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riassunto libro '' MODELLI DI INTERVENTO NELLA RELAZIONE FAMILIARE'' di Adriana Lis, Claudia Mazzeschi, Silvia Salcuni CAP 1-2-7-8-9-10-14, Dispense di Psicologia Generale

riassunto libro '' MODELLI DI INTERVENTO NELLA RELAZIONE FAMILIARE'' di Adriana Lis, Claudia Mazzeschi, Silvia Salcuni CAP 1-2-7-8-9-10-14. Corso di: TEORIE E STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE E PROGETTAZIONE DELL'INTERVENTO IN AMBITO FAMILIARE, Prof. E. Delvecchio, 9CFU, anno 2018/2019, Unipg

Tipologia: Dispense

2018/2019

In vendita dal 13/06/2019

Federica.Cecchetelli
Federica.Cecchetelli 🇮🇹

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Scarica riassunto libro '' MODELLI DI INTERVENTO NELLA RELAZIONE FAMILIARE'' di Adriana Lis, Claudia Mazzeschi, Silvia Salcuni CAP 1-2-7-8-9-10-14 e più Dispense in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! Riassunto ‘’modelli di intervento nella relazione familiare’’, A cura di Federica Cecchetelli 1 RIASSUNTO ‘’MODELLI DI INTERVENTO NELLA RELAZIONE FAMILIARE’’ CAPITOLO 1 – CENNI SULLA TERAPIA FAMILIARE (APPROCCIO SISTEMICO-RELAZIONALE) 1.1. BACKGROUND STORICO Il movimento terapeutico familiare esordisce negli USA. Negli anni cinquanta e sessanta, i centri di ricerca e di sperimentazione più sviluppati negli Stati Uniti risultavano concentrati in due punti opposti: a Palo Alto in California e nella zona di New York e Philadelphia, tutti interessati al lavoro con le famiglie anche se con diversi approcci. Il filone californiano, iniziato da Bateson, Jackson, Haley e Weakland, applica la scienza tecnologica ai sistemi umani, l’altro filone, invece, privilegia le teorie psicoanalitiche e l’osservazione diretta di pazienti psichiatrici, ospedalizzati, nell’interazione con le loro famiglie. Entrambi considerano la famiglia la base da cui partire, l’unità su cui impostare il lavoro, che attraverso un progressivo scambio si definisce come un movimento denominato ‘’terapia familiare’’. 1.2. FILONI TEORICI PRINCIPALI A partire dai due poli fondanti, il movimento si è differenziato e arricchito con diversi approcci teorico-metodologici. La suddivisione nei seguenti filoni: psicoanalitico, intergenerazionale, sistemico e comportamentale. Le diverse tipologie di terapia familiare possono essere classificate in 6 categorie: 1. Teorie Sistemiche: derivano dalle ricerche sulla schizofrenia e sulla comunicazione effettuate dal gruppo di Palo Alto. La terapia è definita sistemica in quanto considera la famiglia un sistema governato da regole. Il gruppo di Milano ha sviluppato al massimo le teorie del paradosso e controparadosso sperimentale dal gruppo di Palo Alto. 2. Terapie Strategiche: molto simile a quello sistemico. Usa compiti, rituali e ogni genere di prescrizione che possa liberare il sistema e allinearlo in modo più adattivo. Si concentra esclusivamente sul comportamento e si avvale di tecniche che portino a un rapido cambiamento. 3. Terapie strutturali: considerano la famiglia come sistema interattivo e gerarchico. L’esponente più importante è Minuchin che definisce il sistema famiglia ‘’l’invisibile insieme di richieste funzionali che determina i modi in cui i componenti della famiglia interagiscono’’. La terapia si focalizza sulla distribuzione del potere all’interno del sistema e si incarica di ristrutturare l’intero sistema. 4. Terapie intergenerazionali: i disturbi del comportamento acquistano senso se inseriti nella storia familiare, che va ricostruita su almeno tre generazioni. 5. Terapie esperenziali: caratterizzate dalla personale esperienza del terapeuta e della sua specifica personalità. Particolarmente praticata da Whintaker. 6. Gruppi ‘’ad hoc’’: vengono inclusi alcuni pionieri incompresi, le terapie sovrafamiliari, quelle integrative e infine quelle femministe. La Satir era l’unica, tra i pionieri della teoria familiare, a riconoscere il ruolo prioritario della capacità di ‘’prendersi cura’’ all’interno di una buona riuscita delle dinamiche familiari. Il ‘’prendersi cura’’ era una questione talmente trascurabile che, qualora fosse stata rilevata nelle dinamiche familiari, sarebbe stata connotata come ‘’controtransfert positivo’’, ‘’parzialità’’, ‘’multidirezionalità’’. 1.3. TEORIA DELLA TECNICA Di norma la terapia familiare viene portata avanti da almeno due terapeuti, dei quali uno colloquia direttamente con la famiglia, l’altro segue il processo attraverso uno specchio unidirezionale. Le sedute sono videoregistrate. Talvolta dietro lo specchio sono presenti più coterapeuti. Il ruolo del terapeuta nel corso delle sedute con le famiglie è molto attivo. Anche ai vari membri della famiglia viene richiesto di partecipare attivamente, anche con ‘’compiti a casa’’. CAPITOLO 2 – GRANDI SCUOLE DI TERAPIA FAMILIARE 2.1. L’APPROCCIO SISTEMICO: MARA SELVINI PALAZZOLI E LA SCUOLA DI MILANO Nell’ampia definizione di ‘’terapia familiare di natura sistemica’’ vengono raggruppati tutti quei modelli che riconoscono una stretta interconnessione tra fenomeni individuali, sociali e familiari. Questi modelli sostengono come sia necessario investigare il contesto in cui le interazioni si sviluppano, e tentano di porre l’accento sulle relazioni tra le parti costituenti del sistema, così come su quelle che riguardano il tutto. Due principi portanti: 1. Sostiene che il sistema è più della somma delle sue parti, ed è organizzato in modo tale che un cambiamento in qualunque parte del sistema modifichi tutte le parti del sistema stesso 2. Afferma che si ha una causalità circolare che può estendersi all’infinito: i membri della famiglia sono interrelati in modo tale che un cambiamento in uno stato di essi influenza tutti gli altri Bateson (1971). Il pensiero fondante di questo movimento trova la sua base comune, riassumendo, nei seguenti principi di base: Riassunto ‘’modelli di intervento nella relazione familiare’’, A cura di Federica Cecchetelli 2 - Focalizza la propria attenzione sulla concezione dell’uomo come essere sociale che deve necessariamente essere considerato all’interno del suo ambiente naturale - Principio di non sommatività: la famiglia è diversa dalle singole parti - I gruppi umani sono definiti come sistemi interattivi cioè persone in relazione a gruppi con storia come le famiglie; il contesto è considerato il luogo privilegiato in cui si sviluppano la relazione e la comunicazione verbale e non verbale - Non si può non comunicare - Visione circolare 2.1.1. FINALITA’ DEL TRATTAMENTO Nella seduta familiare, l’insieme dei fenomeni provocati dal tipo di ipotesi formulata dai terapisti a guida della loro attività diretta a verificarla, definisce tale attività come sperimentale. 2.1.2. METODI PER DIAGNOSTICARE LA DISFUNZIONE O PATOLOGIA E UNITA’ DI INTERESSE (INDIVIDUALE, DIADICA, TRIADICA, SISTEMICA) Attraverso sedute con ciascuno dei genitori, col paziente, con i fratelli, si lavora a ricostruire nel dettaglio la storia personale di ciascuno, il suo sviluppo, le sue percezioni soggettive. Fatto allo scopo di fare una ricostruzione del processo patogeno che consenta di individuare i cambiamenti necessari e mobilizzi le risorse disponibili al lavoro terapeutico. 2.1.3. STRUTTURA DEL PROCESSO TERAPEUTICO Setting La terapia familiare è condotta come un lavoro di équipe, che ha la caratteristica di essere assolutamente paritetica. Nelle prime fasi le sedute sono condotte da una coppia di coterapeuti, mentre altri due osservano da dietro lo specchio. Nei momenti successivi partecipa alla sessione solo un terapeuta e gli altri osservano. Di solito il processo si risolve con dieci sedute, con cadenza mensile. La struttura della seduta terapeutica secondo il gruppo di Milano: una pre-seduta nella quale l’équipe discute le informazioni preliminari a disposizione della famiglia per impostare il trattamento; una seduta che dura all’incirca un’ora nella quale il terapeuta pone delle domande ai diversi membri e può essere interrotto in ogni momento dagli osservatori. Successivamente c’è la fase della discussione della seduta dove l’équipe si riunisce separatamente per capire come concludere la seduta stessa. infine c’è la fase detta di conclusione della seduta dove i terapeuti comunicano ai membri della famiglia commenti, prescrizioni e rituali a nome dell’intera équipe. Ultimissima fase è quella di discussione sulle reazioni della famiglia al commento o alla prescrizione, che avviene con la partecipazione dei soli membri dell’équipe. Tecniche adottate e loro finalità Principi considerati produttivi ai fini di una corretta conduzione della seduta: ipotizzazione, circolarità e neutralità. Per ipotizzazione si intende la capacità del terapeuta di formulare un’ipotesi fondata sulle informazioni in suo possesso. Il punto di partenza della propria investigazione effettuata con metodi atti a verificarne la validità. Qualora l’ipotesi risultasse errata, il terapeuta dovrà formularne rapidamente un’altra suggeritagli dalle informazioni raccolte durante il lavoro di verifica dell’ipotesi precedente. La funzione dell’ipotesi nella conduzione della seduta familiare è sostanzialmente quella di garantire l’attività del terapeuta. Per circolarità si intende la capacità del terapeuta di condurre la sua investigazione fondandola sulle retroazioni della famiglia in base alle informazioni da lui sollecitate in termini di rapporti, di differenza e di mutamento. Per neutralità del terapeuta si intende un determinato effetto pragmatico che l’insieme dei suoi comportamenti sulla conduzione della seduta esercita sulla famiglia. La conclusione della seduta, secondo i principi e i metodi esposti, aiuta efficacemente gli specialisti nella raccolta di informazioni e quindi nel loro lavoro terapeutico. 2.1.4. SVILUPPI RECENTI In realtà, già negli anni ottanta il gruppo di Milano sembra scindersi, in quanto se da un lato Boscolo e Cecchin focalizzano la loro attenzione sull’équipe terapeutica, dall’altro lato Prata e Selvini Palazzoli si concentrano invece sul sistema osservato, ovvero la famiglia. L’interesse di Selvini Palazzoli si riflette sul passato della famiglia, sullo scambio intergenerazionale che potrebbe essere causa della formazione di sintomi importanti. Il sistema del paradosso e del controparadosso viene abbandonato per abbracciare invece la cosiddetta ‘’prescrizione invariabile’’ che permette di capire le famiglie e successivamente intervenire. Riassunto ‘’modelli di intervento nella relazione familiare’’, A cura di Federica Cecchetelli 5 Setting I nuclei familiari sono seguiti con frequenza variabile che oscilla dalle sedute settimanali a quelle quindicinali, per passare solo nell’ultima fase della terapia a sessioni mensili. La modalità è spesso coterapeutica. I clinici risultano attivi ma non direttivi e cercano di esplicitare la sintomatologia della famiglia in esame. La prima fase del processo terapeutico presenta due punti focali: 1. La battaglia per la struttura, che implica il fatto che entrambi i terapeuti devono essere accettati da tutta la famiglia 2. La battaglia per l’iniziativa, che nasce dalla richiesta esplicita dei membri di capire di cosa si deve parlare e cosa si deve fare. Nella fase centrale della terapia, l’équipe ha la funzione di organizzare nuovamente la struttura della famiglia attorno alla nuova configurazione interpersonale che è venuta a crearsi dopo lo sviscerarsi dei sintomi. Tecniche adottate e la loro finalità In terapia, Whitaker tende a utilizzare un linguaggio mediatico e un atteggiamento non direttivo, e rivolge la sua attenzione al mondo del simbolico e dell’inconscio. I coterapeuti hanno il compito generale di indirizzare l’attenzione della famiglia verso i disturbi relazionali. Fattori di cambiamento La figura del terapeuta assume nell’interazione con il paziente un grande rilievo ai fini del processo terapeutico; il rapporto interpersonale è al centro della dinamica terapeutica. L’esito terapeutico, e dunque la possibilità di cambiamento, è generato dallo stare insieme dei membri; il terapeuta si rivolge all’inconscio familiare. 2.3.6. SVILUPPI RECENTI Alcune basi teoriche e cliniche di Whitaker in Italia si ritrovano nei lavori di Maurizio Andolfi. 2.4. APPROCCIO NARRATIVO-DIALOGICO: TERAPIE NARRATIVE Un concetto emergente nella terapia familiare di quest’ultimo decennio è la narrativa. Sono diversi gli autori che hanno elaborato un modello di intervento all’interno della terapia familiare sulla base di questa teoria; ne citeremo solo alcuni: - Michael White - David Epston Nonostante questi autori facciano, come il gruppo di Milano, un uso esteso di domande con un minimo intervento di riformulazione e direzione da parte del terapeuta, il carattere delle domande è notevolmente diverso. Le domande narrative, invece, si centrano proprio sull’esperienza soggettiva e sull’identità, per passare in un secondo momento a considerare le relazioni, realizzando così un movimento dall’interno all’esterno. Il punto focale di queste terapie ad approccio narrativo di White e Epston resta sempre l’individuo. CAPITOLO 7 – TEORIA DELL’ATTACCAMENTO E TEORIA SISTEMICA 7.1. INTEGRAZIONE TRA MODELI L’utilizzo della teoria dell’attaccamento nell’ambito dei modelli di intervento familiare si struttura attualmente lungo due linee di studio: - Un tentativo teorico di individuare analogie e differenze tra teoria dell’attaccamento e teoria dei sistemi familiari - Alcune proposte metodologiche di intervento nell’ambito dei sistemi e sottosistemi familiari Lo studio dell’attaccamento all’interno della famiglia è una delle indicazioni che Bowlby stesso fornisce nel suo lavoro. Si delinea una prospettiva diversa che guarda alle possibili connessioni tra teoria dell’attaccamento e teoria sistemica da un punto di vista sia teorico che clinico. Autori evidenziano come Bowlby stesso abbia sempre condiviso una prospettiva familiare. Avendo osservato che anche le famiglie più disfunzionali presentano una forte spinta a stare insieme in modo sano, ipotizza che possa essere utile lavorare congiuntamente con tutti i membri della famiglia. Furono Patricia Minuchin e Marvin e Stewart che per primi sostennero che i due campi dell’attaccamento e della teoria dei sistemi potessero beneficiare l’uno dell’altro. Secondo i suddetti autori entrambe le teorie condividono le idee: - Ogni sistema è organizzato come un tutto e gli elementi all’interno del sistema sono necessariamente interdipendenti; questo si applica ugualmente ai ruoli triadici madre-padre-bambino, ai reciproci comportamenti del caregiver e del bambino, e alle sue componenti del bambino stesso - I sistemi complessi sono composti da più sottosistemi; questi intrecciati insiemi sono applicabili ugualmente al bambino come sistema o alla famiglia come sistema; i sottosistemi all’interno di un sistema più largo sono separati da confini e le interazioni sono governate da implicite regole e pattern Riassunto ‘’modelli di intervento nella relazione familiare’’, A cura di Federica Cecchetelli 6 - I pattern di comportamento in un sistema sono circolari piuttosto che lineari; la teoria dell’attaccamento e la teoria familiare sistemica hanno cornici simili; i sistemi hanno caratteristiche omeostatiche o autoregolatorie che mantengono la stabilità di certi pattern invarianti o di certi risultati - Concettualizzare questi fattori, entrambi basati in larga misura sulla teoria dell’informazione, nella sua formulazione più ampia - L’evoluzione e lo ‘’sviluppo’’ della auto(ri)organizzazione sono inerenti ai sistemi aperti; i comportamenti di attaccamento dei bambini così come le strutture familiari vanno incontro a cambiamenti evolutivi in accordo con molti degli stessi processi di sviluppo sottostanti - L’interazione tra gli individui sono per entrambe fuoco di osservazione e concettualizzazione così come i comportamenti stessi degli individui - I cambiamenti evolutivi lungo tutto l’arco di vita, nel sistema familiare nella sua totalità, coincidono con i cambiamenti evolutivi nel bambino o nel sottosistema dei fratelli - Riconoscimento del ruolo del bambino nell’organizzare i pattern interattivi familiari e nell’essere esso stesso da questi organizzato Gli autori esplicitano anche i concetti che secondo loro sono caratterizzanti di base della teoria dell’attaccamento. - L’attaccamento, viene definito ‘’dipendenza’’ e in quanto tale non segna solo l’infanzia ma è una caratteristica innata dell’essere umano - Si può individuare un numero definito di dimensioni di attaccamento che corrispondono alle categoria: sicuro, preoccupato, evitante, non risolto-disorganizzato - Una dipendenza sicura dal punto di vista dell’attaccamento fa da complemento all’autonomia - L’attaccamento sicuro offre un heaven of safety che fornisce protezione e un contesto ottimale per uno sviluppo continuo della personalità - L’attaccamento fornisce una base sicura a partire dalla quale l’individuo può esplorare il proprio universo e rispondere in modo più adattivo all’ambiente - L’attaccamento rafforza la capacità a fermarsi per riflettere su comportamenti e stati mentali propri e altrui - Gli assi portanti di un legame sicuro sono la responsività e l’accessibilità - Quando l’individuo è minacciato da eventi traumatici i bisogni di attaccamento diventano più attivi - Se il comportamento di attaccamento fallisce nell’invocare conforto e contatto dalla figura significativa, si instaura un processo di rabbia e depressione che può culminare in un eventuale distacco - Bowlby sottolinea il contenuto cognitivo della rappresentazione del Sé; l’attaccamento sicuro è caratterizzato da un modello operativo del Sé che è ricco di amore, cura e fiducia per i modelli operativi degli altri - È importante riconoscere che per l’attaccamento è essenziale la teoria del trauma 7.2. CICLO EVOLUTIVO DEL SINGOLO, DELLA FAMIGLIA E DEL LEGAME DI ATTACCAMENTO I terapeuti della coppia e della famiglia tendono a vedere l’attaccamento e gli stili di attaccamento da una prospettiva transazionale, cioè come continuamente costruita e ricostruita nelle interazioni tra coloro che si amano. Alcuni autori osservano che i primi tre pattern di attaccamento siano simili ai tre principali pattern di struttura familiare di Minuchin: adattivo, disimpegnato, invischiato. Data la similarità, uno dei contributi che la ricerca sull’attaccamento può apportare nel campo della terapia familiare è il riconoscimento che questi pattern diventano significatamente disfunzionali in certe condizioni. In particolare, hanno ripetutamente trovato che una perdita non risolta o un trauma nella storia del caregiver sia associato a una paura conscia o inconscia di perdita o trauma, che insorge ogni volta che il comportamento di attaccamento del figlio attiva il sistema di attaccamento del genitore. Questo atteggiamento di paura si esalta soprattutto quando il figlio ha bisogno di una base sicura, e il genitore si sente minacciato dal riattivarsi delle paure e dei traumi non risolti: come risultato il caregiver abdica alla sua funzione protettiva e chiede al figlio di prendersi cura di lui, attuando una inversione di ruolo. 7.3. UN APPROCCIO SISTEMICO ALL’ADATTAMENTO ADULTO: LA EMOTIONALLY FOCUSED COUPLES THERAPY Il modello Emotionally Focused Couples Therapy (EFT), terapia di coppia focalizzata sulle emozioni, è un intervento breve empiricamente validato, che permette alla coppia di ridefinire i propri legami di attaccamento. L’EFT considera le relazioni dalla prospettiva della teoria dell’attaccamento, integrandola con interventi sistematici, per affrontare i pattern di interazione negativa, e incoraggiare nuovi legami al fine si promuovere pattern di sicurezza. La prospettiva EFT considera la teoria dell’attaccamento come una teoria sistematica e transazionale. Secondo Kobak l’attaccamento è transazionale e sistemico; la sua essenza consiste in uno sguardo sull’intero sistema e su come gli elementi del sistema si organizzano e si mantengono. Secondo Bowlby la relazione tra l’individuo e il suo ambiente (inclusi gli altri) è l’anello più esterno del sistema e deve essere complementare all’anello più interno, così da mantenere un equilibrio. Riassunto ‘’modelli di intervento nella relazione familiare’’, A cura di Federica Cecchetelli 7 Il modello EFT, a differenza della prospettiva sistemica considera l’esperienza emotiva e comunicativa degli oggetti. Le risposte e i modelli sono legati a una relazione specifica, piuttosto che a una tendenza globale che si costituisce durante l’infanzia; le rappresentazioni interne dei modelli di attaccamento sono considerate più fluide e intercambiabili. Secondo Johnson esistono collegamenti significativi tra la teoria dell’attaccamento e la teoria sistemica. Entrambe: a) sono in grado di integrare l’intrapsichico e l’interpersonale in una prospettiva olistica; b) si occupano di condizioni non patologiche; c) hanno una visione simile della disfunzione; d) usano il concetto di causalità circolare per spiegare come avvengono le interazioni intime e come si creano stabili pattern di interazioni; e) evidenziano come i modelli del Sé e degli altri siano costantemente definiti in termini di interazione. A parere dell’ideatrice del modello, è possibile ricondurre la teoria dell’attaccamento a un’estensione della teoria sistemica. 7.3.1. BACKGROUND TEORICO Secondo Susan Johnson ogni terapia di coppia che condivida un approccio sistemico, e contemporaneamente consideri la relazione intima in termini di attaccamento, si articola lungo i seguenti principi: - Pone il focus sui processi di interazione, all’interno dei quali i bisogni di attaccamento sono espressi - Privilegia la comunicazione emotiva - Fa emergere i cruciali legami di attaccamento e anche eventuali ferite e violazione degli stessi - Crea una base sicura e un heaven of safety nelle sessioni di terapia - Riconosce l’importante processo dell’autodefinizione che è implicito in ogni interazione di attaccamento - Indirizza specifici momenti dell’interazione che definiscono la relazione come insicura - Analizza gli aspetti chiave della relazione adulta attraverso la teoria dell’attaccamento adulto Anche nel modello EFT la terapia di coppia integra la teoria dell’attaccamento con la teoria sistemica, seguendo i principi sopra indicati. 7.3.2. INDICAZIONI DI RILEVANZA PER IL TRATTAMENTO (OVVERO PER QUALI TIPI DI FAMIGLIE IL TRATTAMENTO SEMBRA PARTICOLARMENTE RILEVANTE) Le coppie con le quali l’EFT funziona bene sono quelle per le quali ha senso il focus sui bisogni dell’attaccamento, la creazione di fiducia e una connessione emotiva. L’EFT funziona meglio in associazione alla terapia di coppia. Il predittore più importante del successo dell’EFT sembra essere la particolare fiducia della donna che il suo partner si prenda cura di lei. Pure indicato per coppie in cui il partener maschile è descritto dalla propria partner come inespressivo. Non è indicato invece quando ci si trova di fronte a coppie che portano con sé una storia di abuso; e neppure per coppie formate da un uomo indipendente e da una donna tendente alla dipendenza. Per le coppie che si stanno separando è prevista una versione ridotta dell’EFT. 7.3.3. FINALITA’ DEL TRATTAMENTO Il terapeuta si focalizza su due compiti fondamentali: 1. Accesso e riformulazione delle risposte emotive, ossia: - Si concentra sull’esperienza emotiva saliente dall’individuo in termini di bisogno di attaccamento e sperimentazione della paura - Gioca un ruolo centrale nell’organizzazione dei pattern di interazione negativa - Usa interventi legati all’esperienza dell’individuo e interpretazioni empatiche 2. Formazione di nuove interazioni basate su queste risposte, ossia: - Riflette sui pattern di interazione identificando quelli negativi - Usa tecniche strutturali come la ripetizione e crea nuove regole nella relazione - Chiede a un partner di raccontare le proprie paure nei confronti dell’altro Le coppie entrano in terapia anche con l’obiettivo di portare particolari eventi traumatici e instaurare l’intimità e la fiducia perdute. 7.3.4. STRUTTURA DEL PROCESSO TERAPEUTICO Il processo dell’EFT si sviluppa lungo tre stadi: 1. Primo stadio: ‘’cycle de-escalation’’. Si propone di: a) cercare di formare un’alleanza e articolare il nucleo dei conflitti e delle problematiche relative all’attaccamento; b) identificare le problematiche che generano e mantengono un attaccamento di tipo insicuro; c) inquadrare il problema nei termini del ciclo sistemico e dell’attaccamento; d) favorire l’accesso alle emozioni sconosciute Riassunto ‘’modelli di intervento nella relazione familiare’’, A cura di Federica Cecchetelli 10 simbolico e vivono le relazioni interpersonali sulla base di eventi e fatti concreti. Sono realistici e concreti e non riescono a idealizzare l’altro. A livello diagnostico questo tipo di individui presenta tratti schizoidi, paranoidi e sadomasochisti, o rientra fra i cosiddetti narcisisti maligni con tratti di personalità antisociale. La relazione amorosa spesso è creata solo per gestire il terrore dell’abbandono. Questi soggetti raramente si autosegnalano. Il trattamento psicoanalitico incontra nell’incapacità di innamorarsi forte rabbia e invidia, che sono gli ostacoli maggiori a un ‘’innamoramento da transfert’’. Hanno un atteggiamento di falsa compliance alla terapia; è ‘’come se fossero coinvolti’’ ma non sono davvero coinvolti. L’intervento consigliato in ambito psicoanalitico è fortemente legato alla motivazione al cambiamento e alla gravità di questa impossibilità di amare contemporaneamente al recupero del buco affettivo e alla conseguente sofferenza da cui loro si difendono. Incapacità di rimanere innamorati Continuamente si innamorano. Dopo poco il loro entusiasmo, l’innamoramento, comincia a calare. Fino alla conclusione. Dopo brevi periodi di solitudine, il ciclo si ripete. Quattro punti nodali alla base di questo tipo di comportamento relazionale: il fallimmento nell’individuazione dell’ ‘’oggetto trasformazionale’’; l’ansia relativa alla fusione con l’oggetto; l’attivazione di una rabbia primitiva e distruttiva quando l’oggetto amato fallisce nell’accontentare tutte le promesse percepite dall’individuo; la graduale acquisizione da parte dell’oggetto di caratteristiche incestuose, che riattivano il conflitto edipico e il relativo senso di colpa. L’intervento di approccio psicoanalitico per essere efficace deve fare forza sugli aspetti dell’ambivalenza del soggetto e cercare di evidenziare la paura e il bisogno, all’interno della coppia e nella relazione transferale, per mitigare il timore della fusionalità. Contemporaneamente dovrebbe prendere in carico, nel partner, gli aspetti di aggressività e distruttività riflessi dalla depressione e dall’invidia. Questa strategia purtroppo è continuamente a rischio di fluttuazioni della vicinanza e anche di interruzione della terapia a causa della potente ambivalenza del paziente- coppia. Innamorarsi della persona sbagliata Di solito una persona inadeguata o proibita o irraggiungibile, perché troppo giovane e/o troppo vecchia ecc. Richiamano e si sostituiscono all’oggetto edipico, riattivando il conflitto e la scissione pre-edipica tra seno buono e seno cattivo. Un tipo esempio è il pensiero, tra gli uomini che hanno molte relazioni extraconiugali, del ruolo della moglie ‘’madonna’’ e delle amanti ‘’puttane’’. Nelle donne un meccanismo simile viene evidenziato dalla comparsa di un potente attaccamento erotico verso l’analista, oggetto d’amore irraggiungibile. Incapacità di disinnamorarsi e terminare una relazione Rifiuto tenace di accettare che l’altro non sia più innamorato e abbia posto fine alla relazione. In soggetti con strutture fortemente nevrotiche o borderline o con tratti psicotici, la tendenza è un’intensificazione dell’amore e del desiderio verso chi non è più innamorato. L’intervento con il singolo e con la coppia debba essere focalizzato sulla gestione della rabbia e del transfert erotico e maligno che scatena all’interno del setting con questi pazienti, soprattutto donne. Il trattamento della coppia e del singolo si focalizza sulla cura del transfert erotico maligno e delle implicazioni aggressive che esso comporta. Incapacità/impossibilità di sentirsi amati Molti narcisisti, paranoidi o schizoidi, sono magari amati, ma non possono sentirsi amati, perché nell’altro rischierebbero di vedere il riflesso di loro stessi. A volte l’incapacità di sentirsi amati è accompagnata da un atteggiamento attivo di rifiuto o di distruzione delle possibili relazioni che si creano: questo è il caso del narcisismo maligno. Queste persone distruggono ogni tipo di amore che viene loro fornito o proposto. Tutto ciò è una difesa estrema contro gli oggetti buoni. L’intervento risulta molto complesso e spesso mirato ad aumentare la consapevolezza e le risorse nel soggetto che manifesta depressione, a causa della fuggevolezza del narcisista. 8.1.3. MODELLI PSICOANALITICI DI FUNZIONAMENTO DELLA COPPIA O DELLA FAMIGLIA La famiglia o la coppia costruisce un’entità che va al di là delle singole parti. Molti dei modelli fanno riferimento alla terapia della coppia, ma alcuni si occupano dell’intera famiglia. Di rilievo particolare è il modello per la comprensione degli interventi sulla coppia proposto da Norsa e Zavattini. I modelli d’intervento con la famiglia sviluppati in ambito psicoanalitico, nonostante condividano alcuni aspetti della teoria psicoanalitica, formulano tutti ipotesi diversificate. Riassunto ‘’modelli di intervento nella relazione familiare’’, A cura di Federica Cecchetelli 11 8.1.4. TEORIA ELLA TECNICA Tutti gli autori che si immettono nell’ambito dell’intervento familiare su base psicoanalitica evidenziano l’importanza di alcuni principi fondamentali di tale tecnica (gli affetti, la riflessione e l’insight, la relazione terapeutica in particolare nei suoi aspetti transferali e controtransferali) come fattori curativi del trattamento. Essi vengono reinterpretati relativamente alla specificità del contesto familiare. Questi tre aspetti possono assumere pesi diversi a seconda che ci si ponga maggiormente verso il polo espressivo o verso il polo supportivo. 8.2. DEFINIZIONE DI FAMIGLIA SANA VS PATOLOGICA Gli autori ipotizzano che una componente della psicopatologia familiare sia da attribuire a bisogni inconsci e a meccanismi di difesa che influenzano la relazione attuale con gli altri membri della famiglia. Si parla di proiezione, esternalizzazione, identificazione proiettiva di bisogni e desideri di un partner nei confronti dell’altro. tuttavia, ogni autore presenta dei modelli peculiari di funzionamento sano e/o psicopatologico. 8.3. METODI PER DIAGNOSTICARE LA DISFUNZIONE O PATOLOGIA E UNITA’ DI INTERESSE (INDIVIDUALE, DIADICA, TRIADICA, SISTEMICA) Lo strumento principale per la diagnosi è lo scambio verbale sotto forma di colloquio, anche se svolgendosi l’incontro tra due o più pazienti contemporaneamente la conduzione non è quella classica della seduta individuale. L’unità è diadica o di sistema a seconda che ci si rivolga alla coppia, sia essa coniugale o genitoriale, o all’intero sistema familiare. Il momento diagnostico è separato e precede la fase di trattamento. 8.4. FINALITA’ DEL TRATTAMENTO Vengono precisate alla fine del processo diagnostico di consultazione. La conclusione non viene di solito prefissata ma dovrebbe derivare in comunanza tra terapeuta e famiglia dal processo terapeutico stesso. Scopo generale è accogliere la sofferenza delle famiglie all’interno di un contesto relazionale, senza centrare l’attenzione solo sull’aspetto obiettivo sintomatico o solo su un’analisi del malfunzionamento delle dinamiche relazionali, tenendo conto dell’influenza sia del singolo membro sia delle relazioni e dei significati consci e inconsci delle modalità relazionali che si sono costituite all’interno della famiglia. È fondamentale promuovere lo sviluppo di una migliore capacità di insight, di autoriflessione e di riflessione rispetto a come e perché certe cose succedono all’interno della famiglia e/o della coppia, sia essa coniugale o genitoriale. 8.5. STRUTTURA DEL PROCESSO TERAPEUTICO Setting: la coppia e la famiglia si riuniscono in uno spazio adibito alla specificità dell’incontro, con sedie disposte in modo da dare spazio a tutti i partecipanti; la frequenza di solito è settimanale e la durata di 45-50 minuti. Di solito si tratta di terapie a ‘’lungo termine’’. Alcuni modelli privilegiano l’utilizzazione di più terapeuti. Tecniche adottate e loro finalità: le tecniche utilizzate sono fondamentalmente quelle relative alle psicoterapie a orientamento psicoanalitico, con le differenziazioni classiche, già accennate, di polo interpretativo vs polo supportivo. Fattori di cambiamento: sono rappresentati dall’interpretazione, dall’alleanza terapeutica e da altri concetti classici della teoria della tecnica del trattamento a orientamento psicoanalitico. CAPITOLO 9 – ESEMPI DI MODELLI DI TERAPIE ESPRESSIVE IN AMBITO FAMILIARE 9.1. IL MODELLO OBJECT RELATIONS FAMILY THERAPY DI DAVID E JILL S. SCHARFF Gli autori basano il loro orientamento sui contribute della teoria della scuola inglese delle relazioni oggettuali. Principalmente riferimento a Fairbairn, ma anche a Klein, Winnicott e Balit, e a teorie psicoanalitiche dei gruppi di Bion e di Foulkes, cercando di costruire un modello che costituisca un ponte verso la terapia familiare. 9.1.1. BACKGROUND TEORICO Il concetto di base è che l’individuo nasce con una tendenza fondamentale alla relazione e che meccanismi di proiezione, introiezione, scissione e identificazione proiettiva guidano non solo lo sviluppo individuale, ma anche l’instaurarsi delle relazioni familiari e delle difficoltà che sorgono in esse. Ipotizzano che siano fondamentali il costruirsi di uno spazio transazionale e una particolare modalità di holding, nata dall’integrazione del concetto originario di Winnicott con quello successivo di Fairbairn. Gli autori dirigono un training in terapia familiare che comprende: sviluppo infantile, psicopatologia individuale, terapia di gruppo, ricerca sula famiglia come processo e, naturalmente, terapia familiare. La famiglia viene considerata un sistema che comprende insiemi di relazioni che funzionano in una maniera che è unica per la famiglia stessa. Importanza ai diversi stadi dello sviluppo della famiglia identificando i seguenti momenti fondamentali: a) il costruirsi della famiglia: la relazione di coppia, le difficoltà nelle relazioni di coppia e nel sopravvivere della coppia; b) la famiglia Riassunto ‘’modelli di intervento nella relazione familiare’’, A cura di Federica Cecchetelli 12 in attesa del primo figlio e la transizione verso la genitorialità; c) la famiglia di fronte al bambino piccolo; d) la famiglia di fronte al bambino di scuola elementare; e) la famiglia di fronte all’adolescente e al giovane adulto; f) la famiglia di fronte ai figli ormai adulti. Questi momenti vedono i figli come portatori di conflitti relativi alla teoria freudiana classica. Sembrano introdurre, per il figlio, un punto di vista stadiale. Secondo gli Scharff il legame di coppia può essere cementato e/o distrutto da numerose forze. Partendo da una prospettiva di Dicks e modificandola, propongono di individuare quattro sottosistemi di tali forze: a) la realtà pubblica a livello consapevole dove generalmente i partner vengono attratti dalla somiglianza nel background religioso, sociale, razziale o culturale; b) la realtà pubblica a livello inconsapevole dove la coppia è oggetto di proiezioni inconsce dei bisogni e delle aspettative dei loro genitori, dei parenti e più in generale della comunità; c) la realtà personale a livello consapevole dove due persone si accoppiano perché scientificamente cercano in maniera matura e differenziata una relazione ‘’sanzionaria’’ cooperativa in cui si forniscono reciprocamente amore, attaccamento, ammirazione, validazione in virtù della creazione della successiva generazione; d) la realtà personale a livello inconsapevole dove gli autori ipotizzano che si attui, accanto alla complessa relazione consapevole, un legame a livello inconscio costruito attorno alle relazioni oggettuali scisse e rimosse di tipo eccitante e rigettante. La coppia si costituisce sulla base di componenti sia consapevoli che inconsce, sia a livello personale che a livello sociale. Eccezioni al normale costruirsi della coppia sono rappresentate dalle situazioni in cui essa si forma sulla base di una relazione sadomasochista, dove sessualità e aggressività sono fuse in modo che gli scambi aggressivi e rifiutanti all’interno della coppia sono talmente pesantemente sessualizzati che i due non possono differenziarsi. Nella famiglia sana ciascuno dei due membri della coppia genitoriale-coniugale percepisce l’altro come oggetto d’amore e d’affetto e si sente oggetto degli stessi sentimenti in maniera consistente. Se ciò si verifica subentra un sentimento di progettualità e di accettazione del Sé, liberatorio per la personalità, e il senso di fiducia reciproca permette l’affacciarsi di aspetti rifiutanti senza che questo minacci i legami positivi esistenti. Nell’altro vengono proiettati aspetti di sé non accettati, che ciascuno, all’interno di una situazione generale di amore e fiducia, restituisce elaborati e modificati. Se invece prevalgono i fattori rifiutanti e cattivi, che non possono essere rielaborati e restituiti, ci troviamo di fronte a famiglie non funzionanti o patologiche. Alla base del funzionamento di coppia e familiare gli Scharff propongono una ulteriore concettualizzazione esplicativa dei processi familiari: uno specifico concetto di holding. Secondo gli Scharff la partnership psicologica, la capacità di instaurare relazioni intime e relazioni familiari d’affetto, si basa oltre che sulle relazioni oggettuali sulla costituzione di uno spazio transizionale secondo la teorizzazione di Winnicott. Il punto di partenza è l’ipotesi che la relazione madre-bambino si sviluppi da una partnership fisica, a una partnership mente-corpo che evoca la ricchezza di una intensa relazione che è al contempo estremamente fisica e fondamentalmente psicologica. Il mondo interno del bambino è completamente organizzato tramite le cure materne dell’holding e dell’handling. Questi aspetti fisici della partnership infantile con la madre svolgono una funzione importante nella relazione di coppia adulta: da essi si costituisce lo spazio transizionale. A partire da questa ipotesi, introducono tre fondamentali processi utili per la comprensione della dinamica familiare. - Relazionarsi: madre e bambino partecipano a un processo di comunicazione intima, di relazionarsi con e prendere dentro l’esperienza reciproca di mutua identificazione, al centro del loro Sé fisico e mentale, ciascuno validando l’identità dell’altro, pur rapportandosi nel confine del proprio Sé corporeo e mentale - ‘’Holding’’ centrato: è tutto l’insieme delle attività fisiche e psicologiche che la madre mette in atto per lo stabilirsi e svilupparsi della relazione - ‘’Holding’’ contestuale: il fornire il contesto generale fisico e mentale affinché si verifichi la relazione, in cui un ruolo fondamentale viene assolto anche dalla figura paterna 9.1.2. METODI PER DIAGNOSTICARE LA DISFUNZIONE O PATOLOGIA E UNITA’ DI INTERESSE (INDIVIDUALE, DIADICA, TRIADICA, SISTEMICA) Nel processo diagnostico viene rivolta l’attenzione alla fase evolutiva in cui si situa l’interazione familiare, alla capacità della famiglia di poter iniziare una terapia familiare espressiva di stampo psicoanalitico; questo implica valutare le risorse e le debolezze della famiglia ma anche, dal punto di vista della tecnica, la capacità di accettare la frustrazione e l’angoscia, di sviluppare un’attitudine psicologica e di lavorare tramite l’interpretazione e l’utilizzazione del transfert e del controtransfert, di cui vengono condotti dei test di verifica durante la consultazione diagnostica con l’intera famiglia. 9.1.3. FINALITA’ DEL TRATTAMENTO Riassunto ‘’modelli di intervento nella relazione familiare’’, A cura di Federica Cecchetelli 15 L’intervento di coppia prevede la partecipazione di entrambi i partner. Condotte da un unico terapeuta con cadenza settimanale. Si tratta di terapie a lungo termine, senza conclusione prefissata. Tecniche adottate e le loro finalità Il compito fondamentale della terapia consiste nell’analisi e nell’interpretazione delle dinamiche inconsce per permettere l’insinght e lo sviluppo di una maggiore conoscenza di sé all’interno della relazione di coppia. Lo psicoterapeuta di coppia ha a disposizione due scenari per l’osservazione e l’analisi: la relazione di transfert interna alla coppia stessa, anche se è comunque possibile che le dinamiche interne alla coppia siano legate alla relazione tra lo psicoterapeuta e la coppia stessa. Per proporre un’interpretazione interna alla coppia è condizione necessaria che la coppia stessa sia capace di una sana ambivalenza. Fattori di cambiamento Nella terapia di coppia è auspicabile che l’interpretazione si collochi nella relazione con lo psicoterapeuta come comprensione di come la coppia funziona in relazione al terapeuta stesso. 9.3. MODELLO NORSA-ZAVATTINI 9.3.1. BACKGROUND TEORICO Suddividere i diversi ambiti della teoria di riferimento degli autori in alcuni filoni principali: 1. Meccanismi di difesa: esternalizzazione, una modalità specifica di utilizzare il rapporto con l’altro in ottica difensiva. L’identificazione proiettiva, secondo cui l’oggetto su cui vengono proiettati gli oggetti interni ‘’cattivi’’ accoglie tali contenuti e inizia a comportarsi conformemente alle aspettative del partner. 2. Il tema dell’uso dell’altro: concetto cardine. Partendo dalla concezione classica, in cui l’altro viene visto come oggetto della scarica libidica, si riprende la felice metafora di Bion del contenuto/contenitore, ovvero la capacità individuale di accettare la realtà psichica dell’altro. 3. La coppia genitoriale interna: l’interiorizzazione della relazione di coppia dei genitori, così come è stata vista dall’individuo; sono costruzioni che l’individuo fa in rapporto alla natura della relazione dei propri genitori. La rappresentazione di coppia genitoriale interna è la risultante sia delle interazioni reali tra i genitori, sia delle fantasie dell’individuo su di esse. Quanto più questi due aspetti risulteranno incongruenti, tanto più sarà difficile per il soggetto crearsi aspettative realistiche nei confronti dei propri rapporti di coppia. 4. Teoria del modello: Norsa e Zavattini indicano che ognuno di noi ha meccanismi tipici per risolvere le proprie problematiche emotive attraverso il rapporto di coppia. In questo modello si parla di ‘’identificazioni proiettive incrociate’’, che riguardano vicendevolmente colui che attualizza il meccanismo difensivo e colui che lo accoglie. L’affido reciproco, immettendo nell’altro parti del Sé, se da un lato in alcune coppie può avere la funzione di riparare adeguatamente il proprio mondo interno, dall’altro diviene co-creare una relazione distorta, talvolta troppo compiacente. L’ingaggio di coppia ha sempre una valenza difensiva. Secondo i due autori, in sintesi, si possono riscontrare delle esigenze di massima fondamentali che spingono gli individui a usarsi reciprocamente. Le relazioni appaiono dipanarsi lungo un continuum che dalla polarità di ‘’complementarità inconscia’’ arriva all’altra polarità di collusione. 9.3.2. DEFINIZIONE DI FAMIGLIA SANA VS FAMIGLIA PATOLOGICA Secondo questa concezione ogni partner, in maniera vicendevole, contiene l’oggetto interno dell’altro a cui a sua volta vengono attribuiti aspetti di sé. Abbiamo visto come derivi dalla nozione bioniana di contenuto/contenitore, requisito primo affinché possa avvenire una qualunque crescita in ogni relazione di coppia. Sta proprio nel fallimento di quest’abilità la discriminante patologica. La situazione di patologia viene a determinarsi quando, a seguito della proiezione degli aspetti inaccettabili del Sé, al partner non viene concessa la possibilità di reintroiettare i propri contenuti mentali. Norsa e Zavattini distinguono chiaramente la coppia sana e/o funzionante da quella patologia e/o disfunzionale proprio attraverso il ‘’tema dell’uso dell’altro’’. Gli autori sostengono che all’interno della coppia vengono a crearsi degli schemi tali che se da un lato possono garantire la coesione del Sé in un clima di reciproca comprensione, dall’altro possono invece determinare circoli viziosi peggiorativi, in cui a uno dei partner è delegato il ruolo fallimentare di totale o parziale incapacità. 9.3.3. INDICAZIONI DI RILEVANZA PER IL TRATTAMENTO (OVVERO PER QUALI TIPI DI FAMIGLIE IL TRATTAMENTO SEMBRA PARTICOLARMENTE RILEVANTE) È molto difficile stabilire quali coppie possano maggiormente fruire di questo tipo di intervento. Se il concetto di affido in alcune relazioni ha una valenza positiva, ossia consente di esternalizzare aspetti del Sé mobilitando una reazione dinamica nell’altro per migliorare, comprendere e rifigurare le proprie problematiche, si Riassunto ‘’modelli di intervento nella relazione familiare’’, A cura di Federica Cecchetelli 16 può immaginare che per quelle coppie, invece, che decidono di intraprendere una terapia, tale affido abbia fallito la propria funzione di reverie, e abbia esclusivamente una valenza patologica. Ci si libera di parti del Sé tramite l’identificazione proiettiva e sono proprio tutti questi movimenti che attribuiscono alla coppia il ruolo di contenitore della psicopatologia di uno o di entrambi i partner. Il trattamento risulta tanto più utile, quanto più la motivazione sottostante la richiesta di aiuto è profonda e implica la richiesta di decollusione e di reintegrazione degli aspetti scissi del Sé affidati all’altro. 9.3.4. METODI PER DIAGNOSTICARE LA DISFUNZIONE O PATOLOGIA E UNITA’ DI INTERESSE (INDIVIDUALE, DIADICA, TRIADICA, SISTEMICA) Il modello di Norsa e Zavattini prevede sia una fase di consultazione diagnostica, sia una terapia vera e propria. Il colloquio di diagnosi vero e proprio, assume un ruolo centrale, risultando l’unico strumento di indagine per la valutazione della sofferenza nella coppia. Appare strutturato per aree, mira a investigare: - Valutare che tipo di cambiamento si sia verificato in quel preciso momento, tale da causare la richiesta di aiuto; - Indagare quale sia il rapporto tra la psicopatologia di un coniuge e quella dell’altro e quale il ruolo di ciascun coniuge per mantenere il proprio equilibrio; - Interrogarsi su quale sia il ‘’tema inconscio condiviso’’, ovvero come la sofferenza dell’uno e dell’altro venga ad articolarsi in una tematica comune. 9.3.5. STRUTTURA DEL PROCESSO TERAPEUTICO Setting Il setting segue regole precise, è necessaria la presenza congiunta dei partner. Riprendendo dalla tecnica psicoanalitica classica il principio di astinenza, la regola della frustrazione, la sospensione dell’azione cui il terapeuta di coppia deve attenersi e infine l’uso del transfert. Compito del terapeuta è innanzitutto riformulare, consentendo l’emergere di costruzioni circa la propria vita relazionale, e successivamente osservare il ‘’tema inconscio condiviso’’, sogni e fantasie inconsce, cui assegnare nuovi significati, in questo caso utilizzando come strumento principe l’interpretazione. Tecniche adottate e loro finalità Equilateralità: cercare di interpretare la problematica relazionale non ‘’sommando’’ i mondi interni dei due partner, bensì valutando lo spazio in comune di questi due mondi. Il lavoro del terapeuta deve essere quindi votato al ‘’principio di equilateralità’’, che significa prendersi cura di tutti i poli della relazione, ovvero prendersi cura dei due partner, ma soprattutto, e ancor di più, della relaizone. Uso del transfert e del controtransfert: il setting della terapia di coppia prevede la presenza congiunta di due terapeuti, uomo e donna, che consente di affrontare i diversi livelli dell’intersoggettività. Secondo gli autori, due terapeuti faciliterebbero l’emergere di ulteriori fenomeni transferali. - Il transfert di coppia, in cui la relazione di coppia diventa scenario ideale per la relazione di transfert; entrambi i partner vengono modificati dalle proiezioni dell’altro e si assiste all’attualizzazione dei modelli operativi interni nella relazione, luogo in cui i due partner possono esprimere le loro rappresentazioni dell’oggetto significativo interno - Il transfert sulla coppia terapeutica: spesso il transfert all’interno della coppia lascia silenti alcune dinamiche dei pazienti che invece hanno luogo nel transfert verso i terapeuti che, diviene un parametro di estrema importanza per valutare la gamma delle rappresentazioni diadiche e triadiche di ciascuno. Il transfert nel lavoro con le coppie può avere due valenze, una positiva, in cui il terapeuta e l’intervento vengono vissuti con forti aspettative di aiuto, e una decisamente negativa, in cui la coppia difende le sue dinamiche attraverso la svalutazione della terapia. Fattori di cambiamento Il cambiamento avviene a livello di ristrutturazioni del mondo interno dei due coniugi. 9.4. IPOTESI DI LINEA EVOLUTIVA NELLA RAPPRESENTAZIONE DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA Le teorizzazioni si fondano soprattutto sul paradigma delle relazioni oggettuali. Poco spazio, a nostro parere, viene dato a un modello di rappresentazioni interne di oggetti e relazioni d’oggetto che tenga presente una evoluzione stadiale. A nostro parere, un approccio stadiale alle dinamiche di coppia e familiari consentirebbe una interpretazione più ampia e articolata del funzionamento della coppia e della famiglia. Un approccio stadiale permette di vedere a quale stadio di sviluppo si situi la relazione oggettuale di ciascun partner nei confronti dell’altro. Riassunto ‘’modelli di intervento nella relazione familiare’’, A cura di Federica Cecchetelli 17 CAPITOLO 10 – MODELLI SUPPORTIVI 10.1. MODELLI DI INTERVENTO SUPPORTIVI I modelli di intervento in ambito familiare polarizzano l’attenzione sul disagio come espressione di una difficoltà relazionale, in cui sono coinvolti aspetti consci e inconsci. a seconda delle varie prospettive teoriche, il disagio viene inserito in una complessità di significati collegata alla ‘’realtà intrapsichica delle relazioni familiari’’. Gli interventi che abbiamo finora descritto in termini di valutazione del trattamento possono essere definiti come ‘’terapie espressive’’ rispetto a quelle ‘’supportive’’. Tale differenziazione fa riferimento sia alle finalità che all’uso delle tecniche all’interno dello svolgimento della seduta. Se le prime conducono il paziente a una ristrutturazione della personalità e a una soluzione più adeguata dei conflitti, in una prospettiva evolutiva; quelle supportive si propongono di accompagnare il soggetto in un percorso che sta compiendo. La differenziazione implica anche specificità nell’uso dell’interpretazione, del transfert e controtransfert. Le terapie di sostegno possono essere terapie brevi o meno, ma di solito sono a lungo termine. Le terapie espressive richiedono al terapeuta un training psicoanalitico personale, che gli consente di vivere e comprendere in maniera adeguata i movimenti transferali e controtransferali comunicati dalla famiglia. Il counseling si differenzia dai modelli di intervento in psicologia clinica sia per la scelta di specifiche procedure, sia perché si rivolge soprattutto alle persone ‘’relativamente prive di disturbi’’. Il counseling si propone di focalizzare l’attenzione sui problemi di crescita personale, su eventuali crisi evolutive o situazionali in persone che generalmente funzionano in modo adeguato. Il counseling si appoggia e viene guidato da diversi modelli teorici e si basa sulla comunicazione verbale, sull’aiutare il cliente a riflettere sulle proprie parti sane ed evolutive, su aspetti consapevoli. La distinzione tra terapie supportive e counseling diviene molto sfumata. 10.1.1. ASPETTI CONDIVISI Le terapie supportive su base psicoanalitica nell’ambito dell’intervento familiare condividono alcuni principi teorici e di teoria della tecnica delle terapie espressive. 1. Ipotizzano che la teoria psicoanalitica mantenga un elevato potere esplicativo non solo del funzionamento individuale, ma anche del funzionamento della famiglia. Condividono poi l’ipotesi che la famiglia o i suoi sottosistemi costituiscono un oggetto di studio peculiare in cui la totalità è diversa dalle singole parti e come tale ad essa ci si deve rivolgere pure nella comprensione della singolarità e funzione di ogni membro 2. Condividono i seguenti concetti di base della teoria psicoanalitica: - Considerano la persona intera e non soltanto come espressione di un sintomo - Ipotizzano l’influenza di aspetti sia consci che inconsci sulla modalità di relazionarsi e di rappresentarsi le relazioni - Concordano sul fatto che le relazioni rappresentate hanno componenti sia consce che inconsce - Fanno riferimento alle relazioni iniziali genitore-bambino, ma anche alla centralità della triangolazione edipica, o anche al significato dell’adolescenza o della transizione alla genitorialità come processo di sviluppo intrapsichico - Ipotizzano che le relazioni passate sono ancora presenti nel mondo interno dei singoli membri del sistema familiare e/o dei sottosistemi e che esse giocano un ruolo nella relazione - Danno sempre più importanza al ruolo fondamentale de padre 3. Una componente della psicopatologia familiare sia da attribuire a meccanismi specifici che influenzano la relazione attuale con gli altri membri della famiglia e che strategie che potremmo definire sotto l’ampio cappello di esternalizzazione di bisogni propri nei confronti del partner e di altri membri della famiglia siano una componente fondamentale del relazionarsi all’interno del contesto familiare 4. Lo scopo generale della terapia familiare sulla base di un background psicoanalitico è: - Accogliere la sofferenza delle famiglie all’interno di un contesto relazionale, senza centrare l’attenzione solo sull’aspetto obiettivo sintomatico, tenendo conto sia dell’influenza del singolo membri sia delle relazioni e dei significati consci e inconsci delle modalità relazionali che si sono costituite all’interno della famiglia - Aiutare le famiglie a risolvere i problemi che le hanno portate al trattamento - Aiutare ciascun membro della famiglia a migliorare le capacità di dare un nome ai sentimenti che prova, a riconoscerli ed esserne consapevole - Aiutare il paziente a produrre delle connessioni tra pensieri ed emozioni - Accrescere la capacità di autoriflessione e di domandarsi come e perché certe cose succedono all’interno della famiglia - Rendere attivi i membri della famiglia dando loro la possibilità di confrontarsi con gli altri componenti rispetto a nuove modalità di pensare affinché venga messa in atto una nuova modalità di rapportarsi vicendevolmente e di negoziare una nuova concreta risposta al problema
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