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La trasformazione dell'idea di infanzia: da Aries a Demause, Appunti di Pedagogia dell'infanzia e pratiche narrative

pedagogiaPsicologia infantileDiritto dei bambiniStoria Sociale

La evoluzione della percezione dell'infanzia attraverso i secoli, dalla nascita del concetto di infanzia moderna fino alla comprensione dei diritti e della violenza nei confronti dei bambini. la concezione negativa dell'infanzia in epoche precedenti, la privatizzazione e l'istituzionalizzazione dell'infanzia, la dignità umana del bambino e il suo diritto a vivere nel presente. Il testo include anche la storia sociale e immaginaria dell'infanzia, e il ruolo del lavoro e della violenza nella società borghese.

Cosa imparerai

  • ¿Qué significa la privatización y la institucionalización de la infancia?
  • ¿Cómo la violencia ha afectado a los niños a lo largo de la historia?
  • Come la concepción de la infancia ha cambiado a lo largo de la historia?
  • ¿Cómo ha influido la consapecidad de los bisognos fundamentales de los niños en la protección de la infancia?
  • ¿Qué es la dignidad humana del niño y por qué es importante?

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 22/05/2022

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ludovica-ambrosio-1 🇮🇹

4.4

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Scarica La trasformazione dell'idea di infanzia: da Aries a Demause e più Appunti in PDF di Pedagogia dell'infanzia e pratiche narrative solo su Docsity! “Pedagogia e diritti dei bambini” CAPITOLO 1 CHE COS’È LA PEDAGOGIA DEL’INFANZIA La pedagogia dell’infanzia è una scienza che si occupa di elaborare un sapere complesso sulle teorie, sui modelli e sulle pratiche educative in rapporto al soggetto bambino. Ci sono due termini chiave: pedagogia e infanzia che implicano una riflessione pedagogica rivolta a cogliere specificità̀ del soggetto in particolare. Il soggetto specifico e particolare che richiede specificazione e concretizzazione è il bambino. (atteggiamento di indagine: storico-ermeneutica)à l’idea di infanzia è un prodotto storico che nasce in un preciso contesto sociale e culturale e nel tempo subisce mutamenti e modificazioni in rapporto al mutare e al modificarsi delle condizioni di vita sociali e culturali. Le nostre idee di infanzia e di bambino non sono quelle che circolavano nella cultura e nell’immaginario delle epoche storiche precedenti a questa; il senso e il valore che noi oggi attribuiamo all’infanzia e al bambino non preesiste alla nostra epoca, caratterizzata da condizioni di vita, saperi, rapporti sociali, mondi simbolici, aspetti materia ed economici che non troviamo né in precedenza né altrove. Senso e valore sono il prodotto di un interesse pedagogico che si rivolge alla storia dell’infanzia. PERCHÉ SI STUDIA LA STORIA DELL’INFANZIA? 1. Per reperire nuove informazioni sul passato della civiltà̀ umana 2. Per ridare voce a un soggetto rimasto “muto” per millenni 3. Per indagare vissuto sociale a grado zero: come avviene il processo di riproduzione culturale di generazione in generazioneàcome società̀ riproduce sé stessa 4. Per cogliere continuità̀/rotture, permanenze/cambiamenti in condizione di vita dei bambini nel tempo e capire meglio complessatà presente Il periodo che va dal 1500 al 1900 riguarda la nascita e la trasformazione della nostra idea di infanzia attraverso l’emergere di un sentimento dell’infanzia che porta alla scoperta dell’infanzia, espressione coniata da PHILIPPE ARIES (L’enfant et la vie familiale sous l’ancien régime, 1960). Avviene mediante un processo lento e porta ad un forte cambiamento. Ciò̀ che avviene in questo periodo di lunga trasformazione è la progressiva separazione del mondo del bambino da quello dell’adulto. Si tratta di un modello tradizionale di lunga durata che è suddiviso in 4 elementi: 1- DIFFERENZA COME NEGATIVITÀ= NON ADULTOà definizione del bambino come negativo dell’adulto, nel senso che l’assenza di un’idea di infanzia comporta l’impossibilità di arrivare ad una definizione del bambino che non fosse espressa sotto forma della negazione delle caratteristiche dell’essere adulto. Se il bambino è infans, colui che non parla, allora di questo soggetto si coglie non ciò̀ che è, ma ciò̀ che appare: e ciò̀ che appare all’adulto è la differenza radicale del bambino, la sua totale alterità̀, nominata attraverso la negazione delle qualità̀ positive che fanno l’umanità̀ dell’uomo, prima fra tutte il logos, inteso come linguaggio e come pensiero. Il bambino non è; il bambino è non in grado di parlare, dunque di pensare, quindi di agire: è il negativo dell’uomo. 2- PARENTESI DI SCARSO VALOREà l’infanzia viene vista come una parentesi di scarso valore nella vita di ogni uomo, una parentesi che deve scorrere in maniera molto veloce dopo la quale ci sarà una seconda rinascita. La vita vera inizia con la fine dell’infanzia; questa parentesi può̀ dirsi chiusa quando le negatività̀ che la caratterizzano saranno colmate dall’acquisizione di abilità e competenze che rendono il soggetto capace di svolgere in forma sufficientemente autonoma un ruolo attivo o comunque produttivo all’interno della comunità̀. 3- ADULTIZZAZIONE PRECOCEà è una conseguenza della concezione puramente negativa dell’infanzia e di un’esigenza materiale che spinge a mettere fine il prima possibile a questo periodo in cui il bambino rappresenta un costo assoluto: tanto prima si conclude l’infanzia e quanto prima il bambino accede al mondo degli adulti, può̀ cioè̀ assumere un ruoto attivo nel processo di produzione delle risorse indispensabili per la famiglia e la communità. L’adultizzazione precoce si compie attraverso il rapido avviamento del bambino ad attività̀ di tipo economico: il lavoro rappresenta l’elemento che, permettendo l’accesso alla dimensione sociale e produttiva della vita umana, segna la fine dell’infanzia. definitivamente inclusa nel discorso riguardante i diritti fondamentali come avviene per altri soggetti umani. Occorre, però, fare un passo avanti oltre al riconoscimento dei diritti di protezione dell’infanzia: riconosce al bambino il diritto di partecipare attivamente, nella maniera opportuna considerata la sua età, alle decisioni rilevanti per l’innalzamento delle qualità̀ di vita presente e futura. Questo significa parlare del bambino come di un cittadino al pari dell’adulto. LA CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA (CRC) è stata approvata dalle Nazioni Unite nel 1989 ed esprime in un linguaggio giuridico una serie di principi che possono essere interpretati in chiave pedagogica allo scopo di impegnare energie educative nella realizzazione dei percorsi di esercizio attivo e diretto dei diritti che concorrono alla formazione durante l’infanzia all’interno della società̀ democratica complessa. 1- PROTEZIONE DA OGNI FORMA DI VIOLENZAà concetto di protezione del bambino, che adesso viene definito in virtù̀ del rispetto della dignità̀ che appartiene ad ogni essere umano; il bambino è un essere umano e necessita di protezione in quanto tale; 2- DIGNITÀ UMANA DEL BAMBINO è riconosciuta in virtù di un altro principio che troviamo espresso nella “Dichiarazione sui diritti del bambino” di New York nel 1959, è il principio DI NON DISCRIMINAZIONEà viene esteso al bambino, ossia l’enunciazione della differenza di età̀ tra le possibili cause che possono determinare la discriminazione di un essere umano, accanto alla razza, al colore della pelle, al genere, alla religione, alla condizione economica e sociale; 3- DIRITTO DEL BAMBINO A VIVERE NEL PRESENTEà inteso come considerazione dell’infanzia non solo come età̀ di passaggio o di preparazione verso l’età̀ adulta, ma come tempo della vita in cui il bambino appare incompiuto solo dalla prospettiva adulta: è il diritto del bambino a essere considerato importante per ciò̀ che è e non per ciò̀ che potrà̀, o peggio dovrà̀, diventare crescendo; 4- MIGLIOR INTERESSE DEL BAMBINOà indica il principale criterio di scelta che deve orientale le decisioni prese in suo nome dall’adulto: nei casi in cui il bambino non è in condizioni di esercitare la propria volontà̀, sarà̀ un adulto a farlo per lui ma fondandosi sulla considerazione prevalente del bene del bambino; 5- BAMBINO COME SOGGETTO ATTIVOà L’immagine di un bambino capace di esercizio attivo, autonomo e competente dei propri diritti, ossia delle proprie potenzialità̀: al pari dell’adulto e nelle condizioni che la sua età̀ gli permette, il bambino è capace di agire esercitando le proprie facoltà̀, prendendo decisioni e stabilendo in maniera autonoma il proprio posto nella realtà̀ materiale, sociale e culturale circostante; 6- IL BAMBINO È UN CITTADINOà la Convenzione gli attribuisce un posto all’interno della società̀ riconoscendogli pari diritti di cittadinanza e attribuendo alla parte adulta della società̀ stessa il compito di mettere questo cittadino particolare nelle condizioni di poter esprimere le proprie idee, essere ascoltato, preso sul serio e tenuto in considerazione. CAPITOLO 2 L’INFANZIA NELLA STORIA E NELLA STORIOGRAFIA: IL CONTRIBUTO DI PHILIPPE ARIES Nell’ambito della storia sociale e nella storia sociale dell’educazione, l’infanzia è uno dei soggetti più significativi. La storia sociale che nasce intorno agli anni ’60 del 900 è quell’ambito di ricerca storiografica interessato a ricostruire gli aspetti della vita quotidiana dei soggetti che non partecipano individualmente agli avvenimenti della grande storia. La storia sociale si interessa alla dimensione della vita familiare, quella del lavoro, quella della quotidianità, quella dell’immaginario popolare e collettivo e quella della mentalità e delle forme che essa dà alle pratiche e alle relazioni nei diversi contesti sociali. - C’è una storia scandita attraverso il susseguirsi degli avvenimenti così significativi che portano ad un cambiamento del mondo e dell’uomoà storia EVENEMENZIALEà storia scritta attraverso i fatti e gli accadimenti (fatto del 12 ottobre 1492 quando un europeo alla guida di tre caravelle entra su un continente sconosciuto nella parte di mondo da cui egli proviene e questo è un evento destinato a cambiare sia la sua vita e sia quella dell’umanità) - Esistono storie scritte dal basso, si tratta della storia SOCIALE che non è scritta di fatti che determinano grandi cambiamenti, ma scritta da fenomeni che durano a lungo e che resistono quasi del tutto immutai a questi cambiamenti. BAMBINOà soggetto marginale per eccellenza, non ha modo di lasciare traccia della sua esistenza, non ha voce, è considerato ininfluente fino a quando non assume i tratti e i comportamenti dell’adulto. Dunque, l’infanzia emerge come soggetto degno di avere una storia. Lo studio della storia dell’infanzia permette di allargare la conoscenza del passato mediante due punti di vista: - QUANTITATIVOà restituisce visibilità ad un soggetto ignorato e ciò apre un orizzonte nuovo all’indagine e alla ricostruzione: si inizia a costruire un campo di sapere che aggiunge nuovi tasselli alla conoscenza storica - QUALITATIVOà studiare la storia dell’infanzia permette di leggere in maniera più approfondita la costituzione e le trasformazioni degli assetti sociali nel divenire delle civiltà e delle epoche: consente di ampliare la conoscenza delle strutture familiari e delle interazioni sociali, la formazione delle regole. MOTIVI PER CUI HA SENSO RICOSTRUIRE LA STORIA DELL’INFANZIA: 1- Ampliamento delle nostre conoscenze su un soggetto ma studiato in prospettiva storicaà storia dell’infanzia dà voce ad un protagonista presente, ma invisibile nel mondo adulto. Quindi studiare l’infanzia significa ricostruire le condizioni di vita materiale dei bambini, le relazioni con gli adulti, le pratiche educative, i modelli culturali di riferimento e le idee diffuse nell’immaginario collettivo 2- Possibilità di interpretare i fenomeni del presente, cogliere le novità rispetto al passato, somiglianze e continuità. Per questo si può dire che la storia dell’infanzia è un campo del sapere contiguo ala pedagogia dell’infanzia. Questo nuovo interesse per la storia dell’infanzia si articola in due direzioni. Da un lato nasce una STORIA SOCIALE DELL’INFANZIA attenta a rintracciare i segni e le testimonianze del passaggio dei bambini in quei luoghi dove in passato hanno vissuto la loro infanzia (famiglia, istituzioni sociali, i luoghi di lavoro). Dall’altro, invece, emerge un interesse per la STORIA DELL’IMMAGINARIO RELATIVO ALL’INFANZIA che privilegia la ricostruzione degli atteggiamenti psicologici, delle credenze popolari. STORIA SOCIALE DELL’INFANZIA COSA STUDIA? - condizioni di vita materiale dei bambini (luoghi, oggetti, strumenti che hanno segnato la loro esistenza) - le pratiche di controllo, disciplinamento e di socializzazione attraverso le quali essi hanno fatto esperienza del mondo concreto, della realtà quotidiana; - nascita e le evoluzioni di istituzioni sociali esterne alla famiglia che affiancarla nell’educazione dei figli (asili nidi, i collegi, gli ospedali). è un tipo di storia concentrato sugli aspetti della vita quotidiana: - Famiglia e tradizioni di allevamento e cura, - Giochi, alimentazione, lavoro, LA FUNZIONE CULTURALE DELLE IMMAGINI Le immagini hanno una funzione culturale, sociale e educativa in ogni tempo e in ogni civiltà̀. L’importanza del senso della vista era ben nota agli antichi, quanto lo è per noi. Con le immagini passano di generazione in generazione idee, valori, credenze, regole di comportamento. In una parola, si “trasmette” cultura. - Lo studio delle immagini non solo per conoscere aspetti materiali della vita dei bambini in epoche passate ma non solo: 1- Svela rappresentazioni culturali, mentali e simboliche dell’infanzia nel mondo adulto: 2- Gesti, tratti, abbigliamento, codici simbolici, stili artistici: - tutti elementi da interpretare per trarre informazioni indirette sull’immaginario collegato all’infanzia. CAPITOLO 3 INFANZIA OTTOCENTESCA: VECCHI E NUOVI MODELLI NELLA SOCIETÀ BORGHESE L’idea e la realtà d'infanzia nel passaggio dalla modernità alla contemporaneità subiscono un processo di cambiamento che presenta due volti contrastanti - La cultura ottocentesca eredita dal 700 l'idealizzazione di un'infanzia da amare incondizionatamente come età dell'oro perduta, tempo della purezza e della bontà naturale da preservare incontaminate e proteggere dalle influenze nefaste del mondo sociale che lo corrompe irrimediabilmente. - Nel corso dell'Ottocento che l'infanzia sperimenta il più alto grado di alienazione, sfruttamento e sofferenza a causa di un mondo adulto privo di scrupoli che non esita a utilizzare il bambino per alimentare il processo di industrializzazione che permette il trionfo del sistema capitalistico e dell'alta borghesia imprenditoriale. Abbiamo quindi una nuova ideologia dell'amore verso il bambino che alimenta e si nutre di quello che Trisciuzzi ha chiamato il mito dell'infanzia (novità del XIX secolo). Essa convive con pratiche violente. Nella famiglia borghese l'amore è tanto importante come lo sono il controllo e la disciplina; l'affetto e le cure non esauriscono l'attenzione dei familiari verso figli e nipoti: ci sono valori da incarnare attraverso una severa educazione privata, ci sono comportamenti e gesti da regolamentare e uniformare, istinti da imparare a gestire e punizioni per capire gli errori. Fuori dal contesto familiare borghese, l’infanzia continua ad essere soggetta ad abbandono, miseria, alta mortalità̀ e violenza. C'è un nuovo contesto di vita per i bambini: la città industriale e la fabbrica. 800à rappresenta un secolo cerniera: è il tempo in cui diversi modelli di infanzia convivono perché a livello materiale vi è il nuovo che si innesta su un tessuto sociale largamente tradizionale. Quella ottocentesca è una società di classi. È il secolo che vede il trionfo della borghesia, come dice Eric Hobsbawm, di una classe sociale che esprime esigenze di crescita e di conquista di privilegi appartenenti fino ad ora al ceto aristocratico. Alla famiglia borghese occorrono nuovi valori che emergono nel sentimento che sta alla base di un modello di infanzia adeguato allo stile di vita e alle esigenze di crescita sociale, politica ed economica. Accanto al nuovo sopravvive il vecchio. FIGLI DEL POPOLOà CONTADINI E OPERAI Ci sono 3 modelli appartenenti rispettivamente alle 3 classi che compongono la società̀ dell’800: 1. INFANZIA CONTADINAà in cui la famiglia è organizzata secondo la forma tradizione rigidamente gerarchica e patriarcale, continua a vivere secondo i modelli della rapida adultizzazione attraverso il lavoro dei campi e le mansioni ad esso collegate. Questa infanzia è rapidamente e pienamente socializzata: all’interno della comunità̀, essa gode di un margine di protezione e di sicurezza che non si ritrova nel contesto urbano. Ci sono rituali che scandiscono gli eventi dell'esistenza e danno a questi eventi un significato. La socializzazione e l’inculturazione dei più̀ giovani avvengono secondo passaggi intergenerazionali immutabili, mentre la vita a diretto contatto con l’ambiente naturale offre occasioni di gioco, libertà, di scoperta e di appagamento dei bisogni più̀ caratteristici dell’età̀ infantile. 2. INFANZIA OPERAIA (PROLETARIA)à qui l'adultizzazione è quasi prematura e avviene attraverso un precoce coinvolgimento nelle attività lavorative. Ciò che cambia rispetto alle zone rurali è il contesto in cui si compie questo processo: la fabbrica e il sistema della produzione industriale impongono modalità diverse. Il bambino lavora da solo, lontano dai genitori perché ha compiti diversi da loro che gli sono assegnati in base alle sue caratteristiche. La fabbrica tra i vari effetti che produce porta alla disgregazione delle famiglie: il lavoro perde la sua componente sociale e comunitaria e diventa individuale. Il contesto urbano stesso durante l’Ottocento è contrassegnato da larghe fasce di marginalità sociale. L'infanzia che vive in condizione di abbandono si concentra soprattutto nelle città dove la mancanza di legami comunitari, la solitudine e la miseria diventano i fattori e che determinano percorsi di vita devianti. È qui che l'infanzia conosce la realtà dello sfruttamento economico: il lavoro dei bambini produce profitto per chi ha la possibilità di ricorrere alla manodopera infantile che si rivela concorrenziale rispetto a quella adulta. 3. INFANZIA BORGHESEà caratterizzata da privatizzazione intesa come cura e protezione, controllo rigido e disciplina, modelli educativi finalizzati a dare ordine allo sviluppo alla formazione del futuro adulto. Il ambino borghese è allontanato da ogni contatto con il mondo esterno, viene ricondotta a dimensioni private e relegato ricevendo cure attenzione ma anche tutto il controllo di cui necessita finché non sarà pronto per accedere al mondo adulto. Nella dimensione della casa il bambino trova un ambiente capace di assecondare i suoi bisogni, vi sono spazi riservati per lui e separati dal mondo adulto, egli sperimenta gli agi di una vita che offre sicurezza e protezione ma anche la durezza di percorsi educativi rigidamente progettati e realizzati perché egli possa crescere secondo i modelli previsti dal mondo borghese al quale appartiene. L’educazione ha un valore ideologico: è un percorso graduale di crescita e di formazione perché il bambino possa diventare un adulto. IL LAVORO DI FABBRICA Friedrich Engels pubblica nel 1845 “La condizione della classe operaia in Inghilterra”, un brano che descrive le condizioni di vita e di lavoro dei bambini in fabbrica e nelle miniere durante la prima fase dell’industrializzazione ottocentesca. CAPITOLO 4 INFANZIA E VIOLENZA: IL CONTRIBUTO DI LLOYD DEMAUSE L.DEMAUSE ha scritto nel 1974-1983 “Storia dell’infanzia“ e paragona l'infanzia ad un incubo dal quale l'umanità non si è ancora del tutto svegliata. Secondo l'autore, la modalità con cui il mondo adulto si relaziona all'infanzia è contrassegnata da caratteristiche violente con forme, manifestazioni e intensità che variano nel tempo, ma di lunga durata. dagli adulti. Le cause risiedono in credenze di ordine magico-superstizioso o pseudoscientifico che spingono a mettere in atto pratiche ritenute salutari o curative per il bambino che le subisce, ma che invece provocano sofferenze e traumi tali da pregiudicarne la stessa sopravvivenza. Dall'antichità la vita del bambino è circondata dall'aura della morte quindi la speranza della sua sopravvivenza soprattutto nei primi 5 anni di vita è nelle mani del fato della sorte non dei genitori e degli adulti che si occupano dell'allevamento e delle sue cure. Vengono utilizzate contromisure: esorcismi, purificazioni, amuleti e rituali. Uso elementi e sostanze propiziatorie/apotropaiche: acqua fredda, fuoco, sangue, vino, sale, urina. PRATICA DELL’ABBANDONOà è altrettanto diffusa rispetto all'infanticidio e fin dall'antichità viene associata adesso. è un infanticidio indiretto o come sostiene DEMAUSE sublimato. L'abbandono è spesso il risultato di un compromesso tra la volontà del padre di rifiutare il figlio e il dovere della madre di obbedire a tale decisione: il padre decide di uccidere ma è la madre a doverlo farlo e possiamo immaginare come questo possa andare contro la sua volontà. Sublimare l’infanticidio ricorrendo all'abbandono significa in questi casi lasciare in vita la seppur minima speranza di sopravvivenza nel bambino, in virtù di un evento miracoloso o fortuito. STORICO E DEMOGRAFO JOHN BOSWELLà studio riguardante la pratica dell'abbandono in Occidente, avanza la tesi secondo cui fino al IV secolo la maggioranza delle donne che avevano cresciuto più di un figlio ne abbandonavano almeno uno. Lo storico dell'infanzia Buenaventura Delgado Criado concorda con la lettura proposta da DEMAUSE ed associa al fenomeno dell'abbandono altri elementi mitologici per dimostrare come questa pratica avviene anche nelle società più avanzate. Storie dei “RAGAZZI SELVAGGI” à ragazzi che fanno rientro in società dopo aver trascorso una parte più o meno lunga della loro infanzia in condizioni di isolamento dagli uomini. Tra le testimonianze c’è ROSSEAU E CONDILLAC, LINNEO. PRATICA DELL’ESPOSIZIONEàè collegata alla sublimazione dell’infanticidio. Fin dall’epoca romana, è attestata l’usanza sociale di destinare uno spazio pubblico cittadino all’abbandono dei figli, allo scopo di evitarne la morte e dare la possibilità̀ a chi ne avesse le risorse e il desiderio di adottare un figlio rifiutato da altri. (A Roma nella piazza del mercato era presente una colonna: columna lactaria) PRATICA DELL’AFFIDAMENTOà a orfanotrofi è una forma di abbandono che potremmo definire istituzionalizzato, si intendono ovvero quelle pratiche socialmente accettate che determinano l’allontanamento, temporaneo o definitivo, del figlio attraverso accordi, patti, contratti o convenzioni tra genitori e altri soggetti, secondo consuetudini non necessariamente codificate ma vincolanti. Rientrano in questa pratica la vendita del figlio a terzi o la cessione in pegno in affitto come forma di pagamento di debiti, ma anche l'invio dei figli a servizio presso altre famiglie e infine la pratica del baliatico. CAPITOLO 5 DALLA TUTELA OTTOCENTESCA AL NOVECENTO DEI DIRITTI OTTOCENTO è un secolo decisivo per la storia dell’infanziaà è un secolo cerniera perché in esso troviamo profonde permanenze il passato elementi di novità che influiscono molto sulle condizioni di vita materiale dei bambini. Il secolo XIX è il momento in cui emergono forme di attenzione sociale nei confronti dell'infanzia appunto la società ottocentesca manifesta la volontà di assumere nuove responsabilità verso questa fascia di pop colazione. Fino dall’inizio dell'Ottocento assistiamo alle prime iniziative legislative che testimoniano la volontà dello Stato nazionale di assumere responsabilità in rapporto alle principali emergenze che investono la fascia della popolazione infantile. Nel corso della seconda metà dell’Ottocento vi è la prima presa di coscienza della necessità da parte dei governi di farsi carico dei bisogni specifici dell’infanzia come soggetto sociale. questo è un passaggio fondamentale verso l’idea novecentesca dei diritti dell’infanzia. Un processo scandito da tappe successive: dai bisogni alla tutela fino ai diritti. Grazie alla consapevolezza dei bisogni fondamentali dei bambini e al consolidamento delle conoscenze scientifiche sull’età̀ infantile, proteggere l’infanzia significa, dal punto di vista dei governi ottocenteschi, rinforzare la salute della società̀ stessa; tutelare i bambini e corrispondere ai loro bisogni significa poter contare su un popolo più̀ maturo, ordinato e governabile. Con l’800 vi è l’ingresso di un nuovo soggetto nel campo della protezione dell’infanzia che soffre di povertà̀, malattie e solitudine: il governo dello Stato nazionale che si fa carico dei problemi più urgenti: sfruttamento, analfabetismo, emigrazione Fin dai secoli precedenti, religiosi e filantropi avevano attuato interventi di assistenza verso l’infanzia povera, in base a 2 principi: - la salvezza dell’anima del bambino - garantire risorse umane alla comunità̀. Nel corso del XIX secolo se ne aggiunge un terzo, ossia salvare i bambini perché́ possano godere dell’infanzia. (se ne occupa lo Stato Nazionale). Durante l’Ottocento l’infanzia popolare è sinonimo di infanzia povera e questa povertà vieni trattate governi europee come una piaga sociale che riguarda lo stato nel suo complesso cioè come un'emergenza, da affrontare con politiche pubbliche: • Gli elenchi dei poveri conservati negli archivi delle parrocchie inglesi fin dal XVI sec. permettono di stimare che tra il 40 e il 50% dei poveri sono bambini e adolescenti, il 25% ha meno di 10 anni; • In Inghilterra, ai primi del XIX secolo 195mila figli di poveri erano totalmente a carico delle parrocchie; • La situazione nei principali paesi europei non è troppo diversa: occorre l’intervento dello Stato A partire dagli anni 80 del secolo si assiste al passaggio da quest'ottica incentrata sul soccorso ai bambini che soffrono a un concetto di protezione dell'infanzia: tutte le bambine tutti i bambini devono essere salvati e questo deve essere fatto dallo Stato. COSA AVVIENE IN ITALIA NEL 1861? Fin dal 1861 è evidente l'impegno dello Stato nell'affrontare le cause dei principali problemi che colpiscono l'infanzia nel nostro paese. Uno dei primi provvedimenti dello Stato unitario è L'ESTENSIONE DELLA LEGGE CASATI A TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE. Analfabetismo e sfruttamento del lavoro minorile sono i problemi più urgenti da affrontare, ma ogni tentativo di porre rimedio a questi mali sociali si scontrerà con la povertà della gran parte delle famiglie che non possono fare a meno del lavoro precoce dei loro figli. A poco serve l'introduzione dell'obbligo scolastico per tre anni con la legge coppino del 1877: non si può arrivare questo fino a che non miglioreranno le condizioni di vita nel paese. La considerazione dell’infanzia può̀ migliorare solo di pari passo con le condizioni economiche di un paese. • Se l’Ottocento è il secolo della tutela dell’infanzia povera, il Novecento sarà̀ il secolo dei diritti dell’infanzia. La Casati e La Coppino si scontrano dunque con questa realtà ancora troppo arretrata sul piano economico e sociale per consentire un incremento della scolarizzazione elementare. L'altro versante su cui i governi impegnano le proprie
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