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Riassunto libro Ottocentonovecento, Appunti di Storia Contemporanea

Breve riassunto delle questioni principali del libro.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 25/01/2023

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marta-cicolin 🇮🇹

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Scarica Riassunto libro Ottocentonovecento e più Appunti in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! STORIA CONTEMPORANEA CAPITOLO 1 - LA RESTAURAZIONE EUROPEA IL CONGRESSO DI VIENNA 1815 -> Sconfitta di Napoleone (battaglia di Waterloo) Sovrani d’Europa a Vienna -> Conferenza internazionale della pace, due gli scopi: ridisegnare i confini degli Stati e decidere il destino delle dinastie regnanti. (Gli Asburgo d’Austria, i Romanov di Russia, gli Hannover di Gran Bretagna e i Borbone di Francia). Charles Maurice de Tayllerand -> permise alla Francia di rientrare nel gioco diplomatico. Klemens von Metternich -> principe austriaco protagonista del congresso di Vienna. ITALIA -> Settentrionale: Regno di Sardegna, governato dai Savoia, nuovo territorio della ex Repubblica di Genova Regno Lombardo-Veneto, controllato dall’Austria, fortezze di Ferrara e Piacenza. Centrale: Controllata dall’Austria Gran Ducato di Toscana, capo Asburgo-Lorena Ducato di Modena, capo Austria-Este Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, alla morte della moglie di Napoleone ai Borbone Stato Pontificio, guidato dal Papa (Emilia, Romagne, Marche, Umbria, Lazio). Meridionale: Regno delle Due Sicilie, comprendeva il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia, Borbone. EUROPA CENTRORIENTALE -> Abitato da molti gruppi nazionali, i problemi maggiori riguardano lo spazio polacco e quello tedesco. Spazio polacco: spartire il vecchio Ducato di Varsavia tra la Russia e la Prussia. Spazio tedesco: dai 300 stati si passò a 39 della nuova Confederazione tedesca, la Prussia con i territori della Westfalia e della Renania si rafforzò, temuta dai tedeschi per la sua possibilità di unificare i territori. FRANCIA -> Punita e riportata ai confini iniziali, perdita delle colonie. UNIONE DI BELGIO E PAESI BASSI -> Guida del principe Guglielmo d’Orange-Nassau, questa unione fu giustificata con l necessità di creare uno stato-cuscinetto, per poter contenere le future ambizioni della Francia. Paura della rivoluzione, i sovrani ritennero che fosse una priorità “restaurare” i tradizionali pilastri del vecchio ordine: monarchia, Chiesa e proprietà. Restaurazione -> periodo compreso tra il 1815 e il 1848, principio chiave: legittimismo dinastico, diritto dei sovrani spodestati dalla rivoluzione a tornare sul trono. Principio che si scontrò con le leggi della politica. La Santa Alleanza Creare un equilibrio stabile in Europa fu un obiettivo del Congresso di Vienna: Da una parte, rafforzò le tre principali potenze militari continentali (Prussia, Impero russo e Impero Austriaco) e circondando la Francia di un sistema-cuscinetto di stati resi più forti di prima. Dall’altra, i sovrani di Russia, Prussia e Austria decisero di rendere permanente il proprio impegno a mantenere lo status quo, attraverso la stipula di un’alleanza personale (settembre 1815). Definita Santa Alleanza, patto politico- militare, aiuto reciproco per evitare rivoluzioni. Novembre 1815 -> Irritata la Gran Bretagna si fece promotrice di un secondo trattato internazionale: la Quadruplice Alleanza. Impegnava i contraenti contro possibili velleità di rivincita francese, tutti si impegnavano a intervenire nel momento in cui vi fosse un accenno di minaccia rivoluzionaria che rompesse l’equilibrio europeo. I CARATTERI DELLA RESTAURAZIONE Gli stati modellati dall’esperienza napoleonica erano diventati più efficienti, anche la società era mutata, abituandosi ai vantaggi dati dalla certezza del diritto. Gli stati della Restaurazione dovettero cercare un difficile compromesso tra il prima e il dopo. LA RESTAURAZIONE NEI DIVERSI PAESI Restaurazione -> Gran Bretagna: prevalenza della destra del partito conservatore, si tradusse nel dominio degli interessi della grande proprietà terriera e nella conseguente imposizione di un forte dazio sull’importazione del grano. In alcuni paesi assunse forme repressive, come in Spagna dove il re (Ferdinando VII) dovette cancellare la “Costituzione di Cadice” e nel Regno di Sardegna con l’abrogazione in blocco della legislazione napoleonica da parte del re (Vittorio Emanuele I). Francia: il nuovo re (Luigi XVIII) promulgò una Costituzione che garantiva le libertà fondamentali e assicurava il rispetto degli assetti economici-sociali esistenti. 1824 -> ascese al trono Carlo X. Regimi a base parzialmente rappresentativa, con parlamenti eletti a suffragio ristretto e poteri molto limitati furono mantenuti: Regno dei Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Svizzera, e in alcuni stati della Confederazione germanica. SOCIETA’ SEGRETE, COSPIRAZIONI E INSURREZIONI Allontanamento dai ruoli di potere degli uomini che avevano fatto carriera negli anni di Napoleone, ritrovandosi così discriminati; fu soprattutto all’interno di tale classe sociale che trovarono consensi le società segrete. Divennero il principale strumento di lotta politica. Italia e Spagna -> Carboneria (Costituzionalismo moderato) Altre come Adelfi e Filadelfi, soluzioni democratiche. Tutte condividevano lo stesso modello organizzativo, piramidale e iniziatico; il loro limite stava nella base ristretta degli aderenti che erano per lo più studenti e militari. I MOTI RIVOLUZIONARI DEL 1820-1821 La prima rivolta contro la Restaurazione scoppiò in Spagna (1 gennaio 1820), furono i soldati a ribellarsi contro il sovrano, in attesa di essere imbarcarti per il Sudamerica, reclamando il ripristino della costituzione liberale. Il Re (Ferdinando VII di Borbone) acconsentì, appellandosi alla Santa Alleanza per le truppe francesi. Regno di Napoli, militari guidati da Guglielmo Pepe, di cui molti affiliati alla carboneria, cercarono di ottenere la concessione di una Carta costituzione sul modello spagnolo. Scesi lungo la penisola su mandato della Santa Alleanza, le truppe austriache entrarono a Napoli e misero fine a quella breve esperienza liberale. Nel Lombardo-Veneto il tentativo insurrezionale fu subito stroncato, mentre in Piemonte le forze liberali contarono all’inizio sul favore del principe Carlo Alberto di Savoia, che reggeva il regno in attesa di Carlo Felice. Quest’ultimo essendo assolutamente contrario a ogni ipotesi di concessione della costituzione, Carlo Alberto decise di rientrare nei ranghi, così nella successiva battaglia Carlo Felice sconfisse i rivoltosi. I MOTI RIVOLUZIONARI DEL 1830-1831 L’Europa in questi anni fu attraversata da una nuova ondata rivoluzionaria, le insurrezioni avrebbero avuto conseguenze molto più profonde e durature. Riguardarono il paese che aveva rappresentato il centro di irradiazione delle ideologie rivoluzionarie. FRANCIA -> 29 luglio 1830, dopo tre giorni di scontri, re Carlo X fu costretto alla fuga. Le Camere dichiararono decaduta la dinastia borbonica, nominando Luigi Filippo d’Orléans, che il 9 agosto 1830 fu proclamato dal Parlamento “il re dei francesi per volontà della nazione”. Da quel momento la Francia era passata da un governo repressivo e antiliberale al cessare di essere un pilastro dell’ordine conservatore. Quindi con la vittoria dei liberal-moderati. In contemporanea: 13 marzo 1848-> insurrezione a Vienna 15 marzo 1848-> insurrezione a Budapest 17-18 marzo 1848-> sollevarsi Venezia e Milano, Berlino 19 marzo 1848-> Praga, petizione per ottenere più autonomia Ottobre 1848-> rivolta a Vienna IMPERO ASBURGICO Sollevazione in Ungheria -> guidata dagli intellettuali, nascita di un governo nazionale con a capo Lajos Kossuth; Fine dei rapporti feudali; Eletto un parlamento e formato un esercito nazionale. Sollevazione dei popoli slavi -> Aprile 1848, governo provvisorio a Praga; Giugno 1848, a Praga si riunì un congresso di tutti i popoli slavi soggetti alla corona asburgica, con ciò gli incidenti scoppiati fornirono il pretesto per sciogliere il congresso e abolire il governo ceco. L’esercito rimase fedele alla casa di Asburgo, sfruttò i contrasti tra le diverse nazionalità; Attivismo del giovane imperatore Francesco Giuseppe, sciolse d’autorità il Reichstag e promulgò una costituzione “moderata”. GERMANIA -> 1834, realizzato lo Zollvrein (unione doganale) tra i 38 stati della Confederazione Germanica. 18 marzo: manifestazioni popolari a Berlino - Re Federico Guglielmo IV di Prussia concesse la libertà di stampa e convocò il parlamento prussiano; I liberali dei vari stati tedeschi si riunirono in assemblea a Francoforte. - Assemblea assorbita dalla questione istituzionale, si doveva promuovere la nascita della “piccola Germania” oppure della “grande Germania”. - Nel frattempo in Prussia il movimento liberal-democratico declinava rapidamente, soprattutto perché la borghesia diveniva via via sempre più timorosa di possibili rivolgimenti sociali a Berlino; - Aprile 1849, la delegazione inviata a Berlino dell’Assemblea di Francoforte ricevette il rifiuto ad accettare la corona da parte del re di Prussia. ITALIA -> Dibattito politico precedente al 1848 Idee per il miglior assetto istituzionale per il prossimo Stato-nazionale: - L’Italia avrebbe dovuto costituirsi come Confederazione di stati, ciascuno governato dal proprio principe e sottoposto alla presidenza “onoraria” del papa. - L’Italia come Confederazione di stati dotata di larga autonomia e animati dalle riforme democratiche. - Italia come stato centralizzato, sul modello della Francia, organizzato attorno al Piemonte e alla dinastia sabauda. - Italia come stato centralizzato e repubblicano, realizzato grazie a insurrezioni popolari senza che ai vari principi fosse concesso un ruolo. La guerra dei sovrani Gennaio 1848 -> insurrezione a Palermo, tradizionale aspirazione della Sicilia all’autonomia da Napoli, 29 gennaio 1848 Ferdinando II concesse una Costituzione. Così si innescò un processo a catena: anche gli altri sovrani concedettero costituzioni liberali. Iniziarono le sollevazioni verso l’Austria: il 17 marzo 1848, Venezia poi il 18 marzo a Milano. 23 marzo 1848 il Piemonte di Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria, iniziò così la PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA. Questa scelta condizionò altri stati italiani, che furono costretti a inviare militari in aiuto, anche se dopo poche settimane queste truppe si ritirarono. I motivi? Scarsa abilità di Carlo Alberto; Difficoltà di Pio IX di assecondare una guerra contro una potenza cattolica. Piena riconquista del potere da parte di Ferdinando di Borbone, dopo le prime vittorie arrivò la sconfitta di Custoza, dopo il primo armistizio il Piemonte riprese la guerra, Sconfitta decisiva di Novara; re Carlo Alberto abdicò in favore di Vittorio Emanuele II. La guerra popolare ROMA E VENEZIA Novembre 1848 -> ucciso a Roma, durante una sollevazione popolare, il primo ministro liberal-moderato Pellegrino Rossi; il papa lasciò la città e si rifugiò a Gaeta. Gennaio 1849 -> Elezioni per l’Assemblea costituente e nel febbraio 1849 proclamata la Repubblica Romana, il governo formato da un triumvirato: Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi; a capo dell’esercito fu nominato Giuseppe Garibaldi. La Repubblica fu attaccata dai francesi che intendevano riportare il papa sul trono. 4 luglio 1849 -> lo stesso giorno in cui veniva promulgata la Costituzione, la Repubblica Romana cadde; Agosto 1849 -> anche Venezia cedette agli Austriaci. Cause del fallimento dei movimenti -> profonde fratture che attraversavano le forze del cambiamento e della rivoluzione, tutto ciò però non cancellò il concetto di Nazione. CAPITOLO 3 - L’EUROPA DELLE GRANDI POTENZE FRANCIA -> Nella seconda parte del 800 rimase la patria della Rivoluzione, dunque instabilità politica. Al di là delle Alpi si affermò un sistema di governo fortemente centralizzato, sorretto da un forte esercito e un parlamento che non rappresentava la “volontà generale” della nazione, quanto luogo della mediazione con la periferia. Sistema politico incentrato su due grandi tradizioni: partito del mouvement e quello della resistance (progresso e conservazione). La Francia di Napoleone III 2 Dicembre 1851-> un colpo di stato determinò l’estensione a dieci anni del potere del presidente. 21 novembre 1852-> plebiscito lo proclamò imperatore La Francia tornò ad essere una monarchia, un regime che non temeva il suffragio universale, soffocò la libertà facendosi forte del consenso della maggioranza dei francesi. (bonapartismo, controllo burocratico e decisivo consenso dei gruppi militari) Alla base del potere di Napoleone III c’era: la possibilità di impedire alle forze politiche di esprimersi liberamente; l’ottimo sviluppo economico in quegli anni. Guerre a cui partecipò la Francia di Napoleone III: 1| La guerra di Crimea Impero Ottomano costretto a cedere alle pressioni francesi, la Russia avanzò la richiesta di ottenere il protettorato dei territori abitati da cristiani ortodossi. Al rifiuto ottomano, la Russia invase i principati danubiani (Moldavia e Valacchia). Azione che fece scoppiare la guerra tra Russia e Impero Ottomano, con Gran Bretagna che intervennero per evitare la sconfitta ottomana. Alla guerra partecipò anche il Piemonte di Cavour, in questo modo riuscì a destrare l’interesse della Francis per la questione nazionale italiana. 2| La guerra del 1859 in Italia Accordi di Plombières (21 luglio 1858) -> Cavour strinse un’alleanza segreta con Napoleone III. Il patto prevedeva la cessione di Nizza e Savoia alla Francia; in cambio di aiuto militare per i piemontesi per poter conquistare la Lombardia e il Veneto, anche se Napoleone in realtà mirava a sostituire l’influenza austriaca in Italia con quella francese. Una volta scoppiata la guerra, gli eserciti si affrontarono in due battaglie: San Martino e Solferino (24 giugno 1859). Napoleone avviò trattative di pace con l’Austria senza tenere conto del rapporto con il Piemonte quindi anche quest’ultimo dovette fare altrettanto. Così l’8 giugno 1859 si giunse all’armistizio di Villafranca. Il Piemonte ottenne la Lombardia, ma non il Veneto. Le insurrezioni nei ducati dell’Italia centrale, che chiesero e ottennero l’annessione al Regno di Sardegna, irritarono Napoleone III, la loro annessione al Piemonte impedì di realizzare il piano di sostituzione dell’egemonia austriaca a quella francese, ciò portò Napoleone a ritirarsi prima di ottenere una vittoria decisiva. 3| La guerra franco-prussiana La Francia era preoccupata per la rapida crescita economico-militare della Prussia, il pretesto dello scoppio fu rappresentato dalla vacanza del trono di Spagna e dalle trattative delle presenze europee per decidere quale a quale famiglia nobiliare lo stesso dovesse essere assegnato. Durante la discussione fu inviato da Guglielmo I un dispaccio (dispaccio di Ems) a Napoleone III. Il telegramma fu però manipolato da Bismarck, in modo da risultare offensivo, così Napoleone dichiarò guerra alla Prussia. L’efficienza militare prussiana fu amplificata dalla superiorità logistica, la sviluppata rete di ferrovie tedesche spostò le truppe e consentì loro di avere una schiacciante superiorità. La Francia fu sconfitta nella battaglia di Sedan. Caduta di Napoleone III e nascita della Terza Repubblica. La Francia della Terza Repubblica Primo periodo (1871-1879) caratterizzato da instabilità. La comune di Parigi 18 marzo-21 maggio 1871 -> Parigi si ribellò all’ipotesi di pace con la Germania e proclamò la nascita della “Comune”. Adottata la bandiera rossa e si chiamarono alle armi tutti. I magistrati divennero elettivi, garantita l’istruzione laica gratuita e equiparati i salari per tutte le professioni. La comune repressa dalle truppe francesi del governo e il 31 agosto 1871 nacque la III Repubblica, presidenza di Mac Mahon. 1| Parlamento puro Non riconosceva un ruolo decisivo ai partiti, grandi schieramenti pro o contro il sistema. In Parlamento la politica consisteva soprattutto nella capacità dei leader di aggregare i deputati attorno ad alcune singole idee o provvedimenti. 2| Le grandi riforme 1879-> Le Camere tornarono a Parigi 1880-> La “Marsigliese” come inno nazionale 14 luglio-> Festa nazionale La Terza Repubblica si costituì come regime liberale, adottate anche leggi anticlericali, fortissimo investimento fu fatto sulla scuola (gratuità e obbligo di insegnamento primario). 3| La crisi boulangista Il ritorno alla guida del paese parve possibile sul finire degli anni 80, quando nel 1885 il generale Georges Boulanger divenne Ministro della Guerra, ma grazie all’atteggiamento antitedesco in pochi mesi si trasformò. Grazie alla mobilitazione nazionalista che ne fece un campione del revanchismo, egli lasciò che attorno alla sua persona si organizzasse un forte movimento politico, di stampo autoritario e antiparlamentare. Alla fine nel 1888, minacciato di essere processato per attentato alla sicurezza dello stato, fuggì in Belgio. 4| La crisi di fine secolo Forze antiparlamentari e antirepubblicane trovarono modo di allearsi, in occasione della crisi politica determinata dal caso di Alfredo Dreyfus. Dopo una ingiusta condanna come spia dei tedeschi, nel 1898 il caso venne riaperto. Si può ricordare il famoso articolo “J’accuse” di Emile Zola pubblicato sul giornale “Aurore”; la mobilitazione progressista a favore di Dreyfus, completamente scagionato dalle accuse solo nel 1906, rappresentò poi il traino per la vittoria dei progressisti alle elezioni del 1899. 5| La Francia potenza coloniale Fu la Germania a indirizzarla verso gli obiettivi coloniali, l’intento di Bismarck era quello di distogliere la Francia dal desiderio di “rivincita” per metterla invece in competizione con la Gran Bretagna. La Francia possedeva già una colonia: 1830 Algeria. 1881-> conquistò la Tunisia 1883-1884-> Indocina e Madagascar Negli anni 80 fu poi occupata l’Africa Occidentale. Maggiore tensione nel 1898, quando contingenti francesi e inglesi rischiarono lo scontro armato a Fascioda (Sudan). La definizione dei rispettivi interessi coloniali avrebbe portato entrambi gli stati a sviluppare un rapporto più stretto e nel 1904 condurrà ad una stipula di un’alleanza militare (l’Entente cordiale). Die weltpolitik L’equilibrato sistema di alleanze si infranse con la salita al potere, nel 1888 del nuovo Kaiser Guglielmo II, il suo atteggiamento condusse un cambio nell’approccio tedesco alla politica estera. 1890-> Bismarck fu costretto a dimettersi. L’imperatore Guglielmo II, appoggiato ai vertici militari, diede a questo punto l’avvio ad una politica estera più aggressiva. Obiettivo della Weltpolitik-> soddisfazione delle ambizioni imperiali, ogni qualvolta se ne fosse presentata l’occasione la Germania si sarebbe mostrata pronta a reclamare, anche minacciando la guerra, il proprio diritto a vedere soddisfatte le proprie pretese. Riarmo navale-> consentiva alla Germania di avere uno strumento in grado di possedere uno strumento che garantisse la proiezione della potenza tedesca in ogni angolo della terra. Questo atteggiamento esasperò il clima nazionalistico esistente in altri paesi, ma condusse ad un sempre più rapido avvicinamento tra potenze che Bismarck aveva cercato di mantenere l’un dell’altra sospettose. Allo stesso modo la Germania finì per irrigidire il proprio sistema di alleanze, legandosi in un modo sempre più vincolante all’Austria-Ungheria. IMPERO RUSSO 1861-> abolizione della servitù della gleba, restituì liberta personale e parità giuridica a milioni di persone. L’organizzazione del lavoro del mondo contadino rimaneva fondata sulle comunità di villaggio (la obscina), erano quasi del tutto indipendenti, come assemblee formate dai capifamiglia (i Mir), assegnavano i fondi da coltivare e curavano l’esazione dei tributi. A dominare era ancora l’aristocrazia terriera, residente nelle grandi città. L’isolamento delle masse contadine era poi acuita dalla mancanza di istituzioni statali capaci di organizzare il paese. Unico indizio della presenza dello stato era la polizia segreta (Okrana) controllata dallo Zar. Vivace era la vita intellettuale. Dal punto di vista delle istituzioni politiche poteva essere classificata come un’autocrazia. La stessa istituzione della Duma (una specie di parlamento) rimaneva in concessione dello Zar. L’Impero Russo visse alla fine dell’800 una stagione di modernizzazione. Negli anni 90, alimentata dagli investimenti stranieri e dalla politica di protezione assicurata dai governi dello Zar, si costituì una prima base industriale. A trainare gli investimenti che portarono alla nascita di consistenti gruppi operai furono le costruzioni ferroviarie, soprattutto la ferrovia Transiberiana. I motivi di debolezza Lo scatenarsi dei nazionalismi e dei movimenti estremisti La Russia soffrì nella seconda parte dell’800 per il desiderio indipendentista delle numerose etnie sottomesse. Tra le rivolte più famose, quella della Polonia nel 1863-1864, repressione che diede il via a un fenomeno di emigrazione di esuli. Nelle campagne si diffusero una serie di movimenti radicali, pericolosi per la loro capacità di produrre un serio indebolimento del controllo dello stato centrale e per la capacità di rendere popolari gli atteggiamenti nichilisti. Movimento di maggiore diffusione-> il Populismo Tutti i movimenti alimentavano un socialismo agrario propriamente russo, capace di scuotere dall’apatia il proletariato delle campagne e di mobilitarlo all’interno delle modalità d’azione proprie della tradizione comunitaria russa. La sconfitta militare e la rivoluzione del 1905 1904-> la Russia entrò in guerra contro il Giappone, una delle cause principali era quella dei forti pregiudizi razziali nutriti nei confronti dei popoli non europei. La guerra, dopo la battaglia di Tsushima, fu vinta dal Giappone. Quindi alla sconfitta militare si aggiunse il peggioramento delle condizioni di vita della popolazione russa. Quando un corteo pacifico di protesta venne preso a fucilate dall’esercito a Pietroburgo qualcosa si spezzò nel rapporto tra lo Zar e il suo popolo. Priva di canali legali attraverso cui esprimersi la protesta politica e sociale si coagulò in un moto rivoluzionario. Durante questa fase i rivoltosi si organizzarono seguendo l’esempio della Comune di Parigi e fecero nascere i primi “soviet” (assemblee dove si discuteva e si votava attraverso democrazia diretta). Infine quando l’esercito riprese efficienza lo Zar stroncò la rivolta. Le riforme di Stolypin Dopo aver condotto la repressione di ogni moto rivoluzionari o opposizione politica, il primo ministro Stolypin avviò una grande riforma agraria. La riforma che intendeva dissolvere la struttura fondata sulla MIR, avrebbe dovuto modernizzare il paese e migliorare la condizione generale degli abitanti nelle campagne. Per una serie di ragioni la riforma finì per peggiorare ulteriormente le condizioni di vita della popolazione contadina. Quando la Grande Guerra scoppiò l’insieme di queste contraddizioni e delle tante arretratezze si trasformò in una rabbia sociale non più comprimibile, quando essa trovò un progetto politico coerente essa si sarebbe trasformata in Rivoluzione. CAPITOLO 5 - IL SISTEMA POLITICO DELL’ITALIA LIBERALE E LA PRATICA DEL “TRASFORMISMO” Il Trasformismo -> origine dai discorsi di Agostino Depretis, leader della Sinistra costituzionale (1875-1876), con questo termine intese definire un processo di trasformazione dei partiti che avrebbe dovuto portare all’unificazione delle varie fazioni liberali presenti alla Camera; al fine di promuovere un sistema politico più idoneo ad affrontare le gravi emergenze del nuovo stato unitario. L’intenzione di Depretis era nobile, anche se poi finì per indicare una pratica parlamentare consistente nel continuo scambio di voti tra maggioranza e opposizione, con frequente passaggio dei deputati da un settore all’altro. Modello trasformista caratterizzato da: 1| una grande maggioranza, si aggravava attorno ad un leader parlamentare, senza che la distinzione derivasse da precise pregiudiziali di tipo politico; 2| una maggioranza capace di monopolizzare l’area della legittimità, relegando le opposizioni ai lati estremi dello schieramento parlamentare. Lo stato italiano nacque da un forte deficit di legittimità politica, assediato da nemici interni ed esterni. Si finì per ricorrere al meccanismo della cooptazione di sempre nuove élite. Lo stato divenne lo strumento che consentiva di cooptare nuove élite all’interno dell’area della maggioranza. Il trasformismo passò da strumento occasionale ad una pratica abituale, il sistema politico liberale non riusciva a liberarsi dal complesso della “cittadella assediata”. L’opposizione vista come pericolosa “alternativa al sistema”, conflittualità che si trasferiva all’interno della maggioranza all’interno del governo. Primo esempio di trasformismo: il “connubio” di Cavour 1849-1860-> realizzazione di una concentrazione governativa di carattere moderato e monarchico. Non potendo trovare un accordo con il repubblicano Mazzini o con i rigidi clericali, Cavour e gli esponenti liberali furono costretti ad unirsi per difendere il sistema liberale dal partito della “sovversione”. Fu in tale quadro collocata l’operazione del “connubio” tra Cavour, leader della Destra liberale moderata e Rattazzi, leader della Sinistra liberale progressista. Con ciò molti democratici e molti radicali entrarono nel governo, dando origine alla Destra storica. Riunire i “ragionevoli” attraverso il “connubio” era per Cavour necessario al fine di: 1| Adattare il modello politico subalpino, e poi italiano, ai modelli costituzionali europei; 2| Arginare, attraverso la costruzione di un’ampia base parlamentare, l’ingombrante influenza della monarchia di Vittorio Emanuele II; 3| Compattare tutti gli elementi “moderati”, anche coloro che cullavano idee progressiste. Dal connubio rimasero fuori i mazziniani, definiti forza antisistema, si creò così la rottura di base della vita politica italiana. All’interno della DESTRA STORICA si ritrovavano posizioni ideologiche e proposte politiche molto differenti: uomini che proponevano il decentramento amministrativo e altri rigorosamente legati al modello di stato accentrato; cattolici liberali e liberali anticlericali; sostenitori del pareggio del bilancio a tutti costi e altri preoccupati di non bloccare lo sviluppo del paese. Esistevano però elementi di forte coesione: Volontà di conseguire la piena unificazione nazionale, l’obiettivo del riordino dell’amministrazione e della finanza, fortissimo senso dello stato, il rifiuto di qualsiasi atteggiamento che potesse essere ritenuto sovversivo. Sinistra storica: composta da ex garibaldini ed ex mazziniani che avevano accettato di integrarsi all’interno del sistema politico liberale e monarchico; militavano per lo più esponenti della media borghesia, maggior parte professionisti e avvocati. L’obiettivo politico era quello di riconciliare la politica nazionale col “paese reale”, democratizzando e modernizzando lo stato e il paese. Richieste di riforma: Diffusione dell’istruzione, l’allargamento del suffragio elettorale, abolizione della tassa sul macinato e in generale la richiesta di una politica di sgravi fiscali, politica di investimenti soprattutto quello industriale. In politica estera la Sinistra abbandonò piano piano l’alleanza con la Francia per avvicinarsi alla Germania, era però molto simile alla destra per modalità di funzionamento del raggruppamento: popolata da gruppi politici raccolti attorno a grandi leader. Così vi era: la Sinistra moderata di Depretis, la Sinistra avanzata di Cairoli e Zanardelli e la Sinistra meridionale di Nicotera e Crispi. L’unità d’Italia e la nuova classe politica Elezioni del 1861-> i liberali democratici conquistarono la maggioranza, il sistema italiano si configurò come una sorta di regime: non si prevedeva una possibile alternativa alla guida dei moderati. Poiché l’opposizione ossia i democratici repubblicano-mazziniani e molti cattolici era considerata pericolosa, venne emarginata dal gioco politico e a mano a mano che avesse abbandonato i pregiudizi avrebbe potuto essere integrata. Nel 1867 esistevano almeno 6 gruppi parlamentari. Sia nella destra che nella sinistra convivevano posizioni molto differenti. Il funzionamento del sistema politico liberale Era costituito a “piramide”: Al vertice-> Poche decine di grandi notabili, si preoccupavano di tessere il rapporto con gli altri parlamentari; il raccordo con il territorio d’origine era rassicurato da luogotenenti sul posto (sindaci o consiglieri provinciali). Al di sotto-> Una serie di deputati-notabili ad influenza provinciale e regionale, si occupavano di trasmettere a questi ultimi le richieste dei propri territori. Alla base-> I piccoli notabili locali, impegnati nella conquista delle amministrazioni comunali e provinciali. Il sistema reggeva sul fatto che i “grandi notabili” disponevano di uomini fidati e devoti ed era proprio questo rapporto a consentire di utilizzare discrezionalmente le risorse pubbliche. Come si costruisce una maggioranza parlamentare? Operando sul corpo elettorale per escludere e minimizzare l’influenza elettorale di alcuni gruppi sociali; Operando sul momento elettorale; Veniva infine creata dopo le elezioni in Parlamento, il leader si occupava di raccogliere i deputati più influenti, promettendo incarichi personali e benefici. Serviva il controllo dell’apparato statale, i governi intenti a preparare le elezioni disponevano: - Dei prefetti, ovvero della massima autorità dello stato nelle province Agivano in tre direzioni: sfruttando i sottoprefetti come veri e propri galoppini, minacciando di trasferimento o punizioni tutti gli impiegati statali e sindaci di sciogliere le giunte, agendo come mediatori nei conflitti locali tra notabili e i grandi elettori. - Dei magistrati, I governi potevano contare su alcune migliaia di giudici, dal momento che i magistrati rappresentavano il 10% dell’elettorato politico iscritto per i titoli e quasi il 3% dell’elettorato complessivo, il loro voto era importante. - Degli impiegati, burocrazia che rappresentava un altro 10% dell’elettorato complessivo, influenzata dalla pratica della “raccomandazione politica. Prima cosa, per la formazione della maggioranza elettorale, il governo dava l’avvio a un vasto processo di trasferimento dei prefetti per far arrivare nei collegi più difficili uomini capaci e fidati. Questi ultimi avrebbero trovato il modo di frapporre ostacoli ai possibili futuri candidati dell’opposizione. Una pratica comune era quella di sciogliere con vari pretesti le amministrazioni locali sotto il controllo dei deputati di opposizione. Una volta sciolte, le amministrazioni di quelle città erano rette da un commissario ministeriale. Fu soprattutto la DESTRA ad affidarsi alla burocrazia statale; alla lunga la mancanza di un rapporto con l’elettorato rappresentò però un elemento di debolezza. I nuovi interessi economici non si sentivano sufficientemente rappresentati e lo stesso ceto si mostrò più propenso ad accettare le offerte dell’opposizione. Utilizzando anch’essa un sistema di reazioni capillare, che accentuava la natura prevalentemente clienterale dello scambio, la SINISTRA riuscì a poco a poco a catturare il malcontento che serpeggiava presso molti settori della borghesia terriera industriale (prima clientela della Destra). Elezioni del 1874-> la Destra vinse e in quell’occasione la Sinistra apparve come un avversario legittimato. La caduta della DESTRA STORICA fu discussione per il tema della nazionalizzazione delle neonate ferrovie (marzo 1876). Il primo scontro-> tra gi aderenti alle idee di Proudhon e quelli che rifacevano al pensiero di Marx. Il secondo-> contrappose i seguaci di Bakunin a quelli di Marx. Per Bakunin l’ostacolo al raggiungimento della piena libertà era costituito dall’esistenza dello stato; il compito prioritario di ogni rivoluzionario doveva essere quello di liberare le masse dell’influenza della religione per poi condurle all’assalto del potere statale. Benché condividesse l’opinione che stato e Religione rappresentassero strumenti di repressione, Marx riteneva prioritaria la distruzione del sistema capitalistico e a suo parere l’estinzione dello stato vi sarebbe stata dopo una fase transitoria di “dittatura del proletariato”. Lo scontro tra Marx e Bakunin si risolse al Congresso dell’Aja del 1872, con la vittoria di Marx. 1876-> Marx convinto che fosse ormai uno strumento inutile e fosse meglio puntare sull’organizzazione di forti partiti socialisti all’interno degli stati, decise di sciogliere la Prima internazionale. La novità dei partiti socialisti Si organizzarono sul modello del partito di massa moderno; fecero sia proselitismo rivoluzionario nella società, sia azione politica nelle istituzioni e decisero quindi di partecipare alle elezioni e di inviare loro rappresentanti nei Parlamenti. Iniziano anche a dibattere circa la possibilità di partecipare a governi borghesi. I partiti socialisti nei diversi paesi europei Ciascuno risentiva delle particolari condizioni nazionali e del rapporto con il preesistente tessuto associativo. Sozialdemokratische Partei Deutschlands (SPD) Fondato nel 1875, riunendo l’Associazione generale degli operai di Ferdinand Lassalle e il Partito Socialdemocratico dei lavoratori di August Bebel. Dopo aver resistito alla durissima repressione scatenatagli contro da Bismarck, la SPD organizzerà la società operaia tedesca in una sorta di società alternativa: un operaio socialista poteva vivere ogni momento della sua vita all’interno di luoghi e organizzazioni vicine alle SPD. Rilevante successo elettorale, forza della sua organizzazione interna, l’SPD diverrà il modello da seguire per tutti i partiti socialisti europei. Il socialismo in Gran Bretagna Il marxismo non ebbe molto successo, ma forte era il radicamento delle associazioni sindacali. Tra le formazioni socialiste si possono ricordare: The Fabian society (1884)-> fondata da Sidney e Beatrice Webb, credeva nella graduale evoluzione della società; le riforme avrebbero condotto al socialismo; favorevole alla creazione di un’alternativa alla proprietà privata dei mezzi di produzione non predicava la necessità del passaggio rivoluzionario. Independent Labour Party (1893)-> partito operaista che alla nascita del Labour Party nel 1906, ne avrebbe costituito l’ala sinistra. Pacifista e internazionalista. Il socialismo in Francia I gruppi socialisti furono generalmente poco permeabili al marxismo alla “tedesca”. I gruppi socialisti erano disponibili a fare “fronte comune” con la borghesia progressista contro i conservatori. Questa predisposizione era favorita dal sistema elettorale a doppio turno per collegio della Terza Repubblica, stimolava i partiti affini a presentarsi insieme al secondo turno. Sul finire dell’800 vi erano formazioni che si richiamano al socialismo: il Partito operaio di Jules Guesde, la Federazione dei lavoratori socialisti di Paul Brousse, i Sindacalisti rivoluzionari di Jules Allemane e i “Blaquisti” di Vaillant. 1905-> questi gruppi si riunirono nella Séction française de l’Internationale ouvriére (SFIO). Il socialismo in Russia Si sviluppò in condizione di clandestinità, nel 1898 fu fondato il Partito socialdemocratico russo. Uno dei principali ideologhi fu Lenin, il suo progetto era di trasformare il partito in senso centralizzato e rigidamente disciplinato, composto da rivoluzionari di professione. 1903-> provocò la scissione nel Partito socialdemocratico russo. Si sviluppò anche il Partito socialista rivoluzionario (1905), ancorato alla tradizione populista e ai temi della riforma agraria contadina. Il socialismo in Italia Tra gli anni’70 e ’80 dell’Ottocento-> il socialismo dovette competere con un forte movimento mazziniano. Quest’ultimo rifiutava il principio della lotta di classe e lo strumento dello sciopero, era particolarmente attivo nella costruzione di sodalizi e associazioni di varia natura. Si affermò l’Internazionalismo insurrezionalista e anarchico, guidato da Carlo Cafiero, Andrea Costa ed Enrico Malatesta. Al suo interno si svilupperà un processo di avvicinamento al socialismo d’ispirazione marxista. I passaggi: - 1881 Andrea Costa fondò il Partito socialista rivoluzionario di Romagna; - 1882 Nacque il Partito operaio italiano; - Anni 80 il filosofo Antonio Labriola tradusse e diffuse le opere di Marx in Italia; - 1889 fu fondata la Lega socialista milanese; - 1892 a Genova nacque il Partito dei lavoratori italiani. Con il Partito socialista italiano abbiamo a che fare con un partito “moderno” dotato di: Un programma minimo e uno massimo e Un’organizzazione permanente di partito, strutturata secondo il principio di un voto per “testa”. La seconda internazionale dei lavoratori Si costituì come una struttura federativa tra autonomi partiti nazionali, ambizione di fungere da centrale di coordinamento del movimento operaio internazionale. Organizzò periodici congressi, al fine di mettere a punto un’ideologia sempre più omogenea e condivisa. Si affermerà una versione semplificata del socialismo marxista, venata di darwinismo sociale e di evoluzionismo positivistico, anche se al maggior parte dei partiti socialisti continuerà a proclamarsi rivoluzionaria di fatto finirà per non esserlo più. Principali dibattiti: - Tra Eduard Bernstein e Karl Kautsky per l’opportunità di entrare a far parte di governi di natura borghese. Bernstein sosteneva che occorresse instaurare rapporti di collaborazione con la borghesia progressista e Kautsky ribadiva i postulati dell’ortodossia marxista. - Cosa fare in caso di guerra internazionale. Congresso di Stoccarda, 1907, stabilito il principio dell’opposizione ideologica alla guerra: tutti i lavoratori erano fratelli, ma il problema era come impedirla. Il russo Lenin e la tedesca Rosa Luxembourg affermavano che la guerra non doveva essere impedita perché da essa poteva scaturire la rivoluzione sociale. La maggioranza dei partiti socialisti europei si trovò nell’idea che la guerra dovesse essere impedita mediante la proclamazione di uno sciopero generale, bloccando i paesi in scontro. Prima Guerra Mondiale-> dimostrò l’inconcludenza delle discussioni dell’Internazionale, 1914 quando alcuni partiti socialisti votarono i crediti di guerra ai propri governi, l’organizzazione internazionale si frantumò. CAPITOLO 7- LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Periodo compreso tra il 1870 e il 1914-> si divide in due fasi economiche, la prima che è caratterizzata da uno sviluppo più contradditorio (Grande Depressione) e la seconda segnata da uno sviluppo travolgente. L’intero periodo fu caratterizzato da una forte accelerazione dell’economia, favorita da alcune innovazioni tecnologiche che nacquero o si diffusero fra l’800 e il 900. Si può parlare di una Seconda Rivoluzione Industriale. Anche l’agricoltura subì un processo di rinnovamento e questo sviluppo generale riguardò paesi che fino a quel momento erano interessati marginalmente dall’industrializzazione. Precondizioni: 1| Poté svilupparsi grazie alla tendenza delle persone di concentrarsi nelle città. L’urbanizzazione infatti permise alle giovani industrie un vero e proprio esercito di lavoratori a basso prezzo. 2| Decisivo fu il ruolo avuto dagli stati nazionali, in questo periodo misero a disposizione delle nuove industrie una serie di importanti infrastrutture (come la scuola di massa…) Oltre a ciò gli stati nazionali ebbero un ruolo decisivo nel promuovere la crescita industriale attraverso il varo di leggi protezionistiche e consentendo la concentrazione industriale e finanziaria. 3| Rapidità dei processi industriali fu poi favorita dalla rete di comunicazione mondiale. Grazie alle flotte con scafi d’acciaio e con motori diesel gli oceani venivano attraversati con rapidità, mentre la rete ferroviaria metteva ormai in connessione gli angoli più remoti del pianeta. 4| Ultimi decenni dell’800, caratterizzati da imponenti flussi demografici. Questa massa di persone che lasciarono le loro case per inseguire un sogno o per la sopravvivenza contribuirono a creare un mercato globalizzato della forza lavoro, delle competenze e dei saperi tecnici, tutti fattori che contribuiranno alla seconda rivoluzione industriale. Vi fu una stretta connessione tra istituzioni scientifiche e industria, con la pianificazione della ricerca in modo da trasformare queste ultime in una sorta di processo industriale. Le nuove scoperte scientifiche Settore metallurgico-> ruolo fondamentale la realizzazione del Convertitore Bessemer e del Forno Martin-Siemens, questi permisero la realizzazione di macchine e utensili più resistenti rispetto a quelli realizzati in ferro. 1878-> adozione del “processo Thomas”, poterono essere utilizzati materiali di ferro con alta percentuale di fosforo e ciò consentì alla Germania di trasformarsi da paese agricolo a industriale. L’acciaio permise infatti nuove soluzioni nel campo della meccanica, nel 1870, l’utilizzo del cemento armato ampliò la possibilità in quello delle costruzioni. Settore chimico-> scoperti processi che consentirono la produzione di fertilizzanti, coloranti, sintetici, ammoniaca, dinamite, soda e prodotti farmaceutici Settore elettrico-> si produssero la dinamo, il trasformatore e la lampadina. 1883 Gottlieb Daimler -> ingegnere, brevettò il primo motore a benzina, comparsa della prima automobile. Anche le comunicazioni si fecero più veloci. La scoperta dell’elettromagnetismo con l’invenzione del telegrafo e del telefono poi fu decisiva per le comunicazioni intercontinentali. Nuovi modelli di produzione: dal taylorismo al fordismo Taylorismo-> Studio scientifico dei processi lavorativi, obiettivo di comprendere ogni singolo passaggio in modo da razionalizzare gli stessi processi e renderli più efficienti. La teoria e il metodo furono messi a punto da F.W. Taylor. La scienza che si occupa di considerare la relazione tra tutti gli aspetti di un lavoro, sia manuale sia impiegatizio. Fordismo-> Preciso sistema di organizzazione e di politica industriale attuato a partire dal 1913 da Henry Ford nella sua fabbrica di automobili, esso mirava ad accrescere l’efficienza produttiva attraverso una pianificazione delle singole operazioni e delle fasi di produzione, l’uso generalizzato della catena di montaggio, un complesso di incentivi alla manodopera. I paesi della seconda rivoluzione industriale Sicuramente la Germania ebbe lo sviluppo maggiore, che negli ultimi decenni del secolo giunse a mettere seriamente in discussione la leadership fin lì detenuta dalla Gran Bretagna. Si devono ricordare anche gli Stati Uniti, la Russia, il Giappone e l’Italia. CAPITOLO 8 - L’ITALIA IN ETA’ GIOLITTIANA Periodo 1903-1914 -> si tratta di un periodo storico complesso e contraddittorio, vi furono tanti progressi ma non mancarono le incoerenze, sarebbero esplose tutte insieme nel primo dopoguerra con una responsabilità decisiva nell’affermazione del fascismo. Aspetti positivi: - Crescita economica: L’Italia divenne un paese industriale; crebbero tutti gli indicatori di reddito e prosperità; - Crescita del grado di libertà interna: Giolitti consentì la libertà di organizzazione sindacale, imponendo il principio di neutralità dello stato rispetto ai conflitti propri del mondo del lavoro; - Crescita delle libertà politiche: nel 1912 fu votato il suffragio universale, nel sistema politico si giunse alla piena accettazione quali soggetti politici legittimi dei cattolici e dei socialisti; - Crescita del prestigio internazionale: il paese fu reso più autorevole dal suo inserimento, all’interno di un’alleanza solida come la Triplice e dall’ avvio di una politica estera di riavvicinamento alla Francia. Aspetti negativi: - Aggravarsi del dualismo Nord-Sud; - Il frequente e continuo ricorso a pratiche clienterali e all’uso della forza coercitiva dello stato al fine di pilotare le elezioni; - Discredito della funzione parlamentare: Giolitti governò attraverso la fedeltà di una maggioranza “a lui personalmente legata”, senza un preciso programma politico o l’appoggio di un partito; 3| L’azione per ridurre il peso dei monopoli industriali e finanziari Il protezionismo aveva creato pericolosi legami tra stato e industria privata. Erano stati favoriti i settori della siderurgia, gli industriali e i zuccherieri. Giolitti decise di agire per ridurre i privilegi: 1908 istituita la legge sulle convenzioni marittime, 1912 istituita una lege sul monopolio statale sulle assicurazioni sulla vita. I limiti dell’azione di governo in campo economico La politica economica finì per privilegiare il Nord, i settori maggiormente dinamici erano tutti localizzati in quell’area geografica, in prevalenza nel “triangolo industriale” (Milano, Torino, Genova). Giolitti però varò anche una serie di leggi speciali per il Meridione, nonostante ciò la sua politica fu criticata perché eccessivamente prudente. Egli intervenne solo laddove aveva sicurezza di poter ottenere un risultato. Fu quindi un riformismo dei piccoli passi. Il crescere dell’antigiolittismo nel paese 1906-1912, la politica italiana era dominata dalla “dittatura giolittiana”, crebbe l’insofferenza per Giolitti, considerato privo di slanci ideali e la deleteria influenza che i suoi metodi potevano avere sui partiti. Più diffuso divenne l’antiparlamentarismo che trovò una bandiera nell’opposizione di Giolitti. Giolitti e il rapporto con i partiti popolari Giolitti e il PSI Guardò sempre con interesse il Partito socialista, un partito imbevuto di positivismo ottocentesco, rappresentato all’interno del mondo del lavoro attraverso un’articolata rete di associazioni. Convinto di poter dialogare con l’ala riformista del partito, rappresentata da Filippo Turati, era costretto a subire la mancanza di una collaborazione stabile. La rottura definitiva tra Giolitti e i socialisti avvenne nel 1912 con la guerra di Libia. Giolitti e i cattolici Collaborazione tra Giolitti e il mondo cattolico, complessa. I cattolici si erano rifiutati di partecipare alla vita politica del paese. La crisi di fine secolo e l’affermarsi del socialismo portò a un cambiamento di atteggiamento delle gerarchia vaticane. Nel 1904, con l’enciclica “il fermo proposito”, Papa Pio X autorizzò per la prima volta i fedeli cattolici a partecipare alle elezioni politiche. Elezioni 1909, il processo di avvicinamento tra Giolitti e i cattolici si fece più intenso. L a vera svolta fu nel 1912, lo scoppio della guerra di Libia fu vissuta dai cattolici come una grande guerra nazionale, consentiva loro il ritorno nell’alveo della nazione con tutti gli onori. 1912, in coincidenza con l’adozione del suffragio universale, mondo liberale e cattolico strinsero un vero e proprio patto politico: Patto Gentiloni. Gli elettori cattolici avrebbero dato il loro voto ai candidati liberali che si fossero detti disponibili ad appoggiare alcuni punti del programma politico cattolico. La politica estera nell’età giolittiana Giolitti ebbe un ruolo importante nel sostenere l’azione moderata e intelligente della diplomazia italiana. L’epoca giolittiana vide l’esaurirsi del sistema bismarckiano e il formarsi di due blocchi contrapposti (Triplice Intesa e Triplice Alleanza). In questo scenario l’Italia mantenne un atteggiamento accorto, rinnovò sempre i suoi impegni nella Triplice Alleanza; non rinunciò però a cercare una politica di crescente intesa con la Francia e con la Gran Bretagna. Obiettivi: favorire il mantenimento dello status quo nel Mediterraneo, evitando l’espansione dell’Austria-Ungheria o della Russia nei Balcani; ottenere da tutte le grandi potenze il riconoscimento delle mire italiane sulla Libia. Il periodo della crisi del sistema giolittiano (1912-1914) 1912, apparve il progressivo esaurirsi del controllo giolittiano sulla politica nazionale. Motivi della crisi: - Crisi culturale, forte si fece la domanda di autorità e moralità, che consentissero di promuovere una politica di grandi imprese; - Finì la congiunta economica straordinariamente positiva; - Scoppio della guerra di Libia, allontanò ulteriormente i socialisti; - Elezioni politiche del 1913, mostrarono che i vecchi metodi di Giolitti non sarebbero più stati sufficienti per gestire le elezioni. La radicalizzazione rese inservibile quella che era sempre stata la qualità migliore di Giolitti: capacità di mediare. Maggio 1914-> rassegnò le dimissioni e indicò al re come successore Antonio Salandra (leader della destra liberale). Convinto così di poter preparare al meglio il suo ritorno in politica. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale però avrebbe sconvolto le sue speranze. CAPITOLO 9 - LA PRIMA GUERRA MONDIALE Le cause profonde del conflitto Le ragioni del conflitto furono di differenti tipi: 1|La politica internazionale viveva una serie di contrasti, i principali erano: - Il conflitto economico e coloniale tra Gran Bretagna e Germania, alimentato dalla decisione del Kaiser Guglielmo II di portare avanti una politica di sostenuto riarmo navale; - La tensione tra Germania e Francia, alimentata dai francesi per il desiderio di riconquistare l’Alsazia e la Lorena; - La tensione nella regione dei Balcani tra Austria-Ungheria e Russia; - La sfiducia crescente tra i due alleati come l’Italia e l’Austria-Ungheria. Altri fattori che rendevano più complessa la situazione: - Irrigidimento delle alleanze, riduceva i margini di mediazione in caso di crisi internazionale; - La sottovalutazione dei pericoli da parte della diplomazia, soprattutto per quel che riguardava il meccanismo della mobilitazione generale. 2| Diffusione di una vera e propria cultura della guerra, fattori: - Affermazione dell’idealismo, esaltava il valore dello scontro rispetto a quello della mediazione; - Affermazione di un forte senso della decadenza incombente, senso di angoscia nei confronti del futuro che è bene espresso dalle correnti artistiche dell’epoca; - Esistenza di canoni culturali nazionalpatriottici, condivisi dalla grande maggioranza della popolazione; - Scarsa consapevolezza della grande differenza tra questa guerra e tutte quelle combattute nel passato; - Senso di alienazione prodotto dallo stillicidio di episodi quasi bellici: spasmodica attesa per il prossimo e inevitabile scoppio del conflitto. 3| Forti tensioni che attraversavano la vita politica “interna” dei diversi stati europei: - Gli stretti legami tra la classe politica e grandi interessi industriali portarono a una vera e propria corsa agli armamenti; - In quasi tutti i paesi le gerarchie militari, in quegli anni accrebbero il loro peso politico, ottenendo finanziamenti e condizionando le decisioni dei politici. Condizionamento rafforzato dall’affermazione di un nazionalismo aggressivo, capace di diffondersi anche negli strati popolari e sempre più decisivo per la formazione dei governi. Messe in moto anche manovre politiche atte a far cadere precedenti maggioranze. - Il pacifismo socialista fallì completamente, incapace di resistere ai richiami mobilitanti del patriottismo. La polveriera d’Europa: I Balcani La penisola balcanica era l’area più instabile del continente. All’origine stava il malessere dell’Impero Ottomano, incapace di reggere la competizione con i più moderni stati europei. A lungo l’integrità territoriale era stata assicurata da Francia e Gran Bretagna, preoccupati di neutralizzare la situazione per impedire l’ipotetica espansione di Russia e Austria-Ungheria. Nel 1908 l’Austria-Ungheria si annesse la regione della Bosnia-Erzegovina, tra il 1912 e il 1913 l’area fu poi sconvolta dalle due guerre che coinvolsero i giovani stati dell’area. A risaltare in questo panorama confuso fu l’attivismo della Serbia, alleata con la Russia. Lo scoppio delle ostilità 28 giugno 1914-> uccisi a Sarajevo l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo e la moglie Sofia, nel corso di una visita ufficiale. L’attentato fornì il pretesto per inviare un forte ultimatum al governo di Belgrado. Spalleggiata dalla Germania, l’Austria-Ungheria rifiutò ogni proposta di compromesso: il 28 luglio 1914 fu quindi dichiarata la guerra. Scattò in quel momento il gioco delle alleanze e delle mobilitazioni militari. Protettrice della Serbia, la Russia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria. La Germania dichiarò guerra alla Russia e alla Francia e per dare ulteriori attenzioni invase il Belgio neutrale. Ciò provocò la dichiarazione di guerra alla Germania da parte della Gran Bretagna e fedeli all’alleanza con lo Zar, Francia e Gran Bretagna dichiararono infine guerra all’Austria-Ungheria. Sul fronte Occidentale Le truppe tedesche-> piano Schlieffen, invasione del Belgio per arrivare a Parigi, esso fallì grazie alla resistenza dell’esercito belga, nell’efficienza del corpo di spedizione inglese, nell’inaspettata velocità di mobilitazione russa e nel buon funzionamento del sistema ferroviario francese. Nel settembre 1914 i francesi bloccarono i tedeschi sul fiume Marna. Sul fronte Orientale L’attacco alla Serbia non fu decisivo, l’esercito del paese riuscì a resistere fino s novembre 1916, quando entrata in guerra la Bulgaria a fianco di Germania e Austria-Ungheria rese insostenibile la posizione delle forze serbe. Per assistere l’ottava armata tedesca, posta alle difese della Prussia orientale, attaccata dalle truppe russe, gli austro- ungarici avanzarono con difficoltà la Polonia. Punto di svolta con la battaglia di Tannenberg. Nel settembre 1915 iniziò la ritirata dell’esercito russo. L’Italia dalla neutralità all’intervento (1915) Poté evitare di entrare in guerra poiché non era stata avvisata dall’Austria-Ungheria delle intenzioni di fare guerra alla Serbia. Cercò di concordare sempre con l’Austria-Ungheria compensi territoriali per mantenere la propria neutralità, ma ciò portò a creare trattative con la Francia e la Gran Bretagna. Governo Salandra, 4 ipotesi di lavoro: 1| Ingresso nel conflitto a fianco di Vienna e Berlino Ipotesi meno probabile, avrebbe ottenuto compensi territoriali ma rischio blocco economico da parte della flotta inglese. 2| Mantenimento della neutralità non negoziata Avrebbe potuto mantenersi neutrale senza concordare compensi, il rischio era la possibilità decisiva della vittoria tedesca sul fronte francese e in questo caso l’Austria avrebbe chiuso all’Italia ogni possibilità di espansione nei Balcani. 3| Assunzione di una posizione di neutralità negoziata con Vienna e Berlino Si trattava dell’ipotesi su cui si impegnò Giolitti. Con la mediazione tedesca si poteva forse ottenere il Trentino. 4| Entrare in guerra con Francia e Gran Bretagna Ipotesi di lavoro che divenne prioritaria di fronte alle difficoltà incontrate nel negoziato con l’Austria-Ungheria sulla cessione del Trentino. Far propendere per questa ipotesi era anche la larghezza di concessioni territoriali di Francia e Gran Bretagna erano disposte a concedere in cambio dell’entrata in guerra dell’Italia. 26 aprile 1915 -> firmato il patto di Londra, prevedeva l’entrata in guerra dell’Italia entro un mese, in cambio di alcuni compensi. Trento e Bolzano, la Venezia Giulia, la città di Zara e Sebenico, Valona e alcune vaghe promesse su territori al sud di Smirne. Nel periodo di neutralità in Italia si sviluppò un dibattito politico tra interventisti e neutralisti. Tra gli interventisti troviamo: liberal-conservatori, irredentisti, socialisti rivoluzionari, nazionalisti, industriali del settore pesante, la massoneria e i futuristi con Marinetti, D’annunzio e altri intellettuali. Tra i neutralisti: i Cattolici, i socialisti, Giolitti e i giolittiani, gli industriali che producevano per l’esportazione. La decisione di entrare in guerra fu presa dal Re. Giolitti possedeva la maggioranza in Parlamento e alla fine decise di non provocare un pericoloso contrasto con la monarchia. Una volta ritiratosi la strada era aperta a Salandra, Sonnino e gli altri interventisti. I principali avvenimenti della guerra 1915 -> anno si stasi, francesi e inglesi riuscirono a contenere le offensive tedesche. Il 22 aprile utilizzati per la prima volta i gas asfissianti a Ypres. 1916 -> anno delle battaglie occidentali. I tedeschi miravano a logorare le truppe francesi a Verdun, gli alleati continuarono a pensare di poter sfondare le linee avversarie. Fronte italiano, varie offensive sul fiume Isonzo, tra maggio e giugno gli austro-ungarici lanciarono un’offensiva in Trentino che fece barcollare il fronte. Dal punto di vista economico il “comunismo di guerra” fu un fallimento completo, scomparsa dei prodotti agricoli dovuti ai contadini\restituiti. La produzione agricola crollò, mentre la guerra civile e la carestia spinsero molti russi a spostarsi dalle città alle campagne. Tutta questa tensione portò a spingere la guarnigione dei marinai di Kronstadt a insorgere nel marzo del 1921. La rivolta dei marinai fu duramente repressa. A quel punto Lenin decise di revisionare la politica economica, fu perciò varata la Nuova Politica Economica (NEP), i punti fondamentali: liberalizzazione di una parte del settore industriale, fine dei delle requisizioni forzate, reintroduzione di elementi di libero mercato e maggiore rispetto delle tradizioni del mondo rurale. Alla NEP si affiancò un atteggiamento più disteso nelle relazioni internazionali, la Russia iniziò a stipulare trattati commerciali con i paesi occidentali. Dicembre 1922-> il congresso Panrusso dei soviet sancì la nascita dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). 24 gennaio 1924-> Lenin morì dopo una lunga malattia. CAPITOLO 11 – IL DIFFICILE DOPOGUERRA E L’AVVENTO DEL FASCISMO I trattati di pace e la società delle nazioni 18 gennaio 1919-> conferenza di pace di Parigi, reggia di Versailles. Parteciparono 32 nazioni, con l’esclusione dei paesi vinti e della Russia bolscevica. Assunsero un ruolo preminente: il presidente americano Woodrow Wilson, il primo ministro francese Georges Clemenceau e il premier britannico David Lloyd George. L’Italia non riuscì ad assumere un ruolo da protagonista. La conferenza fu animata dal contrasto tra Francia e Gran Bretagna da un lato e gli Stati Uniti dall’altro. Le due nazioni europee intendevano muoversi secondo le tradizionali linee della politica di potenza, punendo la Germania e impadronendosi di quante più possibili risorse del nemico, mentre gli Stati Uniti ambivano a sfruttare l’occasione per riorganizzare l’intero sistema delle relazioni internazionali. Bussola della diplomazia americana-> costituita dai 14 punti di Wilson, ossia principi che avrebbero dovuto presiedere alla costruzione di una pace giusta. Fin dal gennaio 1918 Wilson aveva proposto l’edificazione di un sistema di relazioni internazionali basato sulla cooperazione tra le nazioni, l’emancipazione delle nazionalità oppresse e il riconoscimento dei “diritti inviolabili dei popoli”. Convinto che l’intreccio di patti segreti fra le cancellerie avesse avuto un ruolo rilevante nello scatenamento del conflitto, il presidente promosse quindi il concetto della “diplomazia aperta”. La rimozione delle barriere doganali, la piena libertà di navigazione e la drastica riduzione degli armamenti avrebbero completato il quadro della futura riorganizzazione mondiale. Wilson propose poi l’istituzione della Società delle Nazioni. Le speranze di una svolta fu presto vanificata dall’orientamento isolazionista assunto dalla nuova maggioranza repubblicana negli Stati Uniti-> gennaio 1920 il Senato americano non ratificò l’adesione degli Stati Uniti alla nuova istituzione. Germania-> accusata di essere l’unica responsabile del conflitto, dovette cedere parti del proprio territorio: Alsazia e Lorena restituite alla Francia; lo Schleswig settentrionale alla Danimarca; gran parte della Posnania, della Prussia occidentale e della Slesia andarono a formare il nuovo stato della Polonia; le colonie invece furono spartite tra i vincitori attraverso i mandati della Società delle Nazioni. Inoltre dal punto di vista economico vi erano imposte riparazioni onerose. Fu anche abolita la coscrizione militare, ponendo limitazioni alla consistenza delle forze armate tedesche e venne creata una zona (la Reinania) smilitarizzata. Oltre al trattato di Versailles furono redatti altri 4 trattati: 1 Trattato di Saint-Germain-en-Laye, si sancì la scomparsa dell’Impero Austro-Ungarico. Nacquero nuovi stati: Austria, Ungheria, si formarono la Cecoslovacchia e il Regno di Slovenia, Croazia e Serbia. 2 Trattato di Sèvres, si sancì la scomparsa del vecchio impero Ottomano. 3 Trattato del Trianon, l’Ungheria fu gravata di pesanti riparazioni di guerra e da numerose perdite territoriali, in favore della Romania. 4 Trattato di Neully, fu imposta alla Bulgaria la cessione della Tracia alla Grecia, una parte della Macedonia alla futura Jugoslavia e della Dobrugia alla Romania. Le popolazioni delle nazioni sconfitte vissero i trattati di pace come punizioni eccessive e ingiuste. I governi iniziarono a violare i termini finanziari e militari, facendo si entrare in fibrillazione il panorama finanziario e obbligando in un certo senso la revisione del trattato di Versailles. L’instabilità europea dell’immediato dopoguerra Ai problemi già esistenti si aggiunse il danno provocato dall’incerta e discontinua applicazione del principio di nazionalità. Con la decisione di unire e togliere territori ai paesi sconfitti e vinti, molte persone si ritrovarono a dover vivere in stati a loro ostili. Le repubbliche nate dai trattati di pace si rivelarono fragili e percorse da spinte contrastanti. Come per la situazione fluida seguita al crollo dell’Impero asburgico e della monarchia prussiana, le circostanze erano favorevoli alla diffusione di ideologie radicali di sinistra e destra. L’attrazione per il modello bolscevico da una parte e per il nazionalismo violento e antidemocartico dall’altra, scatenò conflitti che determinarono nuova instabilità. Il tentativo spartachista a Berlino Gennaio 1919-> la frazione di sinistra della socialdemocrazia tedesca (spartachisti), tentarono in Germania la via dell’insurrezione popolare. La reazione del governo fu durissima, con fucilazioni di centinaia di comunisti. La Repubblica socialista in Ungheria Primo paese in cui cadde la repubblica parlamentare, nata nel novembre 1918. Marzo 1919-> una mobilitazione operaia, sfociata nell’occupazione delle fabbriche e nella costituzione di soviet, portò i socialdemocratici a cedere alle pressioni dei comunisti. Fu proclamata la repubblica sovietica, presieduta da Béla Kun. Agosto 1919-> fu stroncata da un brutale colpo di stato militare condotto dall’ammiraglio Miklós Horty. Francia -> sforzo di riuscire a rivalutare il franco, assorbì molte energie del paese, provocando proteste e scontri. Gran Bretagna -> difficoltà simili, dovette affrontare la questione irlandese. 1921, dopo anni di guerriglia condotta dal movimento indipendentista Sinn Féin, l’Irlanda fu riconosciuta come stato libero. Il dopoguerra italiano e l’ascesa del fascismo Sul versante economico la situazione era complessa, per una serie di problemi: 1| Per finanziare la guerra e pagare i debiti, 1917-> lo stato aveva preso a battere moneta senza più molti freni-> crescere dell’inflazione-> indebolimento del tenore di vita e la capacità di spesa dei ceti a reddito fisso; comprometteva l’accesso al credito internazionale da parte del nostro paese. Per continuare a prestare soldi gli investitori stranieri pretendevano ora l’adozione di una severa politica di deflazione. 2| Era cresciuto il debito pubblico del paese, se si volevano ottenere prestiti dalle banche americane bisognava fa si che si riducesse. 3| L’Italia dipendeva dal commercio estero, la bilancia dei pagamenti era peggiorata, come tutta una serie di prodotti vitali che ormai provenivano quasi integralmente dall’estero. 4| Crescita della disoccupazione, causata dalla riconversione dell’apparato industriale, dalle esigenze belliche a quelle civili. 5| Il periodo bellico (piena occupazione e benessere), aveva rafforzato il senso di classe e la combattività dei lavoratori industriali. Il primo biennio del dopoguerra fu di forte conflittualità operaia. 1921-> la crisi economica portò sull’orlo del fallimento colossi come l’ILVA e l’Ansaldo, ridusse il potere contrattuale degli operai. Giolitti ritenne giunto il momento per adottare dei provvedimenti, abolendo il prezzo politico del pane e aumentando alcune tariffe protezionistiche. Difficile però era la ricomposizione spirituale e morale del paese, anche in Italia si assistette al fenomeno dei reduci di guerra incapaci di tornare allo stato di semplici civili. *le tensioni sociali I focolai erano molteplici, ma a quelli già presenti per l’alimentazione di tale situazione si aggiunsero, pur essendo poco attivi e rivoluzionar: i lavoratori del mondo della campagna e i ceti piccolo-borghesi (impiegati e commercianti). Le campagne in fermento Dopoguerra-> passaggio di proprietà delle terre, la ragione: - Forte inflazione del periodo, consentiva ai piccoli contadini di acquistare a credito fidando nel fatto che le rate sarebbero state più leggere, il fenomeno di compravendita era favorito dalla paura dei ceti agrari latifondisti che preferirono liberarsi della terra per cercare investimenti meno complessi e più redditizzi. - La conflittualità sociale interna era elevatissima. Nel Meridione era diffuso il fenomeno dell’occupazione di terre incolte da parte dei reduci di guerra. Nel nord, soprattutto in Valle Padana, la tensione era determinata dal comportamento aggressivo del mondo bracciantile socialista. I braccianti socialisti, quasi una organizzazione militare, riuscirono a inserire il diritto dell’imponibile di manodopera (ossia la possibilità per le organizzazioni del lavoro di determinare quanta manodopera fosse necessaria al fine di eseguire un determinato lavoro). Da parte loro i proprietari terrieri, si sentirono abbandonati dallo stato e vittime di soprusi. Sarebbero stati proprio loro a rivolgersi ai fascisti perché difendessero i loro diritti. La frustrazione dei ceti piccoli borghesi Gruppo in fermento-> piccola borghesia urbana I commercianti si sentivano “strozzati” dai grossisti e dalla concorrenza “sleale” delle cooperative di consumo; le difficoltà erano dovute dal fatto che i risparmi delle famiglie venivano falcidiati dall’inflazione. Aumentava la paura di vedere diminuito il proprio status a scapito degli operai. Anche la piccola borghesia rurale era in affanno, perché strangolata dai debiti fatti per acquistare la terra e per l’incapacità di reggere le pretese bracciantili. A tutte queste preoccupazioni si affiancava la frustrazione politico-culturale. *La questione adriatica, il mito della “vittoria mutilata” e Fiume Le contraddizioni della diplomazia italiana al Congresso di pace di Parigi fu sfruttata dalla destra nazionalista italiana, utilizzò la cultura patriottica e sciovinista della piccola borghesia italiana per trasformare una pretesa in un motivo propagandistico. Il fallimento della diplomazia italiana a Parigi A Versailles Orlando (presidente del consiglio) e Sonnino (ministro degli Esteri) si ritrovarono isolati; essi arroccarono nella difesa di una posizione contradditoria e confusa. Gli esponenti italiani rivendicavano il rispetto integrale delle promesse fatte con il Patto di Londra, aggiungendo però la città di Fiume. La contraddizione risiedeva nel non ammettere il principio di nazionalità riguardo alle terre promesse nel 1915, ma nell’appellarsi a quello stesso principio di rivendicare il possesso di Fiume. Il motivo propagandistico della “vittoria mutilata” e l’impresa di Fiume Il Paese era ritenuto una delle potenze europee, aveva resistito alla più grande guerra ed era riuscito ad allargare i propri confini, vedendo scomparire il più grande nemico, quello austriaco. Le risoluzioni furono vissute dall’opinione pubblica come una nuova umiliazione nazionale. Ad affermare il sentimento furono gli intellettuali nazionalisti, riuscirono a trasformare la vittoria in una sconfitta. Tra i più attivi-> D’Annunzio, coniò il termine di “vittoria mutilata”, fu protagonista di un atto a metà strada tra un’impresa eroica e un colpo di stato militare: l’occupazione di Fiume. 12 settembre 1919-> s’impossessò di Fiume e la proclamò annessa al Regno d’Italia, si formò una situazione di stallo e iniziarono trattative. L’intenzione era quella di provocare, con questo atto di insubordinazione militare, la caduta del governo Nitti e la sua sostituzione con un ministero nazionalista. Non riuscito nel suo principale intento, l’occupazione si trasformò in un motivo permanente di mobilitazione e propaganda nazionalista. Normalità ricostituita da Giolitti. Tornato al governo si preoccupò anzitutto di risolvere la questione, dopo aver definito un accordo sui confini con il nuovo Regno di Yugoslavia, diede ordine all’esercito di intervenire a Fiume e riprendere il controllo della città. Gennaio 1924-> sarebbe passata all’Italia. L’esperienza metteva in evidenza alcuni punti importanti: era possibile realizzare in Italia un modo nuovo di fare politica, ma si dimostrava la fattibilità della rivoluzione “nazionale e sociale”. *La crisi politica Luglio 1921-> continuando le violenze e la possibilità di uno sciopero, Mussolini aderì alle richieste di “disarmo” del movimento. Propose un patto di “pacificazione”, smentito dai “ras” delle città padane. La situazione rischiava di sfuggirgli di mano e il 7 novembre 1921 nacque il Partito Nazionale Fascista. Il programma era moderato rispetto a quello dei fasci, guardava in modo positivo la Chiesa Cattolica e l’istituzione monarchica. Vi erano accenni alla necessità di espropriare la proprietà privata. 1922-> la paralisi del sistema politico in crescita, caduta del governo Bonomi, i popolari di don Sturzo impedirono il ritorno di Giolitti al governo. (preoccupazione del Vaticano riguardo al programma di Giolitti e l’indisponibilità dello stesso a stringere un accordo programmato con il Partito Popolare.) Giolitti rinunciò e il governo fu formato, a capo Luigi Facta. Mussolini in questo clima mirò: - Ad accreditarsi come soggetto “patriottico”, capace di svolgere una funzione di “raccordo” tra la destra nazionalista e la destra liberale; - Evitare il ritorno di Giolitti; - A trattare direttamente con gli ambienti della Curia. 2 agosto 1922-> il progetto di Mussolini accelerò quando fu indetto lo sciopero generale contro le violenze fasciste. Fallito per l’intervento delle squadracce, ebbe però effetto spaventando i ceti conservatori. Dovette accelerare i suoi progetti quando si accorse che erano in corso manovre parlamentari pericolose, rischiavano di produrre un incarico a capo del governo di Salandra o il ritorno di D’Annunzio. La marcia su Roma, 28 ottobre 1922 La scelta fu un colpo di mano, diede ordine alle squadre fasciste di mettersi in marcia alla volta di Roma. Mussolini rimase a Milano, pronto a rifugiarsi in Svizzera. Le cose presero una piega imprevista quando il Sovrano, che aveva ricevuto dal presidente del consiglio Facta la richiesta di proclamazione dello stato d’assedio, decise di rifiutare di firmare un atto che a tutti pareva poco più che dovuto. Consigliato dal generale Armando Diaz, il Sovrano decise di non firmare lo stato d’assedio per non rischiare il possibile ammutinamento delle truppe. Il Re chiamò Mussolini a Roma e gli affidò l’incarico di presidente del Consiglio. Iniziò un’alleanza tra Mussolini e Vittorio Emanuele III. Mussolini al governo. La fase “Liberale” (1922-1925) I primi anni del governo Mussolini, caratterizzati dall’alleanza tra fascisti e liberali di destra. In politica economica e nelle riforme politiche il governo si affidò ad un programma conservatore, inoltre, il governo abolì alcune leggi varate nell’ultimo governo Giolitti: defiscalizzò i proventi dai redditi azionari, promosse le facilitazioni alla libertà d’iniziativa degli imprenditori, aumentò le imposte indirette, ridusse la spesa pubblica e varò una politica antisindacale di licenziamenti mirati. L’obiettivo era di liberare risorse per lo sviluppo imprenditoriale, secondo linee liberiste. Ottobre 1923-> riforme istituzionali, le squadre fasciste vennero integrate nelle istituzioni attraverso la creazione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Le più importanti furono, la legge di riforma scolastica messa a punto dal ministro Gentile (introduzione dell’esame di stato e la preminenza della formazione umanistica), e l’approvazione della legge elettorale Acerbo (l’attribuzione dei due terzi dei seggi al partito più votato, purché avesse superato il quorum del 25%). A proposito di quest’ultima, Giuseppe Sabatucci ha parlato del definitivo “suicidio” della classe dirigente liberale. L’omicidio Matteotti e la crisi dell’aventino Elezioni politiche maggio 1924-> gravi violenze, intimidazioni e brogli. Il Partito Nazionale Fascista ottenne una schiacciante maggioranza parlamentare. Alla ripresa dei lavori il deputato socialista Giacomo Matteotti pronunciò a Montecitorio un discorso d’accusa. 10 giugno 1924-> fu rapito, il suo corpo venne trovato due mesi dopo. L’omicidio fu subito attribuito ai fascisti e le opposizioni si rifiutarono di partecipare ai lavori parlamentari, si appellarono al Re perché intervenisse, non vi fu alcun intervento e Mussolini riprese in mano la situazione. 25 gennaio 1925-> pronunciò un discorso in Parlamento, si assumeva tutta la responsabilità della morte di Matteotti, venne considerato l’inizio formale della dittatura fascista. CAPITOLO 12 – L’ITALIA FASCISTA. IL CONSOLIDAMENTO DEL REGIME E LA COSTRUZIONE DEL CONSENSO. Il fascismo fu un regime totalitario? Si distinguono autoritarismo e totalitarismi. I regimi autoritari possono ammettere limitate forme di pluralismo, nella misura in cui queste risultino funzionali alle strategie di controllo sociale e politico. I regimi totalitari non solo concentrano tutti i poteri, ma tendono a dominare l’intera società grazie al controllo centralizzato dell’economia, della politica e della cultura. Se un regime autoritario si limita a pretendere atteggiamenti conformistici dai suoi cittadini, un regime totalitario deve ottenere da loro una fedeltà assoluta e un amore incondizionato. Il regime di Mussolini non può essere definito totalitario. Il fascismo fino alla fine conservò parte delle istituzioni liberali, mantenendo il senato e lo statuto albertino. Dovette condividere il potere con la Monarchia e venire a patti con la Chiesa Cattolica. Anche se non fu un regime totalitario, non rinunciò all’ambizione di diventarlo: già negli anni Venti questa “tendenza” era piuttosto evidente, esprimendosi nelle manifestazioni esteriori. Il fascismo rimase però a “mezza strada”, non risolvendo le contraddizioni. E’ ben ravvisabile nel sistema “duale” del potere nell’Italia fascista. In Italia si ebbe la sovrapposizione di due strutture gerarchiche parallele: quelle del partito e quelle dello stato. Per volere di Mussolini, l’apparato dello stato rimase “prevalente” rispetto alla macchina del partito. Punto di raccordo era Mussolini, capo del Governo e duce del fascismo. Lo statuto Albertino svuotato dall’interno Lo statuto Albertino, carta costituzionale della metà dell’Ottocento, classificabile all’interno della categoria delle carte octroyées (carte direttamente dipendenti dalla volontà e dall’autorità del re). La vaghezza e l’elasticità dello statuto aveva permesso l’affermazione del regime parlamentare di tipo liberale. Per affermare il proprio regime il fascismo non ebbe bisogno di abrogare lo statuto. Gli fu sufficiente approvare una serie di leggi ordinarie. Le più importanti: Colpire il lavoro organizzato sindacalmente - Patto di Palazzo Vidoni: gli industriali riconoscono i sindacati fascisti come unici rappresentanti dei lavoratori. Atto che determina una delegittimazione del sindacato dei lavoratori della CGIL e prepara il terreno per l’approvazione delle leggi sul lavoro da parte del regime; - Legge 3 aprile 1926: divieto di sciopero e possibilità solo per i sindacati riconosciuti di potere stipulare contratti collettivi. Leggi “fascistissime”, ridisegnano l’architettura dello stato e rafforzano il controllo poliziesco - Legge 26 novembre 1925: tutte le associazioni di cittadini furono obbligatoriamente sottoposte al controllo della polizia; - Legge 24 dicembre 1925: il presidente del Consiglio (Primo Ministro) divenne responsabile solo difronte al Re; ottenne anche il potere di nomina e di revoca dei ministri; - Legge 31 dicembre 1925: i giornali poterono essere diretti, scritti e stampati solo se era ben individuabile un responsabile riconosciuto dal prefetto; imposta la chiusura dei giornali antifascisti; - Legge 31 gennaio 1925: attribuisce al governo la facoltà di emanare norme giuridiche; - Legge 4 febbraio 1926: i sindaci elettivi furono sostituiti dai Podestà, nominati dal governo; - Regio Decreto 6 novembre 1926: il partito fascista fu dichiarato il solo partito legale in Italia; promulgato il Testo Unico di pubblica sicurezza; istituito il “confino” come sanzione principale nei confronti degli antifascisti; - Legge 25 novembre 1926: reintrodotta la pena di morte; istituzione del Tribunale Speciale per la difesa dello Stato; costituito il primo nucleo dell’OVRA (polizia segreta). Gli organi costituzionali Il sistema politico mantenne l’ambiguità del rapporto con la Monarchia. Vittorio Emanuele III continuava dunque a fare il suo lavoro. Il sistema infatti reggeva sulla necessaria collaborazione tra Duce e Sovrano. 1. La costituzionalizzazione del Gran Consiglio del Fascismo (7 febbraio 1928), assegnato il potere di fornire un parere per la questione della linea di successione monarchica. 2. Marzo 1939, definitiva sostituzione della Camera dei Deputati con la Camera dei Fasci e delle Corporazioni. La costruzione del consenso La tensione totalitaria del regime fu subito evidente, soprattutto per gli atti finalizzati a costruire e rafforzare il consenso. Il fascismo fu innovativo, inventando il concetto di “partito-stato”. Innanzitutto aumentò la discrezionalità politica nell’assegnazione dei posti di lavoro, poi si assistette alla dilatazione e alla burocratizzazione del Partito nazionale fascista. Dal 1931-> appartenenza al Partito Nazionale Fascista, con obbligo di giuramento di fedeltà, divenne la precondizione per accedere ai concorsi pubblici. Le organizzazioni collaterali Per inserire il maggior numero di italiani all’interno dello stato fascista, il regime organizzò una fitta rete di organizzazioni collaterali. Tra le principali: - L’Opera Nazionale Dopolavoro (organizzava il tempo libero degli italiani); - L’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (organizzava nel dettaglio il sistema di assistenza alla maternità); - Il comitato olimpico nazionale (organizzava l’intero sistema sportivo); - L’Opera Nazionale Balilla (presiedeva le organizzazioni giovanili del partito). Alle organizzazioni spettava anche il compito di promuovere un “corretto” modello di italiano. Nella propaganda del regime l’uomo fascista doveva essere sportivo e atletico, semplice e austero, tradizionalista e pronto a servire il paese in guerra. La donna invece doveva essere una buona madre di famiglia, i figli dovevano essere sani, il regime insisteva affinché le giovani curassero molto la loro forma fisica. Al contrario veniva visto con sospetto l’eccessiva cura. Gli strumenti della propaganda Mussolini prestò molta attenzione alla stampa, arrivando a controllarla tramite un efficiente sistema di incentivi e punizioni. Interessato inoltre allo sviluppo di strumenti innovativi come la radio e il cinema. Nel 1927 avviò le proprie trasmissioni l’EIAR, dal 1935, grazie all’installazione di migliaia di apparecchi negli edifici pubblici, si trasformò in un canale essenziale di propaganda del regime. Lo stesso avvenne per il cinema, definito “l’arma più potente”. Non solo il regime finanziò la nascita di Cinecittà, inaugurata a Roma il 18 aprile 1937, ma potenziò la produzione di cinegiornali dell’Istituto Luce. I Patti lateranensi e la “benedizione” papale del fascismo Passaggio fondamentale nella costruzione del consenso furono i Patti lateranensi (11 febbraio 1929). Evento storico che metteva fine all’originario dissidio tra stato italiano e Vaticano. Per la prima volta la Chiesa riconosceva la sovranità italiana su Roma; in cambio l’Italia si impegnava a pagare una forte indennità a titolo di risarcimento. I Patti non erano però soltanto un trattato internazionale, erano un vero e proprio concordato per regolare i rapporti tra stato e Chiesa. Alla Chiesa fu assicurato uno status di assoluto privilegio, metteva fine al principio liberale di laicità. Al matrimonio religioso furono attribuiti effetti civili; ai tribunali ecclesiastici venne riconosciuto il diritto di sanzionare lo scioglimento del vicolo coniugale; i sacerdoti furono esonerati dal servizio militare, mentre chi abbandonava la tonaca era punito con l’esclusione dall’accesso ai pubblici uffici. La religione cattolica fu riconosciuta come religione di stato. I Patti erano molto utili al fascismo, a vescovi e arcivescovi veniva fatto giurare fedeltà allo stato italiano prima della nomina, s’impegnava a proibire al clero ogni partecipazione alla vita politica. Rappresentarono un grande successo per Mussolini. 24 marzo 1929-> si tenne il primo plebiscito fascista. Ai cittadini elettori fu sottoposta un’unica lista di futuri deputati, quella redatta dal Gran Consiglio del fascismo ottenne il 98% dei voti. *la società italiana tra arretratezza e sviluppo Anni 30, si affermò in Italia un certo processo di sviluppo. Nonostante la politica ruralista si registrò in quegli anni un sostenuto trasferimento di risorse dall’agricoltura all’industria e al sistema finanziario. Le ricorrenti crisi economiche furono pagate da operai e contadini, che videro i loro stipendi reali contrarsi sistematicamente. Il regime utilizzò sempre il più ampio e ramificato sistema di servizi al lavoratore. Grazie ai tanti enti pubblici allora istituiti, i lavoratori potevano ottenere una serie di agevolazioni. Il prezzo da pagare era la pubblica dimostrazione di adesione al regime. La politica economica La prima fase del governo fu contraddistinta da una politica economica di stampo liberista. Le ragioni di tale scelta attenevano alle necessità politiche e alle ragioni congiunturali. Il problema italiano era infatti costituito dalla debole produttività. Le sofferenze della bilancia commerciale imponevano poi una decisa politica di aiuto alle esportazioni italiane. Il governo operò quindi drastici tagli della spesa pubblica. Il sistema politico e la politica estera Si accentuarono le tensioni sociali, le lotte sindacali portarono alla nascita dell’American Federation of Labour, che però non assunse la precisa caratterizzazione politica che negli stessi anni stavano prendendo i sindacati in Europa, ma una federazione di sindacati che riuniva gli operai specializzati e rifiutava gli immigrati, donne, neri, operai non qualificati. Non si assistette a una vera politicizzazione delle classi lavoratrici. Dal punto di vista politico si vide il definitivo consolidarsi del sistema bipartito. 1896-> elezioni presidenziali, fu netta la vittoria del repubblicano William McKinley, adottò misure protezionistiche e favorì il rafforzamento dei trust, fu però assassinato nel 1901. A succedergli fu Theodore Roosevelt, esponente dell’ala progressista del Partito Repubblicano. Durante gli otto anni in carica condusse una politica tesa a limitare lo strapotere dei trust, varando una prima legislazione sociale e affermando il diritto dell’American Federation of Labour di difendere i propri iscritti. I democratici sarebbero tornati al potere con Thomas Woodrow Wilson nel 1912. Nell’ultimo decennio dell’800, si delineò la tendenza americana a condurre una politica estera molto aggressiva. Dopo quasi un secolo di isolazionismo, suggerirono ai governi americani di esercitare un ruolo internazionale più incisivo. Nell’imperialismo americano si intrecciarono due influenze: - Agiva una profonda convinzione etica. La nazione “aveva il compito” di diffondere un modello di libertà che ricalcava quello della democrazia statunitense. - Si era da tempo diffuso la preferenza di un modello di espansione basato sulla supremazia navale e sul controllo delle principali vie marittime. Derivò un’azione imperialistica, rifiutava l’idea della creazione di un proprio impero, ma sposava la possibilità di imporre un controllo indiretto su alcune aree di influenza. La guerra ispano-americana (1898) e la guerra per panama (1903) 1898-> l’imperialismo americano si scontrò con quello spagnolo. Sfruttando l’affondamento della baia di l’Avana della corazzata Maine, gli Stati Uniti dichiararono guerra alla Spagna. Grazie alla rapida vittoria acquisirono Cuba, Portorico, le Filippine e l’isola di Guam. Pochi mesi dopo anche le Hawaii. La fase più aggressiva coincise con la presidenza di Roosevelt. La presenza americana in Centro-America fu assicurata anche dall’invio di truppe armate. 1903-> gli Stati Uniti appoggiarono militarmente la ribellione di elementi indipendentisti. La nuova repubblica di Panama si pose naturalmente sotto la protezione americana. In cambio dell’area gli Stati Uniti s’impegnarono nella costruzione del canale. Riprendendo la dottrina Monroe, Roosevelt rivendicò per gli Stati Uniti il diritto di agire come sorta di “polizia internazionale” nei confronti dei paesi latinoamericani. Negli anni Venti del Novecento Superata la recessione degli anni 1920-1921, l’economia entrò in una fase di sviluppo. Creditori per oltre 10 miliardi di dollari verso gli ex alleati europei, dotati di un apparato produttivo protetto, gli Stati Uniti videro crescere a ritmo sostenuto tutti i settori economici. Il reddito nazionale aumentò quasi del 50%. Nello stesso tempo i consumi “secondari”, sostenuti da un regime di alti salari che compensava l’assenza di conflittualità sindacale, cominciarono a diffondersi in fasce sempre più ampie di popolazione. Iniziava a delinearsi il cosiddetto American Way of Life, corrispondeva ad uno standard di vita caratterizzato da una serie di confort impensabili per un cittadino europeo. L’espansione dei consumi si accompagnò ad un eccezionale ampliamento degli strumenti del marketing e del credito commerciale: divenne abituale pagare con beni durevoli, a rate e con le cambiali. Non si trattava però di una società davvero aperta e libera. Alla ricchezza si affiancavano il conservatorismo sociale, razzismo e proibizioni. Dal punto di vista politico, gli anni Venti furono dominati dai repubblicani, elessero Warren G. Harding, Calvin Coolidge e Herbert Hoover. Le agitazioni sindacali, furono affrontate con lo strumento della più dura repressione. Come corollario si può ricordare la ripresa di vigore dell’organizzazione razzista Ku Klux Klan e l’introduzione del proibizionismo. La crisi del 1929 I segnali della crisi economica in arrivo Sul finire del decennio-> primi segnali di rallentamento. Riguardarono il settore agricolo. La caduta della domanda di prodotti agricoli da parte dei paesi europei. Il mercato interno non era sufficiente ad assorbire l’enorme quantità di cereali. Molti contadini iniziarono a contrarre con le banche debiti sempre più onerosi. Il mercato era al suo apice, gonfiato dall’invenzione e dalla diffusione di molteplici sistemi di finanziamento e dalle innovazioni tecniche. Importante fu poi l’investimento nell’edilizia di stati che vivevano il boom delle abitazioni per anziani in pensione. Le azioni delle imprese continuarono a volare in borsa. Si crearono così una serie di bolle speculative pronte ad esplodere. Il pericolo non solo venne sottovalutato ma fu in gran pare aggravato dalla decisione di avviare una manovra di restrizione del credito, con aumento del tasso d’interesse per i prestiti, al fine di tenere sotto controllo l’inflazionò. Settembre 1929, primi cenni di cedimento. Lo scoppio della crisi, Ottobre 1929 24 ottobre 1929-> “giovedì nero”, la prima ondata di panico in borsa, la vendita generalizzata di titolo per un ammontare di 6 milioni di dollari. 29 ottobre 1929-> “martedì nero” la borsa lasciò sul campo perdite per 16 milioni e mezzo di dollari. Crollo dei titoli di borsa. La situazione fu aggravata dalla presenza di molti speculatori che vedendo “allo scoperto”, contribuirono a trasformare quel difficile passaggio in una frana. Il contagio si propagò al sistema bancario. I detentori di titoli prosciugarono i loro depositi nel tentativo di “resistere”, furono gli stessi correntisti a dubitare della tenuta della banca a cui aveva affidato i propri risparmi. In quei giorni si crearono numerose code alle banche, di persone che si affrettavano a prelevare i propri depositi. Migliaia di banche chiusero. La Federal Reserve non concedette agli istituti finanziari i prestiti che avrebbero potuto arrestare il panico e probabilmente salvare il sistema bancario. Disoccupazione. La responsabilità fu anche della presidenza repubblicana, rifiutò l’intervento governativo. Gli anni Trenta furono quelli della Grande Depressione. Franklin D. Roosevelt e il New Deal Eletto nel novembre 1933-> diede avvio al “New Deal”. Ottenuti i pieni poteri in materia di politica finanziaria, impostò un programma di risoluti interventi governativi nella vita economica. Una soluzione politica che trovò piena legittimazione teorica con la formulazione di John Maynard Keynes. Keynesismo Il sistema economico per poter assicurare la tenuta dell’occupazione doveva essere supportato dall’azione dello stato. Avrebbe dovuto intervenire per stimolare la ripresa economica, azione che avrebbe consentito di “sbloccare” questo circolo vizioso. Interventi: - Riordinato il sistema finanziario, dando più poteri alla Federal Reserve, creando un’agenzia incaricata di monitorare l’operato di Wall Street e abbandonando il sistema del Gold Exchange Standard; - Furono adottate misure finalizzate ad aumentare i salari e a promuovere i consumi delle masse popolari; - Avviato un imponente programma di lavori pubblici; - Varate leggi che miglioravano le condizioni di lavoro e limitavano lo strapotere del capitalismo oligopolistico. Il programma presidenziale incontrò notevoli resistenze, rafforzate dalla decisione della Corte suprema di giudicare incostituzionali due delle principali disposizioni: il National Recovery Art (NIRA) e l’Agriculture Adjustment Act (AAA). Tutte le opposizioni furono superate, grazie all’appoggio fornito al presidente dal movimento sindacale e in virtù della plebiscitaria rielezione del novembre 1936. Il paese uscì dalla depressione solo con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. CAPITOLO 14 - LA GERMANIA E L’AVVENTO DEL NAZISMO La repubblica di Weimar nel dopoguerra Proclamata nel novembre 1918-> La Repubblica tedesca (cittadina di Weimar) nacque travagliata da contraddizioni. Toccò alle nuove istituzioni democratiche assumersi la responsabilità di accettare le gravose condizioni economico- territoriali imposte dai vincitori. La Repubblica fu individuata dalla propaganda della destra nazionalista come principale responsabile della “pugnalata alle spalle” che i nemici della nazione avevano sferrato all’esercito tedesco. L’instabilità politica dei primi anni Venti si manifestò anche nei tentativi di colpo di stato militari. 1920-> tentativo di colpo di stato da parte delle forze paramilitari del generale Wolfang Kapp. 1921-> ucciso in un attentato il ministro degli esteri, Walter Rathenau, ritenuto colpevole d’aver cercato una mediazione coi paesi vincitori. 1923-> fu il Partito nazionalsocialista di Adolf Hitler a tentare il putsch. Lo stesso anno le truppe francesi invasero il bacino carbonifero della Ruhr, gli abitanti della regione risposero con la “resistenza passiva”, ciò portò al collasso dell’economia tedesca. Sulla Germania abbatté allora la più grave inflazione, la soluzione venne dall’accordo con i paesi vincitori. Il governo mise la fine alla “resistenza passiva” e stabilizzata la moneta con l’aiuto degli ingenti prestiti americani a lunga scadenza del Piano Dawes, operò l’indispensabile cambio della propria valuta. Elezioni presidenziali del 1925-> determinarono la vittoria del maresciallo Hindeburg, personaggio pericoloso, in nome del nazionalismo tedesco. La seconda parte degli anni Venti fu un periodo fi stabilità economica e politica. L’ascesa di Hitler del nazionalsocialismo I primi anni di Hitler del partito nazionalsocialista (NSDAP) 1919-> Aderì al Partito Nazionalsocialista tedesco di cui divenne il leader. L’importanza dell’uso della violenza I nazisti continuarono a fare un uso sistematico della violenza e dell’intimidazione nei confronti degli avversari politici. 1921-> create le SA (“squadre d’assalto) 1925-> affiancate dalle SS (“squadre di protezione”), poste sotto il controllo di Heinrich Himmler, fu attribuito il compito di servizio investigativo del partito. La propaganda Organizzando grandi manifestazioni di massa e azioni spettacolari, il partito offriva di sé l’immagine di una compagine politica militarizzata, decisa ad affrontare con energia i problemi della Germania. Per ogni questione affermavano di conoscere una soluzione radicale e definitiva. “Mein Kampf”-> libro-programma che Hitler aveva scritto nel 1925: - Rifiutare il trattato di Versailles; - Liquidare l’inefficiente e corrotto sistema democratico; - Intraprendere un’offensiva contro i nemici della Germania; - Costruire una Grande Germania. Il Partito per tutti gli anni Venti rimase in una formazione marginale. Le conseguenze in Germania della crisi del 1929 Fu in Germania che la crisi degli Stati Uniti colpì maggiormente. Fallirono grandi istituti finanziari; la mancanza di credito alle imprese portò quindi alla chiusura di molte aziende; anche il numero di disoccupati impennò. Crebbe la tensione sociale, alimentata da numerosi scioperi. Tutto ciò gioco a favore del Partito nazionalsocialista, i voti aumentarono alle elezioni. Le ragioni di questo successo? La situazione di crisi portò molti elettori tedeschi ad affidarsi a Hitler. I nazisti potevano contare sull’immagine di risolutezza che derivava loro dall’intransigenza programmatica e dall’abitudine a risolvere con la violenza ogni problema. Molti elettori ritennero di voler mettere alla prova i nazisti, anche i leader dei partiti tradizionali, che erano convinti di potersene sbarazzare una volta che la resistenza socialdemocratica e comunista fosse stata piegata. 30 gennaio 1933-> Adolf Hitler divenne cancelliere. Il regime nazista La costruzione della dittatura nazista Vi fu un processo di trasformazione delle istituzioni repubblicane in regime totalitario. 27 febbraio 1933-> la sede del Parlamento fu data alle fiamme dai nazisti, addossarono la colpa alla sinistra rivoluzionaria, mettendo così i comunisti fuori gioco. Sospesi i diritti costituzionali, con forti restrizioni della libertà si stampa e di associazione. 23 marzo 1933-> Hitler fece approvare dal Parlamento la legge sui pieni poteri, per quattro anni autorizzava il governo a promulgare norme senza l’approvazione del Parlamento. Dicembre 1933-> nuova norma “sincronizzazione”, non solo stabiliva che i membri del partito godessero di uno statuto speciale in grado di sottrarli ai tribunali ordinari, faceva del responsabile politico-organizzativo del partito nazista e del capo delle SA membri di diritto del governo. Permise quindi di creare un regime autoritario senza abrogare formalmente il sistema costituzionale preesistente. Nel giro di pochi mesi la Germania subì un processo di “nazificazione”. b) Grazie al conformismo che il terrore scatenato contro gli avversari determinava. Frutto furono i processi politici del 1936-1938 (“purghe”). Si trattava di processi-farsa, portarono alla condanna a morte della grande maggioranza dei bolscevichi. Fu raggiunto da un sicario e assassinato pure Trockji, che era in esilio in Messico. Economia e società sovietica tra le due guerre L’obiettivo si Stalin-> riuscire a trasformare l’Unione Sovietica in un paese in grado di reggere con successo il confronto con i paesi capitalistici avanzati. Avrebbe dimostrato la superiorità del comunismo. Per realizzare l’industrializzazione e la collettivizzazione dell’agricoltura fu utilizzato lo strumento della pianificazione (definizione di obiettivi produttivi da raggiungere entro archi di tempo determinati e sotto la guida del governo). 1928-> messo a punto il primo “piano quinquennale”, per poi proporne un secondo e un terzo. Per far funzionare le 8000 fabbriche si promossero concetti di urbanizzazione. Lo stato investì enormi risorse nelle infrastrutture, nelle vie di comunicazione nelle scuole che dovevano formare i nuovi quadri tecnici. 1940-> l’Unione Sovietica diventa la terza potenza industriale al mondo. Contemporaneamente al crollo di Wall Street. Non si vedevano i terribili costi. Dal punto di vista sociale si ebbe una forte compressione del tenore di vita della popolazione. Per quanto la propaganda di regime esaltasse la figura dell’operaio Stachanov, quel che tratteneva i lavoratori dalla rivolta era quindi la paura della repressione. Per sostenere lo sforzo d’industrializzazione, il regime impose la completa collettivizzazione delle aziende agricole; quella delle terre fu attuata con metodi brutali e sommari, espropriando e deportando in Siberia i kulaki. I risultati furono modesti. Terribile carestia scoppiata in Ucraina-> 1932-1933 Il periodo staliniano coincise con l’esaurirsi della vivacità culturale che aveva contraddistinto i primi anni Venti. Furono scoraggiate tutte le forme d’arte sperimentale, privilegiando il “realismo socialista”. Si assistette all’inversione di tendenza nelle politiche per la famiglia. Negli anni Trenta si sostituì il desiderio di ripristinare i più tradizionali modelli. 1934-> l’omosessualità divenne reato. 1936-> fu vietato l’aborto e le pratiche per ottenere il divorzio divennero più complesse. 1929-> leader del partito e del paese, regime totalitario. Il totalitarismo sovietico La categoria concettuale del totalitarismo Nata negli anni Cinquanta. Aspetti comuni dei regimi “totalitari”: - Appaiono sottoposti a un fortissimo moto nella direzione dell’identificazione totale tra stato e società (partito unico); - Paiono ricercare la concentrazione dei poteri in un unico soggetto. La principale conseguenza è che tutto ciò che cerca di sfuggirvi viene percepito come un ostacolo da distruggere, come un nemico da eliminare. Quel che rende i regimi totalitari tra loro compatibili: propaganda e terrore, campi di concentramento. La comparazione tra nazismo e stalinismo Tratto comune: 1 Comune opposizione alla progressiva ascesa dell’individualismo di stampo ottocentesco; 2 Comune convinzione che l’ideologia potesse riconoscere le leggi storiche che erano alla base dei fenomeni sociali; 3 Comune convinzione che la “semplicità” fosse un valore da preferire alla complessità; 4 Comune convinzione di poter avviare in tempi brevi e senza curarsi troppo dei costi sociali, un processo di rivoluzione radicale, da consentire la risoluzione, una volta per tutte, dei principali problemi esistenti. Somiglianza data dalla loro struttura statuale, da strutture gerarchiche ossia un potere che scendeva dal vertice fino alla base. Si dovrebbe parlare di policrazia (pluralità di poteri spesso in competizione per esaudire o anticipare la volontà dei leader). La differenza-> il nazismo non ebbe bisogno di esercitare terrore per guidare il paese, il regime sovietico invece sì, esercitato contro i propri cittadini e spesso in modo casuale, al fine di conservare il potere. Possono essere comparati i Lager nazisti e i GuLag sovietici? GuLag-> “Direzione centrale dei campi di lavoro correttivi” Fu Stalin a trasformare il sistema dei GuLag in un infernale universo concentrazionario, esistevano fin dai tempi della guerra civile. Non prevedevano lo sterminio di chi vi era rinchiuso, li considerava come un formidabile serbatoio di lavoro gratuito a disposizione dello stato. Ben differenti erano i Lager nazisti. Si può concludere che esistono molte somiglianze ma ricompaiono ben visibili anche le differenze. Per questo motivo l’uso della categoria interpretativa del totalitarismo può rivelarsi utile, purché non venga sopravvalutata. CAPITOLO 16 – LA SECONDA GUERRA MONDIALE L’anticipazione del conflitto mondiale: la guerra civile spagnola 1936-1939-> guerra civile in Spagna, interpretata come il tragico preludio dell’inevitabile scontro tra i regimi fascisti e democrazie. Intervento di contingenti militari fascisti e nazisti a fianco delle truppe golpiste, ciò spinse migliaia di volontari antifascisti ad arruolarsi nelle “brigate internazionali”. Le difficoltà nel formare il governo, unite al non riconoscimento da parte della destra dell’esito del voto, produssero un clima di quotidiana violenza. 13 luglio 1936-> José Carlo Sotelo, fu assassinato da elementi della polizia speciale governativa. Tra il 17 e il 19 luglio 1936-> un gruppo di militari, al comando di Sanjurjo, Emilio Mola e Francisco Franco, mise in atto una “sollevazione” contro il governo. Grazie agli aiuti militari riuscirono a trasformare un colpo di stato fallito, in una guerra di tipo tradizionale. La Germania inviò una squadriglia di aerei (“Legione Condor”), l’Italia si impegnò a inviare uomini, Francia e Gran Bretagna rifiutarono ogni aiuto alla repubblica spagnola. Solamente l’Unione Sovietica fece arrivare materiale bellico l governo di Madrid. 28 marzo 1939-> con la presa di Madrid da parte dei franchisti, terminò la guerra civile spagnola. Nei mesi seguenti si scatenò una dura repressione. La prima fase delle operazioni 1 settembre 1939-> le truppe tedesche iniziarono l’invasione della Polonia. Due giorni dopo Francia e Gran Bretagna, alleate della Polonia, dichiararono guerra alla Germania. In poco più di due settimane l’esercito tedesco, ebbe la meglio su quello polacco. Nel frattempo, l’esercito sovietico aveva iniziato a occupare le regioni orientali del paese. All’inizio di ottobre la Polonia cessò di essere uno stato indipendente. Una parte del suo territorio fu annesso al Terzo Reich, un’altra andò a formare il Governatorato generale. Anche nelle regioni orientali, conquistate dall’Unione Sovietica fu attuata un’azione di soppressione. A Katyn eliminati migliaia di ufficiali dell’esercito polacco prigionieri dei sovietici. La guerra a Nord 30 novembre 1939-> l’Unione Sovietica invase la Finlandia. Aprile 1940-> le truppe tedesche invasero la Danimarca e la Norvegia. L’obiettivo dei generali di Hitler era triplice. 1. Assicurare rifornimenti di minerali di ferro alla neutrale Svezia; 2. Controllare l’accesso al Baltico, in vista del prossimo assalto alla Gran Bretagna; 3. Acquisire al Reich nazioni abitate da popolazioni affini dal punto di vista razziale ai tedeschi. La guerra in Francia Lo Stato Maggiore francese, si era preparato per una lunga guerra di posizione. Si erano arroccati lungo la Linea Maginot (complesso di fortificazioni costruito lungo la frontiera tra i due paesi ne corso degli anni Trenta). Lo Stato Maggiore tedesco impostò l’assalto alla Francia sulla falsariga dell’attacco alla Polonia. La strategia-> ”guerra lampo”. L’offensiva tedesca contro la Francia, invase l’Olanda e il Belgio neutrali. 20 maggio 1940-> i tedeschi avevano già raggiunto la Manica, stringendo nella disperata sacca di resistenza di Dunkerque l’intero contingente militare inglese. Pochi giorni prima della caduta di Parigi, 10 giugno 1940-> anche l’Italia di Mussolino dichiarò guerra alla Francia. 22 giugno 1940-> la Francia rappresentava dal nuovo governo del maresciallo Philippe Pétain, firmò l’armistizio. Ciò stabiliva la divisione in due parti del paese sconfitto: la parte settentrionale fu posta sotto il controllo tedesco, il sud della Francia rimase sotto la formale amministrazione francese. Con la nascita del governo di Vichy, ebbe fine la Terza Repubblica. La battaglia d’Inghilterra La sconfitta francese lasciò la Gran Bretagna sola nella lotta contro Germania e Italia. Fin dall’agosto 1940, gli inglesi dovettero fronteggiare l’offensiva delle truppe italiane in Egitto e Somalia. L’atteggiamento aggressivo del Giappone in Estremo Oriente impediva di spostare risorse dalla difesa dell’India. La volontà di continuare a combattere era dovuta: 1 La risolutezza del nuovo primo ministro Winston Churchill; 2 La superiorità navale; 3 L’amicizia degli Stati Uniti di Roosevelt, che gli inglesi speravano potesse evolversi nell’entrata in guerra al loro fianco. Dopo aver cercato una pace separata con la Gran Bretagna, Hitler si convinse della necessità di allestire un’operazione di invasione. Data la potenza della Royal Navy, occorreva assicurarsi il completo dominio dei cieli. Per questo motivo i nazisti diedero avvio alla “battaglia d’Inghilterra”. La Royal Air Force non fu piegata. Dopo mesi Hitler fu costretto ad abbandonare il progetto di invadere la Gran Bretagna. Ripiegò allora sull’ida del blocco navale nell’Atlantico, per impedire l’afflusso di rifornimenti dagli Stati Uniti. La svolta del 1941: la guerra ideologica All’inizio del 1941, il “nuovo ordine europeo” di Hitler sembrava consolidato in tutta l’Europa continentale. Ritenne fosse giunto il momento per attaccare l’Unione Sovietica. Il piano sarebbe fallito: la Gran Bretagna non ebbe tentennamenti e gli Stati Uniti entrarono in conflitto. L’attacco nazista all’Unione Sovietica 22 giugno 1941-> scattò l’operazione Barbarossa. Le truppe naziste affiancate da contingenti in poche settimane arrivarono a Mosca. Dicembre-> l’offensiva tedesca perse lo slancio. L’Unione Sovietica non si ribellò a Mosca; la pratica nazista di sfruttare senza pietà i territori conquistati per sostenere l’esercito in marcia scoraggiò la collaborazione. Fine autunno 1941-> i tedeschi avevano conquistato le repubbliche baltiche, la Bielorussia, buona parte dell’Ucraina e la Crimea settentrionale. Il conflitto assunse i caratteri di una guerra di annientamento di massa. Le direttive erano tassative: - Distruggere ogni forma di opposizione; - Sfruttare la popolazione civile senza preoccuparsi della sua sopravvivenza; - Eliminare gli ebrei e sfruttare la popolazione slava. Non si raggiunse l’obiettivo principale, vi era aria di sconfitta. L’intervento in guerra degli Stati Uniti Da tempo la classe militare giapponese aveva scelto di sfidare il potere marittimo anglo-americano. Le scelte furono prese nel luglio 1941, dopo l’occupazione giapponese dell’Indocina francese. Stati Uniti e Gran Bretagna decretarono il blocco commerciale delle esportazioni verso il Giappone, dal momento che l’economia giapponese dipendeva fortemente dalle importazioni si trovò a un bivio: cedere o conquistare con le armi la piena autonomia. 7 dicembre 1941->l’aviazione giapponese attaccò la base americana di Pearl Harbour (Hawaii). Si trattò di un calcolo sbagliato, gli Stati Uniti superarono la divisione interna e dichiararono guerra al Giappone. Quattro giorni dopo gli americani ricevettero la dichiarazione di guerra da parte di Germania e Italia: il conflitto assumeva l’aspetto di uno scontro ideologico tra fascismo e antifascismo. Le grandi battaglie 1942-> anno di svolta nel conflitto, si moltiplicarono i fronti di guerra. 1| Guerra in Estremo Oriente L’armata imperiale giapponese invase le Filippine, la Malesia, Hong Kong, Singapore, Birmania e Indonesia. Nel mirino vi erano India e Australia. (Conquiste dovute anche alla debolezza anglo-americana). Il 1942 vide l’arrestarsi della spinta giapponese e l’avvio dell’offensiva americana. Unione sovietica Le basi furono poste dalla marcia dell’Armata Rossa, aveva occupato una vasta area dell’Europa orientale e continentale; grande disponibilità di risorse naturali e l’enorme potenziale demografico. Mosca rappresentava solo una potenza continentale, mentre gli Stati Uniti operavano su scala planetaria. Stalin desiderava mantenere buoni rapporti con gli Stati Uniti. Vi era l’esigenza di prevenire la rinascita della potenza tedesca. La politica estera si mantenne prudente e sensibile al linguaggio della forza. All’inizio il bipolarismo non fu conflittuale: il progressivo affermarsi di un ambiguo concetto di “sicurezza nazionale”, condusse ad un peggioramento delle relazioni tra i due paesi. Senza che vi fosse una reale volontà aggressiva, entrambe le superpotenze misero in atto azioni che alimentavano l’ansia della superpotenza rivale. 1945-> una serie di eventi accentuarono il fondo di reciproca diffidenza: 1. La morte di Roosevelt portò alla presidenza Harry Truman, egli assunse un atteggiamento più fermo nei confronti di sovietizzazione forzata dei paesi dell’Europa orientale; 2. Maggio 1945-> Truman decise di ridurre drasticamente il programma “affitti-prestiti” verso l’Unione Sovietica, questa decisione alimentò il risentimento e la diffidenza di Stalin; 3. L’esplosione della prima bomba atomica, fu letta da Stalin come messaggio nei suoi confronti. Dopo gli accordi di Potsdam, che prevedevano la ricostruzione della Germania, gli Stati Uniti abbandonarono l’atteggiamento punitivo inizialmente adottato. Le ragioni: - La ripresa dell’economia tedesca era essenziale per la ricostruzione economica dell’Europa; - Paura che un’eccessiva durezza potesse generare pericolosi rigurgiti nazionalisti antioccidentali; - Timore che un eccessivo indebolimento dello stato tedesco potesse creare un vuoto di potere in Europa e avvantaggiare l’Unione Sovietica. Stati Uniti e Gran Bretagna divennero sempre più decisi nell’opporsi alle dure richieste di Mosca; iniziarono a protestare per la brutalità dell’occupazione sovietica nella parte orientale della Germania. Ipotesi della sua divisione. 1946-> Winston Churchill affermò che in Europa stava scendendo una spessa “cortina di ferro”. La dottrina del “contenimento” A Washington, George Kennan, convinse la presidenza della necessità di “contenere” le pretese sovietiche all’interno dei suoi confini. Dietro la spavalderia e l’aggressività di facciata, era infatti quella di un paese debole e impaurito. La nuova dottrina del “contenimento”, definita anche “dottrina di Truman”, fu applicata con successo nella crisi in Iran e in Turchia. Febbraio 1947-> la Gran Bretagna informò il governo americano di non essere in grado di sostenere i governi conservatori di Grecia e Turchia, così il presidente fece approvare uno stanziamento (400 milioni di dollari). Piano Marshall Gli Stati Uniti vararono il programma di aiuti ERP. La modalità di erogazione degli aiuti, impediva al piano di paesi esterni alla sfera occidentale. Fu approvato il 17 dicembre 1947, prevedeva lo stanziamento di 17 milioni di dollari, fu un veicolo di penetrazione americana in Europa e rafforzò le basi di un modello economico e sociale, inoltre accentuò la comunanza d’interessi e di valori tra l’Europa e il Nord-America. Il piano Marshall fece precipitare definitivamente la Guerra Fredda. Per Mosca esso possedeva infatti una natura “offensiva”. Come rispose l’Unione Sovietica? 1. Denunciando il Piano Marshall; 2. Consolidando il proprio impero, attraverso l’accelerazione nei processi di sovietizzazione dei paesi dell’Europa orientale; 3. Attivando i partiti comunisti dell’Europa occidentale, istituendo il Cominform (ufficio internazionale che doveva raccogliere e coordinare le informazioni riservate inoltrate dai “partiti fratelli”). Primavera 1947-> il governo americano accettò la prospettiva di un’Europa divisa in due blocchi contrapposti. Per Mosca vi era il pericolo di vedere rinascere, armata dagli Stati Uniti, la potenza militare tedesca. La prima fase (1948-1953) *Il blocco di Berlino (1948-1949) Prima parte del 1948-> gli occidentali procedettero a integrare le zone d’occupazione in Germania all’interno di un’unica unità amministrativa, spianarono la squadra alla prossima creazione di un governo federale tedesco. 24 luglio 1948-> le tre zone occidentali di Berlino furono chiuse dai sovietici. Stalin intendeva costringere alla cessione di quella parte di Berlino ai sovietici. Gli americani per quasi un anno rifornirono la città attraverso un imponente ponte aereo, portando così alla fine del blocco. Questo gesto accelerò il processo di costituzione della Repubblica federale tedesca, coinvolgendo gli americani all’interno di una vera e propria alleanza militare. Aprile 1949-> nacque la NATO, North Atlantic Treaty Organization. Sancì l’atto conclusivo di quel graduale e complesso processo politico con cui gli americani avevano posto le basi della propria leadership nell’ambito del mondo occidentale. L’Unione Sovietica promosse la costituzione della Repubblica democratica tedesca e del Patto di Varsavia. La strategia del “contenimento” fu un successo per gli Stati Uniti. *La svolta del 1949-1950 e la guerra di Corea (1950-1953) Ultimi mesi del 1949-> due eventi modificarono lo stato di cose: 1. L’esplosione della prima bomba atomica sovietica; Prese alla sprovvista gli americani, producendo una reazione esasperata. Furono gli anni della “paura rossa” e del “maccartismo” (denuncia come spie antiamericane di chiunque non fosse conformato agli ideali del patriottismo sciovinista). 2. La definitiva vittoria dei comunisti di Mao in Cina; La sua vittoria fu letta come il segnale del rafforzamento del fronte rivoluzionario. I due avvenimenti produssero una reazione da parte delle amministrazioni americane. Primavera 1950-> approvato l’NSC-68, un piano che prevedeva l’assunzione di oneri illimitati per consentire l’universalizzazione della strategia del contenimento. Alla fine del conflitto mondiale la Corea, che era occupata dalle truppe sovietiche e americane, era stata divisa in due zone. All’altezza del 38° parallelo vi era il confine tra regime comunista del Nord e governo nazionalista e filooccidentale del Sud. Giugno 1950-> le truppe nordcoreane invasero il Sud del paese. In assenza del rappresentante sovietico, l’ONU votò una risoluzione di condanna dell’invasione e approvò un piano di intervento militare. Il contingente, guidato da Mac Arthur, riconquistò i territori persi. Occupò la capitale nordcoreana, dirigendosi verso il confine cinese. Intervenne Pechino, inviò propri reparti in soccorso dei nordcoreani e ribaltò la situazione militare. Posto di fronte al rischio di una sconfitta, Arthur chiese l’autorizzazione all’utilizzo della bomba atomica contro la Cina. Il presidente Truman decise la rimozione di Mac Arthur e avviò le trattative di pace, i negoziati si conclusero nel 1953. Queste vicende furono un passaggio importante nella Guerra Fredda: 1. Indussero le due superpotenze ad accettare l’inviolabilità delle rispettive aree di competenza; 2. Evidenziarono l’incapacità delle due superpotenze di confrontarsi con vicende locali; 3. Determinarono l’estensione della dottrina del contenimento anche all’Asia; 4. Determinarono la decisione di approvare l’NSC-68, adottando anche la dottrina della difesa in profondità del territorio europeo; 5. Accelerarono la decisione degli europei di procedere lungo la strada dell’integrazione militare atlantica. *Il processo d’integrazione europea tra successi e fallimenti La guerra di Corea sensibilizzò l’opinione pubblica occidentale circa i grandi pericoli connessi con la radicalizzazione della contrapposizione bipolare. Se da una parte i governi gettarono le basi per realizzare una collaborazione, dall’altra si rifiutarono di cedere poteri a entità sovrannazionali. Benché la Germania occidentale avesse fatto grandi passi in avanti sulla strada del consolidamento democratico e nonostante il suo ingresso nella Comunità europea del carbone e dell’acciaio erano in molti a temere che gli Stati Uniti potessero avviare un programma di riarmo del vecchio nemico. Fine 1950-> il ministro degli esteri francese Pleven, stupì tutti avanzando la proposta di costituzione di un esercito comune europeo. Composto di sei divisioni e organizzato per piccole unità nazionali, CED (comunità europea di difesa), mirava di impedire alla Germania, che per la sua difesa avrebbe potuto solo disporre della sola divisione inserita nella CED, di ricostruire una propria autonoma forza armata. Il progetto fu avversato dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti. Fu anche scartata dall’opinione pubblica tedesca. Sgomberato il campo dall’illusione di potere fare a meno della potenza militare americana, gli europei non posero più ostacoli all’integrazione ufficiale della Germania occidentale all’interno della NATO. La fase della “competitiva coesistenza pacifica” (1953-1960) 5 marzo 1953-> morì Stalin. Sostituito da Nikita Krusciov, con egli l’Unione Sovietica sembrò avere imboccato un nuovo corso: maggiore senso di sicurezza, determinato dal possesso dell’arma atomica e dal rafforzamento del controllo sui paesi satelliti. Per qualche anno si affermò la “coesistenza pacifica”. Krusciov promosse il riavvicinamento con la Yugoslavia, minore rigidità verso i “popoli fratelli” dell’Europa orientale. Fu posta attenzione alle esigenze della propaganda. Grandi successi alle imprese spaziali che diffusero nel mondo la convinzione di un prossimo sorpasso tecnologico. Un gesto di valore simbolico fu la compilazione di una dettagliata relazione sui crimini di Stalin. La politica di apertura di Krusciov destabilizzò gli assetti internazionali e provocò una grave crisi all’interno del blocco comunista. Polonia-> la repressione delle manifestazioni operaie scoppiate generò una vasta ondata di proteste; portò al ritorno al potere del vecchio leader comunista Wladislaw Gomulka, decise di rimanere nel Patto di Varsavia. Ungheria-> Imre Nagy, propose un programma di riforme politiche, realizzando un sistema avanzato che avrebbe abbandonato il monopartitismo e avrebbe sciolto la polizia politica. C’era l’intenzione di uscire dal Patto di Varsavia ed essere neutrali. Per due settimane si combatté a Budapest e la successiva repressione vide Nagy e i principali esponenti del suo governo giustiziati. Il duello tra Krusciov e Kennedy (1961-1963) I sovietici non avevano abbandonato l’idea della competizione con l’Occidente, continuarono a rafforzare il proprio esercito e attraverso una politica di sostegno ai movimenti rivoluzionari del Terzo Mondo. Il nuovo presidente John F. Kennedy elaborò i principi di una politica estera che basava i propri repertori di azione sulla convinzione che nessun dialogo con l’Unione Sovietica fosse possibile. Gli Stati Uniti non dovevano lesinare risorse nel sostegno alla politica di contenimento del comunismo. *La seconda crisi su Berlino (4 giugno-9 novembre 1961) Fu innescata dal fenomeno dei cittadini dei vari paesi d’Europa orientale che fuggivano a Ovest. Novembre 1958-> Krusciov decise di aprire una crisi. I vecchi alleati dovevano scegliere: ritirare entro sei mesi i propri soldati, oppure riconoscere il governo della Germania orientale. In caso di rifiuto si prometteva un nuovo blocco della città. L’Unione Sovietica temeva che l’amministrazione repubblicana di “Ike” Eisenhower potesse dotare la Germania dell’arma atomica. La fermezza americana fece rientrare la crisi che riesplose nel 1961. Nel giro di una notte, 12-3 agosto, il confine tra la parte occidentale e quella orientale di Berlino fu sigillato da un muro lungo 156 km. La tensione tra le superpotenze si risolse con l’elezione di Kennedy. Fu facile trovare un accordo con Krusciov, tre caposaldi: 1. La Germania non sarebbe stata dotata di armamento nucleare; 2. L’impegno americano a tenere le proprie basi in Europa; 3. Accettare la divisione della Germania in due stati. *La crisi di Cuba (1962) Gennaio 1959-> i rivoluzionari di Fidel Castro ebbero la meglio su Batista e sulla sua dittatura. Agosto 1960-> il governo rivoluzionario cubano nazionalizzò gli zuccherifici, primo passo verso la deriva socialista. La seguente nazionalizzazione delle raffinerie straniere a Cuba, condusse il governo Eisenhower a decretare l’embargo commerciale. Numerosi furono i tentativi di colpi di stato anticastrista organizzati dalla CIA, il più famoso fu nell’aprile 1961, quando un contingente di esuli cubani fu sbaragliato al momento dello sbarco nella Baia dei Porci. A questo punto Castro decise di giocare la carta della contrapposizione tra superpotenze. Fu stipulato un accordo tra Cuba e Urss, prevedeva il dispiegamento a Cuba di missili nucleari a raggio intermedio. 14 ottobre 1962-> un aereo spia fotografò l’esistenza di basi missilistiche. Gli Stati Uniti decretarono il blocco navale dell’isola. Alla fine fu trovato un accordo, ritiro dei missili da Cuba in cambio di un’azione americana in Turchia. Si riconobbero per la prima volta una reciproca legittimità, 1963, rapporti normalizzati, scomparve la dimensione ideologica. Lotte di potere e crisi interne al blocco sovietico Lituania, Estonia e Lettonia. Si erano nel frattempo tenute le prime elezioni libere in Urss, avevano premiato la leadership di Boris Eltsin che sconfisse Gorbeciov. Dicembre 1991-> i presidenti dei nuovi stati indipendentisti si incontrarono ad Alma Ata, proclamando la fine dell’unione Sovietica e la sua sostituzione con un Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Finì così la Guerra Fredda. CAPITOLO 18 – L’ITALIA REPUBBLICANA Una repubblica nata dalla resistenza Fu l’elaborazione individuale dei tanti giovani che rifiutarono di combattere per il fascismo a permettere di riscoprire il valore della libertà individuale e della partecipazione attiva alla politica. *Resistenza e fascismo della Repubblica di Salò Dopo l’armistizio italiano i tedeschi occuparono il paese. Nel Meridione si costituì il Regno del Sud, nelle regioni centro-settentrionali i tedeschi lasciarono che si costituisse la Repubblica sociale Italiana, scelse come sua sede la cittadina di Salò. Gli italiani da questa parte del paese furono presto costretti a scegliere da che parte schierarsi. Nel complesso però gli italiani voltarono in quel frangente le spalle al fascismo. Numerosi furono i piccolo atti di valore che contribuirono alla resistenza dei partigiani in luoghi impervi e in condizioni difficili. Settembre 1943-> si formarono piccoli gruppi che iniziarono a realizzare piccole azioni di sabotaggio. Le forze politiche antifasciste si stavano riorganizzando. I rappresentanti dei partiti antifascisti avevano deciso di costituire un organismo politico unitario, il Comitato di Liberazione nazionale, si proponeva di guidare politicamente la Resistenza e coordinare operativamente l’azione alle bande partigiane. Queste si stavano organizzando secondo la sensibilità politica degli aderenti: Brigate Garibaldi, Brigate Matteotti, le formazioni di Giustizia e Libertà, le formazioni di ispirazione cattolica, quelle di ispirazione monarchica. La guerra partigiana si combatté alternando fasi di espansione e momenti di drammatica crisi. *Il CLN come embrione de futuro sistema democratico italiano Fu per molto tempo un organismo politicamente debole. Il Regno del sud era considerato politicamente più affidabile. La debolezza del primo derivava anche dal fatto che si trattava di un organismo scarsamente rappresentativo. Ai comunisti interessava in questo momento il rafforzamento delle proprie organizzazioni militari e politiche. La credibilità politica era diminuita da due condizioni: 1) per lungo tempo non riuscì a rappresentare realmente le bande partigiane attive nell’Italia settentrionale; 2) Per lungo tempo non fu riconosciuto dagli Alleati. Svolta determinata dalla scelta di Palmiro Togliatti, segretario del Partito comunista, di rientrare in Italia ed annunciare la disponibilità a posticipare la questione istituzionale a dopo la sconfitta del nazifascismo. “svolta di Salerno”-> portò alla formazione di un nuovo governo Badoglio di “unità nazionale”, con all’interno esponenti del CLN, che accreditò la Resistenza anche presso gli Alleati. Lunghi mesi di guerra fino allo sfondamento della linea Gotica e alla liberazione delle principali città italiane da parte delle truppe partigiane. L’atto finale fu la fucilazione di Benito Mussolini. Si aprì una difficile fase di transizione, poté contare sull’esercizio di democrazia fatto dai partiti politici anche attraverso il CLN. Lo spirito unitario sarebbe rimasto anche dopo la Liberazione, consentendo ai partiti di scrivere insieme la nuova carta costituzionale. Il 1° gennaio 1948 la Costituzione della Repubblica Italiana, fondata sull’antifascismo, entrò in vigore. La politica italiana *Dal referendum istituzionale al Centrosinistra Mancanza di materie prime, devastazione delle vie di comunicazione, diffusione della disoccupazione. Vi erano gravi problemi di ordine pubblico (microcriminalità ed estensione del “mercato nero”. Si poteva evidenziare inoltre una lunga striscia di sangue. Il compito dei nuovi partiti di massa era quello di costruire un’impalcatura delle istituzioni democratiche e educare gli italiani alla partecipazione della vita pubblica. Partito Comunista Italiano Finalizzato alla realizzazione di una rivoluzione di tipo comunista in Italia. Forte era la relazione di dipendenza dall’Unione Sovietica. I militanti vivevano l’ideologia come una vera e propria fede laica. L’Unione Sovietica aveva bisogno di partiti comunisti occidentali in grado di influenzare la politica dei propri governi. Il PCI cercò quindi di costruirsi come “partito nazionale”, avviando la costruzione del “partito nuovo”, che puntava su un programma di “democrazia progressiva”. Partito socialista italiano di unità proletaria Debolezze del Partito-> incapacità di riprendersi dagli effetti di continue scissioni e divisioni interne. Poteva contare su una grande tradizione. Simbolo delle contraddizioni: il leader Pietro Nenni. Partito d’azione Vi aderivano elementi della borghesia progressista, persuasi delle necessità di rifondare su basi di maggiore uguaglianza sociale la democrazia liberale. Sperava di poter trasformare il credito acquistato nella guerra partigiana in consenso politico una volta ripristinata la vita democratica. Democrazia cristiana Fondata nel 1942, manteneva rapporti stretti con il Vaticano. Selezionava la sua classe dirigente all’interno delle organizzazioni laicali e fruiva dell’attiva mobilitazione politico-elettorale delle parrocchie. Partito nato grazie a Giovanbattista Montini. La forza derivava dal suo essere un partito interclassista, fondato sul pensiero sociale cattolico e radicato all’interno del mondo rurale, poteva contare sul papa. Fu Alcide De Gasperi a orientare in senso conservatore il partito. Partito repubblicano italiano (PRI) e il Partito liberale italiano (PLI) Il PRI in alcune zone del paese poteva vantare un’organizzazione di massa, antimonarchico. Ambiva a rappresentare ceti medi e il mondo delle professioni. Il PLI, filomonarchico, poteva contare sul prestigio di alcune figure di grande rilievo morale (Benedetto Croce). Uomo qualunque All’estrema destra si posizionò anche il Movimento dell’Uomo Qualunque, 1944, Guglielmo Giannini. Traeva il consenso delle paure della piccola borghesia meridionale, vi era la difesa del “diritto dell’individuo a essere indifferente. Parola chiave-> avversione alla democrazia dei partiti. Dai primi governi di unità nazionale alle elezioni del 1948 Giugno 1945-> a guidare il governo fu Ferruccio Parri, leader del Partito d’Azione. Si impegnò su due temi: 1. L’epurazione dai ruoli della pubblica amministrazione delle persone compromesse con il fascismo; 2. L’avvio di una politica di forte tassazione sulle grandi imprese e sui profitti di guerra. Trovarono una forte opposizione da parte delle forze politiche moderate, costrinsero Parri a dare le dimissioni. Passaggi della transazione: - Annacquamento del processo di epurazione; - Svuotamento del potere dei Cln; - Escalation di violenza politica e il conseguente “giro di vite” nella gestione dell’ordine pubblico; - Referendum istituzionale del 2 giugno 1946, poterono festeggiare i sostenitori della Repubblica. La Democrazia italiana risultò il partito più votato, fu eletto come capo provvisorio Enrico De Nicola. 1947-> Si spezzò l’intesa tra PCI, PSIUP e DC. Le ragioni erano insite nell’affermarsi della logica della Guerra Fredda e nella rapida divisione del mondo in aree separate. - Si scisse il PSIUP. Giuseppe Saragat uscì con i suoi simpatizzanti dal partito e fondò il Partito Socialista dei lavoratori. - 10 febbraio 1947, firmato il Trattato di pace, i vincitori decretarono la perdita di tutte le colonie e una serie di cessioni territoriali. Era incerto il destino di Trieste, inizialmente diviso in due zone. Per le violenze, quando alcune migliaia di italiani erano stati uccisi dai partigiani di Tito e gettati nelle foibe, il nuovo governo democratico non poteva cedere sulla questione della futura appartenenza all’Italia di Trieste. L’atteggiamento dei comunisti fu ambiguo. 1946-1947-> la Democrazia assunse un atteggiamento più rigido, per recuperare il voto conservatore e per impostare una politica deflazionistica. Il governo guidato da De Gasperi resse la difficoltà politica grazie a: - La reazione di paura della borghesia italiana rispetto alla mobilitazione in piazza promossa dalle sinistre, che consentì il riflusso dei voti verso la Democrazia cristiana; - Il varo del piano Marshall, rappresentò una carta propagandistica; - La stretta creditizia imposta dal ministro del tesoro, Einaudi, ridusse l’inflazione e restituì potere d’acquisto ai ceti impiegatizi a reddito fisso; - La scelta filo-americana del PSLI e del PRI, evitarono a De Gasperi di dover chiedere voti della Destra monarchica e fascista. Il capitolo della transizione si chiuse con le prime elezioni legislative del 18 aprile 1948. Campagna elettorale del 18 aprile 1948 - Gli Stati Uniti minacciarono la sospensione degli aiuti del Piano Marshall in casi di vittoria comunista; - Il Vaticano scomunicò gli elettori comunisti, mobilitando tutte le strutture della Chiesa cattolica. Risultati elettorali: vittoria della democrazia cristiana. L’ultima scossa fu provocata da uno studente di destra che ferì gravemente Palmiro Togliatti. Alla notizia in tutte le principali pizze italiane militanti comunisti e operai si scontrarono con la polizia. La tensione scemò e la reazione dello stato sarebbe stata molto dura, si chiuse così il dopoguerra. Gli anni del Centrismo (1948-1960) La Democrazia cristiana fu politicamente autosufficiente. L’influenza della Chiesa era enorme e capace di costringere il partito di De Gasperi a imporre all’intero paese i codici di comportamento propri del mondo cattolico. Modello di “democrazia protetta”. La stretta era determinata dalla necessità di allontanare il “pericolo comunista”. La stabilizzazione conservatrice: - Non furono applicate le indicazioni della Costituzione in molti passaggi importanti; - Si cercò di imporre un sistema elettorale che mirava a cristallizzare il dominio sul paese della Democrazia cristiana; - Non si limitò la pesante invadenza clericale. La sconfitta portò De Gasperi alla sua uscita di scena e si aprì una fase nuova sempre più condizionata dalla necessità di associare all’area di governo un altro grande partito. La strada era aperta alla ricerca di un accordo tra Democrazia cristiana e Partito socialista. Accordo che definirono di “Centrosinistra”. Occorreva avere ragione delle agguerrite opposizioni interne ai due partiti e indispensabile vincere l’intransigente contrarietà del Vaticano e degli Stati Uniti. Da una parte vi era la pressione dei partiti laici, dall’altra rallentava il percorso di realizzazione la preoccupazione che la larga parte del gruppo dirigente democristiano nutriva nei confronti delle “pretese” del Partito socialista. Il Partito di Nenni voleva infatti dalla Democrazia cristiana un impegno sul versante della programmazione economica, invocando la nazionalizzazione dell’energia elettrica. La destra della Democrazia cristiana si oppose; apparve aperto alla trattativa Amintore Fanfani. L’incertezza durò fin quando il governo Tambroni si avventurò in una manovra politica. Il tentativo autoritario di Tambroni Tambroni ruppe per la prima volta un patto costituente, non rifiutò i voti parlamentari che ottenne. La reazione del paese fu violenta. Scoppiarono a Genova molti scontri. La Democrazia cristiana si accorse che il partito rischiava di essere identificato in una forza filofascista. Fine al governo Tambroni e ricerca di un accordo con i socialisti. In attesa del Centrosinistra (1960-1963) Il Centrosinistra poté avviarsi, importanti furono: 1. La morte di papa Pio XII e l’elezione di Papa Giovanni XXIII. 2. 8 novembre 1960-> elezione di John F. Kennedy. Non vi erano più ragioni che impedivano l’arrivo dei socialisti al governo. Febbraio 1962-> nuovo governo Fanfani. Realizzò la nazionalizzazione dell’energia elettrica, approvò la riforma della scuola media unificata e realizzò la tassazione dei titoli azionari. Cadde però sulla riforma urbanistica. *Il Centrosinistra (1963-1975) Gli anni dei governi di “solidarietà nazionale” Elezioni del maggio 1968-> il governo aveva cercato di rispondere alla contestazione studentesca con l’adozione di importanti riforme. Il panorama politico stava per essere scosso dalla proposta di Enrico Berlinguer (segretario del Partito comunista). Scosso dagli avvenimenti cileni affermò che, per risolvere la crisi politica italiana occorreva un accordo di lungo periodo tra cattolici, socialisti e comunisti. A rafforzare la candidatura comunista Berlinguer rivelava di sentirsi più al sicuro sotto l’ombrello protettivo della NATO. Di fronte allo stallo, l’unica soluzione venne dall’apertura comunista, che accettò di astenersi nel voto di fiducia che fece nascere il monocolore democristiano guidato da Giulio Andreotti. L’uccisione di Moro fece tramontare il governo del Partito comunista. L’affermarsi nel PSI di una leadership forte come Bettino Craxi, condusse quel partito a elaborare una nuova strategia di collaborazione competitiva con la Democrazia cristiana, rottura con il PCI; quest’ultimo tornò su una linea di contrapposizione alla Democrazia cristiana. *La fine del sistema politico della “Prima repubblica” (1979-1993) La grande crisi degli anni ’70 rappresentava un banco di prova, per vedere i cambiamenti nell’ambito della politica. Gli anni del “pentapartito” Anni ’80-> segnati dalla proposta politica di Bettino Craxi. Leader del PSI, promosse il bilancio del suo partito, seguendo una tattica di competizione con la Democrazia cristiana e con il Partito comunista. Voleva scalzare la DC. Manovra di “soffocamento”: 1. Sul piano internazionale-> sfruttare lo “strappo” operato da Berlinguer rispetto alla dipendenza da Mosca. Rappresentante italiano dell’Internazionale socialista, aveva però la possibilità di impedire la possibile richiesta di affiliazione del PCI. 2. Sul piano nazionale-> mirava a fare del PSI un polo aggregatore delle varie forze riformiste esistenti in Italia, sarebbe stato escluso il PCI. Manovra che avrebbe creato le condizioni per svuotare il serbatoio elettorale del PCI. Il PSI avrebbe potuto allearsi con il PCI al fine di scalzare dal governo la DC e imporre un governo della sinistra. Il PSI divenne un partner della DC. Gli assetti politici assunsero la forma di un’alleanza tra partiti laici e Democrazia cristiana: “pentapartito”. Riconoscimento della DC nei confronti degli alleati di un ruolo paritario. Il laico, segretario del PRI Giovanni Spadolini a inaugurare una stagione politica. Alle difficoltà della Democrazia cristiana cercò di mettere argine Ciriaco De Mita, si sarebbe proposto come un “modernizzatore”. Competizione tra i due. 1983-> Craxi riuscì a insediarsi alla guida del governo. Politica internazionale-> mirò ad affermare il ruolo dell’Italia come potenza regionale del Mediterraneo e l’impegno affinché Spagna e Portogallo fossero ammessi all’interno della CEE. La sottoscrizione del nuovo Concordato con la Chiesa cattolica giunse a rassicurare il Vaticano e i cattolici italiani. Politica interna-> i governi affrontarono la situazione economica con l’intenzione di infliggere una sconfitta alla CGIL e al PCI. 14 febbraio 1984-> il governo annunciò il taglio di alcuni punti della “scala mobile”. Il referendum proposto dal PCI, fu vinto da Craxi, non sarebbe riuscito nel suo intento strategico, il suo fallimento risiedette nell’abbandono della proposta di riforma costituzionale. Piano: Contrattazione continua dei posti di potere con la DC; Lotta per mantenere Craxi alla presidenza del Consiglio; Sfruttare al massimo i benefici portati dalla positiva congiuntura economica; La spregiudicatezza con cui fu promosso un sistema di finanziamento al partito alternativo a quello offerto dallo stato. Il PSI non riuscì nel suo intento, ossia sfondare elettoralmente. Il PCI viveva in una grave crisi. Appariva ancora solido, ed era chiaro come il problema consistesse nell’invecchiamento dei principali paradigmi interpretativi del marxismo. La definitiva crisi del sistema Affermarsi della “questione settentrionale”, meno capace di reggere la competizione globale, il sistema imprenditoriale delle regioni più ricche del paese ad un certo punto prestò maggiore attenzione all’evoluzione della politica nazionale. Necessità di porre un freno al debito pubblico nazionale, costrinse i governi a varare le misure. Rivolta dei commercianti e degli imprenditori. 1987-> Umberto Bossi fu eletto senatore; shock quando il leghista Marco Formentini divenne sindaco a Milano. Accanto alle leghe un ruolo importante nel sottrarre credibilità al sistema politico-> Francesco Cossiga e Mario Segni. Francesco Cossiga-> per alcuni anni ricoprì il suo incarico con sobrietà, si trasformò in un “picconatore” del sistema dei partiti, mirava ad un rapporto diretto con ii cittadini. Mario Segni-> si mise alla testa di un vasto e variegato movimento referendario. Il suo obiettivo era quello di utilizzare lo strumento del referendum popolare per imporre quella riforma politica che la classe dirigente dei partiti non riusciva a fare. L’idea della governabilità poteva essere assicurata da una riforma della legge elettorale in senso maggioritario. Lo schiacciante successo fu il segnale dell’insofferenza degli italiani per la partitocrazia. La ragione determinante della “frana” politica stava negli obblighi di bilancio determinati dalla decisione di partecipare all’ultima fase della costruzione unitaria europea. Firma degli accordi di Maastricht-> rese impossibile ricorrere agli strumenti con cui la classe politica aveva fino a quel momento affrontato le crisi economiche. Il governo non poteva più lasciar galoppare l’inflazione. I governi “tecnici” di Amato e Ciampi dovettero ricorrere ad ampie manovre finanziarie. Il sistema dei partiti ricevette il colpo finale dalle inchieste sulla corruzione condotte dal pool investigativo della Procura di Milano. “Tangentopoli” (1992-1993) 1992-> iniziò a Milano l’inchiesta denominata “mani pulite”, sotto la guida del procuratore Borelli vi era un gruppo di magistrati tra cui Antonio di Pietro. Il pool svelò l’esistenza di un radicato sistema di corruzione/concussione. Le tangenti pagate servivano a finanziare l’attività politica dei partiti. Tutti i partiti di maggioranza risultarono coinvolti in operazioni illecite. L’indignazione popolare fu enorme, improvviso smottamento dei partiti che erano più coinvolti, in quella che fu battezzata “Tangentopoli” della politica italiana. PSI e DC cercarono di avviare riforme interne. 1994-> PSI si dissolse e la DC tornò alla vecchia denominazione, Partito popolare italiano. Una parte del gruppo rifiutò di aderirvi e fondò il Centro cristiano democratico (CCD). Dalla frana si salvò il Movimento Sociale Italiano, grazie a Gianfranco Fini e in virtù della rifondazione del partito sotto le nuove bandiere dell’Alleanza Nazionale. Il PDS riuscì a superare con pochi danni il difficile momento, furono però le alleanze incentrate su di esso a vincere la competizione. *La “Seconda Repubblica” Elezioni politiche del 1994-> fine della “Prima Repubblica”. I partiti che ne facevano parte scomparvero. Il voto premiò l’imprenditore Silvio Berlusconi, già da prima stava preparando la nascita del nuovo movimento politico di Forza Italia. Successo determinato dalla capacità di rassicurare gli elettori che negli anni passati avevano votato i vecchi partiti del governo. Capacità di utilizzare strumenti della moderna comunicazione politica, abilità nel programmare campagne elettorali attente ai particolari. Elezioni 1994-> Berlusconi riuscì ad allearsi con i partiti. I risultati lo premiarono e sulla base di questi risultati si insediò il nuovo esecutivo. Si trattò di un’esperienza breve. Il 22 dicembre rassegnò le dimissioni. Ulivo-> Romano Prodi, si trovò ad affrontare grandi sfide: riequilibrare il bilancio dello stato per rientrare nei parametri di Maastricht e partecipare alla moneta unica; portare avanti un piano di privatizzazioni; mettere mano alla revisione di un sistema di Welfare non più sostenibile. Ottobre 1998-> crisi del governo, cadde. 2001-> elezioni vinte da Berlusconi, si trovò a confrontarsi con il debito pubblico e l’avvio di una congiuntura recessiva. Tentativo di avviare le riforme della giustizia. 2006-> si ripeté il confronto tra Prodi e Berlusconi, la vittoria fu del primo. 2008-> il governo cadde nuovamente, elezioni vinte da Berlusconi. A contrapporsi fu Walter Veltroni, segretario del nuovo Partito Democratico. L’incapacità di governare in un contesto internazionale radicalizzato dalla grande crisi economico-finanziaria, oltre che le crisi interne di coalizione di Centro- destra, avrebbero determinato la crisi politica del governo Berlusconi, fino alle sue dimissioni. Ancora una volta, governo “tecnico”-> Mario Monti. La “Seconda Repubblica” non ha portato a una stabilizzazione del sistema. Il bipolarismo fondato su coalizioni di partiti poco coesi tra loro, segue una fase di rapido deteriorarsi della maggioranza governativa e conflittualità interna. Spesso identificati con il proprio leader, i partiti della “Seconda Repubblica” non assicurano la necessaria solidità parlamentare. Dalle elezioni del 2013, si sono determinate le condizioni per il superamento anche della “Seconda repubblica”. L’affermazione del Movimento Cinque Stelle, ha prodotto la nascita di un sistema “tripolare”. Movimento guidato da Beppe Grillo, dimostra di non essere intenzionato a stringere alcuna alleanza, quindi forzata coabitazione di Centro-sinistra e Centro-destra. I governi Letta e Renzi sono quindi frutto di questa nuova situazione. CAPITOLO 19 – LA DECOLONIZZAZIONE E I PROBLEMI DEI NUOVI STATI Gli imperi coloniali Le diverse fasi del colonialismo Le colonie come strumento del mercantilismo (XVI-XVIII sec) La difesa di una nazione era legata alla ricchezza dello stato (quantità di oro e argento posseduta) Le colonie come strumento d’espansione economica nell’epoca d’oro del liberalismo (prima metà del XIX secolo) Espansione che si verificò nell’età dell’oro del liberalismo. L’Inghilterra era una grande potenza produttiva e aveva interesse affinché le aree commerciali rimanessero “aperte”. Le colonie nell’età dell’imperialismo (fine del XIX secolo alla fine della Seconda guerra mondiale) Le colonie servirono a soddisfare più esigenze: l’espansione era come uno strumento di controllo delle masse popolari e i mercati rappresentavano il luogo dove smaltire i prodotti in eccesso e comprare materie prime a buon prezzo. La secolare costruzione degli imperi coloniali: “i vecchi imperi” Portogallo-> creato tra il 1505 e il 1511, impero di tipo marittimo, necessario per sostituirsi con la forza ai mercanti arabi lungo le rotte dell’Oceano indiano e si appoggiò alla rete di basi fortificate. Spagna-> fu territoriale e continentale, gli spagnoli distrussero le civiltà che incontrarono sul loro cammino, riproposizione di modelli di organizzazione di tipo feudale. Olanda-> le basi furono gettate poco dopo l’inizio delle spedizioni commerciali in Indonesia. Furono sottratti ai portoghesi gli empori sulle isole che producevano le spezie più pregiate. Fine ‘600 l’impero iniziò ad estendersi all’interno delle grandi isole indonesiane; nel ‘700 si trasformò in un pieno dominio territoriale, introducendo le maggiori colture tropicali e sottoponendo la popolazione originaria a un duro sfruttamento. La secolare costruzione degli imperi coloniali: gli imperi “marittimi” Francia-> prime esplorazioni in Nord America, attenzione per i Caraibi per la canna da zucchero. Occupazione dell’Algeria. Bismarck ebbe un ruolo importante. Inghilterra-> competizione con Olanda e Portogallo, essa la portò a sostituirsi a queste ultime anche nel controllo dei territori extraeuropei. Tale azione inizialmente fu affidata ai privati. Il controllo del commercio internazionale divenne sempre più una prerogativa della funzione pubblica e assunse una prospettiva mondiale; adottato il criterio della piena libertà di navigazione che favoriva lo sviluppo del commercio mondiale. La secolare costruzione degli imperi coloniali: “i nuovi arrivati” Belgio-> Congo assegnato al re Leopoldo II del Belgio. Intese tale assegnazione come libertà di sfruttare tutte le risorse del paese; Germania-> si sviluppò in Africa e acquisì qualche isola nel Pacifico, era un mezzo per affermarsi come potenza “alla pari delle altre”; Italia-> acquisto della Baia di Assab, conquistata la Libia, furono annesse Etiopia e Somalia. *Tra le due guerre: l’apparente apogeo del colonialismo I trattati dip pace di Parigi 1919 finirono per aumentare l’estensione dei paesi coloniali. La sconfitta dell’Impero Ottomano consentì a Francia e Gran Bretagna di imporre il proprio controllo su numerosi paesi dell’area mediorientale. *L’importanza della Seconda Guerra Mondiale Con essa terminò l’epoca del dominio assoluto dei grandi imperi europei. L’andamento del conflitto dimostrò la debolezza militare dei colonizzatori. Giappone, ottimo risultato ottenuto dalla strategia propagandistica. La decolonizzazione Dopo la seconda guerra mondiale Il mantenimento del sistema coloniale risultava sempre più difficile, troppi oneri. La crescita d’influenza dei movimenti indipendentisti avrebbe portato ad una crescita delle spese. I gruppi dirigenti dei vecchi paesi colonizzatori cercarono di sostituire il controllo diretto con un’egemonia indiretta. Anni ’40-’50 si trattò di un processo negoziato tra potenze coloniali e paesi colonizzatori. La quarta guerra arabo-israeliana Ottobre 1973-> attacco a sorpresa per l’Israele da parte di Egitto e Siria, il conflitto volse a favore degli israeliani. 1979-> dopo gli accordi di Camp David, Egitto e Israele firmarono la pace, poi fu la volta della Giordania. *Fine del dominio coloniale in Africa L’indipendenza per l’Africa fu condizionata dall’atteggiamento delle potenze coloniali. Nei paesi controllati dalla Gran Bretagna l’indipendenza fu raggiunta con facilità. Un’eccezione fu il Kenya, ben decisa a non cedere alle pressioni della popolazione locale, vi fu una lotta armata tra il movimento anticolonialista dei mau-mau e le truppe inglesi. Repressione violenta in Marocco e Tunisia, indipendenza nel 1956. La guerra d’Algeria 1947-> era stato concesso uno statuto autonomo. Opposizione araba al dominio francese, si affermò il Fronte di liberazione nazionale (FLN), organizzazione clandestina, l’obiettivo era l’indipendenza. Iniziarono gli attacchi francesi, questi attentati spinsero il governo di Parigi ad affidare tutti i poteri ai militari, si combatte la “battaglia di Algeri”, vittoria da parte dei francesi. 1958-> vita a un Comitato di salute pubblica. In Francia cadde la Quarta Repubblica, sostituzione con De Gaulle, potere quasi dittatoriale, inizialmente convinto a tenere l’Algeria, poi cambiò idea. I coloni però tentarono un colpo di stato, scatenando una campagna terroristica, De Gaulle non si fece intimorire e iniziò le negoziazioni con i rappresentanti dell’FLN. 1962-> nacque la Repubblica di Algeria. Congo Nel passato era amministrato dal Belgio che aveva sfruttato le sue grandi risorse. Per iniziativa di Patrice Lumumba, si era organizzato un movimento indipendentista appoggiato dall’Unione Sovietica. Il Belgio decise di concedergli l’indipendenza. Le aziende minerarie provocarono la secessione della ricca regione del Katanga, e i secessionisti riuscirono ad assassinare Lumumba. La secessione rientrò e il paese tornò ad essere unitario. Alla guida fu Mobutu Sese Seko. Angola, Mozambico e Guinea-Bissau Nel corso della guerra l’impegno delle forze armate portoghesi aumentò fino a raggiungere un punto critico negli anni ’70. La patria era contraria al protrarsi della guerra, assorbiva risorse eccessive. 1974-> rivoluzione dei garofani, determinò la concessione di autonomia dell’Indipendenza alle tre colonie. Le ragioni della vittoria dei movimenti per l’indipendenza 1. Le vecchie potenze esaurirono le risorse economico-finanziarie; 2. La nuova superpotenza americana non tollerava l’esistenza di aree “protette”; 3. Si adottarono strategie comunicative vincenti presso le opinioni pubbliche dei paesi occidentali, si creò una retorica anticoloniale; 4. I leader dei paesi usciti dal colonialismo seppero usare con abilità le risorse offerte dal rito internazionale; 5. I leader dei paesi usciti dal colonialismo furono abili nel promuovere un “posizionamento” internazionale nuovo. Questa strategia portò alla creazione del concetto di Terzo Mondo e a quello di “Paesi Non Allineati”. La vita difficile dei paesi post-coloniali: il caso dell’Africa In Africa gli europei plasmarono i territori. L’assenza di precedenti strutture statuali che potessero assomigliare o competere con quelle europee portarono i colonizzatori a percepire vuoti quegli spazi. Le amministrazioni coloniali: 1. Modellarono gli assetti produttivi del territorio; 2. Promossero l’afflusso di gruppi etnici non africani 3. Gli europei favorirono la nascita delle grandi città. Fenomeno delle città doppie, insignificante processo di urbanizzazione, vi era una mancanza si rapporti tra città e campagne. La nazione e lo stato Il nazionalismo s’identificò con l’anticolonialismo. Il problema nacque quando si trattò di definire i contenuti e l’identità della nuova nazione. 1. Divisione etnica, linguistica e religiosa; 2. Difficoltà di decidere se gli stati nazionali dovessero riferirsi allo stato amministrativo. Il concetto di nazione rappresentò un intralcio sul cammino del consolidamento delle nuove realtà, le classi dirigenti africane assegnarono un ruolo decisivo allo stato. Anni ’60-’70-> lo stato si fece carico dello sviluppo economico e sociale di ogni singolo paese africano. I problemi sorsero con la grande crisi internazionale. Il mondo si trasformava e in Africa si misero in moto processi non controllabili dagli stati postcoloniali. 1. L’avviarsi di un fenomeno di urbanizzazione massiccia, ridusse fortemente la forza di lavoro agricola; 2. L’impennarsi degli indici di crescita demografica, non sostenuta dalla produzione agricola; 3. L’emergere di un’economia agricola globale; 4. L’avvio di imponenti fenomeni di emigrazione all’estero; 5. Il ritorno delle economie di tipo monocolturale. I diversi modelli di stato coloniale Il gruppo dirigente di ogni paese sembra abbia cercato di ispirarsi a un modello di stato già esistente. Socialismo, capitalisti, istituti monarchici, regimi militari: soccorritori, riformatori/redentori, usurpatori o pretoriani marxisti. La piaga decisiva: i leader Inadeguatezza delle leadership, erano privi di un’esperienza politico-amministrativa, si affidarono a forme burocratiche ereditate dagli europei. Si privilegiò la “crescita” economica allo “sviluppo economico”. Se la prima generazione di leader fallì per mancanza di esperienza e strumenti, le successive fallirono per avidità di potere e ricchezza. CAPITOLO 20 – GLI ANNI SETTANTA COME FRATTURA La crisi petrolifera e il crollo del sistema di Bretton Woods Si basa sul mantenimento di rapporti di cambio fissi tra le varie monete. Il dollaro aveva la funzione di moneta di riferimento, fisso il suo rapporto di cambio con l’oro e fissi erano i cambi delle diverse monete con la divisa americana. 1967-> la Gran Bretagna violò gli accordi sui cambi, decise la svalutazione della sterlina. Rallentamento dell’economia americana, indebolita dalla quantità di risorse dissipate nella corsa agli armamenti e dalla competizione. Dal punto di visa finanziario gli Stati Uniti sembravano sul punto di perdere il dominio, perché l’Unione sovietica aveva iniziato ad accumulare le proprie riserve auree su banche europee, ciò creò un’ingente massa monetaria, non era garantita la convertibilità in oro. La stessa cosa fecero i produttori di petrolio. L’azione dei russi e arabi finì per creare una massa enorme di dollari in circolazione, disponibile per le operazioni finanziarie più ardite. Gli Stati Uniti non erano più in grado di controllare la quantità di dollari in circolazione. Nixon annunciò la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. 1944-> crescita del prezzo del petrolio, quando scoppiò la guerra arabo-israeliana, che annunciò una diminuzione della produzione. Si scatenò un enorme processo inflattivo. A salvare la situazione fu la ricchezza dei paesi arabi. Per la prima volta i governi si ritrovarono a parlare di stagflazione. Le radici del mondo contemporaneo nella crisi degli Anni Settanta In ambito economico si assistette alla rapida scomparsa del modello fordista. Si affermarono strategie industriali nuove che esaltavano la flessibilità produttiva e la rapidità nel saper variare gli obiettivi di mercato. Al posto della grande fabbrica si impose un sistema molecolare di piccole aziende. Il lavoro tornava ad essere una variabile del ciclo produttivo, un altro fenomeno rilevante fu la terziarizzazione dell’economia nei paesi a sviluppo avanzato. Scoperte della cibernetica e dell’elettronica. Per l’industria manifatturiera vi fu un salto di qualità. In breve si passò all’allestimento di interi reparti di officina attrezzati. Grazie alla rivoluzione dell’automazione nacquero i primi computer e successivamente il microprocessore che consentì la riduzione del rumore delle macchine, ne aumentò la flessibilità e ridusse inoltre il prezzo. Grazie a Friedrich von Hayek e Milton Friedman, alcuni paesi intrapresero rigide politiche neoliberiste, finalizzate a contenere e a diminuire il debito pubblico. Le conseguenze negative della diminuzione dei consumi sarebbero state compensate dal ritrovato controllo sull’inflazione. In Gran Bretagna, Margaret Thatcher, leader del partito conservatore e Primo ministro mise in pratica questa svolta. La sua economia: 1. Taglio drastico della spesa pubblica, che intaccò il sistema di Welfare State; 2. Taglio generalizzato delle tasse dirette; 3. Abolizione dei controlli sui prezzi e sui salari; 4. Programma di privatizzazioni; 5. Forte nazionalismo, utilizzato per risollevare lo spirito pubblico. Altro modello neoliberista, l’americano Ronald Reagan: 1. Reaganomics: politica di forti sgravi fiscali ai ceti dei ricchi; 2. Deregulation: assalto frontale al Welfare state e nel liberismo sfrenato. Si assistette a una consistente ripresa economica e all’aumento della produttività industriale. Si poté assistere all’affermarsi di fenomeni che solo nel decennio seguente si sarebbero affermati anche in Europa. Si possono ricordare: - La decolonizzazione produttiva, spostamento di interi comparti produttivi in paesi che offrivano il vantaggio di un costo del lavoro minore; - Crescita della produttività; - Sviluppo dei servizi e dell’industria ad un alto contenuto tecnologico - Il ruolo di Wall Street centro del capitalismo finanziario e motore dell’enorme crescita della ricchezza finanziaria. Gli anni del terrorismo diffuso Stati Uniti Anni ’70-> una contestazione studentesca contro la guerra in Vietnam, affiancata dalla protesta contro la segregazione razziale e l’ottenimento dei pieni diritti civili. Adottarono una visione politica di taglio marxista- leninista e compirono qualche attentato. Il più famoso-> Wheaterman. Più violento fu quello delle Black Panther. Fondato nel 1966, rifiutava le istanze nonviolente e integrazioniste negli stessi anni portate avanti da Martin Luther King. Il partito sviluppò campagne di radicamento sociale che fece crescere la sua influenza all’interno delle comunità nere. La repressione del governo e dell’FBI arrivo, con arresti e “accidentali” uccisioni. Il terrorismo nazionalista in Europa: Paesi Baschi e Irlanda del Nord Nei Paesi Baschi il gruppo terroristico dell’ETA, fu fondato da alcuni studenti universitari nel 1959. Sfiducia nei confronti dei vecchi interpreti del nazionalismo basco. Collocò le sue prime tre bombe in punti strategici. La polizia rispose con arresti e torture. 1973-> in un attentato uccise il presidente del Governo Carrero Blanco, successore di Francisco Franco. Anni ’80-> il nuovo governo democratico della Spagna fronteggiò il terrorismo dell’ETA, con la strategia del dialogo politico e il rafforzamento delle azioni di polizia. In Irlanda del Nord, IRA, forze ribelli che combatterono gli inglesi, come risposta alla formazione dell’Ulster Volunteer Force. ricostituita nel 1969 dopo gli anni Venti. 1971-> il governo nordirlandese introdusse l’internamento senza processo, aumentando l’afflusso di reclute e il sostegno dei cittadini cattolici. 30 gennaio 1972-> Bloody Sunday, durante una marcia per i diritti civili, i paracadutisti dell’esercito britannico spararono sulla folla. Il governo britannico fu costretto a sospendere il parlamento nordirlandese per assumere direttamente il controllo dell’Irlanda del Nord. Seconda parte degli anni ’70-> l’IRA, adottò il sistema delle cellule per evitare il problema delle infiltrazioni poliziesche nell’organizzazione. 1981-> rifiutò lo statuto di prigionieri politici ai militanti dell’IRA. 1985-> confronto tra Gran Bretagna e Repubblica d’Irlanda, per stipula di una tregua. 2007-> l’esercito ha abbandonato l’Ulster. Il terrorismo politico: Italia e Germania occidentale Anni ’70-> nella maggioranza dei casi si trattò di un terrorismo di ispirazione marxista, fu anticipato da un terrorismo di matrice neofascista. Cina-> Dopo la morte di Zedong, liquidato il periodo della “rivoluzione culturale”. 1978-> Deng Xiaoping, impose un decisivo cambiamento dell’economia nazionale, realizzò le prime privatizzazioni. Obiettivo per l’agricoltura, favorire il graduale ripristino dell’economia di mercato. Investimenti verso l’industria leggera, create quattro “zone economiche speciali”. La dottrina di Deng prevedeva il mantenimento del socialismo. Proteste negli anni ’80. Furono gli studenti ad assumere il ruolo centrale. 1989-> manifestazioni di studenti, Piazza Tiananmen, repressione aggressiva. Fase di breve durata. In Cina poi si sviluppò un sistema che coniuga la sfrenata libertà capitalistica al rigido controllo di partito nell’ambito politico e sociale. Russia-> Dopo la creazione della CSI, cercò di imporre la propria egemonia sulle ex repubbliche sovietiche. Il primo decennio della “nuova vita” fu caratterizzato da Boris Eltsin. Si procedette alla transizione dall’economia socialista, a un’economia di mercato. La prospettiva di vita peggiorò. Gennaio 1992, decisione di procedere alla completa liberalizzazione dei prezzi, la crisi si avvitò su se stessa. Anche la produzione industriale crollò. Ma grazie al livello di esportazioni di materie prime e di risorse energetiche dal 1995 l’economia iniziò a stabilizzarsi. Crisi monetaria nel ’98-2000. La Russia si trovò impegnata in una guerra interna, il presidente della Repubblica di Cecenia Dudev aveva dichiarato l’indipendenza da Mosca. Eltsin decise l’invasione e la guerra si concluse con l’uccisione di Dudev. Riprese nel ’99 per iniziativa del nuovo leader Vladimir Putin. Ex funzionario del KGB (il servizio segreto). Assunse poi la presidenza nel 2000. Sotto la sua guida, l’economia si riprese e sfruttò l’aumento del costo delle materie prime. Fu rieletto di nuovo nel 2004, poi sostituito dal suo braccio destro e infine ritornò. La sua politica estera è stata volta a ripristinare la grandezza della Russia quale potenza imperiale. Con gli Stati Uniti ha alternato momenti di distensione e momenti di dura tensione. In Russia ancora oggi vige un regime dove la libertà di informazione e di opposizione viene limitata e intimidita dalle stesse strutture del potere. Le guerre non sono finite *La prima e la Seconda guerra in Iraq 1990-> Saddam Hussein, da tempo rivendicava la regione su cui si estendeva il territorio del Kuwait, credendo di avere l’appoggio degli Stati Uniti, le sue truppe invasero il territorio. Stati Uniti con George Bush, si coalizzarono con una parte del mondo arabo, infatti esso si divise; Inizio 1991, il Kuwait fu liberato e Hussein fu costretto alla pace. George Bush enunciò la dottrina della “guerra preventiva”-> diritto americano a condurre azioni militari che fossero state necessarie per bloccare eventuali minacce alla sicurezza nazionale. L’Iraq accusato di possedere armi chimiche e ordigni nucleari fu attaccato nel marzo 2003 da Stati Uniti e Gran Bretagna, vinsero la guerra catturando Hussein. Le prove per attaccare l’Iraq però furono ritenute false e le truppe sul terreno iniziarono con gli attentati. *L’operazione “Restore Hope” in Somalia e il genocidio in Rwanda Gli Stati Uniti si sentivano obbligati a impegnarsi nella crisi in Somalia. La caduta del regime aveva portato alla guerra civile, tra anarchia e carestia. Il presidente Clinton decise di usare l’esercito e diede il via all’operazione “Restore Hope”. Non riuscì ad ottenere alcun risultato e ritirò i propri uomini. Si ignorarono i massacri etnici in Rwanda dove due principali etnie si davano la caccia. Hutu e Tutsi. *La guerra nella ex Yugoslavia Con la morte del maresciallo Tito le tensioni si riattivarono. Le gravi difficoltà economiche portarono i rappresentanti delle diverse componenti etnico- religiose a fomentare i loro sospetti. Si puntò sul nazionalismo grazie ad alcuni uomini politici. Uno dei più importanti fu Milosevic. 25 giugno 1991-> Slovenia e Croazia dichiararono l’indipendenza. Scoppiò il conflitto con la Serbia, con la Slovenia fu indolore con la Croazia fu feroce, brutali episodi di pulizia etnica. Anche gli elettori di Macedonia dichiararono l’Indipendenza e poi fu il turno della Bosnia-Erzegovina. La Repubblica di Jugoslavia fu rifondata solo con Serbia e Montenegro. 1992-> Il conflitto si accese anche in Bosnia. Si creò una repubblica serba di Bosnia e una repubblica croata di Bosnia. Guerra con milizie militari violente. 1995-> le truppe serbo-bosniache lanciarono un’offensiva in una zona musulmana dichiarata protetta, dopo aver conquistato la città vi fu il massacro, questa atrocità spinse la NATO ad attivarsi. Accordo di pace e suddivisione della Bosnia-Erzegovina e federazione croata-musulmana. Nel 1995. Anche in Kosovo servì l’intervento della NATO, con bombardamenti sulle città e postazioni militari serbe,, distruzione di Milosevic. *Le guerre al fondamentalismo islamico Molti volontari musulmani erano giunti in Afghanistan attirati dal condurre una guerra contro l’invasore sovietico. Dal caos della guerra civile i talebani vinsero. Studenti sotto la guida di mullah Omar, fondarono una repubblica basata sulla legge islamica. Si raggrupparono allo sceicco Osama bin Laden. Attentato dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti volevano venisse consegnato lo sceicco. Di fronte al rifiuto statunitensi e inglesi con i consensi diedero inizio all’operazione “Enduring freedom”. Il regime talebano fu sconfitto, iniziò una guerriglia.
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