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Riassunto "L'università in Europa dall'Umanesimo ai Lumi", Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto del libro "L'università in Europa dall'Umanesimo ai Lumi" di Gian Paolo Brizzi e Jacques Verger

Tipologia: Sintesi del corso

2023/2024

Caricato il 18/06/2024

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Scarica Riassunto "L'università in Europa dall'Umanesimo ai Lumi" e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! L'università in Europa dall'Umanesimo ai Lumi L’università in Europa dall’Umanesimo ai Lumi Introduzione Nel quattrocento e nella seconda metà del secolo il rapporto che si stabilì fra scuole universitarie e umanesimo fu influenzato dal carattere sovranazionale e intrinseco della cultura umanistica che operò come forza centrifuga, incentivando la circolazione di scolari e maestri. Altra spinta fondamentale fu data dalla stampa tipografica che, fornendo in tempi brevissimi rispetto all’epoche precedenti i libri, accelerò i ritmi della trasmissione culturale e ne dilatò i confini. Le scuole italiane furono il volano del rinnovamento culturale, trovandosi direttamente inserite nel centro della cultura umanistica. Le università della penisola costituirono quindi, sia pure con un’intensità diversa l’una dall’altra, il punto di approdo della peregrinatio academica. Il prestigio delle università tende a perdere il suo monopolio a partire dal XVI secolo. Le università erano rimaste istituzioni tipicamente medievali con tradizioni intellettuali e istituzionali forti: erano ancorate alla lectio, alla quaestio e alla disputatio, ciò spiega l’atteggiamento conservatore che spesso emerge di fronte alle innovazioni introdotte dagli umanisti nella vita culturale. Per questo motivo è frequente che il baricentro umanistico si insediasse all’esterno degli Studi pubblici ad esempio nei convitti universitari, nei collegi, promossi proprio per recepire in termini di maggiore libertà il nuovo indirizzo culturale o nelle numerosissime accademie, sia letterarie che scientifiche, che si qualificarono come il fulcro della ricerca d’avanguardia. Questa congiuntura della vita intellettuale modificò la geografia dei grandi centri di insegnamento: accanto alle università tradizionali (Parigi, Bologna, Salamanca, Oxford e Cambridge) se ne affermarono di nuove o aumentò il credito di altre meno famose come la scuola medica di Montpellier o lo studio di Padova. Importanti carriere scientifiche hanno rapporti solo occasionali con l’ambiente universitario: Copernico, Cartesio vivono ai margini dell’università e ciò parrebbe confermare l’ipotesi che una parte considerevole della vita intellettuale del XVI e XVII secolo non sia riconducibile nel perimetro degli Studi pubblici. Inoltre è certo che fra insegnamento e ricerca ci fosse una separazione, il primo aveva norme e consuetudini didattiche prescritte che ben si sposavano con l’ambiente tradizionalista dell’università; la ricerca invece più dinamica si svolgeva all’esterno delle aule universitarie. L’arcaismo di una certa didattica universitaria fu avvertito e denunciato dai contemporanei ed è su queste denunce che si è spesso fondato il giudizio degli storiografi per decretare il declino delle università connotate da uno stato di decadenza durante tutta l’età moderna. Si tratta di un giudizio che la storiografia più recente ha rivisto e corretto. Bisogna infatti considerare che in alcuni luoghi si verificò una triplicazione delle sedi universitarie: in Spagna tra il 1471 e il 1620 furono create 28 nuove sedi, nelle nuove Province calviniste tra il 1527 e il 1650 ne furono create 18. Furono fondate nelle colonie spagnole a Mexico e Lima nel 1551 e anche in quelle inglesi (Harvard 1638). Per quanto riguarda il rapporto che si stabilì tra riforma religiosa e università si può definire ambivalente. Le università furono sia la fucina delle nuove idee religiose e al tempo stesso nei Paesi Cattolici esprimono specialmente nelle facoltà di teologia un atteggiamento chiuso, di fermo rifiuto ad ogni innovazione facendosi promotrici della denuncia delle eresie. Nel corso del Cinquecento si verificò una grande espansione dei tassi di scolarizzazione ciò fu conseguenza dello sviluppo del nuovo stato moderno e della progressiva burocratizzazione degli apparati statuali. Tra le fila della nuova popolazione studentesca anche gli esponenti della piccola nobiltà di campagna o della borghesia delle professioni e degli affari, semplici gentiluomini che negli studi cercavano le conoscenze teoriche di base per essere ammessi nei complessi apparati burocratici che grandi monarchie, governi cittadini e principati stavano costituendo. Ma un buon curriculum scolastico diventa un passaporto necessario anche ai numerosi membri della nobiltà europea che aspiravano a conquistare i posti di maggiore responsabilità e cortigiana, del patrimonio di cultura rappresentato dai Bizantini. Famosa la disfida dell’illustre medico di origine senese Ugo Benzi, lanciata ai dotti d’Oriente, per una disputa su temi platonici e aristotelici. Se le tappe ferrarese e fiorentina del Concilio, seguite nel volgere breve di una decina d’anni dalla diaspora in Italia degli intellettuali in fuga da Costantinopoli caduta in mano ai Turchi, sono notoriamente entrambe all’origine del neoellenismo umanistico, è pur vero che i fermenti indotti in Ferrara, subito connessi con la competenza linguistica greca già propria di Guarinoviaggiatore in Oriente nonché con l’attività del collezionista e mercante di libri Giovanni Aurispa, daranno frutti di particolare rilevanza e e indirizzo. Da un canto la buona formazione linguistica acquisita dal Guarino al seguito di Manuele Crisolora dà frutto nelle traduzioni in latino di Plutarco e Isocrate, autori fra i più utili sul versante della pedagogia principesca. Dall’altro, l’impulso filologico si fa tramite, con l’interesse per Plinio il Vecchio, Strabone, i testi greci d’area medica, per un accelerato aggiornamento degli studi naturalistici e cosmografici, che poi rimarranno ricco appannaggio della scuola Ferarrese fra Copernico e Leoniceno. Il capitolo dell’introduzione dei classici greci è collegato invece con una più cosciente Istituzionalizzazione scolastica sull’apprendimento linguistico di base e sulle forme adeguate di traduzione e commento dei testi. Inoltre non si deve dimenticare il grande operato del cardinale Niceno, che si impegnò affinché il patrimonio di libri ed idee conservato a Bisanzio ormai sconfitta non andasse perduto. Lasciò a Venezia la sua biblioteca, per farne luogo di pubblica conservazione e studio di una civiltà minacciata da un ritorno di barbarie. Alla metà del 15 secolo il panorama universitario-umanistico all’interno dei confini italiani risulta essere molto variegato e vivace, non solo per quanto riguarda la retorica e la didattica grammaticale latina e greca, ma anche in alcuni aspetti degli insegnamenti medici e naturalistico- matematici investiti dal recupero degli auctores antiqui. Accanto al riassetto in direzione umanistica funzionano a pieno ritmo luoghi paralleli accademico cortigiani che elaborano e trasmettono cultura e determinano a loro volta apprendistato culturale, e anche forme nuove e diverse di occupazione pedagogica. La diffusione della struttura duale si constata, oltre che nella realtà ferrarese e nelle strategia veneta volta a valorizzare cenacoli aristocratici e cancellereschi a Venezia in equilibrio con l’alto livello universitario padovano, nella decisione medica di spostare a Pisa il polo universitario fiorentino per segnalare la probabile scala di valori antiscolastica laurenziana, e invece nella cura di Niccolò V per lo Studium Urbis, complementare a una politica di complessivo rilancio artistico-culturale, cortigiano, bibliotecario, urbanistico della capitale papale. Mentre per i secoli 13 e 14 possiamo parlare di umanisti della prima generazione, a partire dal 15 secolo possiamo parlare di umanisti della seconda generazione. Sono questi ultimi a mantenere fra loro scambi epistolari dove si aggiornano sulle scoperte, permettendo alla cultura occidentale la riscoperta di autori e opere fino a quel momento sconosciuti. È grazie a loro che in Francia si radicano gli autores antiqui negli spazi universitari tradizionali, o che in Germania fanno ritorno giovani intellettuali che diffondono l’Umanesimo, grazie al fatto che dalla penisola italiana portano con loro copie dei testi petrarcheschi e dei classici. LE UNIVERSITÀ ITALIANE La modernizzazione dell’istituzione universitaria aveva avuto un primo avvio già dalla fine del 14 secolo con effetti che avrebbero prodotto nei due secoli successivi alcuni mutamenti profondi sulle strutture delle scuole universitarie.. Sul piano dell’elaborazione culturale era il momento dell’affermarsi del movimento dell’umanesimo che ebbe come patria l’Italia. Gli studi pubblici italiani svolsero un ruolo non secondario sia come sedi di elaborazione del nuovo movimento culturale sia per la sua diffusione negli altri paesi europei. Le università nell’età del Rinascimento Come detto in precedenza le università italiane non restarono estranee alla cultura umanistica del Rinascimento, furono gli aspetti sul piano formale dell’organizzazione didattica che maturarono più lentamente. I letterati rifondarono lo studio delle lingue classiche, latino e greco, e di quelle semitiche, ebraico e arabi; i medici naturalisti o i numerosi matematici e astronomi furono sempre più attenti alla scienza araba. Le aule di uno Studio pubblico creavano la possibilità di intessere una fitta rete di rapporti, di rilanciare attraverso gli allievi il proprio magistero in varie contrade europee. Le scuole universitarie costituivano un punto di riferimento privilegiato per gli umanisti che assumevano come ideali interlocutori maestri ed allievi. Gli strumenti conoscitivi e metodologici che appartenevano all’elaborazione culturale degli umanisti non determinarono solo una moltiplicazione delle discipline insegnate, una maggiore presenza di cattedre di letteratura latina o greca ma misero in discussione l’assetto stesso delle discipline accademiche. Anche quando l’insegnamento degli umanisti non sconfinava decisamente nell’ambito delle discipline filosofiche, la loro attività investiva comunque le altre materie (diritto, medicina, astronomia, scienze naturali…) attraverso l’intenso lavoro storico- filologico condotto sui testi greci e latini di carattere giuridico, medico, scientifico. La diffusione dell’umanesimo nelle università italiane fu favorita dalla minore influenza della scolastica rispetto alle università francesi e inglesi. I rapporti che gli umanisti stabilirono con i centri del potere, con le corti, segnarono in modo profondo i caratteri del Rinascimento italiano contribuendo a delineare un nuovo statuto dell’intellettuale, diverso da quello che tradizionalmente operava nelle università. Se passiamo però dai contenuti del sapere al piano delle strutture della trasmissione del sapere allora l’immagine è molto più statica e conservatrice. Il sistema degli esami e dei gradi accademici resta immutato, come il carattere corporativo dei collegi dottorali. Occorre attendere il 18 secolo perché vengano promossi quegli interventi che modicano l’assetto tradizionale degli Studi italiani. Bologna e Padova Bologna è la patria dell’universitas scholarium, primato riconosciuto sin dal Medioevo. Nella prima fase della sua esistenza lo Studio non è identificabile in una struttura materiale ma si svilupperà a partire dalla vitalità delle universitas studentesche alle quali si affiancheranno i collegi dottorali che acquisteranno sempre maggior peso. A Pisa, Siena, Pavia, Ferrara, Perugia, Catania riconosciamo l’orma dell’esperienza bolognese e ciò vale tanto più per Padova, che nata da una secessione dell’università bolognese ne duplicò il modello. Nel corso del Quattro-Cinquecento maturò il progressivo declino delle università studentesche, il fenomeno si manifestò con il regresso e la successiva scomparsa della massima magistratura dello Studio, il rettore-studente. Al declino delle autonomie studentesche corrisponde un consolidamento del ruolo politico dei collegi dottorali. Ai loro membri – lettori nello Studio, membri delle commissioni di laurea - venne affidato il controllo sulla Gabella Rossa, cioè sul dazio della mercanzia, è chiaro quindi che gli interessi del ceto dottorale interagissero più con quelli del ceto mercantile-artigianale che non con quelli dell’aristocrazia senatoria. Bisogna anche constatare che lo Studio era cresciuto nella città divenendone una componente essenziale non solo della vita culturale ma anche per gli effetti sulla vita economica. Nel corso del Quattrocento si rafforzarono i legami fra lo Studio e il governo cittadino, anche in virtù della prassi di assegnare quasi tutte le cattedre a dottori bolognesi. Alla fine del secolo il governo aveva delegato a un organo esecutivo, i Riformatori dello Studio, il controllo sull’attività delle scuole, la nomina annuale dei lettori, la verifica del regolare svolgimento delle lezioni… Per quanto riguarda l’intervento di Roma, va richiamata la riforma promossa da Nicolò V che aveva delineato, fissando il numero delle letture e l’ammontare degli stipendi, l’assetto didattico generale dello Studio. Questa riorganizzazione didattica fu chiara anche a livello fisico con la costruzione dell’edificio delle scuole, l’Archiginnasio nel 1563 -> per la prima volta lo Studio bolognese aveva una sede unitaria. Per quanto riguarda PADOVA questa subì a partire dal Quattrocento una legislazione protezionistica da parte di Venezia, che si ritrova poi applicata anche in altri Studi italiani e che divenne un tratto comune della politica universitaria dei sovrani europei. Già dal 1407 il primo provvedimento protezionistico era teso a garantire il MONOPOLIO dello Studio nel territorio veneto. L’evoluzione di questo processo sfociò nella sostituzione della magistratura di Studio municipale con una magistratura veneziana, la magistratura dei Riformatori dello studio, espressione diretta del Senato veneziano. Diversamente da Bologna a Padova non si era compiuta quella chiusura del reclutamento dottorale che aveva ristretto la scelta dei lettori ai soli bolognesi. Il governo veneziano aveva ostacolato l’introduzione di ogni automatismo e privilegio a favore dei dottori padovani anche per contrastare la crescita politica dell’oligarchia urbana a cui i dottori appartenevano. Per quanto riguarda le università studentesche quelle padovane ebbero una maggiore longevità rispetto a quelle bolognesi. La loro partecipazione alle scelte che riguardavano l’attività didattica si protrasse a lungo: all’inizio del XV secolo erano ancora queste che proponevano i nominativi tra cui venivano scelti i lettori. L’autonomia studentesca perse però progressivamente terreno a favore di un generale accentramento da parte dei Riformatori e a causa del progressivo trasferimento del baricentro dello studio dalla figura dello studente a quella del maestro. La scelta del Palazzo del Bo come sede comune a tutte le scuole universitarie, decretata dal Senato nel 1645, doveva rendere visibile il carattere pubblico dello Studio parte della politica culturale dello Studio. Da Pavia a Catania All’assetto delle scuole bolognesi e padovane fecero riferimento ripetutamente le scuole universitarie sorte in seguito; modello opposto per Napoli e Roma fondate dai rispettivi sovrani, Federico II e papa Bonifacio 8. A Napoli il rettore era un professore scelto dal sovrano, alla Sapienza il papa si riserva la nomina del rettore. Come nelle città comunali, anche i governi signorili e i sovrani degli stati regionali si curano di far progredire l’istituzione universitaria. -> I rapporti tra Studio e potere politico sono un elemento determinante nelle sorti di uno Studio pubblico. Come detto in precedenza nel corso del Quattro-Cinquecento il potere politico dilatò la sua giurisdizione sulle attività dello Studio e gradualmente muta la condizione dello studente riconducibile a un utente di un pubblico servizio. A Pavia fin dal XV secolo il governo ducale aveva sottratto al rettore-studente ogni giurisdizione criminale e ne aveva fortemente limitato la giurisdizione civile, svuotando di significato l’incarico che sopravvisse fino alla fine del XVI secolo per poi scomparire. A Siena Ferdinando I svuotò di ogni reale potere la carica rettorale. Per quanto riguarda l’altro polo della vita accademica, i collegi dottorali (organismo che non coincideva con il corpo docente anche se molti membri potevano essere anche lettori pubblici. Solitamente composti da dottori originari della città) nel corso dell’età moderna dilatarono le proprie competenze in direzione dello Studio. Ciò avvenne più frequentemente laddove il potere centrale aveva bisogno di un interlocutore privilegiato da poter contrappore al Consiglio cittadino. Ciò avvenne non solo per quanto riguardava la didattica: basti pensare alle funzioni giudiziarie talora esercitate dai collegi dei giureconsulti o all’attività di controllo sulla sanità pubblica affidata ai collegi medici. Il rafforzamento della posizione dei collegi dottorali si rivelò in seguito come uno dei maggiori ostacoli per le riforme nel settore dell’istruzione universitaria. in Italia 23 collegi nei quali erano impegnati più di 80 maestri; ma fu nel secolo successivo che si ebbe la grande espansione: fra il 1560 e il 1660 maestri e collegi ebbero un incremento che superò il 400%. Fin dall’inizio i gesuiti avevano sviluppato un intenso apostolato fra maestri e studenti degli studi pubblici. Trovarono favore nelle corti italiane e nelle autorità ecclesiastiche mentre nelle maggiori città universitarie suscitarono accesi contrasti che pregiudicarono l’espansione delle loro attività didattiche di livello universitario. A Messina, prima sede italiana di un collegio gesuitico, il modello organizzativo del collegio incontrò la decisa opposizione del Consiglio cittadino, che costrinse i gesuiti ad accettare un ridimensionamento del loro ruolo all’interno dello Studio. Il caso più clamoroso fu quello del Collegio di Padova dove i gesuiti crearono un vero e proprio “Antistudio” che proclamava la loro contrarietà all’aristotelismo eterodosso dei lettori dello Studio padovano e agli spazi di tolleranza religiosa difesi dal governo veneziano. Nel 1591 i gesuiti furono costretti a chiudere le proprie scuole per garantire il monopolio dello Studio pubblico ma, soprattutto, per aver tentato di contrastare le scelte della Serenissima in materia politica, culturale e religiosa. A Roma i gesuiti fondarono il Collegio Romano nel 1551 che portò al declino della Sapienza assorbendo l’utenza dei corsi letterari, filosofici e teologici, all’inizio del Seicento gli scolari del Collegio erano duemila, quelli della Sapienza appena cento. Per quanto riguarda lo Studio bolognese Urbano VIII nel 1641 decretò una bolla che confermava il monopolio dello Studio sull’insegnamento e vietava ai gesuiti di accogliere studenti esterni nei propri corsi di filosofia, matematica, fisica o teologia. Nelle città dove erano presenti Studi pubblici importanti i collegi gesuiti poterono quindi affiancarsi alle scuole universitarie assumendo generalmente funzioni didattiche propedeutiche. ->Diverso fu il loro ruolo nelle università sorte nel corso della prima età moderna, insediate in centri periferici o nelle capitali deli Stati minori. I gesuiti fondarono collegi anche in centri urbani privi di uno Studio generale (Milano, Firenze, Genova…) svolgendo non solo una regolare attività di insegnamento ma conferendo anche i gradi accademici in arti e teologia. Talvolta la presenza del collegio si rivelò decisiva per la nascita stessa del nuovo Studio, assumendo un ruolo diverso da una sede all’altra: Sassari può essere considerata una vera e propria università dei gesuiti perché fino al 1765 la gestione dello studio dipese dal rettore del collegio dei gesuiti; altrove assunse un ruolo complementare oppure per esempio a Parma e a Messina venne affidata una parte delle cattedre. Per quanto riguarda l’ordinamento disciplinare dei collegi non era lasciato alcuno spazio per l’autogoverno degli studenti, erano banditi giochi o divertimenti che potessero distrarre dallo studio. Sul piano dei contenuti culturali il rigore dogmatico emerse con l’intento di affidare l’insegnamento delle discipline filosofiche solo ai gesuiti. Ciò introduce il problema del rapporto fra gli ideali religiosi e i fondamenti dottrinali della Controriforma e lo sviluppo del pensiero scientifico, un tema che ci consente di comprendere la funzione assolta dalle Accademie. I collegi, nonostante il rigoroso conformismo, diedero un contributo fondamentale al processo di modernizzazione delle strutture universitarie italiane = le nuove costituzioni universitarie promosse nel corso dle 700 presentano molte affinità con la Ratio studiorum. Decadenza e riforme: due concetti fondamentali che caratterizzarono le università italiane tra la metà del Seicento e la fine del Settecento. Molti elementi dimostrano una generalizzata crisi: la perdita di creatività, il fatto che le università divennero sempre più sedi della cultura più tradizionale e conformista. A questa realtà si deve far risalire la nascita di istituzioni alternative come le scuole gesuitiche, i collegi per i nobili, le accademie e le lezioni private. Processi determinati anche dal disordine finanziario in cui versavano le università che spesso comportava il ritardo nel pagamento dei docenti che erano inoltre eccessivamente numerosi rispetto a un corpo studentesco ovunque in forte diminuzione. La nuova cultura riuscì ufficialmente ad entrare nelle università, riformandole, solo quando fu spezzato il monopolio dei collegi dottorali e professionali sul rilascio dei gradi abolendo la distinzione tra professioni nobili e vil, tra alta teoria e bassa pratica. Questo processo riuscì dove gli antichi studi municipali erano stati trasformati in università di Stato. Altrove i collegi dottorali furono tra i maggiori oppositori dei progetti di riforma tanto da bloccarne qualsiasi realizzazione. A Bologna il rinnovamento scientifico- culturale fu possibile solo con la creazione di un’istituzione esterna allo Studio e ad esso parallela; l’Istituto delle Scienze fondato nel 1714. La riforma dello Studio torinese L’attuazione di una reale riforma universitaria riuscì per la prima volta nello stato italiano in cui il potere dei collegi dottorali e gesuitici furono effettivamente contrastati. Con Vittorio Amedeo II venne attuato un progetto di rinnovamento dell’università fondato sul principio della riappropriazione da parte dello stato delle competenze dell’insegnamento pubblico. Nel 1719 fu decretata la soppressione di tutti i collegi non direttamente legati all’università; nell’anno successivo furono radicalmente riformate natura e funzione dei collegi di teologia, legge e medicina; venne poi imposto un vincolo preciso tra corsi universitari, titoli accademici e scelte di carriera. Fu avviato un processo di simbiosi tra collegi e facoltà attenuando così il divorzio tra teoria e prassi che fino a quel momento aveva contraddistinto il mondo delle professioni. Fu un processo lungo, le riforme piemontesi furono concepite ed attuate all’interno di un rafforzamento complessivo dello Stato contro i privilegi locali, ecclesiastici e nobiliari. Cervello di tutta l’operazione fu, per il periodo 1720-27, Francesco d’Aguirre che attuò una riforma istituzionale, chiamando docenti dall’estero riuscendo a creare un valido centro di studi. Fin dal 1721 era stato istallato nell’ateneo un laboratorio di fisica sperimentale. L’impegno statale a favore di una maggiore diffusione delle teorie scientifiche recenti riuscì ad incidere profondamente attraverso la creazione di una rete capillare di Collegi delle province. Vi insegnarono personaggi prestigiosi conoscitori del pensiero filosofico-scientifico moderno. Compito istituzionale del collegio era quello di mantenere gratuitamente agli studi cento giovani bisognosi scelti proporzionalmente da tutte le province in base a talento, povertà e buoni costumi. Caratteristica peculiare del collegio era la laicizzazione dei fini: il fondatore non si poneva più l’obiettivo di perpetuare il proprio nome o di guadagnare salvezza eterna ma di formare giovani per il servizio dello Stato. Il collegio fu anche lo strumento tramite il quale poterono essere ridefinite alcune figure professionali, come i chirurghi, gli architetti, gli ingegneri, i geometri che poterono rivendicare l’importanza del loro ruolo anche grazie al sistema di valori illuministici che rivalutava gli aspetti di utilità sociale del lavoro. Un analogo sforzo di ricomposizione e promozione di figure professionali coinvolse anche gli insegnanti grazie alla riforma del corso di belle lettere. Nel 1737 fu costituito il collegio come organo di difesa e rappresentanza professionale suddiviso in tre classi: una di filosofia, per gli studenti che avrebbero proseguito il corso di studi, una di matematica per architetti, misuratori e agrimensori; una di belle lettere per i docenti. I gradi del magistero delle arti avevano un duplice valore, di abilitazione non solo agli studi di diritto e teologia ma anche all’insegnamento nelle scuole regie e a certe condizioni nell’università. Per l’ingegneria e l’architettura militare furono fondate nel 1739 le Reali Scuole caratterizzate da disciplina ferrea, insegnanti militari, apertura al pensiero scientifico e alla ricerca, grazie alla quale acquisirono fama e prestigio in tutta Europa, a scapito delle università. Da ciò maturò il progetto che si concretizzò nel 1738 dell’Accademia delle scienze, componente centrale del dispotismo illuminato di Vittorio Amedeo II. Le riforme nella Lombardia austriaca: lo Studio di Pavia e le scuole milanesi Nel Settecento al nuovo governo austriaco appariva infondata la pretesa dei collegi di monopolizzare dottorati e abilitazioni; essi, come anche le scuole degli ordini religiosi, furono visti come ostacoli alla politica di recupero della giurisdizione regia avviata dalle autorità viennesi e milanesi. Nel 1766 fu istituita una nuova Giunta degli Studio, la studio di Pavia e le Scuole Palatine di Milano furono poste sotto il diretto controllo del governo. Primo obiettivo delle riforme era quello di accentuare il ruolo dell’università come unico centro di formazione del giurista. Attraverso l’abolizione di tutti quei centri che nella Lombardia austriaca potevano porsi in concorrenza con l’università, fu raggiunta l’uniformità di principi, dottrine e metodo. La laurea all’università di Pavia divenne il titolo preferenziale per l’accesso a qualsiasi carriera amministrativa. La riforma universitaria riguardò anche le professioni mediche. Negli anni 1769-74 fu creata una nuova facoltà filosofica regia contrapposta a quelle dei soppressi collegi dei gesuiti. Botanica, scienze naturali, fisica e chimica assumevano nella preparazione generale del medico un ruolo preponderante contro la logica e la metafisica. Nel 1774 venne redatto un nuovo Regolamento della professione medica e nel 1783 l’università assunse il pieno controllo dell’internato ospedaliero e delle abilitazioni creando una figura professionale del tutto nuova, quella del medico chirurgo, che univa alla preparazione teorica la pratica delle dissezioni e la capacità di eseguire operazioni. Le riforme delle università di Parma, Modena e del Granducato di Toscana A soluzioni simili a quelle di Pavia approdò la ristrutturazione dell’università promossa a Parma da Guillame Leon Du Tillot con lo scopo di uniformare tutte le istituzioni culturali e scolastiche esistenti al fine di rafforzare lo stato. Tutti gli studenti dovevano frequentare le scuole pubbliche dello stato e gli studi fisico-matematici erano preminenti rispetto alla filosofia tradizionale. Pavia ispirò anche le riforme volute a Modena da Francesco III d’Este. Lo Studio pubblico di San Carlo fu sostituito dall’università suddivisa in quattro classi con ventinove cattedre complessive. Nel 1772 la direzione dell’università fu affidata al magistrato degli Studi, composto da consiglieri di Stato e presidenti delle facoltà, che doveva vigilare non solo sul buon andamento degli studi ma anche sui collegi professionali dei medici, degli avvocati e dei notai. Fu sostituito 1773 poi dal dicastero degli riformatori deli Studi. Una politica analoga fu seguita negli anni 1770-80 dal Granduca Leopoldo di Toscana, il “principe filosofo”. Nel 1788 fu concentrato nella Soprintendenza generale di Firenze il controllo di tutte le scuole pubbliche del granducato e furono allontanati i religiosi dalle strutture educative. La nomina degli insegnati fu riservata al Granduca. I casi descritti mostrano come le riforme delle università riuscirono nelle città in cui i collegi furono esautorati. Altrove si dovettero aspettare le riforme napoleoniche. Lo Studio di Napoli Nei primi anni cinquanta del settecento Napoli fu un centro di elaborazione culturale di primaria importanza in Italia. Nel 1731 la direzione dello Studio fu affidata a Celestino Galiani che si occupò di riformare il sistema scolastico. Egli avvertì lo stretto rapporto esistente tra potere politico e riforma della cultura. Nel 1732 fondò l’Accademia delle scienze. In primo luogo era posta la ricerca scientifica condotta con metodo sperimentale. In quello stesso anno aveva presentato la sua proposta per l’università dopo aver licenziato seicento cappellani straordinari sospettati di truffa e di immoralità, aver chiuso molte scuole private gestite da persone con pochi scrupoli e aver introdotto una maggiore disciplina nello Studio pubblico. La riforma era strutturata in cinque punti: 1. rinnovamento della sede; Al contrario la facoltà di arti giocò un ruolo essenziale per il successo delle idee umanistiche. Il suo programma tradizionale – grammatica, logica, filosofia – si prestava facilmente ad aperture umanistiche. I suoi numerosi studenti e la loro giovane età come anche quella dei loro maestri ne faceva un contesto molto ricettivo. Le discipline del trivio, la grammatica e la retorica, sdegnate nell’università medievale, ritrovarono un posto preponderante. Gli umanisti vedevano infatti nello studio assiduo dei classici e nella perfetta padronanza delle lingue antiche il mezzo migliore per prepararsi agli studi superiori, formare il giudizio ed educare la coscienza morale. IL TRIONFO DEL COLLEGIO E LA NASCITA DELL’INSEGNAMENTO SECONDARIO: Dal punto di vista dell’istituzione universitaria propriamente detta, la principale conseguenza della vittoria delle idee umanistiche fu la modifica completa delle strutture. Il XVI secolo ha visto in Francia il trionfo del “collegio d’insegnamento” sulla vecchia facoltà di arti. Il senso storico di questa modifica è molto importante. Essa ha prodotto il risultato di separare nettamente, secondo una divisione ancora in vigore ai nostri giorni, un settore “secondario” di insegnamento (quello del collegio, sostituito nel XIX secolo dal liceo) e un ambito superiore, quello delle facoltà universitarie (medicina, teologia, diritto). Il medioevo pur riservando alla facoltà di arti uno statuto propedeutico, non aveva veramente avuto coscienza di una tale divisione. - Es. il Collège des Lecteuers Royaux antenato dell’attuale Collège de France fondato dal re Francesco I nel 1530. L’obiettivo era stabilire a Parigi l’equivalente del collegio trilingue di Lovanio e di fatto divenne un grande centro ‘insegnamento umanistico in cui si praticava: greco, ebraico, latino, le lingue orientali, matematica, fisica, medicina… È opportuno ricordare che il collegio è un’istituzione di origine medievale. A partire dal XIII secolo furono creati nelle principali città universitarie dei collegi che in partenza erano alloggi per borsisti, cioè studenti poveri. A poco a poco qualche collegio si dotò di una biblioteca, di sale da lavoro e di un’attività didattica propria -> inizialmente insgenamenti complementari organizzati la sera o i giorni di festa poi a poco si dotò di un insegnamento autonomo e propri docenti. Il Collège de Navarre, fondato a Parigi nel 1304, fu il primo a spingersi in questa direzione. Questa evoluzione accelerò nel XV secolo per generalizzarsi, quantomeno a Parigi, nel XVI. I l successo dei collegi comportò la rovina delle facoltà d’arti e delle loro antiche scuole offrendo un insegnamento completo e gli allievi erano ripartiti in classi successive e le età andavano dai 12 ai 20 anni. A Parigi furono definitivamente chiuse nel 1542: tutti gli insegnamenti sarebbero stati attivati nei collegi e la facoltà si sarebbe riunita solo per le sessioni d’esame. I vecchi borsisti persero la possibilità di accedere ai collegi e vennero create cosi nuove categorie di allievi: uditori liberi, esterni e non alloggiati nel collegio. Questo sistema Parigino (modus Parisiensis) ebbe un grande successo; permise il rinnovo umanistico dell’insegnamento universitario delle arti e l’emancipazione dei collegi in rapporto alle autorità universitarie. I collegi non sfuggirono tuttavia, dalla metà del XVI secolo, a una prima crisi. Alle prese con difficoltà finanziarie crescenti, le città non erano più in grado di sostenerli economicamente. Il problema fu rivoluzionato dall’apparizione dei gesuiti. Prima in Italia (Messina 1548; Rom 1551)- il primo collegio gesuita francese fu quello di Billom in Alvernia (1556); aumentarono a 12 nel 1572, a 70 nel 1640. Arrivarono al momento giusti per le città prive di risorse economiche e quindi incapaci di sopportare il carico dei collegi, per le famiglie liete all’idea di vedersi proporre un insegnamento gratuito conforme al modello umanista del modus Parisiensis, per i vescovi preoccupati dal progresso dell’eresia. Le cose di guastarono laddove i gesuiti vollero farsi integrare dalle università esistenti. IL DIFFICILE RAPPORTO TRA GESUITI E UNIVERSITA’: Per i gesuiti l’integrazione nelle università era il mezzo per offrire ai propri allievi gli attestati universitari ed era anche la speranza di aggiungere delle scuole di teologia che avrebbero permesso loro di formare dei dottori di teologia e di spingerli ai benefici maggiori (vescovati) e di affermare così il loro ruolo di ordine militante della riconquista cattolica. In Francia questa politica si scontrava con un gallicanesimo (=L'atteggiamento dottrinale e politico della Chiesa di Francia durante la monarchia assoluta, diretto a rivendicare una particolare autonomia nei confronti della Santa Sede) largamente diffuso. Le università li vedevano come degli intrusi, alcuni vescovi li sospettavano di privilegiare la volontà romana. I gesuiti non riuscirono mai ad ottenere l’integrazione alla facoltà d’arti del loro collegio. Per ottenere gli attestati universitari gli allievi dovevano alla fine dei corsi immatricolarsi per uno anno in uno dei vecchi collegi delle facoltà d’arti. LE UNIVERSITA’ DURANTE LE GUERRE DI RELIGIONE: Le università francesi dalla metà del XVI secolo affrontarono un periodo di forte crisi a causa del deterioramento della situazione economica e l’acuirsi degli antagonismi confessionali che sfociarono dopo il 1560 in guerra civile. A Parigi il numero delle lauree in arti rilasciate si dimezzò tra 1530 e 1575, alla facoltà di Medicina di Montpellier la media delle immatricolazioni precipitò, la mobilità studentesca subì un rallentamento infatti sia gli studenti protestanti che quelli cattolici esitavano ad andare nelle università francesi. Il prestigio intellettuale delle università non venne però intaccato. Docenti e studenti non restarono in disparte rispetto ai problemi del tempo. Al contrario introdussero una sorta di attualità politica negli insegnamenti talvolta un po’ tradizionali (filosofia politica: libero arbitrio, grazia e predestinazione…) I regni di Enrico IV (1589-1610 – Parigi val bene una messa) e di Luigi XIII (1610-1643) furono regni di ricostruzione, risolto il problema professionale era necessario restaurare lo Stato. SPLENDORI E MISERIE DELLE UNI. ALL’INIZIO DELL’ETA’ CLASSICA: Si innescò quindi una nuova fase della storia delle università francesi. La crescita degli effettivi, sovvertiti dalle guerre di religione, si riprese ma si verificarono anche casi di recessione o stagnazione come per l’università di Montpellier che non riuscì a ritrovare l’alto livello degli anni 1550. La spiegazione è legata alla contrazione regionale del reclutamento. La regionalizzazione del reclutamento è un fenomeno generalizzato causato dalle divisioni religiose e dallo scatenamento della guerra dei Trent’anni. Su queste università dal carattere regionale sempre più marcato l’ingerenza reale era sempre più pesante. Il controllo reale si rafforzò considerevolmente con Enrico IV; egli fece pubblicare dei nuovi statuti per l’università di Pairgi nel 1600 che insistevano sul controllo dell’ortodossia cattolica e sulla disciplina rigorosa. Il sovrano era quindi men che mai disposto a restituire una qualsiasi autonomia alle università ma al tempo stesso si mostrava attento nel salvaguardare la qualità dell’insegnamento universitario e nel garantire ai laureati l’accesso ai benefici ecclesiastici e alle principali magistrature. La benevolenza del potere si esprimeva anche nella generosità finanziaria- esistevano delle “cattedre reali” il cui titolare era remunerato dal re. L’esempio più classico di mecenatismo universitario è fornito dalla Sorbona. - Il vecchio collegio medievale di Robert de Sorbon aveva acquisito prestigio diventando un collegio di insegnamento per quanto riguarda la teologia. Nel 1616 esistevano 6 cattedre reali. RIPTODUZIONE SOCIALE E ARRETRATEZZE CUTLURALI: Nel 16 sec era sempre più netto il solco tra l’insegnamento diffuso nelle università e il movimento vivo delle scienze e delle idee. Le nuove teorie e trattati nascevano nelle accademie, nei salotti, nei circoli dei sapienti. I programmi universitari restavano dominati dalle autorità medievali e non si adattavano alle novità del tempo. Nelle facoltà di medicina il corpus ippocratico e i principi biologici di Aristotele visti da Galeno continuavano a fornire la base della teoria medica. A Montpellier viene costruito un teatro anatomico nel 1566 e a Parigi nel 1617 ma questo progresso non raggiunge altre università. Nelle facoltà di diritto e di teologia non si escludeva del tutto l’interesse per la modernità ma il controllo reale ( che esigeva conformismo ideologico all’ortodossia cattolica e all’assolutismo) lasciava poco spazio al dibattito delle idee. Più che mai erano le funzioni di certificazione sociale di riproduzione delle élites che continuavano a giustificare agli occhi del principe come a quelli delle classi dirigenti l’esistenza delle università. Gli attestati universitari rimanevano passaporti indispensabili per le carriere più brillanti nell’ambito del clero, della magistratura o delle professioni liberali (medici o uomini di legge). La preoccupazione principale degli studenti e delle famiglie diventò l’ottenimento delle certificazioni in tempi brevi e con minima spesa poiché la vera cultura si acquisiva altrove. Ciò costituì una minaccia per le università e provocò una rapida decadenza, eccezioni furono Parigi e Tolosa che per la loro nomea riuscirono a preservare la durata degli studi. Le università francesi nel 17 secolo non erano in totale decadenza ma non erano più il luogo della passione e dell’innovazione intellettuale. LA RETE DELLE UNIVERSITA E DEI COLLEGI: Nel 1650 il regno di Francia contava sedici università. Tra il 1650 e il 1789 vennero fondati solo quattro nuovi istituti. Nella Francia di Luigi XIV e Luigi XV le università continuavano a rappresentare un’identità medievale e ciò risultava anche dalla localizzazione degli atenei che si trovavano nelle antiche capitali religiose (vescovadi) o amministrative (parlamenti) mentre nessuna università era stata creata nelle città più popolate e attive del regno (Marsiglia, Lione, Rouen, Lille) il cui sviluppo era recente. I riti, gli abiti, la lingua (il latino) erano ancora quelli del Medio Evo. La distinzione delle facoltà (arti, medicina, diritto, teologia), la gerarchia dei gradi (baccalaureato, licenza, dottorato), tutto era immutato. ISTITUZIONI DELL’ANCIENT REGIME: un altro tratto distintivo delle università francesi del periodo 1650-1789 è costituito dal fatto che esse erano ormai istituzioni ben integrate nel sistema amministrativo della monarchia assoluta. L’assoggettamento delle uni ai poteri laici risaliva alla fine dle medioevo, i re avevano ridotto sempre più l’antica autonomia universitaria. Nell’aprile 1679 le facoltà di diritto vennero riorganizzate attraverso una riforma preparata da Colbert che riguardò: l’istituzione di una cattedra di diritto romano a Parigi e la creazione di una cattedra di diritto francese non in latino ma in francese tenuta da professori che non fossero necessariamente dottori ma che avessero un’esperienza di almeno 10 anni come magistrati o avvocati. Venne decisa la durata dei corsi di legge che divenne uguale in tutte le facoltà del regno – 2 anni di baccalaureato+ 3 di licenza+ 1 di dottorato- si creò un sistema d’iscrizioni trimestrali che avrebbero costretto gli studenti a un’assiduità degli studi e fu stabilità un’età minima d’iscrizione l’introduzione di nuovo insegnamenti quali greco, ebraico, aritmetica, geometria…si richiedeva ai membri di intraprendere il sacerdozio. Anche i collegi universitari fondati a Oxford vennero influenzati da ideali umanistici. Entro il 1520 entrambe le università ebbero pubblici lettorati in greco e matematica. Nel 1540 la Corona creò nuove cattedre, note come cattedre regie, 5 per ogni università: per medicia, teologia, diritto civile, ebraico e greco. All’interno del corso ufficiale di arti liberali l’equilibrio tra le materie del trivio cambiò. Ci fu un mutamento di tendenza dalla logica verso la retorica e la grammatica con un maggiore approfondimento della letteratura classica; inoltre lo statuto della facoltà di Cambridge del 1570 obbligò a studiare gli autori umanisti. L’IMPORTANZA DEI COLLEGI: In termini istituzionali, l’evoluzione più significativa manifestatasi nelle due università inglesi nei secoli XVI e XVII riguardò il numero e l’importanza crescente dei collegi. Nel tardo medioevo la maggior parte degli studenti viveva in pensioni (ad Oxford chiamate halls, a Cambridge hostels). In alcune venivano tenute lezioni da integrare con quelle delle università. I pochi collegi che allora esistevano erano in gran parte riservati ad un piccolo numero di laureati che studiavano per ottenere un titolo superiore, a differenza delle pensioni i collegi possedevano proprietà terriere ottenute come donazioni all’atto di fondazione o elargite da benefattori. Dalla metà del XV secolo in poi il numero dei collegi crebbe costantemente.  C’erano 10 collegi ad Oxford nel 1500, altri 8 furono costruiti prima del 1642.  A Cambridge ce n’erano 6 nel 1440, ne vennero costruiti altri 4 nel XV sec. Le halls non erano in grado di competere con i nuovi collegi e così scomparvero rapidamente dalla scena. Numerose erano le ragioni per cui i genitori preferivano mandare i loro figli nei collegi. Si pensava che le pensioni fossero turbolente, mentre i collegi potevano garantire disciplina e istruzioni migliori. I collegi inoltre concedevano borse di studio che alleggerivano il carico finanziario dei genitori. Le dimensioni dei college erano molto variabili. Il più grande collegio di Cambridge, il Trinity aveva 440 membri, i due più piccoli contavano 56 membri ciascuno. I collegi divennero il centro dell’insegnamento, essi provvidero ad organizzare le lezioni, discussioni di tesi ed esercitazioni accademiche. Gli studenti ricevevano lezioni individuali dai precettori assegnati dai loro collegi. Queste attività dovevano integrare le lezioni universitarie. Ad entrambe le università fu concesso di stampare, le biblioteche dei collegi si ingrandirono rapidamente. Dapprima i precettori garantivano solo che gli studenti pagassero vitto e alloggio al collegio, ma fu successivamente stabilito che avessero la piena responsabilità dello sviluppo morale, intellettuale e religioso degli studenti. Persino picchiare i loro studenti. Ricevevano direttive dai genitori riguardo al genere di istruzione che i loro figli dovevano ricevere e al tempo che dovevano dedicare allo svago. La flessibilità rese il sistema didattico particolarmente gradito: entro il XVI molti studenti seguivano programmi di studio che avevano poco in comune con il vecchio corso di arti. I precettori venivano scelti sia nell’ambito religioso che in quello accademico; se si trasferivano da un collegio a un altro gli studenti potevano seguirli. L’organizzazione edilizia dei collegi mantenne il vecchio stile monastico, con locali separati, intimi, ad imitazione dei collegi medioevali. Ognuno viveva in camere all’interno delle mura, i collegi provvedevano ai pasti e alla funzioni nelle proprie cappelle. Questa struttura fu mantenuta nelle nuove costruzioni del 16/17 secolo di dimensioni maggiori. La situazione economica dei collegi: La situazione finanziaria dei collegi si basava essenzialmente sulle proprietà immobiliari che essi possedevano. Tali proprietà, donate dai fondatori o da benefattori, venivano affittate a locatari e i collegi ricevevano introiti sotto forma di rendite annuali, entry fines, e vendite del legname che veniva prodotto. La sicurezza economica che ne derivava, insieme alle tasse degli ospiti del collegio, assicurò ai collegi lunga prosperità. Non vi era alcune gestione amministrative professionale: 1 o 2 professori erano delegati ogni anno ad assolvere funzioni di tesoreria; non erano sempre abili e alcuni collegi conobbero seri problemi finanziari. I possedimenti terrieri dei collegi erano in gran parte concentrati nelle campagne più vicine alle due città universitarie ma complessivamente ci fu una progressiva espansione geografica attraverso tutta l’Inghilterra; i tesorieri dovevano ispezionare le proprietà per accertarsi che fossero tenute in buone condizioni e ciò avveniva principalmente nei mesi estivi. I collegi furono creati grazie a ricchi benefattori e l’unico modo di aumentare le proprietà era quello di ricevere donazioni che consistevano in proprietà terriere, denaro e beni mobili. È stato stimato che più del 7% delle donazioni caritatevoli nei secoli 16/17 furono a favore delle università. Rispetto ai loro collegi, le due università furono scarsamente finanziate e dipendevano principalmente dalle tasse imposte agli studenti che erano regolate da un sistema proporzionale. Rettori e maestri: Non appena i collegi assunsero un ruolo più significativo all’interno delle università, i loro rettori divennero figure più note. Essi avevano un considerevole potere al loro interno; potevano stabilire i lettorati ed incarichi per il collegio, assegnare stanze ad allievi e maestri e a volte si occupavano personalmente di allievi aristocratici. La loro crescente condizione sociale è testimoniata dagli alloggi, divenuti più ampi e lussuosi durante la seconda metà del 16 secolo. L’autorità dei rettori crebbe anche grazie ai mutamenti costituzionali che si verificarono nelle università. All’inizio del XVI secolo il potere decisionale era ancora nelle mani dei laureati in arti liberali che si riunivano in convocations (Cambridge) e congregations (Oxford). Durante il regno di Elisabetta ci fu un cambiamento nella divisione del potere e le scelte principali riguardo all’università furono affidate al vice-cancelliere e ai rettori. La direzione di un collegio era un importante passo avanti verso più alte dignità ecclesiastiche, molti rettori di Cambridge divennero vescovi. In quasi tutti i collegi di Oxford e Cambridge ai maestri veniva imposto lo studio della TEOLOGIA e in alcuni veniva permesso, uno o due docenti, di studiare medicina o legge. Gli stipendi erano fissati dallo statuto del collegio oppure dipendevano dalle beneficenze. L’età degli insegnanti era vicina a quella dei loro studenti, generalmente ottenevano una cattedra prima dei 25 anni e la durata media della cattedra era dai 6 ai 14 anni; venivano viste soprattutto come primo passo verso una carriera ecclesiastica; alternativa poteva essere l’insegnamento privato o pubblico; oppure diventare procuratori, scrivani, impiegati d’ufficio. La popolazione universitaria a Oxford e Cambridge: Oxford e Cambridge crebbero rapidamente dal regno della regina Elisabetta in poi. Nella metà del 15 secolo la popolazione universitaria di Cambridge era costituita da circa 1300 persone quella di Oxford circa 1700. Ci fu un’ulteriore espansione fino alla metà del 16 secolo quando il prevaricante potere politico e religioso causò un declino del numero in entrambe le università. La percentuale della popolazione maschile dell’Inghilterra e del Galles che frequentava l’università nei primi anni del 17 era del 2%, più alta di ogni altra epoca fino alla prima guerra mondiale. Gli studenti di Cambridge venivano principalmente dal nord e dall’est, quelli di Oxford dalle aree più popolose del sud e dell’ovest ed erano pochissimi gli studenti stranieri. Alcuni collegi posero un limite al numero degli studenti appartenenti dalla stessa contea per evitare la formazione di fazioni regionali, altri fecero l’opposto sviluppando stretti legami con alcune località. La composizione sociale del corpo studentesco subì un profondo mutamento per l’arrivo di un numero crescente di ospiti paganti. Nel primo 15 sec solo un modesto numero di studenti di estrazione popolare cominciò a frequentare l’uni ma da Elisabetta il numero crebbe. Nel XV secolo si erano registrati ben pochi studenti delle classi sociali più agiate (i figli più giovani destinati a una carriera ecclesistaica), ma negli ultimi vent’anni del XVI il 46% degli studenti di Oxford apparteneva alla piccola ed alta nobiltà; a Cambridge nel XVII la metà degli studenti erano della piccola nobiltà o figli di professionisti. L’istruzione aveva certamente valore per la piccola nobiltà impegnata nei governi locali e assunse un ruolo più importante sotto i Tudor. Era opinione diffusa che un’istruzione universitaria potesse influire positivamente sulla posizione sociale e chi aveva studiato a O. o C. potesse considerarsi un gentiluomo. Le distinzioni di ceto presenti nella società si riflettevano all’interno della comunità studentesca, le distinzioni erano ben visibili nelle sale da pranzo dove gli studenti cenavano in tavoli separati, secondo le rispettive appartenenze sociali che erano esplicitate anche attraverso l’abbigliamento. Non era necessario aver raggiunto una certa età per andare all’università, nel XVII la media dei nuovi studenti era circa di 17 anni. Il programma degli studi e le attività extra scolastiche: Come nel medioevo il corso di arti liberali rappresentava la parte più importante del programma universitario , la base per proseguire verso studi superiori. Gli studenti che miravano alla carriera ecclesiastica necessitavano della laurea, gli studenti laici davano meno valore al titolo di studio. Il piano di studi di arti era uguale per tutti ma gli studenti facoltosi che non volevano ottenere il titolo avevano una grande libertà nella scelta delle materie, i precettori adattavano i corsi ai diversi soggetti. Questi corsi comprendevano: scienze naturali, storia classica e moderna, letteratura classica e inglese, lingue moderne e geografia. Al di fuori dei collegi si trovavano precettori che insegnavano materie non curate dai collegi; c’erano anche scuole di scherma, danza, equitazione importanti per i giovani gentiluomini. In entrambe le università era molto forte la tradizione teatrale ispirata agli ideali umanistici che consideravano il dramma necessario per lo studio della retorica. Ci si aspettava che gli studenti studiassero dalle 6 alle 22 interrompendo solo per i pasti e per gli esercizi religiosi. Come sport era praticato il tennis, il tiro con l’arco, la caccia e le bocce; altri passatempi come le carte e i dadi erano visti come poco rispettabili incoraggiando il gioco d’azzardo. Indisciplina e punizioni: L’indisciplina degli studenti consisteva nell’assenza a lezioni, sermoni e funzioni religiose, nel gioco d’azzardo, nel frequentare prostitute, nel vandalismo, l’ubriachezza costituiva il principale problema disciplinare. La crescente presenza di studenti ricchi accrebbe la gravità del problema. Molti collegi avevano un sistema graduato di punizioni che partivano con avvertimenti, poi multe, sospensioni e infine l’espulsione che era molto rara. I reati sessuali sono meno documentati ma furono anch’essi causa di preoccupazione. Il trinity collegi di C. proibì a ogni inserviente donna sotto i 50 anni di entrare nel collegio. O. e C. tra Riforma e Puritanesimo: Dal 1530 le due università furono intimamente coinvolte in molte dispute e negli importanti mutamenti religiosi che seguirono l’avvento del protestantesimo in Inghilterra e l’inizio della riforma. I primi luterani riconosicuti furono un gruppo di studenti di Cambridge che si riunivano in taverna per discutere le nuove idee religiose. Questi incontri non erano approvati ufficialmente, i pensieri di Lutero erano ancora considerati eretici e i suoi testi furono bruciati dalle autorità universitarie nel 1520. Dal 1530 l’Inghilterra ripudiò l’autorità del papato ed istituì una chiesa nazionale che aveva il comprendeva i docenti più anziani. Il potere era limitato al Caput Senatus, composto da una ristretta oligarchia. I collegi a Oxford e Cambridge: l’università in quanto tale aveva un ruolo in attività quali l’immatricolazione, gli esami e la laurea. La max parte della vita accademica ruotava intorno ai collegi, dove studenti e docenti vivevano. I collegi erano istituzioni autonome, la struttura ricordava quella di un castello circondato da alte mura, il locale più importante era la hall dove venivano celebrate le cene. Si differenziavano per dimensioni e ricchezza (Trinity di Cambridge + grande e ricco). I membri più anziani dei collegi si chiamavano fellows: si trattava di laureati scelti da chi era già fellow; una fellowship era un beneficio a vita che dava diritto ad avere alloggio e vitto nel collegio e uno stipendio. Qiesti NON dovevano sposarsi ed erano tenuti a rispettare certi obblighi di residenza e di insegnamento che divennero sempre meno impegnativi tra il 1650 e il 1800. La max parte doveva prendere gli ordini religiosi come una sorta di passaggio preliminare a un beneficio ecclesiastico. Ogni cvollegio aveva un rettore eletto dai fellows, a C. chiamato master e a O. warden o rector. Al Trinity il master era nominato dalla corona. Compiti: 1. Amministrava il patrimonio 2. Badava alla condotta dei fellows e degli studenti 3. Difendeva gli interessi legali del collegio I collegi possedevano terre perciò facevano parte della landed society = aristocrazia terriera inglese. Gli studenti e il curriculum: Dal 1660 iniziò per le due università un secolo di declino delle iscrizioni, malgrado l’aumento spettacolare della popolazione britannica. I genitori inglesi e gallesi erano sempre meno inclini a mandare i loro figli nelle università inglesi. I dissidenti e i cattolici romani ne erano esclusi e il loro carattere così clericale era sgradito anche alle famiglie anglicane. Le università scozzesi e le nuove accademie del XVIII secolo offrivano un’istruzione meno costosa e più moderna che Oxford e Cambridge rifiutavano di imitare. Gli insegnamenti e gli esami continuavano a mantenere il loro stampo medievale ed erano poco aperti alle innovazioni. Come già detto l’insegnamento veniva impartito agli studenti direttamente nei collegi dai precettori che personalizzavano a seconda degli interessi degli studenti il piano di studi del corso per il Bachelor of Arts (durata 4 anni) ciò per quanto riguarda Oxford; a Cambridge non vi era ampia possibilità di scelte individuali. I diplomi di grado più elevato a Oxford e Cambridge: In teoria il B.A. era semplicemente il primo passo nel corso degli studi ed era seguito da altri tre anni di impegno e dissertazioni che si concludevano con il rilascio del diploma di master. Di fatto il Master of Arts divenne sempre meno impegnativo dagli inizi del 17 secolo in avanti. I collegi non richiesero più l’obbligo di residenza per il M.A e la discussione delle tesi divenne piuttosto superficiale. In base agli statuti tutti i M.A residenti nei collegi dovevano insegnare e studiare per prendere diplomi superiori in legge, medicina o teologia, corsi impegnativi. In pratica ben pochi continuavano gli studi. Le lauree in teologia erano prese da chi intendeva seguire la carriera ecclesiastica. Il candidato doveva discutere la tesi con un docente di teologia, si trattava di una verifica intensa e approfondita, erano occasioni in cui l’università metteva in mostra i docenti più eminenti, queste discussioni infatti richiamavano un vasto pubblico. Le università e Carlo II (1660-85): Come la maggior parte della nazione anche le università accolsero favorevolmente la caduta del Commonwealth e il ritorno di re Carlo II e della monarchia Stuart nel 1660. I docenti anglicani che si erano adeguati durante il regime di Cromwell accolsero con soddisfazione il ritorno della loro fede in posizione dominante. I diplomi e i contratti stipulati durante il Commonwealth furono riconosciuti, come pure le nomine legittime, cioè i posti che erano legittimamente vacanti oppure nel caso in cui i titolari, dopo essere stati cacciati, erano in seguito deceduti. Gli altri vennero rimossi. Il nuovo parlamento fu dichiaratamente anglicano: tra il 1662 e il 1665 fu responsabile di un’attività legislativa che imponeva l’ortodossia al clero della chiesa d’Inghilterra. Le università divennero roccaforti dell’ortodossia anglicana. Quando i rettorati rimanevano vacanti la Corona imponeva degli ecclesiastici di provata fede anglicana agli elettori.  furono tra i più intolleranti anni della storia inglese e le uni divennero roccheforti dell’ortodossia anglicana. Il regno di Gaicomo II (1685-88): Il successore di Carlo II, Giacomo II (1685-88) aveva altri piani per le università inglesi. Essendo cattolico romano egli desiderava concedere la libertà di culto che realizzò con la Dichiarazione di Indulgenza del 1687. Il re mirava inoltre a collocare dei cattolici romani in posizioni di potere nelle università, dove essi avrebbero potuto esercitare una certa influenza e incoraggiare la conversione del popolo inglese. Il tentativo di Giacomo di convertire l’Inghilterra al cattolicesimo sfociò in scontri che videro il loro apice nell’estate del 1688 con l’incarcerazione di sette vescovi anglicani nella torre di Londra che avevano protestato contro il re. La loro assoluzione scatenò l’entusiasmo dei protestanti. Giacomo capì ormai troppo tardi che si era spinto troppo oltre opponendosi a troppi esponenti della classe dirigente. A novembre Guglielmo d’Orange sbarcava a Devon con un esercito a difesa della causa protestante: Giacomo preferì non combattere e si rifugiò in Francia. Le università e la Rivoluzione del 1688: Guglielmo III che era calvinista voleva cambiare la liturgia e la dottrina della Chiesa d’Inghilterra in modo che i protestanti non conformisti potessero essere convinti ad aderirvi; questo piano chiamato “comprensione” era stato tracciato con l’aiuto di alcuni latitudinari formatisi a Cambridge; l’opposizione fu capeggiata da alcuni docenti di Oxford. La chiesa d’Inghilterra nel suo insieme respinse i piani di comprensione nel novembre del 1689. Il desiderio di Guglielmo di concedere libertà di culto ai non conformisti fu accolto in parlamento solo in condizioni limitate. I sostenitori della posizione e dei privilegi della Chiesa d’Inghilterra furono chiamati Tories. Durante il regno di Guglielmo e Maria, e della regina Anna (figlia) i Tories non approvarono la libertà di culto, d’insegnamento e di stampa concessa ai non conformisti. Essi auspicavano alla rigida applicazione dei testi e delle decisioni delle corporazioni che escludevano i non conformisti costringendoli a prendere la comunione nella chiesa anglicana. Oxford fu un centro particolarmente attivo del movimento Tory. Anche a Cambridge erano presenti ma erano sempre stati meno impegnati nel sostenere i privilegi anglicani; erano invece più numerosi i Whigs: uomini che avevano il senso dell’unità del protestantesimo ed erano favorevoli alla tolleranza dei confronti dei non conformisti. Per la maggior parte del periodo tra 1689 e il 1714, il potere al governo rimase nelle mani di uomini politici che consideravano le opinioni di Oxford troppo estremiste; l’Inghilterra era in guerra con la Francia e la tolleranza religiosa era necessaria. Oxford che durante il regno di Carlo II aveva goduto dei favori del governo, cadde in disgrazia, mentre Cambridge era apprezzata come università Whig. Fino a dopo il 1750 le due università si differenziarono nei loro rapporti con il governo. Giorgio I (successore della regina Anna, primo sovrano dinastia Hannover) e Giorgio II fecero affidamento sui Whigs quali difensori della loro dinastia mentre diffidarono dei Tories. Le università, l’Illuminismo e la rivoluzione: Nel regno di Giorgio III (1760-1820) le due università divennero molto simili nei loro atteggiamenti nei confronti del governo e nel modo in cui il governo le considerò. Furono nominati come ministri sia Tories sia Whigs e Oxford non fu più guardata con sospetto. Le università si resero conto che dovevano affrontare problemi e pericoli comuni: rivelarono quindi una capacità di reazione comune. Le posizioni dell’illuminismo rappresentarono una minaccia al monopolio del potere anglicano e le università risposero con una forte chiusura diventano i bastioni del patriottismo e critiche nei confronti del libero pensiero. Interamente contro la Francia in Rivoluzione. Oxford e Cambridge diedero un contributo molto limitato all’illuminismo, anche a causa dell’esclusione dei non conformisti e dei cattolici romani dopo la restaurazione del 1660; erano entrambe private dello stimolo del dissenso. Le due università si distinsero per gli studi classici e la teologia per tutto il periodo dal 1660 al 1800.  quindi diedero un contributo limitato all’Illuminismo. Il Trinity college di Dublino, unica università irlandese, fu fondato dopo la Riforma protestante e ricevette in donazione le terre confiscate ai cattolici irlandesi e fu progettato come luogo destinato alla formazione della Chiesa protestante. I cattolici potevano frequentarlo ma non laurearsi. Fu perciò un bastione della chiesa anglicana in Irlanda e la grande maggioranza dei suoi ecclesiastici studiò in questo collegio. Fu progettato per essere simile a un collegio di Cambridge. Gli insegnanti venivano detti fellows e dovevano essere membri della chiesa nazionale, nonché celibi. La maggior parte di loro doveva essere costituita da ecclesiastici. Il potere era nelle mani del rettore e di sette fellows anziani i quali si dividevano gran parte della ricchezza del collegio. Nel 1660 il curriculum era molto simile a quello di Oxford e Cambridge e somigliava a un corso medievale. Nel 18 secolo il curriculum cambiò e le materie insegnate e su cui si basavano gli esami per il B.A comprendevano teologia, filosofia, logica, storia, scienza e matematica benché l’importanza maggiore venisse data al greco e al latino. Era previsto un esame di ammissione di latino e greco, gli studenti dovevano impegnarsi duramente nello studio. Qui studiavano i membri dell’aristocrazia irlandese, della piccola nobiltà e delle classi professionali. Un buon numero di iscritti era costituito dai figli di ecclesiastici. Sul finire del 17 secolo ebbe tra i 300 e i 400 studenti per poi superare i 900 nel 1800. Le università scozzesi: dal 1603 Inghilterra e Scozia sono state governate dalla stessa dinastia pur rimanendo stati distinti fino al 1707 quando si unirono formando il Regno Unito. Le uni scozzesi erano piuttosto diverse da quelle inglesi per i curricula, le dimensioni e la qualità. Nel 1660 gli studenti e gli insegnanti erano devoti protestanti, dal 1700 la Chiesa presbiteriana scozzese divenne meno fanatica e insegnanti e universitari potevano professare fedi fino ad allora proibite; questa maggiore tolleranza fece si che in Scozia si diffondessero le idee illuministe. La max parte degli studenti seguiva il curriculum umanistico che durava 4 anni. L’insegnamento veniva impartito in latino e ogni insegnante (regent) insegnava tutte le materie ad una sola classe. Studi vari ma NON approfonditi. Nel 1708 il sistema dei regents fu abolito ad Edimburgo e sostituito da docenti specializzati in una sola materia e l’inglese era la lingua usata. La scuola medica venne fondata nel 1726 ed offriva la miglior formazione medica del mondo. Le uni scozzese a differenze di quelle inglesi non erano meri centri di dispute scolastiche, adibiti a perpetuare un sapere tradizionale. L’insegnamento era in mano a docenti che pensavano più a fare carriera che a rinnovare i contenuti del proprio insegnamento. La chiesa controllava la circolazione dei libri e dell’idee; l’attività didattica era sotto il controllo degli ordini religiosi, delle municipalità, dei collegi. chiusura al mondo esterno + obbedienza all’ortodossia= oppressione e scolastico tradizionalismo Decadenza e rinascita: A partire dai primi decenni del XVII secolo non vennero più create nuove università: quelle già esistenti erano ritenute sufficienti. Gli ordini religiosi trasferirono i propri sforzi AMERICA, dove potevano disporre di maggiori disponibilità e ricchezze. Nel seicento il numero degli studenti diminuì vistosamente. Una motivazione fu probabilmente - l’insufficienza degli sbocchi professionali, la laurea non costituiva un titolo sufficiente per fare carriera; -altra motivazione fu il monopolio esercitato dai collegi, soprattutto i colegios mayores, nell’ascesa dei loro più prestigiosi membri. Era naturale che chi non apparteneva a questi gruppi si perdesse d’animo ben sapendo di non avere possibilità di ottenere un incarico. In Portogallo l’uni di Coimbra appoggiando la restaurazione, si guadagnò il favore reale e generosi finanziamenti. Mantenne la sua tradizione d’insegnamento scientifico in particolare della disciplina nautica. In Spagna la Compagnia di Gesù mantenne viva la tradizione scientifica. Il Collegio Imperiale fondato a Madrid nel 1625 destinato ai figli dei nobili si occupò di matematica, storia naturale, navigazione e ingegneria. La fondazione nel 1700 della Regia società di medicina e altre scienze di Siviglia consentì la diffusione delle principali novità in chimica e medicina. Anche nel campo del diritti, l’umanesimo giuridico sarebbe stato accettato seppur in ritardo, tra la fine del 600 e l’inizio del 700. Le prime riforme: Con l’avvento della nuova dinastia dei Borbone vennero introdotti alcuni cambiamenti nelle università. Sec 18 Nel 1717 Filippo V ordinò che tutte le università catalane fossero riunite nella città di Cervera rimasta fedele al sovrano. Il monarca istituì con le rendite e il patrimonio degli ex atenei catalani un nuovo Studio generale sul modello di Salamanca, riconosciuta dal pontefice nel 1730. I primi monarchi della nuova dinastia adottarono altre strade per la diffusione dell’insegnamento e delle scienze. Le conoscenze tecniche, soprattutto quelle legate all’esercito, subirono un forte impulso. Fu fondata una scuola per guardiamarina, una di ingegneria, un centro di insegnamento per artiglieri. Nacquero tre scuole di chirurgia a Cadice, Barcellona e Madrid. Alla fondazione di questi centri si accompagnò la nascita di altre istituzioni come i giardini botanici, i gabinetti di storia naturale e i laboratori di chimica. Furono fondate dal sovrano l’accademia linguistica e quella di storia. Anche in Portogallo fu inaugurata un’accademia di storia. Giuseppe I e le riforme di Pombal: Il portogallo sotto il ferreo controllo del marchese di Pombal, che godeva del favore di re Giuseppe I, fu il primo paese a promuovere la riforma dell’insegnamento pubblico , ponendosi come obiettivo l’introduzione di nuove conoscenze e tecniche. Il primo passo fu l’espulsione dei gesuiti nel 1759, che consentì di liberare molte aule ed edifici e modificare l’insegnamento tradizionale delle scienze. Per tutto il decennio successivo si andò affermando il collegio per nobili di Lisbona nel quale venivano insegnate le scienze e le tecniche moderne. La vera riforma ebbe inizio nel 1770 (parallelamente alla Spagna) con la designazione di Francisco de Lemos quale rettore riformatore a a Coimbra e la creazione di due commissioni:  la reale commissione censoria che aveva il compito di controllare i testi d’insegnamento allo scopo di difendere i diritti della Corona  la commissione per l’approvvigionamento letterario che si era impegnata a riformare l’università di Coimbra. Nel 1772 apparvero i risultati del lavoro svolto dalla commissione, gli Estatutos da Universidade de Coimbra che contenevano la modernizzazione auspicata. Nello stesso anno Pombal ispezionava l’università e avviava i principali istituti dedicati alla nuova scienza: l’ospedale, la sala anatomica, i laboratori, il giardino botanico e i gabinetti di storia naturale. Le riforme subirono un arresto quando morto il re, Pombal scomparve dalla scena politica. Carlo III e il periodo riformista spagnolo: Anche in Spagna le riforme furono realizzate grazie all’influenza di alcuni personaggi politici, protetti dalla benevolenza del re, ad esempio i fiscali del consiglio di Castiglia Campomanes e Floridablanca. Nel 1767 per prima cosa furono espulsi i gesuiti, i loro edifici, le biblioteche e le collezioni furono utilizzati per le nuove istituzioni. Fu attaccato il monopolio del potere dei collegi maggiori che nel 1771 furono riformati e nel 1777 furono pubblicate le nuove costituzioni: trasformati in semplici alloggi per studenti, essi persero il carattere di università che avevano avuto precedentemente. Nel gennaio del 1770 il re stabilì le norme generali che regolavano il conferimento dei diplomi universitari. Il sistema d’insegnamento, che variava da sede a sede, doveva essere uniformato; il baccellierato era essenziale perché consentiva l’esercizio delle professioni. Il sistema di riforma partiva dalla riforma dei piani di studi che venne effettuato dalle università stesse. Le misure adottate risultarono simili e in questo modo si riuscì a introdurre la riforma auspicata. uno dei punti principali fu l’introduzione dei libri di testo, manuali concisi che contenevano tutto il sapere relativo a una disciplina. Preferenzialmente scritti dal docente e pubblicati dalla stamperia dell’uni. Un altro punto fu l’accurata selezione dei docenti; furono introdotti tribunali formati da dottori atti a designare i docenti, che emettevano un giudizio da sottoporre al consiglio di Castiglia. Anche le strutture didattiche migliorarono in quanto cominciò ad affermarsi un sapere pratico; vennero creati laboratori, ospedali, sale anatomiche, biblioteche e gabinetti di scienza naturale. Gli studenti di potevano assistere alla dissezione dei cadaveri e grazie a moderne stampe studiare i particolari dell’anatomia umana. Nel 1772 a Coimbra, 1776 Granada furono introdotte nelle università alcune sale dove venivano ricoverai i malati e in cui i docenti potevano fare lezione dal vico; a poco a poco tale pratica venne introdotta in tutte le facoltà di medicina. La dottrina giuridica spagnola e portoghese si diffuse. I giuristi nel 1802 ottennero un’importante riforma dell’insegnamento della giurisprudenza, rivolta alla formazione pratica degli avvocati che dovevano avere una buona conoscenza del diritto reale spagnolo e superare un periodo di pratica prima di poter esercitare. Nel 1804 fu varata una riforma che uniformava il piano di studi delle scuole di chirurgia. Anche la facoltà di teologia conobbe degli ammodernamenti con l’introduzione di materie innovative come storia ecclesiastica e la teologia morale. Nel Settecento però la teologia non dominò le scienze in Spagna, sebbene la religione fosse ancora onnipresente. Dopo la morte di Carlo III, nel 1788, le riforme subirono una battuta d’arresto. La rivoluzione francese aveva suscitato nelle corone europee una grande paura di perdere il potere; l’uscita di scena dei ministri riformatori rallentò sensibilmente il corso della riforma delle università. Fu un breve periodo illuminato di fulgore culturale e scientifico soffocato dal panico causato dalla rivoluzione francese. LE UNIVERSITÀ TEDESCHE La storia dell’università tedesca di può dividere in quattro periodi: 1. quello dagli inizi fino alla Riforma 2. quello all’insegna della Riforma 3. quello dell’età dell’illuminismo a partire dal tardo 17 sec 4. quello dell’università moderna nel XIX e XX secolo. PRIMA DELLA RIFORMA: La fondazione delle università in Europa centrale e orientale avvenne con un certo ritardo rispetto all’Europa occidentale e meridionale. L’Impero tedesco recuperò con la fondazione di quella di Praga (1348) e Vienna (1365) che coincise con il grande Scisma d’occidente e dei Concili di Pisa. I papi incoraggiarono la fondazione di università come strumenti della loro politica e i signori territoriali assunsero al loro servizio sempre più esperti con titoli accademici per inviarli come delegati in missioni politiche. Dalla metà del XV secolo seguì una nuova ondata di fondazione di università tedesche. Fino al 1506 nell’ambito dell’impero tedesco più ristretto vi erano 16 fiorenti scuole superiori, ovvero più di ¼ dei circa 58 Studi sparsi in tutta Europa. MOTIVAZIONI DEI FONDATORI: le motivazioni che ispiravano una così attiva politica universitaria erano: 1. l’ambizione politica e il sentimento religioso. Intesero le uni come fondazioni religiose e come garanzia del successo della politica territoriale, potenziando l’autorità politica e religiosa del signore 2. La cura della formazione dei sudditi rientrava tra le virtù del principe 3. Accrescere il pretigio principesco 4. L’umanesimo e l’esempio delle corti rinascimentali italiane con i loro circoli dotti stimolarono il mecenatismo dei principi Elementi di continuità istituzionale con il Medioevo: la figura giuridica delle uni tedesche era caratterizzata nel 1600 da 4 elementi fondamentali: 1. Si tratta di università territoriali; i fondatori – fossero autorità secolari, religiose o cittadine - consolidarono gli Studi generali con proprietà immobiliari ed esclusero secessioni secondo la tradizione medievale, seguirono il modello dell’”università di Stato” creata da Federico II a Napoli nel 1224. 2. Rimase legate alla legittimazione della fondazione da parte di un potere universale. 3. Per quanto studi privilegiati dall’imperatore o dal Papa non sono diventati istituzioni “nazionali” ma regionali. La struttura costituzionale e frammentaria dell’Impero impedì la formazione di una università centrale sul modello parigino 4. La forma giuridica si è evoluta omogeneamente fino all’inizio del XVI secolo e si è conservata, nella sostanza, fino alla fine del Sacro Romano impero (1806). Accolsero, mescolarono e rimaneggiarono i differenti modelli di costituzione universitaria incarnati da Bologna e Parigi. Questi vennero modificati in alcuni punti in modo definitivo verso il 1600:  Il concilio, da assemblea dell’universitas (totalità dei membri) si restrinse a rappresentanza dei professori insegnanti  Il rettore divideva la competenza giurisdizionale con il cancelliere, figura presa in prestito dal modello francese e che coincideva con il vescovo diocesano (=rappresentante della sorveglianza ecclesiastica)  Le facoltà come organi collegiali di orientamento scientifico soppiantarono le nationes come elementi portanti della corporazione. Caratteristica distintiva era la combinazione della scuola particolare (scuola di latino), chiusa e strutturata in classi, come collegio, affiancata da lezioni pubbliche tenute da docenti specialisti di discipline accademiche. La loro dotazione poteva oscillare, a seconda della disponibilità dei fondatori, da un livello più modesto a tutte le facoltà. Numerosi ginnasi illustri in certi periodi per qualità dei docenti e livello intellettuale poterono reggere la concorrenza con le università. - Alla fine del XVI secolo si costituirono le accademie cavalleresche, chiamate collegia illustria, istituti di istruzione della nobiltà. La loro creazione fu dovuta a più fattori: l’ideale del gentiluomo proveniente dalla Francia, l’esigenza di un rinnovamento morale ed intellettuale della nobiltà, la volontà della nobiltà territoriale ad una qualificazione personale. Il piano di insegnamenti prevedeva lingue moderne, storia, matematica, statistica, geografia, architettura, diritto- discipline che si orientavano a bisogni pratici politici-sociali. Il Collegium illustre aperto a Tubinga nel 1594 funse da modello al movimento delle accademie nobiliari che iniziò dopo la guerra dei Trent’anni, fino al XVIII erano presenti circa 30 accademie cavalleresche. Nel decennio precedente lo scoppio della guerra dei Trent’anni (=(1618-1648)Iniziata come conflitto tra gli Stati protestanti e quelli cattolici nel frammentato Sacro Romano Impero, progressivamente si evolvette in una guerra su vasta scala, coinvolgendo la maggior parte delle grandi potenze del Vecchio Continente, inquadrandosi nell'ambito della rivalità franco- asburgica per l'egemonia sulla scena europea.) le immatricolazioni nelle università toccarono l’apice, giungendo a quasi il doppio rispetto a quelle di un secolo prima. Lo studio aveva acquisito prestigio sociale confermando come fossero state superate positivamente le sfide lanciate dalla Riforma. Gli avvenimenti bellici, accompagnati da nuove epidemie di peste, interruppero questo trend a causa del repentino calo demografico. Alcune università furono trasferite o chiuse. La pace di Westfalia del 1648 diede il via alla ricostruzione che consolidò le università fino all’inizio del nuovo secolo. Vi furono alcune innovazioni strettamente collegate al placarsi delle lotte confessionali. a. La giurisprudenza comincio a intaccare il predominio della teologia e ad assumere, unita alle discipline storiche e accanto all’astronomia e alla matematica, una funzione guida nella gerarchia delle scienze. b. Si impose un allentamento nell’applicazione rigida del principio confessionale. c. Con la fondazione nel 1652 della società dotta degli scienziati naturali – la famosa “Leopoldina”, le accademie scientifiche rivendicarono il compito della ricerca; le università erano i luoghi dell’insegnamento. L’adeguamento legislativo dovuto allo smembramento territoriale dell’Impero dopo la pace di Westfalia diede libero corso alle rivalità fra i principi regnanti anche per quanto concerneva la fondazione di università - alle circa 33 università fondate a partire dal 1348 tra il 1648 nel 1806 si aggiunsero ancora 13 nuovi centri. Si consolidarono sempre più le caratteristiche di università regionali e le somiglianze sotto il profilo istituzionale e didattico , pur restando determinate differenze relative alla confessione di Stato. Caratteristiche: 1. Contrariamente alle università dei Paesi dell’Europa occidentale, le università tedesche e i loro fondatori tennero fede sino al declino del potere imperiale alla tradizione medievale della legittimazione da parte di un potere universale 2. Il gran numero di piccole università contrastava con il sistema dei collegi inglese e francese. Inoltre nel panorama delle scuole superiori tedesche nessuna università occupò un ruolo preminente sulle altre. 3. Nessuna uni occupò una posizione preminente paragonabile a quella svolta da Parigi ficnhé nel 18 sec l’uni di Gotinga assunse un ruolo guida sovraregionale imponendosi come modello 4. Un altro tratto caratteristico riguardava la tipologia dei docenti: di norma erano studiosi con una formazione di tipo enciclopedico le cui conoscenze specialistiche erano circoscritte a settori ben delineati. Sulle generazioni che sopravvissero al 1648 gravarono catastrofici danni di guerra. Numerose università dovettero cominciare da capo. Le università tedesche furono tutte interessante da alcune tendenze di fondo. 1. Dopo la pace di Westfalia non iniziò un periodo aureo di pace, anzi non si interruppero i conflitti e le università vennero occupate, saccheggiate e sperimentarono il disinteresse dei loro sovrani. 2. Lo sviluppo dello Stato in senso assolutista ebbe ripercussioni sulle università. La crescente ingerenza dello Stato si manifestò anche nell’intervento dei principi nella politica delle nomine che minò ulteriormente il tradizionale principio di autocooptazione (=metodo per la scelta dei nuovi membri di un organo collegiale, consistente nella loro elezione da parte dell'organo stesso) delle università. 3. Le università divennero scuole per la formazione di funzionari pubblici L’anno 1648 non costituisce una cesura nella vita culturale, bensì l’inizio della rigenerazione di tutti i settori dell’attività umana dopo la guerra. Ci si affidò all’infallibilità della ragione. Halle, Gottinga ed Erlangen sono considerati i primi centri dell’illuminismo in Germania. Essi surclassarono la cosmopolita Lipsia che rimasta roccaforte della teologia neoscolastica- luterana e non offriva spazio ad innovazioni quali l’illuminismo. L’uni di Gottinga avviò riforme radicali quali lezioni cliniche. Nuove cattedre come quella id geografia, fisica e chimica sperimentale, introduzione del metodo storico in diverse discipline (storia della Chiesa, diritto, medicina). In Germania non erano presenti i presupposti sociali generali grazie ai quali in Francia ed in Inghilterra si era sviluppato l’illuminismo inteso come fenomeno sociale. Per lo sviluppo dell’illuminismo in Germania fu più importante il ruolo svolto dalle università. L’illuminismo tedesco non fu un fenomeno omogeneo ma si differenziò secondo le aree confessionali, le condizioni territoriali, sociali e spirituali. Ebbe come priorità la disputa teologico-religiosa e la predominanza del metodo storico-critico. Vi furono anche differenze nei modi e nei canali attraverso i quali i nuovi messaggi culturali furono recepiti dall’università, in virtù delle aree di influenza territoriali e confessionali dei rispettivi centri accademici. L’impatto con nuovi messaggi poteva avvenire mediante contatti di singoli con personalità straniere di spicco o attraverso scambi interuniversitari. In Germania la prima fase dell’illuminismo crebbe in parte spontaneamente, nell’età dell’”assolutismo illuminato” del XVIII secolo invece l’illuminismo fu promosso dall’alto. Il concetto di assolutismo illuminato definisce l’autorità monarchica modificatasi a partire dal 1740 sotto l’influenza dell’illuminismo e che si espresse appieno incidendo anche sulle università tedesche. I principi illuminati e i funzionari di formazione accademica agirono come esecutori di una sovranità dello Stato esercitata su basi scientifiche. Il loro obiettivo fu la razionalizzazione sistematica e l’educazione dei sudditi al fine di renderli idonei al servizio dello Stato. Questo obiettivo contemplò le riforme dell’istruzione a tutti i livelli, dall’obbligo scolastico generalizzato agli esami di stato per le professioni accademiche. Il fervore riformista produsse una tensione accentuata poiché da un lato i governi si aprirono alle idee liberali, dall’altro operarono in modo radicale senza tener conto delle strutture storiche. Un punto fondamentale di queste riforme fu lo scioglimento dell’ordine dei gesuiti nel 1773, al quale fece seguito la soppressione dei conventi (circa 600) in Austria. Inoltre le università ecclesiastiche furono declassate al ruolo di licei. Il nuovo assetto delle istituzioni scolastiche obbedì ad alcuni principi: - priorità dello Stato di fronte a tutte le istituzioni - limitazione dell’influenza della Chiesa ma anche integrazione di minoranze religiose e gruppi sociali. In seguito a causa con le guerre con la Francia rivoluzionaria cominciò la “morte di massa” delle università tedesche; tra il 1792 e il 1818 furono soppresse 9 università protestanti. Nonostante i mutamenti verificati nel 1800, l’uni tedesca mantenne la denominazione medievale di Universitat e la propria struttura collegiale (rettore, senato e facoltà). LE UNIVERSITÀ NORDICHE Nel XV secolo parecchie università videro la luce nel territorio germanico. Le università tedesche riflettevano la grande fioritura culturale commerciale delle regioni nordiche la loro creazione contribuì alla diffusione degli studi universitari nelle Europa settentrionale Danimarca, Norvegia (Islanda) e Svezia (compresa la Finlandia che allora faceva parte di tale regno).Sebbene gli studenti scandinavi frequentassero regolarmente le università nel resto d’Europa, ora per loro l’accesso all’università divenne più agevole. Le università di Uppsala e Copenaghen La concorrenza con le città della lega Anseatica indusse i regni di Danimarca e Svezia a creare proprie università: nel 1477 fu creata l’università di Uppsala in Svezia e nel 1479 quella di Copenaghen, si trattava però di università con un’offerta didattica ridotta e con strutture di modeste proporzioni e pertanto la maggior parte degli studenti scandinavi continuò a frequentare gli studi in Germania. Come conseguenza della diffusione della Riforma luterana nei paesi scandinavi sia Uppsala che Copenaghen interruppero momentaneamente la propria attività. Copenaghen riprese le attività didattiche nel 1537 come università luterana, Uppsala adottò ufficialmente nel 1595 la confessione evangelica. A partire dal secondo decennio del Seicento l’università di Uppsala divenne un’importante sede per la formazione del clero e contemporaneamente si qualificò come sede privilegiata dell’educazione dei giovani nobili, differenziandosi con quanto avveniva nella maggior parte dei paesi ove il baricentro dell’educazione nobiliare si era stabilito all’interno delle accademie cavalleresche. La Danimarca ebbe uno sviluppo differente da quello svedese per quanto riguarda la formazione dei giovani nobili, concentrata soprattutto nell’accademia dei cavalieri fondata nell’antica scuola monastica di Soro nel 1643 secondo il modello del Collegium Illustre di Tubinga. L’università di Copenaghen godeva del tradizionale privilegium exclusivum all’interno dei territori del regno di Danimarca e di Norvegia = privilegio di impartire insegnamento superiore e di conferire titoli accademici validi in tutto il regno. L’università di Uppsala fu dotata nel 1625 di una propria sede. Si contavano contemporaneamente più di mille studenti: un numero considerevole anche in rapporto ai numeri sul continente. Durante il regno della regina Cristina furono avviati i lavori per un grandioso palazzo universitario su 6 piani, ma per ragioni economiche i lavori furono sospesi. Inizialmente si intendeva dotare l’università di Uppsala del privilegium exclusivum, ma poi fu creato un sistema in virtù del quale ogni diocesi doveva avere un ginnasio, cui affidare innanzitutto la formazione del clero. L’arcidiocesi di Uppsala fu invece dotata di un’academia. come gymnasia illustria. Esse, fondate sia dai consigli municipali delle città sia dal sovrano, NON avevano il diritto di conferimento dei titoli accademici ma dispensavano senz’altro un insegnamento a livello universitario. L’assenza del diritto di promozione comportava un vantaggio evidente poiché dispensava queste scuole dall’obbligo di organizzare il proprio insegnamento in facoltà e di adottare una struttura forse già obsoleta. I piani di studio potevano adattarsi quindi molto più facilmente alle innovazioni e all’esigenze del momento. Perciò certi gymnasia illustria, come Amsterdam, Rotterdam, Middelburg; furono molto più pronti a creare delle cattedre per le nuove scienze fisiche, naturali e mediche di tante università costituite e di farne luoghi frequentanti sia dagli studenti che da uditori esterni. Due modelli di università: Questa doppia funzione dell'insegnamento superiore magnificamente illustrata dalla posta in gioco nel conflitto che scoppiò nel 1631 tra l’università di Leida e la municipalità di Amsterdam a proposito della pretesa di quest'ultima di creare una scuola superiore nella metropoli commerciale dell’Olanda. Il conflitto fu portato davanti alla corte suprema che lo risolse nel corso di un processo breve ma inciso, favore di Amsterdam. Proprio come Leida, anche Amsterdam era una città dell'antica contea dell'Olanda e non appena Leida ebbe notizia dei progetti di Amsterdam, fece valere il suo privilegium exclusivum, cioè il monopolio del conferimento dei titoli accademici su tutta l’estensione delle province dell’Olanda, attribuito con la carta di fondazione. In realtà la carta proibiva soltanto di istituire una scuola “simile”, ed è proprio su questo termine che si aprirà una disputa. Per Leida l’università era uno strumento di potere, destinato a garantire il livello scientifico e la formazione dei funzionari di stato. Per Amsterdam l’università non veniva dall’alto ma dal basso, sorgeva dai bisogni della popolazione e non dello stato. Il gymnasium illustre che il consiglio di Amsterdam voleva fondare aveva infatti come scopo quello di garantire una cultura generale che doveva far fruttare a sua volta le attività della città rispondendo ai bisogni concreti di una borghesia mercantile e industriosa. Attraverso questo dibattito, due tipi di insegnamento arrivavano a definirsi e a contrapporsi l'uno all'altro: - da una parte l'università per un'élite culturale - dall'altro l'insegnamento superiore applicato a scopi utilitari, destinato al gran numero e adattabile ai bisogni mutevoli dei gruppi sociali che vi ricorrono. Un irradiamento internazionale? La presenza di una rete così ampia di scuole portò alla necessità di riformare l’università da cima a fondo: alcuni progetti arrivavano addirittura a sopprimere tutte le scuole superiori tranne una e a concentrare tutte le risorse in una sola istituzione che fosse in grado di svilupparsi come un vero centro attivo delle scienze moderne, che aveva bisogno di un investimento crescente in cattedre, laboratori, biblioteche. Fu soltanto dopo l’annessione dell’Olanda all’Impero francese nel 1810 che questa rigorosa riorganizzazione venne attuata: soltanto le università di Leida e di Groninga furono conservate, mentre le istituzioni di Amsterdam, di Deventer e di Utrecht furono autorizzate a sussistere come scuole secondarie. È significativo il fatto che questa misura così rigorosa non fu affatto contestata dopo la partenza dei francesi, anzi tutt’altro. A più riprese nel corso del XIX secolo il governo si sforzerà di ridurre il numero di università al minimo. Un’università riformata? Per quanto riguarda la religione, l’immagine dominante vuole che le università della Repubblica delle Province Unite siano state segnate da una forte impronta riformata. Era indubbiamente in questo modo che gli stranieri la percepivano. La realtà è più sfumata. Non c'è dubbio che le prime università olandesi siano state fondate essenzialmente per garantire un insegnamento teologico calvinista ai candidati che volevano dedicarsi al sacro ministero pastorale. La ribellione contro la Spagna non aveva avuto come unica posta in gioco l’introduzione della religione riformata, anzi molti rivoltosi erano sia cattolici sia indifferenti in materia religiosa: si battevano per la causa della libertà, non necessariamente quella della religione. È stato probabilmente l’afflusso massiccio, a partire dai Paesi Bassi meridionali, di circa 150mila calvinisti che ha dato il segnale di una calvinizzazione profonda del paese. La Chiesa riformata non è mai riuscito a farsi accettare come Chiesa di Stato, nonostante diversi tentativi, essa era semplicemente riconosciuta come Chiesa dominante, distinzione sottile che le dava tutti i poteri della vita religiosa pubblica, ma permetteva di tollerare al tempo stesso nell'ambito privato tutte le altre confessioni, compreso il cattolicesimo nella misura in cui non era ostile allo Stato. Importante sottolineare che le università nei Paesi Bassi non si sono mai lasciate controllare dalle autorità ecclesiastiche. Hanno sempre lottato per rimanere istituzioni civili dipendenti dal potere civile (la città o gli Stati) anche per quanto riguardava le facoltà di teologia. Lo studente olandese dissociava l'insegnamento dal conferimento dei titoli accademici (la percentuale che portava a termine gli studi era del 10/15%) che potevano maggiormente essere realizzati in università assolutamente diverse -> potevano frequentare diverse uni, il Grand tour europeo. Inoltre separava anche la sua convinzione religiosa dalle sue ambizioni culturali. Per cui le università moderna erano, quantomeno in Olanda, dei rifugi tolleranti. All’apogeo della Repubblica melò 17 secolo, 1/3 degli immatricolati di Leida era di origine straniera. Attirava un gran numero di nobili stranieri per il suo prestigio e ogni persecuzione di protestanti portava la sua quota di intellettuali profughi (es. la revoca dell’editto di Nantes nel 1685 che costrinse gli ugonotti francesi a convertirsi o abbandonare il paese). L’UNIVERSITA’ E I PHILISOPHES Sapere aude ‘osa comprendere’: tale, secondo Kant, era il motto dell’Illuminismo. Perché nell'animo dei suoi propugnatori - i philosophes - l’Illuminismo significava la possibilità di cambiare e migliorare il mondo mediante l’applicazione della ragione umana. I philosophes ritenevano che le conquiste dell'Illuminismo recassero in sé l'occasione di progredire, cancellando l'opinione inveterata e anche troppo dimostrabile che l’umanità fosse condannata a una vita (per citare Hobbes) “difficile, crudele e breve”. Fra le istituzioni tradizionali che attirano gli sguardi critici dei philosophes ci furono le università. Per la loro natura di organismi nati nel Medioevo e a lungo collegati con la Chiesa, le università erano inevitabilmente soggette alle censure degli illuministi. Diderot rappresentò le università come vestigia medievali che si opponevano alla marea montante dell’Illuminismo. Per i philosophes, il sapere era un prodotto della ragione piuttosto che della tradizione e andava valutato secondo le sue capacità di trasformare e migliorare la società: da qui deriva lo status privilegiato riconosciuto da Diderot alle arti positive. Dall'altra parte la maggioranza degli accademici si considerava custode di un corpus di conoscenze che era stato trasmesso dal epoche passate e che aveva il compito di insegnare alle future. Il predominio, nelle università, degli studi fondati sul testo fu rafforzato da un'idea di sapere afferente non solo in modelli dell'antichità classica, ma anche al testo per eccellenza cioè le sacre scritture. Basandosi su tali fondamenta, il compito dei professori era istruire loro studenti nella scienza di trarre deduzioni per mezzo di una logica di ascendenza aristotelica. In fondo, ciascuno a modo suo, sia i professori sia i philosophes credevano nell'uso della ragione, ma con finalità diverse: - gli accademici per elaborare, sviluppare e difendere un bagaglio di conoscenze già esistenti - i philosophes per porre sotto esame e, se necessario, abbattere la tradizione erigendo al suo posto concezioni diverse del sapere, più orientata a favorire i mutamenti sociali connessi, almeno nel loro specie,la felicità degli uomini. Era inevitabile che fra Illuminismo e università si determinassero dei conflitti In Francia c'era una tale abbondanza di tribune per la diffusione delle idee da consentire ai philosophes di ignorare tranquillamente le università. Innanzitutto c'erano i salotti. Parigini nonché i loro corrispettivi di provincia, in grado di garantire un ambiente intellettuale alternativo. La stessa monarchia francese aveva creato una serie di istituzioni che offrivano l'occasione di coltivare il sapere come il Collège Royal (1530) o l’Accademia delle Scienze (1666). In Inghilterra, al di fuori dell'università le idee illuministe trovarono (come in Francia) benevola accoglienza nelle dimore di campagna degli aristocratici ma anche nei caffè e nei club di Londra. Anche le accademie dissidenti, fondate dai protestanti che, non riconoscendosi nella Chiesa anglicana e non potevano inviare i propri membri a laurearsi a Oxford e a Cambridge servirono da tribuna per diffondere alcuni aspetti della cultura illuminista. Anche dotti istituti come la Royal Society. Le università inglesi, Cambridge in particolare, contribuirono a diffondere l'amore per la scienza, nonché l'idea che scienza e salda religiosità si accordassero. In altri paesi, meno provvisti di veicoli alternativi della vita intellettuale le università avrebbero svolto un ruolo più cruciale nella diffusione dell'Illuminismo. Tale fu specialmente il caso della Germania. Gli atenei più innovativi erano quelli fondati di recente da principi tedeschi ansiosi di promuovere la formazione di migliori funzionari per la chiesa. L'Illuminismo nella sua versione germanica fu troppo strettamente legato agli apparati governativi, di cui le università erano parte per dar luogo a una radicale messa in discussione dell'ordine statale ed ecclesiastico costituito come in Francia. -> Compito dell'università era “servire lo Stato e illuminare il Paese”. Il fatto che la soppressione in tutta Europa dell'ordine gesuitico sia iniziata nel 1759 con l'espulsione dal Portogallo e del suo impero, evidenzia come anche nei regni ultra cattolici della penisola iberica i sovrani cercarono di rafforzare il proprio controllo sulla Chiesa. Il marchese di Pombal, ministro di Giuseppe I (1750-77) fece seguire alla cacciata dei gesuiti una riforma integrale del sistema scolastico portoghese, e in particolare delle università. Richiedeva modernissimi ‘metodi sperimentali’, e accordando la preferenza agli insegnamenti laici. Mutamenti analoghi si verificarono in Spagna in seguito all'espulsione dei gesuiti nel 1767, sul decreto di Carlo III e dei suoi ministri influenzati dall'Illuminismo. L'antichità e i privilegi degli atenei inglesi, e quantomeno delle maggiori università francesi, costituire un ostacolo notevole a una loro più piena integrazione nei modelli di pensiero e associazione collegati all'Illuminismo. Le università di fondazione più recente come quella della Repubblica olandese dimostrarono maggiore malleabilità nel riformare i propri corsi di studio, contribuendo a propagare le dottrine illuministe. Tuttavia anche in Francia in Inghilterra gli atenei modificarono i curricula per raccoglierti le scoperte della rivoluzione scientifica; ma il cambiamento fu dissimulato dietro la conservazione di testi medievali, come l'usanza delle pubbliche dispute e passate sulla logica scolastica e condotte nelle feste arcaica del latino accademico. In Francia e, in minor misura, in Inghilterra la strategia dei philosophes principalmente quella di aggirare le università. L'università non era essenziale per il proprio proposito già che altre istituzioni ufficiali o non potevano veicolare la diffusione dei lumi. Tale, entro certi limiti, sulla situazione prevalente anche in Italia. Al contrario in gran parte del resto l'Europa la vita intellettuale si identificava largamente con il
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