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Riassunto libro sociologia generale della Bichi, Schemi e mappe concettuali di Sociologia

Riassunto sociologia generale della Bichi sintetico

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 22/06/2023

ilaria-accardi
ilaria-accardi 🇮🇹

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7 documenti

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Scarica Riassunto libro sociologia generale della Bichi e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Sociologia solo su Docsity! SOCIOLOGIA GENERALE – RITA BICHI Movimenti e dottrine politiche Concetti chiave Illuminismo Periodo storico contraddistinto dal movimento intellettuale che rivoluzionò le idee di religione, filosofia, politica, società e diritti Liberismo Libertà di mercato, di scambio, tolleranza, libertà individuale, contrapposto al protezionismo Socialismo Presuppone una riorganizzazione della società su basi comunitarie, secondo i principi di uguaglianza reale, contrapponendosi alle concezioni individualistiche Nazionalismo Indipendenza e autonomia dell’identità nazionale su base etnica, religiosa, linguistica *Le forze intellettuali nello sviluppo della sociologia Rivoluzioni Periodo Rivoluzione francese 1789 Rivoluzione industriale 1760-1840 Rivoluzione scientifica Dal 1543 (rivoluzione copernicana) al 1687 (pubblicazione dell’opera di Newton “I principi di matematica) *Le forze sociali nello sviluppo della sociologia CAPITOLO 30 – ESSERE IN RELAZIONE Che cos’è la relazione? Non è una realtà discreta, ma la sua consistenza ontologica è quella di sostanza. Secondo la dottrina aristotelica, la sostanza è materia e forma: quindi, la relazione deve avere materia e forma. La materia è il corpo vivo. Grazie allo sviluppo tecnologico la relazione ha subito un processo di desomatizzazione. L’approccio sociologico smentisce il dualismo cartesiano che scinde l’esperienza in res cogitans e res extensa. Se il corpo è la materia della relazione, la forma è il significato che la relazione assume. Essere in relazione significa essere un corpo che conferisce significati condivisi. La relazione è il fondamento della vita sociale. La materia del corpo è inscindibile dal significato: per questo la relazione è fondamento. Il termine società deriva dal latino socius, colui che segue. La società è l’insieme di coloro che si accompagnano. La relazione è il fondamento della società come esperienze di condivisione. Martin Buber scrisse “In principio è relazione”, che non significa solo un primato temporale, ma una priorità ontologica. La relazione viene prima della formazione del singolo e l’esperienza è conseguenza del suo essere in relazione. L’essenza non va intesa come una dimensione astratta, ma risiede nel corpo. Si intende la relazione come un’esperienza collettiva. Simmel considera la parte geometrica della società, la raffigurazione nello spazio dei membri di un gruppo. La diade poggia sull’uno e sull’altro. L’uscita di uno comporterebbe la distruzione del tutto. Il tema dell’abbandono e della morte consente a Simmel di individuare relazioni specifiche dell’esperienza umana, cioè la base che egli chiama intimità. La diade è chiusa in se stessa: l’irruzione di un terzo soggetto infrange l’armonia e sfalda il legame. Il terzo apre la possibilità ad un’esperienza di libertà perché la relazione diviene oggettiva ed effettiva. Questa libertà funge da cerniera per l’interazionismo simbolico di Mead. Le sue riflessioni sono diventate il centro della sociologia a livello internazionale. il protagonista di questo processo è il gioco. Il gioco è un’esperienza conosciuta sin dall’infanzia, con tutte le sue sfumature emotive. Mead fa una distinzione tra game e play. Il play è il gioco spontaneo, quello che gli psicologi chiamano gioco simbolico (bambina che gioca a fare la mamma, la maestra,.. interagendo con ruoli sociali e schemi di comportamento). Esso non è soltanto il punto focale su cui si orientano le intenzioni e le decisioni, ma anche la consapevolezza di occupare una posizione. Il game è il gioco strutturato e competitivo, il gioco di squadra. Questa struttura corrisponde a ciò che Mead definisce l’altro generalizzato, rimandando al terzo che arricchisce la relazione. La relazione è sia un’apertura verso un tu concreto o interiorizzato, sia una condivisione di azioni e fatti sociali in strutture molteplici e complesse. Per comprendere la relazione occorre pensare in termini relazionali. Elias cercò esempi ed oggetti che mettessero in luce l’approccio relazionale alle scienze e alla sociologia. Egli voleva criticare un atteggiamento scientifico, avanzando l’ipotesi migliore per spiegare e descrivere i processi sociali. Egli si rivolge contro un approccio definito trascendentalismo. Il problema dei trascendentalisti riguarda il rapporto tra causa-effetto: per Kant le connessioni causali sono costruite a priori nell’intelletto, sono trascendentali. Ciò significa che il modo per affrontare i problemi è quello di abbandonarsi ad un relativismo filosofico. Secondo Elias il trascendentalismo è la tendenza a cercare soluzioni individuali per problemi che nascono da esperienze collettive. Il linguaggio non solo stimola, ma crea integrazione nel gruppo. Gli esseri umani non hanno una lingua naturale come gli animali: sono predisposti all’apprendimento di più lingue. La relazione è il fondamento del processo per l’apprendimento di una lingua. La relazione non è solo il fondamento del vivere comune; è anche il fondamento delle scienze che studiano i legami sociali. Il sociologo studia la società, ma anche il suo essere un soggetto implica il coinvolgimento nelle relazioni con gli altri. Simmel osserva le metamorfosi delle relazioni. Esse non sono una dimensione neutrale: essere in relazione significa prendere una posizione. Gli assiomi della comunicazione sono il tentativo di fissare le proprietà delle interazioni umane: in questo modo la relazione c’è da sempre. Studiare la società significa assumere un imperativo etico che riguarda l’impegno a prendersi cura delle relazioni. CAPITOLO 31 – SENTIRSI PARTE Tra le definizioni di socializzazione facciamo riferimento a quella di Smelser: “La socializzazione è il processo attraverso cui apprendiamo le competenze e gli atteggiamenti connessi ai nostri ruoli sociali. Essa assolve la funzione di assicurare la continuità sociale”. Secondo Elena Besozzi esistono tre modelli con caratteristiche proprie: ▪ Modello funzionalista-integrazionista: facciamo riferimento a Parsons e Durkheim. Gli individui sono socializzati ai valori e alle norme per assicurare integrazione, ordine e continuità. L’homo duplex di Durkheim si muove fra la natura individuale e la natura sociale, rinuncia a parte della sua liberà per essere incluso e integrato nella società ▪ Modello conflittualista: facciamo riferimento a Bourdieu. L’ordine sociale coincide con i privilegi di potere e di ricchezza ▪ Modello interazionista-comunicativo: facciamo riferimento a Mead. L’essere umano costituisce la realtà sociale. Le sue azioni non sono determinate solo da forze sociali e la sua condotta non è una reazione alle sottoculture o alle pressioni della stratificazione sociale. TEORIE DELLO SVILUPPO DELLA PERSONALITA’ TEORIA DEL SE’ (MEAD E COOLEY) Per Mead il sé è in continuo dialogo fra l’Io e il Me, in modo che il Sé apprende le norme e le regole per vivere nella società. Secondo Cooley la personalità si crea con l’interazione fra gli individui nel mondo; la formazione del Sé avviene nel riconoscimento tra ego e alter TEORIE PSICOANALITICHE (FREUD E ERIKSON) Secondo Freud il soggetto è in conflitto con la società e il processo di socializzazione trasforma le pulsioni nel processo di sublimazione. La personalità è formata da Io, Es e Super-io e il suo sviluppo avviene nella fase orale, fase anale, fase fallica e fase genitale. Secondo Erikson lo sviluppo dell’individuo avviene in otto fasi in cui l’individuo supera crisi specifiche TEORIE COGNITIVE (PIAGET E KOHLBERG) Piaget elabora la teoria della personalità centrata sullo sviluppo cognitivo. Questo procede attraverso quattro stadi progressivi in cui gli individui acquisiscono abilità cognitive specifiche e complesse. Kohlberg pone attenzione allo sviluppo morale del bambino, identificando sei diverse fasi Le conoscenze che riguardano l’uomo non sono collegate tra loro. Il rischio è quello di conoscere sempre meno l’uomo. L’umano si definisce come trinità individuo-società-specie. Siamo un’identità multiplex, identità umane complesse. Gli esseri umani entrano in relazione e crescono in un contesto sociale di riferimento, da cui acquisiscono regole e norme sociali. Se all’essere umano viene impedito di vivere in un contesto sociale, esso manifesterà una carenza a livello relazionale, affettivo, cognitivo e motorio. Il legame tra individuo e società è reciproco. Il ricambio generazionale comporta continuità e discontinuità. Il passaggio delle generazioni comporta l’introduzione di nuovi stili di vita, nuovi valori che non vanno in conflitto con quelli già esistenti. Sutherland e Cressey sottolineano che le scelte di comportamento sono connesse alle relazioni con gli altri e ai valori di comportamento. Secondo la teoria del conflitto normativo i gruppi di potere definiscono quali siano i comportamenti da considerare criminali. È quindi l’associazione differenziale a spiegare la devianza. Essa è appresa attraverso un processo comunicativo all’interno di gruppi stretti. L’apprendimento del comportamento criminale avviene tramite lo stesso processo con cui si apprende il comportamento conforme. Glaser sottolinea che un soggetto propende al comportamento deviante in base all’intensità del legame associativo, cioè forze di identificazione tra soggetto e persona di riferimento. Secondo Burgess e Akers l’adesione al comportamento deviante è più forte quando il gruppo fornisce rinforzi positivi al soggetto. La prospettiva di Merton riconduce la devianza alla struttura culturale e a quella sociale. La prima definisce mete prescritte, la seconda l’accessibilità dei mezzi legittimi per raggiungere tali mete. Nel momento in cui emerge un’incongruenza tra mete e mezzi, si crea l’anomia (frattura della struttura culturale che avviene quando c’è dissidio tra norme e mete culturali). Possono essere messe in atto diverse tipologie di adattamento alla situazione: ▪ Innovazione → i soggetti utilizzano mezzi illegittimi per raggiungere le mete ▪ Ritualismo → adattamento di chi limita le proprie aspirazioni di successo ▪ Rinuncia → non si hanno mezzi legittimi per conseguire le mete e si rinuncia a far parte della società ▪ Ribellione → si adoperano nuovi mezzi e nuove mete che favoriscono il cambiamento La teoria dell’anomia è ripresa da Cloward e Ohlin, i quali sottolineano che accanto ai mezzi istituzionalizzati esistono anche mezzi illeciti. Esistono tre tipi di subcultura: la subcultura criminale, nella quale è consolidata la cultura criminale; la subcultura conflittuale, in cui non si sviluppa né una struttura legittima né una illegittima; la subcultura astensionista, caratterizzata dal desiderio di evasione dalla realtà tramite droghe. Tra il 1960 e il 1970 negli USA nasce la Labelling Theory (teoria dell’etichettamento). L’utilizzo degli apparati di controllo sociale è un’ulteriore manifestazione del conflitto sociale. Becker, accanto al deviante puro, colloca l’ingiustamente accusato (persona che riceve l’etichetta di deviante senza aver commesso alcun anno) e il deviante segreto (chi commette atti trasgressivi, ma non viene etichettato come deviante). La sociologia della devianza individua due meccanismi che modificano la scoperta della probabilità di devianza: la protezione istituzionale (istituzioni chiuse in cui viene tenuto nascosto il comportamento deviante) e il privilegio di classe (diseguale distribuzione della privacy nelle diverse classi sociali). Un altro aspetto della Labelling Theory riguarda le conseguenze dell’attribuzione dell’etichetta deviante: Lemert fa una distinzione fra devianza primaria (nessuna conseguenza sulla struttura psichica) e devianza secondaria (ristrutturazione dell’identità e dei ruoli della persona). CAPITOLO 34 – AVERE INTERESSI E PASSIONI: TEMPO LIBERO, SVAGO E SPORT Per coltivare passioni ed interessi bisogna disporre di tempo, denaro, spazio in cui svolgere le attività e persone con cui svolgerle. Alcuni autori considerano questi come vincoli strutturali connessi fra loro. La sociologia del leisure ha studiato il modo in cui si articolano le nostre passioni, analizzando il rapporto con queste risorse e sull’utilizzo del tempo che spendiamo per noi stessi. Bisogna storicizzare e spazializzare le modalità in cui si coltivano le passioni e gli interessi nel tempo libero. La sociologia del leisure tratta di tempo libero cui si fa riferimento quando si parla di tempo per sé. Dumazedier si interroga sulla forza di attrazione che ha assunto questo nuovo tempo sociale. La distinzione tra tempo di lavoro e tempo di non lavoro diventa rilevante con la rivoluzione industriale. La vita nella città industriale diventa frenetica e razionale, secondo le nuove esigenze dettate dalla produzione. Oltre allo spazio urbano, anche la giornata tipo diventa il risultato del bilanciamento nella relazione tempo-denaro. Per parlare di tempo libero è necessario individuare la presenza di due pre-condizioni: il calo del controllo sociale sulle attività svolte e la separazione fra luoghi e tempi del lavoro. Le pratiche del tempo libero presentano tre differenze: riduzione della distanza fra strati sociali rispetto al tipo di pratiche esercitate; il carattere di massa dell’accesso al leisure, che ha costituito una parte di tempo per tutte le fasce sociali; la nascita di un’industria cultura dello svago e del divertimento. Una parte delle analisi del leisure studies si concentra sulle modalità in cui esso viene svolto. Dumazedier fornisce una classificazione delle pratiche in 5 aree: ▪ Interessi o svaghi fisici (attività sportive, cura del corpo, passeggiate, viaggi) ▪ Interessi manuali o svaghi pratici (bricolage, fai da te, giardinaggio) ▪ Interessi estetici o vaghi artistici (performance artistiche, musei, tv e cinema) ▪ Interessi intellettuali (lettura, scrittura) ▪ Interessi sociali (attività associative, attività attraverso cui si fruisce e si realizza qualcosa) Un’altra classificazione riguarda i tipi di leisure rispetto alle attività svolte in relazione alle intenzioni e alla dedizione che le connotano. Stebbins distingue fra attività di serius leisure (attività che richiamano la condizione di svago, ma danno vita ad una carriera che consente di acquisire competenze ed esperienze), attività di casual leisure (attività di svago gratificanti e di breve periodo) e attività di project based leisure (attività di breve termine che sono stimolo per la mente). Un concetto importante per l’analisi di definizione di leisure è il concetto di flusso. Cskszentmihalyi sottolinea che ogni attività svolta, richiede un livello di competenza e costituisce una sfida più o meno impegnativa. Il flusso è determinato dall’incrociarsi di una condizione di sfida di livello elevato e di una competenza posseduta da chi raccoglie la sfida. La sociologia ha evidenziato che persone con reddito differente e appartenenti a ceti e classi sociali differenti, possono attribuire significati diversi alle loro esperienze di svago. Persone con un background di classe ed esperienze diverse possono essere attratte da passioni e interessi simili. Il tipo di attività nel tempo libero o la modalità o il luogo in cui la si svolge può assumere un valore simbolico poiché contribuisce a definire l’appartenenza ad un certo ceto o il posizionamento di status socioeconomico. Uno dei primi sociologi che ha affrontato il tema delle pratiche del tempo libero è stato Veblen. La disponibilità di tempo libero e l’essere svincolati dalla necessità di lavorare hanno costituito un marcatore identitario di appartenenza per quella classe sociale che egli definisce leisure class. Essa si caratterizza per il fatto di avere la possibilità di mettere in atto forme di consumo che altre classi sociali non mettevano in atto. La leisure class utilizzava due strategie: l’agiatezza vistosa (spreco di tempo) e il consumo vistoso (ostentazione di beni di lusso). Quando le classi medie sono state in grado di trovare forme alternative di svago e più economiche, la leisure class si è indirizzata verso altre attività ancora più esclusive, con lo scopo di mantenere la propria distanza sociale. L’attività sportiva costituisce una delle modalità fra le più diffuse in cui si declina il tempo libero. Lo sport va considerato come un sistema simbolico che coinvolge sfere ampie e complesse della società. Coakley e Pike ritengono che gli sport vadano visti come attività competitive, istituzionalizzate, che comportano esercizio fisico rigoroso e l’uso di abilità fisiche complesse e i partecipanti sono motivati da ricompense interne ed esterne. Fra le pratiche più diffuse del tempo libero, quella della cura del corpo, secondo Sassatelli, la cura del fitness si è formata dall’incrociarsi di alcuni importanti codici della modernità: razionalizzazione, l’ascetismo, la domanda di autenticità, la diffusione di una cultura edonistica. A ciò si aggiunge il diffondersi di una cultura salutista che ha rafforzato la relazione con la necessità di limitare i danni generati dalla sedentarietà e da un’alimentazione inadeguata. L’attività corporea viene intesa come espressione di una naturalità che svincola il corpo stesso dagli usi funzionali, finalizzati a produrre soldati, lavoratori o cittadini come nelle società del passato. I dati ufficiali evidenziano una diffusione delle attività di sport e tempo libero. Spicca la differenza fra paesi del nord Europa e altri paesi. Spesso le cause sono riconducibili e barriere in entrata: scarsa quantità di risorse disponibili, scarsa presenza di spazi, barriere culturali e scarsa disponibilità economica. La partecipazione alla pratica sportiva è legata al grado di investimento economico e culturale, avviata nei diversi paesi. CAPITOLO 35 – PROVARE EMOZIONI Le emozioni sono interpretate come elementi ambivalenti che strutturano la società e le interazioni sociali. Tarde è considerato il primo sociologo delle emozioni. La base della sua teoria si fonda sulle leggi dell’imitazione. Egli intuisce che nell’élites dominanti o i leader utilizzano le emozioni per esercitare il loro potere e condizionare le persone. Durkheim riconosce alle emozioni una forza sociale generativa. Si riferisce al concetto di effervescenza collettiva come condizione emotiva capace di rigenerare il legame sociale. Ma se questa forza non fosse canalizzata in rituali, l’energia prodotta dalle emozioni rischierebbe di creare disordine. In Simmel l’attenzione alle emozioni e al vissuto dell’uomo è presente in numerosi scritti. I suoi studi si sono soffermati sulla pietà, la frenesia, la devozione. Weber definisce l’agire effettivo come una delle quattro tipologie dell’agire sociale. Il senso dell’azione effettiva si riferisce all’agire in quanto tale, agisce affettivamente chi soddisfa il proprio bisogno. Le emozioni concorrono alla costruzione di una relazione sociale. Pareto ha considerato emozioni e ragioni come due differenti dimensioni che costituiscono l’azione sociale. Le emozioni sono la base dell’agire non logico che non è necessariamente irrazionale, ma segue la propria logica fondata sull’affettività. Hochschild sostiene che, nella ricerca sulle emozioni, vi sono due grandi modelli: il modello organicistico si basa sugli studi di Darwin, James e Freud. Le emozioni sono trattate come un fenomeno biologico, dove alcune sono diffuse e riconoscibili per le espressioni, le emozioni sono istintive e indipendenti dai fattori sociali. Le emozioni sono reazioni all’ambiente che la persona non riesce a gestire o controllare. Il fatto che alcune emozioni si esprimono e altre si nascondono solleva una serie di interrogativi. Il modello interattivo è riconducibile agli studi di Dewey, Wright Mills e Goffman. La vita affettiva non si può considerare una dimensione naturalistica e istintiva dell’agire umano. I fattori culturali e sociali sono determinanti e interagenti con le emozioni nel momento in cui si sperimentano. Le emozioni sono strategie di interazione, dove l’espressione e l’emozione cambiano a seconda delle situazioni e dei contesti culturali. Le emozioni sono la sperimentazione simultanea di una valutazione della situazione. Scheff ha elaborato una teoria delle emozioni focalizzandosi sullo studio della vergogna. La definisce un’emozione sociale primaria, ha origine dal giudizio degli altri in un contesto culturalmente e storicamente situato. Media il legame sociale e indica i riferimenti culturali di un dato contesto. Le emozioni riguardano anche i rapporti di potere e le gerarchie sociali. È il caso del risentimento. Il sociologo Barbaletto, partendo dagli studi di Marshall sul risentimento di classe, ha elaborato una teoria del risentimento in grado di comprendere le tensioni e i conflitti di una società caratterizzata. Le persone che condividono una stessa situazione sociale condivideranno una comune consapevolezza e una medesima esperienza emozionale. Questa esperienza non è determinata solo dall’esterno, ma anche dal sentire comune condiviso. Le emozioni possono anche fungere da generatrici del cambiamento. Le abitudini, le regole e le norme che riuscivano a soddisfare i bisogni delle persone, secondo Alberoni, ad un certo punto non riescono in questa funzione. È in questa condizione che le emozioni possono essere il motore del cambiamento sociale. Questo processo è stato definito sovraccarico depressivo. Superata una certa soglia di sovraccarico, avviene una rottura e si ricercano nuove possibilità per generare nuove istituzioni: è lo stato nascente. Bauman ha evidenziato che la globalizzazione ha esposto le biografie personali ad una crescente istituzionalizzazione della competizione e ad una progressiva perdita delle tutele. Le persone della società globale si trovano a dover costruire un progetto di vita senza le garanzie sociali necessarie. CAPITOLO 36 – COMUNICARE: LA MEDIATIZZAZIONE La mediatizzazione serve a comprendere le trasformazioni socio-tecnologiche. È quella serie di processi che portano la comunicazione mediata a penetrare in molti contesti sociali, trasformandoli. Bisogna distinguerla tra mediazione e logica mediale. L’approccio alla mediazione riflette sulle modalità d’uso dei mezzi tecnologici, mentre lo studio della mediatizzazione considera le trasformazioni strutturali legate al ruolo dei media nella società. La comunicazione mediata si trasforma nel processo di mediatizzazione quando comporta cambiamenti a lungo termine. La mediatizzazione non indica solo i media, ma gli effetti sulle diverse istituzioni sociali e sulla vita quotidiana. Questa tradizione vede la mediatizzazione come un processo di adattamento tramite la logica mediale. Considera i media come processi prodotti dall’interazione fra materialità dei media e pratiche sociali. Il carattere processuali dei media riguarda le dinamiche di materializzazione attraverso cui i modelli prodotti sono inscritti nelle infrastrutture mediali. Parlare di mediatizzazione significa saper guardare al modo in cui l’agency individuale si attiva attraverso queste logiche. Questa condizione può essere analizzata sia in sento quantitativo, che in senso qualitativo. Sul lato quantitativo si esprime: ▪ In senso temporale ▪ In senso spaziale ▪ In senso sociale Nel senso qualitativo può essere osservata guardando: ▪ Allo sviluppo storico delle trasformazioni dei media ▪ Alla diversità delle trasformazioni mediali ▪ Alla relazione con altri processi sociali Per quando riguarda l’ambito qualitativo, esistono ter processi fondamentali: la mediatizzazione profonda, la molteplicità mediale e la processualità dei media digitali. Con mediatizzazione profonda si intende la fase del processo di mediatizzazione dove i media sono implicati nella generazione dei dati. Essa necessita di comprendere l’analisi di algoritmi, dei processi di machine learning e di produzione dei dati e del funzionamento delle infrastrutture digitali. I media digitali dimostrano a più livelli la logica dell’assemblaggio di componenti differenti. Se i media si configurano come processi, i media digitali hanno un livello di processualità maggiore. L’accesso ai social media ha portato a gestire i legami in forme complesse, tenendo conto della possibilità di fare affidamento sulla connessione. La struttura organizzativa del web e le affondance delle piattaforme online hanno permesso ad individui lontani di incontrarsi. Il proliferare della connessione mobile ha reso la tecnologia sempre più pervasiva. Questa condizione crescente di stato di connessione ha posto in modi nuovi la costruzione sociale della vita collettiva. Lo studio della famiglia si fonda sugli approcci, intesi come quadri teorici che osservano la famiglia con concetti e interessi particolari. Ogni approccio permette di evidenziarne alcuni aspetti: ▪ Approccio strutturalfunzionalista→vede la famiglia come una struttura di status e ruoli: il suo comportamento è connesso ad aspettative sociali. Il modello base è quello nucleare (coppia genitoriale e figli non ancora emancipati). È possibile identificare un ordine gerarchico determinato dal potere e una differenziazione funzionale per sesso ▪ Approccio interazionista→vicino alla psicologia sociale di Mead e alla teoria drammaturgica di Goffman. Considera la famiglia un gruppo in cui si costruiscono valore, normi e sentimenti, interiorizzati da tutti i membri. Secondo Burgess e Locke si passa ad una famiglia che dipende dall’affetto reciproco e c’è uguaglianza tra i partner ▪ Approccio dello sviluppo→matrice psicosociale e considera la famiglia nella dimensione dinamica (sviluppo lungo il ciclo di vita). Hill identifica quattro caratteristiche: interdipendenza delle parti (un cambiamento colpisce tutti i membri), essere un’unità semichiusa, l’organizzazione adattiva (permette di ridefinire regole, comportamenti) e avere un equilibrio instabile tra richieste interne ed esterne (espletare i ruoli interni e ruoli esterni). Gli eventi critici causano forte stress perché interrompono l’equilibrio costruito ▪ Approccio delle pratiche concrete e quotidiane→Smart introduce una critica al processo di individualizzazione secondo cui le relazioni diventano sottili e fragili e la famiglia diviene una categoria di zombie. Si inserisce una dimensione temporale che guarda con termini di progettualità. Egli propone una toolbox che permette di studiare le famiglie contemporanee ▪ Approccio relazionale→famiglia definita partendo dalla presenza in un nucleo di convivenza di almeno una delle due relazioni fondamentali. La pluralizzazione delle forme familiari è definita da relazioni intersoggettive e relazioni strutturali, in base a due ordini di significato: il primo è re-ligio (legame tra) che rimanda ad un legame tra due o più soggetti; il secondo è re-fero (riferimento a), evidente quando si pensa al fatto che le famiglie vivono in subculture In molti paesi si registrano tassi di fecondità molto bassi. Le cause sono un intreccio tra dinamiche sociali, culturali ed economiche. Lo sviluppo di contraccettivi femminili ha permesso il controllo delle nascite. Un altro aspetto è la presenza di politiche di welfare nel sostenere il costo dei figli. Inoltre, il figlio rappresenta un desiderio della coppia adulta, un’occasione di autorealizzazione su cui vengono investite risorse economiche ed affettive. I dati sulle separazioni e i divorzi parlano di una famiglia tendenzialmente fragile: il rapporto dura finché da esso si trae vantaggio. La relazione di coppia postmoderna si basa sulla we-relation, un noi che mantiene insieme passato, presente e futuro. Gli elementi di questa famiglia relazionale sono il dono, la reciprocità e la generatività. Il concetto di lavoro di cura in famiglia riguarda la cura delle relazioni, della casa, ecc. esso varia a seconda delle fasi del ciclo della vita e, tradizionalmente, è un compito associato alle donne. L’analisi di Gilligan e Tronto è quella di produrre una teoria il cui focus è esplicitare come le persone possano diventare inclini ad agire moralmente. Questa prospettiva permetti di valorizzare l’aspetto generazionale. CAPITOLO 40 – VIVERE IL GENERE L’uso del termine genere fu adottato da Money per spiegare il rapporto tra influenze biologiche e culturali sull’identità maschile e femminile. Il genere assunse il significato di interpretazione culturale dei corpi. Le relazioni di genere indicano l’insieme di relazioni di potere che animano le diverse nozioni di femminilità e mascolinità. Sesso e genere assumono spesso significati sovrapponibili. Il sesso è la dicotomia biologica tra femmina e maschio; il genere può essere inteso come un continuum di atteggiamenti e comportamenti umani. Le questioni relative alle differenze sessuali hanno interessato la sociologia. Comte riteneva esserci una diversità fra i due sessi. Le donne sono inadatte al governo, sia per una minore razionalità, sia per l’irritabilità di un carattere non proprio perfetto. Il termine ruolo sessuale è stato introdotto da Parsons: la sua teoria strutturalfunzionalista pone la differenziazione dei ruoli sessuali nella famiglia. Egli afferma che è necessaria la presenza di due adulti qualificati a svolgere ruoli differenti: l’uomo detiene la leadership strumentale (mantenere rapporti tra famiglia e mondo esterno), la donna il ruolo di leadership espressiva (rapporti interni alla famiglia). Le teorie del conflitto definirono le donne come vittime dell’oppressione della società capitalista. Marx ed Engels sostenevano che il borghese vedeva nella moglie uno strumento di produzione. Anche Illich ha definito il genere come categoria che distingue i compiti, i gesti e le percezioni associati a uomini e donne. Questa associazione crea il genere sociale. Secondo Collins le donne si trovano in una situazione di inferiorità nelle società prive di una forma di potere di equilibrio, mentre vivono meglio in una società ricca. Goffman concettualizza il genere come scambio costituito da dichiarazioni e risposte. È una drammatizzazione sociale dell’idealizzazione della cultura della natura femminile e maschile. A seconda della simmetria nelle interazioni, questi scambi producono deferenza (egemonia femminile) o dominanza (egemonia maschile). Diverso approccio ha avuto la teoria della scelta razionale, secondo cui uomini e donne scelgono tramite un calcolo rigido e razionale la loro posizione. I limiti sociali si ricollegano al potere decisionale, che è di chi detiene il reddito più alto. Rubin ha definito il genere come l’insieme dei processi, adattamenti, comportamenti con i quali ogni società trasforma la sessualità biologica in prodotto dell’attività umana e riorganizza la divisione dei ruoli tra uomini e donne. L’identità di genere si struttura precocemente nella vita degli esseri umani. È l’insieme delle aspettative culturali che una società ha in merito ai comportamenti e ai ruoli maschili e femminili. Viene appresa mediante l’imitazione del modello degli adulti ed è costituita dagli stereotipi che discriminano l’appartenenza ad un genere piuttosto che ad un altro. Il sistema sesso/genere è una costruzione sociale soggetta a trasformazioni e sviluppi. Come osserva Chodorow questa riproduzione automatica avviene tramite processi psicologici indotti dalla struttura sociale. Connell ha sostenuto che la mascolinità e la femminilità sono opposte e complementari. Uomini con caratteri femminili minacciano il rapporto tra mascolinità e femminilità e sono sanzionati in un processo che la interpreta come malattia. Si costruisce un rapporto egemonico tra mascolinità e femminilità. L’ordine di genere descrive le dinamiche culturali che si riferiscono a come il genere organizza e ordina la vita sociale. Esso è anche un ordine morale perché definisce ciò che è giusto o sbagliato in uomini e donne. Le performance di genere sono un processo sociale in cui tutti si impegnano a presentare il genere come un risultato di routine, metodico e ricorrente. Il pensiero occidentale impone la figura maschile come universale: ogni modo di pensare, agire, è dettato al maschile. Uomini e donne vivono e sperimentano in modo diverso la vita quotidiana. Assistenza e cura dei figli e del marito da parte delle donne provocano un lavoro superiore rispetto a quello degli uomini. La presenza femminile sul lavoro non ha provocato nessuna parità di genere. In questa disparità sono noti due effetti: il soffitto di cristallo o ceiling glass (barriere sociali, culturali che ostacolano il fare carriera) e la scogliera di cristallo o ceiling cliff (paradosso della tradizione culturale maschilista che attribuisce alle donne la sconfitta organizzativa). La disuguaglianza nel mondo del lavoro trova spiegazione nell’aver predisposto le donne all’accudimento e alla cura. CAPITOLO 41 – VIVERE LE DISUGUAGLIANZE La storia dell’umanità è caratterizzata da disuguaglianze sociali di diversa natura. L’origine di tale concetto risale al passaggio dalla società di cacciatori raccoglitori alla società basata sull’agricoltura. Nasce così il sistema di stratificazione sociale. I sistemi di stratificazione sociale più recenti sono caratterizzati da un maggior livello di disuguaglianza. Il processo di industrializzazione ha fatto emergere il concetto di classe sociale. Marx ha introdotto questo concetto, secondo cui ogni società è fondata su una storia di lotte di classe. La borghesia è formata dai proprietari dei mezzi di produzione, coloro che possiedono il capitale e sfruttano i lavoratori; il proletariato è costituito da coloro che sono costretti a vendere il loro lavoro in cambio del salario minimo. Weber introduce il concetto di ceto, gruppi omogenei di persone che condividono gli stessi stili di vita e hanno una stessa appartenenza culturale. Tra classi e ceti ci sono relazioni complesse che generano sovrapposizione. Oggi il sistema di stratificazione sociale è divenuto più liquido: per questo motivo si da molta più rilevanza ai ceti medi. Per i funzionalisti la competizione per occupare le posizioni migliori va a beneficio della società. Chi resta in basso se l’è cercata perché non si è impegnato abbastanza. I teorici del conflitto credono che le disuguaglianze esistano perché i gruppi sociali che ne approfittano hanno la forza di difendere i loro interessi e i loro privilegi. Il concetto di mobilità sociale descrive la possibilità di cambiare il proprio status all’interno della stratificazione sociale. Esistono diverti tipi di mobilità: ▪ Mobilità verticale→distinta tra ascendente (spostarsi verso l’alto nella gerarchia) e discendente (rischio di finire in una posizione peggiore) ▪ Mobilità orizzontale→passaggio da una posizione all’altra restando allo stesso livello sociale ▪ Mobilità intergenerazionale→differenza posizione sociale tra genitori e figli ▪ Mobilità intra-generazionale→possibilità di fare carriera nel mondo del lavoro ▪ Mobilità strutturale→cambiamenti della struttura occupazionale e conseguenze sulla vita delle persone ▪ Mobilità assoluta→numero complessivo di persone che si spostano da una posizione all’altra ▪ Mobilità relativa→grado di uguaglianza delle possibilità di mobilità dei membri delle varie classi Il fattore di mobilità sociale è l’istruzione. Durante il Novecento si pensava che grazie all’istruzione si potesse interrompere l’ereditarietà dei privilegi. Si è scoperto, però, la scuola può produrre l’effetto perverso di rinforzare le disuguaglianze tra le classi sociali. Per le disuguaglianze economiche bisogna fare una distinzione tra reddito e ricchezza: il primo riguarda la quantità di denaro guadagnato, mentre la ricchezza riguarda il patrimonio. Questa distinzione è importante perché il patrimonio è oggetto di trasmissione ereditaria e perché le disuguaglianze di ricchezza sono più pronunciate rispetto a quelle di reddito. Un altro aspetto riguarda la distinzione tra disuguaglianza interna ai diversi paesi e disuguaglianza tra paesi. Oggi abbiamo un numero esiguo di ricchi, i cosiddetti plutocrati globali. Una conseguenza della disuguaglianza economica è la povertà. Bisogna fare una distinzione tra povertà assoluta (famiglie e persone che non possono permettersi spese minime per condurre una vita accettabile) e povertà relativa (avere una quantità di risorse inferiori agli altri). La povertà non è più legata alla disoccupazione, ma legata a salari troppo bassi, precarizzazione nel lavoro e nelle diverse fasce di vita. La disuguaglianza coinvolge anche il genere, l’istruzione, la saluta e per questo si parla di multidimensionalità della disuguaglianza. Tra le principali forme bisogna distinguere: disuguaglianza nelle opportunità educative (disparità negli esiti dei processi scolastici), disuguaglianza di genere, disuguaglianza nell’accesso alla salute, disuguaglianza culturale, disuguaglianza digitale o digital divide e disuguaglianza generazionale. CAPITOLO 42 – AGIRE INSIEME Blumer definisce il movimento collettivo come un’impresa collettiva che ha l’obiettivo di costruire un nuovo tipo di vita e rileva tre diversi movimenti: generali (conduce le persone a variare la propria concezione di sé e dei comportamenti), specifici (nasce dalla svolta culturale, lo spirito di corpo dà vita al movimento) ed espressivi (diffondono forme di comportamento che modificano l’ordine sociale). Alberoni ha proposto la teoria basata sul concetto di stato nascente. I movimenti collettivi rientrano nella categoria di fenomeni collettivi di gruppo, che prevedono un noi collettivo. Questo noi favorisce il riconoscimento del collettivo, rinforzando il sentimento tra i suoi membri. Lo stato nascente è un movimento di effervescenza e rinnovamento creativo: dà origine al movimento collettivo, protagonista della solidarietà e del progetto alternativo dallo status quo. Il comportamento collettivo è definito da Smelser una mobilitazione sulla base di una credenza che ridefinisce l’azione sociale. La sua teoria dei valori aggiunti si sviluppa in sei fasi: propensione strutturale (condizioni sociali pregresse che consentono l’attuarsi del comportamento collettivo), tensione strutturale, insorgenza e diffusione di una credenza generalizzata, fattori precipitanti, mobilitazione per l’azione e controllo sociale. Molti sociologi si focalizzarono sull’analisi delle contestazioni tipiche degli anni ’60-’70 e si svilupparono tre correnti: ▪ Teoria della mobilitazione delle risorse→l’agire collettivo organizzato segue una logica razionale e possiede una struttura relazionale basata su interazioni ▪ Teoria dei nuovi movimenti→focalizza il suo ambito sull’appartenenza del soggetto a un’identità collettiva, la quale costruisce i confini dell’appartenenza dei membri al movimento. Obiettivi sono autonomia e opposizione al controllo sociale ▪ Teoria del processo politico→pone come centrale le relazioni tra attori politici istituzionali e protesta. L’elemento chiave è la struttura delle opportunità politiche, che spiega gli esiti delle proteste I movimenti sociali possono essere considerati agenti di cambiamento nella misura in cui essi propongono una nuova lettura della realtà e questa viene accolta. Non bisogna dimenticare che i movimenti sono originati da inquietudini e le loro strategie volte all’ottenimento di cambiamenti. Il raggiungimento di questi obiettivi dà origine a trasformazioni: individuali (la vita quotidiana del soggetto cambia, come la sua identità personale), di gruppo (il funzionamento interno cambia) e strutturali (i movimenti generano cambiamenti sulle dinamiche della società). Le azioni di protesta mettono in discussione l’ordine sociale e sono la causa del mutamento sociale. La protesta ha molte forme ed ogni evento di protesta è finalizzato ad obiettivi da raggiungere e organizzato secondo tre logiche: quella dei numeri, quella del danno materiale e quella della testimonianza. I movimenti sociali utilizzano sempre più metodi convenzionali per far valere le proprie opinioni. Ogni mobilitazione collettiva ha origine dalla partecipazione sociale. È quel processo che incrementa la possibilità di agire e deve essere scisso in due fasi: consenso generale e azione. Anche la mobilitazione risente di una comunicazione mediata dal computer, che ha mutato sia la struttura organizzativa dei movimenti sociali, sia le forme di partecipazione. L’identità collettiva prende forma attraverso la partecipazione a tre livelli: organizzazione, movimento e gruppo di solidarietà. L’obiettivo sarà quello di difendere e rivendicare i diritti di un noi di gruppo. ▪ Società industriali→l’industrializzazione si fonda sulla ricerca scientifica e sulle applicazioni tecnologiche, le persone vivono nelle aree urbane e si sviluppa la mobilità sociale; famiglia e parentela hanno meno influenza e cresce l’importanza dell’istruzione e della ricerca scientifica; cresce la ricchezza prodotta, le disuguaglianze sociali ed economiche; lo stato ha nuove funzioni; nascono nuovi problemi sociali come povertà, emarginazione, inquinamento e scarsità di risorse Esistono tre visioni culturali che forgiano un sistema economico: ▪ La proprietà comune→la forma di proprietà è prodotta da azioni di reciprocità ▪ La proprietà privata→un bene è di esclusivo utilizzo di singole persone, è il prodotto del mercato ▪ La proprietà pubblica→i beni appartengono ad un’autorità politica, proprietaria per conto di un’intera popolazione. Comprende il trasferimento di risorse allo stato, che le redistribuisce sotto forma di servizi o trasferimenti monetari ▪ Il diritto di proprietà→forma un rapporto sociale tra proprietari e non proprietari perché il potere è enorme rispetto a chi ne è privo Il capitalismo si caratterizza per il conseguimento di un profitto individuale e la libera concorrenza nel produrre e vendere servizi. Weber ha individuato la caratteristica che capitalismo, inteso come fenomeno che ha trasformato l’attività di ricerca del profitto. Smith teorizzò l’esistenza di una mano invisibile nel mercato. Intendeva esprimere l’idea che le forze della domanda e dell’offerta dei beni sono benefiche per l’intera società: questa forma di economia è forse esistita nei primi anni del capitalismo. Su diverse basi si poggia il socialismo. La proprietà privata è sostituita da quella pubblica perché la produzione è uno strumento di obiettivi sociali, mentre il profitto produce solo diseguaglianza. L’obiettivo dell’eguaglianza prevale su ogni aspetto della vita economica. Ostrom, vincitore nel premio Nobel per l’economia, evidenzia sette meccanismi che presiedono al funzionamento dei beni comuni: sono definiti i confini di chi ha accesso ai beni e chi no; le regole di fruizione sono definite; l’esistenza di un luogo che definisce queste regole; attività di monitoraggio organizzata; sanzioni per chi viola le regole; un sistema di mediazione privato per gestire e risolvere i conflitti tra fruitori dei beni; legittimità riconosciuta delle regole stabilite per il funzionamento dei beni comuni. Smith osservò che la specializzazione nelle fabbriche massimizza il tempo e facilita l’invenzione di macchine che accompagnano il lavoro. I sociologi riprendono questo tema, ma vedono nella divisione del lavoro disgregazione sociale. Marx osserva che con la rivoluzione industriale cambia il rapporto tra lavoratore e beni prodotti. Il lavoro, tramite un processo di alienazione, diventa valore servente alla produzione. À Weber fa riferimento al concetto di razionalizzazione: la crescita del progresso scientifico e della razionalità può ridurre la conoscenza delle persone circa le loro condizioni di vita. Per Durkheim la divisione sociale del lavoro produce solidarietà organica: l’unico collante sociale è la specializzazione del lavoro. Questa condizione conduce ad uno stato di anomia (assenza di orientamenti comuni), che sorge quando le norme sociali diventano conflittuali. Nelle società tradizionali il collante è la solidarietà meccanica, in cui tutti svolgono le stesse attività lavorative. Le pratiche e i valori condivisi sono definiti coscienza collettiva. L’attività lavorativa si divide in settore primario (agricoltura), settore secondario (industria) e settore terziario (attività di servizio). L’attività lavorativa è importante per soddisfare i bisogni di una società, ma anche per la costruzione dell’identità individuale. Un impatto sull’identità del lavoro è prodotto dalla trasformazione tecnologica. Questo fenomeno è conosciuto come processo di dedifferenziazione dell’economia. CAPITOLO 46 – ISTRUITSI E EDUCARE Lo studio dell’educazione è uno degli interessi della sociologia. L’educazione serve a trasmettere il patrimonio culturale alle nuove generazioni. Al tempo stesso, mira a riprodurre i principi e i modi di vivere di una società. È utile chiedersi quale sia stato il programma di ricerca della sociologia dell’educazione, evidenziando due linee guida: l’interesse antropologico-culturalista e il focus su giustizia ed eguaglianza. La persona umana è il mezzo attraverso cui si svolge l’educazione. Questa è una relazione tra soggetti educatori ed educati e mira a trasformare i soggetti educandi, con l’obiettivo di dare forma alla persona. Secondo Durkheim i contenuti dell’educazione corrispondono all’esigenza della società di continuare a esistere. Egli ritiene che tutti gli attributi umani si originino nella società e siano inscritti attraverso l’educazione. L’ideale educativo va impartito nelle scuole statali. In questo modello educazione, istruzione e socializzazioni coincidono. Weber osserva il cambiamento della società basato sul processo di razionalizzazione e individualizzazione. Introduce anche l’idea che la stratificazione sociale abbia interessi specifici che si rispecchiano nelle istituzioni educative. Altro tema è quello dell’eguaglianza. I sistemi educativi dovrebbero trasmettere conoscenze e competenze per ridurre al minimo le differenze. Questa è la funzione di mobilità sociale che dovrebbero svolgere i sistemi educativi. L’ideale educativo moderno è quello dell’eguaglianza di opportunità, ma la prospettiva sociologica ha spesso sottolineato un deficit. Da alcuni decenni l’ascensore sociale si è fermato a causa di un programma occulto dei sistemi di istruzione. L’idea è che sia il linguaggio impiegato a scuola, sia i comportamenti, i valori e le norme sarebbero vicini a quelli che caratterizzano le classi dominanti e funzionali a riprodurre anche nel mondo e nella società i valori e gli interessi di queste ultime. Il fenomeno della segregazione scolastica sottolinea il rischio di una disgregazione sociale. CAPITOLO 47 – RICEVERE E DARE AIUTO E SOSTEGNO Prenderci cura gli uni degli altri è ciò che ci rende umani. Non è importante capire perché, ma come gli esseri umani si prendono cura degli altri. È affascinante la varietà con cui l’umanità si organizza per assecondare questa propensione. Con l’espressione welfare state si riferisce all’insieme delle politiche pubbliche che lo stato adotta per garantire la protezione sociale. Per rispondere ai bisogni di sicurezza della società industriale fu necessario creare modalità di supporto e assistenza che non potevano essere sostituite dalle tradizionali forme di solidarietà. Lo stato del benessere cominciava ad assumere una fisionomia più compiuta. Si aprì con un devastante conflitto mondiale e le reazioni a questo stato furono differenti. Si andò alla ricerca di soluzioni globali e nuove forme di patto sociale (New Deal. Si iniziò ad utilizzare il termine welfare state per rimarcare le differenze rispetto alle politiche sociali paternalistiche. Uno dei primi a formulare una definizione di welfare fu Briggs, secondo cui esso si origina dalla mobilitazione del potere politico secondo tre direttrici: assicurare ai cittadini un tenore di vita soddisfacente, ridurre l’insicurezza derivante da motivi economici o naturali sfavorevoli e consentire di usufruire di una serie di servizi sociali, tra cui sanità e istruzione. La gestione della ricostruzione postbellica implicò anche un’espansione dell’apparato amministrativo dello stato. Il cambiamento economico e politico andò al passo con il mutamento degli equilibri sociali legati all’espansione della classe media e ai movimenti migratori. Si avviò un nuovo welfare che si evolse in una pluralità di direzioni e forme, caratterizzate da un ridimensionamento del ruolo dello stato. La solidarietà tra generazioni e la preminenza assegnata al gruppo rispetto all’individuo sono propri di molte culture. I modi in cui un gruppo sociale organizza cura e sostegno sono legati alla struttura e alle dinamiche sociali. Per comprendere meglio queste esperienze, le scienze sociali ricercano regolarità e anomalie. La gestione dei bisogni di una società è legata a come vengono allocate le risorse non solo economiche. Le diverse componenti della società si integrano o entrano in conflitto tra loro e la sociologia utilizza l’espressione regolazione sociale. La prima teoria sulla regolazione sociale fu di Polanyi: egli si poneva il problema di come andare oltre le conseguenze sociali e analizzò esperienze come il baratto, gli scambi e il kula. La reciprocità si osserva in ambiti comunitari o familiari. La redistribuzione viene attuata da organizzazioni come lo stato: la politica è il principale produttore di redistribuzione. Lo scambio è la forma tipica del mercato: le risorse sono cedute e acquisite in cambio di un controvalore. La tripartizione di Polanyi fornisce un quadro per le forme di welfare state. Seguendo le idee di Weber, le scienze sociali tendono a identificare tipi ideali, i quali servono a sistematizzare per conoscere e comprendere la realtà sociale. La ripartizione più nota è quella di Titmuss, che individuò un modello di welfare residuale (politica entra in causa quando altri canali non soddisfano i bisogni), un modello istituzionale redistributivo (stato garantisce prestazioni e assistenza) e un modello meritocratico-occupazionale (lavoro come strumento per soddisfare i bisogni). Questa tripartizione si rispecchia in quella elaborata da Esping-Andersen, che distingue un welfare corporativo-conservatore (stato interviene con funzioni di supporto), uno socialdemocratico (stato provvede ai bisogni con prestazioni sociali e sostegni monetari) e uno liberale (politiche sociali vanno incontro ai bisogni acuti). Alcuni autori aggiungono il modello mediterraneo, caratterizzato da minori livelli di spesa per la protezione sociale. CAPITOLO 48 – STARE BENE: SALUTE E BENESSERE Il carattere nascosto della salute è all’origine del suo divenire oggetto di indagine scientifica; è la malattia ad aver costituito un problema. La concezione negativa di salute come assenza di malattia è l’espressione nel quale la malattia costituiva il problema. Anche la sociologia si è qualificata come Medical Sociology e il suo interesse si è focalizzato sulla malattia, considerata come forma di devianza involontaria. Secondo il paradigma di Parsons la malattia è uno stato di turbamento nel funzionamento normale dell’individuo. Essa è considerata una moneta a due facce: quella sociale e quella biologica. Ribadisce la sua concezione di salute- malattia come un problema individuale, riferendola in base al concetto di teleonomia (per indicare il finalismo insito nelle strutture e nelle forme tipiche degli organismi viventi, dovuto all’azione della selezione naturale, che favorisce le strutture e le funzioni adatte allo svolgimento delle attività vitali ed elimina quelle inadeguate). Parsons critica anche la definizione proposta dall’OMS e dalla dichiarazione di alma ata, che definiscono la salute come uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale. La definizione dell’OMS sviluppa il salutismo. Questo ha prodotto diverse critiche verso la medicalizzazione della vita. Anche la sociologia, difronte a tale cambiamento, ha ridefinito la sua subdisciplina, la quale ha elaborato diversi paradigmi, tra cui quello connessionista (include anche la dimensione naturale ed ecologica). Il tutto influisce in un quadrilatero con quattro vertici: A) La natura esterna B) Il sistema sociale C) Il soggetto in relazione al mondo vitale D) La natura interna delle persone viventi Interconnettendo i quattro vertici si ottengono sei connessioni che divengono fondamentali per l’analisi dei fenomeni connessi alla salute-malattia: essi definiscono il sistema di salute che trascende il sistema sanitario. La corporeità è stata oggetto esclusivo delle scienze naturali che, tramite la scissione cartesiana tra mente e corpo, l’hanno oggettivata come pura materialità. Il concetto chiave proposto dalla sociologia per eliminare questo dualismo è quello di embodiment, cioè essere un corpo. Noi siamo il corpo che agisce e vive nel mondo ed è per mezzo dell’incorporazione che il soggetto può esprimere la propria intenzionalità e tradurla in azioni. Il vertice del quadrilatero della soggettività in relazioni di mondo vitale ha comportato la scoperta delle concezioni profane di salute, cioè credenze individuali distinte dalle concezioni biomediche. Sono rappresentazioni sociali che si impongono alla coscienza individuale e ne sono state identificate tre: la salute come vuoto (no malattia, no dimensione dell’essere), la salute come riserva (resistenza alle malattie) e la salute come equilibrio (benessere biopsichico). La sociologia ha analizzato il concetto di stili di vita. Simmel utilizzava il concetto per definire le strategie che l’individuo utilizzava per preservare la sua individualità e autonomia. Ma con Weber diviene espressione del prestigio di uno stato sociale e dell’identità di gruppo: è il consumo a stabilire i diversi gruppi di status che sono il risultato di una connessione tra chance di vita e scelte di vita. In merito alla definizione di Weber, è stato messo in discussione l’approccio all’educazione sanitaria per proporre programmi di promozione della salute. Il sistema sociale è stato tematizzato secondo due prospettive: ▪ TURNER→società somatica, indica il crescente interesse per la salute dei corpi. È il risultato del controllo sociale esercitato dalla riproduzione, dalla regolamentazione, dalla restrizione e dalla rappresentazione del corpo. Elias ha analizzato la civilizzazione del corpo, cioè processi che hanno modificato i comportamenti in relazione al corpo ▪ SIEGRIST→ci sono possibili fattori di rischio per la salute umana, come lo stress. Quando l’equilibrio è alterato, si genera sofferenza da stress che può causare patologie Il quarto vertice del quadrilatero è la natura esterna. Nella prima concezione negativa la natura esterna è patogena per la salute umana (visone antinaturalistica e antropocentrica); nella concezione positiva la salute è equilibrio tra fattori interni ed esterni (visione ecologica e cosmocentrica). CAPITOLO 49 – STARE BENE: SALUTE DIGITALE L’espressione salute digitale include le attività legate alla prevenzione, alla diagnosi e al trattamento delle malattie. Offre potenzialità per migliorare il benessere e la salute. La salute digitale promuove l’uso della telemedicina, una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria tramite tecnologie dell’information and communication technology. Non manca chi ha sollevato preoccupazioni circa alcuni possibili risvolti critici. Abbiamo i tecno-utopisti che sottolineano i vantaggi introdotti dalla diffusione delle tecnologie. Tra gli studiosi più famosi troviamo Swan, secondo cui il progresso tecnologico rappresenta un destino in grado di potenziare le capacità e aumentare la libertà di scelta delle persone. Un altro contributo importante è stato dato da Topol, il quale mette in luce come la digitalizzazione della sanità sia un processo partito dal basso. In contrapposizione troviamo i tecno-pessimisti, i quali adottano una prospettiva per sottolineare le implicazioni negative della diffusione delle tecnologie. I rischi riguardano i problemi connessi alla sicurezza e alla privacy. Un terzo filone è quello delle teorie sociotecniche, le quali ritengono che gli utenti non adottino passivamente le tecnologie, ma partecipino alla loro co-costruzione, definizione, adattamento e trasformazione, in rapporto con le pratiche d’uso. Lo sviluppo della salute digitale ha contribuito alla diffusione dei Big data, facendo riferimento ad una massa enorme di dati che richiedono specifici strumenti per essere archiviati, gestiti e analizzati. Lo sviluppo dei BD ha comportato la datificazione. Essa ha un forte impatto sulla salute pubblica, contribuendo allo sviluppo della medicina delle 4P. il possibile rischio è la crescita della cultura algoritmica: gli algoritmi sono costrutti matematici che permettono di svolgere determinate operazioni. Da un punto di vista sociologico, essi sono artefatti socio-culturali, capaci di modificare le relazioni di potere. Il diluvio di dati clinici ha contribuito alla nascita della medicina delle 4P: ▪ Predizione→uso di strumenti per elaborare previsioni sui fattori di rischio ▪ Prevenzione ▪ Personalizzazione→indirizzata a gestire la prevenzione, la diagnosi e il trattamento ▪ Partecipazione→più partecipazione dei cittadini per raccogliere dati e informazioni Secondo Gershuny il tempo e le forme di interdipendenza sono raggruppate in tre attività: lavoro retribuito, lavoro non retribuito e attività di leisure o sonsumpion time. Bisogna analizzare la relazione fra economia e società come il risultato di interdipendenze, che si delineano come catene di forniture o di disposizioni. Ogni catena viene attivata in base ai desideri che ogni individuo tende a soddisfare. Le diverse società si organizzano in modo differente rispetto al modo in cui rispondono ai bisogni collettivi, destinando quote diverse di tempo alle varie attività e generando differenti combinazioni nei modi di organizzazione del tempo. Gli approcci micro si concentrano sulle scelte individuali riguardanti la quota di tempo che ciascuno destina alle attività lavorative retribuite. Il lavoro non retribuito di qualcuno o il tempo libero di altri contengono sempre il lavoro retribuito di altri ancora. Gershuny individua tre livelli di articolazione del tempo: ▪ Sequenze di attività che ogni persona svolge e percepiamo come sequenziali ▪ L’aggregazione aritmetica delle esperienze, cioè la somma del tempo complessivo destinato alle attività ▪ L’ammontare complessivo del tempo impiegato nelle diverse attività svolte dagli individui, ma in relazione di interdipendenza fra loro Oltre alla costruzione nel budget time individuale, bisogna considerare anche le costrizioni nel budget time collettivo. Gershuny definisce quest’ultima come macrointerdipendenza: il primo livello si annida del secondo, che si annida nel terzo e costituisce il bilanciamento nel tempo di un macrogiorno (aggregato delle sequenze narrative dei membri). È importante osservare anche la relazione fra scelte individuali nella gestione del budget time e conseguenze sociali che comportano. CAPITOLO 54 – MUOVERSI NEL MONDO La natura e le cause delle migrazioni sono complesse. Per analizzare i processi migratori bisogna tener conto del livello macro, il livello meso e il livello micro. Le motivazioni che spingono alla migrazione non riguardano il nesso tra povertà e migrazione: per partire sono necessarie risorse economiche e un capitale relazionale. Le principali teorie si concentrano su fattori che spingono le migrazioni: fattori di spinta, fattori di attrazione e fattori autopropulsivi. Le teorie dell’approccio funzionalista interpretano le migrazioni come un meccanismo che favorisce il ristabilirsi di un equilibrio. Secondo la teoria neoclassica i migranti sono attori razionali che migrano sulla base di un’analisi costi-benefici per massimizzare i loro guadagni. La teoria del capitale umano le migrazioni sono una forma di investimento per incrementare la produttività delle proprie conoscenze e competenze. Sono state fatte, però alcune critiche: gli immigrati non sono attori razionali che ottimizzano le loro decisioni perché, coloro che lasciano il loro paese, non sempre scelgono la meta più vantaggiosa. Le teorie dell’approccio storico-strutturalista spiegano le migrazioni come l’esito di meccanismi di sfruttamento, che rinforzano le disuguaglianze globali. Le migrazioni offrono la possibilità di sfruttare il lavoro a basso costo ed esagerano le disuguaglianze sociali e demografiche. La migrazione è l’esito di forze strutturali. La teoria del sistema mondo sottolinea i rapporti di dominazione delle economie capitalistiche sviluppate su quelle meno sviluppate, rafforzando questa dominanza tramite le migrazioni. La teoria del mercato duale del lavoro sposta l’attenzione dai fattori di spinta ai fattori di attrazione, concentrandosi sulla struttura del mercato del lavoro del paese di destinazione. Questo comporta una polarizzazione dell’economia, secondo cui nel settore primario sono impiegati i lavoratori più qualificati, spesso maschi bianchi, e nel settore secondario vengono impiegati migranti con bassi titoli di studio, mal retribuiti. La teoria dei network pone l’attenzione sul livello meso, sottolineando l’importanza delle relazioni fra migranti, potenziali migranti e non migranti come forma di capitale sociale alla quale attingere per ridurre costi economici e psicologici delle migrazioni. I network influenzano la decisione di migrare e dove migrare. Solo una lettura integrata e situata può permettere di comprendere la natura delle migrazioni. I migranti nel mondo sono 281 milioni, cioè il 3,6% della popolazione mondiale. Essi cambiano il volto delle città e influenzano le dinamiche demografiche, economiche, sociali, culturali e relazionali dei paesi di arrivo e di partenza. Il concetto di assimilazione è stato introdotto dalla scuola di Chicago (Park e Burgess) per studiare i fenomeni migratori negli USA. Il termine indica un processo secondo cui i migranti si fondono con gli altri, fino a identificarsi con l’ambiente di arrivo. Molte critiche sono state rivolte all’approccio deterministico. Secondo questo paradigma l’assimilazione è il risultato di processi di inclusione dei migranti. Questo paradigma è ancora oggi utilizzato per il concetto di neo-assimilazionismo, inteso come progressiva somiglianza tra i vari gruppi. Il concetto di integrazione è stato condiviso ampiamente: è un processo poiché si sviluppa e richiede tempo. È multidimensionale poiché comprende diversi ambiti e riguarda lo scambio tra i nativi e i migranti. Altro elemento è il ruolo del contesto del paese ricevente, connotato come struttura di opportunità politica. È necessario offrire una classificazione delle migrazioni e dei possibili migranti, intesi come l’esito di un processo di costruzione sociale e politica. La prima distinzione è tra migrazioni forzate (richiedenti asilo, rifugiati) e migrazioni volontarie. Un’ulteriore distinzione è tra migrazioni interne e migrazioni internazionali. Sulla base di una classifica proposta da Ambrosini è possibile distinguere diversi tipi di immigrati: gli immigrati per lavoro, quelli stagionali, gli immigrati qualificati e imprenditori, i familiari a seguito, i migranti forzati, le vittime di tratta, i migranti irregolari e le seconde generazioni (figli dei migranti). È opportuno precisare che il nesso tra migrazioni e cambiamenti climatici non ha fondamento teorico e rischia di diffondere un’informazione distorta. A seguito di catastrofe ambientale, le persone possono adottare varie strategie: la maggior parte delle persone preferisce migrare su brevi distanze, in modo da poter tornare alla propria residenza il prima possibile; i più poveri non hanno possibilità di migrare oltre i confini nazionali; solo alcuni avranno la possibilità di oltrepassare i confini nazionali. La discriminazione nei confronti dei migranti o delle minoranze etniche è diffusa in tutti i paesi europei e in diversi ambiti: scuola, lavoro, sport, relazioni quotidiane. La discriminazione su base etnico-razziale è una distinzione, esclusione basata sul colore della pelle, discendenza, etnia, che ha l’obiettivo di non garantire un uguale accesso ai diritti umani e alle libertà nella sfera politica, economica, sociale, culturale. È un comportamento, diretto o indiretto, che crea una situazione di svantaggio. È possibile distinguere diverse forse di discriminazione: ▪ Discriminazione diretta→trattamento meno favorevole rispetto ad altri ▪ Discriminazione indiretta→una prassi neutra pone uno o più gruppi in una situazione di svantaggio ▪ Discriminazione intersezionale→due o più fattori discriminanti operano simultaneamente, dando origine ad una nuova discriminazione ▪ Discriminazione multipla→persona discriminata sulla base di diversi fattori, indipendenti tra loro La discriminazione varia a seconda dei gruppi etnici di appartenenza. Un fenomeno è il paradosso dell’integrazione, secondo cui i figli dei migranti riportano livelli di discriminazione più alta rispetto a quelli delle prime generazioni. Questo paradosso è stato spiegato attraverso la teoria della deprivazione relativa e delle crescenti aspettative: il gruppo di riferimento dei figli dei migranti sono i pari nativi e non i loro genitori. I giovani con background migratorio sono più consapevoli della discriminazione subita.
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