori e lavoratrici, principalmente collegata a problematiche che si tende a negoziare individualmente anziché attraverso le organizzazioni sindacali. Al contempo, il maggiore coinvolgimento di lavoratori precedentemente poco incline a partecipare all'attività sindacale trasforma Alimi pulisce il potere contrattuale del sindacato di fronte all'azienda. ✓ 6. A CASA TUTTO BENE? LE CONDIZIONI FISICHE E PSICOLOGICHE DEI LAVORATORI SMART Con la pandemia ha preso forma un esperimento sociale non programmato di utilizzo estensivo e generalizzato di quello che abbiamo imparato a conoscere come smart working. Si è trattato di un passaggio rapido ed improvviso, affrontato in un contesto di parziale sospensione delle regole, per affrontare il quale sono stati messi in campo strumenti diversi, in genere senza che vi fossero gli spazi per una progettazione consapevole. Le nuove modalità di lavoro sono state nella maggior parte dei casi imposti dall'alto, senza la possibilità di una contrattazione e di una discussione di tempi e modi di lavoro. A preso forma di lavorare, che ha sollecitato l'interesse dei ricercatori di discipline diverse e suggerito l'invio di ricerche su vari aspetti: l'organizzazione del lavoro, i sistemi di coordinamento e controllo distanza, la possibilità di incrementare l'autonomia dei lavoratori e l'efficienza delle imprese. Parallelamente alla diffusione del lavoro da remoto si è affermata una forte retorica sui suoi benefici per lavoratori e aziende, accompagnato dalla convinzione che il cambiamento in corso non sarà temporaneo, ma condizionerà il futuro del lavoro nel suo complesso. L'uso estensivo del lavoro da remoto possibile dal decreto legge promulgato a marzo 2020, prima di allora esisteva solo il telelavoro, previsto esplicitamente per il pubblico impiego, e forme poco utilizzate di quello che legge italiana ha definito "lavoro agile". Queste due forme di lavoro erano normative in maniera abbastanza precisa con l'intento di evitare che il datore di lavoro potesse derogare alle sue principali responsabilità relative alla garanzia di buone condizioni di lavoro. Per entrambe le forme di lavoro era prevista anche la stipula di contratti collettivi e individuali che definissero le modalità di lavoro da remoto. Con la pandemia e la situazione divergenza si è sviluppato un meccanismo di deroga temporanea a monte di queste norme; in particolare il datore di lavoro è stato liberato dalle sue responsabilità in termini di organizzazione dello spazio di lavoro, garanzia di condizioni salubri di lavoro (temperatura, spazi, illuminazione), organizzazione del tempo di lavoro e sua delimitazione all'interno degli orari predefiniti, strumenti di lavoro adeguati. Il decreto legge di marzo 2020 alle necessità di definire la modalità di svolgimento del lavoro da remoto attraverso accordi collettivi riducendo, di fatto, la porzione dello smart working ad una questione individuale. Lo spostamento dell'attività lavorativa nel domicilio porta con sé molti altri elementi di novità rispetto al lavoro svolto negli spazi predisposti dall'azienda, che nelle percezioni dei lavoratori si mescolano con gli aspetti più strettamente legati alla relazione di impiego. In particolare, lavorare da casa multi implicazioni che possono essere vissuta positivamente: 1. Spostare il lavoro fuori dalla supervisione diretta del dottore di lavoro offre una sensazione di libertà e autonomia perché si sente meno pressante il controllo sui tempi e sui ritmi di lavoro; sia la sensazione di poter gestire più liberamente il tempo e le pause riuscendo a conciliare meglio il lavoro retribuito con altre attività 2. Con il lavoro da remoto si rompe la barriera che generalmente divide la sfera del lavoro retribuito da quella della vita privata delle persone; questa suddivisione se viene vissuta come vincolo in quanto impone delle rigidità della gestione dei diversi ambiti, allo stesso tempo è utile per impedire che il lavoro in bada gli altri tempi di vita e contemporaneamente per evitare eccessive interferenze nella vita non lavorativa nel lavoro stesso Certo non mancano gli aspetti negativi: 1. È necessario trovare a casa un luogo dove lavorare senza essere disturbati da altri membri della famiglia e senza interferire troppo con la vita degli altri. 2. Subentra quella che è una componente socio economica, chi può permettersi un luogo in cui lavorare da remoto e di fatto privilegiato, non avere un luogo di lavoro implica un'identità sociale non definita che impedisce a familiari amici di interrompere volontariamente o involontariamente le nostre attività 3. Ci spinge a fare più cose contemporaneamente, come ad esempio partecipare la riunione guardando i compiti del bambino, aumentando così inevitabilmente la fatica e lo stress; in poche parole è fonte di Born-out. 4. All'interno dei nuclei familiari la necessità di lavorare da casa influisce su molti equilibri complessi che vanno dalla suddivisione del lavoro di cura tra i partner alla suddivisione degli spazi disponibili. 5. Lavorare da remoto poi rendere più difficile interagire con colleghi e superiori e porta con sé problemi di isolamento dalle relazioni sociali L'autonomia che i nostri intervistati dichiarano di avere sperimentato il lavoro da remoto sembra comportare, infatti, costi rilevanti. Il carico di lavoro risulta spesso incrementato, i tempi del lavoro retribuito e quelli della vita privata perdono la loro separatezza e collassano in un intreccio magmatico che produce fatiche e stress psicofisico. Identico intrico si registra tra spazi domestici e spazi lavorativi, inevitabilmente molti lavoratori lavoratrici sono costretti a complicati equilibrismi che obbligano quest'ultimi a ridefinire i propri rapporti sociali e le proprie relazioni. Le imprese hanno rimesso ai lavoratori le loro responsabilità circa l'organizzazione e il controllo degli spazi. La loro adeguatezza e salubrità, l'appropriatezza di postazioni lavorative e dotazioni tecnologiche e infrastrutturiali è stata ampiamente lasciata ai lavoratori, alla loro inventiva e alla loro propria dotazione di risorse. risparmio nei tempi legati al trasporto del fatto di conciliare l'ambito familiare a quello lavorativo, favorendo il work-life balance. Sicuramente da un lato il work life balance può essere incrementato proprio grazie a tali modalità di lavoro, offrendo maggiore flessibilità nella gestione dei tempi di vita di lavoro e autonomia nello svolgimento delle proprie mansioni; dall'altro lato può portare a lavorare per un numero maggiore di ore e lavorare con un ritmo più intenso, facendo sì che diventi difficile tenere distinti diversi ambiti della propria vita, producendo quella che è detta porosità del tempo. Sono poi le caratteristiche insite nei dispositivi di cui si avvalgono i lavoratori ad accrescere i fattori di stress, fino a che si sviluppino veri e propri sovraccarichi di lavoro che rischiano, a loro volta, di scatenare conflitti fra tempi dedicati al lavoro e tempi indicati la famiglia; l'utilizzo di questi dispositivi e predispone quindi essere maggiormente interrotti, causando perdita di concentrazione, affaticamento e, di conseguenza, una diminuzione della produttività individuale, ossia la necessità di un maggior numero di ore per svolgere gli stessi compiti che venivano svolti in ufficio in minor tempo. Altre ricerche rivelano come il lavoro a distanza nel breve periodo potrebbe rendere più veloci le singole attività lavorative ma, se non si prendono alcuni accorgimenti, rischia di far diminuire la produttività del lavoratore nel lungo periodo. L'utilizzo delle nuove tecnologie della digitalizzazione del lavoro richiede al lavoratore stesso di essere "Policronico”: non basta più che sia in grado di dedicarsi a più attività lavorative lo stesso tempo ma è necessario che sia disposto essere incessantemente interrotto da continue intrusioni che fanno sì che i lavoratori siano distolti dalla specifica mansione in cui si stanno dedicando, rischiano di ridurre la produttività complessiva nel medio lungo periodo. L'introduzione lo smart working per l'emergenza sanitaria è stata improvvisa e repentina e dunque ipotizziamo che possa aver generato inefficienze discontinuità produttive a causa della scarsità di tempo disponibile per poter riorganizzare il lavoro e il processo produttivo. Con l'introduzione dello smart working realtà lavorativa la frase "ho lavorato di più" ricorre frequentemente: gli intervistati infatti i sociologici la usano per indicare che hanno aumentato la propria performance individuale lavorando un numero maggiore di ore ma anche per indicare che sono stati più produttivi, ossia sono riusciti a svolgere più compiti nelle stesse ore rispetto a prima. Work-life balance Con l'espressione work life balance si intende la capacità di equilibrare la sfera lavorativa e quella privata. Porosità del tempo indica le possibili forme di interferenza tra ciò che è considerato tempo di lavoro e ciò che è considerato tempo personale. L'analisi del materiale empirico evidenzia come sia l'entrata in gioco molteplici fattori che hanno poi influenzato le dichiarazioni degli intervistati. Da un lato, la particolarità della situazione ha portato un incremento delle ore di lavoro che peraltro riconosciuto come uno degli svantaggi che può caratterizzare lavoro da remoto: in assenza dei classici marcatori che scandivano il tempo in ufficio i lavoratori tendevano ad allenarsi davanti al computer con la conseguenza che il lavoro si estendeva per ben oltre l'orario tradizionale e, inoltre, alcuni lavoratori potrebbero aver utilizzato il tempo risparmiato evitando lo spostamento del luogo di lavoro per allungare l'ora lavorativo stesso. Il blocco di molti vita produttive non si è verificato con andamenti uniformi, per cui in alcuni settori economici possono esserci stati degli incrementi della domanda di ore lavorative. Ma lo smart booking determina incremento o riduzione della produttività? Lo smart working e la sua introduzione della realtà comune lavorativa ha portato come dei fattori di positività anche i fattori di criticità. Il passaggio repentino al lavoro da remoto alcuni casi posto delle inefficienze produttive; un primo elemento è stato il ricorso esclusivo a modalità comunicative distanza che talvolta si rivelato non del tutto adeguato a sopperire l'interazione faccia a faccia. L'utilizzo di piattaforme per l'interazione online se da un lato permesso al lavoro di proseguire pure in situazioni di distanziamento fisico, dall'altro spesso portato a una maggiore formalizzazione e burocratizzazione delle comunicazioni. Certo non sono mancate situazioni di confusione e mancanza di coordinamento, anche legata alla mancanza di interazione o un peggioramento della comunicazione con colleghi e superiori, hanno dato poco a inefficienze, soprattutto nel primo periodo della transizione al lavoro in remoto. La comunicazione distanza spesso moltiplica l'e-mail e i messaggi, aumentando i tempi necessari per la risposta, ma anche generando più facilmente fraintendimenti o la mancata comprensione le informazioni trasmesse rispetto lo scambio a voce. Una cosa rilevante degli intervistati nello studio sociologico di essere stata più produttiva nel lavoro da remoto, riuscendo a svolgere il monte più attività nell'arco delle ore lavorative o di avere svolto lo stesso numero di mansioni ma in un tempo minore. In questi casi si può parlare di un'effettiva maggiore produttività associata alla modalità di lavoro distanza sperimentato durante la fase pandemica. Per chi ha avuto l'opportunità di lavorare in un ambiente domestico tranquillo e silenzioso, isolandosi dal resto della famiglia o perché abitava da solo, la percezione di una maggiore produttività è legata la capacità di dedicarsi alle emozioni con maggiore concentrazione, il risparmio di tempo e gli spostamenti ha reso il team di lavoro più produttivo e totalmente dedicato la mansione da svolgere. Se nelle criticità si affermava che la comunicazione online costituiva fonte di fraintendimento, in certi casi, i rapporti lavorativi sono andati migliorando dato la possibilità di comunicare in modo più efficiente e con una maggiore essenzialità della comunicazione. ✓ 8. PROSPETTIVE REGOLATIVE SUL LAVORO AGILE ALLA LUCE DELLA PANDEMIA Al netto della possibilità di collocare il lavoro agile su una linea di continuità rispetto al telelavoro, considerati i numerosi profili di affinità tra le due fattispecie, giova evidenziare, come emerso dal vivace dibattito dottrinale sul tema che prima dell'intervento della realtà normativa la sede di regolazione della modalità di lavoro agile era rinvenibile all'interno della contrattazione collettiva. La contrattazione collettiva sul lavoro agile si è diffuso in quantità numericamente limitata ed in modo eterogeneo, seguendo le direttrici relative alla dimensione aziendale al settore produttivo. Gli accordi collettivi si sono sviluppati soprattutto all'interno di imprese di grandi dimensioni ed hanno coinvolto principalmente quelli operanti nel settore bancario, assicurativo, informatico e telecomunicazioni. Riguardo il tema del lavoro da remoto il legislatore è intervenuto a disciplinare l'istituto attraverso la legge n.81/2017, alla quale viene espressamente riconosciuta una funzione di tipo promozionale. Attraverso le disposizioni contenute in articoli da 18 a 23 della predetta legge, infatti, si è inteso promuovere il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato finalizzata all'incremento della competitività e l'agevolazione della conciliazione vita-lavoro. Secondo la definizione di cattiva, quindi, il lavoro agile non si configura come un’autonoma tipologia contrattuale bensì come una diversa modalità di esecuzione della prestazione che deve necessariamente effettuarsi in parte l’interno e in parte all’esterno dei locali aziendali, senza una postazione fissa e con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici. Non sono previsti precisi vincoli spazio-temporali nello svolgimento della prestazione lavorativa, l'articolo 18 della legge 81/2017 esige il rispetto però di limiti massimi di orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva: se dunque un limite orario deve essere rispettato, un orario di lavoro deve sussistere anche per il lavoratore agile, sebbene lo stesso potrà essere distribuito, nell'arco dell'intera giornata, con un maggiore dose di discrezionalità da parte di quest'ultimo. Il ricorso è una modalità agile deve venire su base volontaria, ovvero mediante la stipula di un accordo individuale tra le parti, a cui la legge 81/2017 affida numerosi compiti, tra cui, in particolare, quello di disciplinare l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'interno di locali aziendali, anche con riguardo alle forze di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro, nonché quello di individuare i tempi di riposo le misure tecniche e organizzative volte a assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro; rientra sempre nel contenuto dell'accordo l'identificazione delle condotte connesse con lo La regolazione emergenziale, ha agito non solo sulla configurazione ma anche sulla ratio del lavoro agile. Quest'ultimo, infatti, è stato utilizzato primariamente quale di misure di contenimento del contagio volta a consentire la persecuzione dell'attività lavorativa e, trasferendo nel luogo di abitazione i processi lavorativi sulla base del lavoro standard. La ratio conciliativa del lavoro agile è stata incisa dalle esigenze connesse alla pandemia, a cui legislatore ha tentato di far fronte attraverso specifiche previsioni rivolte a favore di determinate categorie di soggetti. Occorre sottolineare che la disciplina ordinaria del lavoro agile si pone nell'ottica non di agevolare la conciliazione, intendendola come possibilità di un contemporaneo svolgimento dell'attività lavorativa e di cura, bensì come opportunità di gestire al meglio gli impegni familiari con quelli lavorativi. Il lavoro agile Pandemico si è colorato di tinte diverse e ulteriori rispetto alla configurazione originale, affermandosi quale misura di ordine pubblico o da garantire il distanziamento sociale e la prosecuzione dell'attività lavorativa ma anche come strumento astrattamente idoneo a consentire la cura e la custodia dei figli in condizioni del tutto peculiari. Infine, si è affermato quale mezzo funzionale di inclusione delle persone disabili. IN CONCLUSIONE: L’analisi condotta ha permesso di osservare l’evoluzione del lavoro agile dalle prime esperienze contrattuali fino all’adozione della normativa emergenziale conseguente al sopraggiungere della pandemia. Quest’ultima si è posta, del tutto inaspettatamente, quale rampa di lancio per la diffusione massiccia dell’istituto, aprendo la strada per un ripensamento dell’intera organizzazione del lavoro. Se è lampante che vi siano state molte complicazioni dettate dalla contingenza, allo stesso tempo sono stati numerosi anche gli elementi positivi derivanti dall’impiego, seppur deformato, dell’istituto. In primis la presa di coscienza che l’utilizzo di tale strumento può essere fruttuoso per entrambe le parti del rapporto lavorativo quando lo stesso si fondi sulla fiducia e sul binomio autonomia-responsabilità, nonché su modelli che ne sappiano raccogliere le potenzialità in termini in termini di costruzione per obbiettivi e flessibilità spazio-temporale. Per questa ragione, anche le imprese che non hanno sviluppato tali schemi sono stati chiamati a confrontarsi con gli stessi con alcuni pregiudizi dovuti all'oscurità di un terreno che, di fatto, è rimasto inesplorato. Dall'altra parte la sperimentazione di massa del lavoro agile ciao offerto la possibilità di sbagliare, accanto agli aspetti positivi, quelli che andrebbero migliorati facendo riferimento anche le varianti applicative adottate nel contesto geografico Veneto. Sì è, pertanto, ritenuto utile individuare le possibili prospettive dei iure condendo muovendo dai dati normativi di empirici raccolti in questi mesi, al fine di pianificare un lavoro che sia al contempo smart e tutelare, sul
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