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Riassunto libro ruolo e formazione degli educatori, Sintesi del corso di Scienze dell'educazione

riassunto sintetico, ma completo del libro

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 06/02/2023

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Scarica Riassunto libro ruolo e formazione degli educatori e più Sintesi del corso in PDF di Scienze dell'educazione solo su Docsity! RUOLO E FORMAZIONE DEGLI EDUCATORI 1.Educatori di professione. Il ruolo degli educatori nei servizi sociali Le competenze pedagogiche dell’educatore L’educatore è il testimone e il protettore dell’educazione lungo tutto il suo processo, la quale accompagna l’individuo per tutta la vita. L’educatore professionale è un operatore pedagogico che accresce la qualità intellettuale e operativa di un agire. Da parte dell’educatore professionale sviluppare interazioni comporta l’acquisizione di consapevolezza nell’affinare la capacità di comprendere le componenti psicologiche presenti nell’individuo in ogni fase della sua evoluzione e di sviluppare nuove modalità di rapporto, adeguate alla realtà e al potenziale in essa presente su più versanti. Nei minori “a rischio” l’educatore è un’esperienza relazionale corporea, materiale, simbolica, in modo tale che posso essere vissuta da loro come un nuovo campo di esperienza. Le competenze pedagogiche dell’educatore si deducono dal concetto fondamentale che l’individuo può cambiare. Ciò significa che il processo educativo è insito nella natura stessa dell’uomo e non avviene in un contesto isolato, ma si realizza insieme ad altre persone. L’individuo si evolve attraverso un continuo apprendimento teorico-pratico: nell’interazione tra l’individuo, le relazioni significative e la realtà ambientale, l’acquisizione di nuove informazioni e di nuove competenze comporta progressivi mutamenti nel comportamento, definibili come funzione dell’apprendimento. La capacità di connettere il comportamento del soggetto e le pressioni dei condizionamenti esterni è una caratteristica del ruolo dell’educatore professionale. Questa capacità facilita la lettura della situazione e permette di cogliere e affrontare i nodi problematici. Dovere primario degli educatori è quello di educare i soggetti con cui essi interagiscono per progettare la loro esistenza. Bisogna promuovere in loro il senso critico, le capacità di scelta, la disponibilità all’impegno, la determinazione ad impugnare la propria esistenza con tutti i limiti che l’esperienza impone loro. I futuri educatori ed educatrici vanno accompagnati a divenire soggetti della propria formazione, capaci di armonizzare pensiero e azione, valorizzando in modo circolare le teorie pedagogiche per rileggere la realtà e le riflessioni sulle proprie pratiche per formulare teorie locali. L’educatore assume il ruolo di facilitatore, per mettere il soggetto nella condizione migliore per sperimentarsi primo attore della propria formazione e del senso di responsabilità. Il cambiamento di attua grazie a un metodo rigorosamente strutturato. L’educatore favorisce l’azione, organizza i tempi e le cose da fare oltre a fornire le informazioni necessarie perché un lavoro possa essere svolto. Egli diventa quindi un mediatore e un controllore del processo in cui fornisce suggerimenti e consigli per raggiungere l’obiettivo del cambiamento che è situabile nel gruppo. Conosce i modi con cui si struttura l’interazione di gruppo facilita il raggiungimento degli obiettivi predestinati. Esistono due momenti del processo di aiuto: a) Osservazione e analisi da attuarsi durante il primo approccio con la situazione; b) Osservazione e analisi da sviluppare costantemente durante la realizzazione e la sperimentazione del progetto. Una buona osservazione e una adeguata analisi della situazione favoriscono la capacità di identificare la domanda esplicita e di individuare la domanda implicita, ovvero di cogliere i bisogni inespressi del soggetto oltre e sue richieste. La progettazione degli interventi nelle comunità resistenziali di tipo educativo di seconda accoglienza per minori stranieri soli La tipologia di comunità che accoglie i Minori stranieri non accompagnati provenienti dai centri di prima/pronta accoglienza, sono le strutture di seconda accoglienza che offrono un servizio residenziale, che garantiscono un’accoglienza di tipo familiare, una residenza abitabile per i minori, ma allo stesso tempo, sono caratterizzati da un intervento educativo ben preciso, con operatori qualificati, pubblici o privati, dipendenti o in convenzione, laici o religiosi, che esercitano in quel contesto la loro specifica professione. L’équipe si occupa di esaminare le richieste di inserimento dei minori. L’obiettivo è quello di garantire il collocamento del minore in un luogo sicuro, attivando percorsi di inclusione sociale, guidando e accompagnando nella strutturazione di un percorso di crescita dell’identità personale e sociale, cercando di incrementare l’autonomia e la responsabilizzazione. La comunità di accoglienza deve avere i canoni di una civile abitazione, rispettando le normative in materia di sicurezza. Nelle comunità che si occupano di accoglienza prolungata, non risiedono solamente minori fino al diciottesimo anno di età ma, dopo una valutazione da parte del Tribunale dei Minori, che valuterà il percorso di inserimento sociale e lo sviluppo dell’autonomia, esso potrà disporre, a favore del minore, la proroga della sua permanenza in struttura fino al compimento del ventunesimo anno di età. Per quanto accogliente e orientata a spendere al massimo le energie per la crescita dei ragazzi affidati, la comunità non è un ambiente di vita normale per crescere. La comunità di accoglienza, nelle sue varie articolazioni: a dimensione familiare, educativa e casa famiglia, deve rappresentare uno dei nodi della rete di interventi d’azione ed opportunità di crescita per il minore accolto. Queste comunità hanno l’obiettivo di rimuovere ogni forma di istituzionalizzazione che tenderebbe ad isolare i minori dal contesto sociale. L’arrivo in strutture di seconda accoglienza comporta la presa in carico del minore, ovvero la documentazione utile riguardante il minore, che è necessaria per strutturare il Progetto Educativo Individualizzato (P.E.I). Il P.E.I. è lo strumento fondamentale per individuare il giusto percorso da perseguire in comunità, mettendo al centro i bisogni del ragazzo. Nel momento in cui si presenta la richiesta di accoglienza di un minore straniero non accompagnato da parte dei servizi sociali di riferimento, la comunità si riserva la possibilità di valutarne la presa in carico. L’équipe educativa si occupa dell’accoglienza di un nuovo utente in struttura. L’assistente sociale fornisce all’équipe le prime informazioni, così da poter verificare l’idoneità del collocamento; se la struttura viene ritenuta idonea, in concomitanza con i bisogni richiesti, il minore potrà accedervi. Il progetto educativo individualizzato è quello di rendere partecipi tutti i diversi attori coinvolti: l’équipe, i servizi, i minori. Esso è strutturato seguendo un ordine ben preciso: fase di anamnesi e raccolta di informazioni, osservazione sulla situazione del minore in struttura, definizione di obiettivi educativi a breve e medio termine, individuazione di strategie e strumenti per promuoverne il raggiungimento, definizione dei tempi di realizzazione, verifica periodica, definizione di obiettivi a lungo termine. a) Sviluppare l’autoconoscenza personale; b) Promuovere la capacità di analizzare e criticare i vari contesti quotidiani; c) Mettere in relazione la biografia personale, la famiglia, il contesto locale e l’ambiente sociale e culturale globale; d) Contribuire alla revisione riflessiva delle difficoltà personali, creando risorse per gestire meglio i conflitti e i problemi nella vita quotidiana. L’autobiografia consiste nella scrittura di un testo basato su una guida tematica. Le tematiche affrontate, riguardano: la genealogia e l’albero genealogico; il gruppo familiare e le sue dinamiche socio-psico-pedagogiche; il contesto locale, comunitario e culturale; la linea di vita dei percorsi personali, educativi e sociali; lo stemma personale; le narrazioni dell’apprendimento formale e non formale. L’autobiografia si inserisce, infine, in una riflessione interpretativa che consente di approfondire l’approccio sviluppato e di stabile relazioni tra i diversi contenuti lavorativi, l’approccio sviluppato e di stabilire relazioni tra i diversi contenuti lavorativi, per favorire un’articolazione personale e narrativa. Il Portofolio europeo delle lingue (PEL) propone un approccio di lavoro incentrato su un passaporto linguistico, un dossier e una biografia linguistica, descrivendo in dettaglio “le conoscenze acquisite in lingue specifiche, ma anche durante varie esperienze all’estero”. Genealogia e famiglia Il lavoro biografico sulla famiglia inizia con l’esplorazione delle radici familiari. L’analisi della genealogia familiare permette di collocare la storia personale in un contesto più ampio. Sono proposte due dimensioni di analisi: 1) Dimensione dell’evoluzione sociale e culturale delle ultime generazioni grazie al confronto diacronico e sincronico si ricercano delle differenze in diverse dimensioni: generazionale, sociale, economica, culturale, assiologica ed educativa. 2) Dimensione analitica, che si riferisce al contesto dell’autobiografo, attraverso l’evocazione basata sulle narrazioni orali e scritte dall’esperienza vissuta. L’albero genealogico è costituito da una rappresentazione grafica delle radici familiari, con informazioni provenienti dal contesto paterno e materno, inserite nel loro contesto economico e socioculturale. La linea di vita La linea di vita è una rappresentazione cronologica dei principali eventi della vita di una persona, attraverso un asse temporale che si sviluppa tra la nascita e il momento presente. Stemma personale Lo scudo o stemma è una rappresentazione simbolica dell’identità personale, centrata su quattro elementi: a) Un importante ricordo dell’infanzia; b) Un desiderio per il futuro; c) Attività ricreative; d) Una qualità di sé. Lo stemma promuove il lavoro e la libertà con cui si lavora sull’identità. Lavoro biografico con gli oggetti È possibile lavorare su oggetti biografici chiedendo agli adulti o ai giovani in formazione di scegliere in totale libertà cinque oggetti importanti o significativi della loro vita, scrivendo per ogni oggetto una riflessione sulla scelta dell’oggetto e che cosa significa per l’individuo in questione. Musica e canzoni I partecipanti fanno una selezione personale di canzoni e musica preferita nel corso della loro vita. Il commento ai testi delle canzoni, ai simboli, alle esperienze o ai momenti vissuti, offre un’autentica apertura agli ambiti personali e culturali. Fotografie e fotolinguaggio Le fotografie sono documenti decisivi per le storie di vita. La tecnologia digitale facilita la revisione, l’ordinazione e la riproduzione delle immagini. Teatro-narrazione Il teatro-narrazione, progettato e adattato in Germania da D. Feldhendler del Play-back Theatre fondato di Jonathan Fox, è un approccio di espressione creativa e di innovazione pedagogica usato nello sviluppo della comunità, nell’educazione degli adulti, nell’insegnamento delle lingue, negli scambi internazionali, nei progetti di ricerca-azione-formazione, nella formazione iniziale degli studenti e nella formazione di educatori e mediatori. Con il teatro-narrazione si realizza la rappresentazione scenica dei frammenti di vita. Da un punto di vista più generale, si propone l’esplorazione, scritta e teatrale di alcune questioni legate all’esperienza delle mobilità attuali, come: lasciare la patria, viaggiare e arrivare soli, vivere all’estero, essere accolti bene o male, ecc. Maschere Fare e indossare maschere ha a che fare con conoscenze culturali e tecniche artigianali. Le maschere aiutano a sviluppare la coscienza autobiografica e interculturale. Metodologie narrative. L’intervista biografica con i minori stranieri: processo e metodo L’approccio narrativo si riferisce alla storia si vita. Nell’approccio narrativo, la realtà è intesa come qualcosa di costruito, fluido e dipendente dalle persone è portata in primo piano. Il rapporto interpersonale tra intervistatori e intervistato è di grande rilevanza. L’identità è costruita attraverso le narrazioni. L’analisi biografica permette di esplorare i diversi discorsi e le diverse strutture di significato e i modelli di credenze culturalmente stabili da cui il soggetto trae l’ordine di costruire la sua identità narrativa. Il lavoro sulla migrazione e sulle identità sociali valorizza l’esperienza e l’agenzia di individui e piccoli gruppi, prestando attenzione al rapporto tra locale e globale. Le narrazioni sull’apprendimento e l’identità, sviluppate nella prospettiva dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e dell’analisi del discorso, si chiedono come i cambiamenti e le contraddizioni strutturali siano riconosciuti soggettivamente dagli individui e come influenzino la vita quotidiana, il lavoro e la formazione. L’informazione ottenuta aiuta a costruire un quadro ampio e globale delle grandi dimensioni personali, familiari, sociali, culturali, educative, civiche e del lavoro che ci permette di comprendere e spiegare meglio il fenomeno migratorio in generale, e in più in particolare l’itinerario de minori e dei giovani di origine immigrata. La ricerca narrativa favorisce una profonda comprensione delle diverse dimensioni della cultura, tra cui: la lingua; i modi di gestire il tempo e lo spazio; le relazioni interpersonali, familiari e comunitarie. Gli obiettivi che possono essere perseguiti nella ricerca narrativa con i minori immigrati sono vari. Tra i più comuni: • Indagare sulla situazione personale, familiare, educativa e sociale dei minori nei loro paesi d’origine. • Esplorare le motivazioni del progetto migratorio e lo shock culturale derivante dall’acculturazione nella società di accoglienza. • Studiare le caratteristiche personali di questi giovani nel quadro della società d’accoglienza, come punto di partenza per rafforzare la formazione della personalità e un’adeguata integrazione sociale, culturale e lavorativa. • Studiare l’identità culturale dei minori. • Analizzare come i minori percepiscono il lavoro dei professionisti e dei volontari che lavorano con loro. • Comprendere le principali sfide, conflitti e difficoltà affrontate dai minori nella sfera educativa e quotidiana. L’inquadramento abituale dell’intervista biografica consiste in una proposta o domanda iniziale aperta, da parte dell’intervistatore, per il soggetto di raccontare la sua storia di vita in riferimento ad un quadro generale o in relazione ad una dimensione specifica (questo formato dell’intervista consente all’intervistato una grande libertà di strutturare il proprio discorso). In questa fase viene elaborato anche il protocollo o la guida del colloquio. Vengono esplorati, i seguenti temi: • Il profilo dei minori (età, studi compiuti, esperienza lavorativa, data di arrivo in Europa). • Famiglia, gruppo di pari e situazione personale nel paese d’origine. • Il progetto migratorio. • Arrivo al centro dei minori o alla casa-famiglia, ammissione e situazione attuale. • Dinamiche del centro educativo, relazioni con gli educatori e conoscenza dei servizi e delle risorse di rapporto. • Valutazione globale e aspettative future. Il colloquio dovrebbe essere condotto nella lingua madre del minore immigrato. L’intervistatore idealmente dovrebbe essere un interlocutore competente nella lingua del minore e avere esperienza e formazione interculturale. Il colloquio dovrebbe poi essere trascritto in italiano (o nella lingua di lavoro del team di ricerca). L’intervistatore, oltre ad avere le competenze professionali, deve essere in grado di apparire come un ascoltatore non minaccioso, comprensivo ed empatico. La fase iniziale dell’intervista è fondamentale per facilitare il processo di fiducia e apertura che permetterà al soggetto di esprimersi liberamente e in profondità. Altri fattori che possono influenzare il processo di fiducia sono: sesso, età, livello di istruzione, iscrizione linguistica, classe sociale, valori, estetica fisica e abbigliamento dell’interlocutore e dell’informatore. Il discorso orale è un discorso primario, naturale, informale, ancorato al contesto e dialogico. Infine si ha la trascrizione che deve essere effettuata nella sua interezza e in modo fedele all’originale orale, loro interno diverse tipologie di migranti: i CPSA (centri di primo soccorso e accoglienza), i CDA, (centri di accoglienza), i CARA (centri di accoglienza per richiedenti asilo), e i CIE (centro identificazione ed espulsione). Invece lo SPRAR, è un sistema di protezione che collabora con il terzo settore, e che promuove progetti a favore dell’integrazione sociale di soggetti beneficiari. Il ministro dell’interno definisce i CPSA, centri che accolgono gli stranieri al momento del loro arrivo in Italia. Qui i migranti ricevono le prime cure mediche necessarie, vengono foto-segnalati, possono richiedere la protezione internazionale. Infatti, questi centri sono definiti come centri di transito, in quanto forniscono un primo soccorso, una veloce assistenza ai migranti appena arrivati. I CARA nascono come gli unici centri inseriti in maniera organica nel sistema di accoglienza rivolti ai richiedenti asilo e rifugiati. Al termine dell’iter il migrante può ottenere lo status di rifugiato, altre forme di protezione, un permesso di soggiorno per richiesta di asilo con validità semestrale rinnovabile fino alla decisione sulla domanda, oppure può ricevere il diniego avendo la possibilità di fare ricorso. Durante la permanenza, i CARA sono obbligati a offrire ai migranti l’alloggio, i pasti, l’assistenza legale e sanitaria e i servizi di mediazione e psico-sociali. La permanenza presso i CARA è prevista per la durata massima di 20 giorni, tempo sufficientemente necessario ai fini del completamento del processo di riconoscimento ma, nei tempi dilatati delle Commissioni territoriali nel prendere una decisione a proposito dello status del migrante finiscono per allungare questo procedimento. Lo SPRAR è un sistema che determina la seconda accoglienza ed è composto da una rete strutturale di enti locali che accedono al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. Nello specifico, gli enti che decidono di aderire ai progetti SPRAR fanno domanda per accedere ai fondi ministeriali attraverso un avviso pubblico. A questo punto, se il Ministero dell’Interno valuta positivamente la domanda, l’ente locale riceve un finanziamento di tre anni per l’attivazione sul suo territorio di un progetto SPRAR. Così l’ente pubblica una gara d’appalto per assegnare a un gestore non profit il finanziamento ricevuto. Questi enti gestori si attivano nell’individuare sul territorio alloggi o centri collettivi di piccoli, medi o grandi dimensioni, da destinare ad attività con richiedenti, rifugiati e titolari di protezione sussidiaria o umanitaria. Durante il breve periodo di accoglienza dei beneficiari lo SPRAR deve essere in grado di intervenire per dotare i beneficiari di strumenti che possano consentire loro di agire autonomamente, una volta usciti dai programmi di assistenza. I minori stranieri non accompagnati I minori stranieri non accompagnati (MNSA) rappresentano una parte della popolazione giovanile che abbandona la propria terra di origine per raggiungere paesi stranieri a causa di differenti fattori. Il tema dei minori soli rappresenta un fenomeno che interessa tutti i paesi, da non sottovalutare e da porre per questo al centro dell’azione da raccontare e bisogni specifici da soddisfare, ma soprattutto con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle proprie famiglie e le loro. Le tipologie di minori stranieri non accompagnati che si possono trovare nel territorio italiano sono molteplici: minori stranieri richiedenti asilo, coloro che richiedono una protezione internazionale temporanea per motivi umanitari; minori non accompagnati in modo parziale; minori non accompagnati sfruttati da organizzazioni criminali e vittime di tratta arruolati da organizzazioni malavitose e minori stranieri non accompagnati che raggiungono l’Italia in maniera illegale o con uno specifico progetto migratorio economico. I minori che arrivano nel territorio italiano vengono accolti inizialmente in centri di prima accoglienza, dove prende inizio la loro esperienza di migranti, con l’avviamento delle indispensabili pratiche legali per l’accoglienza in base alle normative vigenti. La prima difficoltà in cui si imbattono è riconducibile alla nascita di una doppia identità derivante dalla commistione e lontananza della cultura di origine e di quella del paese di accoglienza. Un’altra fatica riguarda il dover ricominciare da capo, nella costruzione della propria identità. La migrazione in adolescenza rappresenta un’esperienza fortissima che porta con sé sfide, opportunità, fatiche, da non sottovalutare, perché segna l’inizio di un nuovo capitolo nella storia del minore. La durata massima del tempo di identificazione è di 5 giorni dal momento dell’intercettamento da parte delle autorità competenti, mentre è di 30 giorni la durata di permanenza di un minore straniero non accompagnato nei centri di prima accoglienza. L’identità di un minore straniero non accompagnato deve essere accertata dalle autorità di pubblica sicurezza dopo aver garantito al minore immediata accoglienza. In caso di dubbi sull’età dichiarata dal minore, le autorità hanno il diritto di continuare con gli accertamenti attraverso un documento anagrafico. I minori stranieri non accompagnati sono in continuo aumento: le presenze rappresentano nel 2017 il 40% in più rispetto allo stesso periodo di rilevazione dell’anno 2016, come confermano i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 30/09/2017. 4. Nel mondo dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, diritti, professionisti e comunità Pluriversus di culture, universus accogliente Oltre i varchi dei confini terrestri, il Mediterraneo è la principale porta d’accesso che traghetta l’umanità in movimento verso nuove dimensioni e progetti esistenziali. Le radici storico-culturali dell’Europa affondano in un pot-pourri che intreccia l’humus greco-romano dentro una cornice valoriale costruita dai principi occidentalizzati della cristianità, della democrazia e dell’unione dei popoli; tali radici sono ancora presenti nei contesti ad alta eterogeneità come quelli europei contemporanei. Il tema dell’accoglienza si inserisce bene in questo discorso perché trasuda delle esperienze tramandata dalle fonti sacre, letterarie, ufficiali, iconografiche ed epigrafiche intrise sia di riferimenti all’ospitalità domestica che all’ospitalità ufficiale. La xenia riassume il concetto stesso di ospitalità greca: mutuale, reciproca e assistenzialistica. Esistono testimonianze letterarie già nella prima metà del V sec. a. C. nelle quali è attestato il rito dell’accoglienza per cui il padrone di casa offre vitto e alloggio. La xenia si configurava come cerimoniale sacro i cui passaggi di base erano costituiti da elementi fissi e ricorrenti fra cui il banchetto, i doni di commiato e la fornitura dei viveri per il viaggio; e accessori come il rito del lavacro e l’accompagnamento per mano dell’ospite. Lo xenos è un ospite sacro, straniero di origine greca e chi offende o non tratta con benevolenza lo straniero-ospite commette un crimine punito dagli dèi perché non rispetta la legge dell’ospitalità. Lo straniero è, quindi, il forestiero ma non il nemico. Il termine barbaros implica una plurima estraneità: inferiore per virtù e per educazione al cittadino greco. Minori in transito fra direttive europee e disposizioni italiane I minori immigrati sono migranti di mezzo, a metà fra bambini e adulti. La visione olistica proposta dalla Carta dei Diritti del fanciullo dell’Onu definisce la persona minore soggetto di diritti e non più oggetto di bisogni, nella convinzione che per favorire lo sviluppo sostenibile sia necessario investire soprattutto nelle nuove generazioni. Questa sensibilità focalizza l’interesse superiore dell’adolescente nel principio della non discriminazione, del diritto alla vita, allo sviluppo, alle pari opportunità e alla partecipazione attiva. In Italia, la migrazione di giovani non ancora maggiorenni che intraprendono il viaggio senza un genitore o familiare al seguito è cresciuta in maniera repentina nel corso dell’ultimo quindicennio contestualmente all’intensificazione dei movimenti migratori globali. L’unione europea ha mostrato di dedicare una grande attenzione al tema dell’accoglienza e della protezione dei minori stranieri non accompagnati, redigendo un Piano d’azione nel 2010 che combinava misure di prevenzione, protezione e assistenza al rimpatrio per raggiungere “soluzioni durature nell’interesse superiore del minore e la cooperazione con i Paesi terzi”. Inizialmente le disposizioni garantivano la presenza di un rappresentante che facesse le veci del minore all’atto della sua identificazione soltanto nel caso in cui il giovane fosse un richiedente asilo. Al contrario, i minori solo appena identificati venivano informati sui loro diritti e sull’accesso ai meccanismi di controllo e ricorso. Il 12 aprile 2017 la Commissione ha pubblicato le azioni prioritarie volte a rafforzare la protezione dei bambini migranti in tutte le fasi del processo migratorio: - Identificazione rapida all’arrivo del minore e attivazione di un’azione protettiva; - Ricezione e accoglienza; - Determinazione dello status e tutela efficace. È stato chiesto di rafforzare il ruolo dei tutori dei minori non accompagnati e la Commissione intende istituire una rete europea di tutela per lo scambio di buone pratiche; - Soluzioni durature e misure di integrazione tempestiva; - Affrontare le cause profonde della migrazione e proteggere i bambini lungo le rotte migratorie al di fuori dell’UE. La questione della protezione internazionale rappresenta un dato oggettivo significativo se si considera che, soltanto negli anni 2015 e 2016, il 30% delle richieste di asilo è partita da minori migranti, obbligando tutti i paesi- quelli di partenza, quelli di attraversamento, quelli di arrivo- ad agire con maggiore efficacia in termini di monitoraggio, protezione e salvaguardia dei diritti garantiti dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia. Nel 2017 hanno raggiunto l’Italia 15.779 bambini non accompagnati e separati che rappresentano il 13% di tutti gli arrivi via mare. I minori, in particolare quelli stranieri non accompagnati, sono riconosciuti come categoria particolarmente vulnerabile al fenomeno degli abusi: sono infatti fortemente presenti nei flussi migratori verso l’Europa e l’Italia e, una volta entrati in contatto con i traffickers (che organizzano i viaggi e le rotte), sono facilmente adescati nei circuiti dello sfruttamento. La filiera dell’accoglienza in Italia: fasi e processi L’Intesa del 2014 ha portato all’elaborazione di un nuovo piano organizzativo, procedurale, omogeneo e strutturale dei flussi umani. L’Italia si è impegnata a riformare il sistema di accoglienza e asilo per adulti e minori e dare una risposta immediata e urgente per fornire il territorio delle strutture ricettive atte ad accogliere il numero crescente di arrivi via mare e lungo i confini. Sono state organizzate tre fasi: - Soccorso e prima assistenza; - Prima accoglienza; - Seconda accoglienza. numero di immigrati arrivati irregolarmente, solo dopo l'Italia. Di conseguenza, sta crescendo anche il numero di immigrati minorenni in arrivo in Spagna. Secondo quanto riportato dall'associazione Save the Children, nel settembre 2017 vi erano in Spagna 5.380 bambini e bambine sotto la tutela pubblica delle regioni spagnole. Sappiamo che questa problematica ha una portata europea. Nel caso della Spagna, solo di recente sono stati pubblicati lavori di ricerca sui minori migranti singoli, i loro profili e le loro esigenze di formazione e di integrazione sociale e lavorativa. Fu proprio alla fine degli anni novanta che cominciammo ad assistere "ad una transizione dalla figura del ‘educatore specializzato' a quella dell'educatore di strada o dell'educatore familiare, per giungere infine al consolidamento della figura professionale dell'educatore sociale". La concretizzazione della figura di "educatore o mediatore interculturale" non appare come tale fino al 2007, con il coronamento del profilo di "mediatore comunitario" al catalogo di formazione riconosciuto dall'Istituto nazionale delle qualifiche. Formazione e professionalizzazione degli educatori dei minori e dei giovani immigrati: evoluzione e situazione attuale. Le figure professionali e mediatori interculturali nascono in un contesto determinato e prendono le caratteristiche di diverse occupazioni della sfera sociale, comprese le figure professionali del pedagogo, dell'educatore degli adulti, dell'assistente sociale e dell'educatore sociale. In particolare, Richarte Vidal e Die Olmos proporre una divisione per tappe dell'evoluzione di questa figura all'interno della Spagna: - Una prima tappa di origine o genesi tra il 1994 e il 1997. In questi anni non si avverte il bisogno degli educatori e dei mediatori per l'intera popolazione e per l'intera società, che vi siano o meno immigrati. - Una seconda fase di sviluppo tra il 1998 e il 2002. In questa seconda fase si è ampliato il numero di progetti e servizi, è cresciuto il numero e la qualità dei corsi, sono stati pubblicati i primi libri. - Una terza fase di espansione tra il 2003 e il presente. In questa fase c'è un forte e accelerato ampliamento, espansione, crescita e intensificazione delle attrezzature e delle entità incorporate nel lavoro con le comunità immigrate realizzato dalla mano di educatori e mediatori. Una delle questioni più frequenti nelle discussioni sulla formazione di educatori e mediatori interculturali è il collegamento con il settore del volontariato. Le prime esperienze di formazione di educatori e mediatori sono basate sul l'esperienza e sul lavoro sul campo. Non è quindi strano che inizialmente ci troviamo di fronte a offerte formative non universitarie, che non approfondiscono tanto la riflessione teorica quanto il "saper fare". Nel 2007 il governo spagnolo istituisce un corso di formazione professionale specifico "mediazione comunitaria", una qualificazione formale. Nel profilo formativo e professionale degli educatori e mediatori interculturali, sottolineiamo i seguenti compiti relativi all'accompagnamento e all'inclusione sociale dei minori e dei giovani di origine immigrata, che rivelano una serie di funzioni specifiche di queste nuove figure professionali: accompagnamento nelle prime fasi dell'insediamento in Spagna; apprendimento dello spagnolo; formazione sociale e cittadina; scolarizzazione e integrazione educativa bambini, minori e giovani immigrati. I compiti e le funzioni più importanti degli educatori sociali e interculturali sono: a. l'intervento socioeducativo con minori immigrati, la prevenzione dei conflitti attraverso il lavoro sulla riduzione dei pregiudizi e degli stereotipi. b. l'accompagnamento, la consulenza e la mediazione con le famiglie. c. sostegno al gruppo direttivo del l'istituto. d. Sostegno al team di tutori. e. coordinamento con i servizi sociali e con enti analoghi. Gli educatori di origine immigrata possono servire da referente ai minori come aiuto fondamentale ai loro compagni educatori e mediatori spagnoli per capire quell'altro mondo così complesso dell'altro. Se il gruppo è pluriculturale, si adattano meglio ad un'esperienza multiculturale che caratterizza questi minori e giovani. Offerta di formazione universitaria post-laurea per educatori e mediatori interculturali. L'accelerazione del cambiamento, l'aumento della diversità e l'afflusso massiccio di immigrati hanno reso necessario migliorare l'offerta formativa sugli educatori in contesti di diversità e di migrazioni, per garantire una formazione di qualità dei professionisti che possano essere adeguatamente realizzati nei nuovi contesti creati da una società multiculturale, pluralista e diversificata. Questa offerta di post-laurea contribuisce alla formazione di un personale altamente qualificato, che contribuirà, nel corso dei prossimi anni, alla professionalizzazione degli educatori e mediatori interculturali. Formazione degli educatori dei minori e apprendimento interculturale in rete: un corso online collaborativo tra il terzo settore e l'università Questo corso online mira ad avvicinare questa realtà dei minori che viaggiano da soli e come possiamo prevedere un adeguato intervento socio-educativo da parte dei gruppi che lavorano nel campo dei minori, nei dispositivi di intervento in ambiente aperto e in contesti di accompagnamento all'integrazione educativa e sociale di questi minori. Il corso è nato al concorso accademico 2011-2012, frutto della collaborazione tra l'Università di Siviglia e l'associazione di cui sopra. Il corso ha avuto una durata di 4 mesi e si compone di 15 crediti. Il corso mira ad andare oltre l'accademico, mettendo insieme esperti universitari e educatori sociali e formazioni interculturali. Tra gli obiettivi figurano: a) conoscere la cultura d'origine; b) analizzare, approfondire e progettare la struttura del l'équipe educativa; c) realizzare un progetto di intervento con giovani. Il corso comprendeva i seguenti moduli: Modulo 1: migrazione e diversità interculturale. Modulo 2: minori non accompagnati. Modulo 3: intervento nei centri di assistenza per minori e stranieri. Modulo 4: intervento nei centri di assistenza per minori e stranieri. Modulo 5: Progetto di intervento con minori e giovani non accompagnati. Lavoriamo con un collettivo sociale, i minori migranti. Pensiamo che la formazione online potrebbe soddisfare molti dei nostri obiettivi: • consentire la formazione congiunta di tali squadre multidisciplinari. Poiché i professionisti dei centri residenziali per minori lavorano a turni. • consentire lo scambio di esperienze tra professionisti che operano in diverse associazioni, nella pubblica amministrazione e in diverse regioni e in diverse proposte di lavoro. Abbiamo anche l'aspettativa di poter scambiare esperienze con persone provenienti da altri paesi europei, con studenti provenienti dal Belgio e dall'Italia che hanno potuto condividere queste situazioni in altri paesi dell'Unione europea. • Un'altra delle nostre sfide era quella di coinvolgere persone di culture diverse, e non solo europei. • Un'altra delle finalità della formazione era quella di creare reti di lavoro che poi perdurassero nel tempo. L'obiettivo fondamentale della formazione è nei formandi stessi. Abbiamo formato persone che poi si occupavano di persone. Il team educativo non è un trasmettitore di contenuti, ma un generatore di processi di vita e di apprendimento. le équipe educative devono saper rispondere a queste realtà di vita tra culture che hanno i minori. La formazione diventa un campo di riflessione sulle esperienze personali. In questo senso, la formazione diventa una rete di lavoro in comune e contrasto di esperienze. Tra il design di questa formazione e le prospettive per il futuro ci sono: • I processi formativi devono essere progettati come processi di trasformazione. • Formazione di professionisti • Il coinvolgimento delle entità e del l'amministrazione è coordinato. • L'obiettivo è quello di consentire la creazione di reti di lavoro, sostegno e riflessione al di là del corso. Corso di presenza di breve durata: minori e giovani di origine immigrata. Chi sono e come lavorare con loro? Per questa formazione sono già passate circa 120 persone. Questo corso è certificato dall'Università di Siviglia. Gli obiettivi del corso sono: • conoscere la cultura d'origine, il percorso migratorio e l'adattamento alla società di accoglienza dei giovani di origine migrante che vivono in Spagna. • valutare gli elementi che incidono sulla costruzione dell'identità dei minori e dei giovani che sono venuti. • In base al l'esperienza professionale, è opportuno che i bambini e i giovani di origine migrante assumano modelli di intervento. Nel corso vogliamo dare una panoramica della gioventù di origine immigrata, sia di coloro che migrano da soli che di coloro che lo fanno con le loro famiglie. L'idea è partire dall'interno della propria persona, condividendo la propria esperienza. il profilo dei partecipanti a questa formazione è molto vario (da persone universitarie a persone di 50 anni).
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