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Riassunto libro Sabbatucci-Vidotto "Storia Contemporanea - Il Novecento", Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Riassunto completo del manuale di storia contemporanea di Sabbatucci dalla prima guerra mondiale ai giorni nostri

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015

Caricato il 18/07/2015

ginabaggins
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Scarica Riassunto libro Sabbatucci-Vidotto "Storia Contemporanea - Il Novecento" e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! CAPITOLO 1. LA PRIMA GUERRA MONDIALE Dall’attentato di Sarajevo alla guerra europea Il 28 giugno 1914 uno studente bosniaco uccide l’arciduca ed erede al trono d’Austria Francesco Ferdinando a Sarajevo. L’attentatore faceva parte di un gruppo irredentista che aveva la sua base operativa in Serbia. La reazione dell’Austria fu subito molto dura. 1. Situazione europea: le tensioni erano palpabili nel secondo decennio del ‘900. Le maggiori potenze si contrapponevano in due blocchi: Austria e Germania da una parte, Francia, Inghilterra e Russia dall’altra. Queste premesse, però, non necessariamente sarebbero sfociate in un conflitto senza l’attentato di Sarajevo. 2. Austria: il 23 luglio invia un durissimo ultimatum alla Serbia che viene accettato solo in parte perché la Russia da subito si schiera al fianco del suo alleato nei Balcani. Il 28 luglio l’Austria dichiara guerra alla Serbia. 3. 29 luglio: la Russia comincia la mobilitazione delle sue forze armate sull’intero confine occidentale per prevenire un attacco tedesco. 4. Germania: intima la Russia a sospendere ogni operazione militare con un ultimatum inviato il 31 luglio ---> la Germania dichiara guerra il 1 agosto. La Francia, legata alla Russia da un trattato di alleanza militare, mobilita le proprie forze militari e la Germania le dichiara guerra il 3 agosto. La Germania, con il suo appoggio incondizionato all’Austria, fa dunque precipitare gli eventi. Il suo intervento così deciso si spiega per una serie di ragioni: 1. Complesso di accerchiamento: la Germania si sente accerchiata dalle altre forze europee che le impediscono le ambizioni internazionali 2. Piano Schlieffen: la Germania è convinta di poter risolvere il conflitto in poche settimane. In particolare il piano messo a punto dal capo di stato maggiore prevede un primo massiccio attacco contro la Francia, che andava messa fuori combattimento, attraversando il Belgio neutrale. Successivamente si potevano concentrare le forze sul fronte orientale dove la Russia era più forte ma anche più lenta della Francia. Una mossa a sorpresa che avrebbe permesso all’esercito tedesco di penetrare a fondo nel territorio francese per arrivare direttamente a Parigi. 3. L’invasione del Belgio (4 agosto): i tedeschi invadono il Belgio per attaccare la Francia da nord-est ---> violazione della neutralità belga e intervento inglese nel conflitto. La Gran Bretagna decide di entrare in guerra (5 agosto) perché non poteva permettere che la Germania avesse uno sbocco vicino alla Manica. Ci fu un forte richiamo al patriottismo e in particolare la classe politica favorì la partecipazione degli eserciti nazionali al conflitto, convinta che in questo modo si potevano soffocare i conflitti sociali rafforzando il potere stesso. Anche i socialisti tedeschi, francesi ed inglesi appoggiarono le posizioni interventiste, venendo meno agli ideali della Seconda Internazionale che di fatto cessò di esistere con i suoi ideali di fratellanza tra i proletari di tutto il mondo. Dalla guerra di movimento alla guerra di usura La leva obbligatoria e le accresciute possibilità di mezzi di trasporto consentirono agli eserciti belligeranti di poter schierare un numero di uomini impressionante. Erano anche eserciti meglio equipaggiati rispetto quelli precedenti: 1. Nuove armi: tutti disponevano di fucili a ripetizione e di mitragliatrici automatiche 2. Vecchie strategie: nonostante i progressi militari nessuno stato maggiore aveva cambiato le proprie strategie che erano di fatto uguali a quelle dell’800, ovvero una guerra di movimento basata sull’ingente spostamento di uomini in pochi scontri decisivi (tutti erano convinti che si sarebbe trattata di una guerra dalla durata di poche settimane). Nei primi mesi di conflitto la Germania ottenne una serie di vittorie: 1. Marna: nelle ultime settimane di agosto le truppe del Reich penetrarono a fondo in Francia arrivando fino al fiume Marna, a pochi chilometri da Parigi. Il 6 settembre, però, i francesi lanciarono un attacco a sorpresa e dopo una settimana di combattimenti l’esercito tedesco fu costretto ad arretrare (Aisne e Somme) vanificando gli iniziali successi. 2. Tannenberg e Laghi Masuri: sono le due principali battaglie sul fronte orientale dove i tedeschi riuscirono a respingere gli attacchi russi. In breve tempo la guerra da movimento divenne una guerra di usura: ovunque i fronti erano praticamente immobili. Intanto molte potenze minori decidono di entrare in guerra: 1. Giappone contro la Germania (agosto 1914) per impadronirsi di possedimenti tedeschi in Estremo Oriente; 2. Turchia a fianco degli Imperi Centrali (novembre 1914); 3. Italia, inizialmente neutrale, si allea con l’Intesa (maggio 1915); 4. Bulgaria affianca gli Imperi centrali (settembre 1915); colti di sorpresa, riescono a respingere l’offensiva nei pressi di Asiago. Ma il contraccolpo psicologico è forte: Salandra è costretto alle dimissioni e viene sostituito da un ministero di coalizione nazionale (tutte le forze politiche tranne i socialisti) con a capo Boselli. 4. Fronte orientale: qui si conseguono i più importanti successi militari per la Germania. Nell’estate del 1915 i Russi vengono scacciati dalla Polonia; in autunno l’Austria attacca la Serbia; fra la primavera e l’estate del ’15 gli inglesi organizzano una spedizione navale contro lo stretto dei Dardanelli ma vengono sconfitti dall’impero ottomano; nel giugno del ‘16 la Russia attacca l’Austria approfittando della guerra in Italia. Anche la Romania si schiera con l’Intesa, ma in ottobre gli austro-tedeschi contrattaccano e la Romania subisce la stessa sorte della Serbia. 5. Jutland: gli Imperi centrali risultavano comunque inferiori all’Intesa per risorse economiche potenziale umano: gli inglesi avevano imposto un blocco navale nel Mare del Nord. Per forzarlo la Germania attacca con la sua flotta nei pressi della penisola dello Jutland. Le perdite però sono ingenti ed alla fine si rinuncia a successive battaglie in mare aperto. La guerra nelle trincee La vera protagonista della guerra diventa la trincea, la più rudimentale delle forme di difesa. È una buca che mette al riparo i soldati dai proiettili nemici. Concepite inizialmente come rifugi provvisori diventano la sede permanente dei reparti di prima linea. 1. Vita nelle trincee: la vita è monotona e rischiosa. Le pessime condizioni igieniche getta nello sconforto fisico e mentale i soldati. Si usciva dalle trincee solo per pericolose esplorazioni notturne e per gli attacchi spesso praticamente suicidi 2. Conseguenze: pochi mesi nelle trincee bastarono a fiaccare il fisico e la mente dei soldati. I militari semplici continuavano a combattere per un senso di solidarietà verso il collega ed i capi militari e la guerra era vista come un flagello da sopportare. Non mancano episodi di ammutinamento, soprattutto individuali, e di automutilazione. La nuova tecnologia militare La prima guerra mondiale è anche l’utilizzo sistematico e massiccio di nuovi strumenti bellici resi possibili dai progressi della scienza: 1. Armi chimiche: utilizzate per la prima volta dai tedeschi nel 1915, furono presto adottate dagli altri eserciti. Erano per lo più gas asfissianti la cui micidiale potenza venne annullata con l’utilizzo delle maschere antigas. 2. Telecomunicazioni e mezzi motorizzati: la radiofonia rende possibile le comunicazioni anche a grandi distanze e l’utilizzo di mezzi motorizzati facilita la spostamento delle truppe anche sulle grandi distanze. 3. Aviazione: comincia una massiccia produzione di aerei che però risultano ancora inaffidabili durante le azioni di guerra. Sono usati soprattutto per la ricognizione 4. Carro armato: i primi mezzi blindati possono andare solo su strada. Quando i cingoli sostituiscono le ruote cominciano ad essere utilizzati anche in guerra. Sono soprattutto gli inglesi, a partire dal 1916, ad utilizzarli con discreto successo. 5. Sottomarino: utilizzato soprattutto dai tedeschi per attaccare sia le navi nemiche che le navi mercantili. Un suo uso indiscriminato viene limitato dopo l’affondamento di una nave commerciale inglese (Lusitania), nel maggio ’15, che trasportava armi americane destinate all’Inghilterra (gli Usa convincono i tedeschi a sospendere la guerra sottomarina). La mobilitazione totale e il fronte interno Anche la popolazione civile, in diversi modi, è stata coinvolta nel conflitto: 1. Popolazioni abitanti nei pressi del fronte 2. Popolazioni che si trovano nei territori di nuova occupazione 3. Persone all’estero che con lo scoppio della guerra sono considerate nemici 4. Minoranze etniche con aspirazioni indipendentiste che vengono spesso accusate di essere alleate con il nemico. Esemplare è il caso degli armeni (abitanti del Caucaso, divisa fra Impero ottomano e russo) che, nel 1915, durante il conflitto tra Turchia e Russia vengono deportati in massa e sterminati. La guerra produce anche una serie di cambiamenti all’interno dei paesi belligeranti: 1. Economia: il settore industriale è chiamato ad alimentare la macchina bellica. Le industrie interessate alle forniture belliche, come quelle siderurgiche, meccaniche e chimiche, conobbero un forte sviluppo. Organizzazione dell’apparato produttivo e dilatazione dell’intervento statale: interi settori industriali passarono sotto il controllo dei poteri pubblici che distribuivano le materie prime a seconda delle necessità prima di tutto belliche 2. Agricoltura: anche questo settore passò spesso sotto il controllo statale con prezzi controllati e razionamenti di beni di consumo di prima necessità (in Germania si parla di socialismo di guerra) 3. Burocrazia: ovunque i governi belligeranti aumentarono la macchina burocratica per far fronte a tutte le emergenze. 4. Militari: in un periodo di guerra lo stato maggiore ha un potere enorme che finisce anche per condizionare la politica. 5. Propaganda: comincia a rivolgersi non solo alle truppe ma anche alla popolazione civile. Ecco allora manifesti murali, manifestazioni di solidarietà verso i combattenti, nascita di comitati per condizionare l’opinione pubblica. 6. Partiti socialisti: si organizzano in due conferenze in Svizzera nel 1915 e nel 1916 (Zimmerwald e Kienthal). Sono due conferenze internazionali che si concludono con l’approvazione di un documento che riafferma la condanna ferma della guerra e si chiede una pace “senza annessioni e senza indennità”. Ma il fronte socialista non è così compatto: 1) pacifismo delle sinistre riformiste: pace negoziata e ritorno alla democrazia 2) disfattismo rivoluzionario dei gruppi radicali (“spartachisti” tedeschi e soprattutto i bolscevichi russi): sostengono che il movimento operaio deve approfittare della guerra per dare una spallata decisiva ai regimi capitalistici. La svolta del 1917 Il 1917 è considerato un anno di svolta per il futuro del primo conflitto mondiale. Una serie di eventi cambiano il corso della storia: 1. Russia: nel marzo del 1917 (febbraio secondo il calendario russo) uno sciopero degli operai di Pietrogrado si trasforma in una protesta contro il regime zarista. La situazione precipita quando i soldati chiamati a ristabilire l’ordine non sparano ed anzi fraternizzano con la folla. Lo zar abdica il 15 marzo e poco dopo viene arrestato con tutta la famiglia reale. È l’inizio della disgregazione dell’esercito: molti reparti non riconoscono i nuovi organi governativi e molti soldati semplici ritornano alle loro terre per partecipare alla spartizione dei terreni. Una offensiva lanciata contro gli austro-tedeschi in Galizia si trasforma in un completo fallimento. La Russia abbandona così la guerra. La Germania 1. Francia: la Germania sposta gran parte delle truppe sul fronte occidentale e negli ultimi giorni di marzo sfondano il fronte francese arrivando ai primi di giugno nei pressi della Marna. A luglio un ultimo attacco sulla Marna fu bloccato dagli anglo-francesi supportati dagli americani. La battaglia si fa cruenta e i tedeschi cominciano a mostrare segni di cedimento 2. Italia: a giugno l’Austria tenta di sfondare il fronte italiano sul Piave. Dopo una battaglia di violenti scontri gli austriaci sono costretti ad abbandonare questo proposito. Il 24 ottobre, approfittando della disfatta anche territoriale dell’Impero, gli italiani lanciano una offensiva sul Piave. Dopo la decisiva battaglia di Vittorio Veneto viene firmata la pace a Villa Giusti nei pressi di Padova. L’armistizio con l’Italia viene firmato il 3 novembre 1918. 3. Amiens: nei primi giorni di agosto i tedeschi subiscono la prima grande disfatta sul fronte occidentale anche grazie al massiccio intervento degli americani. I tedeschi cominciano ad arretrare e le truppe sono sempre più demoralizzate. La principale preoccupazione dei tedeschi è quella di evitare di rendere più dure le conseguenze della sconfitta ormai prossima 4. Crollo degli alleati: nella seconda metà del 1918 crollano nell’ordine Bulgaria, Turchia (chiede armistizio) ed Impero austro-ungarico sulla spinta dei diversi movimenti nazionali. I soldati non tedeschi abbandonano l’esercito 5. Germania: ai primi di novembre la situazione precipita. I marinari di Kiel, dove si trovava il grosso della flotta tedesca, si ammutinano e danno vita, insieme agli operai, a consigli rivoluzionari ispirati al modello russo. La rivoluzione interna si diffonde anche a Berlino e in Baviera. Il 9 novembre viene nominato nuovo presidente del consiglio, il socialdemocratico Friedrich Ebert. Il kaiser è costretto, come l’imperatore austro-ungarico, a fuggire in Olanda. L’11 novembre il governo provvisorio firma la pace di Rethondes con i francesi. Le clausole sono umilianti: restituzione unilaterale dei prigionieri, consegna degli armamenti pesanti e della flotta (si autoaffondò), ritiro della truppe al di qua del Reno, annullamento dei trattati con Russia e Romania. La Germania perde la guerra ma senza che il suo territorio fosse stato invaso e senza essere schiacciata sul piano militare. I trattati di pace e la nuova carta d’Europa Il 18 gennaio 1919 si aprono a Versailles le trattative per discutere i nuovi assetti dell’Europa postbellica. I lavori si protrassero per un anno e mezzo e vi parteciparono le quattro potenze vincitrici con i relativi rappresentanti: Francia con Clemenceau, Gran Bretagna con Lloyd George, Stati Uniti con Wilson ed Italia con Orlando. 1. Difficile applicazione dei principi: i lavori si aprirono all’insegna dei valori di democrazia e libertà portati avanti dalle forze dell’Intesa. Si pensava di applicare i 14 punti di Wilson, ma subito sorsero una serie di difficoltà. Ad esempio la ridefinizione politica a partire dalla nazionalità dei popoli: in Europa la situazione etnica era assai complessa; i principi di Wilson non erano compatibili con l’idea di dover punire gli sconfitti, responsabili e non presenti alla conferenza. 2. Tipo di pace: il contrasto tra pace democratica o punitiva venne fuori quando furono discusse le condizioni da imporre alla Germania. La Francia non si accontentava della sola restituzione dell’Alsazia-Lorena chiedendo anche i ricchi territori alla sinistra del Reno, incontrando però l’opposizione di Wilsone e soprattutto dell’Inghilterra. 3. Il Trattato di Versailles: il trattato con la Germania viene firmato il 28 giugno 1919. Si tratta di una vera imposizione, un Diktat, per evitare un’altra guerra come quella appena passata. Il trattato prevedeva: a. la restituzione dell’Alsazia-Lorena alla Francia e lo sfruttamento del bacino minerario della Saar per 15 anni; b. restituzione di regioni orientali alla Polonia: alta Slesia, Posnania e striscia della Pomerania (corridoio polacco che consentiva di affacciarsi al mar Baltico e accedere al porto di Danzica, città tolta alla Germania e diventata libera); c. perdita delle colonie tedesche spartite tra Francia, Inghilterra e Giappone; d. risarcimento ai vincitori dei danni di guerra (132 miliardi di marchi-oro), abolizione del servizio di leva, rinuncia alla marina di guerra e riduzione dell’esercito a 100mila unità dotate del solo armamento leggero; e. smilitarizzazione della Renania 4. Dissoluzione dell’impero asburgico: con il Trattato di Saint Germain (settembre 1919) con l’Austria e il Trattato di Trianon (giugno 1920) con l’Ungheria nascono: a. la Repubblica di Austria (la Società delle Nazioni vigila per evitare l’annessione dell’Austria alla Germania); b. la Repubblica di Cecoslovacchia (Sudeti, boemi e slovacchi); c. la Repubblica di Ungheria; d. la Jugoslavia (Bosnia, Slovenia, Croazia, Serbia e Montenegro); L’Italia, dal disfacimento asburgico, ottiene il Trentino, l’Alto Adige, Trieste e l’Istria. Ottiene anche il protettorato sull’Albania ma entra così in contrasto con la Jugoslavia per la questione della Dalmazia e della città di Fiume (trattato di Rapallo del 1920: alla Jugoslavia va la Dalmazia; patto di Roma del 1924: all’Italia vanno l’Istria e Fiume); 5. Bulgaria: consegna alla Jugoslavia la Macedonia, spartisce la Dobrugia con la Romania e cede la Tracia alla Grecia; 6. Impero ottomano: con il trattato di Sèvres (10 agosto 1020) la Turchia conserva Costantinopoli e l’Anatolia ma: a. perde la regione di Smirne che va alla Grecia; b. gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli sono aperti alla navigazione internazionale; c. spartizione dell’impero tra Inghilterra (Iraq e Palestina) e Francia (Siria e Libano) ---> stati “mandati” Con il trattato di Losanna (24 luglio 1923) la Turchia ottiene il controllo degli stretti, Smirne e l’ampliamento del Kurdistan. 7. Russia: le potenze occidentali imposero l’annullamento della pace di Brest- Litovsk, appoggiano i movimenti controrivoluzionari in Russia e vengono riconosciute e protette le nuove repubbliche indipendenti che prima facevano parte del territorio russo: Finlandia, Estonia, Lituania, Lettonia, Romania e Polonia. 8. Società delle Nazioni: provvede al rispetto dei trattati e la salvaguardia della pace, ma presenta delle contraddizioni. Per prima cosa vengono escluse le nazioni sconfitte e la Russia, ma soprattutto il Senato americano respinge nel marzo del ’20 l’adesione alla Società. Nel 1920 viene eletto un presidente repubblicano e gli Stati Uniti cominciano un lungo isolazionismo, ossia rifiuto delle responsabilità mondiali e ritorno ad una sfera di interessi continentali. CAPITOLO 2. LA RIVOLUZIONE RUSSA Da febbraio a ottobre Già prima dello scoppio della guerra mondiale erano in molti a pensare che il regime degli zar non sarebbe durato a lungo, ma ben pochi si aspettavano una rivoluzione di tale portata. La più grande dopo quella francese. 1. Marzo 1917: gli operai ed i soldati di Pietrogrado abbattono il regime zarista. Il potere viene preso da un governo provvisorio, di orientamento liberale, costituito per iniziativa della Duma e presieduto da L’vov. Obiettivo dichiarato è occidentalizzare la Russia dal punto di vista condividevano questa prospettiva i gruppi liberal-moderati che facevano capo al partito dei cadetti, i menscevichi controrivoluzionarie: alimentazione della guerra civile tra bianchi (monarchico- conservatori) e bolscevichi 4. Controrivoluzione: la prima minaccia arriva dall’Est dove l’ammiraglio Kolciak assume il controllo di vaste porzioni della Siberia. Nel 1918 penetra nella zona fra gli Urali e il Volga e in questa occasione lo zar e la famiglia vengono giustiziati. Altre minacce arrivano dal Nord, dove è forte la presenza di truppe dell’Intesa, e nella regione del Do dove è presente una guerriglia contadina ostile sia ai bianchi che ai rossi. 5. Ucraina: diventa uno stato indipendente sotto il protettorato tedesco 6. Dittatura rivoluzionaria: i bolscevichi lasciano da parte i progetti utopistici di democrazia diretta per accentuare i caratteri autoritari: 6..aCeka: polizia politica 6..bTribunale rivoluzionario centrale: con il compito di processare tutti coloro erano sospettati di essere controrivoluzionari. Gli altri partiti vengono messi fuori legge e viene introdotta la pena di morte. 6..cArmata Rossa: si passa anche alla riorganizzazione dell’esercito nel febbraio del ’18 con la creazione dell’Armata Rossa degli operai e dei contadini, agli ordini di Trotzkij che, anche grazie all’apporto degli ex ufficiali zaristi, trasforma quello che doveva essere un esercito popolare in un’efficiente macchina da guerra. 6..dCommissari politici: assicurano la lealtà al governo rivoluzionario 7. Fine della guerra civile: i bianchi perdono l’appoggio dei governi occidentali nell’estate del ’19. Erano divisi sia per motivi di rivalità politica sia di distanza geografica. Nella primavera del ’20 le armate bianche erano sconfitte. 8. Guerra russo-polacca: nell’aprile del 1920 i bolscevichi subiscono un attacco esterno dalla Polonia che decide di approfittare debolezza della Russia post guerra civile per annettere una serie di territori appartenuti alla “grande Polonia”. L’Armata Rossa, prima colta di sorpresa, è costretta a subire l’avanzata dell’invasore ma quando riesce ad organizzarsi si spinge fino alle porte di Varsavia per poi subire nuovamente un’offensiva polacca. La pace viene firmata nel marzo del 1921 e la Polonia annette territori ucraini e bielorussi. La Terza Internazionale I bolscevichi avevano fatto nascere il primo Stato socialista in un paese arretrato. Lenin decide di sostituire alla vecchia Internazionale socialista una nuova Internazionale comunista che rappresentasse una rottura definitiva con la socialdemocrazia europea e che coordinasse l’azione di tutti i partiti rivoluzionari 1. Comintern: nel marzo del ’18 i bolscevichi avevano cambiato nome in Partito comunista di Russia. La prima riunione della Terza Internazionale si tiene nel marzo del 1919 a Mosca e vi partecipano una cinquantina di delegati provenienti perlopiù dagli ex territori dell’Impero. Nonostante la scarsa rappresentatività si decide di procedere con la creazione della nuova Internazionale, il Comintern. 2. I 21 punti: la struttura e i compiti dell’Internazionale vengono fissati nel II Congresso, sempre a Mosca nel 1920, che vede la partecipazione di rappresentanti di 69 partiti operai provenienti da ogni parte del mondo. Si discute su quali partiti potessero far parte del Comintern e Lenin ne fissa le condizioni in un documento in 21 punti: i partiti che aderiranno alla Terza Internazionale devono seguire il modello bolscevico e cambiare il proprio nome in partito comunista. 3. Partiti comunisti: la Russia doveva diventare la guida per i partiti comunisti nel mondo. In Europa occidentale, però, questo progetto non attecchì ed i partiti comunisti rimasero inferiori rispetto quelli socialisti anche perché il modello bolscevico creava non poche preoccupazioni. Dal comunismo di guerra alla Nep 1. Economia: quando i bolscevichi prendono il potere, la Russia si trova già in una situazione di dissesto finanziario. Le banche furono nazionalizzate e i debiti con l’estero cancellati, ma il governo non era in grado di riscuotere le tasse e fu costretto a stampare carta moneta priva di valore. Si finì per ritornare a forme di baratto. 2. Comunismo di guerra: nell’estate del 1918 il governo bolscevico decide di intervenire in maniera energica e autoritaria anche in campo economico: .a Approvvigionamenti: la fame era un problema che cominciava a diventare serio. Il governo promosse le azioni di squadre di operai e contadini poveri che percorrevano le campagne requisendo il grano dai proprietari terrieri benestanti .b Settore industriale: il comunismo di guerra fu inaugurato con un decreto che nazionalizzava tutti i settori più importanti ---> normalizzazione della produzione e centralizzazione delle decisioni più importanti 3. Fallimento del comunismo di guerra: si riuscì ad armare e mantenere l’esercito ma la produzione industriale con il comunismo di guerra crollò. Come anche la produzione agricola. A questa situazione si aggiunge nel 1921 una carestia che alimentò il malcontento contadino ed operaio, costretti a turni di lavoro massacranti e a stipendi da fame. Manifestazioni di operai come quella dei marinari di Kronstadt vengono represse nel sangue 4. X Congresso del partito comunista: si tiene nel 1920 a Mosca e sul piano politico segna la fine di ogni dialettica all’interno del partito proibendo la formazione di correnti. A livello economico viene abbandonato il comunismo di guerra e fu avviata una parziale liberalizzazione nella produzione e negli scambi 5. La Nep (Nuova Politica Economica): obiettivo principale era la stimolazione della produzione agricola l’afflusso dei generi alimentari verso le città. Ai contadini fu permesso di vendere sul mercato le eventuali eccedenze agricole, dopo aver consegnato allo stato una quota fissa di raccolti Lo Stato manteneva comunque il controllo di banche e maggiori industrie. 6. Conseguenze del Nep: da una parte abbiamo dei miglioramenti sia dal punto di vista della produzione che del commercio privato e libero, ma dall’altra parte gli spazi concessi all’iniziativa privata stimolarono il ritorno del ceto dei contadini ricchi (kulaki) che in breve tempo assunsero il controllo del mercato agricolo, e la parziale liberalizzazione del commercio aumentò la disponibilità di beni di consumo ma anche la nascita di trafficanti (nepmen). Senza dimenticare che l’industria sotto il controllo statale stentava a crescere causando un alto numero di disoccupati. L’Unione Sovietica: costituzione e società 1. Costituzione del ’18: si apriva con una dichiarazione dove si proclamava che il potere doveva “appartenere unicamente alle masse lavoratrici e ai loro organismi rappresentativi: i soviet dei contadini, operai e soldati”. 2. L’Urss: la costituzione prevedeva anche uno stato federale, nel rispetto delle minoranze etniche. La prospettiva era quella di un’unica repubblica socialista mondiale. Nel dicembre ’22 i congressi dei soviet delle singole repubbliche diedero vita all’URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) 3. Costituzione del ‘24: la nuova costituzione dell’Urss, approvata nel ’24, avviava una complessa ristrutturazione dello Stato dove tutto il potere era nelle mani del Congresso dei Soviet. Il potere reale era però in mano al Partito Comunista che controllava la polizia di partito e proponeva i candidati alle elezioni nei soviet che avvenivano in modo palese e con lista unica. Lo Stato era così governato, attraverso un apparato fortemente centralizzato, dal partito bolscevico. Le conseguenze economiche • Dissesto finanziario: tutti i paesi belligeranti, ad eccezione degli Stati Uniti, escono dalla guerra in un profondo dissesto economico. Per far fronte alle enormi spese i governi ricorrono prima alle tasse, poi ai prestiti dei singoli cittadini finanziatori ed infine contraggono massicci debiti soprattutto con gli Usa. Tutte misure insufficienti che costringono i governi a stampare cartamoneta in grande quantità causando una fortissima inflazione che, ad esempio, in Francia fa più che triplicare i prezzi. Si arricchiscono solo i pescecani, ovvero gli speculatori 1. Equilibri commerciali internazionali: quattro anni di guerra aveva fatto crollare la produzione europea e dunque l’esportazione industriale. Gli Stati Uniti ed il Giappone, al contrario, hanno aumentato fortemente le esportazioni soprattutto in Asia ed America del Sud. Senza trascurare che due forti partner commerciali di Francia ed Inghilterra, ovvero Germania, Russia ed Impero asburgico, sono per ragioni diverse dei mercati ormai impenetrabili. 2. Intervento statale: in questa situazione gli Stati intervengono nell’economia che non può essere lasciata in mano al mercato. Ecco allora il ritorno a forme di protezionismo doganale e nazionalismo economico, contrari ai principi di Wilson, e al controllo dei prezzi sui generi alimentari e sugli affitti. Grazie a queste forme di controllo e protezione le economie europee conoscono un periodo di crescita. Una crescita però artificiale che si arresta bruscamente alla fine del 1920 provocando una depressione economica ed una serie di lotte sociali. Il biennio rosso Tra la fine del 1918 e l’estate del 1920 il movimento operaio europeo conosce una stagione di grande attivismo che a tratti assume l’aspetto di una ondata rivoluzionaria. I partiti socialisti conoscono una impennata delle iscrizioni; sindacati e movimenti operai scendono in piazza per chiedere migliori condizioni di lavoro e salari adeguati: si ottengono le 8 ore lavorative ed ovunque nascono consigli operai sul modello russo che dovevano essere gli organi di governo in un futuro paese socialista. L’ondata rossa si manifestò nei singoli paesi in forme e con intensità diverse: • Francia e Gran Bretagna: la classe dirigente riesce a contenere senza troppe difficoltà il movimento operaio. • Germania, Austria, Ungheria: in questi paesi dove le agitazioni sociali si sommavano alla sconfitta bellica il movimento operaio assunse la connotazione di un vero e proprio movimento rivoluzionario. Questi movimenti, però, vennero in qualche modo stroncati anche perché, a differenza della Russia, si tratta di paesi con una borghesia ed un capitalismo ancora abbastanza solidi. Rivoluzione e controrivoluzione nell’Europa centrale • Situazione rivoluzionaria in Germania già alla firma dell’armistizio • Disgregazione dell’esercito in tanti singoli soldati che fanno rientro con le armi nei loro paesi e città. • I consigli: il governo legale era quello del Consiglio dei commissari del popolo presieduto da Ebert e costituito da soli socialisti, ma nelle città maggiori il potere reale era nelle mani dei Consigli operai e dei soldati. A Berlino le strade erano piene di soldati armati e gli scontri di piazza sono all’ordine del giorno. È una situazione simile a quella russa nel 1917 ma le differenze sono importanti: 1. gli eserciti vincitori sono schierati lungo il Reno e sono pronti ad intervenire in caso di rivoluzione 2. manca una mobilitazione delle masse rurali (ostili) 3. la classe dirigente era più numerosa e radicata nella società rispetto a quella russa. 4. diversi erano i rapporti di forza all’interno del movimento operaio 5. la socialdemocrazia era contraria ad una rivoluzione come quella russa appoggiando invece riforme democratiche e parlamentari. • I rivoluzionari: questa linea moderata dell’Spd porta allo scontro con le frange più estremi del movimento operaio tedesco: gli indipendenti dell’Uspd e i comunisti della Lega di Spartaco (puntavano tutto sui consigli più che alla convocazione della Costituente), consapevoli però della loro minoranza anche all’interno dei consigli operai. • Insurrezione spartachista: il 5 ed il 6 gennaio 1919 migliaia di berlinesi scendono in piazza per protestare contro la destituzione dalla carica di capo della polizia di un membro del partito. Gli spartachisti approfittano della situazione per incitare la folla a rovesciare il governo. Il proletariato berlinese non rispose in massa a questa incitazione ma la repressione governativa fu comunque violenta ed affidata, in mancanza dell’esercito, a squadre volontarie di soldati smobilitati (freikorps) e di ispirazione conservatrice. I leader degli spartachisti, Liebknecht e Luxemburg vengono uccisi. • Elezioni per la Costituente: alle elezioni del 1919 non si presentano i comunisti, la Spd vince ma non ottiene la maggioranza ed è costretta ad allearsi con i cattolici del Centro ed altri partiti liberali. • Costituzione di Weimar: l’accordo tra socialisti, cattolici e democratici rese possibile l’elezione di Ebert come presidente della Repubblica, la formazione di una coalizione a direzione democratica e il varo della Costituzione di Weimar, democratica, che prevede il suffragio universale maschile e femminile, un presidente eletto dal popolo, un governo responsabile davanti al Parlamento e il mantenimento della struttura federale dello Stato. • Tentativi rivoluzionari: la situazione interna non si riappacifica. Dopo gli scontri di Berlino si solleva anche la Baviera, dove comunisti e indipendenti avevano proclamato una Repubblica dei consigli che viene stroncata dai corpi franchi. I comunisti continuano a manifestare. • Minaccia dell’estrema destra: i generali responsabili della sconfitta durante la guerra diffondono la leggenda della pugnalata alle spalle, ovvero la Germania poteva ancora vincere la guerra se non fosse stato per il tradimento di una parte del paese. Si tratta di una leggenda che ha però una diffusione enorme e a farne le spese è soprattutto la Spd che aveva avuto il gravoso compito di firmare la pace. Il partito viene sconfitto alle elezioni del 1920 e la guida del paese passa ai cattolici del Centro. • Austria: si verificano eventi molto simili a quelli tedeschi. Dopo la proclamazione della Repubblica furono i socialdemocratici a governare il paese, mentre i comunisti cercano invano di rovesciare il potere senza mai riuscirci. Alle elezioni del 1920 vince il Partito cristiano-sociale • Ungheria: i socialisti, uniti ai comunisti, nel 1919 instaurano una Repubblica sovietica che reprime duramente l’aristocrazia agraria e la borghesia. L’esperimento dura pochi mesi perché il governo di Béla Kun viene rovesciato dall’ammiraglio conservatore Horthy anche grazie all’aiuto dell’esercito rumeno. La stabilizzazione moderata in Francia e Gran Bretagna Il governo si concentra sul controllo dell’inflazione e sulla politica internazionale, oltre che sulla stabilizzazione interna. Le due potenze vincitrici raggiungono l’obiettivo della stabilizzazione almeno sul piano della politica interna. 1. Francia: la maggioranza di governo di centro-destra al potere dal 1919 controlla il paese con una politica conservatrice che fa ricadere sulle classi popolari quasi tutto il peso della ricostruzione. Il governo di destra è stato interrotto nel 1924 dalla vittoria dei partiti della sinistra uniti nel cartello delle sinistre. Il nuovo presidente del consiglio è Herriot. Questo governo, però, durò solo due anni e non seppe frenare una crisi finanziaria. Termina nel 1926 con l’elezione del moderato Poincaré che stabilizza il corso della moneta e a risanare il bilancio statale aumentando ulteriormente la pressione fiscale sui consumi popolari. In questo periodo la Francia conosce un periodo di prosperità .d Piano Dawes: nel 1924 la Germania ottiene l’approvazione del piano Dawes, messo a punto dall’omonimo economista americano, che prevede aiuti internazionali tramite prestiti a lunga scadenza per la Germania. Tutte queste misure, con il ritorno della Ruhr, permettono alla Germania di riprendere il proprio sviluppo economico. 4. Governo Hindenburg: la grande coalizione di Stresemann si ruppe già nel 1923. Le elezioni del 1924 vedono il trionfo dei partiti di estrema destra e di estrema sinistra fortemente contrari al piano Dawes. Nel marzo del 1925 viene eletto come successore di Ebert il maresciallo Hindenburg, rappresentante del passato imperiale. Gli anni successivi sono di stabilità politica ed economica. I partiti di centro e centro-destra mantennero il potere fino al ’28 (poi subentrano i socialdemocratici). La ricerca della distensione in Europa Con l’isolazionismo di Gran Bretagna e Usa è la Francia a tessere una serie di alleanze per evitare nuovi scontri e conflitti: 1. Con i piccoli paesi: per prima cosa il governo francese, nei primi anni ’20, stringe accordi con paesi come Polonia, Jugoslavia, Cecoslovacchia e Romania. 2. Con la Germania: inizialmente il governo francese agisce quasi in maniera fanatica per evitare la rivincita della Germania, e da qui l’invasione della Ruhr. Con il governo Stresemann ed il piano Dawes, però, comincia un periodo di distensione tra le due potenze in nome della sicurezza collettiva. 3. Accordi di Locarno: risultato più importante dell’intesa franco-tedesca. Vengono firmati nell’ottobre del 1925 e prevedevano il riconoscimento da parte di Francia, Germania e Belgio dei confini tracciati con il trattato di Versailles e l’impegno di Gran Bretagna e Italia a evitare violazioni. La Germania accettava anche la perdita dell’Alsazia-Lorena. Un anno dopo la Germania viene ammessa nella Società delle Nazioni. 4. Piano Young: ancora un finanziere americano mette a punto un piano in favore della Germania nel 1929. Vengono ridotte le riparazioni ed allungati i tempi di pagamento a 60 anni. Nel giugno del ’30 gli ultimi reparti francesi si ritirano dalla Renania, mentre il governo tedesco si impegna a mantenere la regione smilitarizzata. 5. Patto di Parigi: nel 1928 una quindicina di Stati si impegnano a rifiutare la guerra come strumento per risolvere le controversie Questo periodo di distensione è però effimero. Infatti, già a partire dal 1930 la Francia comincia la costruzione della linea Maginot, una imponente linea difensiva lungo il confine con la Germania. CAPITOLO 4. IL DOPOGUERRA IN ITALIA E L’AVVENTO DEL FASCISMO Nonostante la vittoria l’Italia doveva affrontare una serie di pressanti problemi. Il processo di democratizzazione era appena agli inizi e la forza della classe politica ridotta: 1. Crisi economica: problemi come il deficit statale, lo sviluppo abnorme di alcuni settori e l’inflazione galoppante 2. Mobilitazione sociale: la classe operaia guarda con ammirazione a quando accaduto in Russia e chiedeva non solo maggiori salari ma anche maggior potere nelle fabbriche e nei sindacati; la classe contadina era tornata dalla guerra più consapevole dei suoi diritti e ferma nel chiedere il mantenimento delle promesse della classe dirigente; i ceti medi si mobilitano in difesa dei loro interessi e ideali patriottici Cattolici, socialisti e fascisti Molti sono i cambiamenti negli assetti politici italiani nel dopoguerra: 1. Partito popolare italiano: nasce nel 1919 ed il fondatore e primo segretario è don Luigi Sturzo. È un partito di chiara ispirazione cattolica, democratico e legato alla chiesa 2. Partito socialista: nel dopoguerra conosce un forte aumento degli iscritti. Schiacciante era la corrente massimalista (di sinistra) che aveva come leader il direttore dell’Avanti! Serrati. I massimalisti si ponevano come obiettivo l’instaurazione della repubblica socialista fondata sulla dittatura del proletariato e guardavano con ammirazione a quanto stava accadendo in Russia. Allo stesso tempo, però, i socialisti italiani non facevano nulla per favorire una rivoluzione, limitandosi ad osservare le masse convinti che la rivoluzione sarebbe scoppiata autonomamente. 3. Estrema sinistra socialista: in seno al Psi si formano correnti di estrema sinistra che mirano ad una maggiore partecipazione del partito nel realizzare il progetto russo. Ecco allora la corrente di Gramsci che mira alla nascita di un partito rivoluzionario vicino ai soviet ed al modello bolscevico. 4. Fasci di combattimento: i socialisti guardavano con ammirazione alla Russia ma così facendo spaventano i ceti medi che invece guardano a quella esperienza come una minaccia da evitare. Inoltre, i socialisti attaccano gli ideali nazionalisti che invece vengono portati fieramente avanti da gruppi come quello fondato da Mussolini il 23 marzo 1919. Inizialmente i Fasci di Combattimento sono un gruppo eterogeneo, politicamente di sinistra e favorevole alla repubblica; al contempo ostentava un acceso nazionalismo e una feroce avversione verso i socialisti. Ai suoi esordi il fascismo accolse poche adesioni,ma presto si fece riconoscere per uno stile politico violento. Ecco allora che a Milano, il 15 aprile 1919, viene attaccato un corteo socialista e viene bruciata la sede dell’Avanti! La vittoria mutilata e l’impresa fiumana • Patto di Londra, Fiume e Dalmazia: l’Italia era uscita dalla guerra rinforzata e aveva ottenuto ciò che le spettava: i confini naturali e la scomparsa dell’impero asburgico dalle sue frontiere. Il Patto di Londra firmato in segreto da Salandra e Sonnino il 26 aprile 1915 con Francia, Russia e Gran Bretagna prevedeva, tra le altre cose, che l’Italia in caso di vittoria avrebbe ottenuto la Dalmazia ma non Fiume. Ma la Dalmazia era abitata per lo più da slavi e infatti era reclamata dalla Jugoslavia, mentre la città di Fiume era abitata in prevalenza da italiani. Il dilemma è allora questo: rinunciare ai vantaggi territoriali della Dalmazia per mantenere dei buoni rapporti con la Jugoslavia oppure rivendicare anche Fiume? Ovvero rispettare il Patto di Londra oppure appellarsi ai principi di nazionalità proposti da Wilson? • Conferenza della pace di Versailles: Orlando e Sonnino cercano di mantenere la Dalmazia chiedendo anche la sovranità della città di Fiume, sulla base del principio di nazionalità. Tali richieste incontrano l’opposizione degli alleati e la delegazione italiana abbandona polemicamente le trattative. Orlando e Sonnino vengono salutati in Italia con manifestazioni patriottiche ma quando Orlando tornò a Parigi non ottenne nulla • Fine del governo Orlando: l’insuccesso portò alla fine del governo. Il nuovo primo ministro è il democratico Nitti. Nell’opinione pubblica borghese si era affermato un sentimento di ostilità verso gli ex alleati accusati di defraudare l’Italia dei frutti della vittoria: si parla di vittoria mutilata, espressione coniata da D’Annunzio • L’impresa di Fiume: nel settembre 1919 D’Annunzio con alcuni miliziani occupa la città di Fiume e ne proclama l’annessione all’Italia. Pensata come azione di pressione sul governo, questa impresa dura 15 mesi e si trasforma in una nuova esperienza politica. • Squadrismo: in pochi mesi il fenomeno dello squadrismo dilaga nell’Italia centro-settentrionale e le squadre fasciste vengono sovvenzionate dai proprietari terrieri per abbattere il potere delle leghe socialiste. Gli squadristi attaccano violentemente municipi socialisti, case del popolo, sedi della lega socialista e molte amministrazioni rosse padane sono costrette alle dimissioni. Il tutto nell’indifferenza della classe politica statale e della magistratura, che anzi alcune volte copriva questi eventi violenti. Giolitti pensava che lo squadrismo fascista poteva essere un utile fenomeno per ridurre le pretese dei socialisti • Elezioni di maggio 1921: Giolitti indice nuove elezioni per permettere ai fascisti di entrare nel governo, legittimando politicamente questo fenomeno. I socialisti perdono pochi voti, i popolari si rinforzano, i liberaldemocratici non ottengono la maggioranza e 35 deputati fascisti entrano in parlamento. Giolitti è costretto alle dimissioni. Al suo posto si insedia Ivanoe Bonomi che fa stringere un patto tra socialisti e fascisti: nessuno userà più la violenza nelle controversie. • Opposizione nel fascismo: il patto voluto da Bonomi favorisce le intenzioni di Mussolini che stava cercando di porre fine alle violenze squadriste per paura di una reazione popolare contro queste violenze. Ma i ras, ovvero i capi fascisti locali, non accettavano questa decisione e cominciarono a mettere in discussione la leadership di Mussolini. Nel congresso del novembre del 1921 a Roma Mussolini si rende conto di non poter fare a meno della massa d’urto del fascismo agrario e sconfessa il piano firmato con i socialisti. Il fascismo da movimento diventa poi partito. Nasce il Pnf, il Partito nazionale fascista. L’agonia dello stato liberale Nel 1922 il governo Bonomi viene sostituito da quello di Facta, sbiadita personalità vicina a Giolitti. La debolezza del governo e dell’opposizione socialista finisce per dare ancora maggiore libertà di movimento a Mussolini e le sue squadre di fascisti. • Sciopero legalitario: i socialisti provano a rispondere con uno sciopero in difesa della costituzione. È l’agosto del 1922 e i fascisti, che si atteggiano a tutori dell’ordine, lanciano una violenza offensiva contro il movimento operaio. Per una settimana le camice nere attaccano sedi di giornali, di partito, di operai e di sindacati. La marcia su Roma Mussolini si pone il problema della conquista del potere. Come al solito in questa fase gioca su due tavoli. Da una parte tratta con re e governo per ottenere un ruolo in parlamento e dall’altra parte organizza la marcia su Roma, ossia la mobilitazione delle forze fasciste per prendere con la forza il potere. La mobilitazione viene fissata per il 27 ottobre 1922. I fascisti sono comunque pochi e male armati, nulla che un esercito regolare non poteva fermare. Il primo ministro Facta si dimette e propone a Vittorio Emanuele III di proclamare lo stato d’assedio per fermare facilmente la colonna di fascisti. Il re rifiuta la proposta di Facta e chiede a Salandra di formare un nuovo governo. Il 29 ottobre 1922, incassato anche il no di Salandra, il re decide di proporre l’incarico a Mussolini che nel frattempo era in treno per Milano. La maggior parte del parlamento accolse con gioia questa notizia. Si pensava che la guerra civile fosse stata evitata. Si pensava che con Mussolini sarebbe ritornato l’ordine nel paese. Il nuovo presidente del consiglio assicura il paese che le libertà costituzionali non sarebbero state toccate. In realtà le camice nere adesso come non mai compivano azioni violente rivolte contro gli avversari politici. Verso lo stato autoritario Mussolini una volta al potere vara una serie di iniziative contrarie allo spirito di un paese democratico: • Gran consiglio del fascismo: aveva il compito di servire da raccordo tra governo e partito • Milizia volontaria: le squadre fasciste vengono inquadrate in questa milizia che diventa una vera e propria polizia di partito. Adesso la repressione violenta degli avversari diventa in qualche modo legale. • Politica liberista: Mussolini inaugura una serie di riforme per risollevare l’economia. Ecco allora l’alleggerimento della pressione fiscale sulle imprese, lo sfoltimento dei pubblici impiegati, una maggiore libertà all’iniziativa privata. Tra il 1922 ed il 1925 questa politica economica porta i suoi frutti e lo Stato arriva al pareggio di bilancio • Rapporti con la Chiesa: Mussolini abbandona la sua iniziale avversione nei confronti della Chiesa e stringe accordi con Papa Pio XI ed anche la riforma della scuola promossa da Gentile ed incentrata sullo studio umanistico prevede l’insegnamento della religione cattolica. • Legge elettorale e nuove elezioni: nel 1923 viene varata una nuova legge elettorale anche grazie ai voti dei liberali e dei cattolici di destra. Adesso il partito che otteneva la maggioranza relativa aveva un premio di maggioranza pari ai 2/3 del parlamento. Dopo le elezioni del 1924 il Pnf ottiene il 65% dei voti e può governare anche senza il premio di maggioranza. I liberali come Orlando e Salandra si candidano con la lista nazionale fascista mentre l’opposizione appare frammentata e troppo debole. • Il delitto Matteotti: il 10 giugno 1924 viene rapinato ed assassinato Matteotti, il deputato socialista che aveva denunciato i dieci giorni prima i brogli elettorali. L’opinione pubblica si indigna contro il fascismo nonostante l’arresto degli esecutori materiali del delitto. Mussolini, per la prima volta, non si sente più inattaccabile. Ma l’opposizione troppo debole non può attaccare il governo in parlamento e realizza la scissione dell’Aventino: il resto dei partiti abbandona il parlamento ma non raggiunge l’effetto sperato perché non riesce a mettere a punto una azione comune che vada oltre il sollevamento della questione morale contro lo strapotere di Mussolini. Il re non interviene e Mussolini, per placare gli animi, si dimette da ministro degli interni e sacrifica alcuni suoi collaboratori troppo vicini al caso Matteotti 5 gennaio 1925: con un discorso alla Camera Mussolini minaccia apertamente di intervenire con violenza contro l’opposizione. A seguito di questo discorso vengono compiute azioni di violenza da parte dei fascisti. È la fine dello stato democratico. I primi antifascisti cominciano ad essere perseguitati come ogni organo di informazione e pensieri lontano dal fascismo 1. Fascistizzazione della stampa: 1..aPrimo decreto – 1923: il prefetto può diffidare il direttore di un giornale che con notizie false e tendenziose danneggia l’Italia all’interno e all’esterno e diffonde un infondato allarmismo che può sfociare in un turbamento dell’opinione pubblica. La Stampa esce con un titolo a tutta pagina: la soppressione della libertà di stampa. 1..bSecondo decreto – 1924: i prefetti ed i loro delegati possono non solo censurare la stampa ma anche sequestrare e sopprimere quotidiani e periodici. 1..cTerzo decreto – 1925: da tempo si rincorrono voci, più o meno costruite dallo stesso regime, di preparativi per un attentato a Mussolini. Il Duce ha capito di aver superato il caso Matteotti e stabilisce che possono continuare a pubblicare solo giornali che hanno come direttore un uomo voluto dal regime. Molti giornali sospendono così le pubblicazioni. Sempre con il pretesto di attentati vengono chiuse le logge massoniche e le istituzioni d’opposizione. La Stefani è l’unico organo di informazione e grazie al governo aumenta la sua organizzazione. 1..dQuarto decreto – 1926: il ministro dell’Interno dopo la notizia dell’attentato contro Mussolini a Bologna ordina la sospensione immediata di tutti i giornali d’opposizione per motivi di ordine pubblico. Nello stesso giorno terminano le pubblicazioni L’Unità, L’Avanti!, Il Mondo e Il Risorgimento. 1..eLimitazioni alla stampa straniera: anche i telegrammi dei corrispondenti stranieri all’estero passano sotto il controllo della censura. In particolare dopo un terremoto avvenuto nell’Italia centro-meridionale. Mentre la Stefani minimizzava il numero di vittime e i danni, i corrispondenti delle maggiori agenzie straniere trasmettevano al mondo la reale entità del sisma. 2. Leggi autoritarie: 2..aDicembre 1925: i poteri del capo del governo sono rafforzati svalutata e si attuano misure protezionistiche che favoriscono il commercio nei paesi del Commonwealth. L’Inghilterra esce dalla crisi a partire dal 1934, in anticipo rispetto gli altri paesi •..b Germania: la situazione non andava meglio, anzi perché si trattava di un paese legato ai prestiti internazionali. Il nuovo governo ottenne nel 1932 la sospensione del pagamento delle riparazioni che non vennero più pagate in seguito. •..c Francia la crisi arrivò dopo ma durò più a lungo, fino al 1937 quando finalmente si decise di svalutare anche il franco. New Deal: nel novembre del 1932 il democratico Roosevelt vince le elezioni. Il suo programma non è chiaro ma il nuovo presidente ha capito che per vincere le elezioni bisogna diffondere un senso di ottimismo e di speranza nella popolazione. Roosevelt annuncia così il New Deal, più che un programma definito una nuova forma di governo che prevedeva una maggior presenza dello Stato nell’economia. Il tutto per migliorare sia l’economia che le condizioni sociali 1. Primi cento giorni: il dollaro viene svalutato per favorire le esportazioni, aumento dei sussidi di disoccupazione, ristrutturazione del sistema creditizio, concessione di crediti ai cittadini indebitati per estinguere le ipoteche sulle case. 2. Agricultural adjustment act (Aaa): si assicuravano premi in denaro a coloro che riuscivano a limitare la loro produzione agricola fermando così il fenomeno della sovrapproduzione. 3. National industrial recovery act (Nira): imponeva una concorrenza meno accanita ed un maggior rispetto dei diritti e dei salari 4. Tennessee valley authority (Tva): è un ente che ha il compito di controllare i fumi della valle del Tennessee per ricavarne energia idroelettrica a basso costo 5. Grandi opere pubbliche: con l’Aaa si arresta la produzione, calano i prezzi ma diventano molti i contadini disoccupati. Ecco allora che il presidente dà vita ad una serie di opere pubbliche per riassorbire in parte i disoccupati. È un gravoso impegno per lo Stato che aumenta così la propria spesa pubblica 6. Leggi sociali: a partire dal 1935 vengono varate una serie di norme per rendere più equa la società americana. Ecco allora l’assistenza statale per i più poveri e la pensione di vecchiaia per i lavoratori. 7. Limiti ed opposizioni al New Deal: la Corte suprema dichiara incostituzionali il Nira e l’Aaa ma Roosevelt, forte di una netta maggioranza fa passere comunque le leggi modificandole solo un po’. Per tutti gli anni ’30, comunque, l’economia americana non mostra grandi segni di ripresa e la iniezioni di denaro pubblico si fanno sempre più ingenti. Intervento dello Stato nell’economia: fino ad ora lo Stato era intervenuto nell’economia ma in conseguenza di specifiche situazioni come l’organizzazione della produzione in tempo di guerra. Ma a partire dal 1929 lo Stato si fa carico di nuovi oneri non solo come provvedimenti doganali e controllo dei prezzi ma anche come soggetto attivo: 1. Diversi interventi: gli Stati Uniti si cerca di potenziare la domanda aumentando la spesa pubblica e in Italia lo Stato assume il controllo diretto di alcune industrie. 2. Capitalismo diretto: l’intervento statale non mette però in discussione il modello capitalistico che aveva come fine ultimo il profitto. Adesso l’iniziativa dei privati, limitata a causa delle condizioni economiche generali, viene aiutata dallo Stato senza intaccare il principio di profitto privato 3. Keynes: la crisi del 1929 permetto all’economista di confutare alcuni dogmi economici precedenti in particolare il principio secondo cui il mercato raggiunge autonomamente un equilibrio tra mercato ed offerta garantendo la massima occupazione possibile. Keynes, al contrario, sostiene che il mercato da solo non è in gradi di raggiungere da solo questo equilibrio e per questo sono necessari una serie di interventi per limitare questa instabilità. È soprattutto lo Stato che deve aumentare la domanda espandendo la spesa pubblica abbandonando il mito del pareggio di bilancio ed utilizzando lo strumento del deficit di bilancio e con l’aumento della moneta circolante. Nuovi consumi e stili di vita: la crisi del 1929 causa una serie di cambiamenti nello stile di vita di americani ed europei: 1. Urbanizzazione: a causa della crisi del settore agricolo sempre più persone si spostano verso la città. Ciò provoca un boom del settore edilizio. Adesso le nuove case, più confortevoli, vengono costruite in periferia ed hanno elettricità ed acqua. Inoltre, la distanza dal centro obbliga il miglioramento dei trasporti pubblici e l’aumento della auto private in circolazione. 2. Nuovi consumi: chi era riuscito a mantenere il posto di lavoro si trovava con uno stipendio più forte del precedente grazie al calo generale dei prezzi. È proprio per questo che anche in Europa dopo il ’29 aumenta, paradossalmente, la vendita di prodotti come gli elettrodomestici e appunto le auto private. 3. Radio: a partire dagli anni ’20 cominciano le prime trasmissioni radiofoniche, private negli Stati Uniti e sotto il controllo dello Stato in Europa secondo il modello a canone della Bbc. Le radio hanno un prezzo accessibile per questo vengono venduti molti apparecchi. Ci si incammina verso una società di massa e cambia anche l’informazione che adesso entra nelle case ed è più tempestiva dei quotidiani che non a caso subiscono un calo delle vendite. 4. Cinema: a partire dagli anni ’20 e soprattutto dopo l’introduzione del sonoro nel 1927 si diffonde anche il cinema, come spettacolo popolare, artistico ma anche industriale. Nasce il fenomeno dei divismo ed attraverso il cinema soprattutto gli Stati Uniti esportano il loro way of life. Il cinema diventa dunque uno strumento di propaganda che verrà utilizzato anche dai regimi totalitari europei. 5. Ricerca nucleare: anche la scienza in questi anni fa passi da gigante e cominciano gli studi sulla scissione artificiale dell’atomo per produrre energia. 6. Aereonautica: l’aviazione civile comincia a muovere i primi passi anche se si tratta ancora di uno strumento di trasporto per pochi ricchi. Gli aerei diventano più sicuri e veloci e l’industria militare conosce in questo senso un enorme sviluppo. Tutti gli eserciti si dotano di veloci caccia, bombardieri ed aerei da trasporto 7. Cultura: sono gli anni delle avanguardie che in un clima di disorientamento e delusione cambiano i canoni classici dell’arte. Ecco il cubismo, l’espressionismo, il futurismo, il surrealismo e il dadaismo. Spesso gli artisti attraversano in maniera eclettica più di un movimento. Si rompe anche con il romanzo borghese del secolo precedente con opere come Ulisse, Il Processo, La montagna incantata e L’uomo senza qualità. 8. Intellettuale e ideologia: le correnti ideologiche si fanno sempre più nette: marxismo e capitalismo, democrazia e fascismo. Gli intellettuali, come mai prima d’ora, prendono una posizione e spesso le loro idee vengono sfruttate dai governi autoritari. Ecco gli intellettuali di sinistra come Picasso e quelli di destra come Gentile, Heidegger e Pound. 9. Emigrazione degli intellettuali: nei paesi totalitari molti intellettuali non in linea con le idee del governo sono costretti all’emigrazione. Molti intellettuali e scienziati, soprattutto ebrei, lasciano la Germania e l’Italia per trasferirsi in America. Gli Stati Uniti si avviano a diventare il centro non solo economico ma anche artistico e scientifico del mondo CAPITOLO 6. L’ETA’ DEI TOTALITARISMO Eclissi della democrazia: con i successi del fascismo ed una opinione pubblica provata dalla crisi economica che guarda con diffidenza alle istituzioni legali ormai non più in grado di garantire il benessere alla popolazione comincia l’eclissi della democrazia in Europa. L’estrema destra presenta una serie di caratteristiche: 1. Politica: il potere si concentra nelle mani di una singola persona, lo Stato è organizzato in maniera gerarchica e la popolazione viene inquadrata in strutture ed organizzazioni del partito unico. La comunicazione e la stampa sono poste sotto rigido controllo 2. Economia: si cerca una terza via diversa sia dal comunismo che dal capitalismo. Una terza via che di fatto non si trova e che si traduce nell’abolizione della dialettica sindacale e in un intervento più o meno forte dello Stato nell’economia 3. Società: mentre gli strati umili della popolazione guardano con sospetto all’ideologia di destra questa dilaga soprattutto tra i ceti medi, che abbraccia con entusiasmo questa nuova ideologia. L’alta borghesia appoggia l’estrema Terzo Reich: nasce così il Terzo Reich retto dal Fuhrer ovvero un uomo dotato di un carisma ed una personalità superiore che ha il compito di guidare la nazione. L’unico tramite tra governo e popolo deve essere il partito unico. 1. Antisemitismo: la propaganda nazista riuscì a rendere impossibile la vita degli ebrei rimasti in Germania, perlopiù commercianti, liberi professionisti, intellettuali ed artisti, facendo leva su una serie di luoghi comuni diffusi nella popolazione. Nel 1935 vengono varate le leggi di Norimberga che tolsero ogni diritti agli ebrei. Molti furono costretti all’emigrazione. La persecuzione accelera nel 1938 dopo l’uccisione a Parigi di un tedesco per mano di un ebreo. La notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, la notte dei cristalli, vengono infrante le vetrine di negozi ebrei, vengono assaltate case e sinagoghe e molti ebrei vengono uccisi ed arrestati. 2. Eugenetica: Hitler porta avanti anche un programma di controllo della razza sterilizzando i portatori di malattie ereditarie e sopprimendo i malati di mente incurabili. È una politica per preservare il popolo eletto. 3. Opposizioni: sono troppo deboli in Germania. L’Spd non è abituata alla lotta clandestina e i comunisti sono di fatto annientati dopo l’incendio del Reichstag. La Germania era comunque un paese con un fortissimo proletariato industriale che viene indotto al silenzio in diversi modi: 3..aGestapo e SS: sia la polizia segreta che la forza di sicurezza controlla con ogni mezzo, anche con i lager, la vita dei cittadini 3..b Consenso: il regime nazista conosce un immenso consenso grazie ai successi in politica estera, con il mancato rispetto del trattato di Versailles la Germania comincia la sua rivincita, e in campo economico, superata la crisi nel 1933 e non dovendo più pagare le riparazioni la Germania si solleva ed avvia anche una grande serie di opere pubbliche. Lo Stato rilancia l’economia attraverso commesse statali e l’impianto industriale viene organizzato in maniera gerarchica con un capo assoluto dell’azienda. La disoccupazione è ai minimi storici 3..cPropaganda: sfruttando il cinema, la radio ed i mezzi di comunicazione il nazismo riesce a diffondere presso la popolazione tedesca la propria ideologia. Le grandi manifestazioni pubbliche che accompagnano i momenti più significativi del regime sono delle grandi cerimonie collettive preparate nei minimi dettagli. E la Germania si dota anche di un ministero per la propaganda retto da Goebbels. 4. Chiesa cattolica: la chiesa di Roma nel 1933 stringe un concordato con Hitler che assicura la libertà di culto e promette la non interferenza dello Stato nella materia di Chiesa. Nonostante lo scioglimento del partito cattolico di centro e le pratiche eugenetiche non certo cristiane il mondo cattolico non protesta. Solo una minoranza di protestante cerca di sollevarsi ma viene duramente repressa. 5. Diffusione in Europa: anche altri paesi europei conoscono in questi anni una svolta autoritaria. L’Ungheria nel ’20, la Polonia nel ’26, l’Austria nel ’27, la Bulgaria, la Grecia nel ’36 e la Romania nel ’38. Anche Portogallo e Spagna si avviano verso regimi autoritari. Sviluppo dell’Urss: l’Unione Sovietica grazie al suo isolazionismo non fu toccata dalla crisi economica del ’29. Stalin tra il ’27 e il ’28 decise di porre fine al Nep puntando su una forte industrializzazione, indispensabile per fare della Russia una potenza anche militare. Per fare questo in tempo brevi era necessario che lo Stato intervenisse con decisione nei processi economici 1. Kulaki: l’ostacolo alla creazione di una economia collettiva ed industrializzata viene individuata in questa classe di contadini benestanti accusata di arricchirsi alle spalle dei cittadini e di non consegnare allo Stato la quota di prodotto dovuta. 2. Collettivizzazione del settore agricolo: pi puntò inizialmente sulle requisizioni ai Kulaki ma poiché questa si dimostrò una misura inefficace Stalin decide di passare alla collettivizzazione ed al trasferimento della popolazione rurale nelle fattorie collettive. Contro questa linea si batte Bucharin e una parte del partito che però viene sconfitta da Stalin. Chi rifiuta le fattorie collettive viene deportato in Siberia. I Kulaki vengono sterminati e scompaiono come classe sociale. Una carestia nel ’32 diminuisce naturalmente la popolazione contadina e nel 1939 il 90% dei contadini era ormai nelle fattorie collettive 3. Primo piano quinquennale: nel 1928 viene varato questo primo piano frutto di uno studio politico più che economico quindi di difficile applicazione reale. La crescita industriale fu comunque impressionante, maggiore che nei paesi capitalistici, e possibile grazie all’investimento delle risorse sottratte ai ceti rurali, ad una disciplina quasi militare nelle fabbriche e con la diffusione presso gli operai di una forte spinta ideologica. Ecco allora che i più meritevoli ricevono decorazioni e premi e si diffonde il mito di lavoratori come Stachanov che innesca una sorta di gara a chi produce di più. Il tutto per rispettare gli obiettivi del piano economico 4. Fuori dall’Urss: i successi anche economici di Stalin cominciano a trovare l’ammirazione di partiti di sinistra, laburisti e socialdemocratici. Anche gli intellettuali cominciano a guardare all’Urss come una terra straordinaria. È innegabile che in 10 anni il paese conobbe una crescita mai pensabile prima ma a costo di una politica totalitaria e di milioni di vite umane. Stalinismo: sorretto da un imponente apparato burocratico e poliziesco e dal consenso di milioni di lavoratori, Stalin divenne un capo carismatico, una guida di tutto il popolo russo non diversamente da quanto accadeva in Italia e Germania. Ogni critica veniva tacciata di tradimento 1. Realismo socialista: anche le arti e la cultura vennero poste sotto il controllo del partito. In particolare venne tollerato il solo realismo socialista ovvero la rappresentazione idealizzata della realtà sovietica. 2. Motivazioni dello stalinismo: sono molte le motivazioni che possono spiegare un fenomeno del genere e vanno dalla propensione della Russia, governata per secoli dagli zar, ad individuare un vertice politico assoluto ad una scelta politica assoluta ma obbligata per far fare un forte balzo in avanti all’industria. 3. Grandi purghe: il periodo delle purghe in seno allo stesso partito comincia nel 1934 con l’uccisione, si pensa che il mandante sia lo stesso Stalin, di un membro del partito. Questo atto è usato come pretesto per giudicare, condannare, uccidere ed esiliare numerosi esponenti del partito contrari a Stalin. Le purghe poi si propagano anche alla popolazione civile e colpiscono ogni classe sociale dagli scienziati ai militari. Molte persone vengono rinchiuse nei gulag siberiani. Vengono anche eliminati gli antichi oppositori come Trotzkij che viene ucciso nel 1940 in Messico. Si calcola che dall’inizio della collettivizzazione alla seconda guerra mondiale sono state uccise in Russia 11 milioni di persone. 4. In occidente: gli echi delle purghe arrivano attutiti in occidente sia per l’efficienze della macchina comunicativa sovietica ma anche perche l’Urss era vista come l’ultimo baluardo contro il fascismo. Inoltre, era diffusa l’idea giacobina che la rivoluzione porta sempre il terrore. Politica estera di Hitler: Hitler comincia ad attuare una aggressiva politica estera 1. Ottobre 1933: la Germania abbandona la conferenza di Ginevra dove le maggiori potenze, comprese Usa ed Urss, stavano trattando per la riduzione degli armamenti. Pochi giorni dopo Hitler abbandona la Società delle Nazioni 2. Assassinio di Dolfuss: nel 1934 gruppi nazisti austriaci uccidono il primo ministro Dolfuss. L’obiettivo è quello di unire Austria e Germania, una prospettiva che spaventa Mussolini che invia soldati al confine. Hitler abbandona ogni pretesa sull’Austria in quanto non ancora pronto alla guerra 3. Conferenza di Stresa: dopo la reintroduzione della leva obbligatoria in Germania, pratica proibita dal trattato di Versailles, Italia, Francia e Gran Bretagna si riuniscono a Stresa per condannare la Germania ribadendo la validità degli accordi di Locarno e l’autonomia dell’Austria 4. Politica estera sovietica: anche l’Urss, spaventata dal potere di Hitler, abbandona il suo isolazionismo e stringe accordi con la Francia ed entra nella Società delle Nazioni. Il VII Congresso del Comintern nel 1935 afferma che per prima cosa bisogna pensare a contrastare l’avanzata della destra stringendo accordi sia con i socialisti che con le altre forze democratiche e borghesi. Si gettano le basi per i fronti popolari, ovvero alleanze tra socialisti e comunisti per battere la destra. 1. Stato e partito: in Italia abbiamo in questo periodo due strutture parallele. Da una parte lo Stato che aveva mantenuto il suo impianto e dall’altra il Partito con le sue numerose ramificazioni. Punto di racconto è il Gran consiglio del fascismo, organo anche con importanti funzioni costituzionali, e naturalmente Mussolini. A differenza degli altri regimi totalitari, in Italia lo Stato mantenne una sua specifica funzione per volontà di Mussolini. Così, ad esempio, il regime utilizzava spesso la polizia per controllare l’ordine pubblico e trovare i dissidenti e non le milizie di partito che agivano come corpo ausiliario. 2. Partito fascista: in ogni caso il Partito si ramifica e cresce tanto è vero che ormai la tessera è un fenomeno di massa, obbligatorio se si vuole essere assunti nell’amministrazione pubblica. Organi importanti del partito erano le organizzazioni che regolavano la vita della popolazione. Le organizzazioni più importanti erano quelle giovanili, come i Guf (gruppi fascisti universitari) e soprattutto l’Opera nazionale balilla che fornivano un supplemento educativo soprattutto fisico e paramilitare. È un modo per plasmare la società secondo i nuovi valori fascisti. 3. Chiesa: l’Italia è però anche un paese fortemente cattolico dove la rete di parrocchie e chiese ha un peso non indifferente. L’11 febbraio 1929 si concludono gli accordi tra Mussolini e la Chiesa con la firma dei Patti Lateranensi che si articolano in tre punti: 3..aTrattato internazionale: la Chiesa riconosce la legittimità dello Stato italiano e riconosce la sua capitale. In cambio l’Italia riconosce l’autorità della Chiesa sulla Città del Vaticano. 3..b Convenzione finanziaria: l’Italia si impegna a pagare alla Chiesa un riconoscimento per la privazione del suo Stato 3..cConcordato: regola i rapporti tra Stato italiano e Chiesa. Così, ad esempio, i sacerdoti erano esentanti dal servizio militare, la religione cattolica viene insegnata nelle scuole e si mantengono tutta una serie di organizzazioni come l’Azione Cattolica. Per il regime questi patti rappresentano un successo. Mussolini sostiene che è riuscito dove prima tutti avevano fallito e consolida il suo consenso anche presso l’area cattolica. È un successo anche per la Chiesa che mantiene le strutture dell’Associazione Cattolica che servono a formare numerosi giovani anche se non c’è mai una opposizione al fascismo. 4. Monarchia: è l’altro ostacoli per Mussolini assieme alla Chiesa. Anche se non ha un reale potere è comunque il vertice della politica italiana e nulla impediva, in seguito ad una crisi interna al Pnf, di assumere tutta una serie di poteri. 5. Paese e Paese reale: le immagini della propaganda fascista mostrano un Italia con le immagini di Mussolini ovunque, frasi fasciste sui muri dei palazzi e discorsi del Duce ascoltati da milioni di persone entusiaste. Ma il paese reale non è quello delle immagini di propaganda. A livello statistico, l’economia italiana conosce una crescita un po’ più lenta rispetto gli altri paesi europei, aumenta la popolazione urbana, diminuiscono i lavoratori del settore primario (che sono sempre il 51%) ed aumentano gli impiegati nel secondario e nel terziario. Alla fine degli anni ’30 il reddito medio di un italiano era metà di quello di un francese e un terzo di quello di un inglese. Il regime favorisce la crescita demografica e rilega la donna al ruolo di custode del focolare domestico impedendone l’emancipazione. Durante il fascismo si assiste anche ad un generale calo dei salari In generale l’Italia è un paese ancora arretrato rispetto le altre potenze continentali. Il regime incontra l’entusiasmo soprattutto dei ceti medi mentre l’alta borghesia e gli strati più umili della popolazione sono solo parzialmente toccati dall’ideologia del potere fascista 6. Scuola: la riforma Gentile del ‘23 punta sulle materie umanistiche e sulla severità dell’insegnamento. Il regime successivamente si preoccupa di controllare i libri di testo. Nel complesso, però, gli insegnamenti delle elementari e delle medie presentano solo una generica adesione al fascismo. L’università appare più libera anche se non usa questa libertà per contrastare la cultura fascista. Praticamente tutti i professori firmano il giuramento di fedeltà al regime e sostanzialmente appoggiano il regime. 7. Propaganda: nel 1937 viene creato il Ministero della cultura popolare. La stampa è stata soffocata da 5 decreti negli anni ’20. La radio passa sotto il controllo dell’Eiar nel 1927, ente statale. Ma le radio in Italia sono ancora poco diffuse ed una capillare diffusione dei messaggi radiofonici è possibile solo dopo l’installazione di ripetitori nei luoghi pubblici. Il fascismo finanzia anche il cinema italiano, soprattutto per contrastare le produzioni americane più che per realizzare pellicole di propaganda che era comunque affidata ai cinegiornali dell’istituto Luce che con le immagini poteva raggiungere un ampio pubblico. Economia: tutti i regimi di destra propongono per l’economia una terza via, lontana sia dal comunismo che dal capitalismo americano. Anche il regime fascista propone la sua terza via ovvero un sistema di corporazioni 1. Corporazioni: è una idea di origine medioevale, con le corporazioni delle arti e dei mestieri, che in questo momento storico voleva dire la gestione diretta dell’economia da parte delle categorie produttive organizzate appunto in corporazioni distinte per settore di attività. Questo sistema di fatto non troverà mai una reale applicazione nel paese 2. Prima fase liberista: tra il 1922 ed il 1925 Mussolini ed il ministro dell’economia De Stefani incoraggiano l’iniziativa privata allentando i vincoli statali. Da una parte abbiamo un aumento della produzione ma dall’altro una forte inflazione ed una perdita di valore da parte della lira 3. Svolta del ’25: il nuovo ministro dell’economia è Volpi che inaugura una politica economica protezionistica e che punta alla stabilità ed alla deflazione. C’è anche un forte intervento statale nell’economia 4. Battaglia del grano: nel 1925 viene imposto un dazio sull’importazione di cereali. È un modo per incrementare la produzione nel paese, attraverso anche una serie di miglioramenti tecnologici, e dipendere sempre meno dall’estero. Questo scopo venne raggiunto, le importazioni diminuiscono ed aumenta la produzione a discapito però di alcuni settori come l’allevamento ed il settore frutticolo che vedono diminuire il loro spazio a favore delle coltivazione di cereali 5. Quota novanta: nell’agosto del 1926 Mussolini annuncia di voler portare in alto la lira che entro un anno. L’obiettivo, che appare utopico, è quello di raggiungere lo scambio 90 lire per una sterlina il tutto per dare maggiore stabilità al paese. L’obiettivo viene raggiunto grazie anche all’aiuto delle banche statunitensi. La lira acquista così valore e i prezzi diminuiscono grazie alla maggiore facilità di importazione. Allo stesso tempo, però, aumentano i costi per le esportazioni, con un calo della produzione agricola ed industriale ed anche in generale dei salari. Tutto ciò avvantaggiò le grandi aziende e la concentrazione aziendale. 6. Crisi del ’29: l’Italia, dopo le misure del ’25, seppe affrontare meglio degli altri paesi la crisi in quanto aveva già adottato di fatto misure protezionistiche. Ma la recessione fu pesante causando il crollo dei commerci con l’estero, dell’agricoltura, dei prezzi e dei salari. Aumentarono invece sia i prezzi che la disoccupazione. Il governo interviene in due modi: 6..aGrandi opere pubbliche: come la costruzione di strade, ferrovie e soprattutto la bonifica di alcune zone come l’agro pontino con la relativa costruzione di città nuove. La bonifica fu un successo per il regime, amplificato anche da una vasta opera di propaganda. 6..b Intervento diretto dello Stato: molte banche erano ormai in crisi perché avevano investito nei grandi gruppi industriali colpiti dalla crisi. Mussolini risponde con la creazione dell’Iri, l’istituto per la ricostruzione dell’industria. Con i fondi statali l’Iri entra nel capitale di grandi gruppi industriali come l’Ilva, Ansaldo e Terni. Nel progetto del regime l’Iri doveva essere un ente provvisorio, un aiuto in attesa di una futura riprivatizzazione. Ma la difficoltà di vendere a privati industrie così grandi in momento così difficile fa si che l’Iri non venga sciolta e che lo Stato controlla in questo modo ampie porzioni del secondario. Non si attua però una statalizzazione dell’economia, l’Iri era comunque in mano a tecnici ed anche i privati guardano con piacere a questo tipo di aiuto statale non invadente. 7. Economia di guerra: l’Italia esce dalla crisi a metà degli anni ’30 e meglio di molti altri paesi. Ma Mussolini non sfrutta queste situazioni positive per un miglioramento delle condizioni di vita degli italiani. Anzi, investe molte risorse nel settore militare finanziando una serie di interventi armati, come in Etiopia e in Spagna. Alcune industrie, come quelle chimiche, trassero vantaggi ma in generale l’autarchia rimase un miraggio e la crescita produttiva fu ovunque lenta. 2. Politica estera: non poche perplessità causava la politica estera del Duce a partire dall’amicizia sempre più stretta con la Germania. La guerra appariva ormai imminente e non a caso l’opinione pubblica saluto spontaneamente e calorosamente Mussolini dopo la conferenza di Monaco. È chiaro che l’Italia voleva la pace mentre Mussolini aspirava ad un futuro di guerra e conquiste. Per fare questo era necessario trasformare l’Italia in un paese belligerante e in quest’ottica va letta la campagna di Mussolini contro la borghesia, non come classe sociale ma come atteggiamento mentale di chi ama gli ozi e la vita tranquilla 3. Politica interna: per trasformare l’Italia in un paese a vocazione bellica il partito decide di unificare le varie associazioni giovanili nella Gioventù italiana del littorio. Viene inoltre creato il Ministero della cultura popolare. Risalgono al 1938 le prime leggi razziali contro gli ebrei, una serie di disposizioni simili a quelle tedesche del 1935 che impedivano l’accesso alla professione degli ebrei. Inoltre, un gruppo di sedicenti scienziati firma il manifesto sulla pura razza italiana secondo cui gli italiani discendono dagli ariani e non devono essere contaminati con gli ebrei. In realtà, in Italia gli ebrei sono davvero pochi e non hanno mai subito discriminazioni come in Russia o Germania. Queste leggi hanno l’obiettivo di creare un capro espiatorio e di fomentare le masse ma incontrano la diffidenza sia dell’opinione pubblica che della chiesa cattolica. Il tentativo di trasformare l’Italia in un popolo belligerante sostanzialmente fallisce. I giovani mostrano inizialmente un certo entusiasmo che però si spegne allo scoppio della guerra. CAPITOLO 8. IL TRAMONTO DEL COLONIALISMO. L’ASIA E L’AMERICA LATINA Declino degli imperi coloniali: tra le due guerre l’egemonia europea sugli altri continenti subisce un brusco arresto. I contemporanei sembrano non accorgersi di questo anche perché con l’isolazionismo di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna erano ancora le più grandi potenze nello scacchiere internazionale. Ed anzi, dopo la guerra avevano incamerato anche le colonie tedesche. In realtà, dopo il primo conflitto mondiale le risorse per mantenere un impero così vasto si fanno sempre più limitate e si moltiplicano i segni di insofferenza dei popoli colonizzati 1. Contributo alla guerra: le popolazioni colonizzate hanno partecipato attivamente alla guerra inviando uomini in Europa. In guerra vengono a contatto con una mentalità nazionalistica che esportano anche nei loro paesi al ritorno oltre che una maggiore consapevolezza dei propri meriti e diritti. 2. Russia e Wilson: non vanno dimenticati gli echi della rivoluzione bolscevica e le idee di Wilson sulla sovranità dei popoli. Idee che contribuiscono ad accelerare il processo di decolonizzazione perché si diffondono in tutto il mondo. Lo stesso Wilson a Versailles chiede che le ex-colonia tedesche vengano trattate come mandati, ossia con una amministrazione a carattere temporale per preparare i popoli all’indipendenza 3. Mondo arabo: sono le stesse potenze europee che favoriscono fenomeni di ribellione nelle colonie se i danneggiati sono i propri nemici. Ecco allora che la Gran Bretagna gioca la carta del nazionalismo arabo per combattere i Turchi. Tra il ’15 e il ’16 un delegato britannico incontra Hussein, un capopopolo alla Mecca, promettendo in cambio dell’aiuto militare la creazione di una grande nazione araba dalla Mesopotamia alla Siria. Hussein lancia così una guerra sacra contro la Turchia sotto la supervisione del colonnello inglese Edward Lawrence detto poi Lawrence d’Arabia. Alla fine della guerra Francia ed Inghilterra si spartiscono il Medio Oriente senza lasciare nulla agli arabi. 4. Questione israeliana: Dopo la fine della prima guerra mondiale cadde l’impero turco ed i territori mediorientali controllati da questa potenza vennero affidati dalla Società delle Nazioni alla Francia (Libano e Siria) e all’Inghilterra (Palestina ed Iraq). Gli inglesi promisero agli ebrei un loro stato in Terra Santa dopo 2000 anni di diaspora. E a partire dal 1917 favorirono la migrazione ebrea nella zona della Palestina sotto il controllo britannico 5. Turchia: fra tutti i paesi sconfitti l’impero Ottomano è quello che ha subito la sorte peggiore: drasticamente ridimensionato a livello territoriale perde anche la storica città di Smirne passata alla Grecia. Per risolvere questo stato di cose, il generale Mustafà Kemal guida la riscossa nazionale appoggiato dall’esercito, gli intellettuali e la borghesia. Una assemblea riunita ad Ankara nel 1920 decide così di affidare il compito di liberare la Turchia dagli stranieri a Kemal. In due anni l’impresa fu compiuta: Francia ed Inghilterra abbandonano spontaneamente la zona lasciando la sola Grecia a fronteggiare Kemal. In poco tempo Kemal conquista la città di Smirne, la Turchia riprende possesso dell’Anatolia e controlla i due stretti del Bosforo e del Dardanelli. Nel 1922 viene deposto il sovrano, Kemal assume il titolo di Ataturk, padre dei turchi, e procede alla formazione di uno stato laico e che guarda ad occidente. 6. Commonwealth: fra le potenze coloniali la Gran Bretagna è la prima che capisce che è arrivato il momento di ridimensionare l’impero coloniale a differenza della Francia che reprime moti nazionalisti in Indocina ed Africa. Ecco allora che nel 1926 si rendono di fatto autonomi i domini bianchi, Canada, Sudafrica, Australia, in cambio di un generico giuramento di fedeltà alla corona. Nasce anche il Commonwealth ossia una libera federazione di ex-colonie britanniche unite ancora da accordi economici. 7. India: qui il potere era ancora nelle mani degli inglesi anche se le spinte indipendentiste erano nate già prima della guerra. Durante il conflitto i soldati indiani contribuiscono alla vittoria inglese che promette loro una serie di libertà. Sono però promesse che vengono mantenute solo in parte e non bloccano il movimento nazionalista. Nel 1919 le truppe inglesi nella città di Amristar reprimono nel sangue una manifestazione popolare e nel frattempo aumenta la popolarità di Gandhi, prestigioso leader indipendentista che sollecita ad una lotta non violenta. Il movimento indipendentista diventa un fenomeno di massa e già nel 1919 la Gran Bretagna con il Government of India Act dà maggiore spazio agli indiani nell’amministrazione del paese, allarga il diritto di voto e crea organi politici eletti dagli stessi indiani. Cina: il grande paese asiatico in questi anni conosce una serie di drammatiche vicende. Mentre il Giappone conosce una crescita militare ed economica non indifferente, la Cina subisce anni di sanguinose guerre civili. 1. Generale Shi-Kai: il governo autoritario del generale, al potere dal 1913, non riesce a fermare le proteste e gli scontri nel paese. Intanto il Giappone, alleato con l’Intesa, mira a controllare alcune zone della Cina in possesso della Germania. Shi-Kai decide di entrare in guerra con l’Intesa ma anche se la Cina siede al tavolo dei vincitori viene tratta come una nazione sconfitta ed al Giappone vengono riconosciuti i possedimenti in Cina della Germania, nella regione dello Shatung. 2. Sun Yat-sen: l’umiliazione dopo la guerra mondiale risveglia la causa nazionalista che si raccoglie attorno a Yat-sen. Le forze nazionaliste si battevano contro le decisioni delle potenze occidentali e contro il governo cinese, inetto e corrotto. Nel 1921 Yat-sen forma in Canton un proprio governo che ha l’appoggio anche del Partito comunista cinese nato proprio nel ’21 e che vede tra le sue fila un giovane Mao. 3. Chang Kai-shek: nel 1925 muore Yat-sen e subentra Kai-shek che però guarda con diffidenza ai comunisti. Kai-shek comincia una serie di operazioni militari per rovesciare il governo di Pechino, ottiene una serie di ottimi risultati e nel 1927 a Shangai entra in contrasto con le forze comuniste che avevano liberato da sole la città. Kai-shek distrugge le truppe comuniste e dichiara il partito illegale. Nel 1928 Kai-shek conquista Pechino. I comunisti si riorganizzano nelle campagne mentre in alcune zone del paese, grazie anche all’appoggio del Giappone, alcuni territori sono sotto il controllo degli ex governanti. 4. Invasione della Manciuria: nel 1931 i giapponesi invadono la Manciuria e vi creano uno stato fantoccio utile per cominciare la conquista di altre zone della Cina. Kai-shek come le foze occidentali si dimostra attendista e ciò diede nuovo slancio ai comunisti che si presentano come l’unica forza che tiene al futuro del paese. 5. Mao: Mao individua nei contadini il vero motore del processo rivoluzionario cinese. Negli anni ’30 i comunisti fanno proseliti tra i contadini e si radicano nel mondo rurale. Kai-shek costretto a combattere contro giapponesi e comunisti decide di attaccare prima questi ultimi, non appoggiati dall’Urss che invece aiuta il governo borghese di Kai-shek. Tra il ’31 ed il ’34 numerose e sanguinose azioni costringono i comunisti ad abbandonare le loro postazioni. può penetrare a lungo nella pianura chiudendo in una sacca anche i rinforzi arrivati dall’Inghilterra che sono costretti alla ritirata presso Dunkerque, approfittando di un momentaneo rallentamento dell’offensiva tedesca. 3. Parigi, 14 giugno: i tedeschi entrano a Parigi. Cade il governo assieme alle forze armate e il nuovo primo ministro è Petain, da tempo schierato su posizioni di destra, che firma l’armistizio. Invano il generale De Gaulle lancia via radio da Londra un appello a resistere. In base all’armistizio il nuovo governo di dispone a Vichy nella Francia centro-settentrionale. Petain dà vita ad un governo fantoccio nelle mani dei tedeschi restaurando un clima da ancien regime attribuendo le colpe della sconfitta alle sistema democratico e non all’incapacità degli ufficiali. Ogni rapporto con la Gran Bretagna cessa 4. Italia-Francia, giugno: l’Italia non belligerante crede di poter approfittare della situazione francese per ottenere una facile vittoria. Anche l’opinione pubblica, prima contraria alla guerra, è convinto di questo ed esulta quando Mussolini dichiara guerra alla Francia. Il 21 giugno viene sferrata l’offensiva sulle Alpi in condizioni di netta superiorità e contro un nemico che il giorno dopo avrebbe firmato l’armistizio con la Germania, quindi già sconfitto. Ma l’operazione fu un disastro: la penetrazione nel territorio francese praticamente nulla, le perditi ingenti e l’armistizio firmato il 24 giugno rettificava solo di poco i confini. 5. Mediterraneo, luglio: la flotta italiana subisce due sconfitte contro la flotta inglese nei pressi della Calabria e di Creta 6. Nord Africa, settembre: l’attacco lanciato dalla Libia contro gli inglesi si dovette fermare ben presto per mancanza di mezzi. Gli ufficiali italiani rifiutano l’aiuto tedesco perché Mussolini era convinto che l’Italia doveva combattere una guerra parallela a quella di Hitler. 7. Inghilterra, agosto: Hitler lancia l’operazione Leone Marino che doveva portare alla conquista della Gran Bretagna. Hitler in realtà era già pronto a trattare la pace a costo di veder riconosciuti tutti i territori conquistati. Ma l’Inghilterra di Churchill decide di resistere nonostante ormai fosse la sola a combattere contro la Germania. Per superare la superiorità navale dell’Inghilterra, Hitler decide di avviare una massiccia campagna aerea per bombardare obiettivi militari e città, per fiaccare anche il morale della popolazione. Le forze aree britanniche resistono quanto possono ma non riescono ad evitare il bombardamento di città come Londra. La seconda guerra mondiale mostra la micidiale guerra aerea. La battaglia termina nell’ottobre del 1940 quando Hitler sconfitto abbandona la campagna aerea. 8. Grecia, ottobre: il 28 ottobre l’esercito italiano dall’Albania attacca senza preavviso la Grecia, paese filo-fascista con cui Mussolini fino a quel momento aveva intessuto buoni rapporti. L’attacco fu scagliato per controbilanciare l’espansione tedesca nella zona dopo la conquista della Romania. La campagna greca, preparata in modo approssimativo, si dimostra molto più difficile del previsto a causa della tenace resistenza dei greci che poco dopo passano al contrattacco costringendo l’Italia a ripiegare sul suolo albanese. I vertici militari, primo fra tutti Badoglio, sono costretti alle dimissioni e l’immagine di Mussolini subisce un vero tracollo. 9. Nord Africa, dicembre: gli inglesi passano al contrattacco e conquistano in breve tempo la Cirenaica. Hitler, per non perdere completamente la Libia, invia a Mussolini aiuti che questa volta non vengono rifiutati. Alla guida di Rommel le forze dell’Asse riconquistano la Cirenaica. Intanto, nell’aprile del 1941 l’Italia perde i suoi possedimenti etiopi, eritrei e somali che passano nelle mani degli inglesi 1941 (Jugoslavia & Grecia, Operazione Barbarossa, Pearl Harbor) 1. Jugoslavia e Grecia, aprile: le truppe tedesche ed italiane attaccano simultaneamente la Jugoslavia e la Grecia che in poco tempo capitolano. 2. Operazione Barbarossa, giugno: il 22 giugno 1940 prende il via l’Operazione Barbarossa ovvero l’offensiva tedesca in Urss su un fronte che andava dal Baltico al Mar Nero. I russi non si aspettano un attacco, convinti che Hitler avrebbe invaso la Russia solo dopo aver sconfitto l’Inghilterra, e si fanno trovare del tutto impreparati. Per tutta l’estate il Terzo Reich ottiene importanti successi, penetrando a fondo nel territorio sovietico ed uccidendo centinaia di migliaia di nemici. Vengono riportate importanti successo nelle regioni baltiche e nel sud, in Ucraina e nel Caucaso. Ma l’offensiva a Mosca viene ritardata e all’inizio di ottobre le truppe tedesche sono costrette ad arrestarsi a causa del maltempo che rende impraticabili le strade. All’inizio dell’inverno i tedeschi controllano ancora vastissimi territori Sovietici ma Hitler aveva mancato l’obiettivo principale: mettere fuori gioco la Russia in pochi mesi e adesso era costretto a lasciare il grosso delle sue truppe nelle immense pianure del paese. Comincia così la resistenza dei sovietici che dimostrano di poter incredibilmente sopperire alle perdite sia umane (3 milioni di morti) che di mezzi grazie ad una industria che viene riorganizzata a est del Volga ed un esercito immenso. La guerra in Urss si trasforma in una guerra di usura. 3. Roosevelt, novembre: allo scoppio della guerra gli Stati Uniti avevano deciso di mantenere una posizione di neutralità e di non intervento negli affare europei. Nel novembre del 1940 viene però rieletto Roosevelt per la terza volta e il presidente si batte per fornire aiuti economici e bellici alla Gran Bretagna ormai sola contro la Germania. Il 14 agosto 1941 viene firmata da Roosevelt e Churchill la Carta Atlantica un documento in 8 punti in cui si ribadiva la condanna ad ogni regime dittatoriale in favore della democrazia. 4. Pearl Harbor, dicembre: a trascinare gli Stati Uniti nel conflitto ci pensa la politica del Giappone. Sin dal settembre 1940 Tokyo aveva firmato un patto con Roma e Berlino, il patto tripartito. Approfittando della confusione in Europa, il Giappone nel luglio del ’41 invade l’Indocina francese. In risposta Gran Bretagna e Stati Uniti impongono il blocco delle esportazioni, estremamente dannoso per un paese industrializzato ma povero di materie prime. Il governo di Tokyo è costretto ad una scelta: piegarsi all’occidente lasciando i possedimento in Indocina ed India o scatenare la guerra nel Pacifico, conquistare nuovi territori e procurarsi così le materie prime. Si opta per questa soluzione e il 7 dicembre 1941 viene attaccata senza preavviso e con l’aviazione la flotta degli Stati Uniti a Pearl Harbor. L’operazione è un successo e nei mesi successivi il Giappone, forte della supremazia navale raggiunta, conquista nel corso del 1942 tutti gli obiettivi prefissati: Filippine (prima in mano agli Usa), Malesia e Birmania (in mano inglese) ed Indonesia olandese. Durante la guerra 1. Popoli slavi: Hitler tratta come delle vere e proprie colonie i territori di recente conquista. Particolarmente dura è la sorte delle popolazioni slave ridotte in semischiavitù. Hitler voleva trasformare l’Europa orientale in un immenso campo agricolo utile alla Germania per questo cominciò la distruzione di ogni forma di urbanizzazione ed industrializzazione. Venne proibito anche l’insegnamento e la classe dirigente venne sterminata. Morirono così 6 milioni di russi e 2,5 milioni di polacchi. Questa sottomissione costringe la Germania a lasciare nei paesi occupati una grande quantità di soldati che devono far fronte a tutta una serie di sollevazioni e proteste. 2. Questione ebraica: orribile fu la sorte degli ebrei considerati da Hitler come il principale nemico della Germania. Nei territori occupati gli ebrei vennero rinchiusi nei ghetti ed erano segnati con una stella gialla da portare al braccio. Cominciano a sorgere anche i primi lager dove venivano deportati come forza lavoro, gli abili, o come persone da uccidere nelle camere a gas tutti gli altri. La soluzione finale comincia nel 1942 e viene affidata alle SS 3. Resistenza: in tutti i paesi sottomessi alla Germania nascono forme di resistenza clandestina condotta da piccoli gruppi di antifascisti. Sollevazioni popolari si hanno invece in Jugoslavia e in Grecia nell’estate del 1941. Dopo l’invasione dell’Urss, poi, i gruppi clandestini comunisti cominciano ad impegnarsi in maniera più concreta anche se le difficoltà erano molte ed erano aggravate anche dalle divisioni interne 4. Collaborazionismo: in ogni caso ovunque la Germania trovò una classe dirigente, e non solo, disposta a collaborare per calcolo utilitaristico o per cieca fede nel nazismo. Emblematico è il caso di Vichy la cui accondiscendenza non impedì alla Germania di invadere anche il sud del paese nel 1942. 1942 (Pacifico, Atlantico, Nord Africa, Stalingrado) 1. Onu: il 1 gennaio 1942 nasce l’Onu al quale aderiscono una ventina di nazioni tra le quali Usa, Urss, Cina ed Inghilterra. Sorgono comunque divergenze tra gli Alleati in particolare su dove aprire un nuovo fronte. Stalin lo voleva subito e nell’Europa del nord mentre Churchill premeva per chiudere prima la partita in Africa poi attaccare dall’Europa meridionale. Prevalse questa linea e si decise di sbarcare in Italia durante la Conferenza di Casablanca del 1943. Nella stessa 2..eResistenza armata: subito dopo l’8 settembre le prime formazioni partigiane si radunano sulle montagne dell’Italia centro-settentrionale. Nascono dall’incontro tra i piccoli nuclei antifascisti già attivi ed i soldati italiani che si erano rifiutati di arrendersi ai tedeschi. I partigiani agiscono soprattutto lontano dai centri urbani rendendosi protagonisti di azioni di disturbo e sabotaggio. Ma non mancano nelle città piccoli nuclei, i Gruppi di azione patriottica, che effettuano azioni contro i tedeschi. In alcuni casi i nazisti sono protagonisti di violente rappresaglie come nel caso delle Fosse Ardeatine dopo 335 italiani furono fucilati dopo che una rappresaglia partigiana aveva ucciso 33 tedeschi nel marzo del 1944. Dopo una prima fase di aggregazione spontanea le bande partigiane si organizzano in gruppi abbastanza attivi: 2..e..i Brigate Garibaldi: molto numerose e di ispirazione comunista 2..e..ii Giustizia e Libertà: anch’esse numerose 2..e..iii Brigate Matteotti: legate ai socialisti 2..e..iv Gruppi cattolici, liberali, autonomi e monarchici. 2..f Partiti antifascisti: nei 45 giorni tra la caduta di Mussolini e l’armistizio di Badoglio nascono una serie di partiti che si vanno ad affiancare al Pci che aveva continuato la sua azione clandestina anche sotto il regime. Ecco allora il Partito d’Azione, la Democrazia Cristiana, il Partito Liberale, il Partito repubblicano ed il Partito socialista di unità proletaria. Dopo l’8 settembre questi partiti si uniscono a Roma nel Comitato di liberazione nazionale (Cln) incitando la popolazione alla resistenza. Il Cln chiede anche la sostituzione di Badoglio. Ma il Cln, partiti piccoli e divisi tra destra e sinistra, non hanno un peso così grande e Badoglio è appoggiato dagli Alleati in quanto garante dell’armistizio. 2..g Svolta di Salerno, marzo 1944: Togliatti dopo un esilio ventennale in Urss torna in Italia e appena sbarcato a Napoli decide di scavalcare il Cln e formare un governo di unità nazionale con il Re, Badoglio e alcuni esponenti del Cln. Una scelta in armonia con l’Urss, che aveva riconosciuto Badoglio, e realistica: prima di tutto bisognava combattere uniti contro il fascismo. Svolta di Salerno perché proprio nella città campana era la capitale del Regno del Sud. Il 24 aprile 1944 nasce questo primo governo di unità nazionale presieduto da Badoglio. 2..h Liberazione di Roma e resistenza: dopo la liberazione della capitale nel giungo del 1944 Badoglio come promesso di dimette, come anche Vittorio Emanuele III che lascia ogni incarico al figlio Umberto, e Bonomi diventa presidente del consiglio. Ciò rafforza le azioni partigiane nel nord del paese che si dotano di un comando unificato proprio nel giugno del 1944. La repressione dei tedeschi è feroce, come a Marzabotto dove vengono uccise 770 persone, ma molte città come Firenze vengono liberate prima dell’arrivo degli Alleati. Sorgono anche repubbliche partigiane autonome nel nord del paese. Non mancano le difficoltà, soprattutto nell’inverno tra il ’44 ed il ’45, quando il generale inglese Alexander invita i partigiani a sospendere le loro azioni. Ciò provoca una divisione sia all’interno della resistenza sia tra resistenza e governo Bonomi. Ma nella primavera del 1945 la Resistenza riprende la sua attività forte di 200mila uomini. 3. Fronte orientale: intanto alla fine del 1943 l’Armata Rossa sfonda il fronte orientale e si avvicina a Berlino. L’Urss assume nell’Alleanza un peso sempre maggiore che fa valere alla Conferenza di Teheran alla fine del 1943 dove si incontrano Stalin, Churchill e Roosevelt. Stalin ottiene l’apertura di un nuovo fronte a nord, e precisamente in Normandia. 1944 1. Normandia: il 6 giugno 1944 scatta l’operazione Overlord, ovvero lo sbarco in Normandia, una zona protetta dai tedeschi con il Vallo Atlantico. Il dispiegamento di forze è impressionante e lo sbarco comincia con bombardamenti e dispiegamento di paracadutisti. I tedeschi resistono ma gli Alleati sbarcano in ogni modo sfondando dopo settimane di combattimento le linee nemiche. Il 25 agosto 1944 gli Alleati entrano in una Parigi già liberata dai partigiani. L’esercito tedesco è in rotta ma Hitler impone la resistenza ad oltranza. 2. Fine dell’Asse, autunno: nell’autunno abbandonano Hitler la Romania, la Polonia, l’Ungheria e la Finlandia che chiedono l’armistizio agli Alleati. Cominciano i bombardamenti sulla Germania, metà dei quali su obiettivi civili per fiaccarla resistenza della popolazione. Hitler non si arrende: spera in nuove armi segrete e in una rottura dei rapporti fra Urss ed occidente. Speranza del tutto infondata. 3. Italia, settembre: gli Alleati raggiungono la linea Gotica, la seconda linea difensiva tedesca tra Adriatico e Tirreno. L’Italia per un altro inverno sarà divisa in due tronconi. 1945 1. Conferenza di Yalta: nel febbraio del 1945 Gran Bretagna, Urss e Usa si riuniscono a Yalta, in Crimea, dove si stabilisce che la Germania sarebbe stata divisa in 4 zone di occupazione, una delle quali spettava alla Francia, e che i paesi liberati avrebbero potuto godere di libere elezioni 2. Offensiva su tutti i fronti: i sovietici dopo la conquista di Varsavia puntano su Berlino liberando nel frattempo l’Ungheria e la Cecoslovacchia. Anche Gran Bretagna e Stati Uniti puntano sulla Germania dopo aver attraversato il Reno. Il 25 aprile l’Italia è libera e i tedeschi abbandonano anche Milano. Mussolini in fuga viene catturato e ucciso il 28 aprile. Il 30 aprile si suicida Hitler. Il 7 maggio 1945 la Germania firma la resa. La guerra finisce un giorno dopo. 3. Bomba atomica: a partire dal 1943 gli Stati Uniti hanno cominciato una lenta controffensiva ai danni del Giappone. Alla fine del ’44 la superiorità americana era evidente con gli aerei che ormai bombardavano le città nipponiche. Con la fine della guerra in Europa, gli Usa possono concentrare tutti gli sforzi sul fronte Pacifico dove i nemici non vogliono arrendersi a costo di attacchi kamikaze con aerei imbottiti di esplosivo. Per porre fine ad una guerra che rischiava di essere troppo lunga e per dare una dimostrazione di forza soprattutto all’Urss, il presidente Truman decide di utilizzare la bomba atomica. Il 6 agosto 1945 viene bombardata Hiroshima, il 9 Nagasaki. I morti sono numerosi, la distruzione totale e le conseguenze a lungo termine drammatiche. Il 15 agosto il Giappone offre la resa senza condizioni. Il 2 settembre finisce la seconda guerra mondiale. CAPITOLO 10. IL MONDO DIVISO Le conseguenze della seconda guerra mondiale: la seconda guerra mondiale viene vista oggi come uno spartiacque nella storia e le cui conseguenze si fanno sentire ancora oggi. Pochi avvenimenti nella storia hanno avuto un riflesso così forte non solo sulla politica, globale ma anche dei singoli Stati, ma anche sulla psicologia delle persone: 1. Trionfo delle democrazie e fine dei totalitarismi 2. Nuova mappa dell’Europa: con la Germania che ad esempio perde la sua unità territoriale 3. Superpotenze: l’Europa sia avvia verso un veloce declino. Gran Bretagna e Francia escono vincitrici dalla guerra ma perdono le colonie e soprattutto perdono peso nello scacchiere internazionale. Emergono due grandi potenze: Stati Uniti e Urss. Entrambe sono territori immensi, ricchi di risorse naturali, con un grande esercito ed un grande apparato industriale. Entrambe hanno una vocazione globale e sono portatrici di un messaggio fortemente ideologico: 3..aModello americano: si basa su una democrazia con più partiti, su una economia liberale dove lo Stato ha un ruolo marginale, dove la concorrenza è molta e dove l’obiettivo principale è il successo individuale prima di tutto economico 3..b Modello sovietico: c’è un unico partito, lo Stato ha un ruolo enorme nell’economia dove tutto è centralizzato, c’è una visione collettiva ed anti-individualistica della società che si basa sul sacrificio. 4. Contraccolpi psicologici: la guerra ha causato 50 milioni di morti, i 2/3 dei quali civili. È poi una guerra diversa dal passato con l’uso di bombe anche sulle città che ha causato una morte di massa. Senza dimenticare la soluzione finale, il linguaggio delle minacce e della violenza. È la Dottrina Truman, ovvero gli Stati Uniti sono pronti ad intervenire ovunque ci siano popoli oppressi da forze esterne 2. Piano Marshall: nel giugno 1947 gli Stati Uniti mettono a punto un vasto piano di aiuti economici che prende il nome del segretario di Stato americano. I sovietici rifiutano tali aiuti in quanto temevano si trattasse di uno strumento per legare l’Europa all’influenza statunitense. Ed imposero anche ai loro satelliti di fare altrettanto. Tra il 1948 ed il 1952 il piano Marshall riversa sull’Europa 13 miliardi di dollari fra prestiti, aiuti materiali e strumenti per la ricostruzione. Il tutto permette alle economie occidentali di ripartire appianando anche le tensioni sociali 3. Cominform: l’Ufficio di informazione dei partiti comunisti voluta da Stalin per sostituire la disciolta Terza Internazionale nasce nel 1947. Vi partecipano i membri dei partiti comunisti dei paesi satelliti e di Francia ed Italia 4. Problema tedesco: la Germania è divisa in quattro zone di influenza come la sua capitale Berlino. Saltata ogni mediazione con l’Urss, Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia decidono di unificare le loro zone di influenza aiutando il paese con una serie di aiuti e col piano Marshall. Stalin risponde con il blocco di Berlino nel 1948 ovvero la chiusura di ogni via d’accesso per evitare i rifornimenti alla città. Il blocco viene eluso con un ponte aereo americano. Stalin toglie così il blocco nel 1949. In quest’anno nasce la Repubblica federale tedesca, con l’unione delle tre zone occidentali, e la Repubblica democratica tedesca, sotto il controllo dell’Urss. 5. Patto Atlantico e Patto di Varsavia: le potenze occidentali firmano nel 1949 una alleanza difensiva militare. Nasce anche la Nato un organismo militare integrato con soldati di tutti i paesi del Patto Atlantico. Allo stesso modo, nel 1955, l’Urss risponde con il Patto di Varsavia firmato dai suoi paesi satelliti Urss: la politica repressiva staliniana non termina con la fine della guerra mondiale. Continuano le purghe, le repressioni, il controllo dei mezzi di informazioni e della cultura. Senza dimenticare che Stalin pretese comunque le riparazioni dai paesi satelliti sotto il dominio dell’Armata Rossa. 1. Economia: senza aiuti occidentali ma anche grazie alle riparazioni riprendere a girare l’economia sovietica, soprattutto il settore dell’industria pesante ai danni dell’agricoltura e del settore dei beni di consumo il che causò ristrettezze nella vita dei russi. L’Urss comincia una vasta serie di riforme economiche nei paesi satelliti a partire dalla collettivizzazione del settore agricolo ai danni del latifondo e dalla nazionalizzazione delle banche, del commercio, delle miniere e di importanti industrie. Il ch si traduce in una costante crescita economica. Ma ad ogni modo l’economia dell’intera Europa orientale dipendeva dalle scelte di Mosca a partire dal prezzo dei beni scambiati 2. Bomba atomica: nel 1949 l’Urss fa esplodere la sua prima bomba atomica 3. Politica estera: i paesi dell’Europa orientale occupati dall’Armata Rossa si trasformano, in maniera forzata, in repubbliche popolari che li fanno diventare di fatto paesi satelliti dell’Urss 3..aPolonia: per Stalin la Polonia era una minaccia per la sicurezza dal momento che nelle due guerre i nemici erano arrivati proprio attraversando quel paese. È necessario, dunque, che il governo polacco sia molto fedele a quello sovietico. Con accordi interalleati si insedia a Varsavia nel 1945 un governo molto vicino a Stalin e nelle elezioni del 1947, certamente non libere, trionfarono i comunisti 3..b Cecoslovacchia: le elezioni del 1946 vennero vinte dai comunisti ma il governo si spacca quando è il momento di decidere sul piano Marshall. I comunisti, contrari all’aiuto americano, lanciano una offensiva violenta contro le altre forze politiche e nelle elezioni del 1948 ottengono una schiacciante vittoria elettorale. 3..cJugoslavia: i comunisti di Tito si impongono senza aiuti al governo grazie al fatto che il loro leader era un esponente di primo piano della resistenza che senza l’aiuto dell’Armata Rossa si era liberata dell’invasore. Tito comincia lo scisma con l’Urss nel 1948. Stalin risponde con la sospensione di ogni collaborazione economica ed isolando i comunisti jugoslavi. Tito resiste all’isolamento e comincia una propria politica sia estera, con una terza via tra occidente ed Urss, ed intera, con la ricerca di un equilibrio tra statalizzazione ed impresa privata. Ma anche in Jugoslavia non mancano le purghe contro i nemici politici e certo la crescita economica è sempre relativa. Ad ogni modo l’occidente guarda con grande interesse a questo scisma di Tito Usa: gli Stati Uniti non hanno il problema della ricostruzione ma devono affrontare il problema della riconversione della propria industria che durante la guerra aveva conosciuto una straordinaria produzione bellica. Comincia anche una nuova politica con Truman: 1. Fair Deal: il giusto patto, che mirava a portare avanti la politica interna di Roosevelt, venne realizzato solo in parte a causa dell’ostruzione del Congresso a maggioranza repubblicana. Inoltre, c’è da affrontare il deficit statale gravato dai presiti all’Europa e dalle spese di guerra. Il costo della vita aumenta e per questo gli operai scendono nelle piazze chiedendo aumenti salariali. Il congresso, nel 1947, risponde con una legge conservatrice, non voluta da Truman, che impediva agli operai delle industrie di interesse nazionale di scioperare. In ogni caso con Truman proseguono una serie di riforme sociali già volute da Roosevelt. 2. Maccartismo: i primi anni ’50 sono anche gli anni del maccartismo e della caccia alle streghe ovvero una paranoica caccia al comunista o al simpatizzante tale tra i cittadini americani. Nel 1950 il Congresso approva la Internal security act che facilita l’epurazione e l’emarginazione di chi nella pubblica amministrazione e nella politica era accusato di essere comunista. Europa: anche in Europa la fine della guerra e la guerra fredda causarono non pochi contrasti interni che sfociarono, come nel caso della Francia, in crisi politiche: 1. Gran Bretagna: nel 1945 Churchill viene battuto dai laburisti che una volta al governo nazionalizzano la Banca d’Inghilterra ed una serie di settori come l’industria siderurgica e i trasporti. Viene introdotto anche un Servizio sanitario nazionale gratuito e comincia il Welfare state con l’obiettivo di assistere il cittadino dalla nascita alla morte. Il Welfare state fece aumentare la spesa pubblica il che rallentò l’economia causando la sconfitta dei laburisti alle elezioni del 1951 2. Francia: il governo di De Gaulle, ’44-’45, varò una serie di nazionalizzazioni. Ma il generale abbandona polemicamente il governo per protestare contro il forte potere dei 3 principali partiti. Una prima costituzione venne scritta dai tre principali partiti ma venne bocciata con un referendum nel 1946. Una seconda costituzione, molto simile alla precedente che prevedeva sempre una repubblica parlamentare, venne invece approvata nel 1947. A maggio dello stesso anno si rompe l’armonia tra i 3 partiti con l’uscita dei comunisti dal governo. Da allora la Francia vive un lungo periodo di incertezza politica 3. Germania: paradossalmente è la Germania che mostra i più veloci segni di ripresa. A fine guerra la situazione è drammatica e il paese deve anche accogliere 10 milioni di profughi provenienti dai territori ora in mano alla Polonia. Nel 1949 viene approvata una costituzione che manteneva un impianto federale ma a differenza di quella di Weimar limitava il potere del presidente della Repubblica ed impediva la frammentazione in parlamento. Mentre la Germania Est diventa una repubblica popolare e la sua crescita economica è rallentata dalla presenza dell’Urss, la repubblica federale conosce un grande sviluppo grazie alla stabilità politica, gli aiuti americani e la manodopera degli immigrati Giappone: esce dalla guerra in condizioni simili a quelle tedesche. Il paese passa sotto il controllo del generale Mac Arthur e nel 1946 gli americani impongono una costituzione che mantiene l’imperatore che ora però deve accettare una monarchia costituzionale ed un sistema parlamentare. 1. Economia: nel corso degli anni ’50 anche grazie agli aiuti americani, il Giappone diventa il motore dell’economia asiatica. In particolare, è geniale l’idea di puntare su settori in grande ascesa come quello automobilistico, elettronico e dell’alta tecnologia. Una scelta felice soprattutto in un paese privo di risorse naturali. In breve tempo il Giappone diventa la terza potenza economica globale. 3..aComunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca): nasce nel 1951 ed ha tra i suoi Stati Francia, Germania Ovest, Italia, Belgio e Lussemburgo. L’obiettivo è quello di facilitare la coordinazione di produzione e prezzi della grande industria 3..bComunità economica europea (Cee): nasce a Roma nel 1957 con la firma dei Ceca più Olanda. Obbiettivo primario è la creazione di un mercato unico mediante l’abbassamento dei dazi. Organi della Cee sono: 3..b..i Commissione: organo tecnico per predisporre piano di intervento 3..b..ii Corte di giustizia: per le controversie tra Stati 3..b..iii Consiglio dei ministri: con delegati di paesi membri 3..b..iv Parlamento europeo: prima con delegati nazionali poi eletto Francia: dopo la rottura della coalizione dei tre partiti di massa il paese vive una decennale crisi politica acuita dalla fine dell’impero coloniale. 1. Algeria: alla formazione di un movimento indipendentista nella colonia il governo, forte dell’appoggio dell’opinione pubblica, rispose con una dura repressione. Nel 1958 quando si comincia a far strada l’ipotesi di una trattativa con i ribelli, i francesi algerini appoggiati dai militari minacciano in colpo di Stato. Nel pieno della crisi il presidente della repubblica chiama De Gaulle, da anni in orgoglioso isolamento, per formare un nuovo governo di coalizione. Il 2 giugno l’assemblea nazionale decide di dare poteri straordinari a De Gaulle 2. Costituzione della Quinta repubblica: la nuova costituzione rafforza i poteri del presidente della repubblica che ha il potere di nominare il capo del governo, sciogliere le camere ed indire referendum. La costituzione passa col voto dell’80% dei cittadini. Il parlamento elegge De Gaulle nuovo presidente della Repubblica che completa la riforma costituzionale introducendo l’elezione da parte del popolo del presidente stesso. 3. Governo De Gaulle: De Gaulle si rende subito conto che è impossibile mantenere l’Algeria come promesso ai sostenitori. Si aprono così le trattative con i ribelli che si concludono nel 1962 con gli accordi di Evian. I francesi si rassegnano alla perdita della colonia. Intanto, il generale comincia una politica che mira a fare della Francia il paese di riferimento in Europa, ai danni degli Stati Uniti. Ecco allora che il paese si dota della bomba atomica, esce dal Patto Atlantico ma non dalla Nato e si oppone alla Cee perché contraria alle intenzioni egemoni della Francia. CAPITOLO 11. LA DECOLONIZZAZIONE E IL TERZO MONDO Decolonizzazione: è un fenomeno già iniziato dopo il primo conflitto mondiale e che subisce una decisiva accelerazione dopo il secondo conflitto. A guerra finita le forze armate delle colonie rimasero attive, anche perché durante la guerra aiutate dalle potenze occidentali per creare difficoltà al nemico, e cominciano a battersi contro il dominio coloniale avendo una maggiore coscienza dei propri diritti e mezzi 1. Ruolo di Usa ed Urss: le due superpotenze appoggiano i movimenti indipendentisti sia per porre fine ad uno schema mondiale eurocentrico sia per assumere in qualche modo il controllo delle ex-colonie. 2. Onu: l’Onu, come prima la Carta Atlantica, si basa sul principio di autodeterminazione dei popoli che devono scegliere autonomamente la loro forma di governo 3. Decolonizzazione e rapporto con l’Europa: il movimento di decolonizzazione fu diverso da paese a paese. Incruento in India violento in Algeria. In ogni caso continua una forte dipendenza con il dominatore europeo e non può essere altrimenti, pensiamo solo all’inglese in India, dopo secoli di dominio. 4. Fallimento delle democrazie: quasi mai, però, le ex-colonie si dotano di organismi democratici finendo quasi sempre per diventare degli stati dittatoriali, sia con ispirazione di destra che di sinistra. Le motivazioni sono diverse: 4..aPeso di una tradizione originale diversa da quella europea 4..bIl fatto che l’Europa ha mostrato nelle colonie solo il lato dispotico 4..cMancanza di uno sviluppo economico e di una borghesia che favorisce il potere di una élite aristocratica Asia: il continente asiatico è il primo ad avviare movimenti di decolonizzazione soprattutto grazie al fatto che erano rimasti ben radicate nella popolazione tutte una serie di usanze e di cultura molto profonde, millenarie che il dominio europeo non aveva cancellato. Inoltre, le classi abbienti locali si erano formate nelle università europee mantenendo forti contatti con la propria terra d’origine: 1. India: già dopo la fine della prima guerra mondiale il Partito del congresso e soprattutto Gandhi erano le espressioni di una forte volontà di emancipazione dalla Gran Bretagna. A guerra finita, i colonizzatori aprono i trattati che si concludono con il trasferimento di sovranità. Nascono due stati distinti: India e Pakistan, diviso in due tronconi. È il 1947 e questa soluzione non soddisfa a pieno Gandhi che voleva un unico paese, laico, dove musulmani ed induisti potevano convivere. Si moltiplicano però dopo l’indipendenza gli scontri tra le due religioni e lo stesso Gandhi muore per mano di un fanatico induista. L’India indipendente ha comunque non pochi problemi: povertà cronica, sovrappopolamento e sistema delle caste. In generale, però, le istituzioni democratiche e parlamentari ressero bene l’urto non cedendo alle pressioni autoritarie. 2. Vietnam: i comunisti sotto la guida di Ho Chi-minh assumono un ruolo preminente nella lega che si batte per l’indipendenza del paese. A guerra finita Ho Chi-minh dichiara la nascita della repubblica popolare con capitale ad Hanoi. I francesi non riconoscono questo stato e comincia uno scontro nella regione con i vietnamiti che tramite la tecnica della guerriglia riescono a logorare il nemico. Nel 1954 viene sancita la divisione del Vietnam in Nord e Sud Medio Oriente: già nei primi decenni del secolo nella regione si forma un forte movimento nazionale arabo prima contro l’impero ottomano poi contro Gran Bretagna e Francia. Il movimento ha due direttrici: quella tradizionalista che si rifà totalmente al Corano e quella laica e nazionalista più attenta alla modernizzazione prima di tutto economica. Alla fine prevalse questa seconda tendenza. 1. Questione ebraica: durante la guerra il movimento sionista preme per la creazione di uno stato indipendente anche per contenere la crescente emigrazione dall’Europa nazista. Agli occhi dell’opinione pubblica queste rivendicazioni sono legittime anche dopo la scoperta dei lager. La causa sionista venne appoggiata dagli Stati Uniti ma non dalla Gran Bretagna preoccupata di non inimicarsi gli stati arabi vicini. Gruppi armati ebrei cominciano ad attaccare i britannici nella regione e così il paese rimette ogni decisione all’Onu annunciano l’abbandono dell’area nel 1948. L’Onu decide per la creazione di due stati nella zona, uno ebraico ed uno palestinese, ma sono i paesi arabi vicini ad opporsi a questa soluzione. Nel maggio del 1948 gli inglesi lasciano la zona e gli ebrei proclamano la nascita dello Stato di Israele. La lega araba attacca e tra il maggio del ’48 e il gennaio del ’49 scoppia la prima guerra arabo – israeliana che si risolse con la sconfitta degli arabi male equipaggiati e male organizzati. Israele diventa, nonostante le ridotte dimensioni, un paese industrializzato, efficiente e forte sia politicamente che militarmente. Dopo la guerra Israele si amplia rispetto agli spazi assegnati dall’Onu occupando anche la parte occidentale di Israele. Allo stesso modo la Giordania sottrae spazi all’ipotizzato stato palestinese. 10 milioni di profughi lasciano la loro terra e si riversano negli stati arabi vicini 2. Egitto: formalmente indipendente nel ’22 ma di fatto sempre legato alla Gran Bretagna che continua ad avere il controllo del canale di Suez, l’Egitto conosce una nuova scossa nel 1952 quando il generale Nasser rovescia la monarchia ed 2. Divisioni interne: il movimento però non è compatto. Gli stati nel 1973 sono ormai 75 ma tra di loro ci sono potenze filo-occidentali ed altre filo-orientali come Cina, Corea del Nord e Cuba. 3. Povertà e sottosviluppo: in ogni caso i paesi del Terzo Mondo sono assai arretrati economicamente, sia a livello agricolo che a livello industriale, ed appaiono ai margini del mondo per quanto riguarda gli scambi commerciali. Al di là delle differenze tra paese e paese ci sono una serie di drammatici fattori in comune: sovrappopolamento, bidonville ai margini delle città ed accuse all’occidente per essersi arricchito sulle spalle di questi paesi America Latina: in questo continente l’indipendenza politica era da tempo raggiunta ma l’indipendenza economica era ancora lontana a causa di una forte presenza nell’area degli Stati Uniti. Se nel caso del Messico gli aiuti americani concorsero ala crescita del paese lo stesso non si può dire per paesi dell’America centrale dove gli industriali, appoggiati spesso dal governo di Washington, trovavano alleati nell’oligarchia terriera locale per fermare ogni forma di rinnovamento. 1. Organizzazione degli Stati americani: nel 1948 nasce questa organizzazione che ha l’obiettivo di facilitare la cooperazione economica e politica dei paesi di quest’area. Alle spalle ci sono sempre gli Usa ch favoriscono in ogni modo la stabilità nella zona per evitare derive comuniste. 2. Economia durante la guerra: durante la seconda guerra mondiale i paesi de Sudamerica approfittano dell’aumento delle materie prime, dei prodotti industriali e degli spazi commerciali lasciati liberi dagli Stai Uniti per aumentare le loro esportazioni e far crescere l’economia nazionale. è una crescita limitata ma che comunque favorisce sia la nascita del proletariato urbano sia lo sviluppo di una classe media nazionalista ed avversa ai vecchi poteri oligarchici. 3. Argentina: nel 1946 viene instaurato il regime del colonnello Peron. In politica si hanno incentivi all’industria, aumento dei salari, lotta ai monopoli e statalizzazione dei servizi pubblici. Il riformismo di Peron fece breccia sia fra i ceti medi sia nella classe popolare anche se il suo governo è sempre di stampo autoritario con una sistematica repressione delle opposizioni ed il controllo della stampa. Peron mantenne stabile il suo potere fino a quando la congiura economica era favorevole. Infatti nel 1955 viene rovesciato dai militari. 4. Brasile: nel 1945 i militari rovesciano il governo populista di Vargas che torna al potere nel 1950. Il suo governo viene però travolto dalle difficoltà economiche e nuovamente rovesciato. I successori tentano di rendere solida l’economia del paese con il non allineamento e dando vita ad una serie di lavori pubblici come la costruzione della nuova capitale Brasilia. Ma ormai il paese dipendenza dall’estero e al suo interno non mancano squilibri sociali 5. Cuba: il regime di Batista viene rovesciato da Fidel Castro nel 1959. All’inizio il governo rivoluzionario si mantenne su posizioni democratiche e riformiste ma in breve tempo la situazione cambiò. Castro colpisce il monopolio della United Fruit che controllava la produzione della canna da zucchero sull’isola. Gli Usa assumono a questo punto un atteggiamento ostile e Castro di contro si avvicina all’Urss che non esita a garantire il proprio aiuto. Castro statalizza l’economia e crea un unico partito. Cuba diventa un paese comunista a poca distanza dagli Stati Uniti e anche grazie a Che Guevara esporta l’ideale rivoluzionario nel mondo. CAPITOLO 12. L’ITALIA DOPO IL FASCISMO Un paese sconfitto: dopo la guerra l’Italia si trova a fare i conti sia con una economia debolissima sia con lo status di nazione sconfitta. I danni inferti al sistema industriale ed agricolo sono incalcolabili e ciò ha un riflesso anche sugli approvvigionamenti alimentari. L’inflazione sembra inarrestabile, il sistema dei trasporti (strade, autostrade, ferrovie) a pezzi e danni ingenti sono stati causati anche all’edilizia abitativa. Anche l’indice di disoccupazione è molto alto. Ciò provoca non pochi disagi sociali: 1. Italia settentrionale: le lotte sociali prendono nuovo slancio dopo la guerra. I leader della sinistra faticano a contenerle. Inoltre, alcuni ex-partigiani poco inclini ad abbandonare le armi si rendono protagonisti di fenomeni di violenza sommaria contro gli ex-fascisti 2. Italia centro-settentrionale: come nel primo dopoguerra vengono occupati latifondi e terre incolte 3. Italia meridionale: la malavita fa affari d’oro con la borsa nera ed il commercio clandestino. Senza dimenticare il fenomeno mafioso che dopo lo sbarco degli Alleati ha ricevuto nuovo impulso proprio grazie agli aiuti americani che utilizzavano i capimafia per entrare in contatto con la popolazione siciliana. Durante l’avanzata degli Alleati si forma anche un movimento indipendentista siciliano che aveva anche un esercito clandestino. Queste formazioni armate vengono disperse dal governo postliberazione ma alcuni uomini, come Salvatore Giuliano, danno vita al fenomeno del banditismo 4. Disgregazione: il paese appariva diviso in due. Al Sud l’Italia aveva mantenuto i vecchi equilibri sotto il controllo degli Alleati mentre al Nord la popolazione aveva vissuto l’occupazione tedesca e la guerra civile. Proprio dal nord, il vento del nord, parte un fenomeni di rinnovamento che però si scontra con le oggettive condizioni dell’Italia che è pur sempre un paese sconfitto e che non poteva fare a meno degli aiuti alleati. Politica post-liberazione: le forze politiche che si candidavano alla guida del paese erano pressappoco le stesse già attive prima di Mussolini. In ogni caso il ritorno alla democrazia aveva favorito la formazione di partiti di massa ed aveva accresciuto la partecipazione politica: 1. Partito socialista: grazie alla popolarità di Nenni era il partito destinato ad avere il controllo della politica. Ma la sua classe dirigente era tutta’altro che compatta, divisa tra spinte rivoluzionarie filo-sovietiche e spinte riformatrici più moderate. 2. Partito comunista: si presenta come la forza che in maniera decisiva ha combattuto il fascismo. Il nuovo partito di Togliatti vuole essere innanzitutto un partito di massa, che vuole allargare la propria base non solo agli operai e che senza rinnegare il proprio passato vicino all’Urss vuole inserirsi nelle istituzioni democratiche e parlamentari 3. Democrazia cristiana: è l’unico che con la sua partecipazione di massa sembra in grado di competere con comunisti e socialisti. La Dc di De Gasperi si richiama al Partito Popolare di Sturzo anche se gode di un maggiore appoggio da parte della Chiesa 4. Partito Liberale: cerca una mediazione tra destra e sinistra comunista. Al suo interno ha personaggi illustri come Croce ed Einaudi. 5. Partito repubblicano 6. Partito d’azione: molti dei suoi dirigenti sono popolari leader antifascisti come Parri e Lussu. È una formazione moderna che mira alla nazionalizzazione della grande industria, ad una riforma agraria e allo sviluppo delle autonomie locali. È un partito, però, senza una forte base popolare. 7. L’uomo qualunque: partito nato dopo il successo dell’omonimo giornale di Guglielmo Giannini si rivolge all’uomo qualunque difendendone i suoi interessi e rifiutando di prendere una forte posizione ideologica. L’elettorato è soprattutto la classe media del centro-sud spaventata dall’avanzare delle sinistre. È un fenomeno che si esaurisce già nel ‘47 8. Cgil: il sindacato aveva al suo interno una forte componente comunista ed una minor componente cattolica. In questi anni si distingue per una serie di conquiste sindacali. Dalla liberazione alla repubblica: il primo confronto tra i partiti avviene quando è il momento di scegliere il successore di Bonomi, al vertice di un governo Cln provvisorio. Dopo un lungo braccio di ferro tra socialisti e Dc viene scelto Ferruccio Parri, esponente di una formazione minore come il Partito d’Azione ma rispettato in quanto membro della resistenza. 1. Governi Parri: all’ordine del giorno c’è la spinosa questione dell’epurazione. Il governo annuncia anche forti tasse per la grande imprese in modo da favorire Trieste all’Italia ma questa soluzione venne riconosciuta solo nel 1975. L’Italia intanto sceglie di stare con il blocco occidentale accettando gli aiuti americani ed aderendo al Patto Atlantico. 3. Centrismo: nonostante l’egemonia della Dc, il partito di De Gasperi al governo dal ’48 al ’53 cerca sempre l’appoggio delle forze minoritarie di centro come Pli, Pri e socialdemocratici. È il centrismo della Dc attuato in modo da lascia sempre meno spazio sia alla sinistra che alla destra estrema. La politica centrista vara una moderata serie di riforme: 3..aRiforma agraria: per rafforzare la piccola proprietà terriera si procede ad espropri delle grande proprietà i cui appezzamenti vengono distribuiti ai piccoli contadini. Ma questa riforma si dimostra fallimentare: le piccole aziende agricole sono poco vitali e non si arresta l’emigrazione verso le campagne 3..bCassa del Mezzogiorno: nel 1950 nasce questo ente pubblico che aveva lo scopo sia di incentivare con denaro statale la creazione di infrastrutture (strade, centrali elettriche, acquedotti) al sud sia di stimolare l’industrializzazione del meridione con sgravi e vantaggi per chi investe nel Mezzogiorno. Ma l’ingente iniziazione di denaro non raggiunge gli effetti sperati. 4. Legge truffa ed elezioni del 1953: De Gasperi per fronteggiare l’ostilità delle sinistre e l’avanzare della destra, in prospettiva delle elezioni del ’53, vara una legge per rendere inattaccabile la coalizione centrista. È la legge che viene ribattezzata legge truffa perché dà alla coalizione con il 51% dei voti un premio di maggioranza che le permette di avere il 65% della Camera. Naturalmente, né l’opposizione di sinistra né quella di destra poteva aspirare al 51% dei voti quindi si tratta di una legge a misura dei centristi. Ma alle elezioni del 1953 la Dc manca l’obiettivo del 51% per pochi voti, il premio di maggioranza non scatta e la Dc deve registrare la prima sconfitta 5. Nuovo gruppo dirigente nella Dc: le elezioni del ’53 fecero salire alla ribalta un nuovo gruppo dirigente all’interno della Dc. Ecco allora Moro, Fanfani, Rumor e Taviani. Nel 1953 Fanfani diventa il nuovo segretario del partito e cerca di sganciarsi da Confindustria per avvicinarsi all’emergente industria di Stato rappresentata al meglio da Mattei e l’Eni. Comincia un pericoloso avvicinamento della politica all’economia con un conseguente intreccio degenerante. 6. Socialisti: dopo il ’53 allentano i legami con il Pci avvicinandosi ai cattolici per una politica riformista. L’elettorato punisce questa scelta. 7. Pci: dopo le denuncie di Kruscev sull’operato di Stalin e l’invasione dell’Ungheria apre ad un certo distacco dall’Urss CAPITOLO 13. LA SOCIETA’ DEL BENESSERE Boom economico: tra gli anni ’50 e ’60 l’economia dei paesi occidentali conosce uno sviluppo senza precedenti. È l’età d’oro del capitalismo industriale dove non solo la crescita è elevata ma anche costante e duratura. Giappone ed Europa occidentale, trascinati dalla locomotiva Usa, conoscono una crescita che a volte supera addirittura quella americana. 1. Industria: cresce soprattutto quella legata alla produzione di beni durevoli come automobili ed elettrodomestici e quella tecnologicamente avanzata. La produzione aumenta anche grazie al prezzo relativamente basso delle materie prime e del petrolio. I processi si modernizzazione e si razionalizzano e nascono le prime multinazionali. 2. Agricoltura: conosce ritmi di crescita minore ma si assiste ad una estesa modernizzazione che fa si che la produzione aumenta mentre diminuiscono gli impiegati nel settore primario 3. Commercio mondiale: grazie al Fmi e alla Banca mondiale, oltre che alla fine di misure protezionistiche, il commercio aumenta ed è più stabile. 4. Aumento demografico: in questo periodo cresce di molto la popolazione il che vuol dire aumento di richieste di abitazioni e beni di consumo. Ciò avviene per i progressi nel campo farmaceutico e chirurgico oltre che per la maggior e miglior disponibilità alimentare. Aumenta anche la vita media degli uomini. Nei paesi industrializzati, però, la crescita demografica ed il baby boom dura solo fino alla metà degli anni ’50 poi si arresta per l’incremento del lavoro femminile, la minor durata dei matrimoni e l’elevato costo per l’educazione ed il mantenimento dei figli. Anche la diffusione dei contraccettivi gioca un ruolo determinante sia per il calo delle nascite ma anche per la liberalizzazione dei comportamenti sessuali. Nei paesi del Terzo mondo, invece, le nascite continuano ad essere alte mentre cala il tasso di mortalità grazie ai progressi medici. Per questo si determina un drammatico sovrappopolamento. Progresso scientifico: i governi destinano sempre più fondi alla ricerca che adesso non è più indirizzata quasi prevalentemente a scopi militari. Ma soprattutto in questi anni prodotti già conosciuti prima della guerra conoscono una rapidissima diffusione presso la popolazione mondiale: 1. Chimica: il settore delle fibre sintetiche fa un grande balzo in avanti con la diffusione delle prime materie plastiche. 2. Farmaci: molte proprietà dei farmaci erano note prima della guerra ma solo adesso, grazie ai progressi della chimica, è possibile isolare una serie di sostanze e produrle su larga scala. È il caso degli antibiotici, delle vitamine e degli ormoni come l’insulina e il cortisone. Cominciano ad essere prodotti anche anticoncezionali e psicofarmaci. 3. Chirurgia: grazie all’impiego di nuove apparecchiature e nuovi anestetici è possibile realizzare operazioni più lunghe e complesse. Negli anni ’60 cominciano i primi trapianti. 4. Mobilità: c’è il boom della motorizzazione privata con l’acquisto massiccio anche in Europa di autovetture. Si affina sempre di più anche il trasporto aereo civile con aerei più veloci e capienti. Il tutto a discapito dei treni e soprattutto del trasporto via mare 5. Conquista dello spazio: nulla come la conquista dello spazio, a partire dagli anni ’50, stimola la fantasia e l’ottimismo della popolazione mondiale. Nel 1957 l’Urss lancia il primo satellite artificiale, lo Sputnik, gli Stati Uniti rispondono nel 1958 con Explorer. L’Urss nel 1961 inviano il primo uomo nello spazio, Yuri Gagarin. Nel 1969 gli Usa arrivano sulla Luna 6. Applicazioni militari: lo sviluppo della tecnologia viene applicata anche al reparto militare. Ecco allora l’affinamento degli arsenali missilistici e l’utilizzo di satelliti con funzione di spia. 7. Fisica nucleare: è un settore con applicazioni sia nel settore energetico con le centrali che militare con la nascita di bombe atomiche sempre più devastanti tanto che adesso i nuovi ordigni possono arrivare a distruggere la vita sulla Terra Mass media: i mezzi di comunicazione di massa hanno condizionato fortemente la vita dei paesi industrializzati e non solo. La rivoluzione in questo campo era già iniziata con la radio ed il cinema sonoro. Ancora fino agli anni ’60 la radio è il mezzo di comunicazione di massa più diffuso nel mondo 1. Televisione: a partire dagli anni ’50 le trasmissioni televisive cominciano ad essere regolari sia negli Stati Uniti che in Europa. In pochi anni il nuovo mezzo ha un impatto straordinario e l’uso dei satelliti permette di far viaggiare le immagini da un capo all’altro del mondo. Con la televisione le immagini hanno il sopravvento sulle parole, gli eventi come lo sbarco sulla Luna possono essere visti in diretta e contemporaneamente da milioni di persone ed ovunque si impongono anche e soprattutto grazie alla pubblicità nuovi modelli, nuovi bisogni, nuovi consumi e nuovi modi di pensare e di parlare. 2. Musica leggera: grazie all’affinamento e all’alleggerimento delle apparecchiature ed ai soldati americani si diffonde anche in Europa la nuova musica leggera, soprattutto di lingua inglese. Comincia a nascere un nuovo linguaggio giovanile, alimentato proprio da canzoni e gruppi che in poco tempo raggiungono una notorietà ed una influenza globale. Si propongono valori diversi da quelli tipicamente borghesi: sessualità libera, uso di droghe leggere, indipendenza e pacifismo estera il suo atteggiamento è ambivalente: difensore della libertà e fautore del dialogo con l’Est ma anche difensore intransigente degli interessi americani nel mondo. Kennedy muore in un attentato nel 1963. La presidenza passa a Johnosn che porta avanti i programmi sociali e di integrazione di Kennedy. 3. Kruscev: negli anni di Kennedy Kruscev sostiene che la competizione deve spostarsi dalla corsa agli armamenti ad una sfida economica: sarebbe risultato vincitore il paese che avrebbe garantito il maggior benessere al maggio numero possibile di persone. Kruscev paga questo eccessivo ottimismo economico e nel 1964 viene estromesso da tutte le sue cariche. 4. Distensione e tensione Kennedy-Kruscev: il primo incontro avviene a Vienna nel 1961 per risolvere la spinosa questione di Berlino Ovest che gli americani considerano parte della Repubblica Federale e che i sovietici vogliono trasformare in una città libera. Il confronto si risolve in un fallimento e Kruscev risponde con il Muro di Berlino per rendere impossibili le fughe verso ovest. Sempre nel 1961 Kennedy cerca di rovesciare Castro con una spedizione di esuli cubani sull’isola che sbarcano nella Baia dei Porci. La spedizione è un fallimento e nella tensione tra i due paesi si inserisce l’Urss che propone ai cubani assistenza economica e militare in cambio di installazioni missilistiche sull’isola per il lancio di testate nucleari. Quando nel 1962 Kennedy scopre queste costruzioni impone il blocco navale attorno l’isola. Dopo 6 giorni di tensione Kruscev acconsente allo smantellamento delle postazioni. Kennedy ci guadagna in immagine. Nel 1963 le due potenze firmano un trattato per mettere al bando gli esperimenti nucleari nell’atmosfera. Nello stesso periodo Usa ed Urss si accordano su una linea diretta, il telefono rosso, fra Casa Bianca e Cremlino. Cina: tra gli anni ’50 e ’60 si delinea uno scontro tra le due maggiori potenze del blocco sovietico. Mao si pone come guida di tutti i popoli rivoluzionari contro l’imperialismo, cerca un maggior peso sulla scena internazionale e mentre l’Urss apre ad una leggera liberalizzazione la Cina avvia una radicale opera di collettivizzazione. 1. Premesse economiche: all’inizio degli anni ’50 la Cina aveva nazionalizzato l’industria ed il commercio e grazi all’aiuto di tecnici russi aveva gettato le basi per l’industrializzazione del paese. Nello stesso periodo comincia la collettivizzazione dell’agricoltura con la nascita di cooperative agricole, delle piccole aziende, sotto il controllo statale. Ma mentre alcuni progressi si registrano nel settore industriale lo stesso non si può dire per quello agricolo dove anzi la produzione cala a fronte di una popolazione in continuo aumento 2. Grande balzo in avanti: la dirigenza comunista vara il piano che prevede l’unione forzata delle cooperative agricole in unità più grandi ed autarchiche, sia nei mezzi che nella produzione. L’intera popolazione è sottoposta ad un controllo severo anche della propria vita privata. Ma l’esperimento è un fallimento, la produzione crolla, il governo è costretto ad importare grandi quantità di grano e si consuma la rottura con l’Urss da sempre critica nei confronti del grande balzo in avanti che ritira anche i suoi tecnici. 3. Rivoluzione culturale: il fallimento del grande balzo in avanti si sente anche all’interno della politica dove i moderati cominciano ad avere un peso sempre maggiore. Mao, che non disponeva di mezzi per mettere in atto una epurazione, mobilita i più giovani contro quelli che sono considerati dei dirigenti sospettati di vicinanza con capitalismo. È la rivoluzione culturale condotta dalle guardie rosse, per la maggior parte studenti, che costringono intellettuali, professori e dirigenti accusati di essere vicini al capitalismo nei campi di rieducazione. È una rivoluzione culturale perché nelle intenzioni di Mao doveva essere un grande movimento di massa in grado di cambiare la mentalità della nazione ed aprire in questo modo la via del comunismo. 4. Politica estera: all’inizio degli anni ’70 Mao apre all’occidente per aggirare l’isolamento imposto dalla fine dei rapporti con l’Urss. Nel 1972 Nixon si reca così a Pechino e l’Onu riconosce la Cina. Guerra in Vietnam: dopo gli accordi di Ginevra del 1954 il Vietnam è diviso in Nord, retta dai comunismi di Ho Chi-Minh, e Sud, dove c’è un governo semidittatoriale appoggiato dagli americani. 1. Vietcong: è un movimento di guerriglia, appoggiato dal Nord, che nasce nel Sud e cerca di rovesciare il governo fantoccio. 2. Kennedy: spaventato da una Indocina comunista Kennedy invia circa 30mila consiglieri americani e nel 1963 depone il vecchio governo per instaurarne uno che però si rivela ancora più corrotto ed inefficiente. 3. Johnson: in risposta ad un attacco subito dalle forze navali statunitensi, il nuovo presidente ordina bombardamenti contro postazioni strategiche nel Nord. Nel frattempo aumenta anche la presenza militare nella zona. Ormai gli Stati Uniti sono in guerra ma la superiorità tecnica e militare può ben poco contro la guerriglia dei Vietcong. Intanto, l’opinione pubblica americana ed occidentale si mobilita contro quella che viene ribattezzata la sporca guerra. E il mondo scopre che anche una superpotenza può essere tenuta in scacco da uno sparuto gruppo di guerriglieri. 4. Offensiva del Tet: durante il capodanno buddista, all’inizio del 1968, i Vietcong scagliano una offensiva che pur non ottenendo grandi risultati militari fa capire agli americani che la guerra è ormai persa. Nixon riduce così l’impegno americano nella zona 5. Armistizio di Parigi ed Indocina: l’armistizio viene firmato nel 1973 a Parigi e nel 1975 i Vietcong e le truppe del Nord entrano a Saigon. Intanto anche Cambogia, con i khmer rossi, e Laos sono in mano comunista. Breznev: dopo l’allontanamento di Kruscev prende il controllo una direzione collegiale da dove emerger il nuovo segretario del partito Breznev. Il nuovo corso non cambia sostanzialmente la politica estera di Kruscev (rapporti con Cina ed con occidente) anche se si accentua la repressione e si apre ad un certo liberismo in economia anche se i risultati non sono appezzabili e la forbice con l’occidente aumenta 1. Romania: con Ceausescu il paese conosce una certa autonomia sia politica che economica rimanendo però fedele all’Urss 2. Cecoslovacchia e Primavera di Praga: nel maggio del 1968 il segretario del partito, un superstite dell’età staliniana, viene rimosso per Dubcek esponente dell’area innovatrice. Intellettuali, studenti, operai ed opinione pubblica appoggiano entusiasti il nuovo corso con Dubcek che prevede un certo pluralismo economico e addirittura politico, con la presenza di diversi partiti, oltre che una maggiore libertà di stampa ed opinione. Questo socialismo dal volo umano, a differenza dell’Ungheria nel 1956, non mette mai in discussione il comunismo e l’adesione al blocco orientale. Ma l’Urss non può tollerare questa primavera cecoslovacca a fine agosto entra con i carri armati a Praga. Dubcek viene arrestato e viene formato un governo filo-sovietico. Ma una riunione clandestina del locale partito comunista conferma la fiducia a Dubcek che viene riportato al governo dai russi ma sotto lo stretto controllo di Mosca che in poco tempo riesce ad isolare gli esponenti liberali nel partito. Dubcek perde ogni incarico nel 1969. Europa occidentale: il benessere economico non fa passare in secondo piano una serie di cambiamenti politici: 1. Francia: i gaullisti mantengono il potere anche dopo l’uscita di scena di De Gaulle 2. Germania: il monopolio cristiano-democratico si interrompe nel 1966 quando a seguito di una congiura economica ristagnante si forma un grande governo di coalizione. Dopo la fine delle proteste studentesche e del ristagno economico la Spd decide di allearsi con i liberali estromettendo dal nuovo governo i cristiano-democratici. Cambia soprattutto la linea estera con la ricerca della normalizzazione dei rapporti tra le due Germanie. 3. Gran Bretagna: il governo laburista insediatosi nel 1964 deve affrontare un periodo economicamente sfavorevole e le proteste nell’Ulster dove la minoranza cattolica rivendica l’unità irlandese. Medio oriente: questa zona del mondo continua ad essere un focolaio di tensioni sia a causa della questione israeliana sia perché mentre gli Usa diventano grandi protettori di Israele l’Urss si avvicina fortemente all’Egitto. 1. Guerra dei sei giorni: nel 1967 Nasser chiede alle forze cuscinetto dell’Onu di abbandonare la zona del Sinai al confine con l’Egitto, stringe un accordo militare con la Giordania e blocca le forniture via mare agli israeliani. Questi ultimi rispondono con un attacco preventivo contro Egitto, Siria e Giordania. La guerra dura solo sei giorni e l’Egitto perde il controllo del Sinai con grave danno per Nasser e per il movimento pan arabico. chiaramente le competenze statali da quelle del partito. inoltre, fu aggiunto un sistema di preferenze multiple, sempre all’interno di un’unica lista, che permette anche l’elezione di alcuni dissidenti come il fisico Sacharov. Queste aperture, però, non trovano terreno fertile in una economia ormai disabituata alla competizione e in una politica ormai non più avvezza al dialogo 2..b Movimenti indipendentisti: questa flebile apertura politica provoca la nascita di fenomeni indipendentisti nel Baltico e in Armenia, Georgia ed Azerbaigian 2..cDialogo con l’occidente: i rapporti tra Stati Uniti ed Urss si fanno più distesi con una serie di incontri tra Reagan e Gorbacev. Nel 1987 a Washington le due potenze firmano un accordo sulla riduzione degli armamenti. Nel 1990 a Parigi i paesi del Patto Atlantico e quelli del Patto di Varsavia firmano un accordo di non aggressione. Europa occidentale: gli anni post-crisi petrolifera del ’73 sono anni difficili. Il continente è colpito sia dall’aumento del prezzo del petrolio sia dal declino di settori come quello minerario e siderurgico, ancora spina dorsale di molte economie. L’Europa nel complesso perde terreno sia nei confronti degli Stati Uniti che del Giappone 1. Gran Bretagna: i laburisti vengono sconfitti dalla Thatcher nelle elezioni del 1979 che senza toccare i principi fondamentali del Welfare state ne ridiscute molti aspetti privatizzando alcuni settori dell’industria pubblica. 2. Germania: i cristianodemocratici tornano al potere con Helmuth Kohl. La sconfitta dell’Spd non è determinata da una crisi economica ma dall’opposizione del partito ad installare nella Germania federale missili americani. Scelta non premiata dall’elettorato. 3. Francia: nell’81 si impone, in controtendenza rispetto gli altri paesi europei, il socialista Mitterrand. Il programma prevede vaste nazionalizzazioni e riforme sociali ed aumenti salariali. Ma le difficoltà economiche sono molte, questi programmi vengono accantonati ed i comunisti si staccano dal governo. In ogni caso Mitterrand verrà rieletto nel 1988. 4. Portogallo, Grecia e Spagna: tra il 1975, con il Portogallo, ed il 1978 con la Spagna questi tre paesi dopo una lunga dittatura riacquistano la democrazia. America latina: il continente vive un momento travagliato. Negli anni ’70 alcuni paesi fino ad ora immuni da dittature ed affini vedono la fine delle loro democrazie: 1. Cile: Allende viene eletto nel 1970 ma il suo ambizioso programma sociale deve scontrarsi contro le difficoltà economiche e contro l’opposizione dei conservatori e degli Stati Uniti. Nel 1973 il governo di Allende viene rovesciato da un colpo di Stato e sale al potere Pinochet. 2. Argentina: nel 1972 il governo militare non riuscendo ad affrontare la crisi economica decide di ridare potere all’ex dittatore Peron che però non ottiene risultati economici apprezzabili. Anche la stabilità interna è un miraggio. Quando alla sua morte dà il potere alla seconda moglie la situazione precipita ed i militari riprendono il potere nel 1976 attuando una politica duramente repressiva contro ogni manifestazione contraria al regime. La situazione economica però non migliora 2..aGuerra nelle Falkland: per distogliere l’attenzione dai problemi interni, i militari al potere decidono di invadere l’arcipelago in mano agli inglesi che rispondono con un massiccio invio di forze. La guerra è persa e nelle elezioni del 1983 si afferma Raul Alfonsin. 3. Anni ’80: si riaffacciano nel continente una serie di democrazie: Perù, Bolivia, Uruguay ed anche Cile dove Pinochet viene sconfitto in un referendum del 1988. Ma non sono pochi i problemi che rendono instabili queste democrazie: inflazione, povertà diffusa, dipendenza economica dall’estero, colpi di stati frequenti, potere dei narcotrafficanti, etc. 4. Nicaragua: negli anni ’80 si affaccia nel paese il movimento socialista Sandinista che prende il potere nel 1979 rovesciano un governo filo-americano. Ma quando la loro politica si fa troppo socialista intervengono gli americani che inviano nel paese una serie di forze paramilitari. Solo nel 1989 la situazione si stabilizza con la convocazione di libere elezioni dopo un decennio di lotte e scontri armati. I sandinisti vengono sconfitti. Asia comunista: è un’altra zona calda del pianeta 1. Vietnam: dopo aver conquisto Saigon ed averle dato il nome di Ho Chi-minh city i nordvietnamiti non mantengono le promesse di conciliazione nazionale ed avviano una politica che al sud prevede l’allontanamento non solo dei simpatizzanti del vecchio regime ma anche di coloro che avevano partecipato alla liberazione. La collettivizzazione dell’economia si realizza con estrema durezza alla fine degli anni ’70 quando la folta minoranza cinese viene da un giorno all’altro espropriata con la forza dei suoi averi 2. Cambogia: Pol Pot tra il 1976 ed il 1978 mette in atto una sanguinosa rivoluzione sociale che mira a cancellare ogni traccia della vecchia società. Ecco allora l’abolizione della famiglia, del denaro, della religione, delle biblioteche e delle scuole. Un milione e mezzo di contadini muore di fame. 3. Invasione della Cambogia e guerra con la Cina: Pol Pot è uno ostacolo per la politica vietnamita che vuole assoggettare tutta l’Indocina. Così l’esercito vietnamita con gruppi di esuli cambogiani attacca la Cambogia istaurando un regime amico. La Cina appoggia i gruppi di Khmer rossi che avviano un’opera di guerriglia. Un anno dopo, nel 1979, a Cina effettua una spedizione punitiva nel nordvietnam infliggendo danni ingenti ma non riuscendo a convincere il paese ad abbandonare la Cambogia. È uno scontro tra potenze comuniste. Cina dopo Mao: il successore di Mao, Deng Xiaoping, emarginato ai tempi della rivoluzione culturale per le sue posizioni moderate, avvia una vasta opera di demaoizzazione 1. Economia: una serie di riforme smontano in parte il sistema collettivistico di Mao. Ecco allora differenze salariali, incentivi ai lavoratori per stimolare l’efficienza e la produttività, importazione di tecnologia, possibilità ai contadini di coltivare in proprio fondi e vendere i prodotti sul mercato. 2. Contestazione: il contrasto fra modernizzazione e burocrazia tentacolare e mantenimento del partito unico e della relativa mancanza di dialogo è all’origine di una serie di contestazioni alla fine degli anni ’80 che vede come protagonisti soprattutto gli studenti universitari di Pechino. Dopo una apertura al dialogo il governo risponde con la dura repressione di queste manifestazioni pacifiche oltre che con l’emarginazione dei dirigenti più riformatori. Il fenomeno più grave avviene in Piazza Tienanmen nel giugno dell’89. 3. Conseguenze internazionali: l’occidente risponde riprovando questa repressione violenta ma alla fine le relazioni economiche furono ristabilite perché la Cina è un mercato troppo grande per isolarlo. Giappone: il paese uscito a pezzi dalla guerra, senza materie prime e con una densità di popolazione tra le più alte al mondo diventa in breve tempo la seconda potenza economica del mondo. È un vero miracolo: 1. Motivi: disciplina e fedeltà all’azienda dei lavoratori, investimenti nel campo tecnologico e dell’industria avanzata, forte coesione nazionale 2. Crisi politica: il Giappone subisce però fortemente la crisi petrolifera e ciò determina anche una certa instabilità politica. Una serie di scandali finanziari coinvolge il partito liberale che nel 1992 perde la maggioranza assoluta. 3. Debolezza militare: il Giappone deve subire anche la pressione degli alleati per una maggiore partecipazione alla politica internazionale e dell’Onu CAPITOLO 16. L’ITALIA DAL MIRACOLO ECONOMICO ALLA CRISI DELLA PRIMA REPUBBLICA Miracolo economico: tra il 1958 ed il 1963 l’Italia vive il suo periodo di massima crescita economica diminuendo il divario con le altre nazioni occidentali. Il settore che più di ogni altro aumenta la produzione è quello manifatturiero ma anche quello chimico e meccanico conoscono una grande crescita. Aumentano le esportazioni, specialmente di capi d’abbigliamento ed elettrodomestici. Il paese nel 1960 organizza le Olimpiadi. Solo il settore agricolo non conosce una crescita così ampia che esce dalle urne dopo il giugno del 1976 è presieduto da Andreotti e viene appoggiato da tutto il parlamento con l’esclusione di Msi e radicali. La politica risponde compatta alla crisi economica post-’73 e al fenomeno terroristico. Il successivo governo Andreotti del 1978 viene scosso dall’uccisione di Moro e risponde con un governo di solidarietà nazionale con l’appoggio anche del Pci. La politica deve rispondere compatta ai terroristi e deve affrontare la difficile situazione economica con l’aumento della disoccupazione e dell’inflazione ed il peso della scala mobile. Ma l’apporto del Pci nella maggioranza non dà i risultati sperati. La corruzione, soprattutto negli enti statali provinciali, non si arresta, continua il fenomeno della lottizzazione delle cariche pubbliche e il governo di solidarietà nazionale finisce nel 1979 con l’uscita del Pci in disaccordo con la politica interna ed estera. Politica anni ’80: una stagione che si apre con le elezioni del 1979 dopo l’uscita del Pci dal governo di solidarietà nazionale con la Dc. Nelle elezioni sia del ’79 che dell’83 il Pci subisce un forte ridimensionamento, la Dc rimane stabile ed anche il Psi nonostante il dinamismo di Craxi perde consensi. Chiusa la parentesi della solidarietà nazionale si apre una nuova stagione 1. Pentapartito, Spadolini e Craxi: il governo a maggioranza Dc si apre alla collaborazione di Psi, Pri, Psdi e Pli. Per la prima volta dopo il ’45 la Dc non ha più la presidenza del consiglio retta prima dal repubblicano Spadolini poi da Craxi. 2. Difficoltà dei partiti maggiori: De Mita cerca, senza grandi successi, di cancellare l’immagine di una Dc logorata da scandali, corruzione e divisioni interne. Anche il Pci è costretto a fare i conti con una serie di difficoltà, soprattutto a seguito del ridimensionamento dopo le elezioni del ’79 e dell’83. Ma il carisma di Berlinguer e l’immagine di partito con le mani pulite garantisce comunque una certa base elettorale. Ma nel 1984 Berlinguer muore. Il partito ottiene un clamoroso successo alle europee dell’84, superando anche la Dc, ma alle elezioni amministrative dell’85 si torna sotto il 30%. 3. Fine del Pentapartito, nuove formazioni e nuovi governi Dc: il pentapartito si dimostra fragile soprattutto a causa della rivalità tra Dc e Psi. A partire dal 1987 si assiste alla crescita di gruppi come i Verdi e le diverse leghe nel nord. Dopo il 1987 si susseguono i governi Dc di Goria e De Mita, sempre con l’appoggio faticoso dei 4 partiti, che però non raggiungono risultati apprezzabili. Dopo le dimissioni di De Mita il governo passa ad Andreotti che con difficoltà ricompatta la maggioranza. 4. Sindacati: subiscono le prime grandi sconfitte dopo il 1969 e l’Autunno caldo. In particolare nel 1980 una vertenza aperta contro la Fiat si conclude con la vittoria dei vertici aziendali che riescono ad imporre la razionalizzazione della produzione nonostante le proteste degli operai. 5. Economia: il governo Craxi riesce a limitare il fenomeno della scala mobile ma deve fare i conti con una crescente spesa pubblica in un Welfare state all’italiana dove le spese sono enormi e la qualità dei servizi non all’altezza. L’industria pubblica, poi, subisce una serie di ristrutturazioni che ne aumentano la competitività gravando però sulla collettività con l’aumento della disoccupazione e della cassa integrazione, un peso in più per lo Stato. In generale la parte del leone nell’economia nazionale la fanno le piccole e medie imprese provinciali, più vitali e pronte ad affrontare cambiamenti del mercato. è l’economia sommersa. Intanto il terziario diventa il settore con più impiegati. 6. Mafia, P2, fine del terrorismo rosso: gli anni ’80 sono anche gli anni del dilagare dalla malavita organizzata che compie una serie di attentati come quello contro Dalla Chiesa. Sono gli anni della Propaganda 2, una loggia massonica con mire sovversive. E alla fine degli anni ’80 viene dato un duro colpo al terrorismo rosso anche grazie alla legge sui pentiti che invoglia molti ex-brigatisti a collaborare con la giustizia. Stagione delle contestazioni: la fine degli anni ’60 vede in Italia una serie di manifestazioni. Alla fine di questa stagione i risultati concreti sono comunque scarsi. Ma il mutato clima politico e sociale porta alla creazione delle regioni e alla legge sul divorzio. 1. Contestazione studentesca: la mobilitazione degli studenti universitari inizia nel 1967 e raggiunge il suo culmine nel ’68 con manifestazioni, occupazioni e scontri con le forze dell’ordine. Le proteste sono indirizzate contro la guerra in Vietnam, l’imperialismo, la civiltà dei consumi, il sistema capitalistico e la società borghese in generale. Si cerca di tornare a forme di democrazia di base e diretta, all’egualitarismo e si tenta di apportare cambiamenti anche nel costume, nel rapporti familiari e tra i sessi. Nel ’68 gli studenti cercano accordi con la classe operaia 2. Operaismo e autunno caldo: sempre alla fine degli anni ’60 nascono una serie di movimenti operai come Potere operaio, Lotta continua e Avanguardia operaia. Sono gruppi di estrema sinistra ed extraparlamentari. Oltre agli studenti, scendono in piazza anche gli operai per chiedere una serie di rinnovi e modifiche contrattuali. Le maggiori manifestazioni si hanno nel ’69 e culminano con l’autunno caldo quando una grande massa di operai scende spontaneamente in piazza. I tre maggiori sindacati prendono in mano la situazione e pilotano questo imponente movimento di massa verso una serie di accordi che garantiscono ai lavoratori maggiori vantaggi salariali. 3. Sindacati: i sindacati assumono adesso un forte peso nella vita del paese tanto che nel 1970 si arriva alla firma dello Statuto dei Lavoratori ovvero una serie di norme che garantiscono le libertà sindacali ed i diritti dei lavoratori 4. Attentati: il 12 dicembre 1969 in pieno Autunno caldo comincia la stagione delle stragi. Una bomba esplode a Piazza Fontana a Milano. L’opinione pubblica e la stampa vedono nella matrice il terrorismo di destra con la complicità di gruppi deviati dei servizi segreti. Si parla di strategia della tensione messa in atto da gruppi di destra per destabilizzare la base democratica dello Stato. 5. Diritti civili: gli anni ’70 sono anche e soprattutto gli anni, oltre che della crisi petrolifera e della crescente corruzione, di una serie di conquiste civili: il divorzio, l’aborto, l’abbassamento a 18 anni della maggiore età e la parificazione tra i coniugi 6. ’77: in quest’anno riesplode la contestazione giovanile a causa delle difficoltà economiche, soprattutto l’alto tasso di disoccupazione giovanile. Cominciano a comparire le armi da fuoco durante le manifestazioni. Il movimento non ha l’ottimismo rivoluzionario di quello del ’68 ed appare come un momento isolato, violento ed avverso soprattutto alla politica del Pci e dei sindacati Terrorismo: gli anni ’70 sono anche gli anni del radicalizzarsi dell’ideologia politica che porta ad una serie di azioni terroristiche. Il terrorismo ha due matrici: una nera ed una rossa 1. Terrorismo nero: compie azioni clamorose in luoghi pubblici. L’obiettivo è quello di facilitare una svolta autoritaria. Quasi mai le autorità giudiziarie giungono alla conclusione delle indagini e le responsabilità del governo che non è riuscito a controllare e porre fine a gruppi deviati nei servizi segreti è evidente. Ecco le stragi a Piazza Fontana, a Piazza della Loggia ed alla stazione di Bologna 2. Terrorismo rosso: la psicosi di un colpo di Stato, il dilagare del terrorismo di destra, la lotta contro uno Stato corrotto ed inefficace sono le cause del terrorismo di sinistra. Molto diverso da quello di destra perché portato avanti da gruppi clandestini che compiono singoli attentati contro figure simbolo dello Stato che si vuole combattere. Il gruppo che emerge è quello delle Brigate Rosse che cerca, invano, l’appoggio della classe operaia. Questo terrorismo si impenna alla fine degli anni ’70 e culmina con il sequestro e l’uccisione di Moro nel 1978. CAPITOLO 17. SOCIETA’ POSTINDUSTRIALE E GLOBALIZZATA 1. Ecologia: la crisi petrolifera del ’73 dimostra come le risorse naturali non sono eterne e che ciò pregiudica una crescita illimitata. Inoltre, si acquista coscienza che lo sfruttamento delle risorse energetiche comporta danni ambientali, causati anche dal crescente inquinamento come quello delle automobili. Nascono così movimenti e partiti che si battono sul fronte dell’ecologia. 2. Sviluppo sostenibile: i governi attuano una serie di politiche rivolte al risparmio energetico per limitare la dipendenza dal petrolio. Ecco allora riduzioni del traffico privato e del consumo di petrolio. Si cercano così fonti alternative prima di tutto quella nucleare e in seconda battuta eolica e solare. Si diffonde l’idea dello sviluppo sostenibile ovvero uno sviluppo che tiene
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