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Riassunto libro "Questioni di genere" di Raewyn Connell, Sintesi del corso di Sociologia Della Moda

Riassunto completo e dettagliato del libro Questioni di genere di Raewyn Connell, utilissimo per sostenere l'esame di Analisi della moda e degli stili con la prof. Gaia Peruzzi (Sapienza di Roma). Si può studiare senza acquistare il libro.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Scarica Riassunto libro "Questioni di genere" di Raewyn Connell e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Della Moda solo su Docsity! QUESTIONI DI GENERE DI RAEWYN CONNELL PREFAZIONE Le società occidentali e orientali sono organizzate in base a differenze di genere (tra uomini e donne) e il dibattito su cosa sia effettivamente il genere è fiorito in tutto il mondo. Il maschile e il femminile si costruiscono reciprocamente, intrecciandosi in un sistema di relazioni e conflitti: vige una sorta di cooperazione conflittuale (come scriveva Armartya Sen). Noi pensiamo al genere come a una divisione dicotomica tra maschio e femmina. Tuttavia il termine include tutta una serie di modi di vivere il corpo, di identità sessuali, la femminilità e la maschilità (rientrano nel genere anche i gay, le lesbiche, i transessuali ecc.). Il termine genere comprende voci diverse ed è in continuo mutamento. Il genere si realizza innanzitutto imparando a vivere lo spazio e il movimento: è dunque lanciando un sasso o parlando in un determinato modo che, sin dai giochi infantili, si fissa nella materialità dei corpi e delle situazioni una femminilità o una maschilità che poi ci apparirà naturale. La divisione dei sessi tra la sua forza dal sembrare naturale. In realtà, la differenza sessuale è sostenuto da strutture pratiche di organizzazione sociale. Strutture che, realizzandosi materialmente attraverso i corpi, acquistano naturalità e divengono stabili. La nostra appartenenza ad una categoria sessuale, e le connotazioni di genere ad essa associate, non sono una maschera che possiamo indossare e abbandonare a piacimento, ma sono un’identità incorporata. Secondo Connell, il genere è “quella struttura delle relazioni sociali che è incentrata sull’arena riproduttiva, e quell’insieme di pratiche che fanno rientrare le differenze riproduttive dei corpi nei processi sociali”. Parlando di arena riproduttiva Connell vuole sottolineare che è nella riproduzione umana che si consolidano le categorie di donna e di uomo. In altre parole, il genere riguarda il modo in cui la società di rapporta ai corpi umani, e i diversi effetti che questo ha sulle nostre vita personali. Le pratiche sociali possono sottolineare la differenza tra maschile e femminile (es. i vestiti pre-maman) o, altre volte, possono negarla (es. in alcuni contesti lavorativi). Il divario di genere è ancora grande. Nel 2010 l’Italia di trovava solo al 75° posto per il gender gap index (un indice di diseguaglianza tra uomini e donne stilato dal World Economic Forum). Alcune differenze di genere: - I dati Istat ci dicono che il tasso di occupazione femminile è ancora molto inferiore rispetto ad altri paesi dell’UE, soprattutto quello delle madri che durante la gravidanza sono state licenziate. - Sebbene oggi molte donne studino e riescono ad inserirsi in professioni prestigiose (es. medici, avvocati, magistrati…), nella maggioranza dei casi si trovano ai livelli più bassi delle gerarchie professionali o nelle specializzazioni meno prestigiose. - Inoltre la gestione della casa e la cura dei figli (attività non retribuite) grava più sulle donne che sugli uomini. Il concetto di “buona madre” si riferisce a colei che si prende cura degli altri. Mentre essere “un buon padre” è colui che va a lavorare e porta il pane in casa. - È più facile per gli uomini avere un lavoro retribuito. Il tasso di lavoro femminile è due terzi di quello maschile (in alcuni paesi arabi è un quarto di quello maschile). Inoltre, i salari femminili sono sempre più bassi. - Anche il numero di donne nel parlamento italiano e nelle altre istituzioni politiche è inferiore rispetto a quello degli altri paesi democratici. - La Chiesa cattolica stessa rimane strutturata in base a gerarchie di genere. Le chiese sono amministrate da uomini. Le donne hanno soprattutto ruoli di servizio. La stessa Maria, come scrive Michela Murgia, è stata spogliata della propria soggettività attiva e persino ribelle, per farne un personaggio docile e glorificatrice di Dio. - In alcuni paesi il tasso di alfabetizzazione degli uomini è nettamente superiore. I due terzi delle persone analfabete nel mondo sono donne. - Vi sono differenze di genere anche nei consumi e nel tempo libero. Ad esempio, le donne leggono e scrivono più degli uomini. Il divario nella pratica dello sport è diminuito ma ancora presente. La storia dello sport stessa è legata alla mascolinità egemonica, forte, aggressiva e competitiva. - Gli uomini sono la maggioranza della forza lavoro nelle amministrazioni, nella politica, nelle attività di ragioneria, nelle professioni giuridiche e in quelle tecniche. - La maggior parte degli episodi di violenza sono attuati dagli uomini, così come le guerre. Questo perché gli uomini sono stati da sempre preparati alla violenza: già da bambini vengono indirizzari dai loro padri, dalle scuole, dai mass media verso sport competitivi come il football, dove viene esaltato il predominio fisico. - Mentre gli uomini vengono reclutati in lavori che richiedono l’uso della forza (eserciti, polizia, servizi di sicurezza privata, ecc.), giovani donne vengono assunte in occupazioni che pongono rimedio alle conseguenze della violenza (come infermieristica, servizi sociali e psicologici). Il genere riguarda soprattutto le relazioni sociali all0interno delle quali agiscono gli individui e i gruppo. I modelli di relazioni sociali sono chiamati “strutture”. In questo senso, il genere deve essere concepito come una struttura sociale: esso non è una componente biologica, né una dicotomia immutabile della vita umana, bensì una particolare configurazione della nostra organizzazione sociale, e di tutte quelle attività e pratiche quotidiane che da essa sono governate. Il genere è una struttura sociale particolare perché implica una relazione con il corpo (quando parliamo di corpo è scontato che vi sia una differenza naturale tra corpo maschile e femminile). Come altre strutture sociali, il genere è una struttura multidimensionale ( riguarda tanti aspetti, ad es. l’identità, il lavoro, il potere, la sessualità, ecc.) ed è in continua evoluzione. Le relazioni di genere sono riprodotte socialmente (non biologicamente) grazie al potere delle strutture sociali di modellare l’azione individuale. CAPITOLO 2 – LA RICERCA SUL GENERE: CINQUE ESEMPI Cinque studi importanti della metà del secolo scorso. 1. THORNE, “Gender play”. Studio sul genere nella vita scolastica. L’etnografa americana svolge una ricerca sul campo in due scuole elementari di due paesi americani, otto mesi in una, tre nell’altra. Vuole osservare direttamente le dinamiche di genere nella vita dei bambini. Si presupponeva che esistessero due ruoli sessuali, uno maschile e uno femminile, e che i bambini e le bambini venissero introdotti separatamente alle norme più appropriate per ciascuno dei due ruoli. Thorne era interessata ai meccanismi di trasmissione del genere dagli adulti ai bambini. Prima si pensava che i bambini fossero socializzati ai ruoli di genere attraverso una trasmissione verticale dall’alto verso il basso che partiva dal mondo degli adulti; in realtà, si osserva un carattere situazionale del genere, cioè qualcosa che veniva creato in certe situazioni, ignorato o rovesciato in altre. Bambini e bambine facevano attività miste, per cui era chiaro che non stessero continuamente in due sfere separate e che non interpretassero incessantemente due ruoli sessuali opposti. Quando il genere si manifesta si parla di “demarcazione dei confini”: quando i confini sono attivati, bambini e bambine si differenziano in due gruppi separati. Ad esempio, quando giocavano all’inseguimento capitava che bambini inseguissero altri bambini e le bambine altre bambini, tuttavia questo schema di gioco suscitava poco entusiasmo e discussione. Era quando le femmine inseguivano i maschi e i maschi inseguivano le femmine che il confronto diveniva vivace e generava agitazione nei due gruppi. Thorne nota anche una certa asimmetria tra il comportamento dei bambini (più aggressivi) e delle bambine che si riflette anche all’interno dei due gruppi. I bambini iniziano a mostrare i primi segni di differenziazione e gerarchia di genere che saranno poi comuni tra gli adulti. Ciò che mette in luce questo studio è la capacità d’azione dei bambini nell’apprendimento del genere: essi non sono passivamente socializzati a un certo ruolo sessuale. È vero che imparano cose dal mondo degli adulti che li circonda, ma lo fanno attivamente. La differenza di genere non è qualcosa che semplicemente esiste, ma qualcosa che si realizza (e può essere alterato) solo nella pratica e per questo viene creato attivamente. Il genere per i bambini è un elemento importante del loro mondo, ma come una questione umana con cui devono fare i conti, non come una struttura rigida. 2. MOODIE, “Going for gold”. Virilità in Sud Africa al tempo delle miniere. Documenta la vita dei minatori indigeni provenienti dal Sud Africa e intervista quaranta minatori in pensione a Pondoland. I minatori non si trasferivano nelle miniere con le famiglie per cui le loro mogli rimanevano nel paese d’origine. Il lavoro in miniera era il mezzo con cui raggiungere il fine di acquistare il bestiame e creare una impresa agricola. Essere il capo di una fattoria autosufficiente era l’ideale di virilità per gli uomini mpondo. Le pratiche di genere presso le loro famiglie erano molto diverse da quelle tradizionali europee, in cui il marito guadagna il pane e la moglie fa la donna di casa. Gli uomini che lavoravano in miniera dovevano occuparsi essi stessi dei lavori di casa e dovevano trovarsi dei nuovi partner (si creavano spesso dei “matrimoni della miniera” tra gli uomini più giovani e quelli più vecchi dell0insediamento. Questa era una situazione temporanea). Nelle terre d’origine le fattorie venivano lasciate nelle mani delle mogli. La parola “ubudoda” = virilità, veniva intesa come persona che aiuta gli altri: mentre gli uomini erano in miniera, le donne erano investite di ubudoda e provvedevano alla gestione dell’impresa agricola. Era dunque diffusa la collaborazione tra uomini e donne. Essere virili significava saper condurre la propria fattoria e partecipare alla vita comunitaria (non saper combattere). Dunque anche le donne potevano essere virili. Tuttavia, nel XX secolo le condizioni economiche e lavorative degli mpondo cambiarono e l’economia agricola andò in declino. I giovani uomini mpondo iniziarono a concepire la virilità come un fattore biologico, la maschilità, che non può essere condivisa con le donne. Così, per le nuove generazioni di mpondo, il maschile e il femminile sono stati di nuovo dicotomizzati. Le donne che possedevano la virilità sono scomparse dalla scena. Si è diffusa dunque un’ideologia di genere più vicina a quella europea. La virilità torna ad essere associata alla durezza, alla forza fisica e all’aggressività. Il libro di Moodie ci da capire come i cambiamenti storici possano trasformare nel tempo anche l’organizzazione di genere. 3. DOWSETT, “Practicing desire”. Genere nelle pratiche omosessuali. Studio condotto in Australia e basato su interviste fatte a 20 uomini. Essi raccontano in modo dettagliato la propria vita, relazioni, pratiche omosessuali nell’era dell’AIDS. In particolare risalta la testimonianza di Harriet Brown, drug queen e transessuale che si prostituisce. Si osserva che la diversità nelle pratiche sessuali mina la teoria dell’esistenza di un unico modello di sessualità maschile. La storia di Harriet mette continuamente in discussione le tradizionali categorie di genere. Le sue pratiche sessuali sciolgono le classificazioni tradizionali. Il genere è sempre presente nella vita di Harriet, ma non per questo stabilisce le pratiche sessuali di questo individuo o dei suoi partner. In altre parole, la sessualità non può essere ridotta entro le categorie di genere. 4. NOVIKOVA, “Soviet and post-soviet masculinities. After men’s war in women’s memory”. Memoria delle donne sulla guerra. Uno dei più grandi esperimenti volti a realizzare l’uguaglianza di genere avvenne nell’Unione Sovietica durante il regime bolscevico a partire dal 1917. Questo governo si impegnò per l’uguaglianza dei diritti tra uomini e donne, ad esempio investendo nell’istruzioni di donne e bambine. La presenza femminile nell’industria e in altre professione raggiunge livelli mai toccati in Occidente. Tuttavia, negli anni Ottanta crollò il comunismo e s’instaurarono regimi paternalisti e autoritari per ristabilire la mascolinità. Si tornò dunque alle tradizioni patriarcali. L’inversione di tendenza fu veloce: sa un sistema di uguaglianza di genere si è passati a un sistema misogino (se davvero il regime sovietico fosse stato così egualitario, questo cambiamento sarebbe avvenuto più lentamente e non in modo netto). Con il regime autoritario di Stalin viene smantellata l’uguaglianza di genere (es. fu revocato il diritto all’aborto) e alle donne fu affidato il ruolo di moglie lavoratrice virtuosa. Alexievich è l’autrice di “Zincky boy”, un libro sulla guerra che il regime sovietico combatté in Afghanistan uscendone sconfitto. L’autrice intervista veterani e donne infermiere militari. L’immagine della donna forte, amazzone che lotta per una grande causa è distrutta dalle memorie delle donne molestate ed umiliate da soldati russi. Questo svela le reali dinamiche di genere che erano nascoste sotto la facciata sovietica. Una volta finita la guerra, si ricorda alle donne che la messa in scena è finita, che l’uguaglianza era stata solo un regalo e che le donne-soldato non devono violare i confini del loro sesso fissati dalla biologia. dato per scontata l’idea che le caratteristiche maschili e femminili fossero fisse e immutabili. La svolta decisiva ci fu nel 1921, con l’uscita del libro Il sesso dominante di Mathilde Vaerting (una delle prime docenti universitarie donne in Germania, che perse il posto di lavoro durante la dittatura di Hitler). Il Sesso dominante criticava l’idea che il carattere maschile o femminile fosse una caratteristica fissata una volta per tutte. L’autrice pensava che maschilista e femminilità fossero il riflesso delle relazioni di potere. Nelle società in cui erano le donne a detenere il potere, gli uomini possedevano le stesse caratteristiche della femminilità. Anche la ricerca etnografica di Malinowski e quella di Mead nelle isole Samoa stabilivano che non vi fosse un rapporto stabilito una volta per tutte tra sesso biologico e caratterizzazione di genere. 4. Il periodo funzionalista di Parsons. Negli anni ’50 e ’60 si diffonde il concetto di ruolo sessuale. Si pensa che il comportamento degli individui rifletta la posizione sociale che essi occupano. Appartiene a questa linea di pensiero il sociologo Parsons. Secondo lui il ruolo maschile è strumentale mentre quello femminile è espressivo, per cui le funzioni sociali sono alla base delle differenze di genere. Il vero rinnovamento nella teoria femminile sul genere si ebbe in Francia ad opera di Simone de Beauvoir. Il secondo sesso (il più noto tra i testi femministi moderni) era un’opera che rifiutava di dare per scontata la polarità tra il maschile e il femminile ed esplorava la varietà di modi con cui le donne venivano costruite come altro nell’immaginario maschile. L’autrice scrisse anche dei modi in cui le donne risposero a questa situazione riuscendo a realizzare se stesse autonomamente. 5. Il periodo del movimento di liberazione della donna. Siamo negli anni ’60-’70 e le donne iniziano a rivendicare i loro diritti presentandosi come gruppo oppresso dal sistema patriarcale. Da questo movimento si svilupparono un gran numero di altre prospettive teoriche: ad esempio l’ approccio categorico di Christine Delphy che si basava sulla divisione economica del lavoro e metteva in luce lo sfruttamento economico delle donne, l’approccio strutturale di Julie Mitchell che invece osservava la subordinazione della donna che partiva dalle strutture (ad esempio, dallo Stato), ecc. Nel frattempo le donne entrarono nelle università e nelle istituzione statali , furono creati centri per donne maltrattate, programmi di pari opportunità, ecc. Emerse un intero filone di studi femministi. A partire dagli anni ’90 i women’s studies si trasformarono in gender studies, comprendendo studi su tematiche lesbiche, gay e trans gender. Sono stati anche introdotti insegnamenti universitari sul genere. Si diffuse un nuovo filone di studi lesbici e gay, diventato famoso come queer theory. Scambi di genere di Judith Butler divenne uno dei più importanti testi femministi degli anni ’90. Anche secondo Butler le categorie di genere non avevano fondamenti stabili e non erano realtà preesistenti. Le identità di genere sono prodotte attraverso le azioni dei corpi. A partire dal Decennio delle donne delle Nazioni Unite (1975-85) aumentarono le conferenze e le pubblicazioni femministe. L’indiana Mohanty, nel saggio Under Western eyes, sosteneva che gli studi tendevano a omogeneizzare le donne del terzo mondo in un’unica categoria di vittime, e anche questa poteva essere considerata un’oppressione di genere. Mohanty riconosce invece che non esiste una categoria di donna predeterminata e universale (il suo è un approccio decostruzionista). Una questione spinosa era la tensione tra la localizzazione della raccolta nati nella periferia globale e l’origine occidentale delle teorie. In altre parole, la maggior parte dei saggi femministi si concentravano sulla situazione delle donne del terzo mondo ma erano scritti da donne occidentali, che dunque non avevano vissuto direttamente quelle culture. Questo aspetto viene messo in luce dal saggio Recentring Africa di Paulin Hountondij (che parla di “estroversione” delle teorie di genere). Si è anche discusso sul fatto che il concetto di genere potesse essere applicato al contesto africano o meno. Oyerumi ci offre l’esempio della cultura yoruba in Nigeria. Oyerumi sostiene che i concetti occidentali di genere sono incentrati su individui dicotomizzati sulla base del corpo, cosa che non accadeva nella società precoloniale Oyo Yoruba. Non vi erano categorizzazioni sociali corrispondenti a quella occidentali di donne. Oyerumi sostiene che il principio organizzatore della società oyo fosse l’anzianità, cioè autorità conferita sulla base degli anni, non del sesso. Le categorie occidentali sono un intrusione e sono state imposte sulle popolazioni locali nell’epoca coloniale. Altri studiosi invece ritrovano modelli di genere anche nella cultura yoruba precoloniale. Yusuf per esempio ricorda i proverbi misogini yoruba che rifletterebbero un sistema di potere basato sul genere. Secondo l’autrice, il colonialismo ha certamente cambiato i modelli di genere, m al’ha fatto basandosi su distinzioni che già esistevano nella cultura yoruba. In America latina i dibattiti sul machismo sono nati molto prima del movimento femminista contemporaneo. Secondo Teresita de Barbieri, il genere non è una semplice dicotomia. Il sistema di genere include anche le relazioni uomo/ uomo e donna/donna, ad es. le disuguaglianza tra donne nel lavoro domestico. Secondo De Barbieri, inoltre, le ricerche di genere devono necessariamente includere gli uomini: questo è un tratto distintivo delle analisi di genere sudamericane. In definitiva, le società della periferia globale sono costantemente influenzate dalle società occidentali. Gli ordini di genere locali possono essere spezzati dai processi di colonizzazione, de-colonizzazione e dalla pressione attuata dalla cultura e dall’economia dominante. CAPITOLO 4 – DIFFERENZE SESSUALI E GENERE DEI CORPI Secondo la psicologia divulgativa esiste una differenza naturale tra uomo e donna: essi sarebbero opposti nei modi di pensare, nelle loro emozioni e capacità. Questo pensiero è del tutto privo di fondamento e può essere dannoso per l’educazione dei bambini e per i diritti delle donne. Le differenze tra il corpo della donna e quello dell’uomo sono funzionali alla riproduzione sessuale, in quanto sono necessari ovuli e spermatozoi, cromosomi femminili xx e maschili xy, ma affinché la riproduzione sessuale abbia luogo non sempre sono necessari dei corpi distinti per sesso (ad es. lombrichi e organismi ermafroditi che producono sia spermatozoi sia cellule uovo). Gli esseri umani sono mammiferi che presentano sistemi riproduttivi molto differenziati nei due sessi, ma evidenziano, sotto altri aspetti, differenze fisiche modeste. Per molti aspetti i corpi umani non sono completamente dimorfi (ad es. ci sono donne con un solo cromosoma x o maschi xxy). Per non parlare della grande varietà di forme non comuni assunte dagli organi genitali interni ed esterni (con la conseguente corsa a correggere queste variazioni nei bambini con la chirurga). Inoltre, le differenze fisiche tra maschi e femmine cambiano nel corso della vita (nelle prime fasi di sviluppo i corpi sono relativamente simili, così come in vecchiaia l’equilibrio ormonale tra maschi e femmine è simile, e, infine, anche in età adulta le caratteristiche fisiche di uomini e donne coincidono ampiamente). Più complesso è il caso del cervello: in generale, anche in questo caso, le differenze tra i due sessi nell’anatomia e nel funzionamento sono minime (lievi differenze nel funzionamento del linguaggio). Il cervello non sceglie in modo netto di essere di tipo femminile o maschile. In tutti gli aspetti del funzionamento cerebrale esiste una sovrapposizione considerevole tra maschi e femmine. Esistono diverse concezioni dei corpi. 1. Concezione del corpo come macchina. Concezione propria della psicologia evoluzionistica. Secondo questo filone di pensiero l’organizzazione sociale del genere deriverebbe dalle strategie riproduttive. La differenza riproduttiva tra maschi e femmine si rifletterebbe su altre differenze (prestanza fisica, velocità, abilità manuale etc.); questa differenza, considerata “naturale”, costituirebbe la base della configurazione sociale del genere. Gli uomini avrebbero il dominio nella società perché, dato il loro maggiore livello di testosterone, disporrebbero di un “vantaggio in aggressività” di tipo ormonale di cui servirsi nella competizione per i migliori posti di lavoro. Ovviamente questa tesi non regge. Simili concezioni del corpo come macchina che produce la differenza di genere vengono proposte per lo più da uomini, in modo tale da difendere l’ordine di genere esistente, ma anche alcune tesi femministe sostengono che i corpi siano la causa diretta della differenza di genere. Maccoby e Jacklin stilarono l’elenco delle “false credenze sulla differenza sessuale”: come risulta da questa lista, non è vero che le bambine sono più socievoli, che sono più portate per un apprendimento meccanico, che abbiano una minore autostima, etc.”). Il risultato principale di circa ottanta anni di ricerca è una enorme somiglianza psicologica tra donne e uomini; le differenze tra i due gruppi sono poche e confinate in una ristretta gamma di argomenti. Ma a questa conclusione molti non credono: la divulgazione psicologica è totalmente votata all’idea della differenza; anche nel mondo accademico molti ricercatori hanno continuato a scrivere libri sulle differenze psicologiche di genere. Questo perché il simbolismo dicotomico di genere è molto radicato nella cultura occidentale. Inoltre, alcuni mettono in dubbio anche la solidità dei test psicologici, in quanto le vere differenze potrebbero trovarsi a livello dell’inconscio. Maccoby e Jacklin hanno messo in luce anche un piccolo numero di caratteristiche in cui le differenze sessuali esistono: sono questi risultati, e non quelli che dimostravano la “non-differenza”, ad essere finiti nei manuali. Si cerca di fugare ogni dubbio con il metodo della meta-analisi negli anni Ottanta (una procedura che consisteva nel riunire un grande numero di ricerche separate sullo stesso argomento: si fa un’analisi statistica dell’intero insieme di studi). Questa procedura, grazie agli effect size, ovvero un punteggio medio della differenza di genere standardizzata, permette di stabilire una scala comune di misurazione. Il primo impatto della meta-analisi fu quello di affermare l’esistenza delle differenze sessuali. La meta-analisi presenta comunque dei piccoli limiti, in quanto il valore degli effect size può essere sì diverso da zero, ma comunque molto piccolo per essere significativo. Janet Hyde pubblicò una ricerca (Gender similarities hypothesis) di meta-analisi basata su 46 pubblicazioni di meta-analisi sulla differenza di genere, oltre 5000 ricerche, a loro volta basate sui test di 7 milioni di persone: il risultato fu che il 78% delle differenze di genere è di piccola dimensione e vicina allo zero, quindi la dicotomia dei caratteri tra uomini e donne è stata respinta, sottolineando una ampia somiglianza tra uomini e donne. Hyde riconobbe comunque che vi sono alcuni tratti dove le più comuni differenze di genere si ripresentano (come le prestazioni fisiche, la sessualità, l’aggressività etc). Tuttavia, quando le differenze di genere compaiono, sono specifiche e situazionali. Le differenze di genere possono essere create, eliminate o invertite, in base al contesto. Inoltre, la meta-analisi rivela anche che le differenze di genere si attenuano nel corso del tempo. la meta-analisi condotta da Twenge, ha rilevato che le risposte di uomini e donne (in campioni di studenti universitari americani) sono diventate via via più simili nell’arco di una ventina d’anni, dagli anni ’70 agli anni ’90. Questo non è avvenuto perché gli uomini si stanno effeminando, dato che i punteggi sulle scale di femminilità sono cambiati poco per entrambi i gruppi, ma perché nel corso del tempo le donne hanno aumentato i loro punteggi sulle scale di maschilità. Il modello prevalente ora è la somiglianza tra donne e uomini, in quanto sono rare le differenze nette. Ora che la ricerca sulla somiglianza tra i sessi ha decisamente scartato il concetto di dicotomia tra i caratteri, è necessario rigettare tutte quelle concezioni in cui si presupponeva che le differenze biologiche fossero la causa delle differenze sociali di genere. Come si interpreta la relazione tra corpo e società per quanto riguarda il genere? I corpi hanno capacità di agire e sono al tempo stesso socialmente costruiti. L’analisi biologica e quella sociale non possono essere separate con un taglio netto. Ogni corpo cambia via via che invecchia: alcuni subiscono incidenti, traumi, violenze, altri soffrono la fame, si ammalano, ecc. I corpi sono interconnessi attraverso le pratiche sociali, mediante cioè quello che le persone fanno nella loro vita quotidiana. Si parla di incorporamento sociale per riferirsi al fatto che i corpi sono sia oggetti delle pratiche sociali sia attori in quelle stesse pratiche. Le pratiche in cui i corpi sono coinvolti formano le strutture sociali, le quali a loro volta creano le condizioni per nuove pratiche che coinvolgeranno i corpi. Il genere è una specifica forma di incorporazione sociale; la sua caratteristica distintiva (rispetto ad altri modelli di incorporazione sociale) è quella di riferirsi alle strutture del corpo e ai processi di riproduzione umana. Il genere coinvolge un insieme di pratiche sociali che sfruttano le capacità del corpo umano di generare, partorire, allattare, dare e ricevere piacere sessuale. Queste capacità e le pratiche che le realizzano costituiscono l’arena riproduttiva, la quale può essere rimodellata dai processi sociali. Occorre dire che la riproduzione sessuale non determina la pratica di genere. Ci sono molti campi in cui si attuano comportamenti orientati al genere e che non hanno nessun nesso logico con la riproduzione sessuale (come il football, il design delle scarpe, ecc.). L’arena riproduttiva è sempre il punto di riferimento dei processi di genere ma non incorpora tutto ciò che riguarda il genere. Connell introduce il concetto di dominio di genere, che si riferisce all’intero territorio della vita sociale, legato all’arena riproduttiva, in cui le relazioni tra persone e gruppi sono strutturate da questo collegamento e possono quindi essere intese come relazioni di genere. La forma del dominio di genere varia da una società all’altra, e da un periodo storico all’altro. Può anche essere modificato da un’azione deliberata: in questo caso si parla di strategia di decostruzione del genere (de-gendering). Un esempio di incorporazione sociale nel dominio del genere: un’inchiesta sullo stato di salute degli uomini australiani ha messo in luce che, nelle popolazioni rurali, l’88% di pazienti con lesioni acute agli occhi era costituito da uomini. Questo non perché gli uomini avrebbero gli occhi più delicate delle donne, ma perché le donne delle zone rurali raramente venivano impiegate in lavori che richiedevano la lavorazione di metalli o l’uso di fili di recinzione. La divisione di genere del lavoro è fondamentale per capre questi effetti, ma sono i corpi che ne pagano le conseguenze. I corpi sono trasformati attraverso l’incorporazione sociale (ad es. l’aumento dell’altezza media e del perso dono dovuti al miglioramento dell’alimentazione infantile). Inoltre, la trasformazione dei corpi è strutturata, in parte, sulle linee di genere. Ad esempio, nei paesi più ricchi, la speranza media di vita delle donne è più lunga di quella degli uomini. I corpi, in quanto attori della pratica sociale, sono coinvolti nella costruzione stessa del mondo sociale. Il mondo sociale non è mai, quindi, semplicemente riprodotto, ma ricostruito ininterrottamente nella pratica. Il genere, come struttura di relazioni, si costituisce in questo processo storico e, di conseguenza, non può mai essere fissato una volta per tutte. La domanda non è se il genere possa cambiare o meno ma in quale direzione sta cambiando. Non esiste una risposta univoca perché esistono tanti gruppi sociali e culturali differenti tra loro. La pratica sociale può spingere gli ordini di genere verso direzioni diverse e creare differenti relazioni tra il corpo e la struttura sociale. CAPITOLO 5 – RELAZIONI DI GENERE Il Regime di genere di una istituzione è una precisa organizzazione di genere che stabilisce e regola le divisioni sociali all’interno di una istituzione (es. scuole, uffici, fabbriche, eserciti, polizia, club sportivi, ecc. In ognuno di questi contesti vige un regime di genere che può essere soggetto al cambiamento). I regimi di genere di queste organizzazione sono parte di un modello più esteso e duraturo nel tempo: Connell chiama questi modelli più generali l’ordine di genere di una società. I regimi di genere presenti nelle diverse istituzioni di solito corrispondono all’ordine di genere complessivo di una data società; talvolta, però, possono anche allontanarsene. Il cambiamento spesso parte da un settore della società e ci vuole del tempo perché filtri anche negli altri. Quando osserviamo una certa organizzazione di genere (che sia il regime di genere di un’istituzione o l’ordine di genere di una società), quello che stiamo osservando è un insieme di rapporti, ovvero i modi in cui gli individui, i gruppi e le organizzazioni sono collegati/separati tra loro. Le relazioni di genere sono i rapporti che emergono all’interno dell’arena riproduttiva. Non tutte le relazioni di genere sono costituite da dirette interazioni tra donne e uomini; alcune possono anche essere costituite da relazioni indirette, per esempio mediate dal mercato o dalla tecnologia. Inoltre, le relazioni di genere possono consistere in interazioni di uomini oppure tra donna (ad es. nel caso delle gerarchie di maschilità tra uomini). Le relazioni di genere sono in continua costruzione nella nostra vita quotidiana. Se non le mettiamo in pratica, il genere non esiste. I regimi di genere di queste istituzioni permettono di impiegare i prodotti del lavoro condiviso di uomini e donne con modalità condizionate dalle differenze di genere: il modo in cui le aziende distribuiscono i redditi della società tende a favorire gli uomini. Inoltre, i prodotti che le aziende lanciano sul mercato hanno anch’essi effetti di genere perché prevedono utilizzi diversi a seconda del genere, dai cosmetici alle automobili. Questo processo di accumulazione in base al genere ha delle conseguenze che vanno al di là della sfera economica. Per esempio, mentre esiste una divisione delle diverse professioni secondo il genere (come nel caso degli uomini che svolgono la maggior parte dei lavori tecnici e meccanici, mentre le donne svolgono lavori legati all’arte o ai servizi sociali), ci sarà anche una divisione dei sistemi educativi che preparano gli individui a questi lavori (per cui i ragazzi, ad esempio, si iscrivono in maggioranza a corsi informatici o di ingegneria, mentre le donne a corsi umanistici. 3. Le relazioni emotive L’importanza delle relazioni emotive nella vita umana è stata messa in luce da Freud. Egli ha mostrato come le cariche affettive (positive e negative) fossero legate, nella sfera dell’inconscio, a immagini di altri individui. I legami emotivi possono essere positivi o negativi, favorevoli oppure ostili verso il proprio oggetto. Per esempio, il pregiudizio contro le donne (misoginia) o contro gli omosessuali (omofobia), corrisponde a una relazione emotiva ben definita. Una delle principali arene del legame emotivo è la sessualità. Le relazioni sessuali implicano rapporti fisici culturalmente costruiti e non sono un semplice riflesso della biologia. Anche se la sessualità non può essere ridotta al genere, è comunque molto spesso organizzata sulla base del genere. Il modello egemonico a livello mondiale presuppone l’attrazione tra persone di genere diverso, e pone una chiara distinzione tra relazioni eterosessuali e relazioni omosessuali. Tuttavia, esistono molte società (es. nella Grecia antica, nella comunità Sambia in Papua Nuova Guinea) che non operano affatto questa classificazione. Nella società occidentale di oggi, ci si aspetta che le famiglie si formino sulla base dell’amore romantico, ovvero un forte legame emotivo tra 2 persone. Poiché questo ideale è diffuso in tutto il mondo dalla religione, dalla pubblicità e altre forme di pressione culturale, esso entra in conflitto con modi alternativi di formare nuove famiglie (es. per i matrimoni programmati). Un secondo legame emotivo all’interno della famiglia è quello tra genitori e figli, e anche questa relazione può essere fortemente influenzata dal genere. Nell’odierno modello egemonico, la cura e l’amore verso i bambini è compito quasi esclusivo della donna, mentre l’uomo mantiene il nucleo famigliare economicamente. Anche questo modello è messo in discussione da quando si sta diffondendo l’ideale della nuova paternità. Le relazioni emotive si trovano anche nei posti di lavoro, in particolare in quelle professioni che implicano l’instaurazione di legami e contatti con terze persone (clienti, partner commerciali). 4. Simbolismo, cultura e discorso. La società può essere definita come un insieme di significati, compresi i significati di genere. Quando parliamo di una donna o un uomo, noi mettiamo in gioco tutto un grande sistema di conoscenze, sfumature di significato e allusioni che si sono accumulati nel corso della storia della nostra cultura. I significati di queste parole vanno oltre le semplici categorie biologiche di maschio e femmina. Ad esempio, quando un allenatore di football grida alla sua squadra “siete delle femminucce”, non intende dire che essi possano avere bambini, ma sta affermando qualcosa che è denso di significati inserito in quel determinato contesto. Il più noto modello di struttura del simbolismo nel genere è quello offerto dallo psicanalista francese Jacques Lacan. Dalla sua analisi del fallo come simbolo fondamentale è emerso che la nostra società è fallocentrica, cioè un sistema in cui l’autorità è sempre maschile. Per quanto quella del linguaggio sia la dimensione maggiormente studiata delle relazioni simboliche di genere, essa non l’unica. Il simbolismo nel genere opera anche nel vestire, nel truccarsi, nel modo di muoversi, nella fotografia, nel cinema etc. Le espressioni simboliche di genere cambiano nel tempo, e così fanno gli atteggiamenti rispetto alla parità del genere. Ad esempio, l’indagine di Mohwald ha dimostrato che in Germania e in Giappone vi è un cambiamento di atteggiamento verso la parità dei sessi: la crescente valorizzazione della carriera delle donne e della condivisione del lavoro in casa è stato un cambiamento venuto in seguito al Movimento di liberazione della donna. Nella vita reale, le diverse dimensioni di genere si intrecciano e si condizionano reciprocamente senza sosta. Inoltre, le strutture di genere si intrecciano con le altre strutture dei diritti sociali. Questo punto è stato sottolineato di recente dalla sociologia con il termine intersezionalità (reciproco condizionamento delle strutture sociali. Secondo Helen Meekosha la teoria di genere non presta attenzione alla disabilità. Eppure anche quest’ultima è una questione di relazioni sociali: quelle che fanno sì che la disabilità fisica si traduca, in determinate circostanze, in uno svantaggio. Il genere influisce sull’esperienza della disabilità: per le donne la disabilità può provocare senso di passività e impotenza, per gli uomini un senso di maschilità rovinata a causa della dipendenza forzata. Queste immagini hanno conseguenze in termini di mancanza di accesso all’istruzione, impiego e condizioni di vita. Dobbiamo trattare il genere come una vera e propria struttura. Non dobbiamo dimenticare che le relazioni di genere operano sempre in un contesto, interagendo sempre con altre dinamiche della vita sociale. Tutto ciò che riguarda il genere è storicamente determinato (per questo si parla di storia del genere, la quale ha prodotto gli ordini di genere attuali nei quali viviamo). Non soltanto creiamo relazioni sociali, ma le insegniamo alle nuove generazioni. Nel 19° secolo, sono state fatte ipotesi sulle origini del genere. Secondo le archeologhe australiane Balme e Bowdler, (in Spear and digging stick), la caccia degli animali e la raccolta di cibo rappresentava la divisione di genere nel lavoro nella maggior parte delle società primitive. Questa divisione non era la conseguenza di diverse capacità determinate dalla biologia: uomini e donne sono capaci di fare entrambe le cose, quindi la divisone di genere nel lavoro è un’organizzazione sociale. Richiede un sistema di comunicazioni, una pratica sociale di condivisione del cibo in un gruppo e l’attribuzione di compiti diversi. L’ipotesi è che la divisione di genere nel lavoro fosse un adattamento (ma un adattamento sociale, non genetico) in ambienti imprevedibili dove spesso l’approvvigionamento degli alimenti era irregolare per cui uomini e donne hanno dovuto organizzarsi per poter mangiare. Quindi due della quattro dimensioni del genere elencate prima (divisione del lavoro e simbolismo) erano presenti fin dalle primissime formazioni degli ordini di genere. I modelli delle relazioni di genere hanno subito un profondo cambiamento nel corso della storia. Così come il genere è nato potrebbe finire. Le relazioni di genere potrebbero a un certo punto non essere più condizioni importanti della vita sociale. Potrebbero estinguersi, ad esempio, a causa delle riforme per le pari opportunità o contro la discriminazione: in questi casi si metterebbe in moto un volontario processo di annullamento del genere con l’obiettivo di creare una società gender-free. Molte femministe auspicano proprio questo, altre ritengono impossibile l’annullamento totale delle differenze di genere nella società. L’organizzazione di genere cambia nel tempo anche a causa delle pressioni esterne (es. il cambiamento tecnologico, la vita urbana, le comunicazioni di massa). Il genere va sempre considerato con un sistema dinamico, sempre soggetto a cambiamenti. Connell analizza tre dinamiche nei processi di cambiamento delle relazioni di genere: 1. Instabilità Le categorie di genere sono instabili. Le identità di genere sono prodotte a livello discorsivo, un livello in cui i significati non sono fissi. Per cui le identità di genere non possono essere determinate una volta per tutte. o non offre una comprensione profonda della resistenza e del rifiuto che molti giovani oppongono alle definizioni egemoniche di genere (es. ragazzi che odiano lo sport, adolescenti che si scoprono omosessuali, ecc.). o inoltre, durante lo sviluppo, accade talvolta che ci siano delle crisi che portano a cambiamenti improvvisi nella pratica di genere. o il modello della socializzazione non tiene conto della complessità delle agenzie di socializzazione. Al loro interno abbondano modelli e messaggi contradditori. Ad esempio, persino nelle famiglie c’è posto per litigi su come vadano cresciuti un bambino o una bambina. o le stesse esperienze o modelli di genere possono essere interpretati diversamente dai bambini. Ad esempio, un bambino che cresce in un contesto di violenza domestica in cui il padre picchia la madre, può finire per incorporare la violenza verso le donne nel proprio repertorio di maschilità oppure può allontanarsi da quel modello schierandosi con la madre e finendo per cercare una relazione totalmente diversa con le donne nell’arco della propria vita. La pratica di genere coinvolge la dimensione corporea ma non è biologicamente determinata. Viene appresa dall’individuo e può anche ostacolare il suo benessere fisico: molti ragazzi, per esibire la loro mascolinità sulle strade, muoiono; molte ragazze seguono diete nel tentativo di rimanere affascinanti agli occhi dei maschi e arrivano all’anoressia che può provocarne la morte. Per i giovani palestinesi l’essere picchiati o arrestati dall’esercito israeliano o dalla polizia è diventato un rito di passaggio alla maschilità, nel quale molti di loro perdono la vita. I bambini imparano soprattutto come funzionano le relazioni di genere e come riuscire a destreggiarsi all’interno di esse. Il processo di apprendimento di genere nei giovani consiste per lo più nell’acquisizione di una certa competenza di genere: si tratta di imparare a negoziare l’ordine di genere, ad adottare una certa identità di genere ed eseguire determinate performance di genere; in altre parole, a come fare il genere. La maggior parte dei ragazzi e ragazze non riesce ad essere all’altezza degli ideali di genere ma si adatta. È dunque più utile pensare all’apprendimento come a un processo attivo che richiede un impegno individuale verso una certa direzione. Esso non consiste semplicemente nell’assorbire quello che c’è da imparare. I bambini imparano dei modelli di pratiche (configurazioni della pratica di genere) creandone poi nel corso della vita. L’individuo, nel corso dell’apprendimento, improvvisa, copia, crea, sviluppando in tal mondo strategie specifiche per affrontare situazioni in cui sono presenti relazioni di genere: in altre parole, impara a fare il genere in un determinato modo. Col passare del tempo queste strategie si cristallizzano come modelli specifici di femminilità o maschilità. Alcuni strategie si rivelano più efficaci delle altre, di conseguenza, si verifica un certo grado di standardizzazione sociale delle vite individuali. In questo senso, potremmo parlare di traiettorie comune di formazione del genere. Per la psicologia, il classico esempio di contraddizione di genere nello sviluppo è il complesso di Edipo identificato da Freud durante l’infanzia. Il bambino sviluppa il desiderio per la madre e si scontra con il padre. È difficile sostenere che esista una successione fissa di stadi nella formazione del genere, in quanto la varietà degli ordini di genere rende improbabile l’esistenza di regole universali sul modo in cui si apprende il genere. È difficile realizzare una rottura completa con i modelli di genere con ci si è cresciuti, per questo si osserva frequentemente il fenomeno dell’auto-oppressione dei gay. Identità di genere: “ciò che si è” (dal XIX secolo), distinto dal concetto opposto di “ciò che non si è”. Oggi la tendenza è quella di parlare di una pluralità di identità di genere e sessuali. Ad esempio, mentre negli anni ’70 si parlava di ruolo sessuale maschile, oggi si parla di maschilità al plurale. Esistono molteplici maschilità (o femminilità) anche in seno a una stessa società, a una stessa istituzione, o gruppo di coetanei o nello stesso posto di lavoro. Il concetto di identità viene usato dagli individui per rivendicare apertamente chi o che cosa sono in termini di differenza rispetto agli altri. Questo fattore è legato alla crescita di “politiche identitarie”: si diventa membri di un movimento sociale rivendicando l’identità che quel movimento rappresenta (in quanto neri, donne, lesbiche, ecc.). tuttavia, anche all’interno di questi movimenti esiste la diversità tra gli individui. Le identità dipendono anche, in parte, dalle condizioni sociali a cui si è esposti e possono essere transitorie, cioè mutare nel corso del tempo. Si pensa che ognuno di noi dovrebbe avere un’identità, ma è davvero così auspicabile averne una? Fondere la personalità di un individuo in un’entità unica significa rifiutare la sua intrinseca diversità. Non esistono soltanto donne e uomini, ci potrebbero essere un terzo genere o variazioni sui due generi principali che moltiplicano le categorie di genere in cui le persone possono vivere. Ad esempio, i berdache, indigeni del Nord America dalla “doppia anima”: questi hanno corpi maschili , occupano una posizione sociale simile a quella femminile. Nella società giavanese, vi sono i banci, individui con corpi maschili, che indossano abiti femminili e hanno rapporti sessuali con uomini eterosessuali. Questi gruppi differiscono tutti uno dall’altro e di discute se si possa parlare di terzo genere. La globalizzazione implica un’interazione di abitudini sessuali e regimi di genere che rimangono comunque diversi e divisi. L’ordine di genere nato in Europa occidentale e globalizzato è principalmente un modello di dicotomie di genere. Si presume che i due generi siano per lo più eterosessuali, “lesbica” e “gay” sono categorie consolidate, “bisessuale” è una categoria instabile che non ha ancora un chiaro significato. Le persone che vivono in maniera trasversale rispetto ai confini di genere, che ci entrano ed escono a piacimento, hanno affascinato gli analisti di genere. Freud ha esaminato le credenze intorno al cambiamento di genere come parte di un caso di psicosi. Il transessualismo, in passato, è stato trattato come sindrome medica. Nel libro di parla di fluidità del genere: la vastità di “casi” (transessuali, travestiti, uomini effemminati, donne mascoline etc.) sono una prova di mancanza di stabilità e di fluidità. I transessuali sono la prova più eclatante di fluidità del genere. Eppure la maggior parte delle donne e uomini transessuali dichiarano che, nel loro intimo , si sono sempre sentiti tali, con la sensazione di essere intrappolati nel corpo sbagliato. Agli studi di genere proposti nelle università sono stati aggiunti temi di dibattito sui LGBTTI (minoranze sessuali bisognose di protezione dei propri diritti “Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Transessuali, Intersessuali”). In particolar modo, negli Stati uniti il termine “comunità transgender” è entrato nell’uso comune per identificare un gruppo stabile, e creare una categoria del terzo genere. Il termine “transessuale” dovrebbe essere usato solo come aggettivo e non come sostantivo, in quanto si tratta di un PROCESSO, non di un gruppo sociale o di una tipologia di persona. La transizione di genere, tuttavia, si realizza solo attraverso dure contraddizioni nella vita personale. CAPITOLO 7: IL GENERE SU VASTA SCALA La maggior parte dei dibattiti sul genere si concentra sulla sfera personale. Tuttavia, per comprendere le relazioni personali dobbiamo usare un approccio su vasta scala prendendo in considerazione le istituzioni, i sistemi economici, i governi, ecc. In questo capitolo verranno analizzati tre ambiti: il genere nelle aziende, nei governi e nella società globale. 1. Il genere nelle aziende L’azienda è la principale forma di organizzazione economica nella società capitalistica contemporanea. In particolare, le multinazionali sono le protagoniste principali nell’economia internazionale. Le aziende sono istituzioni segnate dalla differenza di genere, e hanno anche una storia orientata in base al genere. Queste istituzioni furono da sempre definite come maschili: questa situazione si è protratta per lungo tempo senza mai essere messa in discussione: questo perché non vi era una domanda forte da parte delle donne per entrare nella gestione delle aziende. gli interessi delle donne tendono ad essere rappresentati in organi più periferici rispetto a quelli degli uomini. 3. Lo stato elabora politiche che si occupano delle questioni legate al genere, arrivando così a regolare le relazioni di genere nella società. 4. L’attività dello stato contribuisce, non solo a regolare, ma anche a creare relazioni di genere e a formare le identità di genere. Ad esempio, anche le categorie di “marito” e “moglie” sono parzialmente stabilite dall’azione statale attraverso leggi che regolano il matrimonio. 5. Proprio per via di queste attività, lo stato rappresenta il principale obiettivo delle mobilitazioni politiche riguardanti le questioni di genere. 6. Dal momento che le relazioni di genere sono soggette a crisi e al cambiamento, lo stato, che è il cuore di un potere basato sul genere, è esso stesso soggetto a crisi e al cambiamento. Tendenze di crisi che interferiscono con l’azione statale sono, ad esempio, la violenza maschile, le tensioni e gli scioperi che emergono dalla divisione di genere sul lavoro, le questioni delle pari opportunità, ecc. Queste conclusioni sono vere ma hanno dei limiti. Innanzitutto, lo stato è solo uno dei centri di potere della società. Esso è considerato l’istituzione che detiene il monopolio dell’uso legittimo della forza su un dato territorio. Ma questa definizione ignora, ad esempio, la violenza domestica dei mariti sulle mogli: anche questo è un altro tipo di potere. In un ordine di genere di tipo patriarcale, il potere dei mariti sulle mogli è istituzionalizzato in tutta la società. Si tratta di un potere che gli organi statali hanno più volte incoraggiato. Un esempio di questo fatto è quello che ci viene dato da Wendy Hollway, che documento le pratiche occupazionali in Tanzania: le donne impiegate nelle pubbliche amministrazioni potevano accedere a programmi di formazione solo con il consenso dei mariti. Le domande di iscrizione prive del permesso dei mariti venivano trattate come se il permesso fosse stato negato. Un altro tipo di potere che sta emergendo è quello delle agenzie private per la sicurezza. In America sono sempre più diffuse le cittadelle residenziali, cioè complessi abitativi recintati sorvegliati da agenti della sicurezza che devono tenere lontani poveri, neri, ecc. Anche questi sistemi privati di sicurezza sono orientati in base al genere: sono gli uomini a dirigerli, ad essere assunti, mentre le donne se ne stanno all’interno dell’area recintata. Tali sistemi privati sono riusciti finora a sottrarsi alle pressioni politiche per le pari opportunità che le donna hanno esercitato sulle istituzioni statali. Specialmente in una organizzazione così vasta e complessa come quella statale, è importante riconoscere la distinzione tra maschilità egemoniche e subordinate. La maschilizzazione dello stato, identificata dalla teoria femminista, è una relazione tra istituzioni statali e maschilità egemonica. Lo stato non è solo un meccanismo di forza e autorità, ma rappresenta anche lo spazio in cui si articolano gli interessi sociali e si reclamano dei diritti. Il rapporto tra donne e stato è molto complesso. Certe politiche apparentemente neutrali rispetto al genere hanno, invece, effetti di genere. Ad esempio, i sistemi di previdenza sociale offrono pensioni maggiori alle persone che hanno una carriera lavorativa continuativa (e si dà il caso che siano soprattutto uomini) rispetto a quelli che hanno svolto una grande quantità di lavoro domestico non retribuito (soprattutto donne). Gli USA offrono salari previdenziali bassi per le donne, ma un supporto legale forte per difendere i ditti del loro corpo, ad esempio leggi riguardanti il diritto di aborto. Alcune autrici femministe nei paesi scandinavi hanno avanzato la teoria dello stato woman-friendly. In Australia, chi è responsabile della parità ha l’appellativo di femocrat. La storia delle femocrats è narrata nel racconto di Inside Agitators di Hester Eisenstein, lei stessa una femocrat per lungo tempo. queste figura hanno certamente condizionato l’istruzioni, i diritti all’impiego e altri campi delle politiche pubbliche, ma la loro influenza è declinata con l’affermarsi della nuova destra e del neoliberalismo. Fondare un regime post-coloniale o post-rivoluzionario ha spesso significato istituire una nuova versione del sistema patriarcale. Le donne sono potute entrare nella forza lavoro, ma nella sfera della leadership politica questo non è ugualmente avvenuto. Il alcuni casi l’esclusione delle donne è esplicita, come nel caso dello Yemen, definito il paese al mondo più oppressivo nei confronti delle donne (e l’Arabia Saudita lo segue da vicino). La setta islamica Wahhabi che domina la regione si è opposta a qualsiasi autorità femminile. Ovviamente non sempre è così. L’attivismo femminile esiste anche in certe società islamiche. In certi casi, come in Pakistan, in Turchia e in Indonesia, le donne sono diventate leader politiche di primo piano. Nei paesi che un tempo erano i pilastri dell’impero britannico, i movimenti femministi hanno conseguito molte vittorie sul piano giuridico e costituzionale. Ci sono state anche sconfitte, però, come quella seguita al tentativo, negli anni ’70, di fissare l’eguaglianza di genere nella Costituzione degli Stati Uniti. In linea generale, l0uguaglianza formale dei diritti di uomini e donne è stata raggiunta (es. diritto di voto, di proprietà, di intentate azioni legali, di avere pari opportunità nel lavoro, ecc.). Possiamo dunque dire che la vecchia forma di stato patriarcale si è rivelata vulnerabile all’assalto femminista. Nonostante ciò, le politiche neoliberaliste (come la deregolamentazione dei mercati, la riduzione delle tasse e dunque dei servizi statali, il trasferimento di risorse verso i servizi privati) si traducono in una riallocazione di potere in istituzioni dominate dagli uomini. Il genere nella società mondiale Ci sono caratteristiche dell’ordine di genere che non possono essere comprese a livello locale, ma devono essere analizzate a livello globale: si parla quindi di transnazionalizzazione del genere. Nono solo esistono organizzazioni internazionali di donne (come la Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà), ma sono stati creati dei forum intergovernativi proprio per discutere delle disuguaglianze di genere e degli interessi delle donne. Il Decennio delle Nazioni Unite (1975-85) ha rappresentato un cambiamento straordinario. Durante quel periodo, una serie di conferenze alimentarono il dibattito globale per le questioni di genere e fissarono un’agenda di politiche da perseguire nell’interesse delle donne. Il genere va concepito come una struttura delle società mondiale, tuttavia, non dobbiamo pensare che il genere sia ovunque lo stesso, così come volevano le prime teorie. Esistono dei collegamenti, per questo si parla di transnazionalizzazione di genere. Il genere, le relazioni e la sessualità sono oggi influenzati da forze globali come i fenomeni migratori, le politiche di controllo della popolazione, la diffusione dei viaggi all’estero, le immagini di maschilità e femminilità che circolano su vasta scala attraverso i media. Così, ideologie di genere proveniente da culture diverse si mescolano come conseguenza delle migrazioni e dei matrimoni misti. L’interazione tra ordini di genere Il commercio e la comunicazione su scala mondiale hanno messo in contatto società molto diverse tra loro. Di conseguenza, anche gli ordini di genere di queste società sono entrati in contatto l’uno con l’altro. Questo processo si è spesso tradotto in violenza e distruzione. L’imperialismo attaccava le organizzazioni di genere locali che non rientravano nel modello dei colonizzatori: ad esempio, i missionari tentarono di estirpare il terzo genere dei berdache nel Nord America e la promiscuità femminile in Polinesia. Le organizzazioni di genere locali sono state rimodellate dalla schiavitù, dalla confisca delle terre e dalla ricolonizzazione. Le pratiche di genere rimodellate con questi mezzi formano configurazioni di tipo nuovo: esse sono locali ma portano il segno delle forze che costituiscono la società globale. L’interazioni degli ordini di genere non si sviluppa in un unico senso. Secondo Ashis Nandy la creazione dell’impero britannico cambiò le maschilità fra i britannici, come fra gli indiani. Tuttavia, è fuori dubbio che la pressione della metropoli sugli ordini di genere della periferia sia molto più forte della pressione esercitata nell’altro senso. È sbagliato parlare di modernizzazione di genere. Nuove arene di relazioni di genere L’imperialismo e la globalizzazione hanno creato delle istituzioni che operano su scala mondiale. Tutte queste istituzioni possiedono dei regimi di genere e hanno delle dinamiche di genere. La sensazione di avere un corpo attraente è un elemento cruciale nella costruzione dell’essere donna nella cultura occidentale. Si tratta di uno stereotipo sessista che viene presentato alle donne come una forma di assistenza. La politica di genere è quasi sempre così intima e coinvolge le nostre relazioni e decisioni. Molti uomini ma anche donne, vedono come una minaccia i cambiamenti che si verificano all’interno del genere. I cambiamenti possono alterare non solo l’organizzazione della cultura o delle istituzioni, ma possono anche influire sull’immagine rassicurante che le persone hanno di se stesse e sulle loro abitudini quotidiane. Susan Mannon intervistò un coppia in cui lui portava i soldi a casa e lei era casalinga. Questa divisione di ruoli in base al sesso non era stata imposta a lei, che anzi aveva contribuito attivamente alla creazione di una distinzione netta dei compiti all’interno della famiglia. Le necessità economiche dovute all’aumento dell’inflazione, portò lei, come altre donne sposate, a mettere in vendita il suo lavoro domestico a tutti gli effetti. La divisione dei ruoli tra lui lavoratore e lei casalinga divenne meno definita. Tuttavia, egli mantenne la sua posizione autoritaria all’interno della famiglia. Lei dunque non utilizzò la sua nuova posizione economica per rinegoziare i ruoli all’interno della coppia. Questo tipo di scontro avrebbe danneggiato una posizione sociale che lei stava cercando di salvaguardare. La disparità di potere si riflette anche sulla diffusione dell’Hiv: in India, ad esempio, è privilegio della clientela maschile decidere se utilizzare o meno il preservativo. Attiviste del gruppo Parivartan, per proteggersi dall’epidemia, hanno provato ad insistere sull’uso del preservativo. È evidente come l’introduzione di un cambiamento richieda una lotta. Politiche pubbliche: movimenti e istituzioni I movimenti volti a cambiare gli ordini di genere patriarcali sono nati da donne o da gruppi di uomini emarginati, mentre la difesa del sistema patriarcale è stata intrapresa da uomini e donne privilegiati. Storicamente il movimento più importante nelle politiche di genere è stato il femminismo. Bisogna precisare che non tutti i movimenti politiche che coinvolgono le donne sono movimenti femministi. Ad esempio, in Giappone, nel dopoguerra, ci fu un aumento del numero delle organizzazioni femminili, ma queste erano comunque legate ad un sistema politico di tipo patriarcale. La nascita del Movimento di liberazione della donna segnò un punto di svolta: uno dei punti su cui si concentrarono le donne fu proprio la battaglia per l’autonomia delle organizzazioni femminili. Anche il Movimento di liberazione omosessuale si basò su un’organizzazione autonoma. Le politiche gay e lesbiche portavano con sé un altro aspetto: il processo di coming out. Dichiararsi a se stessi, alla famiglia e agli amici è difficile e richiede un adattamento e un riassestamento della propria vita. Il processo collettivo che porta alla creazione di una comunità parte sempre da un processo individuale e, allo stesso tempo, lo sostiene (i gay sono incoraggiati dai movimenti omosessuali a dichiararsi). Inoltre, le politiche gay presentano, al proprio interno, delle divisioni di genere: lesbiche e gay non si trovano nella stessa situazione, né da un punto di vista sociale, né da quello politico: ad esempio, in molti paesi le leggi che criminalizzano il sesso omosessuale per gli uomini ignorano invece quello tra donne. Le donne sono spesso ignorate dagli stessi attivisti gay. Lo stesso Movimento di liberazione omosessuale era principalmente composto da uomini, anche se l’evento che diede iniziò a tutto (la rivolta di Stonewall contro la polizia, nel 1969 a New York) fu guidata da prostitute transessuali e travestiti. Un decennio dopo la nascita del Movimento gay, le politiche dei gay furono stravolte dall’epidemia di Aids/Hiv. I gay dovettero fare i conti con una politica ostile impregnata di omofobia che li accusava della diffusione del contagio. Le comunità gay sono sopravvissute a questa crisi e hanno allargato il loro consenso portando avanti un processo educativo nelle comunità, creando associazioni di sostegno ai malati di Aids e promuovendo il sesso sicuro. Nei paesi poveri, gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini (Msm, Men who have sex with men, un acronimo coniato da attivisti e ricercatori) non dispongono di grandi risorse economiche e spesso devono far fronte a governi omofobi. Ciò accade per esempio in Africa, dove è presente il numero più alto di sieropositivi e malati di Aids. Gli attivisti hanno dovuto combattere non contro un movimento omofobo, ma contro lo stato che utilizzava la propria autorità i gay (es. in Senegal). Esistono anche movimenti esplicitamente antifemministi, come quelli antiabortisti. A livello internazione, la più grande forza schierata contro i diritti riproduttivi delle donne è stata la Chiesa cattolica. La sua intransigenza ha di fatto impedito la riforma del diritto all’aborto in America Latina: questo ha fatto sì che solo le donne più ricche potessero avere accesso ad un aborto sicuro, che è rimasto precluso alle donne povere. La difesa del sistema patriarcale, nel complesso, non ha richiesto mobilitazioni sociali da parte degli uomini: è stato sufficiente che le istituzioni patriarcali (lo stato, le imprese, i mass media e la chiesa), continuassero ad agire normalmente. Tuttavia, non tutti gli uomini si battono in difesa del sistema patriarcale. Ad esempio, nei paesi in cui il servizio militare è obbligatorio esistono movimenti che si oppongono a questo. Esistono anche movimenti per la parità di genere portati avanti da maschi eterosessuali (chiamati pro-feminist men negli USA). Purtroppo la maggior parte di queste associazioni conta piccoli numeri e agisce a livello locale. È necessario precisare che le questioni relative alle politiche di genere vengono affrontate anche da movimenti sociali che non si occupano esplicitamente di tematiche sessuali o di genere. Il potere è solo una delle forme di disuguaglianza di genere. Le disuguaglianze riguardano tutta una serie di aspetti, a partire da reddito e ricchezza fino all’onore e all’autorità culturale. Le disuguaglianze generano diversi interessi: chi ne trae vantaggio ha interesse a conservarle, mentre chi ne paga il prezzo ha interesse a porvi fine. Le disuguaglianze di genere vengono solitamente espresse in termini di mancanza di risorse delle donne nei confronti degli uomini. Ad esempio, il reddito medio delle donne, in tutto il mondo, è inferiore a quello degli uomini. Il surplus di risorse a disposizione degli uomini viene chiamato da Connell dividendo patriarcale. In altre parole, il dividendo patriarcale sarebbe il vantaggio che gli uomini, come gruppo, traggono dalla disparità di genere. Ci riferiamo a vantaggi economici, di autorità, di servizi a disposizione, di sicurezza, di alloggio, di accesso al potere istituzionale, ecc. Per alcuni uomini il dividendo patriarcale rappresenta un enorme vantaggio, per altri minore, se non nullo, a seconda della posizione che occupano all’interno dell’ordine sociale. Ad esempio, un ricco uomo d’affari trae enormi guadagni dal “processo di accumulazione orientato in base al genere”. Al contrario, un uomo disoccupato della classe operaia potrebbe non trarre alcun dividendo patriarcale dal punto di vista economico. Alcuni gruppi specifici di uomini possono rimanere esclusi del tutto da una parte del dividendo patriarcale (ad esempio i gay). Anche alcune donne godono del dividendo patriarcale, in genere perché sono sposate con uomini facoltosi. Queste donne vivono grazie ad un profitto generato in parte dal lavoro sottopagato o non retribuito di altre donne. Basti pensare alle donne ricche che beneficiano del lavoro di altre donne che svolgono le mansioni domestiche nelle loro case. Il dividendo patriarcale rappresenta la principale posta in gioco nella politica di genere contemporanea. Ed è il motivo per il quale il sistema patriarcale viene protetto. Troppi uomini hanno interesse nel supportare e difendere l’attuale ordine di genere. La maschilità egemonica contemporanea rappresenta una minaccia, a prescindere dalla questione del dividendo patriarcale. È pericolosa perché fornisce una giustificazione per le violenze domestiche e interpersonali, per gli stupri, perché conduce ala corsa agli armamenti, allo sfruttamento illimitato delle risorse minerarie e alla deforestazione, alla creazione di rapporti di lavoro ostili, ecc. È dannosa per gli stessi uomini. Gli attivisti che lottano per l’affermazione di nuove maschilità hanno ragione quando affermano che gli uomini si sentirebbero più sicuri se non combattessero tra loro, starebbero meglio senza lo stress da competizione, e avrebbero una vita migliore se potessero avere rapporti migliori con le donne e i bambini. È però anche vero che, se da un lato il genere produce dei danni, dall’altro genera piaceri e creatività. Il genere organizza i nostri rapporti sessuali, che sono fonte di piacere, e le nostre relazioni con i bambini. Il genere è parte integrante della nostra ricchezza culturale (la musica, i drammi e le poesie si ispirano molto spesso al genere). Ad esempio, nelle scuole elementari, i bambini si divertono nello scoprire i ruoli di genere. Il genere comprende sia gioie che dolori.
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