Scarica Riassunto libro IV quarto e VI sesto Eneide (con riferimenti latini) e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! LIBRO IV: Il libro IV dell’Eneide vede come tema principale la storia d’amore tra Didone ed Enea, nell’incipit Didone si rivolge alla sorella Anna e le dice che comincia a sentire il sintomo della malattia d’amore (Campo semantico della medicina e metafora del fuoco d’amore che consuma). Il tema principale della parte iniziale del libro è il durus amor lucreziano: ansia, bruciore, fuoco che divampa, ferita, follia che fa perdere l’autocontrollo. Didone è tormentata da questo amore e molto combattuta sul da farsi, infatti durante la notte ha degli incubi. La sua incertezza è data dal fatto che il suo primo amore e marito, Sicheo, venne ucciso da suo fratello, Pigmalione, poiché invidioso di lui. (Didone era fenicia, figlia del re di Tyro, a Cartagine è giunta con Sicheo). Didone ha già avuto esperienza del matrimonio, per questo motivo riconosce i segni del nuovo sentimento (“Adgnosco veteris vestigia flammae” = conosco i segni dell’antica fiamma, Purgatorio XXX-Dante avverte la presenza di Beatrice) che cresce e che è dovuto dalla virtus di Enea (riconoscimento di una crescente passione). Lei vorrebbe quindi rimanere fedele al precedente matrimonio, per pudor: valore del mos maiorum (propaganda augustea). Anna risponde alla sorella che: per prima cosa non deve pensare a suo marito ormai morto, ma deve buttarsi in questo nuovo amore pensando a ciò che vuole veramente; poi le fa notare che questo matrimonio sarebbe molto conveniente poiché Cartagine è accerchiata da popoli infermi (minacciosi) e stare con Enea rafforzerebbe la sua posizione (considerazione politica). Da questo discorso viene poi fuori che ciò che prova Didone per Enea è un placito amori, un amore gradito, lei non deve niente a suo marito e ormai se non si lega a Enea il suo regno è destinato a fallire. “His dictis impenso animum flammavit amore spemque dedit dubiae menti solvitque pudorem” = Con tali parole infiammò l'animo di intenso amore e diede speranza al cuore dubbioso e dissolse il pudore. Ciò che succederà dopo saranno le vicende degli dei, che come al solito si intromettono nelle questioni degli umani. Giunone spinge per l’unione tra Enea e Didone e designa così il loro destino insieme, lei è però colei che vuole ostacolare i troiani e infatti tenendo l’eroe a Cartagine egli non porterebbe a compimento il suo destino di fondare Roma. La dea decide di confessare la sua volontà a Venere, che però è molto dubbiosa a riguardo. Alla fine però Giunone prevale e i due innamorati, durante una battuta di caccia, rimangono da soli a causa di una temporale, cercando un riparo troveranno una grotta (locus amoenus) nella quale consumeranno il loro amore. Mercurio a questo punto interviene, per volere di Giove, e in sogno fa notare ad Enea che non può sostare a Cartagine perché ha una missione più importante (“Con che speranza consumi il tuo tempo in terra di Libia?”), già qui Virgilio fa dire a Mercurio che Enea ha un grande destino. Enea raduna quindi i suoi compagni e fa i bagagli per partire, fa tutto ciò in gran segreto e quindi dissimulando la partenza con Didone. La donna presagisce che qualcosa sta capitando sotto i suoi occhi e il suo timore iniziale si trasforma in angoscia (“baccare”baccantiperdere il controllo; “sevit”rabbia). Alla fine Didone trova Enea, che non è contento di partire perché lui la ama, ma ha ricevuto l’ordine direttamente gali dei e non può sottrarsi, né da esso né dal suo destino. Didone così cerca di trattenerlo, tuttavia lui replica: ricordandole che non sono sposati, che lui ha il diritto di trovare una nuova patria (come ha fatto Didone fuggita dalla Fenicia, si appiglia a ciò che Didone ha vissuto), che se fosse libero di agire come vorrebbe tornerebbe a Troia per ricostruire la città, in più sia Anchise che Mercurio gli sono apparsi in sogno e lo hanno ammonito di partire al più presto. Nel discorso Enea parla di foedera (patto) come ciò che lega lui e Didone (ricorda Catullo e Lesbia: foedus), egli rifiuta di considerare la propria unione con la regina come un regolare coniugium. (v.361: mezzo esametro, verso incompleto, questo è un segnale che Virgilio non ha completato/ricontrollato il poema) “Italiam non sponte sequor” = inseguo l’Italia non di mia volontà. La regina risponde poi a Enea arrabbiandosi con lui, questo perché lui non l’ha informata della partenza, di cui infatti viene a conoscenza da sola, ed è molto ferita dalla mancanza di trasparenza da parte sua. Nella sua risposta lo maledice: “Spero equidem mediis supplicia hausurum scopulis” = spero bene che tu in mezzo agli scogli sconterai appieno la tua punizione. Didone nel suo discorso s’immagina morta poiché di li a poco metterà in atto il piano per il suo suicidio. A questo punto Didone chiede a sua sorella Anna di intercedere presso Enea e di convincerlo a posticipare la partenza, ma egli non sente ragioni e anzi si affretta a lasciare Cartagine. Così fingendo di preparare un rito la regina fa preparare una pira con gli effetti personali di Enea e medita anche un’aggressione alla sua flotta. Mercurio riappare in sogno ad Enea e lo avverte di partire subito, prima che Didone cerchi di sabotare ancora la sua partenza. La regina vede quindi Enea e i suoi prendere il largo e dopo