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Riassunto Luiso parte iii processo esecutivo, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

diritto processuale civile

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Riassunto Luiso parte iii processo esecutivo e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! IL PROCESSO ESECUTIVO CAP.1 esecuzione forzata nel quadro dell'ordinamento alcune situazioni sostanziali si attuano fornendo al loro titolare poteri di comportamento in relazione ad un determinato bene e facendo semplicemente obbligo a tutti gli altri soggetti di non inframmettersi tra il titolare del diritto e il bene garantito; esistono altre situazioni in cui il diritto è garantito non dall'attività indisturbata del titolare ma da un comportamento attivo di un altro soggetto: ai fini della tutela esecutiva è sufficiente che sul piano del diritto sostanziale non sia stato tenuto quel comportamento che è necessario per dare al titolare del diritto l'utilità che l'ordinamento gli garantisce, allorchè riconosce una situazione sostanziale protetta rispetto ad un certo bene. Da un punto di vista generale la tutela dichiarativa non costituisce un prius rispetto alla tutela esecutiva perchè il presupposto può essere costituito anche da atti che non impartiscono tale tipo di tutela (atti notarili, titoli di credito), l'importante è che esista un titolo esecutivo riconosciuto come tale: esso stesso dichiara l'esistenza del diritto. CAP.2 l'esecuzione diretta e l'esecuzione indiretta Il diritto di azione e di difesa previsti e garantiti dall’art. 24 Cost., comprendono anche la tutela esecutiva: laddove ci si trovi di fronte ad obblighi di comportamento che rimangono disattesi e che sono funzionali alla soddisfazione del titolare dell’interesse protetto si avrà la tutela giurisdizionale nella forma di esecuzione forzata. All’inadempimento dell’obbligato si può reagire, in sede giurisdizionale esecutiva, con: • esecuzione diretta: si ha tutte le volte in cui l’inerzia dell’obbligato è sostituita dall’attività dell’ufficio esecutivo, il quale si attiva in luogo dell’inadempiente, compiendo ciò che quest’ultimo avrebbe dovuto fare, e facendo conseguire all’avente diritto l’utilità che gli spetta secondo il diritto sostanziale. Questa tecnica di tutela non è utilizzabile in presenza di obblighi infungibili, per cui per il titolare del diritto non è indifferente che la prestazione provenga personalmente dall’obbligato, oppure da un terzo. L’esecuzione diretta deve diversamente strutturarsi a seconda del tipo di comportamento che deve sostituire => tre diverse tecniche di tutela esecutiva diretta: a) espropriazione forzata per i crediti di denaro b) esecuzione per consegna o rilascio, per il trasferimento del potere di fatto su beni mobili o immobili c) esecuzione per obblighi di fare o non fare, per tutti i comportamenti diversi da due precedenti e siano fungibili • esecuzione indiretta: si ha in presenza di obblighi infungibili per cui si deve indurre l’obbligato ad adempiere. Ciò si può ottenere prevedendo che l’obbligato inadempiente vada incontro a conseguenze negative per lui più onerose dell’adempimento, che possono essere civili o penali: • si ha esecuzione indiretta con misure coercitive civili quando sia previsto che a cari o dell’inadempiente, una volta verificatisi i presupposti della tutela esecutiva, sorge l’obbligo di pagare una certa somma di denaro, stabilita dal legislatore, per ogni ulteriore periodo di inerzia o per ogni ulteriore violazione del dovere di astensione. Il beneficiario delle somme versate può essere lo Stato oppure la controparte • si ha esecuzione indiretta con misure coercitive penali quando sia previsto che, verificatisi i presupposti della tutela esecutiva, gli ulteriori inadempimenti dell’obbligato integrano un’ipotesi di reato l'esecuzione indiretta potrebbe essere usata in astratto sia per gli obblighi fungibili che per quelli infungibili ma si usa solo per questi perchè crea degli inconvenienti: gli strumenti coattivi operano sulla volontà dell'obbligato per cui possono non essere efficaci, oltre a questo, lo strumento coattivo di natura penale crea un ulteriore appesantimento della giurisdizione. Cosa accade se si usa l'esecuzione indiretta su un diritto che viene accertato poi come inesistente? Sono possibili due soluzioni: ai fini della sussistenza dell'illecito basterebbe il mero dato dell'inottemperanza se nelle successive fasi si accerti che il comportamento inottemperante era lecito si rimuove l'illecito → questa soluzione è conforme ai principi costituzionali per cui se non si procederebbe così si negherebbe ingiustificatamente la tutela di un diritto che non si sa essere lecito o meno CAP.3 i presupposti e il contenuto delle misure giurisdizionali esecutive Nel processo esecutivo non è rilevante accertare se esiste o meno il diritto: si presuppone che il diritto esista e che abbia bisogno di tutela esecutiva. Le caratteristiche peculiari dell’azione esecutiva sono: • unidirezionalità: non vi è contraddittorio per cui l'ufficio esecutivo o non opera o se opera lo fa con una misura che ha contenuto favorevole all'istante, il diritto contenuto nel titolo si presuppone come esistente • non esclusività: sullo stesso bene possono svolgersi molteplici azioni a parità di diritti • presupposto si un requisito formale: il titolo esecutivo CAP.4 il titolo esecutivo copie: il problema si risolve col meccanismo dell’art. 475 c.p.c. della spedizione in forma esecutiva, che permette di identificare la copia dell’atto mediante l’apposizione della formula “Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti”. Queste cautele sono però eccessive perchè il pericolo della pluralità di titoli esecutivi in circolazione è di scarsa rilevanza, in ogni caso la spedizione non ha alcuna incidenza sul diritto di procedere ad esecuzione forzata, che sussiste sempre anche se è esercitato malamente. CAP.6 l'efficacia del titolo esecutivo contro i terzi Per quanto riguarda l’efficacia del titolo esecutivo, anche questo ha il carattere della concretezza: esso individua nominativamente i destinatari dei suoi effetti, bisogna distinguere però tra efficacia • preclusiva o di accertamento • esecutiva Ci si deve chiedere se è possibile un processo esecutivo da e contro soggetti diversi da quelli individuati nominativamente dal titolo esecutivo: sicuramente non si può fondare l’efficacia del titolo esecutivo verso i terzi sulle norme che prevedono genericamente l’efficacia dell’atto verso i terzi, ma bisogna ricorrere alle norme che prevedono specificamente l’efficacia del titolo esecutivo nei confronti di determinati terzi, cercando di trarne poi un principio generale da applicare ai casi in cui non è prevista espressamente tale efficacia esecutiva: • art. 475 II comma c.p.c.: la spedizione del titolo in forma esecutiva è possibile anche a favore di soggetti, non individuate nel titolo stesso come creditori, che siano successori dell’avente diritto. Si presuppone quindi l’efficacia del titolo esecutivo a favore dei successori, dato che si dispone che il successore può farsi rilasciare il titolo esecutivo in senso documentale. Si ricava quindi che oltre alla successione nel diritto sostanziale, si ha successione anche nel diritto processuale alla tutela esecutiva, che spettava al dante causa. L’atto ha, nei confronti del successore, e relativamente al modo di essere del diritto pregiudiziale, gli stessi effetti preclusivi che ha verso il dante causa. Il successore non ha obbligo di dimostrare nemmeno documentalmente, al soggetto che deve spedire il titolo in forma esecutiva, la sua qualità di successore • art. 477 c.p.c.: il titolo esecutivo contro il de cuius ha efficacia contro gli eredi, quindi come il successore, l’erede è titolare di un obbligo connesso per pregiudizialità-connessione con l’obbligo del de cuius. L’art. 477 non impone al creditore di provare che l’esecutato è effettivamente l’erede, ma è sufficiente che colui che vuole procedere ad esecuzione forzata affermi che l’esecutato è l’erede di colui che risulta debitore secondo il titolo esecutivo. Eventuali false dichiarazioni del creditore sono fronteggiabili dall’esecutato con l’opposizione all’esecuzione e l’onere della prova della qualità di erede è a carico di chi procede ad esecuzione forzata. Al contrario dell’art 475 c.p.c. che ricomprende qualsiasi ipotesi di successione, l’art. 477 prevede solo l’ipotesi della successione a titolo universale. E’ cmq estensibile analogicamente a tutte le altre ipotesi di successione • art. 2909 c.c.: la sentenza passata in giudicato ha effetti tra le parti, gli eredi e gli aventi causa. Tale disposizione si applica quando è pronunziata sentenza di condanna ed il terzo, dopo il passaggio in giudicato della stessa, diviene titolare di un diritto o di un obbligo dipendenti da quello oggetto nella pronunzia stessa • art. 111 c.p.c.: la sentenza emessa tra le parti originarie spiega i suoi effetti anche nei confronti del successore nel diritto controverso. Tale disposizione si applica quando lo stesso tipo di successione ha luogo nel corso del processo • art. 1595 c.c.: la sentenza emessa nei confronti del conduttore ha effetto anche verso il subconduttore Riepilogando: il titolo esecutivo è utilizzabile da o contro un terzo quando costui è titolare di un diritto o di un obbligo dipendenti da quelli contenuti nel titolo esecutivo, a condizione che l’atto che funge da titolo esecutivo, abbia verso il titolare della situazione dipendente e con riferimento alla situazione pregiudiziale, gli stessi effetti che ha nei confronti del dante causa, a livello costituzionale non comporta problemi di diritto di difesa e di contradditorio (come il parallelo fenomeno che si verifica sull’efficacia della sentenza contro terzi) perché l’esecutato ha gli strumenti idonei per contestare la pretesa efficacia ultra partes del titolo, con onere della prova a carico di chi afferma tale sussistenza. CAP.7 la notificazione del titolo esecutivo e il precetto Secondo l’art. 479 c.p.c., il titolo esecutivo in senso documentale deve essere notificato all’esecutando prima dell’inizio dell’esecuzione forzata; contestualmente o successivamente deve essergli notificato anche il precetto (art. 480). Il precetto è definito come l’intimazione ad adempiere all’obbligo risultante dal titolo esecutivo in un termine non inferiore a 10 gg, salvo che sia autorizzato l’inizio immediato dell’esecuzione, con esonero dal rispetto di tale termine ex art. 482. Col precetto si intima all’esecutato di adempiere in un determinato termine avvertendolo che, in mancanza dell’adempimento, si procederà all’esecuzione forzata. Il precetto deve contenere a pena di nullità (da eccepire davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato): • indicazione delle parti (soggetti che risultano dal titolo esecutivo documentale, o ex art. 475 e 477). Se il titolo esecutivo è usato da o contro un terzo, le parti individuate nel precetto devono essere quelle nei cui confronti si svolgerà il processo esecutivo. Il precetto è dunque la necessaria attuazione del titolo esecutivo in senso documentale • data di notificazione del titolo esecutivo se fatta separatamente • trascrizione integrale del titolo, se richiesta dalla legge (es cambiale) e delle scritture private • sottoscrizione personale del creditore Deve inoltre contenere, non a pena di nullità, la dichiarazione di residenza o elezione del domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. Il precetto costituisce anche l’oggetto del titolo esecutivo: ex art. 480 c.p.c. l’intimazione deve riguardare l’adempimento di obblighi risultanti dal titolo esecutivo. Per quanto riguarda l’individuazione dei beni che saranno sottoposti ad esecuzione dobbiamo distinguere: • se al precetto segue un’esecuzione per consegna o rilascio o per obblighi di fare, bisogna identificare i beni • se al precetto segue un’espropriazione, è necessario individuare il credito tutelato, non i beni che saranno pignorati. L’art. 480 prevede che nel precetto sia contenuta l’indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo se questo è stato notificato separatamente, un’eccezione a tale obbligo è prevista per i titoli esecutivi documentali che vengono utilizzati in originale e non in copia esecutiva ex art 475. Il precetto ha funzione di domanda giudiziale: esso individua il diritto di cui si richiede la tutela esecutiva (ha la stessa funzione della citazione e del ricorso nel processo di cognizione ma con una diversità: nella citazione e nel ricorso, contestualmente all’indicazione del diritto di cui si chiede tutela, è presente anche la richiesta del provvedimento del giudice; nel precetto la richiesta di intervento all’ufficio esecutivo non è contestuale alla notifica del precetto, ma avviene successivamente). Il precetto perde efficacia se entro 90 gg dalla notifica non è iniziata l’esecuzione forzata. Ex art. 481 c.p.c. l’opposizione contro il precetto non sospende il processo esecutivo, tuttavia il creditore procedente, quando è presentata opposizione contro il precetto, non è obbligato a dar corso all’esecuzione forzata: potrà procedere ugualmente all’esecuzione assumendosi la responsabilità dei danni per l’esecuzione ingiusta, oppure aspettare l’esito del processo di opposizione, nel qual caso l’art. 481 II comma c.p.c. gli garantisce che il precetto non perde efficacia. La validità del precetto permane per tutta la durata del processo di opposizione che, se anche a distanza di tre o quattro anni l’opposizione viene rigettata, il creditore può iniziare l’esecuzione forzata senza bisogno di notificare un altro precetto. CAP.8 la struttura generale del processo esecutivo Struttura generale del processo esecutivo (artt 483-490 anche se riguardano l’esecuzione forzata): • il creditore può far espropriare i beni del debitore per soddisfarsi Il processo di espropriazione forzata è il più complesso di tutti, perché passa necessariamente attraverso tre momenti indispensabili non sostituibili: a) Individuazione e conservazione dell’elemento attivo del patrimonio del debitore, funzione svolta dal primo atto dell’espropriazione che è il pignoramento b) Trasformazione del diritto pignorato: l’elemento attivo deve essere liquidato, e quindi trasformato in una somma di denaro c) Distribuzione del ricavato: il diritto del debitore, oggetto del pignoramento, è liquidato. Siccome gli elementi attivi circolano in modo diverso sul piano del diritto sostanziale, ne consegue che l’esecuzione si deve adattare al diverso modo di circolazione. Il nostro ordinamento conosce 3 modi di circolazione: • Diritti sui beni mobili => espropriazione forzata per i beni mobili • Diritti sui beni immobili => espropriazione forzata per i beni immobili • Diritti di credito => espropriazione forzata per i crediti Sono previste altre due forme speciali di espropriazione per ipotesi particolari: • Quando oggetto dell’esecuzione è la contitolarità di un diritto su un bene, si ha l’espropriazione di beni indivisi • Quando si realizza la responsabilità senza debito, allorchè il terzo risponde con beni propri di un debito altrui, si ha l’espropriazione contro il terzo proprietario, esecutato ma non debitore. CAP.10 il pignoramento Prima Fase: Individuazione e conservazione dell’elemento attivo del patrimonio del debitore, funzione svolta dal primo atto dell’espropriazione che è il pignoramento Ex art. 491 c.p.c. il pignoramento è l’atto iniziale dell’espropriazione forzata. Con esso si individuano e si conservano i diritti del debitore sottoposti ad espropriazione. Dovendosi adattare ai diversi modi di circolazione dei diritti, esistono tre forme di pignoramento: • Mobiliare • Immobiliare • Di crediti L’art. 492 c.p.c. è stato profondamente riformato dalla riforma del 2006, e tratta del pignoramento in generale: • Primo comma: indica l’elemento comune a tutti i pignoramenti, ovvero l’ingiunzione, che l’ufficiale giudiziario fa all’esecutato nelle forme volta per volta previste dalle singole forme di pignoramento (oralmente o mediante atto a lui notificato) di astenersi dal compiere qualunque atto, diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni pignorati e gli eventuali frutti di essi • Secondo comma: prevede che con l’atto di pignoramento, l’ufficiale giudiziario debba invitare il debitore ad effettuare, presso la cancelleria del tribunale, la dichiarazione di residenza o l’elezione del domicilio in un comune del circondario del tribunale stesso. Tale dichiarazione corrisponde ad una costituzione in giudizio, la mancata dichiarazione quindi alla contumacia. In caso di mancata dichiarazione e laddove il debitore risulti irreperibile le successive notificazioni e comunicazioni gli saranno effettuate in cancelleria. • Quarto/quinto comma: introducono il dovere del debitore di manifestare il proprio patrimonio. Il presupposto perché tale dovere divenga attuale è costituito dalla insufficienza dei beni pignorati, o dalla lunga durata della loro liquidazione: quando ciò accade, l’ufficiale giudiziario invita il debitore a rendere nota l’esistenza di altri beni pignorabili, indicando il luogo in cui si trovano se beni mobili, e le generalità del terzo debitore se crediti; l’omessa o falsa dichiarazione costituisce illecito penale. Se il debitore risponde positivamente all’invito, dichiarando l’esistenza di tali beni, il pignoramento si considera fin da quel momento efficace nei suoi confronti agli effetti penale ed anche della custodia. Per il perfezionamento del pignoramento, e quindi per la sua opponibilità ai terzi, è tuttavia necessario procedere al compimento delle attività volta per volta previste dalle varie forme di pignoramento • Sesto comma: prevede la stessa disciplina del quarto/quinto comma se i beni pignorati divengono insufficienti per l’intervento di altri creditori • Settimo comma: introduce un altro meccanismo per il reperimento dei beni pignorabili. Il creditore procedente può chiedere all’ufficiale giudiziario di effettuare ricerche presso l’anagrafe tributaria e le altre banche dati pubbliche. La richiesta è possibile anche per più esecuzioni • ottavo comma: introduce una speciale forma di ispezione per gli imprenditori commerciali. Sempre su istanza del creditore procedente, ed a sue spese, l’ufficiale nomina un professionista che esamina le scritture contabili, e redige una relazione che il professionista trasmette all’ufficiale giudiziario ed al creditore istante: se dalla relazione risultano elementi attivi che il debitore non aveva dichiarato le spese sono a carico del debitore stesso. Analizziamo ora le tre forme di pignoramento: • Pignoramento mobiliare Ex artt. 513 e ss la richiesta di effettuare il pignoramento mobiliare è fatta dal creditore procedente all’ufficiale giudiziario in forma libera, che di solito è orale. Oggetto del pignoramento sono i diritti che sul bene appartengono al debitore esecutato: pignorabile è il diritto di proprietà e qualunque altro diritto reale minore che abbia il carattere della trasferibilità. Non è necessario accertare previamente che il debitore abbia la proprietà del bene, ma bisogna verificare l’appartenenza: tutte le volte in cui l’appartenenza non coincide con la proprietà del bene, diviene utilizzabile l’opposizione di terzo. Dobbiamo distinguere tra: • Oggetto dell’esecuzione, che è la titolarità in capo all’esecutato, di un diritto trasferibile sul bene pignorato • Oggetto del processo esecutivo, che è invece l’appartenenza del bene L’art. 513 c.p.c. ci fornisce la definizione di appartenenza, e disciplina il pignoramento mobiliare diretto, per cui sono previste tre ipotesi: • Possono essere pignorati i beni mobili che si trovano in un bene immobile appartenente al debitore => si parla di disponibilità materiale del debitore di questi beni immobili, a prescindere da qualsiasi titolo che possa legittimare tale disponibilità: a queste condizioni scatta l’appartenenza • Su ricorso del creditore, il giudice può autorizzare il pignoramento mobiliare anche in relazione a beni che non si trovano in immobili appartenenti al debitore, ma dei quali egli può direttamente disporre senza che colui a cui appartiene l’immobile in cui si trovano i beni mobili, possa rifiutare all’esecutato di disporre direttamente di tale bene mobile • L’ufficiale giudiziario sottopone a pignoramento le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli: quindi il debitore non ha disponibilità materiale del bene mobile, in quanto è in possesso o detenzione di un terzo => due possibilità: • Il terzo riconosce volontariamente che il bene posseduto è di proprietà del debitore e ne consente il pignoramento • Il terzo rifiuta il consenso al pignoramento diretto, e diviene necessario il pignoramento presso terzi. Gli artt. 514-515-516 c.p.c. indicano una serie di cose mobili per cui è assolutamente (art. 514: cose sacre e cose che servono all’esercizio del culto, anello nuziale, elettrodomestici, vestiti, biancheria indispensabili per debitori e suoi conviventi..commestibili e combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore, armi ed oggetto che il debitore ha obbligo di conservare per adempimento di un pubblico servizio, scritti di famiglia e manoscritti, salvo che formino parte di una collezione) o parzialmente (art.515: cose che il proprietario di un fondo vi tiene per il servizio e la coltivazione del fondo) escluso il pignoramento, oppure consentito a determinate condizioni (art. 516: frutti non ancora raccolti o separati dal suolo, bachi di seta). Le questioni relative alla pignorabilità dei beni danno luogo ad opposizione all’esecuzione. Il pignoramento mobiliare si svolge attraverso la ricerca dei beni mobili nei luoghi previsti dall’art. 513 e coi limiti previsti dagli artt. 514-516, da parte dell’ufficiale giudiziario. Ex art.517 l’ufficiale deve preferire i beni di maggior valore e di più sicura realizzazione e, al di fuori di tali beni, deve scegliere le cose che possono essere liquidate più facilmente. Man mano che individua i beni, li descrive, creditore riceve dal terzo la raccomandata, nella quale quest’ultimo rende una dichiarazione conforme a quanto contenuto nell’atto di pignoramento, egli all’udienza produce la lettera, e il processo esecutivo può andare avanti, in quanto il pignoramento è perfezionato. Se, viceversa, il creditore non riceve risposta dal terzo, oppure riceve risposta insoddisfacente, all’udienza dovrà proporre la domanda ex art. 548 c.p.c.: se non lo fa il pignoramento perde effetti. Quindi, il pignoramento dei crediti è una fattispecie in formazione progressiva: gli effetti si producono provvisoriamente dal momento della notificazione dell’atto, e sono condizionati al perfezionamento della fattispecie, e se questa non si perfeziona, gli effetti sono eliminati retroattivamente. Per quanto riguarda l’appartenenza, nell’espropriazione dei crediti, il pignoramento si perfeziona sulla base della dichiarazione del terzo debitore, il cui accertamento è equivalente a quello che deriva dalla sentenza infatti: a) nell’espropriazione immobiliare basta la semplice affermazione, da parte del creditore procedente, che il debitore è titolare di un diritto sul bene immobile, se ciò non fosse vero sarà successivamente sottoposto a vittoriosa opposizione di terzo b) nell’espropriazione mobiliare basta che l’oggetto si trovi in luoghi nella disponibilità del debitore c) nell’espropriazione di crediti il pignoramento si perfeziona sulla base della dichiarazione del terzo debitore dell’effettiva esistenza del credito Se manca la dichiarazione del terzo si deve procedere con l’accertamento giudiziale dell’effettiva esistenza del diritto pignorato. Ex art. 548 c.p.c., il giudice procede ad accertamento giudiziale non d’ufficio, ma su istanza di parte: la domanda di accertamento ha per oggetto il diritto di credito del debitore verso il terzo, o la proprietà in capo al debitore del bene mobile in possesso del terzo. Tale istanza è proposta dal creditore procedente o da eventuali altri creditori intervenuti nel processo e legittimati in quanto muniti di titolo esecutivo. Il debitore esecutato, che si vede contestata o non riconosciuta l’esistenza di un suo diritto da parte del terzo, non può proporre domanda in questa sede, ma può farlo separatamente in un processo autonomo, Il pignoramento individua e conserva il diritto pignorato per adibirlo alla tutela del creditore procedente. Se oggetto dell’accertamento è l’esistenza del diritto di credito con riferimento alla data del pignoramento, spetta al creditore dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi del credito e al terzo debitore l’esistenza dei fatti modificativi, impeditivi ed estintivi del proprio debito, e se tali fatti dipendono da atti di disposizione o pagamenti, devono essere anteriori alla data di pignoramento. Siccome da quella data il diritto si è autonomizzato, rispetto a tali atti dispositivi il creditore pignorante è terzo, quindi per dimostrare l’esistenza di tali fatti attraverso scritture private, il terzo deve dimostrare che tali atti hanno data certa anteriore alla notifica di pignoramento. Lo stesso vale per la quietanza. La sentenza che accerta l’esistenza del diritto pignorato ha tale oggetto: il creditore pignorante ha validamente costituito oggetto del processo di espropriazione la situazione creditoria tra debitore esecutato e terzo debitore. Tale sentenza non accerta, con efficacia anche nei rapporti tra il debitore esecutato ed il terzo debitore, l’esistenza del diritto di credito: il fatto estintivo è in opponibile al creditore, ma è pienamente efficace verso il debitore esecutato. Se dopo la sentenza di accertamento, per una qualunque ragione il credito pignorato no viene liquidato, l’ex esecutato non può chiedere al suo debitore l’adempimento, fondandosi sulla sentenza che ha accertato l’esistenza del credito, perché quel fatto estintivo, che il giudice non ha potuto considerare nel processo in quanto in opponibile al creditore, è pienamente opponibile al debitore: la sentenza quindi non forma giudicato tra debitore esecutato e terzo debitore. CAP. 11 gli effetti conservativi del pignoramento Vediamo ora gli effetti del pignoramento. Il pignoramento ha lo scopo di impedire che la circolazione del diritto pignorato pregiudichi il creditore che effettua il pignoramento. I suoi effetti sono disciplinati dai seguenti articoli del c.c.: A. Ex art. 2912 c.c. il pignoramento comprende le pertinenze, gli accessori e i frutti del bene pignorato: i frutti maturati dopo il pignoramento vengono acquisiti all’esecuzione. Sappiamo però nel pignoramento dei beni immobili è possibile che il pignoramento cada su beni di cui l’esecutato non abbia il possesso, dato che il pignoramento immobiliare non presuppone che il bene immobile sia posseduto dall’esecutato: in tal caso l’non è applicabile l’art. 2912 e gli eventuali frutti continuano ad essere percepiti dall’effettivo possessore del bene in questione. Quindi se il bene immobile pignorato è in possesso dell’esecutato, si applicano le norme sulla custodia: il debitore diviene custode del bene coi relativi obblighi dell’art. 2912, e i frutti maturati dopo il pignoramento sono percepiti solo materialmente dall’esecutato che non può farli propri ma conservali nell’interesse dell’esecuzione. Se il bene pignorato è posseduto da terzi al momento del pignoramento, allora il debitore esecutato non può diventare custode, perché non ne ha originariamente il possesso, e i frutti non possono essere da lui percepiti in quanto non possessore => il debitore esecutato, possessore del bene al momento del pignoramento perde il possesso del bene: se ne mantiene la disponibilità materiale, ciò avviene a titolo di custodia. B. Ex art. 2913 c.c., gli atti di alienazione dei beni pignorati non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente e degli eventuali creditori che intervengano nell’esecuzione. Vi è però un’eccezione: il possesso di buona fede per i beni mobili non iscritti in pubblici registri. Il debitore esecutato può far nascere a favore di un terzo, a titolo orinario, un diritto sul bene pignorato sulla base della regola del 1153 c.c. (acquisto in buona fede di beni mobili). Il terzo acquirente del bene mobile pignorato che riceve il possesso in buona fede, acquista un diritto che è opponibile anche al creditore procedente, e che travolge gli effetti del pignoramento. L’atto di alienazione del bene pignorato trasferisce efficacemente la proprietà sul piano sostanziale erga omnes, anche nei confronti del creditore procedente, ma tale trasferimento non è idoneo a fondare un’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c.: se l’acquirente del bene pignorato fonda la sua opposizione su un atto di disposizione inefficace ex art. 2913 rispetto al creditore, l’opposizione deve essere rigettata. L’art. 2913 estende l’inopponibilità degli atti di disposizione del bene pignorato anche ai creditori che intervengono nell’esecuzione. Ex art. 2913 c.c. oggetto dell’espropriazione rimane cmq il diritto del debitore, non quello dell’acquirente del bene pignorato. C. L’art. 2914 c.c. costituisce l’applicazione dell’art. 2913 c.c.: individua i criteri per risolvere il conflitto tra l’esecuzione e gli aventi causa del debitore esecutato, cioè coloro che abbiano acquistato diritti sul bene pignorato, e quindi fornisce le regole della priorità tra l’atto di pignoramento e l’atto di alienazione: C..ase prioritario è l’atto di pignoramento, si verifica l’inefficacia ex art. 2912 C..bse prioritario è l’atto di alienazione, si applica la regola dell’efficacia dell’atto di alienazione nei confronti del creditore procedente, e quindi l’acquirente prevale sul creditore, salvo l’esperimento da parte di quest’ultimo in separata sede, delle azioni di tutela del creditore (revocatoria, simulazione…) L’art. 2914 c.c. prevede quattro fattispecie che risolvono il conflitto tra creditore procedente e terzo acquirente dal debitore esecutato: .a con riferimento ai beni immobili, si stabilisce che tra l’avente causa del debitore esecutato e il creditore pignorante prevale colui che per primo ha trascritto, rispettivamente, l’atto di acquisto o il pignoramento .b nell’ipotesi in cui oggetto di pignoramento è un credito che sia stato ceduto da parte del debitore esecutato ad un terzo, il conflitto tra creditore pignorante e il cessionario si risolve sulla base della priorità tra pignoramento e notificazione della cessione al debitore ceduto, o l’accettazione della cessione da parte di costui con atto di data certa .c in caso di doppia alienazione di universalità di mobili, il creditore procedente è equiparato ad un avente causa del debitore esecutato, in quanto si applica il criterio generale dell’atto di data certa anteriore .d per quanto riguarda il conflitto tra il creditore pignorante e l’acquirente di un bene mobile dal debitore esecutato, colui che ha acquistato il bene mobile dal debitore prevale sul creditore procedente in due casi: .i se ha conseguito in buona fede il possesso del bene prima del pignoramento (piena applicazione dell’art. 1155 c.c.) .ii se il suo acquisto risulta da un atto di data certa anteriore al pignoramento con il pignoramento il possesso viene si tolto al debitore però ciò non fa acquisire al creditore pignorante una situazione possessoria perché il suo diritto ha solo natura processuale e non sostanziale tanto dal condensarsi in un diritto reale, il cui esercizio possa essere qualificato come possesso F 0E 0 possesso • Pignoramento nelle mani dell’ufficiale giudiziario (art. 494 c.p.c. I comma): il debitore esecutato può adempiere nelle mani dell’ufficiale giudiziario, e quindi non si ha esecuzione forzata perché si evita il pignoramento. L’ufficiale giudiziario, invece di effettuare il pignoramento, riceve la somma che consegna al creditore. • Denaro Oggetto di Pignoramento (art. 494 III comma c.p.c.): il debitore dà all’ufficiale giudiziario una somma di denaro maggiorata del 20%, che viene percepita dall’ufficiale giudiziario come oggetto di pignoramento. In questo caso la somma non sarà data al creditore, ma versate dall’ufficiale giudiziario nelle casse dell’esecuzione: l’ufficiale deposita quindi il verbale di pignoramento insieme al denaro, il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione e si apre il processo di espropriazione. • Conversione del Pignoramento (art. 495): si ha una sostituzione dell’oggetto del pignoramento. Originariamente sono stati pignorati beni del debitore e successivamente il debitore sostituisce i beni pignorati con una somma di denaro (si realizza quindi ex post il meccanismo dell’art. 494 III comma). Bisogna tenere conto che se ci sono stati interventi di altri creditori, la somma da versare non è calcolata solo sulla base del credito del creditore procedente, ma anche dei crediti dei creditori intervenuti. La conversione può essere fatto da un qualunque soggetto. • Riduzione del Pignoramento (art. 496 c.p.c.): su istanza del debitore o d’ufficio, quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti, il giudice, sentiti i creditori può disporre la riduzione del pignoramento. Devono essere stati pignorati più beni. Con la riduzione, alcuni beni vengono liberati dal pignoramento e tornano in libera disponibilità del debitore esecutato • Cessazione dell’efficacia del pignoramento (art. 497 c.p.c.): all’avvenuto pignoramento deve seguire in un termine minimo di dieci e massimo di novanta giorni, la richiesta di liquidazione del bene. In caso di espropriazione immobiliare, se si il pignoramento perde efficacia ai sensi dell’art. 497, bisogna procedere anche alla cancellazione della trascrizione del pignoramento ex art. 562 c.p.c., che si effettua trascrivendo un altro atto in cui si dichiara che il pignoramento è divenuto inefficace. Un’altra disciplina inerente alla cessazione dell’efficacia, è quella degli artt. 2688 bis- ter c.c. che estende alla trascrizione del pignoramento la disciplina della trascrizione delle domande giudiziali (ha efficacia per vent’anni, prima della scadenza dei quali la trascrizione deve essere rinnovata, altrimenti perde effetti): se l’esecuzione forzata dura più di vent’anni, prima della scadenza del ventennio della trascrizione del pignoramento, questa deve essere rinnovata, altrimenti la trascrizione del pignoramento perde effetti. Tutto quello visto serve per tutelare il principio del contraddittorio nei confronti di colui che subisce l’esecuzione; un altro elemento importante che è possibile ricavare riguarda i rapporti fra entità del credito e valore dei beni pignorati perché se questo fosse eccessivo gli strumenti a disposizione del debitore portano alla liberazione dei beni per la parte eccedente, ma mai alla dichiarazione di nullità del provvedimento e dunque alla caducazione dell’esecuzione. CAP. 13 l’intervento dei creditori L’intervento dei creditori trova il suo fondamento negli artt. 2740 (il debitore risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri) -2741 (i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione: privilegio, pegno, ipoteca) c.c. => l’unico meccanismo che incide sulla par condicio creditorum sono le ragioni di prelazione che esistono sulla base del diritto sostanziale anche se la vera portata va ricercata all’interno del diritto processuale. Fino alla riforma del 2006 tutti i creditori avevano la possibilità di intervenire nell’esecuzione aperta da uno di essi, per chiedere la soddisfazione del proprio diritto sulla base delle regole previste dal diritto sostanziale. L’art. 499 I comma c.p.c., così come riformato, limita l’intervento a: • chi ha titolo esecutivo, anche successivo al pignoramento • chi, al momento del pignoramento, ha un credito garantito da pegno, prelazione scritta, o sequestro • chi, al momento del pignoramento, è titolare di un credito risultante dalle scritture contabili I creditori che non appartengono a tali categorie non avranno alcuna possibilità di soddisfarsi a meno che non ricorrano alla tutela di urgenza ex. Art.700 c.p.c., allegando il pregiudizio imminente ed irreparabile, che si concretizza nell’evaporarsi della garanzia patrimoniale del loro debitore. La riforma tradisce il principio della par condicio perché non si dà tutela processuale ad un diritto sostanziale, quindi questa scelta è incostituzionale, non tanto per la limitazione quanto per non aver previsto un istituto alternativo per i tipi di credito esclusi. Per intervenire il creditore deve depositare, nella cancelleria del giudice dell’esecuzione, un ricorso contenente l’indicazione del credito e del titolo di esso, nonché la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata (art. 499 II comma c.p.c.). Se l’intervento si fonda sulle scritture contabili, queste debbono essere allegate all’atto di intervento in copia autentica. Il creditore non munito di titolo esecutivo, e che abbia cmq il potere di intervenire nell’esecuzione ex art. 499 I comma, deve notificare al debitore l’atto di intervento e l’eventuale copia autentica delle scritture contabili. L’art. 499 V e VI comma istituisce una sorta di procedimento per la verificazione del credito per i soli creditori legittimati ad intervenire, ma senza titolo esecutivo: con la stessa ordinanza con cui dispone sulla vendita e sull’assegnazione, il giudice dell’esecuzione fissa un’udienza dinanzi a sé per la comparizione del debitore e dei creditori non muniti di titolo esecutivo. L’ordinanza è notificata, a cura di una delle parti, ai creditori ed al debitore. All’udienza fissata, se il debitore non compare, o comparendo riconosce l’esistenza di tutto o in parte dei crediti, questi acquisiscono il diritto di essere soddisfatti; se invece i crediti sono tutto o in parte contestati, il creditore ha l’onere di proporre, entro 30 gg, una domanda idonea di munirlo di titolo esecutivo: in tal caso ha diritto all’accantonamento delle somme. Gli effetti dell’intervento sono previsti in generale dai seguenti articoli: • l’art. 500 c.p.c. fa riferimento a due conseguenze dell’intervento: il diritto di prendere parte alla distribuzione del ricavato, ed il diritto di partecipare attivamente al processo esecutivo. Tali conseguenze sono incondizionatamente assicurate ai creditori che intervengono muniti di titolo esecutivo, mentre chi interviene senza titolo può prendere parte alla distribuzione del ricavato solo se verificano le condizioni previste dall’art. 499 VI comma e, pur partecipando all’espropriazione, non ha il potere di compiere gli atti necessari per farla procedere verso la liquidazione del bene pignorato • gli artt. 526-564 (rispettivamente per i beni mobili e per i beni immobili) stabiliscono che i creditori intervenuti partecipano all’espropriazione e se muniti di titolo esecutivo possono provocarne i singoli atti (di cui il più importante è l’istanza di vendita, che deve essere effettuata in un termine non inferiore a 10 gg e non superiori a 90 gg dal pignoramento, in mancanza della quale il processo esecutivo si estingue) La distinzione tra creditori con e senza titolo esecutivo vale finchè non sia effettuata la vendita, prima di questa se è munito di titolo esecutivo può partecipare all’espropriazione (quindi partecipare a tutti gli effetti al processo esecutivo) e provocarne i singoli atti come la sopracitata istanza di vendita, gli atti del creditore pignorante e di quelli intervenuti devono essere coordinati tra loro per evitare attività superflue e ripetitive F 0E 0 la posizione dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo è lampante ex interpretazione giurisprudenziale dell’art. 631 per cui la mancata comparizione a due udienze consecutive comporta l’estinzione del processo, la giurisprudenza afferma che deve essere sempre presente almeno uno di questi creditori per non considerare deserta l’udienza. Dal momento in cui il bene è trasformato in denaro, si perde tale distinzione, questo per due motivi: • la fase di distribuzione avviene d’ufficio senza atti di impulso di parte • l’art. 629 c.p.c., disciplinando la rinuncia agli atti del processo esecutivo, stabilisce che la rinuncia, se ha luogo prima della chiusura della fase di liquidazione, deve provenire da tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, mentre se la rinuncia ha luogo dopo la vendita, deve provenire da tutti i creditori intervenuti. L’irrilevanza del titolo esecutivo dopo la vendita ha fatto sostenere a parte della dottrina che l’espropriazione sarebbe divisa in due fasi: a. aggressione del patrimonio del debitore, che inizia con il pignoramento e finisce con la vendita; b. distribuzione del ricavato, che non avrebbe le stesse caratteristiche della fase espropriativa. Questa bipartizione è contestata da una norma contraria, specialmente quando presuppone che la fase successiva alla vendita non sarebbe più regolata da norme di diritto processuale, ciò non può essere e lo stabilisce l’art. 632 che dice che se il processo si estingue dopo la vendita la somma ricavata è consegnata al debitore F 0E 0 ciò e la vendita di tutti gli altri beni. Per proporre istanza di vendita occorre essere muniti di titolo esecutivo, e questa può essere proposta dal creditore procedente o da qualsiasi atro creditore. Mancando l’istanza il pignoramento perde efficacia, i creditori senza titolo esecutivo attenderanno un eventuale nuovo pignoramento in cui potranno intervenire. I modi per procedere alla liquidazione sono: • assegnazione il diritto pignorato viene trasferito ad uno dei creditori (procedente o intervenuti). L’assegnazione può assumere due diverse forme: • assegnazione satisfattiva: il creditore si rende assegnatario soddisfacendosi in tutto o in parte del proprio credito attraverso l’attribuzione del diritto pignorato. Si ha quindi, con un unico atto, un duplice effetto: effetto traslativo del diritto pignorato dal debitore al creditore; effetto estintivo, totale o parziale, del credito dell’assegnatario verso il debitore • assegnazione-vendita: il creditore assegnatario, per rendersi tale, paga una somma di denaro. Non si soddisfa quindi il suo credito, perché il corrispettivo del trasferimento del diritto non viene da lui trattenuto ad estinzione del suo credito, ma è da lui versato e poi sarà oggetto di distribuzione come se il bene pignorato fosse stato venduto. • vendita il diritto pignorato viene trasferito ad un qualunque soggetto, tranne il debitore esecutato I rapporti tra assegnazione e vendita sono i seguenti: • vi sono beni che devono essere assegnati senza un previo tentativo di vendita, cioè i beni pignorati scaduti o che scadono entro 90 gg => assegnazione coattiva (prescinde dalla domanda dei creditori) • vi sono beni che possono essere assegnati senza un previo tentativo di vendita, cioè i titoli di credito e le altre cose il cui valore risulta dal listino di borsa o di mercato (il valore dei beni risulta dal listino) => assegnazione volontaria (ha luogo su istanza del creditore) • vi sono beni che devono essere assegnati dopo un tentativo di vendita fallito, cioè gli oggetti d’oro e d’argento che non possono essere venduti per un prezzo inferiore al valore intrinseco, e che se restano invenduti sono assegnati per tale valore ai creditori (art. 539 c.p.c.) => assegnazione coattiva (prescinde dalla domanda dei creditori) • tutti gli altri beni possono essere assegnati dopo un primo tentativo di vendita fallito => assegnazione volontaria (ha luogo su istanza del creditore) Per evitare che l’assegnazione avvenga ad un prezzo di favore, in base ad un accordo dei creditori tra loro, viene stabilito un valore minimo di assegnazione, ex art. 506 c.p.c. per cui “l’assegnazione può essere fatta soltanto per un valore non inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell’offerente. Se il valore del bene eccede, sull’eccedente concorrono l’offerente e gli altri creditori osservate le cause di prelazione che li assistono” => il valore dell’assegnazione è il maggiore tra il valore di stima del bene e la somma delle spese di esecuzione e dei crediti che hanno prelazione e che sono collocati anteriormente al creditore offerente. Quando, decorsi 10 gg dal pignoramento ed entro 90 gg dallo stesso, viene fatta un’istanza di vendita o di assegnazione, il giudice deve fissare l’udienza per l’audizione delle parti, le quali possono fare osservazioni circa l’assegnazione e circa tempo e modalità della vendita. Le parti devono proporre a pena di decadenza le opposizioni agli atti esecutivi se non sono già decadute dal diritto di proporle: se non è ancora decorso il termine per proporre l’opposizione agli atti esecutivi pregressi o altri motivi di decadenza le parti devono proporre le opposizioni agli atti esecutivi; questo sbarramento ripulisce il processo di tutte le nullità anteriori all’udienza. Inoltre, l’emanazione del provvedimento di liquidazione è condizionato dal previo accertamento dell’inesistenza di nullità del processo esecutivo per cui se è stata proposta opposizione agli atti esecutivi, prima deve essere risolta questa questione di rito F 0E 0 è necessario instaurare un processo di cognizione incidentale perché il processo esecutivo non è adatto per risolvere le controversie, per cui si avrà bisogno di un meccanismo di raccordo tra i due processi. La previsione ex artt 530 e 569 ricostituisce normativamente la necessaria pregiudizialità tra rito e merito per cui stabiliscono che ci sia la decisione con sentenza dell’opposizione agli atti esecutivi e dopo la pronuncia di ordinanza di vendita o assegnazione, le strade possibili sono due: • si aspetta il giudicato • si afferma sufficiente la sentenza di primo ed unico grado, ed irrilevante la sua impugnazione La soluzione più corretta è senz’altro la prima perché sennò si negherebbe la ratio espressa precedentemente. Una volta arrivati ad un punto di accordo il giudice dispone con ordinanza la vendita forzata o l’assegnazione attribuendo un valore al bene che è stato pignorato in via definitiva con l’ausilio di un soggetto competente che è lo stimatore. CAP. 15 le singole forma di vendita forzata Nel caso in cui non abbiamo opposizioni agli atti, non si è raggiunto un accordo, o c’è stata sentenza passata in giudicato che rigetta le opposizioni, il giudice dispone con ordinanza la vendita forzata, o l’assegnazione ove possibile, e si attribuisce un valore al bene che è stato pignorato che varia a seconda dei tipi di beni, in quanto assoggettati a diverse modalità di liquidazione: • Vendita mobiliare: la disciplina è unitaria per l’espropriazione diretta e per quella di beni mobili che il debitore ha presso terzi, i modi di liquidazione del bene mobile sono essenzialmente due: • vendita a mezzo commissionario: è disciplinata dagli artt. 532-533 c.p.c. Consiste nell’affidare la vendita del bene mobile, previamente stimato da un esperto, per un prezzo minimo stabilito dal giudice, ad un soggetto il quale lo vende a trattativa privata, attraverso un contratto che egli stipula con l’acquirente. L’incarico è normalmente conferito al’istituto vendite giudiziarie, con un'unica eccezione del caso in cui si tratti di beni con caratteristiche peculiari, che consigliano di rivolgersi ad un commerciante specializzato nel settore. Il commissionario ha diritto ad un compenso che stabilisce il giudice stesso, deve documentare la vendita e versare la somma che ha ricavato nelle casse dell’esecuzione. • vendita all’incanto: è disciplinata dagli artt. 534-537 c.p.c. La vendita può essere affidata al cancelliere o all’ufficiale giudiziario, o ad un istituto all’uopo autorizzato. Viene stabilito un prezzo minimo per l’incanto, viene fissata la data dell’incanto, e nei giorni precedenti all’incanto l’incaricato si reca a ritirare i beni mobili dal custode, in quanto la vendita all’incanto dei beni mobili avviene in presenza del bene. L’aggiudicazione è fatta al maggior offerente. Il trasferimento della proprietà avviene al momento di pagamento del prezzo Può darsi che la vendita del bene non abbia luogo in queste due forme, perché non si trova nessuno che offra il prezzo minimo di stima. Si ha così la vendita fallita, cioè la vendita non effettuata per mancanza di offerenti. L’art. 538 c.p.c. prevede due possibilità: • si ha assegnazione del bene, su richiesta di uno o più creditori, per il valore di stima che il giudice ha determinato prima di procedere alla vendita dello stesso • se nessuno chiede l’assegnazione, l’incaricato effettua una seconda vendita all’incanto ad un prezzo base inferiore del 20% rispetto al precedente (non può essere fatta per oggetti d’oro e d’argento, i quali, se invenduti, devono essere coattivamente assegnati per il loro valore intrinseco) In caso di beni mobili registrati, gli art. 534 bis-ter c.p.c., prevedono che il giudice può delegare le operazioni di vendita con incanto o senza incanto, all’istituto di vendite giudiziarie o ad un professionista (notaio, avvocato, commercialista) iscritto nell’apposito elenco presso il tribunale. Si ha la stessa disciplina della vendita su delega degli immobili (art. 591 bis). • Liquidazione dei Crediti: come sappiamo, per la perfezione del pignoramento, sono necessarie o una dichiarazione conforme del terzo, oppure una sentenza che accerta l’esistenza del credito pignorato. Perfezionato il pignoramento, si può procedere alla liquidazione del credito, che avviene attraverso il trasferimento del credito dal debitore esecutato che ne è titolare, ad un soggetto diverso, che poi compirà l’attività necessaria per la riscossione. Il trasferimento del credito costituisce una cessione del credito: l’assegnatario è un cessionario che diventa il nuovo titolare del credito; il terzo debitore diventa a sua volta debitore dell’assegnatario, e si applicano tutte le regole della cessione circa l’opponibilità al cessionario delle eccezioni da parte del debitore ceduto, tenendo però presente che in questo caso le eccezioni opponibili dal terzo debitore all’assegnatario non possono contrastare con il contenuto vincolante della dichiarazione o della sentenza. Inoltre il terzo debitore non può opporre all’assegnatario o all’acquirente del credito le eccezioni che non può opporre al creditore procedente. del bene e la cauzione che aveva versato l’acquirente viene incamerata nelle casse dell’esecuzione; inoltre se nella rivendita, il bene spunta un prezzo minore, per la differenza tra il presso offerto e non pagato e il prezzo minore ottenuto nella rivendita resta obbligato il soggetto offerente ed inadempiente). Se il versamento viene effettuato il giudice emette il decreto di trasferimento, con cui si dispone la cancellazione del pignoramento e delle iscrizioni ipotecarie. Un’importante novità introdotta dalla riforma del 2006, riguarda la possibilità che l’aggiudicatario finanzi il proprio acquisto mediante mutuo ipotecario: in questo caso, mutuante e mutuario possono stabilire, a garanzia del mutuante, che le somme siano versate all’esecuzione contestualmente all’iscrizione dell’ipoteca; se questo accade la trascrizione del decreto di trasferimento deve essere contestuale al’iscrizione ipotecaria. Parte della dottrina sostiene che il trasferimento del bene avviene al momento dell'aggiudicazione, l'articolo 586 sembra suggerire la soluzione contraria per tre motivi: • stabilisce espressamente che il decreto trasferisce il bene al aggiudicatario • il decreto di trasferimento è titolo per la trascrizione • il giudice non può pronunciare il decreto quando ritiene che il prezzo di aggiudicazione non corrisponda al valore effettivo del bene per questi motivi il trasferimento avviene con il decreto è dunque l'aggiudicazione. Anche l'effetto purgativo della vendita forzata si ricava da quest'articolo, questa disposizione non è molto opportuna perché l'estinzione dell'ipoteca a garanzia di un credito a lungo termine costringe il creditore ipotecario a partecipare all'espropriazione del bene, dovrebbe essere concessa al creditore ipotecario la possibilità di scegliere di soddisfarsi sul ricavato, con estinzione dell’ipoteca, oppure mantenerla nei confronti del aggiudicatario, ciò è invece possibile solo sulla base di un accordo fra creditore ipotecario ed aggiudicatario sulla base dell'articolo 508. Il decreto di trasferimento costituisce titolo esecutivo per il rilascio, cioè per ottenere la consegna del bene acquistato: per questo il decreto contiene l’ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l’immobile venduto; il pignoramento immobiliare è attuato dall’ufficiale giudiziario sulla base delle indicazioni del creditore procedente, delle quali questi si assume responsabilità, sottoscrivendo quella parte dell'atto di pignoramento che le contiene; con la notificazione del pignoramento immobiliare l’esecutato vede trasformato il suo possesso in custodia per cui bisogna distinguere le ipotesi in cui il bene immobile pignorato è assoggettato alla custodia del debitore esecutato (il decreto di trasferimento costituisce titolo esecutivo per il rilascio nei confronti del custode) dalle ipotesi in cui il bene è nel possesso di un estraneo (il titolo esecutivo non ha effetto nei confronti di questi, ma dovrà agire con i normali strumenti che il diritto sostanziale è processuale a sua disposizione). Ex art. 588 c.p.c. ciascun creditore può chiedere l’assegnazione del bene immobile, per la somma maggiore tra il valore del bene secondo stima da un lato, e dall’altro i crediti e le spese di giustizia aventi prelazione anteriore al richiedente. L’istanza di assegnazione deve essere avanzata dal creditore almeno 10 gg prima della data fissata per l’incanto, per l’ipotesi in cui esso fallisca. Se non si provvede all’assegnazione, il giudice può provvedere in due modi: • dispone una nuova vendita all’incanto: il giudice può stabilire nuove condizione di vendita, oppure fissare un prezzo base inferiore del 25% al precedente. Non si procede direttamente ad un nuovo incanto, ma si ripercorre tutto l’iter. • dispone l’amministrazione giudiziaria del bene immobile, in due casi: • quando il bene produce dei frutti tali da poter soddisfare i creditori: il bene viene affidato al custode, il quale lo gestisce, ne prende i frutti, e se con essi si soddisfano tutti i creditori, l’amministrazione giudiziaria cessa e il bene viene restituito al debitore, altrimenti entro 3 anni bisogna procedere ad ulteriore vendita • se nel mercato è un momento in cui le offerte di acquisto sono scarse, il giudice può decidere di aspettare che il mercato si rialzi. Alcune attività del processo esecutivo a essere delegate ai professionisti, accade per la vendita dei beni immobili (articoli 534-bis e 534-ter) e dei mobili registrati (articoli 591-bis e 591-ter), altro che sinistra vengono affidate le attività che non si svolgono all'ufficio esecutivo ma presso la sede del professionista per cui anche la vendita non ha luogo in pubblica udienza. Il professionista quindi deve: determinare il prezzo della vendita, a dare pubblicità della stessa, effettuare la vendita senza incanto ed eventualmente quella successiva all'incanto, ad aggiudicare il bene, ricevere il pagamento del prezzo, predisporre il decreto di trasferimento, che resta, anche in caso di delega atto del giudice dell'esecuzione. nel corso delle operazioni affidate al professionista sono difficoltà, il professionista può rivolgersi al giudice dell'esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti possono proporre reclamo al giudice dell'esecuzione: il reclamo è deciso con ordinanza nei confronti della quale può essere proposto opposizione agli atti esecutivi. CAP. 16 gli effetti sostanziali della vendita e dell'assegnazione la vendita forzata è un fenomeno essenzialmente processuale; ciò comporta che anche negli atti che compie l'acquirente sono atti del processo esecutivo e che il provvedimento di trasferimento è un atto dell'esecutivo, la vendita è quindi un procedimento giurisdizionale che però, siccome si muove sempre in vista del diritto sostanziale, naturalmente effetti di diritto sostanziale F 0E 0 di questi effetti si occupano gli articoli da 2919 a 2929 codice civile. Ex art. 2919 c.c., la vendita forzata trasferisce all’acquirente i diritti che sulla cosa spettano a colui che ha subito l’espropriazione. Si ha quindi un acquisto a titolo derivativo: la misura dell’acquisto è determinata dalla misura del diritto sul dante causa questo perché si impostava la discussione sulla base del presupposto che acquisto a titolo derivativo significasse acquisto consensuale ed acquisto a titolo originario significasse acquisto che prescinde dal consenso dell'alienante: ma con il termine di derivativo e originario oggi si vuole connotare un altro fenomeno, cioè oggi si ritiene che acquisto a titolo derivativo significhi acquisto che porta alla sussistenza in capo al dante causa di una stazione sostanziale uguale o maggiore di quella acquistata e che acquisto a titolo originario significhi invece acquisto che avviene anche se in capo ad un eventuale dante causa non esiste un diritto uguale o maggiore di quello acquistato. Dal punto di vista, le regole generali della vendita forzata è quella dell'acquisto titolo derivativo facendo salvi i diritti dei terzi veri proprietari; in conclusione attualmente la vendita forzata si considera a titolo derivativo ma rilevante non è la situazione di diritto sostanziale sussistente in capo all’esecutato nel momento che si crea il titolo di trasferimento, bensì la situazione di diritto sostanziale esistente in capo all’esecutato nel momento in cui viene effettuato il pignoramento. Inoltre si ha inopponibilità dei diritti dei terzi al creditore pignorante e ai creditori intervenuti. Dobbiamo specificare, però, che il richiamo ai creditori intervenuti indica che in certi casi alcuni diritti di terzi, opponibili al creditore pignorante, sono in opponibili ad altri creditori che intervengono nell’esecuzione. A tal proposito, l’art. 2812 c.c., in relazione al creditore ipotecario, distingue due categorie di terzi acquirenti di diritti sulla cosa ipotecata: • titolari di servitù, usufrutto, uso e abitazione: i diritti appartenenti a questi terzi non sono opponibili al creditore ipotecario, che può far vendere la cosa come libera. Quindi tali soggetti non divengono soggetti espropriati, e non assumono la qualità di esecutato. I titolari dei diritti di servitù, usufrutto, uso e abitazione non divengono esecutati perché non sono titolari di un diritto suscettibile di trasferimento: il loro diritto con la vendita forzata si estingue per incompatibilità, e si trasforma in una somma di denaro che è l’equivalente del diritto estinto. Tali soggetti diverranno creditori privilegiati (hanno preferenza sui creditori ipotecari posteriori e sui creditori chirografari) e iscritti (il loro credito deriva dalla trasformazione di un diritto che trae origine da un atto trascritto. Essendo la loro posizione destinata a trasformarsi in un diritto di credito avente ragione di prelazione, risultante dai pubblici registri, essi devono essere avvertiti della pendenza del processo esecutivo, in cui potranno intervenire come creditori potenziali per effetto della vendita, e far valere le loro ragioni sul ricavato. • titolari di superficie, enfiteusi, nuda o piena proprietà: il creditore ipotecario può espropriare il bene anche contro il terzo acquirente. Quindi il creditore ipotecario può e deve agire esecutivamente contro i terzi; può espropriare il bene, ma deve notificare il titolo esecutivo e il precetto a terzo acquirente, e deve In ultima analisi la nullità del processo esecutivo sono più gravi della mancanza del diritto di procedere ad esecuzione forzata: perché quest'ultima mancanza non impedisce al processo esecutivo di operare una corretta trasformazione del diritto sul bene in una somma di denaro, invece di nullità del processo esecutivo fanno sì che la trasformazione sia inattendibile che non vi sia istituzionalmente corrispondenza fra il bene ricavato perché la trasformazione operata da un meccanismo viziato. CAP. 17 la distribuzione del ricavato Tale fase non ha luogo quando non sia stato possibile procedere alla realizzazione del diritto pignorato o quando è stato assegnato a un creditore senza che costui abbia versato un conguaglio. E’ disciplinata dagli artt. 509-512 c.p.c. L’art. 509 stabilisce che la somma oggetto della distribuzione è composta da quanto proviene a titolo di prezzo o di conguaglio, rendita o provento di cose pignorate, multa e risarcimento danni da parte dell’aggiudicatario. L’ordine dei crediti è il seguente: 1. specie senza possibilità di deroga anche in presenza dei diritti di prelazione: spese della procedura, ovvero quelle del pignoramento, della vendita, della custodia del bene, ed eventuali spese delle opposizioni infondatamente proposte dal debitore esecutato 2. creditori con diritto di prelazione: se due creditori hanno lo stesso grado di prelazione concorrono proporzionalmente tra loro 3. creditori chirografari tempestivi 4. creditori chirografari tardivi 5. esecutato, per l’eventuale residuo Per quanto riguarda la formazione del piano di riparto distinguere: • in caso di espropriazione mobiliare, i creditori possono presentare al giudice un piano di riparto concordato tra loro, già predisposto e sottoscritto da tutti i creditori: in tal caso il giudice dell’esecuzione provvede in conformità, se non c’è opposizione del debitore; se c’è opposizione, l’accordo dei creditori è vincolante e il giudice non può discostarsi. Se manca l’accordo dei creditori, ogni creditore può chiedere che si proceda alla distribuzione della somma ricavata: il giudice prepara un piano di riparto, lo sottopone alle parti che possono approvarlo; se non lo approvano si procede ex art. 512 c.p.c. per risolvere le contestazioni (il giudice dell’esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza impugnabile) • in caso di espropriazione immobiliare, il giudice provvede d’ufficio, senza bisogno di istanza di parte o di un piano concordato. Il giudice prepara un piano di distribuzione, lo deposita in cancelleria e fissa un’udienza; il cancelliere avvisa i creditori intervenuti ed il debitore dell’avvenuto deposito e dell’udienza fissata e le parti hanno 10 gg per consultare il piano di riparto. Se non compaiono all’udienza o comparendo non si oppongono, il piano di riparto è approvato; se si trovano in accordo per modificarlo, il giudice deve prenderne atto e modificare il piano; se il piano è contestato si procede ex art. 512 c.p.c. Nel caso di creditori, il cui credito è stato contestato dal debitore, e che non hanno tempestivamente instaurato il processo di cognizione volto ad ottenere un titolo esecutivo, il loro intervento ha perso effetti. Se invece hanno proposto la domanda tempestivamente, l’art. 510 II-III comma c.p.c. prevede che il giudice dell’esecuzione disponga l’accantonamento delle somme ad essi eventualmente spettanti: la somma accantonata verrà poi distribuita una volta decorso il termine fissato dal giudice, su istanza di parte o anche d’ufficio, oppure prima del termine quando tutti i creditori che ne avevano bisogno hanno ottenuto il titolo esecutivo. Cmq decorsi massimo 3 anni, la somma accantonata è distribuita, e laddove il creditore non abbia fatto in tempo ad ottenere il titolo esecutivo, la somma accantonata è assegnata al creditore successivo. Questa disposizione presenta seri profili di incostituzionalità perché colui il quale il legislatore processuale ha imposto di munirsi di un titolo esecutivo si vede leso il suo diritto costituzionale alla ragionevole durata del processo e resta anche insoddisfatto. Approvato il piano di riparto e risolte le contestazioni, il processo esecutivo si chiude con l’emissione dei mandati di pagamento da parte del cancelliere. I creditori di un creditore avente diritto alla distribuzione possono domandare di essere a lui sostituiti proponendo domanda ex art. 499 II comma c.p.c., questa non è una domanda di intervento anche se ne ha la forma. Al momento della distribuzione del ricavato il giudice provvede ad assegnare al sostituente le somme che spettano al sostituito: nel caso di contestazioni tra sostituente e sostituito si procede cmq con il riparto, e poi si valuta a chi spetta la somma. Per quanto riguarda gli effetti della distribuzione, il provvedimento con cui il giudice distribuisce il ricavato è un atto del processo esecutivo e come tale ha la stabilità degli atti del processo esecutivo: la nullità deve essere fatta valere con l’opposizione agli atti esecutivi. L’esecutato, terminata la distribuzione può metterne cmq in discussione il risultato, assumendo e dimostrando che l’effetto prodotto dal processo esecutivo non è conforme al diritto sostanziale. Il problema è quindi quello di stabilire se ci sono ostacoli alla ripetizione dell'indebito, l'eventuale effetto stabilizzante della distribuzione, ostativo la ripetizione dell'indebito, non deve naturalmente essere confuso con altri diversi fenomeni preclusivo di apparentemente derivanti arretratezze forzata, ma in realtà prodotti da atti esterni all'esecuzione stessa: in primis, dall’atto che sia stato utilizzato come titolo esecutivo. Tutte le varie forme di distribuzione presuppongono il senso del esecutato perché il piano concordato fra creditori o quello predisposto dal giudice possono essere contestati dal debitore; all'inattività del esecutato che non ha contestato il piano di riparto non può essere attribuita un'efficacia maggiore di quella che all'attività spontanea con cui lo stesso esecutato fuori dall'esecuzione sul piano del diritto sostanziale adempie il suo obbligo: la distribuzione del ricavato non può avere un'efficacia stabilizzante della distribuzione stessa perché tale efficacia costituirebbe un effetto eccedente rispetto la sua funzione, non può essere vista nell’inattività del debitore una forma di accettazione tacita del piano di riparto. L'esecutato, dunque, terminata la distribuzione può mettere in discussione il risultato, assumendo dimostrando che l'effetto prodotto dal processo esecutivo non è conforme al diritto sostanziale, questo non può succedere nei rapporti fra creditori. L'unica possibilità che a un creditore di agire contro l'altro consiste nel far valere, in via surrogatoria, le ragioni del comune debitore ha e che trascura di utilizzare. Analizzando la risoluzione delle controversie in sede di distribuzione dobbiamo tener presente delle novità introdotte dalla riforma del 2006. L’art. 512 c.p.c. stabilisce che, sorta la controversia, “il giudice dell’esecuzione sentite le parti e compiuti necessari accertamenti, provvede con ordinanza”, la quale è impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi. Il debitore ha sempre interesse ad agire, anche quando dall’accoglimento della contestazione non deriva un residuo. Può: • agire in ripetizione dell’indebito • contestare la sussistenza e l’ammontare dei crediti di tutti i creditori, in quanto egli ha diritto di estinguere i debiti effettivamente esistenti e non quelli inesistenti; Non potrà invece contestare l’esistenza delle ragioni di prelazione. Vediamo invece le contestazioni che possono sollevare i creditori l’uno nei confronti dell’altro: • ragioni di prelazione • ammontare dei crediti degli altri creditori e la sussistenza di essi, con le stesse difese previste per il debitore • frode, nullità o simulazione di atti tra creditore contestato e debitore: in questo caso agisce iure proprio ed è svincolato da quegli atti. Il creditore deve avere interesse ad agire, cioè ricavare un vantaggio concreto dall’accoglimento della contestazione. Spetta al creditore contestato provare i fatti costitutivi del diritto vantato, mentre il contestante deve dimostrare i fatti modificativi, impeditivi, ed estintivi di quel diritto. Le parti necessarie nel processo ex art. 512, sono tutti i soggetti che, se la contestazione è accolta, vedono modificato nei loro confronti il piano di riparto. In pendenza del processo di cognizione con oggetto la contestazione, il processo esecutivo può essere totalmente (quando la contestazione riguarda tutta la distribuzione, e quindi viene modificato il piano di riparto di tutti i creditori) o parzialmente (quando vi sia una somma non controversa) sospeso. Spesso totalmente se la contestazione riguarda tutta quanta la distribuzione, si ha una sospensione parziale quando vi sia una somma non controversa, cioè quando una parte del ricavato può essere distribuita perché in relazione ad esse non sono state sollevate contestazioni. È questa un'ipotesi di sospensione obbligatoria ma per provvedimenti del giudice, non quindi la sospensione automatica; il giudice dell'esecuzione apporta al piano distribuzione modifica conseguente quanto stabilito con l'ordinanza con la quale 18 contestazione. Quindi, se crede dichiarato inesistente esso viene cancellato dal piano di riparto assommare se vivere distribuita gli altri creditori secondo l'ordine loro proprio; se, invece, riconosciuta la prelazione sono disposte necessarie modifiche al piano e così via. confronti di tutti, anche nei confronti del creditore, ma è soggetto al potere espropriativo di costui. il processo esecutivo contro il terzo proprietario F 0E 0 L’art. 603 c.p.c. stabilisce che “titolo esecutivo e precetto” devono essere notificati al terzo (ovviamente è fatto precetto di pagare solo al debitore). Ex art. 2858 c.c., il terzo acquirente dei beni ipotecati che ha trascritto il titolo di acquisto e che non è personalmente obbligato può a sua scelta: • pagare, adempiendo l’obbligo altrui: il terzo proprietario si sostituisce, quindi, nei diritti del creditore e può recuperare la somma nei confronti del debitore, il cui debito è estinto • chiedere la liberazione dei beni dalle ipoteche • rilasciare il bene ai creditori Se non prende nessuna di queste posizioni, il terzo proprietario assume la posizione di esecutato. Un’altra particolarità riguarda la distribuzione del ricavato: l’ordine è diverso da quello ordinario. Infatti i creditori che possono intervenire nell’espropriazione contro il terzo proprietario sono i creditori di questo e non del debitore. L’ordine sarà quindi il seguente: • creditore ipotecario o che ha ottenuto la revoca dell’atto • creditore del terzo privilegiati, chirografari tempestivi e tardivi • se avanza un residuo questo sarà consegnato al terzo e non al debitore Il terzo proprietario può, con l’opposizione all’esecuzione, contestare il diritto del creditore istante di procedere all’esecuzione forzata, e avrà tutti gli strumenti di difesa propri del debitore, se è una terza mentre equiparata debitore esecutato agli stessi strumenti di difesa di costui. Il terzo può contestare: • che sussista ipoteca o pegno, oppure che l’azione revocatoria sia stata accolta con sentenza (difese ex causa propria) • che sussista l’obbligo garantito, e quindi il credito che l’ipoteca vuole garantire (difese ex causa debitoris). Il terzo espropriato può quindi contestare la sussistenza dell'obbligo garantito, l'articolo 2859 distingue a seconda che: • la domanda con la quale è stata chiesta la condanna del debitore sia anteriore alla trascrizione dell'atto d'acquisto del terzo proprietario: il terzo proprietario può proporre al creditore, in sede di opposizione all'esecuzione, soltanto le difese che ancora aspettano al debitore dopo la condanna • la domanda con la quale è stata chiesta la condanna del debitore sia posteriore alla trascrizione dell'atto d'acquisto del terzo proprietario: il terzo non è vincolato al contenuto della pronuncia può fondare la sua opposizione all'esecuzione anche su difese della sentenza preclude al debitore. La norma quindi pone il terzo acquirente una posizione diversa da quella del debitore condannato, pertanto, se il terzo trascrive il suo titolo d'acquisto prima della proposizione da parte del creditore della domanda di condanna, utilizzabile come titolo esecutivo contro il terzo proprietario ma la sentenza non è per lui vincolante; per evitare tale inconveniente, il creditore, nel processo in cui chiede la condanna del debitore, può proporre domanda nei confronti del terzo proprietario, chiedendo l'accertamento della sua soggezione all'azione esecutiva. La disciplina appena esposta riguarda l'ipotesi in cui la trascrizione dell'atto di acquisto del terzo anteriore la proposizione della domanda di condanna del creditore verso il debitore; è ragionevole imporre tale onere al creditore che chiede la condanna del debitore. Terzo datore di ipoteca è colui che concede ipoteca sul bene proprio a garanzia del debito altrui ex articolo 2870, esso non è mai vincolato dalla sentenza che non è stato chiamato a partecipare al processo di condanna del debitore. I problemi fin qui esaminati riguardano l'ipotesi in cui, nell'esecuzione contro il terzo proprietario si utilizza un titolo esecutivo giudiziale sia ottenuto dal creditore verso il debitore. Ma può anche accadere che i creditori utilizzi contro il terzo proprietario un titolo esecutivo extragiudiziale, come la cambiale ipotecaria o l'atto notarile. In tal caso nell'opposizione all'esecuzione proposta dal terzo proprietario, l'autostrada giudiziale ha l'efficacia preclusiva sua propria, secondo le regole di diritto sostanziale. CAP. 20 l'esecuzione in forma specifica Terminato l’esame dell’espropriazione forzata, dobbiamo ora analizzare l’esecuzione in forma specifica. Essa si ha in tutti i casi in cui il diritto del creditore può essere realizzato nella sua identità specifica, e cioè mediante la consegna del bene o il compimento delle attività che ne costituisce lo specifico oggetto. Il diritto in gioco è uno soltanto, cioè quello individuato nel titolo esecutivo, e del quale si chiede la tutela giurisdizionale esecutiva. Tutti gli obblighi aventi per oggetto una cosa determinata sono suscettibili di tutela esecutiva in forma specifica: stabilito che il diritto esiste, non ne può essere esclusa una tutela in forma specifica. Sono due i tipi di esecuzione in forma specifica previsti dal Codice: A) Esecuzione per consegna o rilascio B) Esecuzione per obblighi di fare non bisogna confondere l'esecuzione con la tutela in forma specifica. La tutela in forma specifica che non propone una tutela per l'equivalente e può non problema di esclusivo rilievo di diritto sostanziale perché posto di illecito che lede un interesse protetto, bisogna chiedersi se tale illecito porta (sul piano del diritto sostanziale) all'estinzione del diritto leso dalla nascita, in sostituzione di un credito avente ad oggetto il risarcimento del danno subito F 0E 0questa è la tutela per equivalente. Ora, la scelta fra tutte la forma specifica tutela per equivalente spetta al legislatore sostanziale, anche se talvolta si tratta di una scelta obbligata, visto che comunque la distinzione fra tutela per equivalente e tutela in forma specifica appartiene esclusivamente al diritto sostanziale, ed è puramente e semplicemente recepita dal processo: al processo spetta quindi non già stabilire se si ha l'una o l'altra forma di tutela, sibbene attuare la scelta effettuata dalla normativa sostanziale. Nell'esecuzione in forma specifica e i diritti in gioco è uno soltanto: quello, individuato nel titolo esecutivo, del quale si chiede la tutela giurisdizionale esecutiva, a differenza fra espropriazione esecuzione in forma specifica sta dunque nell'unicità o duplicità delle situazioni sostanziali coinvolte nell'esecuzione. Problemi: 1. l'individuazione dei diritti sostanziali tutelabili attraverso l'esecuzione in forma specifica; secondo una parte della dottrina, sono surrogabile nel loro inadempimento dall'ufficio esecutivo, attraverso l'esecuzione in forma specifica, non tutti gli obblighi, ma solo gli obblighi correlati a diritti assoluti. La dottrina in esame opera una contrapposizione fra situazioni strumentali e situazioni finali per cui situazione finale è il diritto, il cui titolare è soddisfatta attraverso l'esercizio dei poteri che l'ordinamento gli attribuisce e per cui è utile fin tanto che esiste; quando la situazione finale sesti, viene meno l'utilità concreta nell'ordinamento garantisce. Il problema si pone evidentemente non in relazione ai diritti che hanno per oggetto il pagamento di una somma di denaro, ma in relazione ai diritti, relativi a un bene determinato, che non hanno natura reale, sibbene obbligatoria. Poiché l'ufficio esecutivo deve sostituire con comportamento dell'attività dell'obbligato, è evidentemente il contenuto dell'obbligo e non già il contenuto del diritto ad esso correlato, che determina il diverso tipo di tutela esecutiva; la struttura del diritto potrebbe essere rilevante sotto il profilo pregiudiziale della totale forma specifica, quindi nell'ottica del diritto sostanziale. L'elemento che distingue i diritti assoluti da quelli relativi non è la struttura degli stessi, ma le vicende costitutive distintive di tali diritti, soprattutto l'opponibilità di essi ai terzi ma fintanto che il diritto esiste, non c'è alcuna differenza di struttura fra le due situazioni sostanziali, che consenta di distinguerle per ciò che attiene alla tutelabilità, infatti anche diritti relativi che hanno ad oggetto beni individuati debbono essere qualificati come situazioni finali, avendo la sua struttura dei diritti assoluti. 2. obblighi relativi a quantità di cose indeterminate: sono suscettibili di tutela con l'esecuzione in forma specifica i diritti che abbiano ad oggetto un genus? Una quantità di cose può diventare oggetto di un contratto in due modi diversi: .a se oggetto del contratto è una quantità di cose fungibili individuate si applica l'articolo 1377, per cui l'esecuzione in forma specifica giuridicamente possibile relazione all'obbligo di consegna che nasce da questo tipo di contratto .b se invece si tratta di fattispecie alla quale si applica l'articolo 1378 (trasferimento di una massa di cose determinata solo nel genere) attraverso l'esecuzione in forma specifica si ottiene il trasferimento della pietà del bene, perché solo al momento dell'attività esecutiva sia all'individuazione del bene e, con tale individuazione, il trasferimento della proprietà soggetto dell’ufficio esecutivo necessariamente presente all’esecuzione per consegna o rilascio è l’ufficiale giudiziario: il giudice dell’esecuzione rimane inattivo finchè non è chiamato ad intervenire. La consegna del bene avviene ex art 606 c.p.c.: l’ufficiale giudiziario ricerca il bene dove si trova. Il rilascio del bene immobile avviene ex art. 608 c.p.c.: deve essere dato all’esecutato, almeno dieci giorni prima, il preavviso del giorno e dell’ora in cui avverrà l’immissione in possesso. Con la notifica del preavviso di rilascio, ha inizio l’esecuzione forzata. Poiché, dopo a notificazione del precetto, l’istante ha un termine di 90 gg per iniziare l’esecuzione, è sufficiente la notificazione del preavviso di rilascio per impedire la perenzione del precetto. L’ufficiale giudiziario ingiunge all’esecutato di astenersi dall’esercitare il potere di fatto e immette l’avente diritto nel possesso del bene: se l’esecutato non è presente bisogna notificargli l’atto di ingiunzione. Nel caso in cui la detenzione corpore del bene non sia attualmente dell’esecutato, ma di detentori che esercitano il potere di fatto dell’esecutato, laddove l’avente diritto vuole anche la detenzione corpore del bene, situazione quindi incompatibile con quella dei terzi conduttori, deve agire esecutivamente contro di loro: non si applica quindi l’ultima parte dell’art. 608 II comma c.p.c. “ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore”, in quanto il procedente vuole ottenere la detenzione corpore del bene estromettendone i detentori. Quella disposizione si applica quando il bene è in parte nella detenzione corpore dell’esecutato, in parte nella detenzione di terzi: l’esecuzione avrà quindi luogo contro l’obbligato secondo il titolo esecutivo per la parte del bene di cui egli ha la detenzione corpore, e in parte avviene con l’ingiunzione al terzo debitore => per la parte del bene sulla quale l’obbligato ha il potere di fatto, si ha esecuzione per rilascio; per la parte di cui l’obbligato ha solo possesso formale si ha ingiunzione ai detentori di riconoscere il nuovo possessore. Ex art. 610 c.p.c., le parti possono interpellare il giudice dell’esecuzione solo per farlo intervenire nella determinazione di ciò che l’ufficiale giudiziario deve fare per proseguire l’esecuzione forzata. Le spese dell’esecuzione sono anticipate dalla parte istante e sono a carico dell’esecutato, e comprendono, oltre alle spese vive, anche i diritti e gli onorari dell’avvocato del creditore (novità introdotta dalla riforma del 2006: prima la liquidazione dei diritti e gli onorari di avvocato avveniva previo provvedimento di ingiunzione, ora si ha con decreto del giudice dell’esecuzione). CAP. 22 l'esecuzione per obblighi di fare Gli artt. 2931 e 2933 c.c. forniscono i profili generali di tale esecuzione. Ex art. 2933 II comma “non può essere ordinata la distruzione della cosa e l’avente diritto può conseguire solo il risarcimento dei danni, se la distruzione della cosa è di pregiudizio all’economia nazionale”: il titolo esecutivo che contiene la condanna alla distruzione del bene, ha già superato questo ostacolo in quanto spetta al giudice valutare se la distruzione è di pregiudizio all’economia nazionale. L’attuazione della tutela esecutiva non modifica le situazioni sostanziali esistenti sul bene, anche i verbali di conciliazione giudiziale sono titoli esecutivi idonei all’esecuzione per obblighi di fare. Per ciò che attiene all'ambito di applicazione dell'esecuzione per obblighi di fare occorre tener conto della novità costituita dall'introduzione, nel 2009, di uno strumento generale di tutela esecutiva indiretta che è l'articolo 614-bis, la situazione precedente costringeva infatti rafforzare il dettato dell'articolo 612 per farvi rientrare anche fattispecie che altrimenti non avrebbero trovato tutela esecutiva dato che questo articolo parla di esecuzione forzata di una sentenza di condanna: ciò costituisce però un'imprecisione terminologica perché l'esecuzione forzata ha sempre per oggetto il diritto e non il provvedimento. L’esecutato viene individuato sulla base degli effetti concreti che produrrà l’esecuzione: titolo esecutivo e precetto devono quindi essere notificati a chi esercita sul bene il potere di fatto, nonché al proprietario, se questi è soggetto diverso dal procedente e dall’esecutato. Decorsi 10 gg dalla notifica del precetto, il creditore ricorre al giudice dell’esecuzione perché determini le modalità di esecuzione: il giudice convoca l’esecutato, stabilisce con ordinanza le modalità di esecuzione, nomina l’ufficiale giudiziario che deve sovrintendere e chi materialmente deve compiere l’opera. Le spese dell’esecuzione sono a carico dell’esecutato. In sede di esecuzione per obblighi di fare, può dardi che l’opera da costruire necessiti del rilascio di concessioni, autorizzazioni e simili da pare della pubblica amministrazione Il titolo esecutivo dà all’ufficio esecutivo la possibilità di usare tutti gli strumenti giuridici che il debitore ha nel suo patrimonio, e quindi l’ufficio esecutivo, sulla base del titolo esecutivo, può chiedere tutte quelle autorizzazioni e concessioni che l’esecutato poteva e doveva chiedere e non ha richiesto. Se l’esecutato le aveva chieste e gli erano state rifiutate, l’ufficio esecutivo, che si sostituisce all’obbligato, può proporre le impugnative possibili ed opportune in sede di contenzioso amministrativo; se poi la pubblica amministrazione rifiuta definitivamente e legittimamente i necessari permessi, il diritto del procedente si trasforma in risarcimento del danno. CAP. 23 l'esecuzione indiretta L’esecuzione indiretta è lo strumento necessario per tutelare in via esecutiva diritti correlati ad obblighi infungibili. Per lungo tempo il nostro ordinamento è stato lacunoso in questo settore, in quanto singole fattispecie di esecuzione indiretta erano previste qua e là da leggi speciali, ma mancava una previsione generale per tutte le ipotesi di obblighi infungibili. Questa lacuna è stata colmata con la riforma del 2009, che ha introdotto l’art. 614 bis c.p.c., il quale adotta la tecnica della sanzione civile di cui è beneficiario l’avente diritto. Detta norma stabilisce che “il giudice, con la sentenza di condanna fissa la somma di denaro dovuto dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento” => il legislatore affida al giudice della cognizione a concessione della misura coercitiva, e quindi l’avente diritto, beneficiario di un titolo esecutivo stragiudiziale per un obbligo infungibile, sarà costretto a proporre una domanda in sede dichiarativa per ottenere la determinazione della sanzione pecuniaria: la misura potrà quindi essere stabilita anche con lodo arbitrale, e potrà essere disposta non solo con sentenza, ma con qualsiasi provvedimento di condanna, che sarà di rito e non di merito. La nuova norma è collocata nella terza riva del codice di procedura, nel titolo quarto dedicato all'esecuzione forzata di obblighi di fare di non fare e tuttavia essa fini della concessione della tutela esecutiva al giudice della cognizione competente per la domanda di condanna, per quanto riguarda i provvedimenti relativi mediante i quali può essere concessa questa misura l'articolo parla di sentenza, ma l'espressione non deve essere presa alla lettera in quanto ciò che conta è che sia un provvedimento di condanna, qualunque sia la forma che esso assume. Occorre tuttavia chiarire se il provvedimento con cui è disposta a misura coercitiva ha contenuto sostanziale processuale: per cercare una risposta occorre stabilire se oggetto del provvedimento sia una situazione giuridica soggettiva sostanziale oppure se al contrario siamo in presenza di un effetto che trova la sua radice esclusivamente nel processo F 0E 0la seconda alternativa è quella corretta; la misura esecutiva, ancorchè impartita dal giudice del processo dichiarativo, conserva pur sempre sue caratteristiche fondamentali. Più specificamente, essa è e rimane un provi a contenuto processuale, non diviene una pronuncia di merito per il solo fatto di essere contenute nello stesso provvedimento, nel quale appunto è contenuta una pronuncia di merito, quella parte della sentenza con la quale si determina la misura esecutiva non provvedimento di rito. Del resto, niente impedisce, dal punto di vista logico, che è una misura esecutiva sia impartita attraverso il processo dichiarativo: quando ciò accade, si verifica un fenomeno analogo a quello che si ha nei rapporti fra sentenze costitutive e diritto potestativo extragiudiziale per cui la conformità al diritto della stessa è verificata anteriormente rispetto alla produzione dell'effetto. Trattandosi di una misura processuale, è necessaria istanza della parte non costituisce una vera propria domanda che si aggiunge alla domanda di condanna, e il provvedimento con cui il giudice fissa la sanzione pecuniaria non è un provvedimento di merito che si cumula quello che decide della domanda principale. La portata processuale e non sostanziale della misura coercitiva, e dunque la qualificazione del provvedimento che la irroga come di rito e non di merito, fa sì che le parti non siano in grado di realizzare negozialmente gli stessi effetti che produce la misura giurisdizionale. Se l'espressione "con il provvedimento di condanna" non lascia dubbi a proposito della sede in cui la sanzione esecutiva determinata, che sono dei problemi sull’an in cui questa misura esecutiva può essere disposta: 1. dal giudice in sede di conciliazione giudiziale 2. dall'arbitro 3. dal giudice in sede di tutela cautelare nei primi dei casi la risposta negativa mentre nell'ultimo no, anche se con riferimento alla conciliazione giudiziale, è vero che se la corte costituzionale sia riforma del sei l'hanno ritenuta titolo esecutivo idoneo a sorreggere ogni forma di esecuzione forzata e quindi anche l'esecuzione per obblighi di fare. Per quanto riguarda il lodo, l'arbitro Problemi particolari sorgono quando si nega l’esistenza del titolo esecutivo, allegando la nullità dell’atto in cui il titolo esecutivo consiste: • per i titoli esecutivi stragiudiziale non vi sono problemi, in quanto ogni nullità rilevante dell’atto può essere fatta valere in sede di opposizione dell’esecuzione • per i titoli giudiziali, ex art. 161 I comma c.p.c., si applica il principio della conversione delle nullità in motivi di impugnazione => la nullità del titolo esecutivo giudiziale non può essere fatta valere in sede di opposizione all’esecuzione, con l’eccezione del provvedimento carente della sottoscrizione del giudice, nel qual caso si parla di inesistenza dell’atto, perché difetta di uno dei suoi requisiti essenziali. In caso di inesistenza dell’atto, quindi, si può proporre opposizione all’esecuzione quando il provvedimento è usato come titolo esecutivo. In riferimento ai provvedimenti giurisdizionali dobbiamo approfondire un’altra questione. L’efficacia esecutiva può essere disposta: • ex lege => disposta dalla legge. Siccome l’efficacia esecutiva discende immediatamente dall’esistenza di presupposti previsti dalla legge, in sede di opposizione all’esecuzione si può affermare che tali presupposto non esistono • ope iudicis => disposta dal provvedimento del giudice. Essendo rilevante la valutazione del giudice che ha accertato l’esistenza dei presupposti previsti dalla legge, sono precluse tutte le contestazioni relative all’effettiva sussistenza dei presupposti in questione: non si potranno quindi contestare in sede di opposizione all’esecuzione, la giustizia e la fondatezza del provvedimento con cui il giudice ha dato o negato l’esecutività a quel determinato atto. In questo caso l'ordinamento attribuisce al giudice, che emette il provvedimento, il potere di accertare presupposti, previsti dalla legge per l'efficacia esecutiva del provvedimento che egli emette. • mancanza del diritto da tutelare: si contesta il diritto sostanziale oggetto della tutela esecutiva. In sede di opposizione all’esecuzione possono essere fatte valere le stesse contestazioni che sarebbero ammissibili nel caso in cui l’atto- titolo esecutivo fosse utilizzato dal creditore come prova dell’esistenza del suo diritto in un ordinario processo di cognizione (es. se il creditore procedente è il primo prenditore della cambiale, gli si possono opporre tutte le eccezioni cartolari ed anche quelle relative al rapporto sottostante, se invece è giratario, gli si possono opporre solo le eccezioni cartolari, e quelle derivanti da un eventuale rapporto sottostante tra giratario e debitore come una compensazione). Con l’opposizione all’esecuzione si può far valere, ex art. 615 II comma c.p.c., anche l’impignorabilità dei beni: non si utilizza l’opposizione agli atti esecutivi, perché il bene impignorabile fuoriesce dal diritto di procedere ad esecuzione forzata, ex art. 2740 c.p.c. Nell’opposizione all’esecuzione si discute l’an dell’esecuzione, quindi del se (l’opposizione agli atti esecutivi discute del quomodo dell’esecuzione, quindi del come): si dice quindi che è di merito (mentre l’opposizione agli atti esecutivi è di rito). il processo di opposizione all’esecuzione: Bisogna innanzitutto stabilire se l’esecuzione forzata è iniziata o meno: l’opposizione proposta prima dell’inizio dell’esecuzione (cd opposizione a precetto) si propone con un ordinario atto di citazione di fronte al giudice competente per materia o valore con riferimento al diritto sostanziale del quale si richiede la tutela esecutiva. se l’esecuzione ha già avuto inizio, ex art. 615 II comma c.p.c., l’opposizione è proposta con ricorso che si deposita nella cancelleria del giudice dell’esecuzione e che successivamente è portato a conoscenza delle parti interessate, insieme al decreto con cui il giudice dell’esecuzione fissa l’udienza di comparizione innanzi a sé. In tale udienza il giudice dovrà dare risposta sull’eventuale domanda di sospensione che l’opponente abbia avanzato, e individuare il giudice competente a decidere del merito della domanda di opposizione: • competenza verticale è valutata con riferimento al diritto di cui è chiesta la tutela • competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui si svolge l’esecuzione Se competente è l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione è competente, il giudice dell’esecuzione assegna un termine perentorio per l’introduzione del giudice di merito. La legittimazione a proporre l’opposizione all’esecuzione spetta sempre all’esecutato e cioè al debitore e al terzo proprietario. Può anche essere proposta in via surrogatoria da un creditore dell’esecutato nell’inerzia di quest’ultimo. La controparte è il creditore procedente: i creditori già intervenuti quando viene proposta l’opposizione, sono litisconsorti necessari solo se muniti di titolo esecutivo. Se viene accolta l’opposizione all’esecuzione, questa travolge gli interventi dei creditori, che sebbene muniti di titolo esecutivo, non hanno effettuato un pignoramento autonomo sul bene: si ha allora la chiusura del processo esecutivo anche verso e in pregiudizio del creditore intervenuto. I creditori intervenuti senza titolo esecutivo possono partecipare al processo di opposizione in via di intervento volontario adesivo-dipendente. Udienza di comparizione dinanzi al giudice dell'esecuzione, l'articolo 185 disposizioni attuative del codice di procedura rende applicabile ad essa il rito camerale. Le due attività principali, che deve svolgere il giudice dell'esecuzione in questa sede, sono costituite dalla risposta l'eventuale domanda di sospensione, che l'opponente abbia avanzato, dall'individuazione del giudice competente a decidere nel merito della domanda di opposizione; se invece l'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell'esecuzione competente, giudice dell'esecuzione assegna un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito, dove il termine introduzione non indica la proposizione della domanda ma la riassunzione della causa dinanzi al giudice competente. La fase introduttiva del giudizio non dovrà necessariamente contenere una domanda, essendo essa già stata proposta, ma potrà contenere di ulteriori; in sostanza il legislatore, qui come in altre fattispecie, nonostante che una domanda sia stata già necessariamente proposta, non ha voluto che la fase introduttiva speciale producesse per le parti alcun tipo di preclusione. Il processo di opposizione all’esecuzione è un ordinario processo di cognizione in cui si realizza un’inversione dell’iniziativa processuale: mentre solitamente l’iniziativa processuale è di colui che afferma l’esistenza del diritto e ne chiede la tutela, qui è di colui che nega l’esistenza del diritto. Questo implica che colui che afferma l’esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata è il creditore opposto, mentre chi nega l’esistenza di tale diritto è il debitore esecutato opponente: è quindi il creditore procedente, al convenuto opposto, a dover dimostrare i fatti costitutivi del diritto, ed è il debitore esecutato, attore opponente, a dover dimostrare i fatti impeditivi, modificativi, estintivi del diritto del creditore. Se si contesta il diritto a procedere ad esecuzione forzata, perché si nega l’esistenza del diritto sostanziale da tutelare, l’atto, che ha efficacia di titolo esecutivo, ha anche una qualche efficacia di accertamento dell’esistenza del diritto. Il creditore opposto può proporre una domanda riconvenzionale avente ad oggetto lo stesso diritto, oppure un diritto connesso con quello di cui era stata chiesta la tutela esecutiva: ciò accade spesso coi titoli esecutivi stragiudiziali. L’accoglimento dell’opposizione, accompagnato dall’eventuale accoglimento della domanda riconvenzionale, non fa salva l’esecuzione: il creditore procedente, soccombente nella domanda di opposizione, e vittorioso nella domanda riconvenzionale, può tutelarsi esecutivamente, ma deve iniziare da capo l’esecuzione, perché il titolo esecutivo deve sussistere dall’inizio alla fine dell’esecuzione, ed il nuovo titolo si forma solo al momento dell’accoglimento della domanda riconvenzionale e l’esecuzione in corso è caducata. Il creditore intervenuto, che ha il titolo esecutivo, è pertanto litisconsorte del creditore procedente nell’opposizione all'esecuzione, perché una sentenza che accogliesse l'opposizione nei soli confronti del creditore procedente non sarebbe idonea a fermare l'esecuzione, che potrebbe andare avanti su impulso del creditore intervenuto, munito di titolo esecutivo. Ora, l'eventuale accoglimento dell'opposizione all'esecuzione pregiudica anche i creditori intervenuti, perché opera la chiusura del processo espropriativo anche nei loro confronti. La sentenza che rigetta l’opposizione, afferma l’esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata; la sentenza che accoglie l’opposizione nega l’esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata. L’accoglimento dell’opposizione impedisce la prosecuzione del processo esecutivo e caduca gli effetti degli atti già compiuti ed ha inoltre un effetto preclusivo, di accertamento, in relazione al quale è determinante il motivo per cui l’opposizione è stata accolta: • se è dichiarata l’impignorabilità del bene, la pronuncia libera il bene dal vincolo del pignoramento, ma non impedisce la prosecuzione del processo di espropriazione per gli altri beni, eventualmente sottoposti ad esecuzione • se è dichiarata l’inefficacia del titolo esecutivo, l’esecuzione è caducata, ma il creditore potrà instaurare un nuovo processo esecutivo, a tutela dello stesso diritto sostanziale • se è dichiarata inesistente la situazione sostanziale, di cui si è richiesta tutela esecutiva, la sentenza ha l’efficacia preclusiva di una normale pronuncia di merito. Resta salva anche la possibilità di far valere, a esecuzione conclusa, le nullità previste dall’art. 327 proponendo senza limiti di tempo l’opposizione agli atti esecutivi. CAP. 26 l'opposizione di terzo Può essere proposta dal terzo che, ex art. 619 c.p.c., “pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati”. Trova applicazione quando il bene è legittimamente acquisito al processo esecutivo, ma gli effetti sostanziali non possono operare in relazione al bene ignorato, perché colui che subisce l’esecuzione non ha sul bene alcun diritto alienabile. Il terzo in questione è colui che non è esecutato e che come tale non risente degli effetti dell’espropriazione forzata. Il diritto del terzo, per essere opponibile al creditore procedente, può trovare la sua fattispecie costitutiva in: • titolo d’acquisto originario (es. usucapione) • titolo d’acquisto derivato da un soggetto diverso dal debitore Quando viene proposta opposizione di terzo, bisogna tener conto degli effetti del pignoramento, in quanto essa non può essere fondata su diritti derivanti da atti in opponibile al creditore procedente: il diritto del terzo, se è opponibile al creditore, può fondare una vittoriosa opposizione di terzo e, a vendita avvenuta, è opponibile anche all’aggiudicatario. L’art. 2915 II c.c., prevede un’altra ipotesi di opposizione di terzo: il conflitto tra la trascrizione di una domanda giudiziale e la trascrizione di un pignoramento: l’attore quando si accorge che è già stato trascritto un pignoramento, deve estendere il contraddittorio al creditore procedente, in modo da ottenere una pronuncia che faccia stato anche nei suoi confronti, in quanto parte del processo e non più terzo, l'attore che voi avete diritto non solo nei confronti del convenuto, direttore deputato, ma anche nei confronti del creditore nel proporre la sua domanda nelle forme dell'opposizione di terzo. Quanto appena detto attiene agli effetti processuali della trascrizione a domanda, che influiscono sulla litispendenza sull'efficacia da sentenze confronti degli aventi causa per cui il creditore procedente, che abbia trascritte pignoramento prima del trascrizione della domanda contro il debitore esecutato, passato il suo diritto sul piano sostanziale alle stesse condizioni, in presenza delle quali lo farete salvo un acquirente dal convenuto. Alle stesse condizioni, in presenza delle quali l'avente causa dal convenuto in una domanda di risoluzione, rescissione, nullità, rievocazione, eccetera, vincola il suo acquisto dà alle vicende relative al titolo del suo dante causa, il creditore pignorante, che abbia trascritto il pignoramento prima della trascrizione della domanda, fa salvo il suo pignoramento. Come si instaura il contraddittorio con il creditore? Tizio propone domanda di nullità nei confronti dell'acquirente Caio, ma, nel trascrivere la domanda, si accorge che Sempronio, creditore di Caio, ha già trascritto pignoramento sullo stesso bene. Tizio sa benissimo che, se veramente contate nulla, la posizione di Sempronio non è salva, però sa anche che, in virtù della regola sui limiti soggettivi del giudicato, la sentenza porterà nei confronti di Caio non sarà opponibile a Sempronio, creditore pignorante. L'attore, quando si accorge che è già stato trascritto pignoramento, per superare il principe dei limiti soggettivi di efficacia della sentenza, deve estendere il contraddittorio al creditore procedente; ma se l'avente causa è un creditore pignorante, l'estensione del contraddittorio con le tecniche consuete non è possibile, perché l'esecuzione non è un soggetto di diritto, non esiste chi possa stare in giudizio in nome e per conto dell'esecuzione come invece accade nel fallimento. Qui occorre creare il contraddittorio all'interno del processo esecutivo: utilizza l'opposizione di terzo si propone la domanda non con una citazione notificata il debitore, ma con un ricorso al giudice dell'esecuzione mantenendo identico il contenuto e cambiando solo la forma dell'atto. Se l'opponente non fa valere il diritto di proprietà ma propone un'impugnativa negoziale si verifica nell'articolo 619 il problema per cui il terzo deve in ogni caso dimostrare di essere titolare di un diritto reale, oppure in certi casi è sufficiente anche fondare l'opposizione sul diritto diverso? Il riferimento è ai diritti di restituzione che si applicano nel caso di contratti fisiologicamente istitutori (locazione), venuto meno il titolo ha fondato l'attribuzione del godimento del bene nasce l'obbligo speculare di restituzione F 0E 0le azioni di restituzione sono azioni personali, se si possono far valere solo nei confronti di soggetti che sono legati al vincolo contrattuale, l'opponente deve limitarsi a dimostrare presuntuose relazioni di restituzione oppure deve dimostrare che era proprietario del bene quando l'ha consegnato al debitore? Si ripariamo l'esecuzione forzata d'un terzo di posseder bene pignorato, l'articolo 619 deve veramente essere interpretata alla lettera, e l'opponente deve sempre comunque dimostrare di essere proprietario del bene; per risolvere il problema dobbiamo ritornare agli effetti del pignoramento sul possesso del bene: esecutato perde il possesso del bene pignorato però il creditore procedente non acquista possesso rilevante sul piano del diritto sostanziale (possesso congelato), ciò significa che l'esecuzione non ha un possesso idoneo ad escludere l’esperilità dell'azione di restituzione, perché non è un terzo divenuto possessore del bene, nei cui confronti non si può far valere un diritto di restituzione. Concludendo, l'articolo 619 non va interpretata alla lettera, come se solo la proprietà altro diritto reale fosse idonea fondare l'opposizione di terzo. Al contrario, è sufficiente far valere anche un diritto di restituzione, poiché dal punto di vista sostanziale tale diritto non si trova in contrasto con gli effetti del pignoramento, tutto ciò è d'altronde confermato dalla norma parallela in materia di fallimento. Nonostante l'articolo 619 dello prevede espressamente, l'opposizione di terzo deve anche presentare un'ulteriore caratteristica: il diritto, sul quale il terzo fonda la sua opposizione, deve essere incompatibile col diritto oggetto del pignoramento, incompatibili sono: 1. i diritti che non possono coesistere nello stesso momento 2. se esiste il diritto su cui il terzo fonda la sua posizione non può esistere il diritto è stato fatto oggetto dell'esecuzione da parte del creditore procedente l'opposizione di terzo nel vecchio codice si chiamava azione separazione cioè l'opposizione di terzo inammissibile anche quando il suo accoglimento non determina l'impossibilità della vendita forzata, ma comporta che lamenta forzata del luogo con rispetto del diritto del terzo. Per tale motivo l'incompatibilità va intesa in senso ampio: non soltanto incompatibilità assoluta, ma anche possibilità per il terzo di far effettuare la vendita del bene specificando l'esistenza del suo diritto. Quando la vendita forzata determina un acquista titolo derivativo, l'aggiudicatario non è investito di diritti maggiori di quelli che aspettavano il esecutato, tuttavia, reazioni di restituzione, che possono fondare l'opposizione di terzo, non possono essere fatti valere nei confronti del aggiudicatario; a fronte di un acquista titolo derivativo, l'opposizione di testa due funzioni: una generica e costante preventiva e una più specifica ed eventuale che consiste nel consentire l'utilizzazione della più semplice e comoda azione di restituzione. Quando la vendita forzata ha la natura di acquisto titolo originario per le regole di incompatibilità la proprietà del bene mobile in cappo al terzo si estingue, se riesce a dimostrare che l'acquirente della vendita forzata era in malafede, resta aperta la possibilità di recuperare il bene. Con l'opposizione il terzo lo contesta di vita procedere ad esecuzione forzata: per il terzo astutamente indifferente il pignorato sia debitore, decreto del presidente abbiano titolo esecutivo; a lui non interessa contestare l'assistenza del condizioni per procedere all'esecuzione ma il diritto coinvolto nell'espropriazione F 0E 0 in sostanza, il terzo non vuole impedire l'esecuzione massacrata dei sei beni sui quali vantano diritti incompatibile con l'esecuzione stessa. Ben difficilmente la tassazione si può verificare nell'esecuzione in forma specifica per cui il terzo avanza pretese sul bene oggetto dell'esecuzione realtà contesta il diritto del creditore istante a procedere. In verità il pregiudizio del terzo, nell'esecuzione in forma specifica, non nasce dall'esecuzione ma nasce a monte, dal titolo esecutivo, perché già il titolo esecutivo dà un assetto della situazione sostanziale che è contrastante ed incompatibile con l'assetto che il terzo pretende avere per sé. L'opposizione si propone con ricorso al giudice dell'esecuzione, infatti, esse necessariamente successiva al pignoramento, in quanto prima del pignoramento il terzo non può lamentare alcun pregiudizio, visto che non sono stati ancora individuati, con appartenenti alla responsabilità patrimoniale del genitore, beni che invece non ne fanno parte. Presentato il ricorso, e il giudice dell'esecuzione fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti nel termine perentorio per la notifica del ricorso e del decreto per cui le parti necessarie sono il creditore procedente e i creditori intervenuti con titolo esecutivo, a questa giurisprudenza aggiunge come litisconsorte anche il esecutato. All'udienza, si svolge dinanzi al giudice dell'esecuzione le parti possono raggiungere un accordo che può prevedere fino alla prosecuzione dell'espropriazione, sia la cessazione della stessa; il processo di opposizione all'ordinario processo di cognizione, che si svolge secondo le regole di cui al libro secondo si conclude con una sentenza soggetta gli ordinari mezzi di impugnazione. Il momento finale per proporre l'opposizione rappresentata dalla vendita forzata: una volta che sia avvenuta la vendita non è più proponibile; l'articolo 620 contiene una disposizione particolare per i beni mobili per cui l'opposizione può essere proposta anche dopo la vendita salvo dimostrazione della malafede del aggiudicatario. Negli altri casi diversi dall'espropriazione mobiliare, l'opposizione non è proponibile una volta avvenuta la • se l’istanza è accolta, e si tratta di espropriazione immobiliare o di mobili registrati, essa è comunicata al custode, e ne è data notizia sul sito internet, nel quale sono reperibili le notizie relative all’espropriazione • per sospendere il processo è necessario il consenso di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo; per revocarla è sufficiente l’istanza di uno solo di essi • se la sospensione non è revocata, il processo esecutivo deve essere riattivato, entro 10 gg dalla scadenza del periodo di sospensione, da parte di qualunque creditore munito di titolo esecutivo, con istanza volta a far fissare l’udienza di prosecuzione del processo • nell’espropriazione mobiliare presso il debitore, il termine ultimo per presentare la richiesta di sospensione è costituito dalla fissazione della data di asporto dei beni; nell’espropriazione mobiliare presso il terzo il termine ultimo è costituito dalla dichiarazione del terzo Ex art. 626 c.p.c., gli effetti della sospensione consistono nell’impossibilità di compiere atti nel processo esecutivo, ad esclusione degli atti conservativi, che possono essere autorizzati dal giudice dell’esecuzione. La sospensione cessa nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, o non più tardi di 6 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza di appello che rigetta l’opposizione. Quando si estingue il processo di cognizione incidentale, la cui esistenza ha causato la sospensione ex articolo 627: • se la sospensione è automatica, ed ha quindi luogo nell’interesse del creditore procedente, l’estinzione del processo di cognizione comporta la caducazione del processo esecutivo, perché viene meno la possibilità di plasmarne l’oggetto • nelle altre due categorie di sospensione, che hanno luogo nell’interesse dell’opponente, l’estinzione del processo di cognizione incidentale può essere richiesta con istanza dell’opponente La riassunzione si effettua con ricorso al giudice dell’esecuzione che, convocate le parti e constata la cessazione della causa di sospensione, o compie lui l’atto successivo, o consente al creditore di compierlo. Se il termine perentorio di riassunzione non è rispettato, il processo esecutivo si estingue. CAP. 28 l'estinzione del processo esecutivo E’ disciplinato dagli artt. 629-632 c.p.c. è simile a quella del processo di cognizione, anche se ci sono particolarità che derivano dalla diversa collocazione, all'interno del procedimento, degli atti del processo esecutivo che hanno effetti di diritto sostanziale. Si ha nelle seguenti ipotesi: • rinuncia agli atti del processo esecutivo. La rinuncia proviene sempre e necessariamente dal creditore procedente. Non è necessario che essa sia accettata dal debitore esecutato, mentre per quanto riguarda i creditori dobbiamo distinguere: • fino a quando non viene emesso il decreto di trasferimento, la rinuncia agli atti deve essere accettata solo dagli altri creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo, e non anche da quelli senza titolo esecutivo • dopo la vendita è necessaria l’accettazione di tutti i creditori anche senza titolo esecutivo • inattività delle parti. Due ipotesi: • mancata, tempestiva prosecuzione o riassunzione del processo esecutivo: l’estinzione opera di diritto ed è retroattiva al momento in cui l’estinzione si è verificata. Può essere eccepita dalla parte o dichiarata d’ufficio dal giudice, ma non oltre la prima udienza successiva al verificarsi dell’esistenza stessa • mancata comparizione all’udienza, esclusa l’udienza di vendita, che ha luogo anche se in tale udienza non è presente un creditore munito di titolo esecutivo • documentazione nella vendita immobiliare. Ex. art. 567 III comma c.p.c., entro 120 gg dal deposito dell’istanza di vendita, il creditore procedente o un creditore munito di titolo esecutivo devono depositare la documentazione necessaria alla vendita stessa: ove ciò non accada, il giudice dell’esecuzione dichiara anche d’ufficio, estinto il processo esecutivo • sospensione. Ex art. 624 III comma c.p.c., se a seguito di proposizione di opposizione all’esecuzione, agli atti o di terzo, il processo esecutivo è sospeso e nessuno coltiva la causa di opposizione, il giudice, anche d’ufficio, dichiara estinto il processo. L’estinzione del processo esecutivo è sempre dichiarata con ordinanza del giudice dell’esecuzione, contro la quale è previsto il reclamo al collegio, su cui il collegio decide in camera di consiglio con sentenza soggetta ad appello, anch’esso deciso in camera di consiglio. Gli effetti dell’estinzione sono regolati dall’art. 632 c.p.c.: • se l’estinzione si verifica prima della vendita => tutti gli atti del processo diventano inefficaci • se l’estinzione si verifica dopo la vendita => il trasferimento all’aggiudicatario non è toccato e il ricavato della vendita è consegnato al debitore esecutato.
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