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riassunto "Maltrattamento e violenza all'infanzia e l'adolescenza", Sintesi del corso di Scienze dell'educazione

Il riassunto è breve e conciso, utilissimo ai fini dell'esame.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 02/07/2024

fab-01
fab-01 🇮🇹

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica riassunto "Maltrattamento e violenza all'infanzia e l'adolescenza" e più Sintesi del corso in PDF di Scienze dell'educazione solo su Docsity! RIASSUNTO “MALTRATTAMENTO” La violenza sui minori è molto diffusa, ma allo stesso tempo difficilmente rilevabile, sia per i meccanismi culturali di minimizzazione e negazione del fenomeno, sia perché si caratterizza per verificarsi. Recentemente all'interno della famiglia, col forte rischio di restare inespressa e invisibile. Il testo quindi si rivolge a educatori socio pedagogici, pedagogisti, psicologi, insegnanti, professionisti dell'area sanitaria, giuridica e sociale in generale, a tutti i professionisti che lavorano per e con l'infanzia e a chi vuole comprendere la complessità con cui oggi vanno lette tutte le azioni definite di maltrattamento di violenza a danno di persone di minore età. CAPITOLO 1: Il maltrattamento e la violenza nei confronti dell'infanzia e dell'adolescenza non sono fenomeni recenti. A partire dagli anni 50 60, nell'ambito della conoscenza scientifica si determinano le prime conquiste significative, anche se solo in termini medici. Il radiologo Silva nel 1962 descrive per la prima volta “Battered Child Syndrome”, cioè la sindrome del bambino battuto e denunceranno alla base di molte lesioni, ritardi di sviluppo, distorsioni affettivo relazionali e anche morte di minori, ci fossero maltrattamenti, violenze e abusi subiti da ragazzi in famiglia. A questo punto nasce una nuova attenzione verso la cultura dell'infanzia, dove la violenza si presenta come un vero e proprio attentato alla vita e allo sviluppo. Queste ricerche solleciteranno quindi risposte sociali e porteranno le istituzioni politiche, scientifiche e culturali e strutturare sistemi di protezione, tutela e cura dei bambini maltrattati con l'aiuto di organizzazioni e società scientifiche nazionali e internazionali, a cominciare dall'International Society of Prevention of Child abuse. Grazie all'ONU nel ventesimo secolo si avrà un cambiamento culturale rispetto alla percezione della loro identità, delle loro potenzialità e dei loro diritti. Nel 1924 vi è la dichiarazione dei diritti del fanciullo, che rappresenta un primo passo significativo. E nel 1959 la Carta dei diritti del fanciullo, che introduce il concetto che anche il minore altare di qualsiasi altro essere umano è un soggetto di diritti e nel 1989 la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Questa Convenzione, con i suoi quattro principi, rappresenta un punto di riferimento imprescindibile quando si parla di temi e di decisioni da prendere nei confronti dei minori. I principi sanciscono: 1. innanzitutto, la non discriminazione e cioè che i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere garantiti a tutti i minori, senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione, opinione del bambino o dei genitori. 2. Il superiore interesse del bambino o dell'adolescente, che si sottolinea che in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblico privata, in ogni situazione problematica questo interesse deve avere la priorità. 3. Il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino, che invita gli Stati ad impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini. 4. Il diritto all'ascolto delle opinioni del minore, che reclama il di tutti i processi decisionali che li riguardano e il corrispondente dovere per gli adulti di tenere in adeguata considerazione le loro opinioni. Questa Convenzione poi individua nell'articolo 19 il diritto di essere protetti. Dagli abusi, violenze o negligenze nell'articolo 34 di essere protetti da ogni forma di sfruttamento e abuso sessuale. Nell'articolo 35, di essere protetti per impedire il rapimento o vendita. Si assiste quindi ad una sensibilizzazione nell'ambito psico educativo relazionale che ha portato a dare una prima definizione di maltrattamento inteso come gli atti e le carenze che turbano. Ovviamente i bambini e le bambine attentano alla loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di terzi. E nel 2002 viene data una definizione di maltrattamento su violenza e salute come tutte le forme di cattiva salute fisica ed emozionale, abuso sessuale, trascuratezza, negligenza o altro che comportino un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino. Per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua dignità nell'ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia e potere. Dunque la violenza è un problema di salute pubblica primario del mondo intero? E quindi bisogna prevenirla e curarla nelle conseguenze. Negli anni 80 si avviò un importante processo sociale di conoscenza e mutamento culturale relativo alla percezione sociale di tale fenomeno. E ad una progressiva metta in messa in atto di programmi di prevenzione, interventi e campagne di sensibilizzazione e leggi di tutela dei minori. Ehi, viene quindi definita la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza nel 1989, ratificata in Italia con la legge 176 del 1991. In cui non si impegna il solo politico e legislatore, il giurista, ma ogni persona che abbia occasione di occuparsi di un itinerario educativo, ogni agenzia di socializzazione, ogni settore che concorre alla costruzione di una personalità giovanile si deve sentire chiamata in causa. Poi si assiste alla nascita di diverse organizzazioni per contrastare questi fenomeni, come il Telefono Azzurro e quindi il centro per il bambino maltrattato o il centro aiuto alla famiglia o il numero blu dell'amministrazione provinciale di Cagliari che. Insieme dalla vita al Cismai, cioè coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l'abuso dell'infanzia. La rilevanza statistica internazionale e nazionale delle violenze, del maltrattamento ci consegnano oggi una realtà non adeguata fattore di rischio. Il rapporto a familiar FACE violence Index of Children and essence, pubblicato dall'UNICEF nel 2017 si concentra su quattro tipologie di specifiche violenze che bambini adolescenti subivano, cioè esposizione alla violenza domestica. Violenza nei contesti scolastici, morti violente fra adolescenti e violenza sessuale. Circa 300 milioni sono i bambini di età compresa fra I2EI4 anni che subivano all'interno del proprio nucleo familiare aggressioni psicologiche e fisiche, quindi simili, sei minori su 10 risultavano vittime di un'educazione violenta, punizioni di tipo corporale, mentre un bambino su quattro al di sotto di 5 anni. Viveva insieme ad una madre, vittima di un partner violento. Anche per quanto riguarda gli adolescenti uccisi, ogni adolescente ogni 7 minuti nel mondo e 82.000 solo nel 2015, con un'età compresa fra i 15 e i 19 anni. Cosa è cambiato da allora? Secondo l'Onu, la pandemia ha causato la più grande interruzione dei sistemi educativi della storia, interessando quindi quasi 1,6 miliardi di studenti in più di 196 paesi, tutti continenti. La chiusura delle scuole degli altri spazi ha avuto un impatto molto forte sulla popolazione studentesca, determinando fenomeni di abbandono scolastico e inadempienza. Quindi promuovendo il rischio di disagio, devianze, maltrattamento, agito subito in gravi forme di malattia mentale, disagi psicologici e neuropsichiatrici. La pandemia ha peggiorato le già precarie e condizioni economiche di benessere psico sociali delle ragazze e delle donne rifugiate e migranti in Italia. Le misure di contenimento del COVID-19 e l'impatto socioeconomico della pandemia hanno aumentato i rischi di violenza di genere per le ragazze e le donne rifugiate e i migranti all'interno dell'ambiente domestici. In alcuni casi la pandemia ha ostacolato le procedure per mitigare il rischio di violenza di genere e l'invio tempestivo ai servizi specializzati. All'interno delle strutture di accoglienza, durante la pandemia, le ragazze e le donne rifugiate e migranti hanno affrontato maggiori rischi di violenza di genere negli spazi pubblici la pandemia non solo ha esacerbato. Gli ostacoli che le ragazze, le donne rifugiate e migranti. Affrontavano nell'accedere ai servizi di contrasto alla violenza di genere, ma ne ha anche creati di nuovi. Le ragazze e le donne rifugiate e migranti hanno dimostrato una grande capacità di resilienza. I servizi di contrasto alla violenza di genere si sono adattati rapidamente al nuovo assetto pandemico, anche se non sempre in maniera sistematica. Sebbene i servizi di contrasto alla violenza di genere abbiano mostrato grandi capacità di adattarsi, le partecipanti alla ricerca hanno riferito di aver distinguono in. Incuria o trascuratezza grave con cui si intende qualsiasi atto di omissione prodotto da una grave incapacità del genitore nel provvedere ai bisogni del figlio che comporta un rischio imminente grave quale abbandono, rifiuto grave compromissione dello sviluppo fisico, cognitivo, fino al decesso. Discuria si manifesta quando le cure sono fornite in modo distorto, anacronistico, non appropriato e quindi i genitori pretendono acquisizioni precoci e prestazioni superiori per età e possibilità o per utilizzare la modalità educative adeguate a bambini di età inferiore. Mettendo in atto uno stile di relazionale di tipo iperprotettivo, teso a mantenere con il bambino un rapporto fusionale. Ipercuria che si caratterizza per cure eccessive rispetto allo stato fisico del bambino e questo sfocia in un adeguato e dannosa medicalizzazione. Queste attenzioni si trovano associate atteggiamento fobico ossessivo per la pulizia da parte delle figure di accadimento. ➢ Sindrome di Munchausen per procura, si tratta di un disturbo psicopatologico del genitore che lo porta ad attribuire al figlio sintomi e malattie non esistenti, frutto di convinzioni spesso deliranti sul suo stato di salute fisica e psichica. Nella maggior parte dei casi è la madre che, presentata la disturbo in una dinamica relazionale, in quel padre assume un ruolo periferico e passivo. ➢ Chemical abuse: che è la somministrazione ingiustificata ed esagerata di farmaci di sostanze di per sé innocue, ma che divengono dannose per la quantità somministrata. Tale comportamento nasce dalla convinzione del genitore che il proprio figlio abbia bisogno di queste sostanze. Medical shopping. Comunque il genitore, il più delle volte la madre, nutrendo una preoccupazione grave per lo stato di salute del figlio. Lo sottopone a numerose ripetute visite mediche, accertamenti e cure per sintomi e malattie sovrastimate o inventate, oppure indotte. Mentre il Medical shopping rientra nell'area dell'ansia e delle fobie, la sindrome di Munchausen rientra nella psicosi. Il garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza nel 2015 ha proposto al governo, per poter raggiungere i livelli essenziali delle prestazioni, una serie di azioni per i diritti civili e sociali dei minori che permette di ripartire da queste. Le azioni sono: ➢ assicurare un sistema di prevenzione del maltrattamento e della violenza, dell'abuso, della tratta, dello sfruttamento sessuale in danno di minorenni. ➢ Prevedere un'adeguata formazione in materia di prevenzione e protezione e cura per gli operatori sociali, sanitari, educativi, scolastici e della giustizia. ➢ Garantire un sistema nazionale di rilevazione dei minorenni vittime di maltrattamento, violenza, abuso, tratta e sfruttamento sessuale. ➢ Ed infine delineare un sistema di servizi per la protezione e la cura dei minorenni vittime di maltrattamenti, violenza, abuso sessuale, per la protezione e il supporto socioeducativo e psicologico a minori vittime di tratta e sfruttamento sessuale. CAPITOLO 2: Inizialmente il concetto di prevenzione era legato alle problematiche unicamente relative alla salute psicofisica dell'individuo. Davanti alla nuova definizione di salute dell'OMS nel 1948, in quanto stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non più assenza di malattia. Si estende quindi il campo d'azione preventivo anche alle scienze psicologiche, sociali e pedagogiche. Infatti, la prevenzione sanitaria, seppur fondamentale nella definizione, nella classificazione della malattia e della diagnosi, risultava insufficiente per la recuperabilità, l'autodeterminazione e l'efficacia della cura della persona e del suo benessere integrato ed evolutivo. L'Istituto superiore di sanità nel 2006 specifica l'azione sanitaria suddividendola su tre livelli: 1. prevenzione primaria che doveva circoscrivere il suo campo d'azione sul soggetto sano per mantenere le condizioni di benessere ed evitare la comparsa di malattie. 2. Prevenzione secondaria che dove ammirare rispetto a quella primaria ad intervenire su soggetti già ammalati anche se ad uno stadio iniziale. 3. Prevenzione terziaria, che doveva realizzarsi attraverso azioni volte al controllo e al contenimento degli esiti di una singola patologia. Dunque, è mirata a evitare o comunque limitare la presenza e la comparsa di complicazioni tardive e di esiti invalidanti. Il rapporto mondiale sulla violenza e la salute, successivamente pubblicato dall'OMS nel 2002 collega i problemi di maltrattamento e di violenza sui minori alle problematiche della salute, del benessere dei soggetti, che solleva per la prima volta l'attenzione su questi problemi e avvia la prima campagna sulla prevenzione. Questa campagna ha l'obiettivo di aumentare la consapevolezza dell'impatto della violenza sulla salute pubblica e sul ruolo che tale salute poteva giocare sulla prevenzione, mirava a raccogliere le e rafforzare le risorse umane finanziarie in questo settore, nonché migliorare l'attuazione di strategie nazionali di prevenzione. Verrà poi stilato il primo significativo documento su questi problemi, cioè, prevenire il maltrattamento su minori, indicazioni operative e strumenti di analisi che avrà come obiettivo quello di offrire una fotografia chiara e drammatica della non residualità del fenomeno della violenza sui minori, per quanto ancora prevalentemente di carattere sanitario, in quanto diretto ad assistere le amministrazioni centrali, le organizzazioni non governative e le agenzie internazionali sullo sviluppo di programmi basati sui dati ricavati da studi epistemologici di buona qualità e studi sperimentali. Si individuano nelle famiglie i luoghi più a rischio e si sollecita il bisogno di intervenire precocemente. Evitarne l'ampliamento. Si adottano tecniche, per esempio dell'home visiting, che consisteva nei casi di genitori a rischio in una modalità domiciliare di accompagnamento educativo all'esercizio della genitorialità. Dunque, il documento considera il maltrattamento come un problema di salute pubblico che coinvolge in primo luogo le famiglie, la scuola e il Contesto sociale, tutti i sistemi di protezione, e più in generale la società in termini di spesa sociale sanitaria. Quindi, se l'azione preventiva è un'azione educativa, vi è un'appartenenza intrinseca nel paradigma preventivo delle scienze dell'educazione, la prevenzione come azione educativa in grado di aumentare il benessere del soggetto e promuoverne abilità utili per affrontare i compiti evolutivi e i cambiamenti esistenziali, nonché rafforzare le caratteristiche che possano sopperire eventuali fragilità. Dunque, alla prevenzione oggi si deve necessariamente riconoscere un'identità pedagogica in quanto riguarda azioni educative che coinvolgono adulti e minori, aspetti gestionali ed organizzativi dei sistemi istituzionali, sociali, formativi e del terzo settore. L'ambito educativo, quindi, oltre alle tre specifiche tipologie di prevenzione già dette, si estende in: prevenzione in senso stretto, (quindi promozionale), prevenzione a-specifica del disadattamento, prevenzione specifica del disadattamento, prevenzione specifica primaria, prevenzione specifica secondaria. Dunque, la prevenzione diviene un'azione educativa volta ad aumentare il benessere del soggetto, a promuovere abilità utili ad affrontare i compiti evolutivi e i cambiamenti esistenziali, ma anche a rafforzare caratteristiche che possono sopperire eventuali fragilità. I rischi quindi si possono prevenire cercando di aumentare la consapevolezza, ampliare i campi di esperienza e di espressione di sé attraverso la ristrutturazione di luoghi e tempi come alternative praticabili ai percorsi di marginalizzazione ed espressioni di devianza. Quindi si passa da una prospettiva sanitaria ad una prospettiva educativa preventiva della violenza, vista come una forma di malessere e di disagio. Per cui si sceglie di aver cura, di prendersi cura preventivamente, prima della necessità di dover curare, e questo implica l'elaborazione di percorsi di intervento basati sull'integrazione, l'inclusione tra i vari soggetti dell'intervento educativo. Quindi è necessario ripartire dal prendere atto che la pedagogia, nel corso della storia, si è sempre occupata di violenza nell'infanzia. La pedagogia ha spesso è stata criticata, soprattutto nell’ambito in cui si approcciava ai problemi della violenza. Si parla infatti di pedagogia nera come la definisce la Miller (psicoterapeuta) perché si serviva per fare del bambino un piccolo adulto. Si definisce nera perché la identificava con il potere che l'adulto esercitava sul bambino e che con il tempo si arricchiva di trovate, inganni celati dietro il motto per il bene del bambino. Un potere che, sosteneva l'autrice, che generava quello che definirà successivamente trauma educativo, inteso proprio come esperienza negativa insita nella struttura complessiva del contesto educativo e formativo per il tipo di dispositivo pedagogico che vi era celato, causato dall'atmosfera. Nazionale fra educatore, educando e gruppo dei formandi e dal clima esperienziale che ne qualificava la vicenda formativa. Questo collegamento fra pedagogia e violenza genererà chiusure nei confronti della pedagogia, ma anche e soprattutto ripensamenti da parte di alcuni pedagogisti che avevano dovuto riconoscere con le relazioni importanti fra maltrattamento ed educazione. Abbiamo per esempio Maria Grazia riva che è nell'ambito dell’abuso educativo, teoria del trauma e pedagogia, si pone la domanda del perché occuparsi del problema dell'abuso emotivo educativo in una prospettiva di ricerca pedagogica, rispondendo che la pedagogia ha il dovere di intervenire criticamente, sottoponendo ad analisi teorico critica alle condizioni educative, prendendo coscienza di come queste categorie concettuali informino di sé i concreti fenomeni educativi. Un altro importante contributo è quello di Cambi e Ulvieri infanzia e violenza, questi evidenziano l'urgenza di affrontare tali problematiche nella giusta prospettiva pedagogica, legittimando il rischio che l'evoluzione e la diffusione della violenza continuava a determinarsi in danno ai minori. Altre riflessioni, per esempio, sono rintracciabili da Riccardo massa che specificava la portata e la complessità dei termini maltrattamento fisico e abuso educativo, essendo relativo a singole condotte traumatizzanti che erano insufficienti e inadeguati a specificare il problema, perché in essi dovevano essere incluse le dimensioni di contesto e di processo in cui i comportamenti abusanti si manifestavano. Sulla scia di questa idea si costituisce il laboratorio pedagogico sulla violenza ai minori Viole Lab, ideato e promosso da un gruppo di studiosi di pedagogia appartenenti ad 8 atenei italiani. L'obiettivo era quello di promuovere un programma di ricerca, formazione e intervento per contrastare la violenza all'infanzia e rafforzare la tutela dei diritti delle bambine e dei bambini e degli adolescenti. Perché la pedagogia è chiamata ad un impegno nella rilevazione della qualità e dell'impatto di servizi educativi e strategie di tutela, nell'individuazione di procedure efficaci per l'educazione dei soggetti vittime di violenza, nella ricerca di pratiche efficaci di supporto alle famiglie in situazioni di fragilità. Il dato di fatto più conosciuto è quello per cui la violenza e il maltrattamento nell'infanzia e nell'adolescenza accade dove dovrebbero esserci relazioni di cura, di protezione e relazioni educative; quindi, avviene principalmente nei contesti dove bambine e bambini e adolescenti. Dicono che poi non sono altro che i loro principali contesti educativi, ossia la famiglia, la scuola, i servizi educativi, contesti sportivi e ricreativi e le figure che per la maggior parte agiscono alla violenza sono anche le figure educative a cui la cura di quelle bambine, bambini e adolescenti era stata affidata. Questo maltrattamento e violenza è frutto di un'adeguata relazione educativa che priva il soggetto in crescita di adeguate cure che, indipendentemente dalla tipologia della violenza, devono caratterizzarsi come un modus dell'azione educativa, un tratto, anzi un insieme di tratti intenzionali. Si diffonde la cura come paradigma educativo e informativo, ma anche come azione irrinunciabile per fare della vita un tempo pienamente umano. Aver cura dell'altro non significa avere genericamente interesse per l'altro, piuttosto si configura nella forma di una ricerca della necessità da parte dell'altro di essere sostenuto nel suo divenire, sentire la necessità della cura dell'altro come una chiamata ineludibile a cui con sollecitudine bisogna dare risposta. La cura e • La legge 285 del 97, disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza, istituisce una pluralità di servizi orientati alle tipologie di intervento, riutilizzare approcci socioeducativi e non solo sanitari. • La legge quadro 328 del 2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali permette alle regioni, per l'autonomia acquisita, di poter legiferare in questo campo, prestando maggiore attenzione alla realtà dei propri territori. In particolare, si ridefinisce il profilo complessivo del welfare e delle politiche sociali e quindi si avvia e si svolge una funzione di riorganizzazione dell'offerta socioassistenziale e socioeducativa nel processo di costruzione di un sistema integrato di servizi e prestazioni riconosciuti i diritti sociali come diritti di cittadinanza promossi da un sistema integrato dei servizi sociali e socio sanitari, valorizzando il ruolo sociale di diversi attori nel pubblico, privato e privato sociale. • La legge 38 del 2006, disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia, istituisce l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile e il centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet (CNCPO): Il primo ha il compito di acquisire monitorare i dati e le informazioni relative alle attività svolte da tutte le pubbliche amministrazioni per la prevenzione e repressione dell'abuso e dello sfruttamento sessuale, il secondo invece, rappresenta un organo centrale del ministero dell'Interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi delle telecomunicazioni. • La legge 112 del 2011 ha istituito la figura dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza. Questa figura, prevista a livello nazionale e regionale, ha come compito quello di tutelare e promuovere i diritti delle persone di minore età attraverso azioni all'ascolto e partecipazione, emozione, sensibilizzazione e collaborazione, elaborazione di proposte, pareri e raccomandazioni. Sulla base di queste leggi, oggi in Italia il programma PIP, programma di intervento per la prevenzione dell'istituzionalizzazione, offre un'opportunità di intervento educativo. Ha la finalità di innovare le pratiche di intervento sulle famiglie cosiddette negligenti, a rischio e vulnerabili, con l'obiettivo primario di evitare forme di maltrattamenti, tutelare i minori e migliorare la loro qualità di vita. In questo senso siamo sempre stati sostenuti dalle raccomandazioni fornite dall'Unione europea, ad esempio la creazione di un Centro europeo di contrasto all'abuso sessuale a danno di minori, oppure la comunicazione della missione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico rispetto alla prima strategia sui diritti dei minori, il piano d'azione sull'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali del 4 Marzo del 2021, il sistema europeo di garanzia per i bambini e le bambine vulnerabili, European Child Guarantee, introdotto dalla Commissione per promuovere varie opportunità e garantire l'accesso ai servizi essenziali per bambini, bambine, ragazzi e ragazze bisognose con meno di 18 anni a rischio di povertà o di esclusione sociale. Dunque, i paesi dell'Unione europea sono chiamati a fornire un accesso gratuito ai servizi educativi e di cura per la prima infanzia, attività educative scolastiche, almeno un pasto sano ogni giorno di scuola e servizi sanitari. Per la realizzazione dei relativi interventi sono stati messi a disposizione finanziamenti mirati nell'ambito del fondo. Quale europeo plus, il quale finanzia progetti che promuovono l'inclusione sociale, contrastano la povertà, investono sulle persone. Poi vi è la strategia del Consiglio d'Europa per i diritti del bambino, che mira a sviluppare azioni a sostegno delle disposizioni pertinenti dal presente quadro strategico, nonché di proteggere i diritti umani e la democrazia e lo Stato di diritto dell'ambiente digitale. Dietro queste sollecitazioni anche l'Italia ha adottato il quinto piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2000 20/02/2023 che richiama i contenuti di alcuni importanti documenti giuridici e strategie internazionali ed europee, si articola in tre aree di intervento: educazione, equità, empowerment, che prevedono quattro obiettivi generali e azioni specifiche: cioè proteggere bambini e bambine, ragazzi e ragazze, dal rischio di abusi e maltrattamenti. Inoltre, è stato elaborato il piano nazionale di prevenzione e contrasto dell'abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori 2022 che declina obiettivi strategici in politica, interventi attuativi da realizzare nelle seguenti aree riferite alle cosiddette tre: education, equity, empowerment. Nonostante il gran numero di leggi e organismo a tutela dell'infanzia, sono emersi problemi piuttosto urgenti come bullismo, cyberbullismo, abbandono, maltrattamenti, malattia mentale, dipendenze, che hanno evidenziato come molti casi gli interventi sono stati realizzati in modo frammentario, discontinuo, offrendo più soluzioni di natura economica che risoluzione e progettazioni ponderate sui bisogni e sui problemi a livello personale, familiare e sociale. Dunque, da dove ripartire? Le politiche di welfare attuale dalla legge 328 del 2000 hanno dimostrato di avere una rilevanza fondamentale nei processi di sviluppo e consapevolezza delle persone. Hanno dimostrato di voler sviluppare inclusione sociale, progettazione partecipata, coinvolgimento dei vari soggetti, di tutte le Istituzioni come un'opportunità di welfare innovativo e di cittadinanza attiva. Dunque, l'attenzione oggi è verso la realizzazione di un welfare generativo che deve mirare alla promozione di una maggiore partecipazione e con partecipazione di soggetti alla costruzione della risposta sociale al bisogno. Già la Fondazione Emanuela Zancan di Padova nel 2012 lotta per il rispetto alla povertà e ha fatto un particolare sollecito al welfare, che definiva appunto generativo, per sottolineare la caratteristica di cercare di superare l'offerta dei servizi sociali basata quasi esclusivamente su uno Stato che raccoglie, distribuisce risorse tramite il sistema fiscale trasferimenti monetari, a favore di un welfare in grado di rigenerare delle risorse già disponibili attraverso la necessaria consapevole responsabilizzazione delle persone che dovevano singolarmente comprendere che erano destinate alla di aiuto, ma anche promotrici della ricerca di come migliorare la loro situazione. Dunque, oggi un welfare generativo mira a riportare al centro delle politiche sociali la dimensione relazionale, la sussidiarietà educativa che deve valorizzare e restituire responsabilità e dignità a tutti i beneficiari dei servizi sociali, socioeducativi e socio sanitari che si devono percepire anche come co-protagonisti del processo di aiuto e di sostegno. Quindi bisogna prestare attenzione non solo all'obiettivo della riduzione del disagio e della povertà, ma bisogna lavorare per promuovere l'autonomia delle persone; dunque, c'è il bisogno di ripensare ad un sistema sociale in grado di erogare prestazioni sempre più personalizzate e meno uniformate con una maggiore attenzione. La cura della relazione sociale educativa, un welfare positivo deve avere come principale obiettivo quello di aiutare le persone ad aiutare se stesse. Deve essere capace di puntare sull'accrescimento del capitale umano in termini di istruzione e formazione, autonomia e del capitale sociale, cooperazione, servizi di rete, associazioni di cittadini e di intervenire con strategie finalizzate ad accompagnare e modificare e trasformare risorse e comportamenti che generano problemi a disponente analita. Ad ogni livello della persona, Stefano Zamagni, economista, docente all'Università del Bologna, sottolinea che la crisi del sistema di welfare, capitalismo e welfare state è dovuta a due elementi: il primo ad attribuire la mancata sostenibilità finanziaria, (infatti i sistemi di welfare si sono rilevati costosi e poco realizzabili); il secondo elemento di debolezza è dovuto alla standardizzazione dei servizi offerti, cioè i servizi hanno finito per offrire interventi generalizzati e standard, senza calarli sui bisogni specifici delle persone. Dunque, sono stati individuati quattro principi fondativi di cambiamento del modello: 1. il primo è l'universalismo delle prestazioni, cioè che una democrazia stabile può sopravvivere solo se sui programmi di welfare si ispirano principi di generalità, ossia di universalismo, 2. il secondo principio regolativo è quello della centralità della persona, che pure al centro della legge 328 del 2000, ha finito per non concentrarsi sulla persona portatrice di bisogni, ma sui bisogni stessi; infatti, il fruitore di tali servizi deve avere importanza, quindi le politiche sociali che non pongono al centro della persona non sono in grado di assicurare il rispetto; 3. Il terzo è quello del bene comune, nel senso che un sistema di welfare ha senso solo se mira ad incrementare il bene comune, che non va confuso né con il bene privato né con il bene pubblico. L'interesse di ognuno si realizza insieme a quello degli altri, non contro né a prescindere dall'interesse degli altri, quindi comune, si oppone a proprio e pubblico si oppone a privato. 4. Il quarto principio invece è la sussidiarietà circolare e non orizzontale o verticale, perché mentre queste ultime due versioni si integrano con il modello del welfare. Welfare state non sono sufficienti per un welfare civile, mentre con le due forme tradizionali di sussidiarietà si ha una cessione di quote di sovranità dello Stato, ha enti pubblici territoriali e/o funzionali, quindi sussidiarietà verticale, oppure a soggetti della società civile, ai portatori di cultura e quindi orizzontale. Con la sussidiarietà circolare si ha una condivisione di sovranità. Dunque, se è la società nel suo complesso che deve prendersi cura di tutti coloro che non devono essere esclusi, bisogna cambiare la relazione fra le tre sfere di cui si compone ogni società: la sfera degli enti pubblici, (cioè Stato, regioni, comuni, enti parastatali, eccetera), la sfera delle imprese, (ovvero la business community) e la sfera delle società civili organizzata, (ossia associazionismo di vario genere, cooperative sociali, organizzazioni non governative). In questo senso la pedagogia può svolgere e svolge un ruolo fondamentale nel contribuire allo sviluppo di un welfare delle capacità capacitazione. Il welfare del futuro è quello della formazione delle competenze, dello sviluppo del capitale umano, delle eque opportunità. E’ soprattutto il welfare delle capacità, azioni che può mettere il soggetto nelle condizioni di esigere l'agibilità dei propri diritti sociali. Il diritto di apprendere è uno di questi. Quindi esige un maggior investimento pedagogico, una sua. Varietà più avanzata rispetto a quella fino ad ora. Dunque, la traiettoria da seguire deve essere quella che vede famiglia, scuola, società interagire in un processo continuo di appartenenza e di costruzione di comunità educante. In primis bisogna ripartire dagli adulti. La maggior parte, infatti, delle violenze sui minori avvengono all'interno delle mura domestiche ad opera di genitori o altri familiari. Quindi alcuni contesti infatti familiari si caratterizzano per la loro capacità distruttiva nei confronti dei figli, diventando famiglie maltrattanti. (una famiglia in cui debolezza e vulnerabilità e le patologie psicologiche educative, lo scarso equilibrio emotivo e affettivo, le utopiche aspettative di gratificazione personale attraverso i figli, le incapacità di sviluppare relazioni positive di attaccamento, eccetera, determinano comportamenti violenti che minano e danneggiano i processi di sviluppo psico affettivi, cognitivi ed emotivi e causano conseguenze devastanti). Dunque, queste famiglie si presentano in modo fortemente disfunzionale per i figli e rappresentano un rischio importante anche in termini sociali. Quindi è necessario attrezzarsi per dare risposte significative sia in termini individuali, di coppie, di sistema, famiglie, attraverso progettualità educative e sociali e terapeutiche. Per questo è importante intervenire in termini di prevenzione primaria, cercando di migliorare tutte le competenze genitoriali e familiari personali, le risorse sociali e le capacità individuali. Sono noti i fattori di rischio sociali e familiari per la violenza, il maltrattamento e l'abuso.
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