Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Teoria dei Sistemi Sociali: Durkheim, Simmel, Parsons e la Solidarietà Sociale, Appunti di Sociologia

Antropologia socialeTeoria socialeTeoria delle organizzazioniSociologia

Una panoramica della teoria dei sistemi sociali, partendo dalla definizione di Durkheim di solidarietà sociale e passando per le intuizioni di Simmel sulla natura dell'ordinamento sociale e le critiche di Parsons alla prospettiva struttural-funzionalista. anche della frammentazione in sottoculture e della relazione tra individui e società.

Cosa imparerai

  • Come la teoria dei sistemi sociali spiega la frammentazione in sottoculture?
  • Che significa Durkheim con solidarietà sociale?
  • Come Simmel descrive la natura dell'ordinamento sociale?
  • Come le teorie sociali possono spiegare la relazione tra individui e società?
  • Quali sono le critiche di Parsons alla prospettiva struttural-funzionalista?

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 11/09/2021

greta-fantinato
greta-fantinato 🇮🇹

4.4

(5)

10 documenti

1 / 81

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Teoria dei Sistemi Sociali: Durkheim, Simmel, Parsons e la Solidarietà Sociale e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! CAPITOLO 1 1. Cos’èl’immaginazione sociologica e perché vale la pena acquistarla? Questo paragrafo introduce il concetto di immaginazione sociologica ed esplora il modo in cui essa ci insegna a porre domande non scontate sul mondo. IMMAGINAZIONE SOCIOLOGICA L'immaginazione sociologica è la capacità di riflettere sistematicamente su quanto cose da noi percepite come problemi personali siano,in realtà, questioni sociali ampiamente condivise da altri individui nati in un periodo e in un ambiente sociale simile al nostro. Charles Wright Mills coniò l’espressione nel 1959 dicendo: “L'immaginazione sociologica ci permette di afferrare biografia e storia e il loro mutuo rapporto nell’ambito della società”. Comprendere il mondo che ci circonda,e iniziare a pensare in profondità a come migliorarlo, significa riconoscere con quanta forza le nostre esistenze individuali siano influenzate dai luoghi e dai tempi in cui siamo nati,da chi nasciamo e dalla serie di esperienze fatte durante l'infanzia, l'adolescenza e l’età adulta. A ogni età stadio della vita,sia come che come membri di un mondo sociale,le nostre opportunità e le nostre potenzialità sono sempre influenzate dalle disuguaglianze e dalle ingiustizie che incontriamo. Guardare attraverso lenti sociologiche Fare indebite generalizzazioni a proposito dui partendo da che crediamo di sapere sui gruppi a cui appartengono è ciò che si chiama uno stereotipo. Gli stereotipi sono credenze solitamente false, o perlomeno esagerate, relative ai membri d un gruppo. A causa degli stereotipi spesso si collega il concetto di discriminazione. L’immaginazione sociologica all'opera: dagli interrogativi personali alle questioni sociologiche Tutti possediamo un certo livello di immaginazione sociologica. Ogni volta che cerchiamo di dare un senso ai mondi sociali che ci circondano iniziamo a pensare sociologicamente. Quando mettiamo in pratica un simile esercizio di “osservazione della gente” (people- watching), jamo,senza rendercene conto, a mettere all'opera la nostra immaginazione sociologica. Usiamo informazioni di senso comune solitamente ... ma quanto sono corrette le nostre ipotesi?. Una buona immaginazione sociologica è molto più che fare ampie generalizzazioni sugli individui. L'immaginazione sociologica matura è ricca di idee e di teorie sull’infinità complessità delle numerose categorie a cui assegniamo gli individui. Il contrassegno di una buona immaginazione sociologica è la capacità di porre domande non scontate, di fare domande “diffici anziché accettare immediatamente risposte preconfezionate (stereotipi). Una situazione che spesso stimola la nostra immaginazione sociologica è quella in cui ci accorgiamo della falsità di un certo tipo di opinione comune, o di una qualunque supposizione ampiamente condivisa. Se si riflette in modo generale su si questioni(povertà/elemosina collegata alla figura dello straniero ad esempio), non è difficile trasformare sempl iterrogativi di ricerca ampi e profondi. Per porre tali domande e valutare le prove empiriche a esse collegate, i sociologi hanno sviluppato un insieme di teorie sociali: schemi molto generali che suggeriscono determinati assunti e asserti su come funziona il mondo. | sociologi hanno inoltre sviluppato metodi di ricerca , modi per studiare sistematicamente tali questioni. Le domande sociologiche: un esempio in dettaglio Per dare un'idea più precisa consideriamo un progetto di ricerca condotto da un sociologo, Richard Arum, il quale ha voluto mettere in discussione i metodi di apprendimento all'interno delle Università. Considerando due studenti,entrambi oggetto di indagine in questo progetto possiamo osservare quanto alcune dinamiche hanno influenzato i due diversi percorsi degli studenti, uno brillante e l’altro mediocre. Tra le [amiche troviamo: amici, aspettative dei genitori, dei professori , strutture,logiche,norme informali, l'impegno e molto altro. Le domande dei sociologi sono diverse da quelle poste dai ricercatori di altre ipline accademiche. Anche gli psicologi che studiano la cogi ne,per esempio, sono interessati ai fattori che incidono sul rendimento accademico: tra l’altro sono interessati a ciò che condiziona la nostra abilità di concentrazione e messa a fuoco dei pensieri per un periodo di tempo prolungato. Questi interessi hanno portato alcuni studiosi ad indagare le connessioni tra il nostro cervello e il modo in cui media- online possono rimodellarlo e indurci a pensare in maniera diversa. 2. Cosasonoicontesti sociali e perché sono importanti? La sociologia è fondamentalmente interessata a capire come siamo influenzati al nostro vivere in società. Tutti noi siamo situati in una serie di contesti sociali: come influenzano n nostro comportamento? CONTESTI SOCIALI: DAGLI INDIVIDUI ALLA SOCIETA’ influenza inevitabilmente la ricerca che deve essere controllata per evitare atteggiamenti valutativi. | fatti storico sociali che favoriscono la nascita della sociologia sono la Rivoluzione scientifica(grazie a studiosi del calibro di Copernico,Keplero,Galilei e Newton) ,la Rivoluzione francese( si affermano nuovi valori come uguaglianza, libertà e legalità) e la Rivoluzione industriale (produzione automatizzata fabbriche,nascita proletariato) tutto grazie all'autocoscienza della modernità e voglia di cambiamento della popolazione del XVII e XI secolo. CAPITOLO 2 1.Cos'è la teoria sociale? Le teorie sociali ci consentono di vedere il mondo sociale in modi differenti. In questo paragrafo identifichiamo tre temi comuni che tutte le principali teorie sociologiche hanno cercato di affrontare. La teoria dei sistemi sociali è una teoria sociologica formulata da Niklas Luhmann che mira alla comprensione della natura e del funzionamento della realtà sociale. Essa viene concepita come una branca della teoria generale dei sistemi. Formulata nel 1984, lo scopo della teoria dei sistemi so. consiste nello sviluppo di un discorso sociologico in grado analizzare qualsiasi aspetto della realtà sociale: dalla singola interazione, passando per i gruppi organizzati, fino a quella complessa società che troviamo nella nostra epoca. Questa teoria riprende e rielabora i lavori (tra gli altri) di Ludwig von Bertalanffy, Edgar Morin, Talcott Parsons e James Grier Miller. 2.Come hanno dato senso al mondo i primi teorici sociali? Le fondamenta della sociologia moderna, e la teoria sociale come la conosciamo oggi, possono essere ricondotte agli scritti di alcuni pensatori chiave della seconda metà del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo. In questo paragrafo introduciamo le teorie sociali classiche di Karl Marx, Emile Durkheim, Max Weber, Georg Simmel e W.E.B. Du Bois KARL MARX(1818-1883) è soprattutto conosciuto per essere la figura di spicco del movimento socialista, nonché il fondatore del cosiddetto “socialismo scientifico”. Marx non si è mai considerato un sociologo. Pur non avendo elaborato una vera e propria teoria sociologica, Marx ha profondamente influenzato la sociologia successiva, diventando un punto di riferimento sia per coloro che condividevano la sua teoria sia per chi non la condivideva. Il pensiero di Marx intende sviluppare una teoria scientifica delle leggi che presiedono alla storia e alla dinamica sociale. Egli non adotta e non si ispira al modello comtiano del progresso come sviluppo unico, ma adotta il modello dialettico di Hegel, secondo il quale la storia evolve attraverso conflitti e contraddizioni. Marx interpreta la dialettica come un principio attivo operante all'interno delle condizioni materiali e dei rapporti socio economici. Pensa che l'evoluzione storico-sociale è determinata dalle contraddizioni oggettive legate alla dispo! ità di risorse, anche naturali, e ai rapporti di produzione. Mentre dal punto di vista sociologico, Marx intende la teoria dialettica come un qualcosa che si caratterizza per la rilevanza che assume in essa il conflitto nelle relazioni so. Il modello dialettico si articola a partire da un'idea di società come totalità, ovvero insieme di elementi in relazione reciproca tra di loro. La totalità viene concepita in modo diacronico, ovvero un processo in continua trasformazione il cui movimento è determinato dalle contraddizioni oggettive che man mano emergono nella realtà sociale attraverso le strutture materiali e i rapporti sociali. La filosofia politica di Marx: le classi sociali In Marx, i veri protagonisti delle trasformazioni sociali sono le classi sociali. Egli intende la classe come l'insieme degli individui che all’interno del sistema sociale si trovano nella stessa posizione. I membri di una classe sociale si presentano tutti alla stessa maniera e hanno le stesse possibilità di accesso alle risorse economico sociali. Su questa base, si formano anche le forme culturali o sub- culturali proprie della classe d'appartenenza, che definiscono appunto lo stile di comportamento di quell’individuo. L'appartenenza ad una classe sociale è determinata in primis dalla nascita e dal processo di socializzazione nei primi vent'anni di vita e, successivamente, dipende dalle scelte che l'individuo effettua riguardo il lavoro. La classe è un fattore che sussiste indipendentemente dalla coscienza. Gli individui possono appartenerle e dunque è da considerare come classe in sé. Qualora gli individui dovessero diventare coscienti della loro appartenenza in quella determinata classe, essa diventa classe per sé. Dunque, quando una classe diventa cosciente, consapevole, essa può diventare anche soggetto politico promotore di cambiamenti anche rivoluzionari dell'ordine sociale. L’alienazione Altro concetto chiave della sociologia ma anche del pensiero di Marx in generale, è quello dell’alienazione. Il concetto di questo termine va compreso in riferimento alla teoria dell’attività produttiva come essenza dell’uomo. Ossia il lavoro è oggettivazione della vita generica dell’uomo.L’alienazione assume 4 steps: alienazione dell” oggetto; alienazione dal processo di produzione; alienazione da se stessi alienazione dalla i si appartiene. La causa principale dell’alienazione dunque è, per Marx, la proprietà privata, il capitalista, perché tende ad appropriarsi della produzione dell’operaio per arricchirsi. Ciò gli vieta di sentirsi ampiamente realizzato. La realizzazione dell’uomo si trova, per Marx, nell'oggetto della sua produzione, dunque dell'attività produttiva e lavorativa. Sopprimendo la proprietà privata e l'economia di scambio, l’uomo potrà liberarsi. La soluzione del Comunismo In questa prospettiva, il comunismo appare la vera e propria via di salvezza. Per Marx è l’unica soluzione del contrasto fra uomo e natura. La situazione di alienazione in cui si trova l’uomo è dunque colpa del capitalismo. Tale situazione è fondata sulla sostituzione del valore d'uso, legato ai bisogni affettivi dell'uomo. Il valore di scambio estrania l'individuo dal suo oggetto poiché è oggetto di scambio o merce. La teoria dei comunisti può essere raccolta in una singola frase: abolizione della proprietà privata (Karl Marx).Possiamo dunque notare come il pensiero di Karl Marx sia principalmente un pensiero di carattere utopico. Marx vorrebbe eliminare le differenze che vi sono tra le diverse classi social EMILE DURKHEIM(1858-1917) Come Marx,Durkheim cercò comprendere i cambiamenti di cui era testimone,in un'epoca di crescita straordinaria e di profonde trasformazioni. Durkheim si domandò come le società potessero continuare a funzionare nonostante tali cambiamenti. Egli credeva che il compito del sociologo fosse fornire delle risposte a domande come queste. L'opera di Durkheim fu fondamentale in maniera particolare nello sviluppo del concetto di “fatto sociale”, nella sua analisi delle origini della solidarietà sociale e nella sua analisi della religione e del ruolo della religione nella vita moderna. Durkheim perorò con forza la causa della sociologia e ne sottolineò la necessità,paragonandola alla biologia e alla fisica. Egli sosteneva che l'oggetto di studio della sociologia, proprio come nel caso della biologia e della fisica,fosse costituito da forze concrete e oggettive,che esistono indipendentemente dalla nostra capacità di controllo. Durkheim definiva fatti sociali le regolarità e le regole della vita quotidiana che sono proprie di ogni comunità umana. Poco tempo dopo che Durkheim ebbe definito i fatti sociali,i sociologi e gli altri scienziati sociali iniziarono a fare riferimento a essi utilizzando il concetto di forze sociali. Il termine forze sociali si riferisce a qualcosa di più ampio rispetto a ciò che Durkheim aveva incluso nella propria definizione di fatto sociale, ma i due concetti sono largamente intercambiabili. | fatti sociali, o le forze sociali, sono “sociali” in quanto prodotti dell'agire umano che persistono nel tempo; e sono “fatti” o “forze”, nel senso che noi nasciamo in un mondo in cui esistono numerose regole e costumi,e siamo obbligati a rispettare tali regole per adattarci alla nostra comu e con gli altri. Come funzionano le forze sociali? Durkh con questa domanda affrontava un tema che sarebbe diventato fondamentale per quasi tutti gli approcci teorici successivi: il comportamento umano non è naturale, ma è frutto dell’apprendimento; in altre parole noi impariamo, vivendo in società, ad agire in modo appropriato nei diversi contesti sociali. E, per Durkheim, uno dei processi fondamentali, in questo senso, è il processo di socializzazione. E’ grazie a tale processo che impariamo a comportarci in società. Tra le forze sociali più importanti che influenzano il nostro comportamento troviamo le norme. Le norme sono come dei muri che delimitano le nostre azioni. L'idea che le forze sociali siano importanti per via della loro influenza sul comportamento individuale fu testata da Durkheim nei suoi studi sul suicidio. Durkheim analizzò e arrivo alla conclusione che quest’atto solitario,le cui cause risiedono nei dettagli ui della vita personale o della psiche di un individuo vanno a collegarsi con un’altra causa,ovvero i fattori sociali(come le credenze religiose, lo stato civile, il luogo in cui si vive, la presenza di conflitti armati e il livello di istruzione). Ogni individuo è parte di un mondo sociale più ampio, e la probabilità di suicidarsi non è totalmente causale né legata alla scelta individuale. Un'altra questione di cui si occupò Durkheim fu la domanda “Cos'è che tiene unite le società?”. Tale questione ha a che fare con ciò che Durkheim definì solidarietà sociale,divisa a sua volta in solidarietà meccanica e solidarietà organica: la solidarietà meccanica è la forma di solidarietà prevalente in quelle che Durkheim chiama società “primitive”: società costituite da grandi famiglie e clan, le cui relazioni orizzontali danno origine alle tribù. Queste società sono caratterizzate da una divisione del lavoro e da una specializzazione delle mansioni estremamente ridotte,e la loro economia si basa principalmente sulla caccia o la raccolta, o su forme sempli agricoltura. Nelle società moderne, al contrario, prevale la solidarietà organica,ed esse sono caratterizzate da una divisione del lavoro moto complessa e da rapporti di interdipendenza fra le persone. Il cambiamento dalla solidarietà meccanica alla solidarietà organica iniziò quando i membri delle società più semplici iniziarono ad avere compiti diversi e specializzati, e di conseguenza non avere più la medesima visione del mondo. Dunque che cosa, esattamente,tiene unite le società moderne? La conclusione di Durkheim è che le società moderne, caratterizzate da una maggiore diversità e complessità,ri dono comunque delle credenze profonde ampiamente condivise per mantenere la propria unità. Durkheim elaborò una teoria completa e originale sul ruolo della religione nelle società primitive e moderne. Grazie alle sue ricerche, egli sviluppò una definizione della religione incentrata sul concetto di sacro,riferito a tutti quegli oggetti,luoghi e simboli che occupano uno spazio separato dalla sfera della vita quotidiana,e che suscitano soggezione e venerazioni,supportati da credenze mitiche e da rituali. Il sacro,secondo Durkheim non è necessariamente soprannaturale. Mentre alcune pratiche e alcuni oggetti sacri.come la Bibbia o il Corano,fanno riferimento a Dio, esistono molte altre cose,che pur essendo considerate sacre, non presentano alcun collegamento con la sfera sovrannaturale. La religione i in sintesi secondo Durkheim è ciò che mantiene unite le società e i gruppi sociali. Essa fornisce a serie di credenze comuni, rafforzando sia gli in che la società. {RIASSUNTO)PENSIERO DURKHEIM- lo studio scientifico della religione defi ne e caratteri Il termine religione racchiude una pluralità di significati e si riferisce a esperienze umane molto diverse. Attualmente gli studiosi hanno in gran parte rinunciato a individuare l'essenza universale della religione,per orientarsi verso definizioni di tipo descrittivo volte a coglierne gli “ingredienti”: pratiche sociali, adesione personale, entità sovrannaturali, conoscenze e dottrine. Le discipline che studiano scientificamente la religione attraverso un'analisi obbiettiva,sono la storia delle religioni,la psicologia della religione,la sociologia della religione, l'antropologia della religione. Il sacro Uno dei concetti più studiati e controversi è quello del sacro, Otto colsero il fondamento della religione. L'interpretazione sociologica di Durkheim atti una funzione di coesione sociale e sostiene che la dicotomia tra sacro e profano,fonte di obbligo morale,è opera della società. Per Otto il sacro non è un'istituzione sociale ma è una realtà assoluta,un mistero che suscita venerazione. Nascita e sviluppo della religione origini Tra le prime testimonianze della religione sono di rilievo le sepolture, le pitture parietali,le raffigurazioni delle divinità e i monumenti megalitici. Queste creazioni umane sono state interpretate come testimonianze della reverenza che gli uomini primitivi svilupparono nei confronti della natura. Le tre principali concezioni del divino Le principali concezioni del divino sono tre: la fede nell’Essere supremo creatore del mondo,il politeismo, che elabora un pantheon di dèi, e il monoteismo, o fede nell’unico Dio,creatore e signore del mondo,che può essere inclusivista,se ammette la presenza di dei minori,e esclusivista,se esclude qualunque altro dio. L’enoteismo è una via di mezzo tra politeismo e monoteismo, poiché si riferisce a un sistema in cui una divinità spicca sulle altre. Uno dei problemi principali del monoteismo è la difficoltà a rispondere alla domanda sull'origine del male. Le soluzioni orientali o dualistiche a tale interrogative sono state rifiutate dal cristianesimo. La dimensione rituale i riti religiosi In tutte le religioni si celebrano riti,sequenze ripetitive di azioni dal forte significato simbolico. Secondo Durkheim i riti sono creazioni sociali che hanno la funzione di rinsaldare i sentimenti collettivi. Attraverso i spiegano la dottrina, manifestano i simboli sacri,rievocano gli eventi fondamentali di una rel passaggio,studiati da Arnold Van Gennep sono cerimonie collettive che scandiscono l'ingresso in una fase della vita e che servono a controllare il mutamento sociale . | riti di lazione comprendono una serie di prove il cui superamento è necessario per entrare a fare parte di una comunità ristretta e regolata. Simboli religiosi e specialisti del sacro significato dei simboli e oggetti rituali In tutte le religioni sono presenti simboli, ovvero raffigurazioni che evocano altre realtà; i simboli religiosi rappresentano gli eventi o i fondamenti di una fede. Nelle religioni sono presenti anche oggetti materiali,dalle reliquie cristiane ai feticci. i i sono presenti figure legittimate a compiere certe azioni previ a porsi come intermedi ‘on il mondo sovrannaturale. Ne sono esempi i sacerdoti cattol buddisti e altri. Di particolare interesse antropologico è lo sciamano,una figura le e quello degli spiriti,capace di entrare in trance e di uscire dalla dimensione terrena(esta' Dopo la seconda guerra mondiale, gli interessi dei teorici sociali iniziarono a dirigersi verso nuove e inattese direzioni, e il centro dello sviluppo della teoria sociale e della sociologia nel suo insieme si spostò dall'Europa all'America. Qui introdurremo le nuove direzioni della teoria sociale rappresentate dal funzionalismo, dalla teoria del conflitto e dall'interazionismo simbolico. Mentre la teoria sociale classica può essere facilmente riassunta facendo riferimento agli scritti di Marx, Durkheim, Weber,Simmel e Du Bois, a partire dagli anni ’30 la teoria e i teorici sociali larono a seguire direzioni distinte, nuove e inaspettate. Il centro della ricerca sociale si spostò dall'Europa all'America. Fondamentale fu,per lo sviluppo della disciplina, l’opera del sociologo di Harvard Talcott Parsons. La teoria funzionalista della società sviluppata da Parsons rappresentò nientemeno che il tentativo di costruire una teoria generale della società fondata sull'analisi delle dinamiche attraverso cui le diverse parti costitutive di una società contribuiscono al suo mantenimento e al suo ordinamento. L'opera di Parsons fu accolta con entusiasmo a generò anche enormi controversie. Com'era accaduto a Marx nel periodo classico, le sue teorie stimolarono un’ampia riflessione critica e un acceso dibattito teorico tra gli studiosi dell’epoca. In quel periodo, approssimativamente tra il 1937 e il 1960, si assistette all'elaborazione della teoria funzionalista e allo sviluppo di una serie di importanti alternative al modello proposto da Parsons, come la teoria del conflitto e l’interazionismo simbolico. Lo struttural -funzionalismo La teoria funzionalista di Parsons ambiva a spiegare gli aspetti fondamentali della vita sociale attraverso l’analisi delle funzioni assolte dagli attori e dai processi sociali nel mantenere unità la società. Essa rappresentò un ambizioso avanzamento verso la costruzione di una teoria sociologica unificata. Secondo Parsons, l'organizzazione degli elementi fondamentali di ogni società è profondamente connessa ai bisogni, spesso dissimulati, dalla società nel suo jeme. Parsons definì la propria teoria struttural- funzionalismo, in riferimento all'idea di base secondo cui gli idui, i gruppi e le istituzioni di ogni società sono influenzati dalle strutture del sistema sociale per cui assolvono le loro funzioni. Secondo la teoria struttural- funzionale, il sistema sociale è composto da norme, valori e istituzioni, cioè da pratiche sociali stabili nel tempo e dalle organizzazioni su cui esse si reggono. All’interno del sistema sociale, gli individui, nel corso della propria vita, assumono determinati ruoli, come quelli dello “studente” del “professore”, o dell’”impiegato” e del “capo”, e agiscono in accordo ai propri ruoli, come fanno gli attori quando recitano seguendo un copione. La teoria struttural- funzionalista mette in evidenza come le norme, i valori e le istituzioni emergano e persistano nella società perché sono particolarmente efficaci nel mantenere l'ordine sociale. Parsons passò molto tempo a raffinare il proprio approccio teorico, analizzando, ni norme, valori, ruoli e istituzioni specifiche , ma sono tre le questio! iche della prospettiva struttural- funzionalista che è necessario ricordare: 1) le caratteristiche durevoli della società possono essere spiegate in termini “funzionali” ; 2) gli individui sono estremamente influenzati e vincolati dal sistema sociale in cui vivono; 3) il sistema sociale minimizza i conflitti grazie al fatto che gli individui apprendono quale sia il proprio ruolo e accettano, chi più chi meno, il proprio “posto” nella società. Secondo la prospettiva struttural- funzionalista il cambiamento sociale è qualcosa che avviene gradualmente, attraverso l’adattamento delle norme e delle istituzioni a nuove condizioni, o mediante il loro rimpiazzo da parte di nuove norme e istituzioni. A differenza di Marx che concepiva il cambiamento come il risultato di lotte di classi rivoluzionarie, Parsons e i suoi collaboratori credevano che nel mutamento sociale operassero dinamiche simili a quelle proposte , in biologia , dalla teoria dell'evoluzione. La biologia evolu: ‘a ha dimostrato che le specie animali si adattano in maniera efficace all'ambiente, nel corso del tempo, attraverso un processo di selezione naturale,mediante il quale le caratteristiche più vantaggiose per la specie prevalgono sulle altre, generazione dopo generazione. Parsons importò quest'idea nella teoria sociale, utilizzandola come metafora per spiegare il modo in cui le società evolvono nel corso del tempo,e considerando queste ultime come organismi viventi in grado di adattarsi all'ambiente. Secondo tale idea, le caratteristiche disfunzionali della società vengono lentamente messe da parte e sostituite da caratteristiche più vantaggiose, come accade agli organismi viventi nel corso del processo di selezione naturale. Lo struttural- funzionalismo, in questo modo, cercò di costruire una teoria sociale che potesse essere applicata dai diversi elementi che compongono la società. Per raggiungere questo obbiettivo però,essa ha dovuto ignorare molti aspetti importanti delle società contemporanee che non si adattavano alle strette maglie teoriche, e numerosi critici hanno sottolineato come il prezzo pagato per tale tentativo, fosse, alla fine, troppo alto. La teoria del conflitto Una delle principali critiche rivolte ala teoria struttural- funzionalista evidenzia come tale prospettiva sembri suggerire che le società siano esenti da conflitti(conflitti come quelli derivanti dalle diseguaglianze tra gruppi , che Marx,Weber e Du Bois ritenevano svolgessero un ruolo centrale in ogni società), e che le differenti parti che le compongono funzionino in maniera più o meno armoniosa. Numerosi teorici so tra la fine degli anni '50 e per tutti gli anni '60,criticarono Parsons e la sua idea del fatto che la teoria classica avesse sovrastimato il ruolo del conflitto , proponendo la teoria del conflitto come alternativa al funzionalismo. La teoria del conflitto si ispira a Marx e Weber e rappresenta una sorta di sintesi del loro pensiero. Uno dei fondatori di questa prospettiva teorica, il sociologo tedesco Ralf Dahrendorf (1929-2009), riteneva che, nonostante la visione di Marx della lotta di classe come processo generativo del cambiamento sociale fosse superata, fosse comunque vero che nel mondo moderno esistono molti tipi di conflitto economico, e pensava che tali conflitti rappresentassero delle componenti fondamentali della vita sociale. Dahrendorf sosteneva che anche i conflitti di altro genere,che non riguardavano necessariamente la sfera economica, siano spesso in e icili da individuare, ma che comunque essi rappresentino delle forme importanti di conflitto. Secondo Dahrendorf il problema dell’approccio funzionalista di Parsons era la negazione del ruolo fondamentale del conflitto, da cui deriva la visione di una società inverosimile basata sull’armonia sociale generale. L’opera pi importante e influente di questo approccio teorico è comunque quella di Charles Wright Mills, che oltre a coniare il termine “immaginazione sociologica”, scrisse una serie di testi sulle classi e il potere in America, al tempo(anni 50) governata da una élite del potere che proteggeva i propri privilegi e decideva quali dovessero essere le politiche governative. La teoria del conflitto,negli anni '60, fornì un riparo ai sociologi in cerca di nuovi modi di concepire la disuguaglianza sociale e l'ingiustizia sociale. Grazie a questa attenzione verso la disuguaglianza, interpretata come forma di conflitto e di lotta sociale, la teoria del conflitto ha cercato d lustro al pensiero sociologico di autori classici come Marx e Weber,facendo riferimento in particolare, scritti sulle classi e sulle disuguaglianze tra i gruppi di status. Nonostante avesse fornito buone osservazioni, la teoria del conflitto si dimostrò incapace di fornire le basi per la costruzione di una teoria sociale davvero nuova. L’interazionismo simbolico Un'altra risposta critica al funzionalismo fu l’interazionismo simbolico,una teoria focalizzata sull’interazione sociale e sul ruolo della dimensione simbolica nelle interazioni. Mentre Talcott Parsons e i suoi seguaci credevano che gli individui e l'agire individuale fortemente influenzati dalla società, l'interazionismo simbolico rovesciò completamente questa prospettiva, considerando l'ordinamento sociale come il risultato delle interazioni individuali e dei significati che gli attori sociali attribuiscono agli oggetti, alle situazioni e alle relazioni con gli altri. A fondare questa tradizione teorica furono due docenti dell’università di Chicago, il filosofo George Herbert Mead(1863-1931) e il sociologo, allievo di Mead, Herbert Blumer(1900-1987). Secondo gli interazionisti simbolici, per comprendere la società è necessario analizzare le interazioni soci quotidiane, comprese le interazioni più comuni, come il mangiare insieme, l’interagire in classe, o il salutarsi per strada,perché è attraverso queste interazioni che prendono forma sia le identità individuali che la società. L’interazionismo non affronta questioni macroscopiche, ma si concentra sulla dimensione micro- sociale, osservando il comportamento umano nella sua dimensione quotidiana e il modo in cui le società prendono forma attraverso le interazioni tra gli attori sociali. Ma perché studiare il comportamento umano? Quali aspetti della società possono emergere dall’an. di attività banali come il mangiare insieme? La risposta secondo gli intera; ti simbolici, sta in ciò che distingue gli esseri umani dalle altre specie anim: fatto cioè che quando interagiamo con gli altri, assegniamo dei significati a oggetti, attività o persone. Secondo la celebre formulazione di Mead,ciò che distingue gli esseri umani dagli animali è il nostro essere sia soggetti che agiscono nel mondo sia oggetti che esistono nel mondo, e che in quanto tali vengono interpretati e definiti dagli altri. Per illustrare questo concetto, Mead divise l'identità individuale in due entità distinte, l’"lo” e il “Me”. Il Me rappresenta la dimensione oggettiva del sé, la parte identitaria che viene interpretta dagli altri,mentre l’lo rappresenta la sua dimensione soggettiva, cioè quella parte della nostra auto-consapevolezza che interpreta il modo in cui gli altri ci vedono , e che decide come agire in base alla previsione del modo in cui le nostre azioni verranno percepite e interpretate dagli altri. E' attraverso questi processi che,secondo gli interazionisti simbolici, il nostro senso del sé prende forma in costante relazione con le interpretazioni degli altri. Blumer distingue tre tipi di oggetti che possono essere interpretati quando interagiamo: oggetti fisici(tavolo,albero), oggetti sociali(persone) e oggetti astratti(idee).Secondo gli interazionisti simbol nostro senso del sé è determinato dalle opinioni che gli altri hanno su di noi, e dato che tutti desideriamo essere giudicati positivamente, allora ha senso provare a comportarci in maniera tale da spingere gli altri a interpretare positivamente il nostro comportamento. Su questa idea si fonda l’opera del sociologo Erving Goffman, che più di ogni altro ha reso popolari le idee degli intera; ti nel corso degli anni ’50 e '60. Goffman si appropriò della celebre citazione shakespeariana “tutto il mondo è un palcoscenico” per comparare la vita al teatro,sostenendo che i nostri comportamenti somigliano alle performance degli attori: come accade agli attori, anche noi interpretiamo dei ruoli, seguiamo delle sceneggiature, e veniamo giudicati da un pubblico composto,in questo caso, dalle persone con cui interagiamo nella vita di tutti i giorni. Consideriamo per esempio, il modo in cui ci presentiamo, ad un colloquio di lavoro: il modo di vestirsi per esempio, oppure la serie di messaggi non verbali,che insieme al modo in cui ci presentiamo, influenzeranno l'opinione del nostro intervistatore. Quando mettiamo in atto tali comportamenti ci impegniamo in ciò che Goffman definiva “gestione dell'impressione”,cioè l’organizzazione strategica del comportamento al fine di comunicare agli altri una determinata idea di sé. 4.Una nuova generazione di teorie soci Infine forniremo dei brevi esempi di alcune importanti nuove teorie sviluppate a partire dagli anni '60 del secolo scorso. In che modo i teorici contemporanei hanno rielaborato o trasformato la teoria sociale classica e della metà del XX secolo? La sociologia attraversò una fase di enormi trasformazioni tra gli anni '60 e i primi anni '70, quando i movimenti sociali di tutto il mondo richiesero, e talvolta ottennero,cambiamenti di fondamentale importanza. Gli anni '60 furono quelli dei movimenti ambientalisti, dei movimenti studenteschi, delle proteste contro la guerra in Vietnam e dei primi movimenti per i diritti omosessuali. In questo scenario turbolento le teorie sociali tradizionali, incluse alcune di quelle che fino a poco tempo prima avevano goduto di una certa popolarità, vennero accantonate( il funzionalismo, la teoria del conflitto, l’interazionismo simbolico). Sulla scia dei cambiamenti sociali degli anni'60 irruppe sulla scena una nuova generazione di teorie e di teorici. Alcune di queste prospettive teoriche erano esplicitamente connesse ai movimenti dell’epoca, mentre altre cercavano, diversi modi, di riprendere aspetti della sociologia classica, così come di quella della prima metà del XX secolo, nel tentativo di sviluppare nuovi modi di concepire la relazione tra gli individui e la società, la natura dell'ordinamento sociale, e le condizioni del cambiamento sociale. Il revival marxista la tradizione teorica marxista fu al centro di un significativo revival a partire dagli anni '60. Una nuova generazione di teorici marxisti cercò di aggiornare il marxismo e di metterlo al passo coi tempi, riconoscendo che la storia, perlomeno fino a quel momento,non aveva seguito le logiche indicate da Marx ed Engels. Una delle preoccupazioni fondamentali del cosiddetto neo- marxismo era di perfezionare le idee politiche di Marx per sviluppare una teoria dello stato capitalista. | neo- marxisti elaborarono nuove prospettive in grado di rendere conto di come e perché i governi delle società capitaliste adottassero politiche che, in ultima proteggevano gli interessi della classe capitalista, ma allo stesso tempo cercarono di capire quali condizioni potessero favorire un'apertura dei governi e dei gruppi economicamente più potenti nei confronti delle necessità e delle richieste della classe operaia. Per fare un esempio,uno stato capitalista può adottare politiche sociali di cui beneficiano le persone più povere e la working class, utilizzando strumenti come il sistema pensionistico, i sussidi di disoccupazione, i servizi sanitari, l'istruzione pubblica gratuita o a basso costa, mentre allo stesso tempo può proteggere il profitto della classe capitalista e sostenere la crescita economica. La diffusione in ogni paese del mondo occidentale di questi programmi, dalla fine del XIX secolo in poi e soprattutto dal secondo dopoguerra, ha migliorato notevolmente la vita della gente comune, e ha persino contribuito a proteggere il capitalismo dalle sue derive peggiori, o perlomeno questo è ciò che sostengono i neo-marxisti. | benefici offerti da questi programmi erano visti dai neo-marxisti come l’elemento- chiave per convincere la classe operaia di non aver bisogno del socialismo. Allo stesso tempo, tuttavia, i neo- marxisti insistevano molto sul fatto che tali concessioni non avrebbero potuto durare per sempre; a un certo punto il loro costo sarebbe divenuto troppo alto e impossibile da sostenere per le economie e i governi capitalisti. Questa “crisi fiscale”, alla fine, avrebbe aperto la strada a un nuovo tipo di rivoluzione socialista, o perlomeno avrebbe reso possi] ina serie di sviluppi alternativi tra cui, appunto, una nuova rivoluzione socialista. Oltre a ripensare la visione dello stato sviluppata dalla teoria marxista classica, gli studiosi neo- marxista elaborarono una prospettiva molto complessa relativa alla natura delle classi sociali e della loro struttura nella società capitalista. Il modello a due funzione più importante del potere nella società moderna. Tuttavia, secondo Foucalt, il potere non può essere pensato solo come qualcosa che ci viene imposto dall'alto; al contraro, tutti noi ci discipliniamo a vicenda, per esempio quando ci prendiamo gioco degli amici per suscitare determinate situazioni. Quando ci sentiamo ii colpa per qualcosa e controlliamo il nostro comportamento, facciamo ciò che Foucalt con: fondamento del potere moderno: diventiamo controllori di noi stessi, una sorta di agenti sorveglianza del nostro stesso comportamento. Pierre Bourdieu: un nuovo approccio alla disuguaglianza sociale Se il potere era al centro dell’opera di Foucalt, il suo collega francese Pierre Bourdieu si dedicò al ripensamento delle dinamiche della disuguaglianza sociale. La sua teoria sociale cerca di combinare in un modello unico i diversi modi in cui gli individui agiscono in contesti caratterizzati da disuguaglianze di classe di cui sono largamente ignari. Da diversi punti di vista, il ruolo di primo piano che Bourdieu attribuisce alle classi ricorda l’opera di quei teorici sociali, soprattutto di Karl Marx, che credevano che per comprendere la società fosse di fondamentale importanza capire le dinamiche e i conflitti di classe. Tuttavia, Bourdieu si allontana nettamente dal marxismo e dalle teorie neo- marxiste, e propone una riconcettualizzazione radicale del concetto di classe e della natura della differenza tra le classi. Mentre Marx e gli altri sociologi definivano le classi come gruppi di attori sociali che occupano la medesima posizione all'intero della struttura economica, facendo riferimento, ad esempio, al fatto che questi fossero lavoratori o proprietari dei mezzi di produzione, o in base a indicatori quantificabili come il livello di reddito, Bourdieu estende questa definizione e vi include diverse dimensioni, compreso il modo in cui le persone pensano e agiscono nel mondo e le conoscenze che possiedono. Il lavoro di Bourdieu combina alcune idee degli interazionisti e di Marx e Weber con teorie, come quella di Marx , che mettono al centro della propria analisi la disuguaglianza economica e la sua influenza sulle scelte e le opportunità individua! Bordieu si focalizza sulle azi chiamate pratiche(il modo in cui parliamo agli altri, la musica che ascoltiamo). Tutte le differenze nel nostro agire pratico dipendono, secondo Bordieu, dalla nostra posizione nello spazio sociale, cioè nella struttura della distribuzione delle risorse, che lui chiama capitali. Bordieu sostiene che queste differenze siano prodotte dal nostro habitus, un sistema di disposizioni profonde che ci viene inculcato sin da bambini. E' l’habitus che ci porta a comportarci in una certa maniera in determinate situazioni. Persone differenti, possiedono habitus diversi, sviluppati nel corso della loro socializzazione e dei loro percorsi educativi. Non nasciamo con l’habitus, ma lo sviluppiamo crescendo, durante l’esperienza sociale. | membri di classi differenti sviluppano habitus diversi proprio perché diversi sono i loro percorsi di vita attraverso lo spazio sociale. Per illustrare e documentare questa relazione tra habitus e classe Bordieu si dedicò allo studio della classe francese, intervistando membri classi diverse a proposito dei loro gusti e delle loro preferenze culturali : dalla musica, all'arte fino alla letteratura, la gastronomia e lo sport. Attraverso questa analisi dimostrò oltre alle differenze dei gusti tra le classi che «quando esprimiamo la nostra preferenza per uno specifico oggetto culturale, come un particolare genere musicale, affermiamo la nostra appartenenza a un determinato gruppo sociale e allo stesso tempo definiamo noi stessi in contrapposizione agli altri. Partendo dal fatto che gli attori sociali competono fra loro per affermare lo status dei propri gusti e delle proprie preferenze culturali, Bourdieu arrivò a sostenere che nella società moderna i confitti tra gruppi non riguardano soltanto il possesso delle risorse economiche, ma anche quelle culturali. Introdusse in particolare il concetto di capitale culturale, riferendosi alla conoscenza di ciò che è considerato “alto” nella sfera culturale, come nel caso delle persone che si dimostrano capaci di parlare in modo competente e raffinato di arte e letteratura, ovvero i cosiddetti “colti”. E' importate notare che le persone che dispongono di un buon capitale economico possiedono anche un buon capitale culturale, ma le due forme di capitale non coincidono in maniera diretta. Bourdieu teorizzò inoltre altre forme di capitale, come il capitale sociale(le conoscenze che possiamo attivare nelle nostre reti di relazioni, come i nostri amici e parenti) e il capitale simbolico( la nostra reputazione). L'accesso a determinate risorse,effettive o potenziali, dipende sempre dall’appartenenza a uno specifico gruppo. La sociologia analitica La complessa teoria di Bordieu della disuguaglianza sociale è un esempio di come la teoria sociale possa rinnovarsi grazie all'analisi del comportamento e delle interazioni individuali. Le sue idee hanno influenzato una nuova generazione di sociologi, i quali hanno cercato di sviluppare le cosiddette teorie a me raggio, cioè teorie focalizzate su specifiche ipote: ricerca riguardanti singoli aspetti della società relativi al rapporto tra la struttura sociale e l’agire individuale. La sociologia analitica si fonda sull’analisi della relazione tra la dimensione “macro” della società(le istituzioni, le organizzazioni, l'economia) e la sua dimensione “micro”,cioè la dimensione dell’agire individuale. Per definire questo approccio i sociologi analitici hanno coniato l’espressione individualismo strutturale, al fine di rendere esplicita l’idea che la società si basa sulle scelte e le a individuali, ma queste scelte e queste a; ono al contempo influenzate dalla società nel suo insieme. Robert Merton(1910-2002) e James Coleman(19261995) sono considerati i padri fondatori della sociolo; analitica. Merton rinnegò il programma strutturalfunzionalista per dedicar. vece, all'elaborazione di una propria teoria della struttura sociale. Merton formuò alcuni importanti concetti sociologi,come il concetto della profezia che si auto-avera(l'idea che quando si crede che qualcosa possa accadere il verificarsi di questa predizione diventa più probabile) e quello delle conseguenze inattese dell’azione sociale(l'idea che qualunque azione possa portare quando combinata con le azioni di altri a risultati inattesi, come quando adottiamo un cane per farci compagnia ma poi, portandolo a spasso, ci facciamo subito dei nuovi amici). Merton, nel corso della sua carriera, fu un sociologo molto stimato, e le sue idee sono ancora oggi fonte di ispirazione per le giovani generazioni di sociologi. Egl eneva che le teorie non dovessero né raggiungere livelli ecces: di generalizzazione, tralasciando dettagli importanti della vita sociale, né essere troppo specifiche, e quindi prive di qualsiasi implicazione di carattere generale, una teoria a medio raggio si posizionerebbe tra questi due estremi, cercando di individuare certi aspetti generali della vita sociale in contesti specifici, e basandosi almeno in parte sulle azioni delle persone. Ma che cosa significa tutto questo,concretamente? Facciamo un esempio: stringere la mano del proprio avversario dopo una competizione sportiva è un modo per mostrargli rispetto, per affermare il proprio successo o per ammettere la propria sconfitta, e per comunicare in maniera chiara di non essere più suoi avversari Eppure, la semplice rilevazione delle funzioni di questo rituale non spiega da dove derivi tale norma sociale. Alcuni atleti avranno lato a pensare che poteva essere utile scambiarsi una stretta di mano, e questa pratica deve essersi diffusa tra gli altri sportivi, e così via. In altre parole, non basta dire che la stretta di mano contribuisce, nel suo piccolo, a mantenere l’ordine sociale; è necessario capire perché certi atleti abbiano iniziato ad attribuire valore a questo gesto, stringendo la mano dei propri avversari prima che questa azione fosse codificata come norma sociale. Il contributo di James Coleman alla sociologia analitica rappresenta una risposta a queste ed altre questioni. Coleman trascorse buona parte della propria carriera sviluppando modelli matematici della vita sociale, in cui applicava idee elaborate nella teoria economica sugli interessi e gli scopi che guidano l'agire individuale. Nella sua opera teorica più importante, Coleman difende l’importanza delle spiegazioni a livello micro(o individuale). Per chiarire il suo punto di vista, fornisce un esempio di questo genere di spiegazione utilizzando l’opera di Weber “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”. La famosa tesi Weber, che il capitalismo si sia sviluppato originariamente nei paesi dove il protestante stasimo era più diffuso, può essere rappresentata attraverso u semplice diagramma: Diffusione del protestantesimo Sviluppo capitalismo Questo implica che tutto ciò che possiamo sapere è che nei paesi dove il protestantesimo era più diffuso il capitalismo si è sviluppato prima. Secondo Coleman, però, la tesi di Weber è molto più complessa, ed è questo che fa de L'etica protestante un libro moto importante. Questo diagramma è conosciuto come Coleman Boat(la “barca di Coleman”, o anche la “vasca di Coleman”). La logica del diagramma è la seguente: per funzionare, una teoria come quella di Weber deve essere in grado di spiegare come la dimensione macro( rappresentata i questo caso dalla diffusone del protestantesimo) influenzi la dimensione micro( i valori e i comportamenti degli individui) per produrre infine, un nuovo effetto a livello macro(la nascita del capitalismo). Il senso ultimo del ragionamento di Coleman è che le teorie sociali debbano essere costruite, almeno in parte, dal basso verso l'alto,tenendo in considera zio gli in lui che agiscono. Da questo punto di vista, le conclusioni di Coleman ricordano certe idee degli approcci discussi in precedenza come, per esempio, l’importanza della analisi delle interazioni sottolineata dall’interazionismo simbolico. Coleman però va oltre le teorie precedenti per più aspetti. L'aspetto forse più importante è rappresentato dall’incorporazione nella sociologia analitica di concetti sviluppati in campo psicologico. Una delle caratteristiche della sociologia analitica è il suo fondarsi su idee circa il funzionamento della mente in date situazioni sociali. Ma i sociologi analitici vanno oltre il livello psicologico, sostenendo che il mondo sociale si sviluppa attraverso una duplice relazione: da un lato troviamo sempre gli individui, con le loro motiva; loro comportamenti, e dall'altro le strutture sociali, che vincolano la scelta e l'agire luale. La caratteristica più importante di questa relazione è la sua dinamicità: ciascuna dimensione dà forma all'altra in un ciclo continuo. Ma come funziona questo ciclo dinamico di mutuo modellamento delle dimensioni micro e macro? La missione che i sociologi analitici si sono attribuiti è quella di identificare i meccanismi chiave dell’interconnessione tra gli individui e le strutture sociali. Questi meccanismi sono gli “ingranaggi” della vita sociale. Ma di cosa sono fatti questi “ingranaggi” Una delle connessioni fondamentali tra le dimen: icro e macro si articola attraverso le reti sociali ( un'idea, questa, che deriva dalle riflessioni di Georg Simmel). Secondo i sociologi analitici, le reti sociali sono fondamentali per diverse ragioni; capita spesso di trovare lavoro, l’amore, o nuove idee attraverso le reti sociali. Queste reti stanno anche alla base di fenomeni come le epidemie, dato che le malattie si diffondono seguendo le reti. Quanto siano potenti le reti sociali è stato poi dimostrato dall’avvento dei social media, e oggi le attività di “networking” sono considerate essenziali per formulare strategie efficaci tanto in ambito professionale quanto nella vita privata. Da questo punto di vista, uno degli aspetti più importanti del frequentare l'università è certamente quello di acquisire nuove amicizie e conoscenze che andranno a estendere le nostre reti sociali. La sociologia analitica si sta ancora sviluppando,e una valutazione definitiva del suo contributo alla teoria sociale sarebbe prematura. Una delle questioni fondamentali che i sociologi analitici devono ancora affrontare riguarda le possi relazioni tra l’agire individuale, che sta al centro della loro analisi, e concetti sociologici classici come la classe, il potere, lo stato e la globalizzazione. In altre parole, la dimensione micro della vita sociale è stata analizzata dai sociologi analitici in maniera più approfondita rispetto alle sue connessioni con la dimensione macro-sociale. Il problema relativo all'elaborazione di teorie sociali capaci di spiegare in maniera adeguata le connessioni tra individui e società, quindi, deve ancora essere risolto. CAPITOLO 3 1. Comenascono le domande sociologiche? ieremo con le fasi fondamentali della ricerca sociologica, esaminando i problemi che spesso emergono quando i ricercatori praticano la sociologia per la prima volta : per esempio, in che modo i sociologi trasformano i loro interessi di ricerca in domande su cui poter lavorare, e come identificano cosa studiare. I sociologi prima decidono quale domanda porre, poi trovano gli strumenti e i metodi migliori per rispondere. Ma cosa spinge un sociologo a ritenere che un determinato progetto di ricerca abbia valenza? Cosa li spinge a ritenere che valga la pena di studiare un certo argomento? La risposta è l'immaginazione sociologica, la quale ci stimola a porre particolari domande sul mondo. Dai temi agli interrogativi di ricerca Ci sono moltissimi temi interessanti da indagare, spesso non il linea con i nostri interessi, ma la vera difficoltà è ricavare da quest'ultimi una valida domanda su cui sia possibile condurre una ricerca. Una buona domanda di erca è rilevante quando può d qualcosa sul mondo che non conosciamo già. Spesso dobbiamo adoperare dei restringimenti di campo per risultare più speci nel determinato ambito oppure chiedersi se il terreno da esplorare è già stato mappato o meno, non precludendoci comunque la possibilità di riesaminare la stabilita ricerca in questione. Ci sono almeno sei interrogativi che i sociologi dovrebbero porsi per stabilire il valore e la praticabilità di una potenziale domanda di ricerca: 1) conosco già la risposta? 2) la domanda può essere oggetto di ricerca? 3) La domanda è chiara? 4) La domanda ha un legame con il sapere delle scienze sociali? 5) La domanda bilancia generale e particolare? 6) Mi interessa la risposta?. Come sappiamo che cosa studiare? | sociologi si muovono su determinate aree di ricerca per diverse ragioni. Per molti la spinta è di tipo personale, diretta o etta; diretta quando un sociologo conduce una ricerca su qualcosa che ha vissuto in prima persona; indiretta quando la spinta verso certe domande sociologiche può essere meno personale e più politica. Esistono molti fattori che influenzano le scelte dei sociologi sui temi da indagare. Le tre influenze fondamentali sono: i valori, le tradizioni teoriche e il codice etico. | valori, o i sistemi di credenze che influenzano le visioni e le prospettive del mondo studiato dai sociologi, incidono in modo rilevante sulle questioni che essi trovano interessanti e affascinanti. Sostenere che i nostri valori influenzano le nostre le nostre domande di ricerca non equivale a dire che le determinano, i valori motivano i sociologi a lavorare su specifici temi. Inoltre, i sociologi tendono a focalizzare le proprie ricerche partendo da tradizioni teoriche, che usano per dare significato al mondo. Esiste un’ampia gamma di teorie, derivate della tradizione che gli stu trovano più convincente, che orientano i sociologi a formulare alcune domande e non altre. Le teorie sono lenti attraverso cui si osserva il mondo; la teoria che orienta la ricerca di un particolare sociologo ha un impatto diventare di due ore). Connesse alle inchieste, ma diverse sotto molti aspetti,sono le interviste in profondità: ai rispondenti si pongono domande su un tema, ma senza nessun formato standardizzato di risposta. Il formato dell'intervista in profondità concede ai ricercatori molta più libertà interessanti,e di approfondire quando sono necessari o appropriati magg eri di elaborare le proprie risposte. Sebbene entrambe raccolgano i dati dalle risposte fornite dall’intervistato, le inchieste e le interviste in profondità sono metodi che presentano importanti differenze, come per esempio nella durata. Come metodo sociologico, sia le inchieste sia le interviste presentano fondamentali punti di forza e di debolezza. Il loro principale punto di forza è la capacità di far emergere dati su un ampio numero di persone(in particolare le inchieste), e di comprendere in che modo le persone danno significato i propri mondi( in particolare le interviste in profondità). Senza le inchieste e le interviste in profondità conosceremo molto meno le società in cui viviamo. Nonostante la loro enorme utilità, le inchieste e le interviste, oltre ai punti di forza, presentano anche problemi che costituiscono per il ricercatore autentiche sfide(tempi,costi,energie, difficoltà nel condurre interviste con qualcuno che non si conosce e a porre eventuali domande sen: ). Sia le inchieste le interviste in profondità devono affrontare un problema di fondo molto più importante, vale a dire che ciò che le persone dicono di sé o delle proprie azioni non è del tutto vero,preciso né completo, questo,perché gli intervistati possono essere imbarazzati o confusi dalle domande loro poste. I metodi etnografici e la sfida della teoria Se le persone non fanno realmente quanto dicono o se non possono dire all’intervistatore ciò che realmente pensano e come realmente si comportano in differenti contesti, che cosa deve fare il ricercatore? Risolvere questo problema è una ragione per cui la ricerca basata sull’osservazione diretta,conosciuta come etnografia, è da tempo u metodo importante di ampia diffusione anche in ambito sociologico. Gli etnografi entrano nel mondo che studiano, come testimoni e persino come partecipanti diretti. Fondamentale per la ricerca etnografica è decidere dove localizzare le proprie osservazioni, cioè definire 0. Una volta sul “campo”, gli etnografi hanno bisogno di decidere chi,dove e che cosa osservare. | pionieri della ricerca etnografica sono stati gli antropologi, che spesso conducono la propria ricerca in paesi stranieri per capire pratiche culturali e norme sociali differenti. Per lavorare al meglio i sociologi devono immergersi all'interno del determinato ambiente(dagli ambienti familiari fino ad altre culture o sottoculture per lunghi periodi) di modo che possano carpire tutte le eventuali motivazioni degli eventi e i comportamenti che spingono gli individui a compiere determinate azioni . La maggior parte del lavoro etnografico in ambito sociologico si colloca a metà strada,con i ricercatori che documentano i modelli, i processi e le pratiche della vita quotidiana sia di persone inserite in realtà che essi conoscono, sia di persone inserite in realtà che es: L’autentico punto di forza della ricerca etnografica è la sua capacità di produrre descrizioni della vita sociale tra le più complete e ricche di sfumature che esistano. L'etnografia può fornirci desci dense delle persone che vivono in determinati spazi e ci trasporta in luoghi e situazioni ai quali, normalmente non abbiamo accesso: dalle celle carcerarie alle gang di strada. Un perfetto esempio dell’incoerenza tra ciò che le persone affermano sulle proprie azioni e il loro comportamento reale, e quindi di come la ricerca etnografica possa fornire un quadro molto più accurato rispetto alle inchieste con questionario, è la ricerca condotta da Arlie Hochshild(1898) per il suo libro The Second Shift. Il libro rappresenta ciò che succede nelle case di alcune coppie e che essi abbiano una visione quantomeno distorta di ciò che invece è la realtà: in alcuni casi la coppia dichiara di essere tradizionale, quindi madre a casa con i figli e padre nel mondo del lavoro retribuito, ma così non è,e, nella vita di tutti i giorni Hochshild osserva gli uomini occuparsi delle pulizie,spese, bambini, organizzazione della casa. In altri casi invece, al contrario, la famiglia chiara un’uguale ripartizione del lavoro dentro e fuori la casa, ma le loro vite rivelano altro, con la madre indaffarata dietro mille faccende e il padre a guardare la tv o a prendersi cura dell'auto. Questo libro è un perfetto esempio di ciò che il sociologo definì “miti familiari”. Nel produrre descrizioni dense di aspetti interessanti della vita sociale, gli etnografi possono talvolta perdere di vista la focalizzazione analitica o la rilevanza teorica. Alcuni etnografi sembrano riluttanti a concettualizzare o a teorizzare partendo dai propri dati. Certamente, nessuno considera una debolezza la capacità di etnografi di fornire descrizioni molto dettagliate di contesti locali. In realtà, alcuni accolgono ed elogiano tale aspetto del lavoro etnografico. ‘ord Gertz(1973), il famoso antropologo che ideò il termine descrizione densa per descrivere il lavoro degli etnografi, lo considerava una risorsa del metodo. Esistono però anche altre tradizioni etnografiche. Ci sono etnografi che cercano di andare oltre i resoconti descrittivi di situazioni specifiche per non conoscono. connettere i propri insights etnografici ai dibattiti sociologi e alle domande teoriche più generali. Il sociologo Micheal Burawoy ha dedicato la sua carriera di studioso a smontare l’idea secondo cui l’etnografia non può essere usata per affrontare criticamente questioni teoriche. Per fare questo ha sviluppato il metodo del caso esteso, un modo di fare etnografia che pone enfasi sul contributo dato dall’etnografia alla teoria sociale. Il metodo del caso esteso ha tale funzionamento: proposizione teorica- domanda di ricerca- osservazione etnografica- revisione della teoria. Metodi storici- comparativi e complessità delle comparazioni Alcune delle domande che i sociologi desiderano studiare hanno un'importante dimensione temporale: includono cioè, in un modo o nell'altro, la storia e i processi storici. In altri casi, la strada da percorrere può essere quella di comparare le società del mondo di oggi o le società del passato. La ricerca storico comparativa è un metodo di analisi qualitativa che esamina un fenomeno sociale nel corso del tempo o in luoghi differenti. Se è vero che le comparazioni sono implicite nella maggior parte della ricerca sociale, è anche vero che alcuni tipi di domande sono particolarmente adeguati a essere affrontati da una prospettiva storica, e in certi ca: hiedono precisamente uno studio che usi questa prospettiva. La storia fornisce un laboratorio vasto per studiare processi di cambiamento sociale su larga scala. | sociologi infatti usano la storia per sottoporre a verifica teorie e ipotesi sul cambiamento sociale,culturale e politico. La ricerca storica è sempre stata una parte importante della tradizione sociologica. | sociologi della storia studiano la storia in maniera molto differenti dagli storici . Gli storici sono soliti concentrarsi su un particolare periodo e luogo come per esempio la Russia degli zar o la Germania nazista e catturarne sfumature e dettagli. | sociologi invece, senza essere necessariamente esperti di un certo periodo o luogo, studiano la storia perché generalmente vogliono instaurare comparazioni tra tempo e contesti differenti. Charles Tilly elaborò un metodo per ricostruire la storia dei movimenti di protesta condotti dalla gente comune nel corso di lunghi periodi sto paesi come la Francia o la Gran Bretagna, basandosi sugli articoli di giornale e ostrò che le proteste non erano esplosioni casua razionali, ma piuttosto, realtà che si svilupparono in contesti particolari come la carestia, le guerre e i periodi di sconvolgimento politico. Sono possibili diversi tipi di comparazioni storiche: la ricerca condotta su un singolo paese, che per esempio confronta diversi quartieri o città o regioni, oppure istituzioni specifiche in differenti periodi storici, o comparazioni transnazionali, le quali, generalmente, hanno come obbiettivo la spiegazione delle differenze tra i paesi. Weber ebbe il desiderio di capire perché il capitalismo come sistema economico stesse attecchendo in alcuni parti d'Europa e non in altre. Ad esempio in Cina non accadde per il confucianesimo : impegnarsi per arricchirsi è sconveniente e moralmente sbagliato . Oppure in India, dove la causa è ema delle caste : la vita, infatti è un passaggio transitorio dell'anima, la quale ottiene la sua elevazione attraverso la reincarnazione. 3.Quali sfide affrontano i sociologi nel raccogliere i dati? Nel terzo paragrafo esamineremo non solo le differente tecniche impiegate dai sociologi nella ricerca, ma anche come queste siano riconducibili a un più generale “metodo scientifico”. Una volta che hanno circoscritto il campo delle domande e scelto i metodi di ricerca, i sociologi possono iniziare a raccogliere i dati. Cercano evidenze che li aiutino a rispondere alle domande che hanno posto: i sociologi che fanno affidamento su dati di inchiesta devono condurre, inchieste o perfezionare i dati già raccolti in grandi data set, come negli i ‘at nello studio degli aspetti della vita quotidiana(consumi alimentari, parte le, tempo libero) . Lo stesso vale per chi usa dati e informazioni amministrative raccolte da grandi istituzioni, sempre accertandosi che essi siano completi,inclusivi e generali, altri sono favorevoli alla partecipazione dell'osservatore e cominciano a vivere tra i soggetti studiati, altri consultano gli archi Questioni di campionamento Uno dei principali problemi che tutti i sociologi affrontano, a prescindere dal metodo usato, è come selezionare un campione adatto da studiare. Il campionamento è il processo di individuazione dei soggetti che un ricercatore studierà. Il campionamento è una fase dell'indagine campionaria. L'indagine campionaria è un metodo per acquisire dati sul comportamento, sugli atteggiamenti e sulle opinioni degli individui. Essa si struttura in fasi: isogna individuare l'insieme di persone (es. i nuclei familiari) che si desidera studiare, che viene definito come "popolazione"; la popolazione, sociologicamente, è, infatti, un insieme di persone che hanno caratteristiche comuni; b) la seconda, quella del vero e prop campionamento, in cui si individua, appunto, un campione di persone (un gruppo rappresentativo della popolazione da studiare);c) la terza, in cui si realizza la somministrazione al campione di una serie di domande; d) la quarta, in cui avviene l'elaborazione dei dati così raccolti. Esistono diversi metodi di campionamento: 1)Probabilistico: semplice (casuale) = ogni soggetto ha la stessa possibilità di essere scelto come campi: costruzione di una lista più estrazione di invi senza produrre distorsioni . 2) Sistematico: guidata da una costante, il ricercatore estrae dalla lista solo il numero che rappresenta la costante e da lì in poi i multipli. 3) Casuale stratificato: separazione degli elementi in gruppi non sovrapposti (strati) e scelta del campione per ogni strato (sesso, età..) .4) Non probabilistico: quando non si conosce la probabilità di ogni elemento di essere estratto. Lo svantaggio più è di estrarre un campione non rappresentativo della popolazione (varie tecniche: campionamento accidentale, per quote, dimensioni, obiettivi Questioni di affidabilità e validità Quando raccolgono i dati, tutti i sociologi, indipendentemente dal metodo impiegato, tendono a preoccuparsi in maniera quasi ossessiva delle questioni relative all’attendibilità delle informazioni raccolte. Benché questi due concetti siano legati tra loro, i sociologi tendono a pensarli in modi distinti. Quando parlano di affidabilità nella misurazione, essi desiderano sapere se, usando la stessa tecnica di misurazione in uno studio diverso sul medesimo campione o sullo stesso ambiente otterrebbero risultati Se tali risultati possono essere replicati, cioè, se più di un ricercatore ottiene gli stessi risultati, ice allora che non sono affidabili. La validità invece rappresenta la reale correttezza della misurazione usata da un ricercatore. Se la misurazione riflette quanto il ricercatore indente effettivamente conoscere sul mondo sociale, allora si può dire che i risultati sono valid Le complicazioni della causalità Una delle più grandi preoccupazioni per i sociologi, in particolare per quelli che i statistica, è sviluppare tecniche tese a migliorare la propria capacità di trarre inferenze interessati a comprendere il mondo a individuare la migliore politica sociale, che intervenire sul mondo, spesso desiderano andare oltre la semplice registrazione del fatto che due fenomeni soci compaiono insieme, in altre parole che “covariano” l’uno con l’altro. Questo è ciò che i sociologi chiamano correlazione. L'esempio più ovvio a tale riguardo è rappresentato dal reddito e dall’istruzione, in maniera particolare in paesi come gli Usa. Ma come sono collegati questi attributi sociali? Per rispondere a tali domande, i sociologi hanno spesso bisogno di sapere se è verosimile che una cosa derivi dall'altra. Devono trarre, cioè, un’inferenza causale. Nella logica l'inferenza (dal latino inferre letteralmente portare dentro ) è il processo, induttivo o deduttivo, attraverso il quale da una proposizione assunta come vera si passa a una seconda proposizione la cui verità è derivata dal contenuto della prima secondo opportune regole di inferenza. Inferire quindi trarre una conclusione come ad esempio accade nel sillogismo. Inferire X si ica concludere che X è vero ; un'inferenza è la conclusione tratta da un insieme di fatti o circostanze. Gran parte dello studio della logica esplora la validità o non validità di inferenze e implicazioni. Esiste una sottile differenza tra implicare e inferire: il primo sottende in maniera tacita una conseguenza, il secondo vi perviene esplicitamente. Se si scrive che "tutti gli uomini sono mortali" e "Socrate è un uomo", si implica che Socrate è mortale, ma un lettore così attento da notare la nostra implicazione e pensare "quindi Socrate è mortale", inferisce che Socrate è mortale. Interessante riguardante l’inferenza causale fu il rapporto Coleman (1966), il quale evidenziò che la disuguaglianza di istruzione dipendeva più dai fattori etnici, sociali, economici e istituzionali, e non tanto dalla qualità della scuola. 4.Come danno senso i sociologi ai loro risultati? Per finire, considereremo come i sociologi dimostrano l’affidal decidono quali propo: ni generali ricavare dalla propria ricerca. Dopo aver formulato le domande e raccolto i dati, i sociologi possono finalmente dare un senso ai propri risultati. La fase in cui si interpretano le informazioni raccolte e in esse si cercano schemi o modelli(patterns) più generali è detta di analisi dei dati. Alcuni sociologi aspettano di raggiungere questa fase prima di avviare qualsiasi attività interpretativa. Come si uniscono i tasselli del puzzle Qualunque sia la logica impiegata da un sociologo, l'obbiettivo è lo stesso: comprendere come si uniscono i tasselli del puzzle empirico e che cosa, esso una volta completato, ci dice del mondo sociale. Ecco, possiamo pensare ai dati come a tasselli di un puzzle: il lavoro del ricercatore consiste nell’u per formare figure(cioè modelli) e nel trarre conclusioni. La prima cosa da fare per i sociologi è la codifica dei dati: organizzano, cioè, i dati secondo categorie e concetti fondamentali. Trasformare i dati grezzi una forma usabile è fondamentale per poter ii Bisogna inoltre controllare l’esistenza di errori ultati, e come Altrimenti, le risposte potrebbero proseguire all'infinito. Tutto dipende da chi pone la domanda, da chi risponde dalla loro relazione e dall’occasione specifica. Lo sappiamo, almeno in modo implicito, e agiamo di conseguenza: è il nostro metodo. Precisione conversazionale Possiamo osservare metodi delle persone in atto durante una qualunque conversazione. Senza essere pienamente consapevoli iò che fanno, esse adeguano ogni loro espressione verbale in modo preciso al flusso locutorio altrui. | sociologi che studiano la conversazione quotidiana sanno esattamente come l'alternanza dei turni, che sta a fondamento della conversazione, si possa realizzare e quali attente tecniche si usino per farlo. Cogliamo anche il più leggero cenno in avanti del capo come un segnale che il nostro interlocutore vuole prendere la parola, e solitamente gliela concediamo. Stiamo attenti ai silenzi. L'etnometodologo Emanuel Schegloff ha scoperto che anche silenzi brevissimi sono fonti di informazioni, ad esempio se c'è o meno la possibilità di inserirsi nella conversazione. Il silenzio, un no o l’indugio(eh,beh, uhm) oltre a indicarci che stanno arrivando probabilmente brutte notizie ci mostra come sia in corso un rifiuto. Osservare e precedere le risposte, può in tanti casi, aiutarci a salvare la faccia, e ciò può accadere solo grazie alla notevole capacità di percepire i piccolissimi movimenti che noi tutti compiamo. La migliore conversazione è quella con l’alternanza dei turni, a volte capita che durante le conversazi icombano delle “riparazioni”,da parte di uno degli interlocutori, perché si verificano silenzi o semplicemente incomprensioni. | sociologi hanno rilevato alcuni modelli, alcune irregolarità(cioè alcuni patterns) relativi a chi cede la parola. Ad esempio gli uomini con le donne, i medici con i pazienti o i genitori con i bambini. La conversazione pertanto, non è necessariamente democratica. Differenze (di età o di genere per esempio) portano i “capi” a imporsi attraverso l'uso della parola. Avere la parola è importante per diversi motivi, in particolare a permetterci di esprimere il nostro pensiero. Emozione Un altro metodo impiegato dalle persone nell'interazione sociale riguarda l’uso dell’emo: emozioni non sono,come suggerisce lo stereotipo, assolutamente fuori dal nostro controllo. Talvolta ne pa come fossero esplosioni: risate e grida che si manifestano contro le intenzioni di qualcuno. Tuttavia, per i sociologi, le emozioni sono anche prestazioni che eseguiamo per specifici scopi, sebbene le loro manifestazioni variano a seconda del contesto. Esistono convenzioni legate al tempo e al luogo per manifestare l'aggressività e il crollo emotivo nei confronti di altri, ad esempio piangere per la morte di una persona cara. A un livello più micro , i sociologi che studiano le lotte e i conflitti notano come le parti avverse siano molto attente ad accompagnare le proprie minacce e i propri gesti con segnali e contro segnali, che tutte le parti possono comprendere(“ah si?”,"e chi lo dice?” ecc). Il sociologo Randall Collins chiama questa serie venti catene di rituali dell'interazione. Osservando in modo sistematico i conflitti tra le persone sulla strada o in altri ambienti, s ha rilevato quanto raramente si arrivi alle mani: nella grande maggioranza dei csi, i partecipanti sanno che escandescenze e rimostranze, proprie e del rivale, sono teatrali. Inoltre, la maggior parte delle persone non ha idea di come lottare fisicamente: abbiamo paura l’uno dell'altro. Cerchiamo, pertanto, modi per concludere la discussione senza ricorrere alla violenza: e grazie alla nostra competenza sociale, li troviamo. Le persone sembrano fuori controllo, ma in realtà non lo sono. Come sostiene l’etnografo Jack Katz, anche ridere insieme agli altri è un sintomo di come il contesti influenzi l'emozione e la sua manifestazione. Un modo per capire la natura sociale dell'’emozione è studiare come i pubblici interagiscono con gli interpreti sul palcoscenico. Ci stimoliamo in modo reciproco. Apprezzare una prestazione di altri, simili per mente e spirito, è attivante. Le persone adeguano le proprie risposte alle con trovano. Ognuno deve costruire un'esperienza comune e quanto maggiore è il reciproco apprezzamento, tanto migliore è lo spettacolo. Come spesso succede (ed è una tipica dinamica studiata dai sociologi), le persone cambiano la situazione che sta cambiando loro. Il sociologo inglese Max Atkinson(1984) ha studiato una variante di tutto questo in modo molto preciso. Usando un fonometro, egli ha misurato il volume dell’applauso del pubblico e la lunghezza di ogni episodio di applauso, includendo anche le interruzioni dei battiti di mani durante il discorso. Lo studioso ha scoperto che l'applauso scoppia improvvisamente, cresce per un secondo e poi si stabilizza. Atkinson ha notato inoltre che l’oratore talentuoso , e conseguenza carismatico, fornisce ai membri del pubblico indizi che comunicano loro quando battere le mani. In realtà sostiene Atkinson, i bravi oratori, semplicemente sanno che cosa serve alle persone per agire insieme. L'arte di influenzare la folla è un'abilità sociale che può essere molto efficace in occasione di “influenziamo la feste,riunioni, o ovunque le interazioni abbiano luogo. Tutti noi, con livelli di successo diver: folla”, e la folla desidera davvero essere influenzata. L’autopresentazione nell’età digitale Cerchiamo di usare le stesse tecniche anche quando la comunicazione si sposta sui social media. Quest’ultimi , certamente hanno modificato alcuni dettagli dei model iterazione, ma ne mantengono invariate molte caratteristiche. Quando ci attardiamo sui nostri profili Facebook, sistemandone e risistemandone i dettagli, stiamo manipolando la nostra presentazione del sé. Modifichiamo le nostre pagine sulla base delle risposte o delle mancate risposte altrui. Ancora una volta, in questa variante elettronica, possiamo osservare quanto le persone desiderino l'approvazione degli altri e usino i social media per raggiungerla. La comunicazione attraverso i social media può permettere il verificarsi di incomprensioni e disaccordi. Spesso è promossa una forma di comunicazione breve e talvolta fuorviante. Gli utenti dei social media si dimostrano comunque,creativi, nel trovare nuovi modi di adattarsi alla tecnologia, in modo da aumentare la propria chiarezza e diminuire le probabilità di essere fraintesi. Come possiamo vedere, i cambiamenti delle modalità comunicative stimolano nuove maniere di inviare segnali sociali. Tuttavia, questi non sostituiscono completamente la reale comunicazione interpersonale e, di fatto, mostrano ciò che perdiamo nel passaggio dall’essere presenti all’affidarci alle tecnologie mediatiche. Interazione in pubblico Un'altra serie di condizioni speciali emerge quando l'interazione non avviene con persone che si conoscono, ma in spazi pubblici tra estranei. Ciò modifica in qualche modo le nostre strategie di interazione: stiamo attenti ad avere contatti con persone di cui possiamo non aver avuto esperienza in passato e le cui interazioni ci sono meno note. Per esempio, quasi dappertutto, nell’interagire con gli estranei ne osserviamo i volti, ma solo per un istante. Diversamente, suggeriamo un interesse speciale, o addirittura un ‘attrazione nei confronti di qualcuno, se ciò non è plau' , possiamo essere percepiti come una minaccia, oppure come persone strane o folli. Nei termini di Goffman, le parti risolvono il problema “abbassando reciprocamente le luci” quando le loro strade si incrociano. Esse praticano la disattenzione civile: si ignorarono reciprocamente, fino a un livello adeguato, pur notando la presenza dell'altro. In questo modo centinaia di persone che camminano per strada, si vedono e si sentono senza essere per questo un’inutile seccatura o fonti di ansia. Secondo il filosofo e sociologo tedesco, Georg Simmel, la disattenzione, specialmente in luoghi densamente popolati, è ciò che rende possibile la vita sociale. Se soli, in un cinema affollato ci sediamo lontani dalle altre persone, senza neanche osservare i visi di essi, lo stesso succede ad un uomo in un orinatio, esso andrà quasi sicuramente infatti a cercarne uno dove non ci sia uno sconosciuto in prossimità; fare il contrario sarebbe considerato strano e inopportuno. Tuttavia, quando con ci sono molti posti liberi, sedersi ino a un estraneo diventa accettabile, sebbene solitamente non prestiamo comunque attenzione nei suoi confronti. Quando ad esempio ci ritroviamo nella situazione non piacevole per nessuno, di far cadere dei libri in una libreria, dire ad esempio “ops” o “cavolo”, al momento giusto, con il volume giusto e la giusta intonazione, è solo un piccolo esempio di un ampio numero di tecniche alle quali ognuno di noi ricorre per aiutarsi a uscire da una situazione non piacevole o difficile. Tuttavia, proprio come chi esiste chi interrompe in modo maleducato, esistono casi in cui le persone assumono una condotta poca amichevole per motivi che sono indipendenti dalla goffaggine o dalla mancanza di competenze sociali. Gli individui possono non distogliere lo sguardo volontariamente: i bulli,per esempio, o un estraneo che ii a fissarmi in autobus, facendo attivare in me tutti gli allarmi, perché è in corso qualcosa ion comune. L’etnografo Mitchell Duneier ha analizzato i problemi che emergono tra i senza tetto e le persone a cui essi si rivolgono per avere qualche moneta. Essi a volte, non rispettano le regole dell'interazione sociale e sono enti e maleducati, costringendoci a volte a essere scortesi, sebbene questo sia qualcosa che le persone non amano fare. Ci irritiamo proprio perché siamo costretti a comportarci in modo incivile. Un esempio analogo ma diverso può essere quando una persona riceve dei complimenti da un estraneo, in maniera particolare un uomo nei confronti di una donna : a volte si ottengono risposte veloci, e ciò dimostra che entrambi desiderano conversare, ma altre volte si verificano alcune pause e mancate risposte, segnali detti “gesti di disaffilazione” e che mostrano che la persona in questione voglia chiudere la conversazione al più presto, perché magari impaurita o altro. Spesso la conversazione termina con quello che è definito “vandalismo internazionale” ovvero una risposta scortese della persona in questione, chi seguito ad essere stata interrogata con domande entranti e fuori luogo è costretta a essere scortese. Spesso le risposte dell’interloquito variano in base allo status e al modo con cui le persone stesse interloquiscono , ad esempio : se esso fosse stato il sindaco o una star del cinema la situazione sarebbe stata quasi sicuramente diversa in contrapposizione ad esempio ad un senzatetto, in fondo alla piramide sociale. 3.Quali sfide affrontiamo nello spostarci da un contesto sociale a un altro? Il sé sociale non è stabile, ma sempre in cambiamento, e ciò talvolta ci mette di fronte a sfidi portanti. In questo ultimo paragrafo esamineremo cosa succede quando gli individui sperimentano il conflitto di ruolo e il modo in cui le regole informali e la coscienza guidano il loro comportamento. Osserveremo anche come e perché le persone si conformano alle norme sociali, e le conseguenze che il conformismo ha sul modo in cui esse vivono insieme. | nostri sé sociali sono sempre preparati a potenziali spostamenti da un contesto sociale all’altro. E, poiché ci muoviamo attraverso tali contesti sociali, qualche volta siamo in difficoltà nel decidere come agire. Cambiamento di status e ruolo Un tipo di cambiamento deriva dal fatto che, con il passare degli anni o solo per il cambiamento della nostra situazione esistenziale, entriamo in differenti status di vita. Uno status è una categoria sociale distinta che è generata da altri ed è associata a un insieme di comportamenti e ruoli da rispettare. Ciascuno dei cambiamenti di status comporta differenti tipi di gruppo e relative aspettative, In termini di status educativo, per esempio, passiamo dall’essere alunni delle scuole elementari all'essere studenti delle scuole superiori e poi dell'università; sul fronte personale, diventiamo fidanzate o fidanzati, mariti o mogli, genitori, manager, professionisti o dipendenti. Ciò che interessa ai sociologi è che ognuno di questi differenti status si accompagna a un insieme di ruoli che gli altri si aspettano che seguiamo. Pensate all'esistenza di una varietà di status, ognuno accompagnato da determinate aspettative della società. Voi lettori di questo libro, per esempio, molto probabilmente siete studenti, e si suppone che gli studenti soddisfino determinate aspettative di comportamento, o set di ruoli, associate al ruolo di studente: rispettare il docente, partecipare alle lezioni essere composti, completare i compiti assegnati e sostenere gli esami. Dato che gli studenti generalmente si conformano, la vita nelle aule universitarie è piuttosto stabile e appare molto diversa da quella condotta nella zona “relax”. Qualche volta sperimenteremo il conflitto di ruolo: si definisce così la situazione in cui il rispetto di uno dei nostri ruoli è in contrasto con la soddisfazione delle aspettative che sono legate a un altro. La maggior parte di noi ha sperimentato la disagevole situazione in cui il ruolo di figlio confligge con la soddisfazione delle aspettative di un amico. In qualità di figli, desideriamo soddisfare l'aspettativa dei nostri genitori, che ci vorrebbero a casa per il compleanno della nonna, ma il nostro migliore amico ha bisogno di noi perché deve traslocare in un nuovo appartamento. Quale ruolo dobbiamo rispettare? In ogni caso, qualcuno rimarrà deluso. Casi gravi possono creare abbastanza stress psicologico da mandare qualcuno noi sul lettino dello psicoterapeuta e da spingere altri alla fuga nell’alcool e nella droga. A causa della varietà dei gruppi di riferimento che esercitano influenza su di noi, si verificano richieste incongruenti in molte situazioni ‘erenti. Le norme sociali e le istituzioni In ogni società esistono delle norme regolate, che ci prescrivono la condotta da tenere in una certa situazione. Possiamo suddividerle in stateways (giuridiche) ,mores (morali) e folkways(tradizioni,usanze,consuetudini).Le norme possono essere esplicite, cioè formulate espressamente,oppure implicite,non dette ma tacitamente conosciute. Che cos'e’ un istituzione? Più norme coordinate insieme costituiscono un'istituzione,ossia un modello regolatore di un certo ambito della vita sociale(il matrimonio,la scuola,la religione,lo sport). Un'istituzione è un'entità simbolica,nel senso che non si identifica con le risorse materiali e umane di cui pure necessita per concretizzarsi. Le istituzioni come reti di status e di ruoli : all'interno delle istituzioni le persone ricoprono determinate posizioni,chiamate status,e svolgono determinati compiti. Alcuni status sono indipendenti dalla volontà dell luo (“asci altri invece sono il frutto del suo impegno (“acquisiti”). Ogni persona solitamente detiene più ruoli,spesso con la difficoltà di conciliarli e armonizzarli: si parla allora di conflitto di ruolo. La storicità’ delle istituzioni: le istituzioni sono realtà che cambiano nel tempo assumendo funzioni sociali che prima non avevano o restringendo il proprio ambito. Per comprendere le loro trasformazioni può essere utile la distinzione di Merton tra funzioni manifeste(espressamente dichiarate) e funzioni latenti(finalità sociali che un'istituzione realizza pur non perseguendole intenzionalmente).Le organizzazi: i si oggettivano nelle organizzazioni, cioè insiemi di risorse umane e materiali create allo scopo di perseguire in modo razionale e coordinato determinati fini collettivi. La Burocrazi Il tratto comune delle organizzazioni è la struttura burocratica,caratterizzata da colloqui coi genitori ecc.. | ruoli possono emergere però anche spontaneamente nei gruppi, come quello di chi media sempre e trova una soluzione nei conflitti, si parla allora di ruoli informali. | ruoli istituzionali sono in gran parte prestabiliti, dettati dalla struttura stessa dell'istituzione. Ad esempio, il ruolo del docente in classe è in gran parte prefissato, almeno nelle linee generali, perché la scuola esige determinati comportamenti. Chi ricopre un ruolo risponde ad altri, che indicano cosa fare e controllano che venga fatto. L'insegnante, ad esempio, risponde dei suoi comportamenti e delle sue scelte ai colleghi, al capo d'istituto, agli alunni, ai genitori, all’uffi scolastico, al ministero della pubblica istruzione, agli studiosi delle proprie discipline e agli psico-pedagogisti. Il loro ruolo è quindi definito e regolato da gruppi di riferimento. Questi non fissano mai il ruolo in modo totalmente rigido: gli individui conservano una certa autonomia rispetto ad essi e negoziano, entro certi limiti, varianti, personalizzazioni e adattamenti. Nello svolgimento di un ruolo ci si può trovare esposti a pressioni diverse e contraddittorie. Quando l'individuo è spinto a tenere comportamenti inconciliabili a causa della molteplicità di posizioni sociali che si trova a rivestire, si trova impegnato in un conflitto di ruolo. È frequente il conflitto inter-ruolo, quando entrano in conflitto richieste di ruoli diversi che uno stesso individuo detiene, come nel caso di un insegnante che sia anche padre di un proprio alunno. Può verificarsi anche un conflitto intra - ruolo, dovuto ad ambiguità o contradi i presenti nella definizione di un'unica posizione sociale, come nel caso del medico che deve conciliare la doppia esigenza di curare il paziente e risparmiare sulla spesa pubblica. Stratificazione sociale/ gerarchie sociali La stratificazione sociale può definirsi come la presenza all’interno della società,di una disuguaglianza, cioè di una molteplicità di livelli che si differenziano per la possibilità di accesso alle risorse sociali di cui godono gli individui che li compongono. La stratificazione sociale ha assunte forme diverse nel tempo e nello spazio. Nel mondo antico è legata all'esistenza di schiavi,definiti da Aristotele “strumenti animati”, privati della libertà e utilizzati per le mansioni più faticose. Un'altra forma di stratificazione molto ri è quella legata al sistema delle caste tipico della società indiana. (Brahmini,Kshatriya, Vaishya, Shudra e infine,al cosiddetti Paria). La stratificazione sociale per Marx e Weber: Nelle moderne società occidentali,secondo Marx, il criterio fondamentale che determina la stratificazione sociale è di tipo economico,esso,è il rapporto intrattenuto con la proprietà dei mezzi di produzione che decreta la classe di appartenenza. Tra le classi sociali il rapporto è di conflitto perenne,poiché le loro reciproche posizioni sono generate dalla lotta per l'approvazione delle risorse. La classe di appartenenza determina la posizione che un individuo ha all'interno della società,ma non genera necessariamente la reale percezione della posizione occupata (“falsa coscienza”). Per Weber accanto a quello economico, si possono individuare altri due fattori che determinano le differenze tra i diversi gruppi sociali: lo status( il livello di prestigio sociale detenuto da un gruppo o da un individuo) e il potere. Lo status è il fattore che determina la divisione della società in ceti(il ceto secondo Weber è l'insieme di persone che hanno lo stesso status e stile di vita in virtù della nascita e dell'educazione ricevuta) ;la stratificazione in base al potere,invece,dà luogo ai partiti politici. Un esempio interessante sulle gerarchie sociali è quello del “soffitto di cristallo”, una metafora adoperata per descrivere la relativa lentezza dei progressi compiuti dalle donne sulla strada che porta all'occupazione di posizioni dirigenziali di alto livello. Potere e privilegio nelle gerarchie sociali Il caso del “soffitto di cristallo” mette in luce i modi in cui le gerarchie sociali implicano il potere, ovvero la capacità di influenzare il comportamento altrui, e il privilegio, ovvero la possibilità o il diritto di avere accesso speciale a opportunità o a ricompense, attraverso i quali un gruppo dominante cerca di monopolizzare le opportunità e controlla le ricompense 0, quantomeno, previene l'erosione dei privilegi esistenti. | gruppi subordinati, per contro, sono soggetti a uno status inferiore e a opportunità limitate. Il meccanismo più comune di mantenimento del privilegio è la discriminazione(razzismo) e la creazione di falsi stereotipi, e se deriverà un cambiamento sarà per movimenti sociali(azioni collettive finalizzate a provocare un qualunque tipo di cambiamento,come il movimento per i diritti civili o il movimento femminista) sia delle sfide politiche e sociali,sollevate da questi gruppi o individui . | caratteri fondamentali : Con il termine potere si intende la capacità di ottenere degli effetti,di produrre dei cambiamenti o di esercitare un'influenza. Nell'ambito dei rapporti sociali,il poter coincide con la capacità dei singoli o dei gruppi,di modificare il comportamento o di altri singoli o di altri gruppi. Il potere presenta un carattere relazionale(indica sempre una relazione tra persone),una natura duplice (riferendosi sia a un comando a un “poter fare”) e un carattere pervasivo (è presente in tutti i rapporti e in tutte le pratiche sociali). La analisi di weber: La sociologia politica nasce già con Marx e Weber,che hanno distinto il potere legittimo dello Stato dal puro e semplice esercizio della forza e hanno analizzato le diverse forme: il potere tradizionale(ossia l’ideal-tipo di potere la cui legittimità risiede nel rispetto della tradizione e nella reverenza verso la persona del signore),il potere legale-razionale (ossia l’ideal-tipo di potere in cui l'obbedienza è motivata dalla credenza nella razionalità del comportamento conforme alla legge)e il potere carismatico (ossia l’ideal-tipo di potere in cui l'obbedienza è motivata dalla credenza nelle doti straordinarie del capo). Dimensione del gruppo e gerarchie sociali Uno degli aspetti più importanti, anche se spesso ignorato, delle gerarchie sociali di qualunque società sta nel fatto che le relazioni dei diversi gruppi che competono per posizioni o opportunità desiderate sono influenzate dalle loro rispettive dimensioni. Gli obbiettivi che si desiderano maggiormente raggiungere riguardano le opportunità legate al campo dell'istruzione. Poiché le dimensioni dei principali gruppi sociali che competono per queste posizioni, per esempio, i gruppi basati sulla razza, sull’etnicità, sulla religione o sulla nazionalità, cambiano inevitabilmente nel tempo, la competizione e i conflitti tra i gruppi stessi possono aumentare. Per esempio,quando un gruppo subordinato diventa più numeroso, è possibile che i membri del gruppo dominante percepiscano una minaccia maggiore rispetto a prima. Ecco dunque che i fattori demografici, in particolare, il cambiamento di dimensione, rappresentano una fonte fondamentale di conflitto per le gerarchie sociali. Le popolazioni cambiano nel corso del tempo soprattutto per effetto dell’immigrazione, che si verifica quando individui o famiglie intere spostano la propria residenza in un nuovo paese. Inizialmente il flusso di migranti da un determinato paese o regione del mondo si può a malapena notare. Tuttavia, quando si stabiliscono in una nuova nazione, le persone proveniente da un paese straniero spesso incoraggiano amici e altri membri della famiglia a unirsi a loro, arrivando a rappresentare una minaccia per quanti in quel paese già abitavano. E' probabile che sorgano competizioni per il lavoro, alloggi, posti nelle scuole e altre forme di conflitto. All'improvviso, è possibile che il gruppo nativo avverta che la presenza degli immigranti abbia raggiunto una massa critica, e li consideri come una minaccia per il proprio modo cercherà così di escluderli dalle opportunità attraverso l’uso di stereotipi e forme di discriminazione attiva o spingerà il governo a promulgare leggi che limiteranno il flusso di migranti nell'area. Un altro importante esempio di come i cambiamenti demografici possano influenzare le possibilità di vita degli individui anche generando importanti conflitti sociali è rappresentato dal complesso delle occupazioni nel sistema economico e dal modo in cui esse cambiano nel corso del tempo. Le economie,soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale, non sono immobili. Sono in costante cambiamento per l’arrivo di nuove tecnologie, nuovi tipi di richieste dei consumatori, e per la scoperta di nuovi tipi di materie prime finalizzate a produrre beni. Il processo di creazione e distruzione del lavoro è una potente forma di cambiamento della struttura sociale. E l'impatto provoca squili da una parte danneggia e da una parte avvantaggia le persone. Tre fondamentali tendenze economiche a lungo termine hanno trasformato radicalmente le società mondiali alla fine del XVIII secolo. La prima, il declino a lungo termine della produzione dell'occupazione agricola, e l'incremento del lavoro manifatturiero, è conosciuta con il nome di Rivoluzione industriale. Si è verificata molto rapidamente tra fine ‘800 e i primi del ‘900 negli Stati Uniti e in Europa e successivamente in atre parti del mondo. Prendiamo il caso degli Stati Uniti e successivamente analogo dell’Italia: Il più importante cambiamento nella struttura sociale tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento fu il declino del ruolo centrale dell'agricoltura e il grande passaggio dalle campagne alle città, attraverso un grande processo di modernizzazione sociale,che comprese la crescita delle fabbriche. Se nel 1860 il tipico lavoratore era il contadino nel 1960 il tipico lavoratore era un lavoratore di fabbrica. Nei primi decenni del XX secolo in Italia l'industria crebbe molto, in particolare nelle regioni del Nord- Ovest, con cavallo di battaglia l'industria automobilistica di Torino. Tuttavia, a partire dagli anni '70 del Novecento, l'occupazione in campo industriale iniziò un profondo e apparentemente irreversibile declino, in Italia come in altri paesi. Le molteplici cause del declino del lavoro industriale sono state ampiamente dibattute, ma un fattore fondamentale su cui tutti gli analisti si trovano d'accordo sono gli importanti progressi tecnologici che hanno portato alla sostituzione di lavoratori umani e reso possibile per le industrie manifatturiere una produzione efficace in paesi dove i salari erano molto più bassi che in Italia, in Europa o anche negli Stati Uniti. La terza tendenza economica fondamentale che ha trasformato gli Stati Uniti e le altre società nel mondo, dopo l'industrializzazione e l’urbanizzazione, è il netto aumento dell'occupazione in lavori di concetto, ad alto contenuto conoscitivo: una dinamica che ha subito una forte accelerazione nella seconda metà del XX secolo e che tuttora continua. Le nuove occupazioni si inseriscono nel cosiddetto settore dei servizi, un'espressione usata vivere: per descrivere un'ampia gamma di attività che comprende la finanza, l'industria immobiliare, i servizi professionali e personali di tutti i tipi, le vendite di ogni tipo e le occupazioni emergenti ad alto contenuto in ambito informatico. Oltre a un più ampio numero di lavori desiderabili, aumentano anche quelli e manutenzione, di portineria, nelle imprese di pulizia e nei fast food, con retribuzioni basse e scarse possibilità di crescita. Lavori che spesso i “nativi” non accettano. Per effetto di tali mutamenti, anche l’Itali, che nel frattempo è divenuta terra di immigrazione dopo essere stata a lungo paese di emigrazione, è oggi meta di importanti flussi migratori in entrata, in cui peraltro si diffonde quantitativamente il tipo di migrante con abilità limitate che viene a svolgere alcuni dei cattivi lavori che pochi italiani sono disposti a compiere(badanti),mentre resta raro il tipo con abilità di livello molto alto in campi come l'informatica, l'ingegneria e le scienze, dato che la produzione italiana di tali figure è in esubero rispetto alle capacità di assorbimento dei settori avanzati, da qui deriva il termine “fuga dei cervelli”. Tali mutamenti non si sono verificati da un giorno all’altro. Tuttavia, le conseguenze per individui e famiglie sonno state immense. Poiché nei periodi storici fondamentali questi cambiamenti vanno sommandosi, avere il complesso “sbagliato” di abi un problema sempre più importante per le persone, poiché può coinvolgere e segnare intere comunità. Centinaia di migliaia di lavoratori nell'industria, in quegli anni, ebbero difficoltà sul lavoro, dovettero subire riduzioni di salario e di orario o addirittura persero il posto e dovettero lottar per riaverlo o trovare occupazioni retribuite allo stesso modo. Tuttavia, quali alternative fuori dall'industria manifatturiera possono prospettarsi a persone di cinquant'anni che hanno trascorso la propria vita sino a quel momento acquisendo le conoscenze utili per un impiego da operaio specializzato? Inoltre, i giovani che entrano allora nel mercato del lavoro senza essere in possesso di una laurea faticarono a trovare occupazioni simili a quelle dei propri genitori. Non è difficile capire quanto siano stati dolorosi questi momenti. Città e comunità dipendenti dai lavori manifatturieri hanno subito un contraccolpo molto duro. Il caso estremo è quello di Detroit,Michigan, un tempo patria dell’industi automobilistica,oggi, nella città, sono rimasti solo una manciata di lavori legati a quel settore. Detroit rappresenta il cambiamento del sistema economico e le sue conseguenze negative. 3.In che modo norme e istituzioni influenzano la vita sociale? La struttura sociale di una società presenta anche un’elaborata gamma di norme e istituzioni. In questo paragrafo, indagheremo alcuni degli aspetti centrali di norme e istituzioni e i motivi per i quali esse influenzano il nostro comportamento. La seconda dimensione fondamentale della struttura sociale sta nelle norme e nelle istituzioni sociali. Le norme sociali influenzano le nostre interazoi roche fornendo un complesso insieme di regole che dobbiamo conoscere e seguire: in altre parole, ci forniscono copioni per le nostre azioni quotidiane. Le norme regolano, inoltre, il comportamento di gruppi e organizzazioni. Le istituzioni trasformano le norme in modi di fare consolidati nella vita sociale,creando organizzazioni sociali di lunga durata come le scuole,le chiese e i governi, che regolano e obbligano il rispetto di norme e costumi in particolari campi dell'attività umana. Che le consideriamo in termini di usanze che durano nel tempo o di organizzazioni concrete, le istituzioni hanno un’importanza decisiva per la modalità di organizzazione del mondo sociale. Norme e regole Come regole non scritte della società, le norme sociali ci dicono che cosa è appropriato fare in una data situazione, offrendoci una guida per procedere nelle azioni. In questo senso,le norme sociali somigliano alle regole uffici comportamento, quelle che si trovano nelle leggi e nei codi per esempio, ma, a differenza di queste ultime, generalmente non sono scritte. Le regole sono linee guida per il comportamento di tipo più formale ed esplicito; le norme, per contro, sono più ambigue. Le norme,sono qualcosa che, semplicemente, conosciamo; per conoscere le regole, invece può essere necessario consultare un regolamento, un manuale o un codice. Talvolta, la distinzione tra norme e regole è vaga. Per esempio, gli automobilisti devono per legge fermarsi e aspettare che i pedoni attraversino la strada, se camminano sulle strisce; se un pedone attraversa fuori dalle strisce, tuttavia le regole formali si dimostrano ambigue(l’automobilista ha la responsabilità di evitare gli incidenti,mentre il pedone ha la responsabilità di non attraversare la strada quando sta passando una vettura). Ecco che entrano in gioco le norme sociali: la cortesia vuole che l'automobilista faccia attraversare la strada al pedone. Norme, regole formali e leggi sono importanti, ma sono anche regolarmente violate(persino le regole del codice penale). Se le regole sono formalizzate in leggi, la loro trasgressione può essere causa di sanzioni severe, tra cui anche la condanna al carcere. Tuttavia, anche violare norme non scritte può avere partecipano. | bambini iniziano così a socializzare con i coetanei e imparano ad andare d'accordo e a interagire con gli altri. Nel loro percorso scolastico, essi imparano a fare cose che saranno ricompensate(tema o esame), e la capacità di padroneggiare queste attività determinerà in forte misura i risultati che otterranno in futuro. E’ necessario apprendere e adattarsi a nuove situazioni per tutta la vita: la socializzazione è un processo senza fine. Iniziare un nuovo lavoro, partecipare a una nuova attività o avere un nuovo hobby,conoscere nuovi amici o entrare in una nuova cerchia di persone, far arte di un nuovo tipo di organizzazione: tutto richiede l'acquisizione di nuove abilità e capacità di gestirsi. Impariamo sempre, o ci adattiamo alle situazioni nuove quando si presentano. E nell’assumere nuovi ruoli dobbiamo apprendere nuove regole e linee guida. La socializzazione funziona in larga parte perché la mente umana è capace di apprendere e ricordare regole immensamente complicatelun esempio è quello della guida dei veicoli). Alcune delle idee più stimolanti sulla socializzazione sono state elaborate dal sociologo francese Pierre Bourdieu. Egli ha sostenuto che la socializzazione agisce con maggior forza attraverso lo sviluppo di un insieme di schemi cognitivi e disposizioni, da lui chiamato habitus. Secondo quanto sostiene Bourdieu, sviluppiamo questi schemi e dispo: che si radicano nel nostro corpo al punto da diventare una specie di seconda natura; essi si traducono in pratiche e routine che sono per noi così scontante che, mentre agiamo, non ci riflettiamo mai sopra (riflettete ad esempio sull'azione di allacciarsi le stringhe delle scarpe). Il nostro habitus guida il modo in cui agiamo nel mondo e rispondiamo alle situazioni; esso governa i nostri gusti, le nostre preferenze, le nostre abilità e disposizioni. L’habitus rappresenta il risultato dei vari processi di socializzazione attraverso cui siamo passati nel corso della vita; le persone, vivendo differenti processi di socializzazione, acquisiscono differenti habitus. Queste differenze dipendono dal retroterra familiare e dal particolare tipi di istituzioni a cui siamo esposti e che ci divengono jari crescendo. Le ricerche e le teorie di Bourdieu sullo sviluppo degli habitus hanno esaminato ico il modo in cui differenti gruppi sociali ed economici, classi e frazioni di classe,insegnano ai propri ‘erenti modi ‘a. | bambini poveri, delle classi medie o quelli ricchi e privilegiati cresceranno con determinati habitus differenti fra loro. In questo modo,Bourdieu ha ampliato ignificato delle differenze di classe così da includere tutti quegli aspetti che sono propri dell’habitus,come i gusti, le disposizioni e anche il portamento e la postura corporea. Le differenze di habitus sono riconoscibili e denotano spesso l'appartenenza a un certo ceto sociale, scrollarsele di dosso è molto difficile e confrontarci con habitus diversi dal nostro,ancora di più. Struttura sociale e interazione sociale Ora siamo in condizione di esaminare i molti modi in cui la struttura sociale influenza le nostre interazioni con gli altri. Attraverso la soi zazione e la pratica quotidiana, assorbiamo le regole e le norme che sono associate alla struttura sociale. Assumendo nuovi ruoli, ci adattiamo alle aspettative che questi comportano. Impariamo a conoscere le gerarchie e ad avere la deferenza che ci si aspetta nei confronti delle persone che si trovano in una posizione di autorità. Apprendiamo anche bias e stereotipi su differenti gruppi, e se non stiamo attenti, giungeremo ad adottarli, il che può di conseguenza orientare il nostro comportamento verso gli altri. Nel conformarci alle regole e alle norme che la struttura sociale impone alle nostre interazioni, offriamo un piccolo contributo alla riproduzione della struttura sociale. Le nostre interazioni quotidiane con gli altri sono influenzate dalle norme e dalle regole sociali in molti modi. Tuttavia, l'influenza della struttura sociale non si ferma qui. Che cosa accade quando consideriamo le interazioni tra le organizzazioni e al loro interno? La maggior parte delle attività dei gruppi organizzati sono governate da regole interne ed esterne di vario tipo, che ne governano il modo di agire. Prendiamo come esempio il calcio(la FIGC che svolge un ruolo le a quello di un governo, i vari ruoli e responsabilità di allenatori e giocatori). | singoli giocatori svolgono il proprio compito decretano i grandi e i mediocri, ma le mansioni e i compiti che essi eseguono sono dettati dalle regole generali ascritte a quel particolare ruolo. Struttura sociale e libero arbitrio individuale Le strutture sociali sono evidentemente influenti: ma qualche volta, quando gli scienziati sociali scrivono a proposito del potere delle strutture, sembra che esse siano troppo influenti, come se gli individui fossero robot o marionette, che ricoprono ruoli e agiscono meccanicamente, secondo copioni stabiliti dalle regole e dalle norme vigenti nella loro società. Sembra quasi che gli î io, né alcuna capacità di sce; e. Se le cose stessero co: iterebbe a riprodurre continuamente se stessa nella medesima forma, la creatività non esisterebbe e non cambierebbe mai nulla. Ma sappiamo, per esperienza , che non è vero. Abbiamo senz'altro la possibilità di compiere alcune scelte su ciò che facciamo, sul modo in cui ci comportiamo e sulla linea d'azione da intraprendere. Le cose possono sicuramente mutuare in seguito all’azione dell’uomo(movimenti per i diritti civili. insurrezioni,rivoluzioni). Ma ci sono altre prove, per esempio, ci sarà facile osservare che due diverse persone si comportano in modo molto differente nella medesima situazione e ciò accade anche se esse vivono nella stessa società e il loro comportamento è governato dalle medesime regole e norme. Le persone non sono robot, e rispondono in modi differenti e, occasionalmente, impreve , a seconda delle opzioni e delle opportunità che si prospettano. La questione cruciale diventa come pesare l'impatto relativo della struttura sociale in opposizione alla scelta individuale. Questo dibattito è importante perché esso rivela alcuni dei differenti modi in cui i sociologi definiscono le strutture sociali e interpretano il loro ruolo nella formazione della società, tuttavia, è importante anche perché pensare all’impatto relativo della struttura sociale in opposizione alla scelta individuale può influenzare i giudizi morali sulle persone e la loro posizione nella nostra società. Margaret Thatcher disse che la “società non esiste” perché ognuno ha la possibilità e la responsabilità di fare della propria vita ciò che vuole, senza che nessuno ce lo impedisca. E’ difficile che i sociologi siano d'accordo con la Thatcher poiché reputano la nostra esistenza limitata dalle strutture. La discussione verte sulla quantità e il tipo di tali limiti. La domanda cui si cerca di dare risposta può essere formulata in questo modo: in che misura il mondo sociale è influenzato dagli individui e in che misura, invece, gli individui sono influenzati dal mondo sociale? Da una parte ci sono quegli studiosi che enfatizzano con maggiore forza i modi attraverso cui la struttura sociale influenza radicalmente vite e comportamenti individuali, in linea con una concezione chiamata strutturalismo. Essi sostengono che gli individui abbiano poca agentività(agency): la capacità di fare libere scelte ed esercitare la propria volontà. In questo modo, mentre la struttura è collegata ai limiti, l’agentività è collegata alla libertà, l’agentività mette il potere nelle mani dell’individuo e la struttura sociale lo pone invece nelle mani della società. Molto spesso i sociologi si concentrano su una particolare parte o caratteristica della struttura sociale, che essi ritengono estremamente influente: per Karl Marx essa era l'economia, e che il comportamento individuale fosse in larga misura determinato dalla posizione all’interno della struttura economica(l’operaio si comporterà in un modo, il proletario dell'impresa in un’altra). Se per Marx era l'economia per Du Bois era la “razza” nel suo studio sulla società afroamericana. Nonostante le teorie degli strutturalisti, è fondamentale dire che le strutture danno ordine alla società, un ordine senza i quale l’azione sarebbe impossibile e regnerebbe il caos. 5.Perché le strutture sociali cambiano lentamente? Quali sono le forze che rendono persistente la struttura sociale? Perché il cambiamento è un processo lento? Uno degli elementi distintivi delle strutture sociali è la loro resistenza o persistenza nel tempo. Le persone vanno e vengono, ma le strutture sociali continuano ad operare più o meno allo stesso modo. L'economista e teorico sociale Joseph Shumpeter utilizzò una metafora facendo riferimento a un albergo con alcune stanze di altissima qualità al piano alto per chi è molto ricco, stanze più modeste al piano centrale e molte stanze economiche, destinate ai più poveri al piano più basso. Le stanze di questo albergo, ha sostenuto Schumpeter, rimangono, mentre gli occupanti cambiano. Questa metafora è utile perché sottolinea uno degli elementi della struttura sociale, ovvero la separazione degli individui(come noi) dalle varie posizioni esistenti. Succede di frequente a qualunque tipo di istituzione immaginabile. Consideriamo, per esempio, un'università. Ogni anno, un gruppo di professori va in pensione; tuttavia,il ruolo di professore non scompare. Path dependence In parte le strutture soc cono perché gli sviluppi precedenti e l’istituzionalizzazione rendono molto più facile per l'individuo agire al loro interno che cercare di smantellarle. Il processo è comunemente conosciuto come path dependance («dipendenza dal percorso») : Con questa espressione si intendono le modalità in cui i risultati del passato influenzano attori e organizzazioni nel presente, rendendo alcune scelte o alcuni esiti logici, mentre altri illogici. Esempio tipico di path dependence è quello dello standard universale delle tastiere chiamato QWERTY. Secondo P. David (1985), tale standard, inizialmente sviluppato per ovviare ad alcuni problemi tecnici dei vecchi modelli meccanici, si è affermato nel tempo come standard universale nonostante l’esistenza di un'alternativa superiore per efficienza (la tastiera ‘Dvorak’). Il motivo per cui il mercato ha raggiunto un equilibrio subottimale risiederebbe nel costo eccessivo del passaggio al nuovo standard. Questo esempio, e i dati forniti da David, sono stati fortemente criticati da altri autori. Tali critiche hanno portato a formulare una teoria più debole di path dependence, in cui la dipendenza dal percorso spinge il mercato verso innovazioni o nuovi standard compatibili con quelli precedenti, in modo da ridurre i costi di adattamento e minimizzare gli effetti di lock in degli agenti. La path dependance, come suggerisce l'esempio della tastiera QWERTY, si basa sull'idea che sia straordinariamente difficile cambiare i percorsi, una volta intrapresi. CAPITOLO 6 1.Che cos'è la cultura? Quando i sociologi parlano di cultura , si riferiscono a un sistema condiviso di credenze e conoscenze, pi ‘comunemente noto come sistema di significati e simboli; a un insieme di valori,credenze e pratiche; ea forme condivise di comunicazione. Il termine cultura deriva dal verbo latino colere, "coltivare". L'utilizzo di tale termine è stato poi esteso a quei comportamenti che imponevano una "cura verso gli dei", da cui il termine "culto" e a indicare un insieme di conoscenze. Oggi si può dare una definizione generale di cultura, intendendola come un sistema di saperi, opinioni, credenze, costumi e comportamenti che caratterizzano un gruppo umano particolare; un'eredità storica che nel suo insieme definisce i rapporti all'interno di quel gruppo sociale e quelli con il mondo esterno. Descrizione delle diverse conce; cultura Il concetto moderno si può intendere come quell'insieme di conoscenze e di pratiche acquisite che vengono trasmesse di generazione in generazione. Tuttavia il termine cultura nella lingua italiana denota più significati di diversa interpretazione: -Una concezione pragmatica presenta la cultura come formazione individuale, volta all'esercizio di acquisizione di conoscenze "pratiche". In tale accezione essa assume una valenza quantitativa, per la quale una persona può essere più o meno colta. - Un'altra concezione presenta la cultura come un processo di sedimentazione dell'insieme patrimonialedelle esperienze con e da scuno dei membri delle relative società appartenenza(morale/valori), dei codici comportamentali con Costumi), del senso etico del fine collettivo , e di una visione dell'identità storicamente determinata. Concerne sia l'individuo, che i grandi gruppi umani, di cui egli è parte. Il concetto fa riferimento al concetto del "patto di adesione sociale" e nelle sue regole etiche ed istituzionali volte al fine della "autoconservazione" del determinato gruppo etnico. -Una concezione di senso comune è, inoltre, il potere intellettuale o "status", che vede la cultura come luogo privilegiato dei "saperi" locali e globali, tipico, delle istituzioni "superiori", come le "conoscenze specializzate" (scienza/tecnologia), la politica (parlamento/partiti), l'arte (spettacolo/rappresentazione), l'informazione (media/comunicazione), la interpretazione storica degli eventi (storia/ideologie), ma anche la influenza sui fenomeni costume (società/modelli), di (musica/mistica ed esoterismo) e sugli orientamenti (Filosofia/Credenze religiose), delle diverse popolazioni, fino a livelli di misura planetaria. -Una concezione di tipo istituzionale (educazione/pedagogia), che vede la cultura come strumento di formazione di base e di preparazione al lavoro nell'ordine di una società economica, meritocratica e delle competenze remunerabil - Una concezione di tipo simbolico: ogni società è ricca di simboli che comunicano un'idea pur rimanendodistinti da quest’ultima. Alcuni sono evidenti: per esempio un cuore rosso indica amore, un semaforo verde, il permesso di guidare, ma anche una pubblicità,una bandiera nazionale e così via. | simboli, semplici o complessi, comunicano un significato implicito intorno a un'idea. Visti nel loro complesso, i simboli di un gruppo possono essere considerati la sua cultura (ad esempio i combattimenti tra galli in Indonesia). Il metodo di ricerca che permette di studiare approfonditamente e a lungo un determinato gruppo (e dunque per esempio i loro eventuali simboli/credenze culturali) si chiama etnografia. - Un'altra concezione è legata alla cultura e comunicazione: sia la cultura come sistema sia la cultura come pratica descrivono forme di comunicazione,termine con cui si indica la condivisione di informazioni significative tra persone. Un modo importante in cui ciò si verifica è attraverso il linguaggio. Per linguaggio si intende ogni sistema coerente di parole o simboli che rappresenti concetti; non deve necessariamente essere parlato,come dimostrano le centinaia di differenti linguaggi dei segni usati nel mondo. Cultura e linguaggio sono collega jà gli antichi greci chiamavano le persone incolte barbari, termine che alla lettera persone tendono a mantenere le stesse posizioni su molti di questi temi, posizioni da lui definite “progressiste” o “ortodosse”, e che l'essere progressista o ortodosso non corrisponde necessariamente all’appartenenza a una classe sociale o a un'affiliazione politica. | principali campi di battaglia, concludeva lo studioso, si stavano spostando dalle questioni economiche alle questioni morali, e i conflitti riguardanti famiglia e religione erano così intensi da rappresentare guerre culturali. Sebbene l’idea di guerre culturali possa sembrare uno strumento utile per descrivere conflitti che spesso diventano molto accesi, essa assume l’esistenza di due culture dominanti pronte a combattere: una cultura di stampo progressista e una di stampo conservatrice. Ciò contrasta con un altro importate modo di descrivere lo scenario contemporaneo delle identità di gruppo nelle società occidentali: il multiculturalismo. Il termine multiculturalismo, entrato nell'uso comune verso la fine degli anni ottanta, identifica una società in cui più culture, anche molto differenti l'una dall'altra, convivono mantenendo ognuna la propria identità. Pur potendo avere interscambi, conservano quindi le peculiarità del proprio gruppo. Le minoranze in particolare mantengono il loro diritto ad esistere, senza omologarsi o fondersi ad una cultura predominante, diluendo o perdendo quindi la propria identità(melting pot). La teoria del relativismo culturale si fonda su un approccio antropologico sviluppato dalla scuola di F. Boas che contrappone l'analisi delle singole culture, storicamente e spazialmente determinate, alla loro analisi comparativa, finalizzata a individuare l'esistenza di principi comuni. Il riconoscimento della molteplicità culturale e delle differenze si traduce in un riconoscimento dell'importanza dei costumi (o della cultura) nell'organizzazione della vita e della società umana. Cultura globale L'esistenza delle sottoculture dimostra che le pratiche culturali possono aiutare a definire l'identità di gruppo di gruppi anche molto piccoli, comprende una squadra di baseball di adolescenti. Ma che cosa dire riguardo all'estremo opposto dalla scala? Ha senso parlare di identità di gruppo per un gruppo esteso quanto l’intera razza umana? Quale aspetto potrebbe avere una cultura globale che incorpori pratiche cultura comuni a vaste regioni del mondo? La globalizzazione e l’attuale interconnessione tra le persone del pianeta rende questa idea sempre più plausibile, se non, addirittura, già una realtà. (Microsoft Windows e McDonald's) Culture nazionali Anche nell'era della globalizzazione, tuttavia, la più importante identità di gruppo è senza dubbio ancora la nazione. Tutto il mondo è diviso in stati-nazioni, e la maggior parte degli individui è cittadina o suddita di uno di essi. Non sorprende che la cultura nazionale, l'insieme di pratiche e credenze condivise all'interno di uno stato-nazione, sia un principio importante per la sociologia. Oggi sembra ovvio che il mondi debba essere diviso in nazioni e che le persone debbano pensare a sé come italiane, francesi, britanniche,cinesi e così via. Ma non è stato sempre così. L'ascesa del nazionalismo è il frutto di una trasformazione culturale su larga scala, forse anche un segno di una nuova cultura globale. Le nazioni sono comunità immaginate: i loro membri condividono un assunto di comune appartenenza, anche se provengono da classi e retroterra culturali diversi e, nella maggior parte dei casi, non si incontreranno mai. In un paese come il Regno Unito, con un governo nazionale forte e una lingua comune, questo assunto è sufficientemente plausibile. Ma che cosa dire dell'Indonesia, composta da tredicimila isole e con oltre settecento lingue? Ogni nazione non presuppone che al suo interno ogni individuo abbia stesse credenze,valori, usi,costumi e beni bensì vale il principio dell'individualismo. Esso non vale nella sua totalità e porta l'individuo a seguire regole e norme legate al territorio in cui vive. 3.Che relazione esiste tra le nostre pratiche culturali e le differenze di classe e di status? Le abitudini culturali delle persone contribuiscono a definire e riprodurre i confini tra ceti(“gruppi di status”) e tra classi soci Come sappiamo se una persona è ricca o potente? Non possiamo essere a conoscenza del suo conto in banca o sapere quali nomi contiene la sua rubrica telefonica. Lo possiamo però scoprir grazie ai segni culturali: | modo in cui si veste, come parla, gli sport che pratica, la musica che apprezza, i tipi di cose che ama fare, in breve, il gusto, le sue preferenze culturali. Il gusto e la cultura giocano un ruolo cruciale nello stabilire e mantenere le distinzioni di classe. In uno studio famoso, il già ricordato sociologo francese Bourdieu ha sostenuto che il gusto è fondamentalmente il disgusto per il gusto altrui. Nelle guerre culturali come in tutte le altre guerre, la posta in gioco può essere alta. Capitale culturale Gli stati Uniti, contrariamente all’assunto che li vuole come il paese delle opportunità, è una società con forti vincoli di classe, lo stesso vale per Regno Unito o Italia, seppur in maniera minore. Chi è nato nella classe operaia ha molte possibilità di rimanervi e lo stesso vale per chi è nato nella classe superiore. Un modo per comprendere come mai ciò accade consiste nel pensare al tipo di risorse che le persone possono usare nella propria esistenza. Un tipo di risorsa è rappresentato dal denaro e gli altri beni econom i(capitale economico) , un altro tipo dai legami sociali e dalle reti di amici e conoscenti (capitale sociale). Bourdieu oltre a definire capitale economico e sociale, ne definisce e introduce un terzo, il quale è importante nel determinare l'appartenenza a una classe e che influenza il successo nella vita: il capitale culturale. Con questo termine si indicano la nostra educazione, i nostri atteggiamenti e le nostre preferenze che come il capitale culturale e sociale, ci conferiscono uno status superiore o inferiore agli occhi degli altri. Usiamo sempre il capitale culturale: interagendo con gli altri, esprimendo gusti o disgusti su determinati temi. Discutere su un determinato tema con una persona ci aiuta a capire,a livello non conscio,con quali persone desideriamo stare o meno. | gusti pertanto aiutano a mantenere i confini di status tra differenti gruppi. Le esperienze culturali che tutti possono fare non hanno valore per le distinzioni di status: spesso la classe superiore usufruisce di oggetti culturali non facilmente accessibili alla classe medio- bassa(ad esempio l'apprezzamento delle arti in modi che per i lavoratori ordinari sono impossibili da emulare). Nell’epoca moderna non sempre però gusti e cultura sono agli antipodi tra status basso e status alto(ad esempio un ricco borghese e un operaio possono guardare gli stessi programmi televisivi o ascoltare la stessa musica per esempio). Confini simbolici Le distinzioni che le persone tracciano tra se stesse e gli altri sulla base del gusto sono soltanto un tipo di confine simbolico. Due altri importanti tipi di confine simbolico riguardano lo status socioeconomico, la quantità di denaro che si guadagna e il tipo di lavoro che si ha,e la moralità, ovvero le considerazioni morali che guidano il modo in cui conduciamo la nostra esistenza. Talvolta, questi tre tipi di confini simbolici si sovrappongono sulle riflessioni su status e classe, talaltra no. Per esempio, nei dibattiti sul raggio d'azione e sulla generosità dell'assistenza pubblica negli Stati Uniti, politici e giornalisti spesso distinguono tra “poveri meritevoli”(grandi lavoratori che hanno faticato per andare avanti) e “poveri immeritevoli”(donne single con bambini o tossicodipendenti). Tralasciando che le prove empiriche di questa distinzione sono esigue, si tratta nondimeno di un caso in cui i confini morali sono tracciati indipendentemente da quelli socioeconomici. Quando discutiamo di confini simbolici, usiamo spesso termini come “fuori posto” o “conoscere il proprio posto”. In molti casi si tratta solo di una metafora: non esiste, letteralmente, un posto da cui si è fuori. Ma talvolta questo posto esiste: i confini simbolici spesso assumono forma geografica. Una persona vestita in un certo modo o con un certo colore della pelle può apparire perfettamente normale in un quartiere e strana o minacciosa in un altro (esempio i graffiti artists della New York degli anni '70: la loro arte infatti si collocava simbolicamente “fuori dai confini”, essi, violavano la legge e le norme d'uso dello spazio pubblico, norme, elaborate dalla classe media, di cui essi,solitamente non facevano parte. Si è risposto in due modi al movimento graffitista: con il tentativo dei politici e dei mass media di descrivere i graffiti come forme devianti e criminali oppure inserendoli, con la loro entusiastica ricezione in gallerie d'arte alla moda di qualche quartiere ad alto capitale culturale di New York). Come la cultura riproduce la classe un tema importante per i sociologi interessati al potere a alla disuguaglianza è il processo, conosciuto come riproduzione della classe, che porta a mantenere nel tempo i confini e le distinzioni di classe. Ci sono molte ragioni per cui alcune persone sono ricche e altre povere, ma in che modo questi confini si mantengono nel breve e nel lungo periodo? La teoria del capitale culturale di Bourdieu esamina in che modo, attraverso infinite interazioni quotidiane, ricordiamo a noi stessi e agli altri i relativi status, contribuendo a garantire la persistenza delle differenze di status. Ma con che cosa si spiega la riproduzione della classe e dello status nel lungo periodo e attraverso le generazioni? Perché è probabile che i bambini della classe media diventino adulti della classe media e i bambini della classe lavoratrice adulti della classe lavoratrice? Una risposta ovvia è data dal denaro, ma i soldi spiegano le cose solo in parte. | sociologi hanno mostrato che le importanti scelte di vita delle persone sono legate alle, ma non determinate esclusivamente dalle, circostanze economiche. La cultura spiega come e perché compiamo le nostre scelte. Negli anni '70 l'etnografo inglese Paul Willis ha studiato un gruppo di ragazzi provenienti da famiglie della classe lavoratrice di una città industriale britannica. | ragazzi si comportavano spesso male a scuola, erano ribelli e non sembravano preoccuparsi molto del proprio futuro. Secondo la tipica opinione del tempo, sarebbero stati semplicemente considerati persone incapaci di aver successo nella vita. Willis ha invece rilevato il contrario: il comportamento improduttivo a scuola rispecchiava,di fatto, l'adattamento riuscito alle proprie condizioni di classe. Gli stessi atteggiamenti che davano loro problemi con gli insegnanti si dimostrarono molto utili alcuni anni dopo nel lavoro di fabbrica, dove resistere alle autorità e non lavorare duramente a comando aiuta gli operai a ottenere un'influenza collettiva contro i propri capi. | ragazzi, insomma, stavano imparando a essere uomini della classe lavoratrice. Uno studio più recente ha comparato le famiglie della classe media e le famiglie operaie negli Stati Uniti per osservare come le differenze di classe influenzano il modo in cui i genitori concepiscono e praticano l'educazione dei figli: classe media (educazione concentrata) e classe operaia (crescita naturale). Lo studio dimostra che la classe si riproduce non solo attraverso il denaro, ma anche attraverso la cultura che si pratica. 4.Chi produce cultura e perché? Il campo culturale è il luogo della creatività e della produzione di significato. Ma è anche un campo di battaglia: chi controlla i media e la cultura popolare e i messaggi che essi comunicano, ha un ruolo centrale nell’organizzazione della vita sociale e nel modo in cui il potere funziona. Nel 1845, Marx e Engels hanno sostenuto che le persone più ricche e potenti di una società sono anche quelle con le maggiori possibilità di produrre e distribuire la propria cultura e le proprie idee. Nell'Europa del XIX secolo, tali persone erano i capitalisti, e cioè i proprietari il diritto alla proprietà privata e la libertà di gestire le proprie imprese nel modo che ritenevano migliore. Usando la loro influenza sui proprietari di giornali e gli intellettuali, essi furono capaci di rendere libertà e indipendenza le idee dominanti del periodo. La tesi di Marx ed Engels, ci permette di considerare la produzione culturale come un fenomeno storico. Idee e mode non si limitano a cambiare casualmente nel corso del tempo; esse rispondono ai cambiamenti delle condizioni politiche ed economiche di una società. Allo stesso tempo, nel XIX secolo era molto più difficile diffondere le idee rispetto ad oggi (giornali a stampa costosi e larga parte della popolazione analfabeta). Oggi, con internet e i social media, le persone e le classi potenti hanno ancora il controllo sulla produzione della cultura? La già vista nozione gramsciana di egemonia rappresenta in modo adeguato l’ambiente culturale del XXI secolo? Per i sociologi della cultura è necessario prestare particolare attenzione alle condizioni della produzione culturale: chi controlla la produzione di idee nella società, e a quali scopi? industria e i banchieri, che valorizzavano La sfera pubblica Una premessa fondamentale della vita pubblica in una società che si dice si vuole democratica è che tutti abbiano la possibilità di parteciparvi. In teoria, chiunque abbia compiuto diciotto anni può votare, candidarsi a un incarico pubblico e provare a convincere le altre persone del proprio punto singolo mezzo di comunicazione è dominante quanto lo è stato la televisione per la maggior parte del seconda metà del XX secolo. Le tendenze come guardare la tv sono più o meno rimaste le stesse, con qualche percentuale in più, lo stesso non si può dire di chi legge un romanzo, o segue un notiziario, registrando picchi vertiginosi. La tendenza più importante è l'incremento del multitasking culturale: quando guardate la tv, con che frequenza vi capita di controllare face book, navigare in internet o scambiare messaggi con amici? L'ambiente mediale contemporaneo è un torrente, un flusso no stop di informazioni e da cui ci stacchiamo raramente,se non, mai. 5.Quale è la relazione tra i media e la democrazia? I media sono probabilmente la forma di produzione culturale più importante della nostra società. Le notizie sono indispensabili alla democrazia, il cui modo di operare sta cambiando grazie a nuove forme di partecipazione ai media. Come si sa da molto tempo, la modalità in cui si presentano le notizie ha effetti importanti sul modo in cui sviluppiamo le nostre opinioni sociali e politiche sul mondo. In questo senso, i media che trasmettono notizie sono un elemento fondamentale, con notevoli conseguenze e implicazioni, della cultura di una data società. Quasi cento anni fa, il celebre giornalista e scrittore Walter Lippman si diceva scettico a proposito della capacità dei media di fornire al pubblico le informazioni necessarie per una democrazia. Egli sosteneva che “notizie e verità non sono la stessa cosa”. La democrazia richiede la verità, ma le notizie possono soltanto descrivere e discutere gli eventi di giorno in giorno. Lippman riteneva che la democrazia richiedesse un'intelligenza collettiva, ottenibile solamente attraverso un'estesa organizzazione sociale, e che, a questo fine, la stampa potesse svolgere soltanto un ruolo limitato, per quanto necessario. | media sono probabilmente la forma più importante di produzione culturale nella nostra società, e se vogliamo comprendere l'impatto generale della cultura all’interno di quest’ultima, è fondamentale considerare il loro rapporto con la democrazia. Fare notizia: i media come sistema culturale il giornalismo è la produzione e diffusione di informazioni d interesse pubblico generale, e oltre a ciò è, prima di tutto, una forma di comunicazione culturale. Ma i sociologi concordano ampiamente sul fatto che le notizie fanno molto di più che far conoscere fatti al pubblico. Decidendo che cosa coprire e in che modo, i giornalisti non riferiscono semplicemente le notizie, ma contribuiscono a crearle e cambiarle. In che modo le notizie esercitano questo tipo di potere? E il fatto che lo abbiano è qualcosa di positivo o no? Le comuni critiche da sinistra suggeriscono che i mass media appoggiano il potere degli imprenditori, il militarismo e gi interessi dei ricchi. Le comuni critiche di destra suggeriscono che i media producono cultura progressista ovvero di sinistra e diffondono femminismo, ambientalismo e accettazione dell'omosessualità. Gli esponenti politici dell’una e dell'altra fazione ritengono che i media esercitino il potere di agenda setting, in grado di cambiare il corso degli eventi politici e determinare le carriere. E' difficile dimostrare che i media abbiano davvero questa influenza. Ci sono esempi che smentiscono e altri che confermano questa tesi. Un famoso caso di apparente influenza dei media si è verificato durante la guerra del Vietnam mentre un caso opposto è,invece, rappresentato dagli sviluppi che seguirono gli attacchi terroristici dell'11 settembre. Ciò suggerisce che i media possono esercitare una considerevole influenza persino per le più importanti decisioni del governo. Tuttavia, esempi drammatici come questo possono sovradimensionare la realtà delle cose. Le persone ottengono le proprie informazioni sul mondo non solo dai media, ma anche parlando con le altre persone; le ottengono dai gruppi di cui fanno parte, dalle idee che hanno appreso a scuola o attraverso esperienze personali. Data la forte visibilità dei media, si presume che essi siano una forza importante nella società. Ma se il pubblico non riceve passivamente qualunque cosa i media gli comunichino, come si esprime la loro influenza? Secondo M. Schudson i media funzionano come un sistema culturale: stabiliscono il contesto che rende intelligibili gli eventi del mondo. Lo fanno aiutando a costruire una comunità e una conversazione pubblica. Indipendentemente dalle nostre opinioni a riguardo, se sentiamo parlare di una data questione in un notiziario, abbiamo maggiori probabilità di trattarla come un evento importante. Le notizie amplificano le questioni e le legittimano pubblicamente, per questo si dice non esista la “cattiva stampa”. Distorsione mediatica: dominio o framing | media sono parziali, ovvero sono soggetti a sistematiche distorsioni? Non c'è dubbio che certi temi ottengano una copertura molto scarsa da parte dei notiziari L'aborto o l'evasione delle tasse da parte delle imprese sono esempi molto dibattuti. Ma la desiderabilità del capitalismo è menzionata molto raramente. Per questo fenomeno ci sono differenti spiegazioni. Edward Herman e Noam Chomsky hanno sviluppato un modello dei media basato sull'idea di propaganda: il ruolo dei media, sostengono, è informare, intrattenere e radicare nei cittadini i valori nazionali sopprimendo pericolose prospettive alternative. Nel caso dei media controllati dallo stato nei paesi non democratici, questo ruolo di propaganda è evidente, ma Herman e Chomsky sostengono che, anche in paesi come gli Usa, i media del settore privato operano in questo stesso modo. Lo spiegano attraverso cinque ragioni: 1) la concentrazione dei media nelle mani di un piccolo numero di ricchi proprietari 2) il fatto che la pubblicità sia la fonte primaria di entrate per i media 3) l'affidamento a funzionari governativi, leader di azienda e uffici di pubbliche relazioni come fonti per la presentazione delle notizie 4) la possibilità dei governi e dei consigli d'amministrazione delle grandi imprese di punire e minacciare i media che siano troppo critici 5) l’ubiquità del sentimento anticomunista. Secondo Herman e Chomsky, il prodotto della combinazione di questi cinque fattori è un'attenzione continua da parte dei mec alle vicende e alle storie che sono funzionali alle istituzioni del potere,e una scarsa attenzione verso le vicende e le storie che non lo sono. La tesi di Herman e Chomsky può essere considerata una versione moderna della tesi di Marx ed Engels secondo cui le idee dominanti di un periodo sono le idee della classe dominante. Essi sostengono che i media comunichino al pubblico ciò in cui credere e che il messaggio che essi trasmettono sia perciò distorto. Oggi, i sociologi dei media sostengono però più spesso che le notizie siano influenzate da quello che chiamano media framing. Negli studi sui mezzi di comunicazione di massa, in sociologia e psicologia il termine framing si riferisce ad un processo inevitabile di influenza selettiva sulla percezione dei significati che un individuo attribuisce a parole o frasi. Il framing definisce la "confezione" di un elemento di retorica in modo da e scoraggiarne altre. | mass media o speci movimenti politici 0 so. frames (nel senso specificato) correlati all'uso dei Concentrazione mediatica Una delle premesse della libertà di stampa in una democrazia è l'esposizione dei cittadini a molteplici prospettive e fonti di informazioni, in modo da poter partecipare significativamente alla vita pubblica. Eppure, la maggior parte dei media statunitensi è controllata da solo sei aziende. Quanta scelta hanno i consumatori di media in questo paese? Tre tendenze del panorama mediatico statunitense suggeriscono che la relazione tra media e democrazia probabilmente si complicherà ancora di più. La prima tendenza è il consolidamento: in un dato mercato, sempre meno aziende possiedono sempre più canali mediatici. Il consolidamento limita la scelta del consumatore. Gli oligopoli(mercati controllati da un retto numero di imprese) rappresentano oggi la norma nel mondo dei media. Rende difficile l’accesso al mercato, aumentando la probabilità che quello dei media sia dominato dagli stessi attori. La seconda tendenza è la conglomerazione e vede un impresa che controlla molteplici tipi di media(esempio Walt Disney possiede ABC,ESPN, centinaia di stazioni radio e diverse case editrici alle quali si affida per promuovere un nuovo film, assicurandosi una copertura positiva, processo che si chiama sinergia. La terza tendenza è l’ipercommercializzazione: da molto tempo accade normalmente che i film presentino un sorta di product placamento: pubblicità in cui le immagini o le citazioni di un prodotto sono inserite nel film stesso anziché in spazi specifici. In anni recenti ha raggiunto nuove vette e non dà segnali di inuzione anche con la presenza ubiqua di pubblicità nelle strade. Queste tre tendenze hanno sottoposto il giornalismo ad un'enorme pressione commerciale. Sino a che sono garantiti redditività e approvazione aziendale, i media possono essere pluralisti; ma producono nulla fuori dai confini stabiliti da questi due criteri Media,democrazia e internet Molti studiosi sostengono che i media sono necessari per creare una tribuna di discussione e dare voce all'opinion pubblica. Ma la relazione tra media e democrazia assume un aspetto particolare in un periodo di consolidamento dell'industria mediatica e di internet come è quello che stiamo vivendo, riduzione del personale locale, minore offerta di notizie locali ecc. Ma le persone stanno reagendo a questa tendenza e lo fanno sempre di più online attraverso il fenomeno detto citizen journalism, esploso nell’ultimo decennio soprattutto grazie a barriere all'entrata molto basse: aprire un blog richiede solo un minuto o poco più. Internet ha abbassato le barriere d’ingresso nella sfera pubblica, permettendo a persone prima identificate nel ruolo di spettatori/ascoltatori di far sentire le proprie voci. L'attivismo democratico sul web ha mostrato la sua incidenza nella primavera araba del 2011 in Medioriente, la manifestazione di massa in piazza Tahrir rovesciò il regime di Mubarak. Le reti sociali, tv in particolare, sono state spesso considerate fondamentali per gli sforzi organizzativi degli attivisti, permettendo alle persone di coordinare le proprie proteste e di raccogliere informazioni aggiornate. CAPITOLO 7 1.Quali sono le diverse forme di potere? In questo paragrafo prenderemo in esame le tre dimensioni del potere, utilizzando una lente sociologica per esaminare non solo i modi evidenti in cui il potere si esprime, ma anche le sue forme meno percepi Nell’accezione generale, con potere si intende semplicemente la capacità di ottenere un risultato di qualche tipo, cioè di realizzare cambiamenti o di impedire che questi avvengano. Nei contesti sociali e politici, gli effetti del potere sono quelli che hanno conseguenze rilevanti per la vita delle persone. Quando gli effetti del potere influiscono negativamente sugli interessi delle persone, possiamo dire che il potere è mantenuto o esercitato su di esse. Ci sono altri modi di identificare il potere sociale e politico: per esempio come potere collettivo, finalizzato a raggiungere obbiettivi condivisi oppure come potere positivo, al servizio degli interessi altrui. In questo capitolo, in primo luogo focalizzeremo l’attenzione su ciò che implica avere ed esercitare il potere sugli altri; successivamente considereremo i modi in cui il potere sugli altri può manifestarsi come capacità di raggiungere obbiettivi attraverso il sistema politico. E' utile pensare al potere come caratterizzato da tre distinte “dimensii La prima si manifesta quando in un conflitto una parte prevale fra due o più parti. La seconda dimensione si manifesta quando coloro che detengono il potere provengono o neutralizzano le sfide portate da altri soggetti alla loro autorità. Infine, la terza dimensione si manifesta quando coloro che detengono il potere convincono quelli che non lo hanno a ritenere accettabile tale situazione. La visione unidimensionale del potere La situazione più semplice in cui si può osservare il potere in azione è quella in cui si verifica un conflitto tra due o più individui o gruppi e uno di questi prevale. Chiamiamo “A” l'individuo o il gruppo più potente e “B” l'individuo o gruppo meno potente. In qualsiasi organismo decisionale, quando si vota in merito a una questione rispetto alla quale A e B sono parti contrapposte e A vince, possiamo dire che A ha esercitato il proprio potere su B. Ci sono innumerevoli esempi di potere osservabi questa forma, che implica un conflitto palese su una o più questioni rispetto alle quali le parti in gioco hanno interessi contrapposti. Il conflitto può essere interpersonale, ad esempio tra innamorati,membri di una famiglia, due organizzazione o parti di una stessa organizzazione. Può anche coinvolgere differenti paesi, un bullo, un rapinatore, un proprietario di casa contrapposto a un inquilino, un conflitto di stipendi tra datori di lavoro e sindacati, un ‘insurrezione contro una dittatura, un paese in guerra civile o in guerra con altri stati, queste, sono tutte manifestazioni della prima dimensione, direttamente visibile , del potere. Qualche volta la bilancia del potere può spostarsi, cosicché la parte che ne è priva può ottenerne un po’ ed esercitarlo. Il potere è detenuto talvolta in modo illegittimo(bullo, rapinatore), talvolta in modo legittimo ( proprietario sull il concetto di giusto o sbagliato possono essere oggetto di discussione ed è diffi potere (guerre ci Il potere è spesso esercitato seguendo semplicemente le “regole del gioco”, per esempio quando le industrie che competono per la quota di mercato nella vendita di beni e servizi , il gioco è economico, quando un gruppo di candidati al parlamento vince le elezioni, il gioco è politico. Tuttavia, in altri casi, chi vince non lo fa seguendo le regole del gioco, ma piuttosto manipolandole in qualche modo, ad esempio con minacce, imbrogli e ottenendo potere,dunque, infrangendo le regole. Esercitare il potere infrangendo le regole del gioco, tuttavia, è un impresa incerta. Per esempio fare uso della forza coincide con la debolezza: quando governi guidati da dittatori(A) affrontano rivolte sociali(B) usando la forza militare ciò può essere efficace ma altre volte porta alla caduta del governo stesso,perché esso, non è in grado sottometterli, ma soltanto di farli provvisoriamente arrendere. Nella prospettiva unidimensionale, chi detiene il potere? Gli studiosi, talvolta, parlano di una classe dominante o élite del potere,come è stata definita da C.W.Mills. L'ipotesi è che un piccolo dimensione del potere, in altre parole, si manifesta quando i subordinati difedono gli interessi dei potenti come se fossero propri. 2.In quali modi uno stato distribuisce il potere all’interno di una società? In queste pagine esamineremo quelle istituzioni formali del potere, che i sociologi chiamano “stato”. Cercheremo di capire come e perché gli stati sono importanti per la distribuzione del potere, e perché tendono a promuovere interessi dei potenti. Il potere, in ogni forma e contesto, può esprimer: molteplici modi; tuttavia, esso assume la sua massima rilevanza quando si esprime attraverso le principali istituzioni politiche di una società. L'insieme di queste istituzioni è conosciuta come stato. Che cos'è lo stato | sociologi usano il termine stato per indicare tutte le istituzioni politiche formali di qualunque società. Abbiamo già osservato che le politiche e i programmi degli stati modificano la distribuzione del potere tra individui, gruppi e all’interno della società nel suo complesso. Adam Smith(1723- 1790), grande teorico dell’emergente ordine sociale e capitalista, ha descritto quest’ultimo come un sistema economico governato dalla “mano invisibile” del libero mercato, in cui gli imprenditori di successo e i produttori efficienti sono ricompensati,mentre coloro che hanno cattive idee o vendono cattivi prodotti vengono emarginati. Affinché i mercati possano funzionare in maniera adeguata, lo stato deve fornire un'ampia gamma di garanzie e regole legali, nonché avere la capacità di imporre queste regole e controllare che non siano violate. Finché entrambe le parti rispettano ciò che promettono, i termini del contratto sono soddisfatti. Ma, che cosa succede quando una parte non rispetta l'accordo? Subentra allora lo stato, che attraverso un’ampia gamma di strumenti(leggi, politiche e regolamenti) permette il funzionamento dell'economia di mercato. Lo stato regola l'economia per offrire condizioni paritarie ai partecipanti. Perché gli stati sono importanti nella distribuzione del potere Le politiche e i programmi adottati e mantenuti dallo stato hanno un’enorme importanza in molti, differenti modi. Alcune politiche vanno a vantaggio dei poveri,altre dei ricchi. Le politiche di questo tipo, in particolare quelle fiscali, sono importanti specialmente per la distribuzione del reddito e della ricchezza. Tutti i governi devono tassare i propri cittadini perché paghino i servizi forniti; tuttavia, non in tutti i paesi la quota dovuta dai ricchi è maggiore di quella pagata dai poveri. Complessivamente, la distribuzione di determinate risorse a determinati cittadini è, almeno in parte, funzione della politica di governo. In qualunque società esistono molti esempi del ruolo svolto dagli stati al riguardo; eccone alcuni: gli stati fissano o modificano le regole del gioco all’interno del quale individui e gruppi competono per il potere. Gli stati allocano una grande quantità di risorse attraverso vari tipi di programmi di spesa, conosciuti collettivamente come welfare state. Gli stati decidono a chi tocca sostenere la spesa pubblica, soprattutto attraverso le politiche fiscali. Gli stati hanno il potere di decidere su questioni cruciali come la partecipazione a una guerra o la legalità della pena di morte. In ognuno di questi settori d'intervento, gli stati compiono scelte che influenzano la distribuzione del potere nell'intera società. Il ruolo dello stato nel persuadere gli individui e i gruppi più deboli che i loro interessi sono garantiti da politiche che, in realtà, proteggono e promuovono gli interessi dei potenti è un aspetto poco percepibile, ma molto importante, dell’azione complessiva dello stato: convincere le persone che il mondo in cui esse vivono è giusto ed imparziale. Promuovere gli interessi dei potenti Perché gli stati tendono ad adottare politiche che favoriscono gli interessi dei potenti? O più specificamente, come e perché gli stati tendono ad adeguare le proprie politiche in modo da sostenere gli obbiettivi di potenti interessi imprenditoriali? Il primo punto di vista è quello che potremmo chiamare teoria dello stato basata sulla sicurezza dell'impresa: lo stato nel suo complesso è fortemente incentivato ad assicurare che le grandi imprese abbiano la fiducia e la sicurezza necessarie per fare investimenti che creeranno posti di lavoro e produrranno crescita economica. Il secondo punto di vista si focalizza sul potere politico relativo posseduto da gruppi differenti. Le grandi industrie e le persone abbienti dispongono semplicemente di maggiori risorse per influenzare la vita politica di quante ne abbiano i gruppi che rappresentano la classe operaia o media. Nel loro insieme, i due punti di vista appena descritti fanno pensare che la politica si muoverà comunque a fianco dei potenti. In realtà , non è sempre così: la propensione degli stati a sostenere gli interessi di hi dipende in una certa misura dall’orientamento politico dei governi in carica. In generale, i governi liberali e conservatori, tendono a favorire le forze di mercato e gli interessi d'impresa, mentre . Fondamentale in questo caso i governi socialdemocratici sono più attenti alle esigenze delle classi lavoratrii diventano i partiti politici. 3.Che relazione c’è tra classe e politica? In questo paragrafo discuteremo alcuni aspetti della relazione fra classe e politica, scelte elettorali dei cittadini sono correlate alla loro posizione socioeconomica. A dominare i meccanismi della partecipazione politica nei paesi democratici sono oggi per lo pi partito, i quali hanno svolto nel secondo dopoguerra un ruolo fondamentale di integrazione sociale e di produzione della classe dirigente in quasi tutte le nazioni occidentali. Oggi le tradizionali forme di partito sono in crisi e si è alla ricerca di altri strumenti di mediazione e integrazione politica. Da tempo sociologi e giornalisti ripetono che le società occidentali sono entrate in una fase in cui le tradizionali appartenenze sociali si dissolvono a favore di una crescente individualizzazione. Fra le vittime illustri di tale trasformazione ci sarebbero le classi sociali, ormai incapaci di esercitare influenze sulle scelte elettorali. Questo quadro corrisponde alla realtà e, per quanto ci concerne più da vicino, alla realtà italiana? Solo in parte. Di fatto siamo di fronte a due processi contrapposti: da un lato, le estremità della gerarchia sociale, borghesia e classe operaia, si sono scostate dai partiti con cui avevano legami privilegiati; dall'altro, le due classi medie, impiegati e piccola borghesia urbana, che in passato avevano mantenuto a lungo una posizione mediana anche sul piano politico, hanno cominciato a focalizzare le rispettive preferenze: i colletti bianchi sul centrosinistra, i piccoli imprenditori sul centrodestra. Un duplice processo che - come mostra il libro - sta facendo emergere un nuovo voto di classe, un voto espresso però più in negativo che in positivo, più per avversione che per adesione. La sociologia del voto La sociologia del voto è il ramo della sociologia politica che studia in particolare il voto e le sue determinanti sociologiche . Può essere confuso con la sociologia elettorale nella misura in cui la maggior parte dei sondaggi considerati si svolgono nel contesto dell'elezione delle persone. Storicamente, la sociolo; del voto o della sociologia elettorale si è concentrata principalmente sullo studio dei determinanti sociologi della direzione del voto e delle simpatie politiche. Tra una serie di fattori determinanti ci sono la religione, la classe sociale (vedi Alford Index ), l' età o il genere Per quanto riguarda quest'ultimo, sembra che la tendenza delle donne a votare è un po 'più a destra rispetto agli uomini durante i primi decenni dopo il loro accesso alle urne è svanita, almeno in Francia a causa dell'ingresso massiccio di donne nel mercato del lavoro e dell'omogeneizzazione delle condizioni di vita che seguirono. Quindi, il genere non è più un indizio importante delle simpatie politiche. Per la religione, l'indicatore principale è la frequenza dell'assistenza agli uffici. Esistono anche studi sull'importanza del patrimonio e della rete familiare . Dalla fine degli anni '80 , alcune ricerche condotte logia del voto in Francia hanno cercato di urre l'influenza dei determinanti sociali per preferire la un elettore "libero" da ogni costrizione, solo spinto dai programmi, dal modo in cui che i media arbitrano la concorrenza interpartitica o la personalità dei candidati. Ma nessuna dimostrazione convincente è mai stata fatta di questa teoria. AI contrario, i ricercatori dimostrano che gli elettori dei cittadini continuano ad essere socialmente determinati, in particolare dalla loro religione, dalla loro categoria socio- professionale e dal loro status (Nonna Mayer), dalla loro generazione, dal loro patrimonio o dalla loro regione. Partecipazione Recentemente, l'aumento dell'astensione nelle società democratiche ha indotto la sociologia del voto a esaminare da vicino le ragioni del voto, che finora è stato considerato normale. Si scopre che esi una vera "tassa nascosta" (per usare un'espressione di Daniel Gaxie ) che porta gli elettori a escludersi dai seggi elettorali. Infatti, i cittadini che si astengono dal voto a causa di un debole senso di competenza politica sono i meno dotati di capitale culturale (misurato dal diploma ), più spesso donne che uomini, lavoratori preca rispetto a persone stabili e benestanti. La constatazione dell'astensione non dovrebbe portare a incolpare gli elettori considerati "apatici" poiché questo fenomeno è il risultato di due fattori estranei agli elettori: la monopolizzazione dell'insediamento degli affari cittadini da parte di professionisti della politica e la laurea l'intensità del lavoro di mobilitazione degli elettori durante le campagne (copertura dei media, denaro speso, numero di riunioni, ecc.). L'atto del voto Lo studio della costruzione storica della cittadinanza ha assunto la forma della sociologia dell'atto del voto . Questa analisi propone di studiare il voto dall'angolo di spo: che lo rendono possi cabine, schede elettorali sono tutte tecnologie di voto che ci parlano della sua idoneità politica. sistemi di CAPITOLO 8 11. Come influiscono i fattori sociali sui mercati? Viviamo in quella che a volte viene denominata “era del mercato” e i sociologi sono sempre più consapevoli del fatto che i mercati sono parte della struttura sociale. In questo paragrafo, esamineremo in che modo una comprensione sociologica dei mercati differisca da una di tipo economico. Viviamo in quella che talvolta viene chiamata l’era del mercato. | mercati, luoghi in cui consumatori, venditori e produttori si dedicano allo scambio di beni e servizi, sono il fondamento della vita economica. Il potere dei mercati, però, non è sempre stato così evidente. Esistevano dei modelli alternativi intorno ai quali organizzare l'economia di un paese. Prima vi fu la pianificazione centralizzata, un sistema in cui il governo stesso decideva quali tipi di beni e di servizi sarebbero stati prodotti e quale sarebbe stato loro prezzo. Per un certo periodo di tempo, le economie pianificate sembrarono funzionare bene; negli anni '60 e ’70, si svilupparono molti dibattiti fra economisti e altri commentatori circa la superiorità del capitalismo( un sistema economico basato sulla proprietà privata e sugli scambi di mercato) o del socialismo( un sistema economico in cui proprietà e controlla la produzione). Oggi, in tutto il mondo, compresi tutti i paesi più sviluppati, la grande maggioranza dei beni e servizi sono prodotti da meccanismi di mercato. E' corretto sostenere che quasi tutti gli spazi della vita sociale sono ormai legati al funzionamento dei mercati. Attraverso il denaro è possibile acquistare tutto ciò che serve per vivere, anche la vita stessa. Gli imprenditori, persone che investono in imprese o le fondano, inventano continuamente nuovi mercati per vendere beni e servizi a potenziali compratori. | mercati e le idee che ne derivano stanno via via penetrando in aree della vita sociale un tempo considerate esterne alla loro sfera di influenza. Anche gli spazi più intimi delle vite delle persone hanno ora a disposizione dei mercati di riferimento. Anche funzioni importanti di governo, che prima erano gestite da impiegati pubblici, sono via via sempre più affidate a imprese private. Data la loro pervasività, vi è una crescente consapevolezza fra i sociologi del fatto che i mercati sono parte della struttura sociale che costituisce l'architettura delle società moderne. | mercati come modello di organizzazione sono così onnipresenti nella nostra società che, spesso, non ci accorgiamo della loro esistenza: sono una parte delle nostre vite che diamo per scontata. Ed è proprio per questo motivo che è necessario esaminarli con gli strumenti dell’immaginazione sociologica. Definire i mercati Il termine mercato, in economia, indica il luogo (anche in senso figurato) e al contempo anche il momento in cui vengono realizzati gli scambi economico-commerciali di materie prime, beni, servizi, denaro, strumenti finanziari eccetera, del particolare sottosistema economico di riferimento. Il mercato quindi può essere Wall Street(il quale ci mostra le urla frenetiche degli agenti che si affrettano a comprare e vendere compagnie per ottenere un profitto) come un sito di incontri online. Questi esempi sottolineano quanto sia complesso definire ciò che intendiamo con il termine “mercato” e, in effetti, il modo in cui i sociologi definiscono i mercati si è evoluto fin dalla nascita della sociologia. Nelle dottrine economiche classiche, un mercato implica uno scambio di beni o servizi tra compratori e venditori. In questa definizione, gli scambi possono avvenire in modo istantaneo (quando consegniamo del denaro o clicchiamo sullo schermo di un computer), e il prezzo del bene o del servizio scambiato è determinato dalla domanda di ciò che si vende. Si presume che entrambi i lati della transazione(venditore e compratore) sappiamo cosa comprano o vendono e che entrambe le parti in causa prendono decisioni positive per il loro benessere individuale o quello della loro famiglia o della loro impresa. Gli economisti definiscono questa visione dei mercati la prospettiva della scelta razionale, una visione potente perché basata su un me elementare di assunti circa le motivazioni individuali che portano persone e organizzazioni a prendere parte agli scambi economici. Ciò che questa definizione non considera, però, sono i meccanismi sociali che i sociologi ritengono importanti per il funzionamento dell'economia. Molti tra i pri teorici delle società, come Marx o Weber hanno studiato da vicino i sistemi economici nelle loro opere fornendo spiegazioni diverse dei mercati. La definizione sociologica vede i mercati non come scambi occasionali, una tantum, tra un acquirente e un venditore, ma piuttosto come interazioni ripetute tra persone, compratori, venditori o produttori, che agiscono secondo regole formali e informali. Perché un mercato esista ci deve essere una definizione condivisa circa i tipi di beni che saranno scambiai, sugli agenti della transazione e sul modo in cui gli scambi avranno luogo. Per far sì che ciò avvenga entrano in gioco importanti istitu: ociali, come governi e leggi, nonché norme che definiscono i comportamenti appropriati. In effetti, senza tutte queste altre forze, gli scambi di mercato sarebbero spesso impossibili o molto limitati. Preferenze incerte e relazioni causa-effetto poco chiare si trovano in organizzazioni con una struttura tecnologica poco chiara e una politica fallimentare di decisione di obiettivi, come ad esempio le sotto-unità di organizzazioni che hanno obiettivi definiti in maniera molto chiara ma che non hanno un legame logico e ovvio con gli obiettivi dell'organizzazione. In questo modello le soluzioni sono indipendenti dai problemi, piuttosto che essere risposte ai problemi. | partecipanti e le opportunità di scelta, sono a loro volta indipendenti sia da soluzioni che dai problemi Ogni partecipante è dotato di una energia che rappresenta la sua abilità come de n-maker. Un problema è dotato di un'energia che rappresenta il suo livello di difficoltà. La soluzione è caratterizzata da un valore di efficacia. Le decisioni accadono quando i 4 elementi si incontrano e i decision-maker hanno sufficientemente energia per affrontare il problema. La teoria garbage can sul decision making si applica a situazioni caratterizzate dai 3 seguenti fattori: 1. La partecipazione occasionale. Si fa riferimento al ben noto fatto che il grado di attenzione che i partecipanti dedicano tipicamente ad un problema decisionale è molto variabile. | membri di un'organizzazione tendono a entrare ed uscire da situazioni decisionali in accordo con il processi che non sono necessariamente collegati con il problema attuale.2. Secondo fattore è la decisione tecnologica. si fa riferimento al fatto che relazioni causali che sottostanno a speci problemi di decisione organizzativa sono molto ambigue nella forma a catena mezzo-fine in cui si presentano. Spesso le relazioni causali diventano chiare solo dopo ricostruzioni ex post, nel momento in cui si razionalizzano le decisioni che sono state già prese.3. Il terzo fattore sono le problematic preferences, un termine che Cohen, March e Olsen introducono per definire la tendenza generale dei decision maker a scoprire le loro preferenze tramite le azioni piuttosto che agire sulla base di preferenze predefinite e stabili.Le organizzazioni sono quindi caratterizzate da fluid participation, unclear decision technologies e problematic preferences come definito da Cohen, March e Olsen. De , situazioni caratterizzate da partecipazione fluida, tecnologiche decisiona preferenze problematiche generano 3 possi ultati:1.Decisione dovuta a risoluzione: effettivamente risolto grazie al fatto che i partecipanti sono abbastanza c‘ soluzione al problema e il problema è di semplice comprensione.2. Decisione dovuta a trascuratezza: il problema viene affrontato secondo rituali che confermano la legittimità dell'organizzazione ma senza risolvere effettivamente il problema.3. Fuga: il problema viene evitato, rimandando ad un'occasione futura la possibilità di risolverlo, oppure delegando a qualche collega il compito di trattarlo. Loose coupling L'accoppiamento lento o lasco è un approccio per interconnettere i componenti di un sistema o di una rete in modo che quei componenti, detti anche elementi, dipendano l'uno dall'altro nella misura minima possibile. Accoppiamento ‘erisce al grado di conoscenza diretta che un elemento ha di un altro.L'obiettivo un'architettura a accoppiamento lento è ridurre il rischio che una modifica effettuata all'interno di un elemento crei cambiamenti imprevisti all'interno di altri elementi. Limitare le interconnessioni può aiutare a isolare i problemi quando le cose vanno male e semplificare le procedure di test, manutenzione e risoluzione dei problemi. Un sistema liberamente accoppiato può essere facilmente suddiviso in elementi definibili. L'entità dell'accoppiamento in un sistema può essere misurata mappando il numero massimo di cambiamenti di elementi che possono verificarsi senza effetti negativi. Esempi di tali cambiamenti includono l'aggiunta di elementi, la rimozione di elementi, la ridenominazione di elementi, la riconfigurazione di elementi, la modifica delle caratteristiche interne degli elementi e la riorganizzazione del modo in cui gli elementi sono interconnessi. Sebbene l'accoppiamento libero zzi l'interazione non necessa elementi del sistema, può creare problemi quando si desidera tale interazione. Ad esempio, in alcuni sistemi incentrati sui dati è necessario un alto grado di interdipendenza degli elementi per la sincronizzazione in tempo reale. 3.Quale è la relazione fra le organizzazioni e il loro ambiente? L'approccio ecologico alla sociologia dell’organizzazione si propone di capire se le organizzazioni effettivamente si adattino all’ambiente nel corso del tempo o se la loro sopravvivenza sia dovuta fin dalla loro nascita a una specifica relazione con l’ambiente. In questo paragrafo esamineremo la relazione fra le organizzazioni e il loro ambiente. L'immagi iologica , come abbiamo visto nel corso di questo libro, richiede di osservare i contesti idui e gruppi interagiscono fra loro. La stessa idea si può applicare alle organizzazioni. Come le persone, anche le organizzazioni operano nel contesto di un ambiente ampio, costituito da altre imprese, politiche pubbliche, competizione internazionale e molte altre realtà e forze spe Proprio come gli individui problema viene volti e preparati, esiste una sono influenzati dall'ambiente in cui vivono, così lo sono anche le organizzazioni. In natura, ogni animale, pianta o altro organismo vive in un ambiente particolare. La teoria dell'evoluzione ci dice che le forze ambientali influenzano non solo la vita e la morte dell'organismo, ma anche i modo in cui esso cresce e muta nel corso delle rganismi, le organizzazioni dipendono dal loro ambiente per ricevere le risorse necessa alla sopravvivenza. Se un animale dipende dall'ambiente per avere cibo e acqua, così un'organizzazione dipende dal suo ambiente per le risorse economiche , sociali e politiche. Senza tali risorse l’organizzazione scomparirà. Struttura organizzativa Le organizzazioni devono possedere caratteristiche adatte al loro ambiente se vogliono rimanere in vita e prosperare. Ciò potrebbe significare sia che un’organizzazione ha sviluppato una protezione che la isola dalle domande dell’ambiente circostante, sia che essa ha mantenuto una struttura così fluida da potersi muovere e adattare facilmente ai cambiamenti che la circondano. Gli studiosi che hanno affrontato questi problemi suggeriscono che le organizzazioni che sopravvivono siano di norma quelle che inizialmente erano ben abbinate al loro ambiente e che, successivamente, si sono rese impermeabili al cambiamento . La resistenza al cambiamento è chiamata inerzia strutturale. Migliore è l'abbinamento ale, maggiore sarà l'inerzia e la capacità di resistere dell’organizzazione. Questa inerzia, però, può anche rendersi fatale quando l’ambiente cambi drasticamente e l'assenza di adattamento iveli così mortale per l’organizzazione. Non è difficile immaginare per quali ragioni si sviluppi l'inerzia strutturale. Un’organizzazione che ha successo nelle fasi iniziali della sua storia avrebbe pochi motivi per cambiare; come si suole dire, “se qualcosa non è rotto, non vale la pena aggiustarlo”. Ma l'inerzia strutturale può, in una fase specifica, anche impedire a un’organizzazione di sopravvivere. In che modo ciò può accadere? Il cambiamento , anche quando necessario, può essere molto difficile una volta che l’organizzazione è stata creata e funziona in un certo modo. Le organizzazioni non solo affrontano minacce che derivano dall'ambiente e dalla loro inerzia, ma devono anche sopravvivere in un'arena competitiva. La competizione può variare. Le organizzazioni che sopravvivono spesso hanno individuato e occupato una nicchia che richiede i servizi o i prodotti forniti dall’organizzazione. Anche se c'è comunque competizione con altre organizzazioni simili, un’organizzazione capace servire una nicchia, di norma, sopravvive. L'ambiente generale L'ambiente in cui opera un'organizzazione può essere diviso in ambiente generale e ambiente transazionale. Ambiente generale: costituito da tutti quegli aspetti che non influenzano in modo diretto le attività quotidiane di una organizzazione e che sono assunti come dati Ambiente transazionale: ha un impatto più diretto sull’organizzazione ed è quindi oggetto di un'attenzione più precisa, anche al fine di commisurare le scelte strategiche e strutturali. Le forze che agiscono all’interno del mercato sono di diversa natura: mercati: definiscono l’ambiente economico e sono sintetizzati dai tassi di crescita dell'economia, dall'andamento dei tas: interesse, dal livello d occupazione, che determinano il livello della domanda e i costi dei fattori produttivi . Tecnologia: definisce l’ambiente scientifico e tecnologico che comprende tutte le attività preposte alla produzione e alla diffusione dei saperi, alla ricerca e alla innovazione . Istituzioni: definiscono l’ambiente socio-culturale (che rappresenta valori, ideologie e norme) e l’ambiente politico e legale. Concezione tradizionale dell'ambiente Concezione tradizionale dell'ambiente: per progettare in modo efficace ed efficiente la struttura di un'organizzazione è sufficiente definire con chiarezza gli obiettivi da raggiungere, la strategia da adottare e le attività da compiere. All’interno di questa visione il vertice decisionale e tutti i soggetti che operano nell’organizzazione possono ignorare l'ambiente senza mettere a repentaglio le performance. Ambiente transazionale e i confini dell’organizzazione Le organizzazioni non occupano tutto l’ambiente, ma si ritagliano segmenti di azione che sono definiti dalle scelte relative alle combinazioni produttive fondamentali, ai servizi e prodotti offerti, ai mercati serviti. È all’interno di questo spazio di azione che si collocano i soggetti con i quali l’organizzazione attiva scambi di risorse necessari alla sua sopravvivenza e al mantenimento delle condizioni di economicità. Tale porzione di ambiente è definito ambiente transazionale e determina il campo di azione organizzativa. Il campo d'azione diventa operativo solo se l’organizzazione viene riconosciuta e legittimata da coloro che possono fornire il supporto necessario. | confini dell’organizzazione Transazione: trasferimento di beni e servizi attraverso un'interfaccia separabile sotto il profilo tecnologico. | costi di transazione derivano dalle imperfezioni dei mercati. Sono costi di transazione tutti quei costi necessari per la predisposizione, la gestione e il monitoraggio delle transazioni attraverso il mercato. Quando i costi di transazione superano un certo livello, l'azienda ha interesse d abbandonare il mercato e scegliere la gerarchia producendo internamente i beni e i servizi di cui necessita. L'azione sull'ambiente L'ambiente transazionale non è un dato ma portato di scelte individuali e collettive e dell’azione delle istituzioni; può essere influenzato oltre che dalle scelte strategiche di combinazione prodotto- mercato anche da scelte specifiche dell'azienda volte a modificarlo. Contracting: accordi collettivi tra produttori, fornitori e clienti possono definire condizioni di funzionamento dei mercati che diminuiscono sia i costi di transazione sia quelli di produzione. Advertising: la pubblicità e la comunicazione esterna possono influenzare la domanda, migliorando la conoscenza sulle caratteristiche intrinseche del prodotto e la percezione che ne ha il pubblico. Coopting: la cooptazione nella propria organizzazione di soggetti o organizzazioni in grado di generare incertezza è una modalità molto frequente. Coalescing: accordi o fusioni possono essere motivati da esigenze organizzative interne volte a beneficare di economie di scala, integrazione di competenze, razionalizzazione dei costi, ma hanno spesso il ruolo di ridurre l'incertezza ambientale e allentare la competizione o la reciproca dipendenza. La similarità organizzativa Una delle più note scoperte sociologiche sulle organizzazioni che esse, pur competendo, tendono ad assomigliarsi molto quando hanno successo duraturo nello stesso campo. Importante a riguardo è in concetto di isomorfismo organizzativo, introdotto da Meyer e Rowan nel 1977 nell’ambito della teoria neoistituzionalista. Tale concetto indica i processi attraverso i quali organizzazioni dello stesso tipo (università, ospedali...) tendono ad assomigliare sempre più tra loro adottando strutture, strategie e processi simili. Meyer e Rowan osservano che in generale le organizzazioni operano in un contesto altamente istituzionalizzato, che stabilisce normative e criteri di razionalità ai quali le organizzazioni devono adeguarsi per potere essere giudicate efficienti. Il problema è studiare le pressioni che le istituzioni esercitano sulle organizzazioni affinché si adeguino ai crite razionalità prevalenti, cioè vedere come si sviluppano i processi isomorfismo. | processi somorfismo sono dovuti alla creazione dei così detti miti razionalizzati, vale a dire regole che non si basano su prove empiriche ottenute con metodo scientifico ma che sono legittimate dalla convinzione di essere efficaci. Le organizzazioni tendono a conformarsi a questi criteri. Lo studio dei processi di isomorfismo è stato approfondito da Powell e DiMaggio. I due autori introducono il concetto di campo organizzativo, cioè un insieme di diversi tipi di organizzazioni e soggetti che producono influenze reciproche sul campo. Tutti gli elementi appartenenti al campo organizzativo sono allo stesso tempo oggetto e soggetto delle pressioni che si producono sul campo e l’isomorfismo è il risultato di queste pressioni reciproche. Powell e DiMaggio osservano che nei primi anni di un campo organizzativo le organizzazioni all’interno del campo possono essere molto diverse tra loro. Con il passare del tempo, come risposta alle pressioni istituzionali, le organizzazioni tendono ad assomigliare sempre di più. | campi organizzativi possono essere individuati solo attraverso lo studio dei processi che li fanno diventare socialmente definiti. Oltre a un aumento delle interazioni tra le organizzazioni appartenenti al campo, tali processi includono lo sviluppo di strutture chiaramente definite di dominio e coalizione, un aumento delle informazioni relative al campo, un aumento della consapevolezza reciproca degli elementi del campo. Per descrivere i processi di omogeneizzazione Powell e DiMaggio identificano due tipi di isomorfismo, competitivo e istituzionale. Nel caso dell’isomorfismo competitivo le i verso l’omogeneizzazione sono dovute alla competizione tra le organizzazioni sul mercato, come o dall’ecologia della popolazione. Invece l’isomorfismo istituzionale, che è l'oggetto dello studio di Powell e DiMaggio, implica la competizione tra le organizzazioni per ottenere legittimazione istituzionale e guadagnare ioni di mercato. processi di isomorfismo possono essere distinti in base alle modalità e alla rapidità con cui si sviluppano. In base alle modalità si possono distinguere tre tipi di isomorfismo: isomorfismo coercitivo, quando l’organizzazione è sottoposta a pressioni esterne che la obbligano a conformarsi (vincoli di legge, clausole contrattuali con imprese più potenti,...);} isomorfismo mimetico, quando l’organizzazione i spontaneamente dei processi di imitazione di altre organizzazioni nel suo stesso settore per fronteggiare situazioni di incertezza; isomorfismo normativo, quando la scelta di conformarsi a un modello dipende dalla consapevolezza della superiorità del modello stesso. Per quanto riguarda la rapidità dei processi di isomorfismo, Powell e DiMaggio osservano che un processo di isomorfismo è tanto rapido quanto più un’organizzazione dipende da risorse esterne e quanto maggiori sono l'incertezza e l'ambiguità dei suoi obiettivi.l processi di isomorfismo normalmente non avvengono in modo indolore ma avvengono in maniera conflittuale. Il lavoro in Europa e negli Stati Uniti La disoccupazione ai minimi in Germania e Stati Uniti suggerisce una situazione di pieno impiego che potrebbe condurre agli attesi aumenti salariali. Considerando però il dato sulla partecipazione al mercato del lavoro e non solo il numero dei disoccupati, la possibilità di aumenti salariali realtà si attenua per gli Usa, si conferma per la Germania mentre non è all'orizzonte per gli altri principali paesi dell’Eurozona. Misuriamo le coni i del mercato del lavoro come somma del gap di occupazione e del gap partecipazione rispetto a quanto osservato negli anni precedente la grande recessione del 2008. In particolare il gap di occupazione è calcolato come differenza tra il tasso di disoccupazione prevalente e quello medio nel periodo 1995-2007. Il gap di partecipazione riflette invece la differenza tra le forze di lavoro (cioè i soggetti disponibili a lavorare) potenziali e quelle effettive. Le forze di lavoro potenziali sono calcolate a partire dalla popolazione in età da lavoro ed estendendo il trend del tasso di partecipazione (cioè i soggetti disponibili a lavorare in percentuale della popolazione in età da lavoro) stimato sugli anni 1995-2007. Un valore positivo di questo gap segnala quindi una maggiore offerta potenziale di lavoro. Negli Usa nel 2017 l'eccesso di offerta di lavoro si è sostanzialmente esaurito. Rimane però un potenziale positivo espresso dal gap di partecipazione, che potrebbe dunque continuare ad attenuare la crescita salariale. In Germania la crescita del reddito reale per addetto riflette da tempo condizioni “tese” del mercato del lavoro. In Italia l'abbondante offerta potenziale di lavoro e l'ampio bacino di disoccupati ancora da assorbire suggeriscono invece l'assenza di tensioni salariali diffuse nel breve periodo. La Francia condivide un eccesso di offerta di lavoro, anche se meno abbondante. CAPITOLO 9 1.Che cos'è la disuguaglianza AI centro dello studio della stratificazione sociale si trova il concetto di disuguaglianza. Sappiamo che alcune persone hanno semplicemente di più di quanto abbiano altre. Perché? L'enorme divario tra ricchi e poveri è sempre esistito? Quali sono le giustificazioni della disuguaglianza? In che cosa consiste il concetto sociologico di classe? Esamineremo tutti questi temi nel primo paragrafo. Il termine disuguaglianza identifica le differenze dei livelli di benessere derivanti principalmente dalle disparità nel livello dei redditi, dei consumi, nell'accesso all'assistenza sanitaria, nell'istruzione e nella speranza di vita. Nel dibattito pubblico si tende a dare per scontato che la disuguaglianza sia solo un problema di tipo economico. Questa visione rischia però di mettere in secondo piano la complessità del fenomeno. Esistono infatti svariate forme di disuguaglianza: sociale, economica, politica, digitale. Una delle prime forme di disuguaglianze fu la schiavitù, come il successivo feudalismo con i servi della gleba. Defi; ne Il termine disuguaglianza identifica tutte le differenze dei livelli di benessere derivanti principalmente dalle disparità nel livello dei redditi, dei consumi, nell'accesso all'assistenza sanitaria, nell’istruzione e nella speranza di vita. Il reddito pro capite è la misura preferita dagli economisti per quantificare la disuguaglianza sebbene rappresenti solo parzialmente il benessere di una persona. Infatti nonostante la disuguaglianza, in termini assoluti sia aumentata nel corso della storia non si può dire che il livello di benessere mondiale sia diminuito a causa dalla diminuzione della mortalità infantile, dell'incremento dell’alfabetizzazione e dell'avvento dello stato sociale. La misura del reddito, nonostante la sua incompletezza, rimane comunque un indicatore capace di mostrare l'evoluzione della disuguaglianza nel corso della storia tra le persone e i paesi. Troppo spesso, tuttavia, nel dibattito pubblico si tende a dare quasi per scontato che la disuguaglianza sia in primo luogo un fenomeno di tipo economico. Questa visione come scrive Emanuele Ferragina nel suo libro Chi troppo cl lente (2013) rischia di mettere in secondo piano la complessità del fenomeno che de risposte di ampio respiro. “In realtà esistono infatti svariate forme di disuguaglianza, e prima di discutere le politiche concrete che potrebbero contribuire a ridurle è necessario comprendere a fondo le molteplici sfumature del concetto. Le disuguaglianze si declinano su tre livelli: quello del trattamento, quello delle opportunità e quello della condizione” . La disuguaglianza di trattamento si manifesta nell’assenza di condizioni paritarie di accesso alla giustizia, nelle relazione tra generi e generazioni, nella mancanza di diritti agli immigrati, nel controllo inadeguato dell'evasione fiscale; la disuguaglianza di opportunità si ritrova nella chiusura degli ordini professionali, nella difficoltà di accesso al mercato del lavoro, nelle difficoltà di ottenere finanziamenti per una nuova impresa; la disuguaglianza di condizione si evidenzia nei diversi trattamenti che lo Stato riserva a cittad che dovrebbero essere uguali. È necessario, quindi, quando si parla di disuguaglianza far ento sia a quella sociale sia a quella economica, vedendone le connes Solo un'analisi di questo tipo consente infatti di dare ragione di un fenomeno sempre più complesso e articolato. Non a caso lo studio della disuguaglianza sociale e delle sue diverse dimensioni costituisce da sempre uno dei temi principali della sociologia, prima ancora che dell'economia. La scienza moderna della società ha preso le mosse dalla constatazione che il mutamento sociale associato alla modernizzazione ridefinisce forme e contenuti della disuguaglianza sociale, in cui le disuguaglianze non sono trasmesse direttamente di generazione in generazione, ma sono prodotte, o riprodotte, dal gioco dei mercati, delle istituzioni statali e associative, dai gruppi fam e comunitari. Il dibattito sociologico Sono molti gli autori che si sono occupati di questo tema: dai padri della sociologia (Durkheim, Weber) passando per le analisi di Karl Marx sul controllo dei mezzi di produzione e sulla conseguente divisione in classi sociali, fino a sociologi contemporanei quali Giddens, Beck e Bauman. Anthony Giddens nel suo lavoro Fondamenti di sociologia (2006) argomenta come la stratificazione sociale sia un sistema di disuguaglianze strutturate tra gruppi sociali. È così possibile concepire la società come costituita da strati ordinati gerarchicamente, dove i privilegiati stanno in alto e i meno privilegiati in basso. La stratificazione sociale può essere determinata da diversi fattori: risorse economiche, genere, età, appartenenza religiosa, prestigio, potere. Zygmunt Bauman nel suo libro Danni collaterali (2011) analizza con molta efficacia quali conseguenze stiano generando le disuguaglianze sociali ed economiche nell'età globale. “L'accrescersi della disuguaglianza - secondo il sociologo anglo-polacco - non è visto come un indizio di qualcosa di diverso da un semplice problema economico. E nei casi relativamente rari in cui ci si interroga sui pericoli che la disuguaglianza preannuncia per la società nel suo insieme ci si limita a soffermarsi sulle minacce all'ordine pubblico - anziché sui rischi che la disuguaglianza rappresenta per quegli elementi fondamentali del benessere collettivo della società, quali, ad esempio la salute fisica e mentale dell’intera popolazione, la qualità della vita di tutti i giorni, il grado di partecipazione politica dei cittadini e la società dei rapporti che uniscono coloro che ne sono parte” . Bauman conclude la sua an, sottolineando come “l’esplosiva miscela risultante da una disuguaglianza sociale in un continuo aumento e l’accrescersi di quella sofferenza umana che releghiamo alla sfera della collateralità (...) sta dimostrando di essere, potenzialmente, il più disastroso dei tanti problemi che l’umanità potrebbe vedersi costretta ad affrontare e a risolvere in questo secolo”. Ulrich Beck mette in evidenza come la percezione della disuguaglianza sociale nella vita quotidiana, nella politica e nella ricerca si basi su una visione che pone dei confini al contempo territoriali, politici, economici, sociali e culturali. Ma questa visione è insufficiente perché il mondo è sempre più interconnesso e i confini che continuano a sussistere, non bastano a leggere la realtà. Questo aumento di interazioni al di là delle frontiere nazionali, impone quindi una rimisurazione della disuguaglianza sociale. Il dibattito economico L'analisi economica si è interessata del tema della disuguaglianza in tempi recenti,due economisti hanno analizzato in modo approfondito il tema della disuguaglianza: Amartya Sen, in particolare in uno dei suoi contributi più recenti dal titolo L'idea di giustizia (2011) e Joseph Stiglitz con il suo libro Il prezzo della diseguaglianza (2013). | due studiosi muovono da premesse e finalità diverse: il primo si interroga sulla complessità filosofica di formulare un’idea di giustizia universalmente condivisa ma anche sulla necessità di affrontare le troppe ingiustizie che sono di fronte ai nostri occhi, a partire da quelle più gravi, che offendono la dignità umana e toccano a fondo la nostra coscienza. Il secondo analizza fatti, dinamiche e politiche recenti nella vita economica degli Stati Uniti, guardando al prezzo che gli individui e il paese stanno pagando a causa della crescente diseguaglianza registrata negli ultimi anni. Entrambi analizzano il nesso tra diseguaglianza economica e diseguaglianza politica e le conseguenze che questo legame può produrre sul tessuto sociale, sulla coesione politica e sociale e sulla democrazia stessa.)Thomas Piketty afferma nel suo libro Il capitalismo nel XXI secolo (2014) che “è più urgente che mai rimettere la questione delle disuguaglianze al centro dell’analisi economica e tornare a porre le domande lasciate senza adeguata risposta nel XIX secolo. Per troppo tempo il problema della distribuzione delle ricchezze è stato trascurato dagli economisti. (...) Per rimettere la questione della distribuzione al centro dell'analisi, bisogna cominciare con il raccogliere il massimo numero di dati stor modo da capire meglio gli sviluppi del passato e le tendenze del presente” Il capitalismo in questa fase ha polarizzato la ricchezza nelle mani di pochi: chi detiene capitale continua ad accumulare ricchezza a spese di chi vive di lavoro. Siam sostanza di fronte ad uno strapotere della rendita sul lavoro. Per l'economista francese la soluzione è una tassazione delle rendite e del capitale che avvii una redistribuzione delle ricchezze. Caratteristiche della disuguaglianza sociale Il fenomeno della disuguaglianza sociale sta assumendo nella società odierna una molteplicità di dimensioni sempre più estesa che si intrecciano sovente alle vari elementi che descrivono la disuguaglianza economica. L'analisi sociologia ha soffermato la sua attenzione sul alcuni concetti chiave e su alcune caratteristiche della disuguaglianza sociale: a) La stratificazione sociale è stato usato per mostrare come la società organizzata in un sistema di disuguaglianze strutturate tra i vari gruppi sociali. Per questa via la società sarebbe costituita da strati ordinati gerarchicamente dove i privilegiati sono in alto e i meno privilegiati in basso. (Giddens 2006). La stratificazione sociale sarebbe determinata da alcuni fattori quali: le risorse economiche, il genere, l'età, l'appartenenza religiosa, il prestigio e il potere) La vulnerabilità sociale, concetto utilizzato più di recente per descrivere le trasformazioni in atto che determinano un senso di instabilità che colpisce ceti sociali tradizionalmente garantiti, introduce una nuova dimensione della disuguaglianza sociale che si sviluppa trasversalmente alla stratificazione sociale. Infatti la diffusione dell'instabilità reddituale, la crescita dei lavori temporanei, le difficoltà di conciliazione tra cura e lavoro (caring and working), l’esplodere della non autosufficienza toccano tutti gli strati sociali aumentando la vulnerabilità di tuti i ceti sociali. c) La disuguaglianza di genere è una delle dimensioni del fenomeno in oggetto più accentuate al mondo. L'Italia si caratterizza per evidenti differenze tra uomini e donne per molteplici aspetti della vita economia e sociale: lavoro, retribuzione, carriere, istruzione, salute, politica. Come afferma in modo provocatorio Martha C. Nussbaum “Ia politica internazionale e il pensiero economico dovrebbero essere femministi quindi attenti (tra l'altro) ai problemi specifici che le donne devono affrontare in quasi tutti i paesi del mondo a motivo del loro sesso. Se non si comprendono tali questioni non si possono affrontare in modo adeguato i temi generali della povertà e dello sviluppo”. d) La disuguaglianza di mobilità sociale che è determinata dal rallentamento della mobilità economica tra le generazioni e da un’ereditarietà delle condizioni di povertà. Quando la disuguaglianza cresce la mobilità intergenerazionale tende a ridursi. Per l’Italia si tratta di un rischio piuttosto serio, considerato il livello già molto basso di mobilità economica. e) La disuguaglianza nell’acceso all'istruzione e alla formazione professionale: un fattore importante nel determinare disuguaglianza economica è la variabilità nella opportunità di accesso all’istruzione degli individui. Livelli di istruzione elevati, specialmente in presenza di una forte domanda di lavoratori qualificati, portano a salari alti per coloro che li raggiungono. Coloro che non possono permettersi una istruzione, o coloro che scelgono di non perseguire livelli più elevati, normalmente ricevono compensi più ridotti. f) La disuguaglianza nell'accesso al welfare: le politiche di welfare considerate come strumento privilegiato per ridurre le disuguaglianze prodotte dalle oì sociali e dalla partecipazione al mercato del lavoro, non sembrano più, almeno in Italia, essere capaci di assolvere a questo compito Un'analisi dell’articolazione delle competenze dello Stato e degli enti locali mostra infatti la debolezza dell'impianto istituzionale dei diritti sociali in Italia e come i diversi sistemi di welfare di fatto finiscano per consolidare alcune dimensioni caratteristiche della disuguaglianza . g) La disuguaglianza generazionale caratterizzata da: bassi salari, basso livello di sicurezza del posto di lavoro, elevati tassi di disoccupazione e bassi tassi di occupazione, mancanza di diritti sociali (es. previdenza), difficoltà a trovare alloggi. Questi sono alcuni dei fattori che mostrano come i giovani italiani vivano in una condizione di forte disuguaglianza rispetto alle generazioni degli adulti e degli anziani. Italiani. h) Il divario digitale. Con questo termine s ica una forma di disuguaglianza che riguarda l’accesso alle nuove tecnologie della comunicazione, e in particolare ad Internet . Caratteristiche della disuguaglianza economica Le disuguaglianze economiche derivano da processi complessi che possono essere osservati da prospettive diverse e nei quali operano, spesso in interazione tra loro, moltepl fattori: il reddito disponibile, le condizioni contrattuali, la durata dell'impiego, la frequenza dei periodi di disoccupazione, il livello dei consumi, i patrimoni, le rendite, i redditi da lavoro dei componenti del nucleo familiare. Presentiamo alcune caratteristiche di queste disuguaglianze: a) La disparità nella distribuzione del patrimonio economico (ricchezza) e del reddito tra gli individui di stessa popolazione. Esistono diversi indici numerici per misurare la disuguaglianza economica: il coefficiente di Gini, che misura la diseguaglianza in rapporto a una ipotetica distribuzione del reddito perfettamente egualitaria, è l'indice più usato. “Le curve del reddito e della ricchezza parlano chiaro: il divario tra ricchi e poveri ha raggiunto livelli esasperati e continua ad aumentare. Tra il 1980 e il 2002 la diseguaglianza tra paesi è cresciuta impetuosamente per poi inuire leggermente per effetto della crescita dei Paesi emergenti e della Cina. Parallelamente abbiamo assistito al da tempo che non abbia nessun fondamento biologico. La “razza” è una, quella umana. Ci sono altri studiosi, soprattutto nel filone degli studi postcoloniali, che sostengono che eliminare il termine contribuisca a rendere invisibile l’esistenza del razzismo nella società contemporanea. La “razza” continua a operare come sistema di gerarchizzazione degli esseri umani anche quando viene chiamata etnia o cultura, se sottende un'idea di fissità e di inferiorità. I sociologi hanno elaborato interpretazioni piuttosto precise sia della razza sia dell’etnia. Tuttavia la loro abitudine a distinguere questi concetti l’uno dall’altro si scontra con la pratica quotidiana di trattarli, al contrario come sinonimi La definizione sociologiche di “razza” ed etnia Max Weber , uno dei padri fondatori della sociologia, è stato anche uno dei primi sociologi ad aver distinto i concetti di etnia e razza. Weber ha definito i gruppi etnici come “quei raggruppamenti umani che coltivano la convinzione soggettiva di avere una discendenza comune”, precisando che “non ha importanza se o meno questa convinzione rispecchi un legame di sangue oggettivo”. Dunque, in base alla definizione di Weber, l'ingrediente chiave dell’appartenenza etnica è la convinzione di condividere lo stesso lignaggio. Questa dimensione soggettiva dell'etnia sarebbe diventata un punto imprescindibile nella successiva riflessione sociologica sull'argomento. Weber non ha tuttavia attribuito alla “razza” la stessa natura soggettiva. Come la maggioranza degli studiosi del suo tempo, supponeva al contrario che le razze fossero determinate da “tratti ereditati o ereditabili comuni derivati di fatto dalla comune discendenza”. Questa concezione delle razze è detta essenzialismo: essa suppone, cioè, che l'identità degli individui dipenda da caratteristiche fondamentali e innate radicate nel profondo, ereditate e immutabili. Tali caratteristiche rifletterebbero l'essenza delle persone, il loro vero essere. Dunque, Weber pensava che diversi tratti o esperienze potessero servire a indicare chi appartenesse e a quale gruppo etnico, oltre al resto, per esempio la somiglianza fisica, la memoria storica e le pratiche culturali comuni, mentre credeva che la razza di ciascuno dipendesse soltanto dalla sua costituzione fisica. In poche parole, l’etnia è considerata basata sulle pratiche culturali della gente, la razza su tratti biologici. Non tutti i primi sociologi hanno sostenuto concezioni della “razza” essenzialiste. W.E.B. Du Bois per esempio, ha messo in discussione la tesi della natura biologica di certi tratti considerati comuni a tutti gli afroamericani e della presunta accertabilità di questi stessi tratti a partire dal modo di vivere e lavorare dei neri in America. Egli ha sostenuto che se i neri non lavoravano o avevano successo quanto i bianchi era a causa del forte razzismo della società americana alla fine del XIX scolo e al io del XX. Gli elevati tassi di disoccupazione degli afroamericani non indicavano, cioè, che i neri fossero pigri. Piuttosto, poni ‘à dei datori Javoro bianchi ad assumere neri creava alcuni degli stessi “dati di fatto” utilizzati poi a conferma dello stesso stereotipo di Ja. Mentre in merito all’et sociologi contemporanei concordano con Weber, riguardo alla definizione di “razza” la maggioranza di loro preferisce la posizione sostenuta da Du Bois. | sociologi oggi credono che l’identificazione razziale sia un processo soggettivo al pari della classificazione etnica. Ciò che varia tra “razza” ed etnia è semmai ciò su cui ci si basa nel tracciare i confini tra gruppi. In altre parole, nell’interrogarci sull’etnia o viceversa sulla razza di qualcuno, cerchiamo indizi o segni differenti. Per quali ragioni precisamente i sociologi contemporanei respingono la definizione di “razza” di Weber in quanto basata esclusivamente sui tratti fisici ereditati? La differenza di approccio è sottile, ma significativa. In un certo senso, i sociologi di oggi hanno preso sul serio il messaggio di Weber sulla soggettività delle classificazio! gruppi e ne hanno concluso che sono soggettive anche le nostre perce; delle somiglianze biologiche. In sostanza, le nostre classificazioni razziali sono basate non su qualche criterio oggettivo di somiglianza fisicalcome supponeva Weber), bensì sulle nostre credenze e percezioni, anch'esse influenzate socialmente, a proposito dei tipi di persone che sarebbero biologicamente simili, o al contrario, diverse. Per un utile esempio proveniente dagli Stati Uniti possiamo pensare alla “one drop rule”, in base a questo antico modo di identificare la “razza” di una persona, chi abbia un nonno nero e tre bianchi deve essere considerato nero in quanto la goccia di sangue nero che scorre nelle sue vene significa che ha più in comune con i neri che con i bianchi. In questo capitolo intenderemo per etnia ciascuno dei gruppi di un sistema classificatorio che attribuisce idui una discendenza comune sulla base della percezione di somiglianze culturali, e per “razza” ciascuno tema classificatorio che attribuisce agli individui la stessa discendenza sulla base della janze fisiche considerate innate. percezione di som La costruzione sociale della “razza” | sociologi presentano spesso la “razza” come una costruzione sociale, un fenomeno sociale che è inventato dagli esseri umani e plasmato dalle forze sociali che operano in un determinato contesto e/o epoca storica. Questo concetto può essere messo a confronto con la concezione essenzialista della “razza”, la quale afferma che esistono differenze di natura biologica destinate a passare di generazione in generazione. Razza e società Dire che la “razza” è costituita socialmente ha diverse implicazioni. La prima è legata al fatto che è basata su un sistema classificatorio che è inventato o creato dagli esseri umani, e pertanto artificiale anziché naturale o biologico. In secondo luogo, il concetto di “razza” è creato socialmente, cioè non è opera di un singolo individuo, bensì il prodotto delle masse di individui che costituiscono la società. Infine, l'origine sociale del concetto di “razza” implica che il suo significato vari al cambiare delle società. Molti sociologi, storici e antropologi cercano di capire proprio questo: come i fattori sociali, le condizioni economiche, il mutare dei valori culturali o gli scontri politici, influenzano le credenze relative alla “razza”. 2.Che cosa è il razzismo? C'è un razzismo solo o ne esistono diverse forme? E’ importante per studiare la società europea? Gli Italiani sono razzisti? Nel discorso pubblico, ciclicamente, emerge questo interrogativo. La risposta che viene data è spesso auto assolutoria , in quanto “brava gente” che ha avuto un colonialismo “minore” e “straccione” o come popolo di emigranti che il razzismo continua a subirlo. Eppure, fin da bambini da bambini, veniamo socializzati a immaginari razzisti e viviamo in società diseguali segnate da processi pervasisi di razionalizzazione. Grazie all’immaginazione sociologica, però, possiamo “disimparare il razzismo”, esercitandoci a decolonizzare le nostre menti, a mettere in discussione chi siamo “noi” e chi sono “gli altri” a riconoscere le radi struttur: legame storico del razzismo con la modernità europea capitalista. tende |’ Insieme di teorie e comportamenti basati su una supposta d ne dell'umanità razze "superiori" e razze "inferiori". Secondo le teorie razziste il patrimonio biologico determinerebbe, oltre ai comportamenti iduali, gli sviluppi (culturali, politici, economici ecc.) dei gruppi e delle società. Stabilendo questa connessione fra tratti razziali ed evoluzione sociale, le concezioni razzistiche ritengono superiori le razze in grado di costruire società più "evolute Le origini del razzismo Un atteggiamento di tipo razzistico è costantemente presente nella storia dell'umanità, come testimonia la pratica antica della schiavitù. Gli antichi greci, e in seguito i romani, chiamavano "barbari (stranieri) quelli che non parlavano la loro lingua, avevano costumi, religioni, istituzioni diverse e vivevano al mite" del loro mondo. Tuttavia, il razzismo per come noi lo intendiamo si sviluppò a partire dal XVII secolo, seguito alle scoperte geografiche e al colonialismo. In questo periodo si affermò la convinzione che il progresso - intellettuale, scientifico, economico, politico - fosse un'esclusiva prerogativa dei bianchi e che gli altri popoli non potessero conseguire gli stessi risultati proprio a causa di una differenza biologica. Se fino a quel punto l'interpretazione prevalente del determinarsi delle varie razze era stata quella "climatica" - secondo la quale a un'origine comune erano seguiti sviluppi dovuti soprattutto alle condizioni ambientali - dal XVIII secolo si affermò la teoria "poligenetica", che fa risalire le popolazioni del mondo a progenitori diversi. L'affermarsi di questa convinzione portò a ritenere inalterabili le differenze tra individui e popoli e a stabilire un principio di gerarchia secondo il quale la razza bianca era una razza superiore, predominante sulle altre; in questo modo stificato il domi sugli altri popoli da parte dei bianchi e l'attribuzione a questi di una missione di Dalla teoria razziale al razzismo Nel XIX secolo si consumò il passaggio dalla teoria razziale al razzismo, soprattutto con l'opera di Joseph Arthur Gobineau Saggio sull'ineguaglianza delle razze (1853-1855). Gobineau affermò che la razza è alla base della civiltà e che quindi la degenerazione della razza comporta un decadimento della civiltà. Egli sostenne che per arrestare il decadimento della razza "ariana", iniziato agli inizi dell'era cristiana, non si potesse che perseguire un disegno di discriminazione delle razze "inferiori". La pubblicazione del libro di Charles Darwin L'origine della specie (1859) ispirò in seguito una nuova forma di razzismo, il cosiddetto "razzismo scientifico", basato sull'idea che il pregiudizio razziale svolgesse ad ura una funzione evolutiva. Dal razzismo al genocidio Durante tutto il XIX secolo il razzismo ebbe un'ampia diffusione in Europa, alimentato anche dall'insorgere del nazionalismo, e negli Stati Uniti, dove era alla base del sistema schiavistico. Ma fu dopo la prima guerra mondiale, nel quadro di crisi economica e sociale ereditato dal conflitto, che le teorie basate sulla discriminazione razziale presero corpo in un disegno politico; infatti, la Germania nazionalsocialista, a partire proprio dalla diffusione del mito della superiorità della razza ariana, riuscì a mobilitare grandi masse e a raccoglierle attorno al progetto che aspirava a imporre la supremazia germanica nel mondo.Il mito della razza e lo stigma nazista nei confronti degli ebrei, che furono considerati Untermenschen (sottouomini), legittimò e rese possibile il genocidio di sei milioni di ebrei e di altri cinque mi di persone considerate marginali, inferiori o devianti (accanto agli ebrei, zingari, comunisti, omosessuali, disabili); non è un caso che il progetto di stermi perseguito lucidamente dai nazisti sia stato chiamato "soluzione finale". È bene ricordare che la Germania nazista non fu l'unico paese a essere segnato dal razzismo; in Italia, nel 1938 vennero emanate le "leggi per la difesa della razza", che determinarono la discriminazione degli ebrei e ne favorirono successivamente la deportazione nei campi di sterminio. La battaglia contro il razzismo Nella battaglia contro il razzismo un ruolo fondamentale è stato attribuito all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), fondata nel 1945 anche per "salvaguardare le generazioni future dalla sciagura della guerra e dal razzismo". Nel 1965 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite votò una Convenzione internazionale che definì discriminazione razziale "ogni differenza, esclusione e restrizione basata sulla razza, il colore della pelle, la discendenza e le origini nazionali o etniche, che abbia lo scopo o l'effetto di annullare o rendere impari il riconoscimento, il godimento o l'esercizio su uno stesso piano dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella sfera politica, economica, sociale, culturale o in ogni altra sfera della vita pubblica". Negli anni Sessanta negli Stati Uniti si sviluppò un ampio movimento contrario alla discriminazione della popolazione nera, alla quale, dopo un secolo dall'abolizione della schiavitù, non veniva ancora riconosciuta un'effettiva parità con i bianchi. Il dibattito sul razzismo sorto in quegli anni permise inoltre di svelare e denunciare le ingiustizie ch ‘ani avevano a lungo sofferto a causa dei bianchi. Nonostante sia ormai chiaro quali possano essere le conseguenze della diffusione del pregiudizio razzista, questo continua a esistere e a riesplodere ogni qualvolta ci sia una "responsabilità" da attribuire a qualcuno. Nel mondo contemporaneo, travagliato da conflitti e problemi, purtroppo queste occasioni non mancano e infatti stiamo assistendo, accanto al riemergere di un nazionalismo aggressivo, alla ricomparsa del fenomeno del razzismo, sempre alla ricerca dei "capri espiatori" ai quali attribuire responsabilità: ieri della degenerazione della razza, oggi della disoccupazione, della violenza e degli altri innumerevoli problemi che affliggono le società contemporanee. 3.Cos'è l'immigrazione? In quali modi i governi la regolano? Che tipo di questioni affrontano i sociologi che studiano l'immigrazione e perché studiare questo fenomeno è importante per comprendere il mond jamo? si spostano per molte ra lavoro, guerra, povertà, disastri naturali, raggiungere famiglie, razzismo. La migrazione è il processo attraverso cui gli individui si spostano da un luogo ad un altro. Capire l'immigrazione dal punto di vista sociologico Il termine immigrazione è una parola oggi molto attuale che rappresenta un universo variegato, oltre che un fenomeno che ha da sempre contraddistinto la vita degli esseri umani. Definita come trasferimento permanente o spostamento temporaneo di persone in un paese diverso da quello d'origine, l'immigrazione interessa l'intero pianeta, benché gli stati di partenza e arrivo siano mutati col susseguirsi delle epoche storiche. Come in ogni fenomeno, anche l'immigrazione è caratterizzata da motivazioni molteplici e varie. Una delle maggiori spinte ad abbandonare i luoghi natii è senz'altro la povertà: emi; altro paese rappresenta spesso l’unica via d'uscita ad una vita passata nell’indigenza, un modo per mi proprie condizioni cercando un lavoro da svolgere all’interno del paese ospitante. Altre volte, invece, il motivo alla base dello spostamento è eminentemente ‘politico’: dittature, persecuzioni, guerre e genocidi spingono intere famiglie a cercare la libertà al di fuori del proprio paese, oppresso dai sopracitati fenomeni. La situazione Italiana Quello dell’immigrazione è un fenomeno talmente vasto che sarebbe alquanto riduttivo tentare di esaurirlo in poche righe, ecco perché in questa sede ci soffermeremo su un aspetto particolare del fenomeno, quello che riguarda il nostro paese. L'Italia, infatti, dal punto di vista migratorio risulta essere un paese molto particolare poiché nel corso della storia ha conosciuto i due lati della stessa medaglia: flussi prima in uscita e adesso in entrata. Punto di partenza e arrivo, l’Italia non è sempre stata un territorio di approdo per di stranieri in cerca condizioni . Al contrario l’Italia è stata soprattutto un luogo di partenze e struggenti addii: sono stati gli italiani, infatti, ad essere i protagonisti del più grande esodo migratorio che ha interessato l'epoca moderna. A partire dall’unità d’Italia (1861) e per circa un secolo, furono davvero moltissimi Crisi ambientali Inondazioni, tempeste che provocano vittime, terremoti distruttivi, eruzioni vulcaniche e altre calamità ambientali hanno causato migrazioni su larga scala in diverse aree del mondo e in diversi periodi della storia. Un grave terremoto come quello che ha colpito San Francisco nel 1989, che ha ucciso molte persone e che ha scosso il Candlestick Park pieno zeppo poco prima dell'inizio di una partita di baseball delle World Series, è sempre seguito da un breve esodo di migranti che temono che il peggio debba ancora accadere. Fattori di repulsione e di attrazione | geografi che studiano le migrazioni umane hanno trovato utile individuare le condizioni e le percezioni che tendono a indurre la gente ad abbandonare la propria residenza (fattori di repulsione), e hanno definito le circostanze che effettivamente attraggono la gente in certe località da altri luoghi (fattori di attrazione) Da quanto abbiamo detto precedentemente sui catalizzatori delle migrazioni, possiamo desumere una serie di fattori repulsivi e attrattivi, e, di solito, la decisione di migrare deriva da una combinazione,dei due, associata alla percezione o all'assenza di ostacoli non direttamente legati al luogo di le o di destinazione. Poiché è probabile che ad un migrante sia familiare il suo luogo di residenza (origine) piuttosto che la località dove si sta spostando (destinazione), i fattori repulsivi sono probabilmente percepiti in modo più definito, in generale,piuttosto che i fattori attrattivi. | fattori repulsivi includeranno considerazioni individuali e personali come le condizioni di lavoro o di pensionamento, il costo della vita, la sicurezza e l'incolumità personale, e, per molti, il tempo e il clima. | fattori attrattivi probabilmente sono più vaghi e dipendono forse, nel migliore dei casi, da sopralluoghi sul posto. Molti migranti si spostano sulla base di immagini e di aspettative eccessivamente positive riguardo la loro destinazione. Anche la migrazione ha i suoi costi. Entra qui in gioco il principio geografico del decadimento sulla distanza . Gli eventuali migranti hanno probabilmente; percezi iù complete ed accurate dei luoghi icini piuttosto che di quelli più lontani, il che conferma il concetto che l'intensità dell'attività, dei processi, o delle funzioni umane si riduce man mano che aumenta la distanza dalla loro origine. Poiché l'interazione con luoghi lontani diminuisce mentre aumenta la distanza, gli eventuali migranti si sentiranno probabilmente meno si con destinazioni lontane piuttosto che con quelle più vicine. Questo porta molti migranti a spostarsi meno lontano di quanto immaginato originariamente Migrazione volontaria Tra i milioni di europei che giunsero in America, la maggior parte arrivava con la speranza di miglioramenti materiali, maggiori opportunità e migliori condizioni di vita. Questi stessi motivi portarono altri europei dall'Europa alle colonie africane e asiatiche -portoghesi e inglesi nei nuovi territori agricoli in Angola e Kenya, belgi e olandesi verso le ricchezze dell'(ex) Congo e delle Indie Orientali olandesi. Alcuni degli emigranti, tra i quali molte famiglie irlandesi, partirono per il Nuovo Mondo di fronte a scarsi raccolti e allo spettro della fame, cosicché nel quadro entra comunque un elemento di costrizione. Tuttavia, la forza prevalente era l'«attrattiva» delle opportunità che invitavano altrove, Oggi, come notato in precedenza, questa è la forza che spinge la gente ad abbandonare le dimore rurali e a far rotta verso le città. Migrazione forzata Mentre dominava la tratta degli schia paesi europei erano pure impegnati a espellere criminali condannati e altri indesiderabili verso colonie lontane. Tale espulsione - o «deportazione», come veniva chiamata - aveva portato per lungo tempo condannati inglesi sulle coste americane finché la guerra di indipendenza iniziata nel 1776 non interruppe questo processo. Quando le prigioni bri-tanniche ritornarono ad essere strapiene, l'Australia divenne la terra dove sbarcare questi colpevoli di cri i e condannati alla «deportazione».Per quelli di noi che hanno appreso dell'orribile trattamento degli schiavi africani trasporta America, è significativo scoprire che i prigionieri europei condannati alla deportazione non erano trattati meglio, nonostante che la loro colpa fosse la semplice incapacità di saldare i loro debiti. La storia della seconda spedizione di deportati in Australia da un'idea delle condizioni: più di 1000 prigionieri vennero stipati a bordo di una nave inadeguata, e 270 morirono per strada e vennero gettati in mare. Di quelli che arrivarono vivi a Sidney, circa 500 erano malati e altri 50 morirono nel giro di pochi giorni. Il tributo di vite umane durante il periodo coloniale europeo è incommensurabile. CAPITOLO 11 1.Da dove provengono le differenze fra uomini e donne? Nel primo paragrafo esploreremo le differenze fra uomini e donne, ed esamineremo da dove derivano queste differenze, mettendo l’accento sul contributo dato dalla sociologia. Studiose e movimenti femministi, contestando le diseguaglianze sociali tra donne e uomini, si sono pure interrogati sulle differenze d'ordine psicologico tra i due generi. Non di rado le hanno messe in dubbio per timore che significassero una riconferma dei tradizionali motivi di subordinazione delle donne. Teor movimenti LGBT(Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender), poi, per poter legittimare l'omosessualità, hanno ripercorso il tema delle differenze di genere, cioè dei diversi caratteri psico-comportamentali femminili e maschili, mostrando che propriamente non ricalcano le differenze sessuali. Ma gli argomenti addotti appaiono pregiudicati dall'esigenza di mostrare che la relazione erotica può prescindere dal sesso biologico (che di per sé predisporrebbe all’incontro di individui di sesso diverso). Non a caso tra i teorici LGBT si enfatizzano gli aspetti androgini dell'essere umano, cioè la presenza in ciascuno di caratteri pure dell’altro sesso, con il risultato di rendere alquanto fluide le differenze di genere. Occorre pertanto affrontare a monte, sia nel caso del femminismo sia dei movimenti LGBT, la questione delle effettive differenze psicologiche tra donne e uomini, evitando il più possibile di ricadere in soluzioni pre orientate. Tratti di genere La psicologia empirica, occupandosi delle differenze tra donna e uomo, rifugge dal ricercare una “essenza” del femminile e una del maschile. In ciò si diversifica dalla psicologia analitica di Jung, che identificava le due essenze di donna e uomo rispettivamente con l’anima e l’animus, mentre Freud non riusciva adistricarsi dalla questione “Che cosa vuole la donna?”, perché “la” donna, a ben vedere, non esiste. La ricerca empirica ragiona per lo più in termini di tratti che si combinano variamente nella psiche dei singoli, a volte in maniera coerente, altre volte disorganica. Possiamo dunque pensare a due classi di tratti psico-comportamentali, nettamente e stabilmente separati in funzione del sesso di appartenenza? Possiamo parlare di differenze nelle abilità e prestazioni cognitive e affettive, tali da qualificare stabilmente i due generi in senso differente? . Ad oggi alcune differenze psico-comportamentali sono abbastanza evidenti; ma quale poi sia la loro matrice, se correlata alle differenze corporee o invece all'educazione e alla cultura, è questione oggetto di vivaci diatribe. Si va daposizioni costruzioniste e post-strutturaliste, caratterizzate da un radicale sociologismo, su cui la letteratura è ormai ingente, a po: decisamente biologiste, oggi minoritarie, che fanno dipendere dai processi ormon una quantità di differenze comportamenti . Ma volendo tener ferma una più comprensiva sociale dell’essere umano, occorre superare tanto il biologismo quanto il sociologismo A ben vedere, fra l'estremo di abilità e comportamenti strettamente espressivi del corpo sessuato, dunque permanenti almeno nei tempi storici, e l'estremo opposto di abilità e comportamenti meramente espressivi di società e culture, dunque facilmente cangianti (quali per esempio l’accesso alle varie attività lavorative), vi è un’ampia area intermedia. In essa il confine fra natura e società è alquanto mobile, in funzione di due elementi: il diverso contesto storicoculturale e, curiosamente, la variazione dei paradigmi abbracciati dai ricercatori Differenze in crisi Quanto al primo elemento, nel nostro contesto storico-culturale notiamo che ciò che dei tratti psico-comportamentali differenziali sembrava stabilmente attribuibile “per lo più” a un genere o all’altro - in base a considerazioni fondate in definitiva sulle differenze anatomo-fisiologiche - appare oggi, alla luce dei cambiamenti sociali degli ultimi decenni, sempre meno un “per lo più”. Che le differenze di lato delle donne è quanto attestano empiricamente le scale M-F (maschilità vs femmii somministrati in tempi diversi si rileva quanto le donne abbiano aumentato i punteggi di maschilità. Sotto questo aspetto, il maschile risulta ancora, in complesso, maggiormente apprezzato; a controprova, quasi nessun uomo aspira a fare classe di abilità e comportamenti spe di possibilità, vanno ricercate nella psiche dei singoli. Ogni individuo può assumere dalla figura ge dell'altro sesso significativi tratti comportamentali, fino a interpretare sensibilità e ruoli tipici dell'altro genere: “il mammo?”, per esempio, cioè il papà che svolge funzioni “da donna” nella famiglia, è una figura crescente nella nostra società. Opportunità o costrizioni sociali si coniugano con tratti di personalità individuali. Il secondo elemento dello spostamento di confine tra il naturale - biologico o psicologico che sia - e il sociale dipende da cambiamenti di impostazione intervenuti nelle ricerche volte a comparare donne e uomini. Fino a qualche decennio fa la Psicologia della personalità e delle differenze individuali, per stare all'etichetta accademica, insisteva sull’oggettiva differenza di prestazioni medie tra donne e uomini nei test volti a verificare le abilità camente attribuibili a cognitive, affettive e motorie: le differenze apparivano in non molte funzioni, ma comunque significative, stando alla sintesi di Maccoby e Jacklin (1974). Tuttavia presto, anche dietro l’influsso della psicologia sociale, si è levata l’ol jone di una certa acontestualità di quelle ricerche: partivano dal presupposto che esistano stabili e fis caratteri di tipo femminile e di tipo maschile, senza considerare quanto concorrano, già nel definire che è femminile e ciò che è maschile, gli stereotipi culturali. | quali influenzano non solo le valutazioni della gente comune, ma pure la classificazione dei vari tratti, come femminili o maschili, operata dai ricercatori (Burr, 1998). Inoltre non si terrebbe abbastanza conto di quanto nei differenti risultati ai test possa aver pesato il percorso educativo pregresso, che spesso già differenzia tra i generi. 2.Come sono cambiate le vite di uomini e donne negli ultimi cinquant'anni? Le vite delle donne sono cambiate così tanto negli ultimi cinquant'anni che spesso chiamiamo tale cambiamento una rivoluzione di genere. Ci occuperemo qui di esplorare alcuni di questi cambiamenti e anche il modo in cui essi hanno investito le vite degli uomini. La vita delle donne è mutata così tanto negli ultimi cinquant'anni che spesso ci riferiamo a tali cambiamenti con l'espressione “rivoluzione di genere”. Molte di queste trasformazioni riguardano il modo in cui le donne hanno iniziato ad assumere ruoli e a intraprendere attività prima riservate perlopiù agli uomini. Il numero di ragazze che fanno sport è alto, come quelle che ricoprono ruoli negli organi decisionali che governano la vita studentesca, oggi sono più donne che uomini a ottenere diplomi di laurea, l'occupazione femminile è cresciuta, alcune donne svolgono lavori tradizionalmente maschili, le donne entrano in politica più che mai. Di tutti cambiamenti i più rilevanti sono costituiti dall'aumento dell'occupazione e dell'istruzione femminile, il cambiamento nel lavoro femminile e il divario retributivo tra uomini e donne, nonostante ancora oggi ci siano ingiustizie a riguardo, specialmente nei paesi sottosviluppati o con culture arretrate. Quali differenze sono rimaste e l'impatto sugli uomini Dopo decenni di discussioni, ciò che sembra rimasto di differenza statisticamente significativa, scarsamente influenzata dall’educazione, è per le donne la superiorità, in media, nelle abilità linguistico-verbali (anche se talora contestata) e altresì nella comunicazione non verbale specie a tonalità emotiva; per gli uomini la superiorità in compiti visuo-spaziali, come l'orientamento e la rotazione mentale di oggetti. Ancora: nelle donne maggiore attitudine all’immedesimazione empatica e alla relazione affettiva (communion), inoltre una maggiore motilità manuale fine e rapida; negli uomini la maggior propensione al comportamento intraprendente (agency) e all’aggressività fisica, nonché le maggiori abilità motorie nel colpire oggetti. Peraltro, alcune di queste differenze sono più marcate in età delle età successive. Per spiegare queste differenze psicologiche si sono ipotizzati collegamenti con la diversa dotazione ormonale: il testosterone sembra correlare con le abilità visuo-spaziali, oltre che con l'aggressività. Seguendo, poi, suggestioni provenienti dalle correnti sociobiologiche, se le suddette differenze hanno un senso collegabile alle diverse funzioni nella riproduzione, lo hanno in chiave filogenetica. Nelle centinaia di migliaia di i il breve arco di vita delle donne era occupato da un susseguirsi di gravidanze e allattamenti e quello degli uomini dalla caccia e dalla guerra, si sono selezionate le abilità favorevoli alla sopravvivenza della specie. Queste erano, per gli uomini, orientamento nello spazio e aggressività fisica, utili alla caccia e alla guerra; per le donne, linguaggio verbale e comunicazione non verbale, capacità empatiche e manualità fine, utili alla cura dei piccoli. Pure il maggior valore che in genere le donne attribuiscono alla dimensione affettiva nel rapporto con l’altro sesso, rispetto a quella fisica, è leggibile in chiave filogenetica: la vulnerabilità in fase di gravidanza e di puerperio, spe in epoche passate, richiede protezione e continuità della relazione con il partner. Altre differenze, come il luogo comune che le donne sarebbero meno portate alla matematica e alle materie tecnico- meccaniche, sono state ridimensionate dalle ricerche successive e da nuove prassi. Anzi, secondo vari studi, le donne in media prevalgono nei test di calcolo numerico, poiché vi intervengono meno strategie implicanti abilità visuo-spaziali. Resta l'enigma del perché gli adolescenti superdotati in matematica siano quasi sempre maschi, a parità di educazione scolastica. Comunque, laddove vano differenze a favore dei maschi, non va trascurato il peso delle discriminazioni sociali negli sbocchi professionali prevedibili e prima ancora l’effetto “performativo” degli stereotipi. Questi, infatti, fanno sì che genitori e insegnanti si attendano certe prestazioni dalle femmine e altre dai maschi, dando così luogo al ricorrente fenomeno delle profezie auto-avverantisi. L'impatto sugli uomini riguardo la rivoluzione di genere riguardano ad esempio la sfera familiare: la partecipazione alla cura dei figli per qualche minuto come anche un'intera notte e può riguardare un semplice bacio, sesso orale o un amplesso completo. La scelta è determinata prevalentemente dalle ragazze che concentrate sulla loro carriera scolastica rifiutano qualsiasi coinvolgimento sentimentale per non distrarsi dal corso di studi. In effetti, le stesse molto determinate dei ragazzi tendono maggiormente a preferire situazioni fugaci e poco significative ma soprattutto a prendersi che vogliono! Tale “gioco” è diffuso oltre che negli USA, in Gran Bretagna e nel Nord dei paesi europei ma non tantissimo in Italia. D'altro canto è vero che nei College americani gran parte delle relazioni nascono e durano nel tempo fino al matrimonio per cui il Mito dell’hoopuk ha la prerogativa di dimostrare una paura evidente a farsi coinvolgere in un legame serio. Un buon éscamotage per non soffrire d'amore. La negazione è il meccanismo di difesa più immediato e, attraverso di essa, si può ovviare a qualsiasi coinvolgimento emotivo poiché persiste un rifiuto alla relazione. Si negano cioè parti di sé, eludendo la possibilità di mettersi in gioco e di gestire eventuali emozioni che un rapporto d'amore può suscitare. Vivere quotidianamente nella vita di un altro, provare la sensazione di dipendenza non sempre gestita con criterio, può portare a considerare la relazione come una sorta di vincolo 0, così come definita da loro, un “cappio” dal quale è possibile districarsi soltanto soffrendo. Meglio il carpe diem che patire...È facile quindi considerare di poter intervenire tempestivamente sull'aspetto affettivo e sull’intimità prima che sulla sessualità come comportamento agito. Quest'ultimo risulta essere un modo per esprimere un disagio più profondo che esclude la possibilità di conoscere nello specifico l’intimità componente fondamentale in un rapporto d'amore che si basa sul sentimento reciproco. L'aggancio, quindi, non è l’unica soluzione ma il fatto di evitare un'esperienza che si fa fatica a compiere: l’amore. CAPITOLO 12 1.Cos'è la famiglia? Per re dalle basi, proveremo innanzitutto a esaminare icato del termine famiglia. Cos'è la fa in quali modi possiamo definirla? La risposta a questa domanda ci condurrà a quella successiva La famiglia è un'istituzione centrale in tutte le società. Costituisce il primo e il più diretto contesto del nostro sviluppo fisico, emotivo e sociale. Inoltre riguardano la famiglia molte delle scelte di vita più importanti, le quali incidono fortemente sull’individuo: se e chi sposare, sfera sessuale, se avere e in caso quanti figli e come educarli. Le famiglie sono plasmate dalle società che esse popolano, ma sono in grado anche di trasformare queste società. Tutti pensiamo di conoscere il significato del termine “famiglia”, ma a dire il vero, quest’ultimo, può intendere molto altro. Una prospettiva globale e storica Benché un'istituzione universale, la famiglia ha assunto nei vari contesti sociali forme radicalmente diverse. Nei paesi occidentali quando si parla di famiglia tradizione generalmente si fa riferimento alla famiglia coniugale- nucleare( composta da una coppia di coniugi)- il marito che provvede a portare i soldi a casa e la moglie che si occupa dei bambini e delle faccende domestiche(“male breadwinner”). Se assumiamo una prospettiva storica di lungo raggio, scopriamo che in verità la famiglia coniugale basata sul “male breadwinner” non solo non è stata nel passato il modello dominante, ma era addirittura in molti contesti un modello raro. Molte altre forme familiari possono essere individuate nel corso della storia e nelle varie culture. Nell’epoca pre- moderna occidentale i matrimoni erano il frutto di strategie familiari, si parla a questo proposito anche di matrimoni combinati, la poligamia e le strutture multi generazionali erano diffuse, tipi di famiglie che, in in molti paesi non occidentali sono ancora prevalenti. In alcune società monarchiche erano organizzati e persino tra fratelli, in modo da non disperdere il patrimonio di famiglia reale per esempio. E alcune culture, dove veniva seguita dopo il matrimonio la regola patrilocale, prevedevano che la moglie vivesse nella casa dei genitori del marito e obbedisse ai loro ordini. In Occidente, la famiglia basata sul male breadwinner è diventata il modello di famiglia ideale nel XX secolo in conseguenza dello sviluppo urbano e della prosperità economica del secondo dopoguerra. Con il corso degli anni sia per il limitamento della vita a causa del solo e unico stipendio(quello del marito) e inoltre del fatto che la donna si sentisse confinata alla vita domestica, qualcosa iniziò a cambiare. Oggi le famiglie sono cambiate: famiglie con due redditi(moglie e marito), con un solo reddito o omosessuali, questo ha portato a una sorta di gareggiamento tra famiglie moderne, le quali si vogliono assicurare determinati ser ia o sistema di parentela? Gli scien per famiglia |’ me delle persone legate da vincoli biologici e/o giur imati demografi) intendono che convivono in una stessa abitazione. Lo U.S. Census Bureau intende per famiglia ogni insieme di persone conviventi legate l'una all’altra dal punto di vista biologico e legale, e distinguere da questa la cosiddetta convivenza non famigliare, ossia ogni insieme di due o più persone che convivono nella stessa abitazione ma non sono legate l’una all'altra in senso biologico o da vincoli giu come il matrimonio( coppia non sposata, due universitari). L'antropologa Carol Stack ha definite le ampie reti di sostegno sulle quali i residenti dei quartieri più poveri posso fare affidamento e contare dal punto di vista del lavoro di cura e del sostengo economico con altre persone, “parenti fittizi”. Definire la famiglia si rivela ancora più complesso e difficile se sia allarga lo sguardo ad altre società e culture. Invece di identificare la famiglia con l'insieme delle persone che convivono in una stessa abitazione e sono legate da vincoli giuridici, gli antropologi che studiano questa istituzione in culture diverse parlano di sistema di parentela: i legami e confini sociali, definiti dalla biologia e dai costumi, che stabiliscono chi è parente di chi. | sistemi di parentela legano le persone le une alle altre in modi molto diversi, a seconda delle regole e dei costumi della comunità. Oggi, molte persone considerano membri della propria famiglia anche gli amici stretti e alcuni persino i loro cani e gatti. Nessuna di queste definizione è giusta o sbagliata o viceversa mi lore di un’altra: la famiglia sono coloro che biologicamente o meno, ci sono legati e condividono con noi determinate cose. | sociologi distinguono tra famigl origine (genitori, fratelli, sorelle e parenti) e famiglia di procreazione(moglie/ marito e eventuali figli), lo stesso vale ormai anche per omosessuali e lesbiche. La famiglia nucleare in antropologia e sociologia è considerata la comunità riproduttiva composta da madre, padre e figli. La famiglia nucleare è considerata la più piccola unità sociale e base di una società in cui ha luogo non solo la riproduzione biologica ma anche quella sessuale. Le società moderne, al contrario di esempi come si possono ritrovare ad esempio nella tribù dell’isola Trobriand in cui lo zia di un bambino/ bambino si comporta da padre più del padre stesso, tendono a includere nella parentela una rete di persone molto contenuta. 2.Perché le famiglie stanno cambiando? Per comprendere il dibattito contemporaneo, abbiamo bisogno dividuare le diverse e contrastanti prospettive sviluppate in questi anni in merito allo stato attuale della famiglia occidentale contemporanea, ai fattori che ci hanno portati fin qui e a quanto è necessario fare in risposta ai cambiamenti avvenuti. Dati i molti modi in cui è possibile definire e concepire la famiglia, non sorprende scoprire che anche gli approcci di studio risultano variegati e le interpretazioni sulla direzione del cambiamento a volte difformi quando, soprattutto in tempi più recenti, addirittura non discordanti. Perché allora la vita della famiglia è oggi oggetto di così aspre contese? La ragione più ovvia è che, diversamente dagli anni del secondo dopoguerra, non c'è ora un ugli altri. Ad esempio, nel 1950, con il baby boom in piena deflagrazione, quasi il 60% americane consisteva in una coppia sposata con figli, e i % delle mogli di queste coppie lavoravano solo in casa. Oggi questa percentuale è pari al 15 %: in tutti i paesi occidentali coesistono l'uno accanto all’altro molti tipi di convivenza: coppie sposate o conviventi ( eterosessuali o omosessuali), coppie a due redditi, famiglie a un solo genitori ( o monoparentali), adulti single che vivono soli o coabitano con altri. Da queste dinamiche è apparsa evidente una crisi della famiglia, divampata in una complicata battaglia politica tra famiglia tradizionale e famiglie moderne sviluppate nate e radicatesi per ragioni di giustizia sociale. La prospettiva della crisi della famiglia Secondo alcuni critici, i cambiamenti subiti dalla famiglia rifletterebbero un indebolimento dei valori della famiglia ( vale a dire dei principi che dovrebbero definire le responsabilità famigliari), sostituiti da un crescete egoismo e individualismo: riduzione dei tassi di nuzialità, aumento dei rapporti sessuali prima del matrimonio e conseguenti bambini, convivenze, divorzi, tutte dinamiche che provocano non pochi disagi, in maniera particolare ai bambi quali sono danneggiati inconsapevolmente sia nel loro percorso di crescita che successivamente nell’essere membri di una società stabile. Da un lato però questa critica ai nuovi valori della famiglia, trascura i molti aspetti positivi che ciò ha portato: maggiore eguaglianza tra donne e uomini, maggiori scelte e libertà. Se vogliamo però davvero spiegare perché la famiglia stia cambiando abbiamo dunque necessità di considerare altre teorie. La prospettiva economica L'approccio che è spesso chiamato della ristrutturazione economica sostiene che la famiglia costituita dal marito lavoratore e dalla moglie casalinga è entrata in crisi perché certe forze sociali ed economiche base l'hanno erosa alle fondamenta, e ri sto nuovi assetti. Un solo stipendio in casa difficilmente permette una buona vita, per questo motivo, l'aumento delle famiglie a due stipendi e la nuova insistenza sulla scelta individuale sono tutti fenomeni da considerare conseguenze indirette del nuovo ordine economico non più stabile come allora, quando la famiglia a un reddito, solitamente, poteva permettersi una vita onesta. La prospettiva di genere Sottolineare le cause economiche all'origine dei cambiamenti della famiglia è importante, ma non basta a spiegarli. E' necessario anche prendere atto del ruolo giocato dal crescente desiderio di molte donne e anche uomini, di vivere in famiglie diverse da quelle classiche che prevalevano intorno alla metà del XX secolo fondate sul matrimonio eterosessuale e su una netta divisione di genere dei ruoli e delle responsabilità. La terza prospettiva che abbiamo scelto di considerare per leggere i cambiamenti familiari guarda alla ridefinizione dei ruoli generi e insiste sul contrasto sempre più acuto tra struttura dei lavori e delle carriere e bisogni di cura delle famiglie. 3.Quali sfide affrontiamo quando stringiamo una relazione con qualcuno e cerchiamo di conciliare famiglia e lavoro? Nel terzo paragrafo prenderemo in esami alcuni dei problemi più pressanti affrontati dalla famiglia oggi, ossi da un lato la crescente instabilità del matrimonio e le nuove forme dei legami adulti, e dall’altro l’attenuarsi delle differenze di genere e l’acuirsi del conflitto lavoro- famig! L'importanza del matrimonio in America è ancora vivissima, mentre in Europa, il declino del matrimonio è considerato uno dei tratti salienti della famiglia contemporanea, non solo perché una quota sempre maggiore della popolazione convive invece che sposarsi, non solo perché l’età media del matrimonio è aumentata , ma soprattutto perché per diventare genitori è sempre meno necessario essere sposati. Amore e Matrimonio Prima dell’industrializzazione , i genitori esercitavano un forte controllo sulle scelte del partner dei loro figli, che tuttavia si indebolì quando l’accelerare del processo di industrializzazione nel XIX secolo ri se una forza lavoro più mobile socialmente e geograficamente Questo nuovo sistema economico favorì l'emergere di una nuova unità famigliare, la famiglia coniugale, formata da una coppia sposata relativamente autonoma e gli eventuali figli, in grado di cercare di dare fortuna lontano dalla famiglia dei genitori. Esa non solo mostrò di rispondere bene alle necessità del sistema industriale, riconobbe anche una nuova importanza a sentimenti come l’amore e la solidarietà, anteponendoli, in quanto criteri di scelta del coniuge, all'approvazione dei genitori. L’industrializzazione portò anche alla separazione spaziale, economica e psicologica del posto di lavoro dalla casa. Con lo spostamento di molte attività, in particolare legate alla produzione di beni, lontano dalle abitazioni e il loro trasformarsi in occupazioni salariate, la famiglia divenne il luogo delle attività e dei lavori non retribuiti, come l'educazione dei bambini e le faccene domestiche. La possibilità di fare scelte e gli atteggiamenti più permissivi e tolleranti nei confronti del sesso e della sessualità hanno portato ad un insieme di cambiamenti che hanno contribuito alla de- istituzionalizzazione del matrimonio affiancandogli un ‘ampia varietà di alternative, come le convivenze o le coppie di fatto(le coppie omosessuali o eterosessuali non sposate che vivono insieme), le relazioni seriali ( iniziare e chiudere una relazione intima dopo l’altra). Tutte queste dinamiche si riconducono poi alle problematiche che definiscono la crisi della famiglia tradizionale. Conciliabilità tra famiglia e lavoro La quota crescente di genitori, in particolare madri, che esercitano un'attività lavorativa in concomitanza della creazione di una famiglia , richiede condizioni che permettano alle famiglia stessa di conciliare meglio la vita familiare e quella professionale. Tra le problematiche che colpiscono la conciliabilità tra famiglia e lavoro vi è il fatto di trascurare i figli e la loro educazione o l’amore con la persona con la quale abbiamo costruita la famiglia in primis. Oltre a problematiche legate alla disoccupazione e alla povertà. 4.Com'è crescere in una famiglia del XXI secolo? Crescere in una famiglia del XXI secolo e passare oggi alla vita adulta significa affrontare esperienze molto lontane da quelle vissute dalle generazioni precedenti Quali sono le caratteristiche principali di queste esperienze? La crescente diversificazioni delle tipologie di famiglie ha trasformato non solo l’esperienza del genitore, ma anche quella del figlio e del futuro adulto che si cela in lui. Crescere con genitori che lavorano, non sempre significa ce entrambi i coniugi o partners lavorino a tempo pieno, anzi i genitori solitamente cercano di organizzare il loro tempo in funzione della famiglia e se questo non accade, ovviamente, il bambino risentirà di alcune mancanze, quali la figura di uno dei due genitori(o entrambi) nel caso estremo, misto a un senso abbandono e difficoltà relazionali, scolastiche prima e lavorative poi, per il resto, solitamente,se al bambino viene riconosciuto il tempo che merita, egli cresce dal punto di vista cognitivo e sociale, pienamente in regola. territori limitrofi. Il confucianesimo riconosce la verità rivelata da Confucio. E' diffuso particolarmente in Cina dov'è con il taoismo la religione tradizionale. Il buddismo riconosce la verità rivelata da Buddha. E’ praticata nei paesi del sud-est asiatico. Al suo interno si distinguono il taoismo e il lamaismo (buddismo tibetano). L’ebraismo la riconosce la verità contenuta nella Bibbia ( vecchio testamento) ed è una delle più antiche r ivelate. E religione ufficiale dello stato di Israele, che fu fondato proprio per accogliere coloro che fossero di reli ebraica. La religione ebraica è diffusa in quasi tutte le zone del pianeta, ovunque vi sia una comunità di Ebrei. In alcune zone del pianeta, soprattutto in quelle in cui vivono comunità “primitive”, vengono praticate ancora le religioni animaliste che attribuiscono valori sacri agli elementi della natura (piante, animali, ma anche elementi inanimati, quali l’acqua, il fuoco). Il paganesimo include le religioni politeistiche, raggruppabili tra loro in quanto l'esistenza di un dio non preclude l'esistenza di un altro (l'esistenza di Zeus non esclude l'esistenza di Manitù). Quando una persona parlava del dio sconosciuto dell'altra lo chiamava "il tuo dio". Erano possibili anche commistioni, molti romani hanno pregato dei barbari per ottenerne favori. L'animismo consiste nel venerare cose o animali materiali: alberi, fiori, rocce. Mentre il paganesimo è relativamente diffuso in Europa e nella zona mediterranea l'animismo è più diffuso in Africa. Mentre il paganesimo serio è quasi del tutto scomparso, l'animismo sopravvive tuttora. Paganesimo e animismo stanno anche vivendo una seconda vita da zombie come neo-paganesimo, wikka e simili. Qualcuno dirà che sono invidioso o voglio screditare religioni altrui, in realtà vedo solo persone a cui, una volta tolti i valori veri della vita cercano qualcosa in cui credere. Ma sono opinioni personali. Riprendendo il tema principale vale la pena aggiungere che le limitazioni geografiche e semantiche sopra riportate sono estremamente confuse: spesso paganesimo e animismo sono convissute nella stessa religione. | termine irreligiosità o irreligione (da non confondere con laicità) indica genericamente l'assenza di religione, la mancanza di rel ità 0 ‘erenza verso di essa, oppure uto o l'ostilità nei confronti d'ogni sua forma.L'irr può includere anche alcune forme di teismo a seconda del contesto storico-rel cui viene definito, com'è avvenuto ad esempio nel XVIII secolo in Europa, quando l'epitome dell'irreligi deismo contrario cioè alla gerarchia religiosa ed ecclesiale ufficiale. Nell'Asia orientale contemporanea il termine condiviso significa "irreligione" o "nessuna religione" (#& 3, pron. cinese wù zongjiào, pron. shikyò), con cui la maggioranza delle popolazioni di quell'area geografica si identifica, implica la non appartenenza ad una delle religioni istituzionali (come il buddhismo e il cristianesimo) e non necessariamente la non credenza nelle religioni tradizionali rappresentate collettivamente dallo Shendao (la religione popolare cinese) e dallo Shintoismo del Giappone (entrambi significano "modi/direzioni degli Déi CAPITOLO 14 1.Che cos'è la devianza e chi la definisce ? Per capire la devianza dobbiamo prima domandarci “Cos'è normale?”. Esamineremo le origini del comportamento deviante, osservando il ruolo dei gruppi e dei confini dei gruppi nella creazione di norme sociali. Esploreremo anche la distinzione fra devianza statistica e devianza sociale. La Devianza Per devianza si intende comunemente ogni atto o comportamento (anche solo verbale) di una persona o di un gruppo che viola le norme di una collettività e che di conseguenza va incontro a una qualche forma di sanzione, disapprovazione, condanna o discriminazione. Un atto viene definito deviante non per la natura stessa del comportamento, ma per la risposta che suscita nell'ambiente socioculturale in cui ha luogo. Il tema è studiato nell'ambito della sociologia della devianza e del mutamento sociale. In statistica la devianza, o somma dei quadrati degli scarti dalla media, è un indice persione dei dati. La devianza è utilizzata nell'analisi della varianza ed è collegata con il calcolo del coefficiente di determinazione e quindi con la bontà di adattamento del modello di regressione. La devianza, e il controllo sociale una definizione problematica : Ogni condotta che si allontana dalle norme socialmente stabilite è definita “deviante”. Nessun comportamento è dunque deviante in assoluto,ma solo in relazione a un contesto sociale e alle sue norme. La scuola di chigago e merton: | primi studi sull'origine della devianza sono nati nella Scuola di Chigago,che ha condotto ricerche etnografiche su comunità devianti particolari al fine di studiarne la subcultura. Una lettura classica della devianza è quella di Merton,secondo il quale la condotta deviante nasce dallo scarto tra gli scopi sociali proposti agli individui e i mezzi effettivamente dispo! per realizzarli. La labelling theory: Negli anni Sessanta autori come Becker,Goffman e Lemert hanno proposto la cosiddetta labelling theory,secondo la quale la devianza è una condizione che si viene a creare in seguito all’’etichettamento”operato dalla società nei confronti di colui che ha trasgredito una norma;essa avrebbe l’effetto di trasformare tale frangente in una “condizione” stabile dell’individuo, sospingendolo in questo modo verso ulteriori trasgressioni. 2.Come è definita e regolata la morale? Le società hanno per molto tempo tentato di definire e controllare il comportamento degli individui e la morale. Esamineremo due crociate morali, contro l’uso dell'alcool e della morfina negli Stati Uniti, per evidenziare come si sviluppa il processo di definizione del comportamento normale e in che modo alcuni comportamenti vengono etichettati come devianti o persino criminali. Osserveremo poi alcune crociate morali contemporanee e considereremo il futuro delle norme morali Le norme sociali , Le Istituzioni, Le Organizzazioni e La Burocrazia In ogni società esistono delle norme,regolate che ci prescrivono la condotta da tenere in una certa situazione. Possiamo suddividerle in stateways (giuridiche) ,mores (morali) e folkways(tradizioni,usanze,consuetudini).Le norme possono essere esplicite,cioè formulate espressamente,oppure implicite,non dette ma tacitamente conosciute. Che cos'e’ un istituzione? più norme coordinate insieme costituiscono un’istituzione,ossia un modello regolatore di un certo ambito della vita sociale(il matrimonio,la scuola,la religione,lo sport). Un'istituzione è un'entità simbolica,nel senso che non si identifica con le risorse materiali e umane di cui pure necessita per concretizzarsi. Le istituzioni come reti di status e di ruoli: All'interno delle istituzioni le persone ricoprono determinate posizioni,chiamate status,e svolgono determinati compiti. Alcuni status sono indipendenti dalla volontà dell’individuo(“ascritti”);altri invece sono il frutto del suo impegno(“acquisiti”). Ogni persona solitamente detiene più ruoli,spesso con la difficoltà di conciliarli e armonizzarli: si parla allora di conflitto di ruolo. La storicità delle istituzioni : Le istituzioni sono realtà che cambiano nel tempo assumendo funzioni sociali che prima non avevano o restringendo il proprio ambito. Per comprendere le loro trasformazioni può essere utile la distinzione Merton tra funzioni manifeste(espressamente dichiarate) e funzioni latenti(finalità soci che un'istituzione realizza pur non perseguendole intenzionalmente). Le organizzazioni : Oggi le istituzioni si oggettivano nelle organizzazioni, cioè insiemi di risorse umane e materiali create allo scopo di perseguire in modo razionale e coordinato determinati fini collettivi. La burocrazia: Il tratto comune delle organizzazioni è la struttura burocratica,caratterizzata da personale stipendiato,rigida e gerarchica divisione delle competenze,norme predefinite. Tale struttura garantisce rapidità ed efficienza,ma può avere effetti negativi come la mancanza di flessibilità. 3.Come viene mantenuto il controllo sociale? Infine, esamineremo come e dove il controllo sociale, i modi in cui la società regola e punisce i comportamenti per incoraggiare la conformità e scoraggiare la devianza dalle norme, viene formalizzato dalle istituzioni del sistema penale. Esamineremo poi in che modo, negli ultimi decenni, questo sistema è cresciuto enormemente, soprattutto in America, a seguito del ricorso, sempre più frequente, a sanzioni formali volte a punire la devianza. Il controllo sociale Con l’espressione “controllo sociale” si intende il complesso degli espedienti che ogni società mette in atto per indurre le persone a rispettare le regole costituite e per scoraggiare ogni forma di trasgressione. Gli strumenti di questo controllo possono essere esteriori,.come le sanzioni esplicitamente inflitte,o interiori,i meccanismi con cui si cerca di promuovere nelle persone l’interiorizzazione delle norme. L'intensità del controllo sociale è massima nelle cosiddette “istituzioni totali”(ad esempio il carcere). Le istituzioni peniten: Le istituzioni penitenziarie rappresentano una delle principali forme di controllo “esteriore” della devianza. Il carcere è prodotto della modernità: fino alla seconda metà del’700 era un luogo di passaggio in attesa del supplizio. Quando nasce come strumento di sanzione,diventa sia struttura di espiazione morale delle proprie colpe sia strumento di controllo e disciplina del recluso. Ancora oggi ci interroghiamo sulle funzioni sociali del carcere, oscillando tra interpretazioni di tipo retributivo,utilitaristico e riabilitativo. This document is available free of charge on StuDocu.com
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved