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Riassunto Manuale Ammaniti, Sintesi del corso di Psicopatologia generale e dello sviluppo

Sintesi completa del manuale di psicopatologia dello sviluppo Ammaniti

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 08/10/2022

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Scarica Riassunto Manuale Ammaniti e più Sintesi del corso in PDF di Psicopatologia generale e dello sviluppo solo su Docsity! Pagina 1 RIASSUNTO MANUALE DI PSICOPATOLOGIA DELL’INFANZIA CAP 1. QUESITI E MODELLI DELLA PSICOPATOLOGIA INFANTILE 1.4 IL CONTRIBUTO DELLA INFANT RESEARCH E DELLA DEVELOPMENTAL PSYCHOPATHOLOGY L’Infant Research si è interessata sempre di più allo studio dei processi evolutivi che conducono il lattante ad adattarsi alle situazioni ambientali e a creare legami di attaccamento. L’Infant Research ha messo in luce il fatto che la spinta a creare e a mantenere relazioni è innata tanto quanto lo è la motivazione della ricerca del cibo, della gratificazione libidica o della riduzione della tensione. Inoltre ha messo in luce il fatto che il bambino, fin dai primi giorni di vita, ha una forte spinta ad autoregolarsi e a padroneggiare le situazioni, come anche a creare un’organizzazione percettivo- esperienziale. Stern ha evidenziato il fatto che il cervello umano è programmato a sintonizzarsi con la realtà intorno a lui. I risultati ottenuti da numerose ricerche confermano l’ipotesi che i bambini siano in grado di costruire modelli mentali riguardo a se stessi e al mondo con cui sono in rapporto, e allo stesso tempo sono in grado di sperimentare uno stato di disagio quando si verifica una discordanza fra la realtà e i propri modelli mentali. Ù I bambini, nel corso dello sviluppo, apprendono non solo a segnalare il proprio disagio, ma anche a suscitare risposte nell’adulto che si occupa di loro. La risposta appropriata dell’adulto, ad esempio ad un segnale di fame, trasforma lo stato interno di tensione del bambino in soddisfazione. Dunque, il legame di attaccamento che il bambino stabilisce con i suoi caregiver assume una grande importanza perché egli, nei momenti di difficoltà e di stress può inviare messaggi agli adulti per ottenere protezione e conforto. Per quanto riguarda il contributo dato dalla Development Psychopathology (psicopatologia dello sviluppo), questa disciplina sottolinea l’importanza di studiare la psicopatologia in relazione ai cambiamenti più significativi che avvengono nel corso del ciclo di vita. Un esponente fondamentale è Bowlby, che ha evidenziato come la deprivazione materna e una disfunzione della relazione madre-figlio siano fattori di rischio per l’insorgenza di una psicopatologia. Volgendo uno sguardo ai disturbi delle relazioni, è opportuno valutare lo stato attuale della relazione e la sua storia, i partecipanti alla relazione e infine il contesto socioeconomico e familiare. Riguardo allo stato attuale delle relazioni, Anders distingue diversi modelli di regolazione che costituiscono una condizione necessaria ma non sufficiente per il verificarsi di disturbi della relazione: se la relazione genitore-figlio viene regolata in modo appropriato in termini di sincronia, reciprocità, coinvolgimento e modulazione affettiva, la relazione iperegolata è caratterizzata dall’intrusività e dell’insensibilità del genitore, per cui il bambino ha scarse possibilità di prendere l’iniziativa e di condurre la relazione; nel caso di una relazione iporegolata, il coinvolgimento reciproco è limitato, per cui il genitore non risponde e non presta attenzione ai segnali del figlio. Nella relazione inappropriata, i tempi di risposta sono spesso asincroni ai segnali, mentre in quella caotica si verifica una forma estrema di regolazione irregolare per cui le interazioni sono estremamente variabili. Nel caso in cui i disturbi della regolazione si associno ai disturbi relazionali, questi ultimi possono essere classificati in base a dei criteri: - Turbe relazionali: provocano preoccupazioni quotidiane all’interno della famiglia ma sono di durata limitata e si verificano di solito nei momenti di passaggio in cui avvengono nuove acquisizioni evolutive, oppure in risposta alle difficoltà dell’ambiente (un esempio sono le difficoltà alimentari transitorie che si verificano nel passaggio da un’alimentazione liquida a una solida). Hanno un’evoluzione spesso favorevole e possono rappresentare anche uno stimolo allo sviluppo. - Perturbazioni relazionali: indicano una condizione evolutiva a rischio in cui si verificano in modo ripetitivo interazioni incoerenti e insensibili che, nel caso perdurassero, potrebbero evolvere verso una psicopatologia individuale o relazionale. In questo caso le interazioni sono più rigide , ma non coinvolgono tutte le aree dello sviluppo. -Disturbi relazionali: caratterizzati da modelli interattivi rigidi che comportano un fallimento evolutivo; in questo caso il disturbo dura più di tre mesi e i sintomi riguardano diversi contesti (ad esempio una bambina presenta un disturbo di accrescimento legato a difficoltà alimentari non solo con la madre ma anche nell’asilo nido quando viene alimentata dalle educatrici). I disturbi di regolazione riguardano non solo l’alimentazione e il sonno, ma anche le relazioni con i genitori e con i coetanei. CAP 2. LA DIAGNOSI IN ETÀ INFANTILE 2.1 L’EVOLUZIONE DEI SISTEMI DIAGNOSTICI Pagina 2 I. DSM (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) —> manuale più diffuso, a livello internazionale, che contempla al suo interno tutte le categorie possibili di disturbi mentali. Ci consente di dire se quel sintomo c’è o no e se e quanto quel sintomo interferisce con il funzionamento della persona. Il DSM ogni tot anni si rinnova in quanto va in contro a revisioni scientifiche, che avvengono perché cambiano i periodi storici, i dibattiti scientifici e avanzano le conoscenze mediche. Questo fa si che la diagnosi di un disturbo non sia qualcosa di standard, ma richiede appunto degli aggiornamenti. Nel DSM, per ogni disturbo troveremo: - la valutazione di presenza o assenza di sintomi molto precisi - la durata temporale della manifestazione patologica - l’esordio - comorbidità (compresenza di patologie) con i diversi quadri clinici Il DSM ci aiuta ad andare sugli aspetti più concreti e pragmatici e quindi si dice che abbia un approccio che è prevalentemente descrittivo della patologia. Questi aspetti che sono funzionali per la diagnosi, possono mostrare qualche limite; il DSM tende ad omologare i sintomi, tiene poco conto delle differenze individuali e delle differenziazioni per fasce d’età. Il DSM ha una struttura multiassiale, composta da 5 assi. II. ICD (international classification of Diseas) —> molto simile al DMS. ICD è un manuale diagnostico alternativo; fa sempre parte degli strumenti a disposizione in un area psichiatrica. III. DC —> classificazione diagnostica che è stata allungata da 0-3 a 0-5. È uno strumento costruito ad hoc sui bambini dai primi anni di vita. Il DC è studiato per descrivere in modo accurato la patologia infantile, tenendo conto delle specificità delle psicopatologie dello sviluppo. Anche questo strumento ha una struttura multiassiale. Si può affermare che l’interesse per la classificazione dei disturbi psichici abbia radici lontane, risalenti addirittura a Ippocrate. Fin dagli anni 30 l’American Psychiatric Association si era posta l’obiettivo di costruire una classificazione di disturbi psichici che comprendesse i quadri di più frequente osservazione. Il primo risultato fu la pubblicazione del DSM-I. Attraverso questa classificazione diagnostica venne elaborato un sistema che permetteva di trovare un orientamento diagnostico condiviso fra gli operatori della salute mentale. Tuttavia, il DSM-I così come il DSM-II presentavano dei limiti. Ogni quadro clinico veniva definito in termini piuttosto generali, senza specificare quali fossero i criteri da utilizzare per giungere a una diagnosi. Inoltre, i quadri clinici proposti non erano basati su dati empirici ma derivavano fondamentalmente dall’esperienza degli psichiatri che avevano fatto parte dell’equipe. I sistemi diagnostici DSM-I e DSM-II presentano dunque bassa attendibilità, bassa validità e bassa utilità clinica. La nuova edizione, il DSM-III costituisce una tappa nuova nel miglioramento di questi tre aspetti, mentre il DSM-IV è basato su un sistema diagnostico multiassiale, nel senso che per la valutazione tiene conto di vari Assi, ciascuno rivolto a uno specifico campo di informazione. I 5 Assi riguardano : - Asse I: disturbi e sindromi cliniche - Asse II: disturbi di personalità e ritardo mentale - Asse III: condizioni mediche generali - Asse IV: problemi psicosociali e ambientali - Asse V: valutazione globale del funzionamento Inoltre, nel DSM-IV viene data la possibilità di proporre diagnosi multiple sia nello stesso Asse, che fra Asse I e II (comorbidità). 2.2 CRITICHE AI SISTEMI DIAGNOSTICI Il DSM-IV è stato accusato di “imperialismo diagnostico” perché considera in modo inappropriato, ad esempio l’insonnia, le preoccupazioni personali, la continua agitazione, l’ubriacarsi, la ricerca di approvazioni, il sentirsi tristi, come possibili segni di una malattia psichiatrica, Pagina 5 empirica a scopo clinico, per studiare lo sviluppo delle relazioni oggettuali nella prima infanzia e per formulare ipotesi sul funzionamento psichico infantile normale e patologico. Margaret Mahler e collaboratori, conducono una serie di rigorose ricerche basate sull'osservazione empirica della relazione madre-bambino, che portano al riconoscimento di alcune specifiche fasi dello sviluppo psicologico del bambino nei primi tre anni di vita, fase autistica, simbiotica, di separazione-individuazione, che mettono in evidenza l'importanza di tali processi di separazione-individuazione nella costruzione del sé infantile. Cominciano a crearsi i presupposti per l'avvio di programmi preventivi di diagnosi nella salute mentale infantile rivolti al bambino e alla famiglia. Melanie Klein considera l'osservazione come mezzo per accedere alla comprensione delle primitive fantasie inconsce e del loro impatto sulla vita emotiva; all'interno di questo orientamento psicoanalitico si sviluppa il metodo della INFANT OBSERVATION, interessato all'osservazione della diade madre bambino per confermare e integrare concetti psicoanalitici sullo sviluppo mentale precoce. In tale tecnica viene posta la questione dell'analisi dei processi di transfert e controtransfert. Una maggiore aderenza al contesto reale, affettivo e sociale, entro cui si svolgono le relazioni di accudimento, viene sottolineata da Winnicot, che considera la reale capacità di una “madre sufficientemente buona” di rifornire emotivamente e supportare concretamente lo sviluppo del bambino. Viene inoltre messo in luce che così come il bambino è dipendente dalla madre nelle prime fasi del suo sviluppo, altrettanto lo è la madre dal bambino quando, sin dalla gravidanza, entra nella condizione emotiva della preoccupazione materna primaria. Nel lavoro clinico, Winnicott utilizza ampiamente il metodo osservativo rilevando che il bambino piccolo non può essere considerato separatamente dalla madre. L’autore valorizza lo studio diretto della ”attendibilità della madre reale” da cui deriva la “attendibilità della madre interna” (concetto proposto anche da Klein). Bowlby propone una visione del bambino come individuo attivo e biologicamente preadattato che ricerca precocemente scambi sociali, che organizza le sue esperienze in rappresentazioni di sé e degli altri, i modelli operativi interni, e che necessita, per il suo sviluppo positivo, non già di gratificazioni orali ma di cura adeguata e di risposte al bisogno primario di attaccamento. Il fatto che secondo Bowlby l’attaccamento derivi dalla qualità delle cure ricevute e che le prime relazioni di attaccamento influenzano precocemente l’organizzazione della personalità, aprono un ricco filone di ricerca osservativa dei legami di attaccamento che si attuano nel contesto delle relazioni significative, in una situazione naturale o controllata. La ricerca in ambito evolutivo ha fornito numerose evidenze che il sé di un individuo dispone di un’organizzazione interna che lo rende fin dall’inizio attivo, competente, capace di autoregolarsi, di avere interazioni e formare aspettative entro un contesto organizzato, continuo e prevedibile, di cure e di scambi con i genitori. In tale paradigma relazionale sono emersi diversi concetti di: • - Sensibilità (Ainsworth) • - Disponibilità emozionale (Emde) • - Rispecchiamento • - Strutturazione e mediazione dell’ambiente che evidenziano alcune qualità fondamentali del caregiver e che costituiscono un sostegno alle potenzialità di crescita del bambino e allo sviluppo del suo senso di sé. La sincronia e la reciprocità degli scambi comunicativi tra il bambino e il caregiver esprimono la sintonizzazione affettiva, l'intersoggettività primaria e la qualità di stati affettivi condivisi, da cui si sviluppa una comunicazione interpersonale che promuove l'apprendimento emotivo e sociale del bambino. I modelli relazionali che prendono forma nel corso di interazioni e di esperienze di reciprocità hanno un valore predittivo rispetto all’adattamento e al funzionamento del bambino in epoche successive, tanto che si può dire che come va la relazione, così va l’individuo. Il processo di valutazione dello sviluppo in ambito clinico parte da queste premesse, focalizzando l'attenzione sulla relazione genitore-bambino, anche quando esamina il comportamento individuale, poiché considera ogni Pagina 6 comportamento osservato come parte di un sistema comportamentale transazionale nel quale l'individuo evolve e amplia le sue possibilità entro un’interazione che a sua volta evolve e diviene più complessa. L’insieme degli scambi continui e prolungati tra il caregiver e il bambino costituiscono un sistema di regolazione interattivo in cui ciascuna componente influenza e regola il comportamento dell’altro, favorendo oppure ostacolando l’adattamento e la crescita psicologica, proteggendo da eventuali fattori di rischio psicopatologico o, al contrario, trasmettendoli attraverso le esperienze che il bambino vive nelle prime relazioni. La valutazione del bambino quindi, deve essere necessariamente accompagnata da una valutazione della qualità degli scambi e delle caratteristiche del contesto di accudimento, per individuare le capacità di sostegno dei genitori, le loro insicurezze e preoccupazioni, le rappresentazioni che il caregiver ha di sé e del bambino. Una valutazione della relazione genitore-bambino include non solo la qualità dei comportamenti interattivi tra il bambino e il caregiver, ma anche l’esperienza soggettiva di ciascun partner, comprendendo le rappresentazioni e i ricordi della storia delle interazioni della diade. Gli approcci più recenti alla valutazione dello sviluppo del bambino nella prima infanzia sono pertanto orientati verso una valutazione multifattoriale che prevede un esame attento delle caratteristiche individuali dello sviluppo del bambino e del profilo di personalità del caregiver, nonché un'accurata valutazione delle esperienze interpersonali tra il bambino e il caregiver e dell'esperienza soggettiva di entrambi i partner all'interno del particolare contesto in cui la relazione si sviluppa. 3.2 LE NARRAZIONI COME STRUMENTO DI RILEVAZIONE DELLE RAPPRESENTAZIONI MENTALI DEI GENITORI Nel contesto clinico emergono temi specifici riguardo al bambino, connessi con esperienze passate internalizzate dei genitori che possono fornire una guida per la costruzione e interpretazione delle relazioni future. Bowlby ha proposto l'espressione "modello operativo interno” (MOI) per descrivere una struttura relazionale che emerge da ripetute e precoci esperienze interpersonali; un individuo che ha sviluppato un modello operativo interno delle sue figure di attaccamento come amorevoli e pronte a sostenerlo può costruire un modello complementare del sé come degno di sostegno e di amore. STERN definisce “RAPPRESENTAZIONI DI INTERAZIONI GENERALIZZATE” (RIG) le esperienze infantili di interazioni ripetute che costituiscono unità mnestiche di base su cui si organizzano dinamicamente “isole di coerenza”, cioè elementi costanti dell’esperienza del sé e dell’altro che formano aspettative e previsioni di interscambi futuri. LICHTENBERG chiama “SCENE MODELLO” alcuni aspetti dei modelli percettivi-affettivi di esperienze di regolazioni condivise, che entrano nella memoria procedurale del bimbo piccolo, restando attivi e contribuendo ad organizzare pattern interattivi successivi. La Klein e i suoi collaboratori hanno esaminato le connessioni tra le rappresentazioni mentali dell’adulto delle proprie esperienze infantili e la sicurezza dell’attaccamento del proprio bambino, utilizzando un’intervista semi-strutturata: ADULT ATTACHMENT INTERVIEW (AAI). Si parte dall'ipotesi che un individuo, quando sta per diventare genitore, attivi modelli operativi anticipatori di se stesso come caregiver e sviluppi delle rappresentazione del bambino formando specifici pensieri, sentimenti e aspettative che guideranno i comportamenti di cura verso il figlio. Alcuni studi hanno messo in luce che modelli di attaccamento, rilevati da interviste dei genitori, sono efficaci predittori dello stile di attaccamento dei propri figli nei primi anni di vita e possono trasmettersi tra le generazioni. Se i modelli operativi interni delle relazioni di attaccamento dei caregiver sono incoerenti, male organizzati e distorti, nell'interazione reale con il bambino, i segnali di attaccamento non sono percepiti in modo adeguato e il bambino riceve risposte contraddittorie e fuorvianti che ostacolano la comunicazione interna; ciò porterà il bambino, a sua volta, a sviluppare modelli operativi interni del sé e delle figure di attaccamento inadeguati, determinandone la trasmissione intergenerazionale. Seguendo questo filone di studi, alcuni gruppi di ricerca hanno elaborato diverse interviste per valutare le rappresentazioni genitoriali relative al bambino durante la gravidanza e dopo la nascita. In queste interviste si chiede ai genitori di descrivere in modo dettagliato la propria relazione con il figlio, ponendo attenzione alle risposte emotive, al riconoscimento del bambino come una persona autonoma, alla coerenza del racconto e alla capacità di riflettere sulla relazione. 3.3 IL PROCESSO DI VALUTAZIONE DIAGNOSTICA DELLO SVILUPPO NELLA PRIMA INFANZIA Pagina 7 Il processo di valutazione diagnostica nella prima infanzia ha l'obiettivo di monitorare lo sviluppo del bambino negli aspetti maturativi e nel livello di funzionamento adattivo e di esaminare la specificità dei problemi individuali e relazionali all'interno del contesto di vita. Tale valutazione deve tener conto del bambino, del caregiver, della relazione tra loro e deve cogliere l’interdipendenza tra disturbo individuale e fattori interattivi, tra sistemi di regolazione biologica e sociale che impegnano la coppia bambino-caregiver in compiti evolutivi e adattivi. Per valutare se la relazione promuove lo sviluppo o al contrario lo intralcia è necessario osservare "che cosa i partecipanti fanno insieme" e "in che modo lo fanno" considerando il sistema di feedback di responsività affettiva bambino-caregiver e valutando quanto il caregiver sia in grado di decodificare il segnale del bambino e di regolare cicli e ritmi di comportamento, modalità e intensità degli stimoli per accordarsi ai livelli di attività e agli stati di aurosal del bambino. La valutazione della qualità della relazione prende in esame anche la funzione riflessiva del caregiver cioè la capacità di riconoscere gli stati mentali del bambino con i suoi bisogni, intenzioni, aspettative e desideri. Esistono tuttavia fattori che possano impedire lo sviluppo della responsività sia da parte del caregiver sia da parte del bambino, che vanno considerati durante la valutazione per una corretta diagnosi e per predisporre piani di intervento futuro. Fattori genetici, difficoltà nella vita fetale perinatale, condizioni di prematurità e malattie fisiche possono ridurre le capacità del bambino di attivare esperienze e limitare la gamma delle sue risposte, determinando una condizione di vulnerabilità che interferisce negativamente con le sue potenzialità di crescita. I comportamenti responsivi e contingenti dei genitori possono controbilanciare la vulnerabilità con azioni positive che aiutano il bambino a compensare il deficit. E’ inoltre opportuno indagare su eventuali condizioni sfavorevoli, come separazioni precoci, psicopatologia del genitore, svantaggio socio-economico, che possono determinare condizioni di rischio ambientale e incidere in modo negativo sullo sviluppo del bambino e sul legame bambino caregiver. La valutazione clinica deve convergere su alcune aree del funzionamento individuale e relazionale; Emde ne propone 7: 1. Attaccamento del bambino e legame genitoriale 2. Vigilanza-protezione, che riguarda la prontezza del bambino e la protezione assicurata dai genitori 3. Regolazione fisiologica, che definisce la regolazione reciproca sui ritmi fisiologici e l’aurosal 4. Regolazione affettiva, che comprende l’espressione e la capacità di condividere affetti ed emozioni 5. Apprendimento-insegnamento, che si riferisce alla motivazione a un compito sostenuta dal genitore 6. Gioco, che impegna reciprocamente i partner 7. Autocontrollo-disciplina, che rileva la capacità di autocontrollo dei bimbi e la capacità genitoriale di orientarlo alla disciplina Greenspan e Wieder suggeriscono di orientare l’esame su 6 aree: 1. Regolazione e interesse del mondo 2. Attaccamento 3. Comunicazione intenzionale 4. Organizzazione del comportamento (acquisizione senso di sé) 5. Elaborazione rappresentazionale 6. Differenziazione rappresentazionale Di ognuna di queste aree viene considerata la difettualità (defect), la limitazione (constriction), instabilità (instability). Pagina 10 8. Ritorna anche mamma Osservando il modo in cui il bambino reagisce a tale situazione è stato possibile classificare l’attaccamento del bambino al caregiver secondo tre modelli: sicuro, insicuro-evitante, insicuro- ambivalente. - i bambini che ricercano attivamente la vicinanza del genitore e che comunicano apertamente i loro sentimenti di disagio durante la separazione, per poi tornare a esplorare l'ambiente al ristabilito contatto con il caregiver, sono classificati Sicuri - diversamente da questi, alcuni bambini non sembrano mostrare alcun disagio nel corso della separazione e ignorano ed evitano il genitore, indirizzando l'attenzione sull'ambiente circostante. Questi bambini Sono classificati Insicuri evitanti. - I bambini che protestano energicamente nel corso della separazione ma mostrano una combinazione di ricerca della vicinanza e resistenza al contatto durante la riunione, risultando inconsolabili e incapaci di giocare ed esplorare l'ambiente vengono definiti Insicuro ambivalente. - È stato identificato un quarto modello: quello Disorganizzato disorientato. In questo caso il bambino è caratterizzato dalla mancanza di un comportamento definibile attraverso delle caratteristiche “fisse”. Il bambino disorganizzato-disorientato mostra una serie di risposte incoerenti che non offrono un’immediata comprensione della loro finalità Se pure gli stili di attaccamento non so da considerarsi categorie diagnostiche, la ricerca ha evidenziato che i bambini con attaccamento disorganizzato hanno una maggiore probabilità di sviluppare una problematica clinica giacché non hanno potuto sviluppare una strategia appropriata e coerente per affrontare lo stress. Child Behaviour Checklist La Child Behavior Check List per la fascia di età due-tre anni CBCL/2-3 è uno strumento per valutare comportamenti ed emozioni dei bambini piccoli in varie aree del loro funzionamento. I dati di valutazione sono forniti dai genitori dei bambini ed altre persone significative che sono chiamati a esprimere una loro valutazione, separatamente gli uni dagli altri, sulle affermazioni della check List. Le descrizioni che provengono da valutatori diversi offrono un quadro del bambino nelle varie situazioni e forniscono dati su cui si può registrare un grado di accordo o disaccordo. La CBCL/2-3 è un adattamento di una precedente check List, la CBCL/ 4-18, utilizzata per la fascia d’età dai 4 ai 18mesi. Nella forma adattata viene presentata una lista di 99 item; di cui 59 sono comuni alla CBCL/ 4-18 poiché si riferiscono a comportamenti/problemi che possono evidenziarsi anche in epoche successive dello sviluppo, mentre gli altri si riferiscono a comportamenti, stati emotivi e affettivi evidenziabili solo in bimbi piccoli. La CBCL/ 2-3 è una procedura d’indagine clinica standardizzata, sviluppata su base empirica che adotta una prospettiva multipla e multiassiale. Si richiede infatti a diversi valutatori, la madre, il padre e le varie persone che si occupano quotidianamente del bambino, di descrivere, ciascuno dal proprio punto di vista, il bambino, compilando la check List. Successivamente si confrontano le diverse descrizioni tra loro e si ricavano correlazioni tra le valutazioni emerse. L’adozione del criterio multiassiale, permette di spaziare su diversi settori dello sviluppo, del funzionamento e dell’ambiente in cui vive il bambino, poiché l’indagine viene condotta sui seguenti assi: ASSE I resoconti dei genitori ASSE II resoconti di altri caregiver ASSE III valutazione dello sviluppo effettuata con test specifici ASSE IV valutazione condizioni fisiche ASSE V osservazioni a casa e in gruppo, osservazioni di gioco, interviste La check list, tramite i dati che provengono da valutazioni multiple, può fornire un ampio e rappresentativo campione dei comportamenti del bambino, altrimenti non rilevabile, nei diversi contesti di vita. Il CBCL/2-3 è dunque un questionario che serve per individuare delle aree psicopatologiche che possono essere esternalizzanti (problemi della condotta, iperattività problemi del controllo della rabbia) e/o internalizzanti (una forma di sofferenza depressiva o ansiosa) oppure né interntalizzanti né esternalizzanti (disturbi del sonno e dei problemi somatici). Una seconda parte della check list è destinata a raccogliere notizie su specifiche condizioni fisiche del bimbo, malattie, handicap, disabilità; questa parte non è soggetta a punteggio ma fornisce info clinicamente utili. Pagina 11 CAP. 4 GENITORIALITÀ: SITUAZIONI A RISCHIO E PSICOPATOLOGIE 4.1 Diventare genitori L'assunzione del ruolo genitoriale non coincide puntualmente con l'evento della nascita del bambino: la genitorialità, infatti, è connessa a un lungo processo di elaborazione delle proprie relazioni affettive primarie: l'arrivo di un figlio, suscitando nuove emozioni, può aiutare a visualizzare e a riorganizzare meglio le passate esperienze, ma la nuova condizione può anche determinare un crollo psicologico proprio per il riattivarsi di sottostanti conflitti non elaborati. Per entrambi i genitori, infatti, la nascita del figlio rappresenta un evento nuovo e intenso, che evoca fantasie consce e inconsce, riguardanti la propria relazione infantile, sperimentata con la madre, il padre e le altre figure di accudimento significative. Alcune ricerche si sono proposte di esplorare il mondo rappresentazionale materno in gravidanza, attraverso interviste semistrutturate. In queste interviste, venivano affrontati temi quali il desiderio della maternità, le emozioni riguardanti sé, il partner e il bambino interno, le aspettative future, il rapporto con la famiglia di origine. Si sono potute cogliere interessanti differenze tra diversi gruppi di madri: ad esempio, per alcune erano prevalenti rappresentazioni connesse a un bambino molto idealizzato, oppure immaginato con caratteristiche negative. Occorre tenere presente che la nascita di un figlio determina numerosi cambiamenti psicologici in ognuno dei due genitori, ma non solo: tale evento determina anche un'alterazione dell'equilibrio della coppia, che si trova ad affrontare un delicato passaggio da una relazione a due ad una relazione a tre. Ad esempio, uno dei compiti principali, che ora i due genitori si trovano ad affrontare, consiste nell'elaborazione di una serie di lutti, come quello che riguarda la perdita di alcune parti infantili di sé. Occorre adesso confrontarsi con la realtà del bambino e con le nuove funzioni genitoriali. 4.2 Fattori di rischio connessi alla genitorialità Le situazioni a rischio nell'ambito della genitorialità fanno riferimento a tutte quelle condizioni in cui la funzione genitoriale, nelle sue componenti fondamentali di cura e protezione dei figli, è fortemente disturbata e influisce profondamente sulla qualità della relazione genitore-bambino. Se poniamo l'accento sullo sviluppo del bambino, il ruolo della famiglia è fondamentale, in quanto questa costituisce, soprattutto nei primi anni di vita, il mondo affettivo e sociale del bambino. I fattori di rischio riguardano tutte le condizioni esistenziali del bambino e del suo ambiente che implicano un rischio di psicopatologia superiore a quello che si osserva nella popolazione generale. Ricerche recenti circa l’influenza dei fattori di rischio e protezione sullo sviluppo del bimbo evidenziano che condizioni di rischio derivanti da ambiti diversi possono verificarsi contemporaneamente ed essere aggravate o attenuate dal sistema familiare. In questa prospettiva, la famiglia rappresenta il contesto all’interno del quale i fattori protettivi e di rischio interagiscono tra loro e influenzano lo sviluppo successivo del bambino. Può risultare utile effettuare un confronto, riguardante l’area dei fattori di rischio connessi alla relazione genitore- bambino, prendendo in esame i diversi criteri diagnostici suggeriti dai 3 sistemi di classificazione che attualmente raccolgono il maggior consenso nell’ambito dello studio dei disturbi psichici nell’infanzia: l’ICD-10, il DSM-IV, la classificazione diagnostica 0-3. Per quel che riguarda il sistema multiassiale della Classificazione diagnostica 0-3, vediamo che esso colloca sulla’Asse II i disturbi della relazione bambino-genitore. Per ogni categoria vengono prese in considerazione l’intensità, la frequenza e la durata del disturbo, nonché i seguenti aspetti: • Caratteristiche dell’interazione: viene analizzato il comportamento di ciascuno dei componenti della diade genitore-figlio (ad esempio la qualità delle risposte fornite dal genitore in relazione ai segnali del bambino, la presenza di evitamento o distacco da parte del bambino stesso • Tono affettivo, ovvero il tono emozionale che caratterizza la diade presa in esame ( come ansia, tensione, rabbia) • Coinvolgimento psicologico, viene preso in considerazione il significato che il genitore attribuisce al comportamento del bambino Come si può vedere, qui il focus è la relazione in sé. Il comportamento genitoriale può essere fortemente influenzato dal comportamento del bambino e viceversa. Tenendo conto di questo, SAMEROFF e CHANDLER hanno proposto il loro MODELLO TRANSAZIONALE DI SVILUPPO secondo il quale gli esiti evolutivi sono il risultato dell’azione reciproca tra il bambino e il contesto nel tempo, in cui lo stato dell’uno influenza il successivo stato dell’altro, in un processo dinamico continuo. Pagina 12 Il comportamento genitoriale può infatti essere dato dal comportamento del bambino e viceversa. D'altro canto il genitore prende parte all'interazione con tutto il suo bagaglio di rappresentazioni che riguardano le sue esperienze, le sue paure, i suoi ricordi, e queste rappresentazioni possono influenzare il suo comportamento con il bambino. Questo, tuttavia, non avviene se il genitore, pur avendo vissuto esperienze terribili e dolorose, sarà stato in grado di affrontarle e di elaborarle adeguatamente: non è, pertanto, la qualità dell'esperienza genitoriale in sè a terminare gli esiti patologici, quanto la capacità del genitore di elaborare ed affrontare questi eventi. Tra i più rilevanti fattori di rischio per lo sviluppo del bambino troviamo: la gravidanza in età adolescenziale, conflittualità, separazione, divorzio, tossicodipendenza, psicopatologia, maltrattamento, abuso. Gravidanza e maternità in età adolescenziale Il problema della gravidanza e della genitorialità in età adolescenziale ha interessato moltissimi studiosi, tanto è vero che sono state condotte molte ricerche a proposito dei possibili fattori di rischio per le madri e per i bambini. Occorre tenere presente che, se i primi risultati presentano dati particolarmente allarmanti sulle conseguenze delle gravidanze adolescenziali riferendoli essenzialmente al fattore età, successivamente si è osservato come il fattore età fosse una variabile quasi sempre associata ad un contesto socio-ambientale a rischio. Questo è un fenomeno sociale assai rilevante negli Stati Uniti, dove le ragazze in questione hanno meno di vent’anni, sono di classe socio-economica bassa, non sposate, con famiglie problematiche o con un solo genitore. Tale situazione non si riscontra in Italia, dove il fenomeno è più limitato e riguarda anche ragazze di classe sociale media e alta che sposano, perlopiù, il loro partner appena si accorgono della gravidanza e che sono quasi sempre accolte dalla famiglia d'origine, che fornisce loro aiuto e sostegno. Se questa esperienza di maternità viene a collocarsi in adolescenza, un periodo di per sè intenso per via delle trasformazioni sia a livello fisico che mentale, risulta indubbiamente più difficile, per la giovane donna, prepararsi ad affrontare i nuovi compiti della maternità congiuntamente all'elaborazione delle proprie problematiche adolescenziali. La letteratura psicoanalitica ha messo in luce come il compito più impegnativo in adolescenza sia quello di integrare nell'immagine di sé le trasformazioni somatiche e sessuali determinate dalla pubertà. La gravidanza può rispondere al desiderio, tipicamente adolescenziale, di dimostrare che il proprio corpo è in grado di funzionare come quello materno, mettendo in primo piano il desiderio di gravidanza piuttosto che il desiderio di maternità. Allo stesso tempo, la ragazza può cercare di sfuggire, attraverso la gravidanza, alle complesse dinamiche di separazione e individuazione nei confronti dei propri genitori e, più specificatamente, nei confronti della propria figura materna. È piuttosto frequente, infatti, che certi comportamenti adolescenziali abbiano un carattere ambivalente: se da una parte segnalano un desiderio di emancipazione dai genitori, dall’altra tendono a suscitare delle risposte protettive da parte loro; e così, se la gravidanza risponde al desiderio inconscio di potersi liberare dalla dipendenza dalla madre, comporta, in realtà, proprio un riavvicinamento a questa, che tornerà nuovamente a svolgere un ruolo rilevante nella vita della figlia. Inoltre la gravidanza adolescenza interferisce in misura considerevole con il processo di costituzione della propria identità femminile, in quanto la ragazza si può sentire profondamente confusa, essendo ancora invischiata nei suoi conflitti di figlia e allo stesso tempo costretta ad assumere compiti genitoriali. Se è vero che la capacità di affrontare l’esperienza della gravidanza e della maternità dipende essenzialmente dalla qualità della relazione instaurata con la propria madre, occorre tener conto anche di una molteplicità di fattori che rivestono un ruolo importante per l’espletamento delle funzioni materne in età adolescenziale. Per quanto riguarda il fattore età, le ricerche finora effettuate non hanno ottenuto risultati omogenei: infatti, mentre alcuni dati associano la più giovane età con una minore competenza genitoriale, altri non lo confermano; al contrario, vi maggiore concordanza nell'affermare che la povertà rappresenti in sé un fattore di possibile rischio, esponendo spesso la giovane madre a notevoli difficoltà ambientali, come vivere in aree ad alto tasso di criminalità e violenza. I nuclei familiari delle ragazze adolescenti non sono sempre in grado di offrire quel sostegno di natura sia pratica sia affettiva, di cui le adolescenti hanno bisogno in questo momento delicato della loro vita; quando, comunque, questo avviene, è stato riscontrato che, se il sostegno viene fornito dalla propria madre, in una situazione di convivenza, ciò provoca spesso un clima di tensione, che non aiuta lo sviluppo della competenza genitoriale. Il sostegno della propria madre favorisce una genitorialità più adeguata solo se l’adolescente e la madre vivono in contesti abitativi diversi. Nella situazione italiana, nella classe media, i partner vengono perlopiù accolti nella famiglia materna in seguito alla notizia della gravidanza, con conseguente matrimonio riparatore. Tuttavia, anche questa scelta del matrimonio forzato si può trasformare in un fattore di rischio, dal momento che possono nascere dei conflitti tra i genitori del bambino che si ripercuoteranno sullo sviluppo dello stesso. Pagina 15 I disturbi psicotici possono manifestarsi in forme cliniche di diversa durata e intensità. Queste sindromi sembrano avere un influenza diversa sulle perturbazioni dei bambini. La condizione che pone con maggiore intensità il problema dell’influsso della psicosi del genitore sul bambino, è quella in cui la patologia è stata diagnosticata prima della gravidanza e presenta caratteristiche di cronicità. Secondo alcuni studi il rapporto tra la psicosi del genitore e il rischio di uno stato patologico nel bambino si aggira intorno al 10% con un genitore schizofrenico, e al 30% se lo sono entrambi. Solitamente, le manifestazioni cliniche nei bambini, in questo caso, sono più di tipo esternalizzante (disturbi comportamentali, instabilità) che di tipo internalizzante ( fobie). Nel complesso queste ricerche sottolineano le difficoltà che si possono presentare nel bambino a livello di capacità di partecipazione, di controllo e di regolazione del loro ambiente sociale. Altre indagini hanno messo l’accento sulle caratteristiche dell’interazione e sulle relazioni d’attaccamento dei bambini di madri schizofreniche: si evince che questi bambini hanno uno stile di attaccamento insicuro e che non mostrano alcuna paura dell’estraneo (reazione normalmente presente nei bambini di età compresa tra gli 8 e i 12 mesi). I dati derivanti dall’osservazione delle prime interazioni delle madri psicotiche con i loro bambini hanno rilevato una tendenza da parte di queste madri a rispondere lentamente e in modo inadeguato ai segnali dei loro bambini, stimolandoli meno sul piano sociale e interattivo. E’ emerso che queste madri appaiono più tese e incerte nel rapporto con i figli, con i quali interagiscono poco sia a livello vocale che del sorriso. Inoltre è presente un certo evitamento dello sguardo da parte della madre. Dall'insieme di queste osservazioni emergono alcuni aspetti caratteristici che riguardano la qualità dell'interazione madre-bambino: in primo luogo, le cure prestate al bambino possono apparire incoerenti, inadeguate, a volte pericolose, in rapporto agli impulsi della madre; infatti, l'ambiente quotidiano del bambino appare spesso caotico e non prevedibile, caratterizzato da momenti di avvicinamento intenso da parte della madre, alternati a lunghi momenti di presa di distanze e di abbandono. È stato evidenziato che questi bambini mettono in atto molto precocemente comportamenti che sembrano avere una natura difensiva: tali comportamenti, quali l'evitamento o il ritiro, sono stati associati a condizioni in cui il caregiver fallisce nella sua funzione protettiva. Questo vissuto con la mamma può portare il bambino ad adottare modalità autonome di regolazione; La relazione madre-bambino appare dunque invertita, nel senso che non è la madre che si adatta al bambino, bensì il bambino che si adatta alla madre. 4.7 Maltrattamento e abuso Il maltrattamento infantile si riferisce a pratiche di accudimento anomalo dei bambini che risultano inaccettabili per la maggioranza della popolazione. Il maltrattamento può essere espresso sotto forma di trascuratezza, abuso psicologico o sessuale. Ila trascuratezza sembra essere la forma di maltrattamento più frequentemente sperimentata dai bambini, seguita dall’abuso fisico e dall’abuso sessuale. Spesso l’abuso viene perpetrato all’interno della famiglia e coinvolge entrambi i membri della coppia genitoriale. La maggioranza delle ricerche indicano che i bambini maltrattati provengono da ambienti sociali svantaggiati. Altri fattori correlati con il maltrattamento infantile riguardano la numerosità della famiglia o lo scarso distanziamento delle nascite, nonché un atteggiamento negativo da parte della madre nei confronti della gravidanza, spesso non pianificata e non desiderata. Per quel che riguarda la trascuratezza da parte dei genitori, questo fa sì che il bambino sia spesso oggetto di omissioni e carenze rispetto ai suoi bisogni fisici e psichici. La trascuratezza può riguardare la sfera igienico-sanitaria o alimentare, fino ai casi di denutrizione che comportano, in situazioni estreme, difficoltà di accrescimento nel bambino. Una forma di maltrattamento psicologico è rappresentata dalla presenza di violenze verbali. Per quel che riguarda l'abuso, la forma che sembra presentare maggiori livelli di gravità è l’abuso fisico, ossia quella condizione in cui il minore è oggetto di aggressioni, con conseguenze fisiche a volte letali. I segni esterni dell'abuso comprendono lividi, bruciature, lesioni, fratture e altri possibili danni inflitti al bambino, compresa la morte. Il bambino può subire violente percosse (spesso la testa del bambino viene colpita con un oggetto duro), che si manifestano con convulsioni, emorragie e coma. Pagina 16 Circa un terzo dei casi di abuso riguardano invece l'abuso sessuale, che coinvolge prevalentemente i bambini di età inferiore ai sei anni. Questo tipo di abuso si caratterizza per il fatto che il genitore mette in atto comportamenti seduttivi e sensuali iperstimolanti nel rapporto con il bambino. Nei casi più gravi il bambino è coinvolto dai genitori in atti sessuali che implicano violenza. Come conseguenza a tutta questa violenza, il bambino deve fare i conti con i danni cerebrali che si manifestano attraverso attacchi epilettici, problemi motori, lievi segni neurologici, problemi di linguaggio. La grave trascuratezza fisica può condurre a condizioni di scarso accrescimento fisico che possono riguardare non solo il peso e l’altezza ma anche la circonferenza cranica. Ci si riferisce a questi casi con il termine di “ nanismo psicosociale”. Inoltre, il maltrattamento, determinando la diminuzione di concentrazione di serotonina nel cervello, contribuisce ad aumentare la secrezione di sostanze che aumentano l’aggressività, quali la dopamina e il testosterone. In un bambino più vulnerabile, l’impatto del maltrattamento può dar luogo ad una apparente mancanza di empatia, irritabilità e impulsività. Per quanto riguarda la sfera dell’attaccamento, i bambini che hanno subito maltrattamenti presentano uno stile di attaccamento insicuro con il genitore. Per di più, attraverso altri studi, si è ipotizzato che i bambini interiorizzano le esperienze di relazione negativa per poi riproporle nelle successive relazioni, attraverso l’espressione di rabbia e ostilità verso gli altri bambini e le figure di accudimento. CAP 5. DISTURBI DELLA REGOLAZIONE 5.1 Definizione I disturbi della regolazione sono caratterizzati da difficoltà nel regolare il comportamento, i processi fisiologici, sensoriali, attentivi, motori o affettivi, e nell’organizzare uno stato di calma, di vigilanza o uno stato affettivo positivo. Si possono riscontrare risposte scarsamente organizzate o poco modulate nelle reazioni o nei processi fisiologici, come il sonno, l’alimentazione o il controllo sfinterico, nella capacità di mantenere l’attenzione, nel grado di modulazione degli affetti (il soggetto cioè passa bruscamente da uno stato d’animo all’altro), nella regolazione del comportamento (che può essere aggressivo o impulsivo), nell’area del linguaggio e delle capacità cognitive. Secondo la classificazione diagnostica 0-3 devono essere presenti oltre a uno o più sintomi nella sfera del comportamento, evidenti difficoltà sensoriali, motorie o di elaborazione delle informazioni, come ad esempio iper- o iperattività a rumori forti o dal tono grave o acuto; iper- o iperattività a luci abbaglianti o a forme visive nuove e singolari come colori, forme o strutture complesse; ipo- o iper- reattività agli odori; ipo- o iper-reattività alla temperatura; deficit qualitativi nelle capacità attentive e di concentrazione ecc.. Si ritiene che queste caratteristiche siano di natura costituzionale o maturativa, ma è evidente in che misura esse siano influenzate dalle modalità di cura che precocemente il bambino sperimenta. La qualità delle cure è in grado, in buona parte, di accentuare o al contrario di diminuire e armonizzare tali difficoltà e diventa quindi fondamentale per l’evoluzione che avrà il disturbo. All'interno di un quadro generale di disturbo della regolazione possono essere individuati tre tipi specifici, la definizione dei quali comprende la prevalenza di uno specifico pattern (modello) comportamentale associato a particolari difficoltà di elaborazione delle informazioni sensoriali e senso-motorie. Infine, un quarto tipo (“altro”) viene utilizzato laddove non si presenta uno specifico pattern dominante. TIPO I: IPERSENSIBILE Questi bambini sono iper-reattivi o ipersensibili a diversi stimoli secondo due modalità caratteristiche: pauroso e cauto, negativo e provocatore. - Pauroso e cauto: I pattern comportamentali comprendono una eccessiva cautela, inibizione e paura. Nella prima infanzia possono essere osservati una gamma ristretta di comportamenti esplorativi, un’avversione per i cambiamenti nella routine e una tendenza a essere spaventati e a piangere di fronte a situazioni nuove. Occasionalmente, il bambino si comporta in modo impulsivo quando è sovraccaricato o impaurito. Tende a diventare triste facilmente, non è in grado di autoconsolarsi prontamente e non è in grado di superare le frustrazioni o il disappunto. I pattern sensoriali e motori sono caratterizzati da una ipersensitività al tatto, ai rumori forti e alle luci abbaglianti. Il bambino spesso presenta un’adeguata abilità di elaborazione acustico-spazial,e, ma un’abilità di elaborazione visuospaziale compromessa. Può essere inoltre, ipersensibile al movimento nello spazio e presentare carenze nella pianificazione motoria. - Negativo e provocatore: I pattern comportamentali sono negativi, ostinati, diretti a controllare il comportamento altrui, provocatori. Il bambino ha difficoltà nelle situazioni di transizione, preferisce la ripetitività e l’assenza di cambiamento. I bambini più piccoli tendono a essere preoccupati, difficili e resistenti ai passaggi e ai cambiamenti, mentre i bambini Pagina 17 più grandi tendono a essere negativi, arrabbiati, provocatori e ostinati, oltre che compulsivi e perfezionisti; dispongono di un senso di sé organizzato attorno a pattern negativi e provocatori. I pattern sensoriali e motori includono una tendenza verso una iper-reattività al tatto (che si manifesta ad esempio nel gioco evitando certe stoffe o la manipolazione dei materiali con la punta delle dita), e sono anche ipersensibili al suono. Presentano difficoltà di elaborazione acustica, ma anche difficoltà nella coordinazione motoria fine e/o nella pianificazione motoria. TIPO II: IPOREATTIVO Questi bambini sono iporeattivi agli stimoli esterni secondo due modalità caratteristiche: sono distratti e hanno difficoltà nel coinvolgimento, oppure sono autocentrati. - Distratto e difficile da coinvolgere: I pattern comportamentali includono un apparente disinteresse a esplorare oggetti, giochi stimolanti o contesti interattivi nuovi. Possono apparire apatici, facilmente affaticati e distratti , ritardati o depressi ed eccessivamente chiusi nelle relazioni sociali. Nei bambini più grandi si può osservare una diminuzione del dialogo verbale. Il loro gioco e il loro comportamento presentano solo una gamma limitata di idee. I pattern sensoriali e motori sono caratterizzati da una iporeattività ai suoni e ai movimenti nello spazio, e da una ipo- o iper-reattività al tatto. Spesso lamentano difficoltà nell’elaborazione di informazioni verbali-uditive. In molti casi possono essere presenti scarsa qualità della motricità e della pianificazione motoria. - Autoconcentrato: I pattern comportamentali includono creatività e immaginazione, unite alla tendenza, da parte del bambino, a sintonizzarsi con sensazioni, pensieri ed emozioni proprie piuttosto che a prestare attenzione e a essere sintonizzato con le comunicazioni provenienti da altre persone. Possono apparire assorti e interessati agli oggetti attraverso una esplorazione condotta in modo solitario piuttosto che in un contesto di interazione. Possono inoltre apparire disattenti, facilmente distratti, specialmente quando non sono impegnati in un compito o in una interazione. I bambini più grandi tendono a rifugiarsi nella loro fantasia in presenza di problemi esterni. I pattern sensoriali e motori comprendono la tendenza verso una scarsa capacità di elaborazione verbale-uditiva associata alla capacità di produrre una vasta gamma di idee. TIPO III: DISORGANIZZATO SUL PIANO MOTORIO, IMPULSIVO I bambini che presentano questo pattern possiedono un basso controllo del comportamento, associato a un grande desiderio di input sensoriali. Alcuni bambini appaiono aggressivi e impavidi; altri semplicemente impulsivi e disorganizzati. I pattern comportamentali prevedono alti livelli di attività in cui i bambini cercano il contatto e la stimolazione attraverso una pressione continua. Il bambino appare privo di ogni timore. Non di rado, il tentativo di cercare il contatto con oggetti o con altre persone porta il bambino disorganizzato sul piano motorio a rompere degli oggetti, a invadere lo spazio fisico degli altri, a urtare inavvertitamente le persone. Il comportamento che parte da una scarsa pianificazione e organizzazione motoria può essere interpretato dagli altri come aggressività piuttosto che come eccitabilità. I bambini più grandi mostrano spesso comportamenti di eccitazione, comportamenti aggressivi e intrusivi e uno stile di gioco spericolato e rischioso. Se il bambino diventa ansioso o insicuro di sé, può mettere in atto comportamenti controfobici, per esempio colpendo prima di essere colpito. I pattern sensoriali e motori sono caratterizzati da iporeattività sensoriale (al tatto, al suono), desiderio intenso di input sensoriali e di scariche motorie. A causa della sua iporeattività il bambino può ascoltare fugacemente, prestare poca attenzione e tuttavia desiderare di ascoltare suoni forti e musica ad alto volume. Il desiderio intenso di stimolazione spesso lo porta ad avere un comportamento distruttivo. Questi bambini, inoltre, possono presentare disturbi nell’elaborazione delle informazioni sia uditive sia visuospaziali, ma possono anche manifestare, relativamente a queste aree, capacità adeguate alla loro età.. TIPO IV: ALTRO I bambini che appartengono a questa categoria presentano difficoltà di elaborazione dell’informazione sensoriale o nella coordinazione motoria, ma presentano pattern comportamentali diversi da quelli previsti da ciascuno dei tre sottotipi. È importante ricordare che per formulare una diagnosi di disturbo della regolazione non è sufficiente che il bambino presenti specifiche difficoltà nella sfera comportamentale. Infatti, associata a esse vi deve essere la presenza di una specifica difficoltà nell’elaborazione sensoriale e sensomotoria, in mancanza della quale si dovrebbe ipotizzare una diagnosi diversa. 5.2 Epidemiologia e decorso Si presume che le anomalie alla base dei disturbi di regolazione possano comportare una varietà di problemi comportamentali, come deficit di attenzione, comportamenti oppositivi e forme di isolamento sociale, nelle età successive. Per esempio, i cosiddetti bambini con “temperamento difficile”, che presentano problemi di regolazione del funzionamento sensomotorio, possono sviluppare difficoltà emozionali in età prescolare, o essere predisposti a sviluppare problemi comportamentali che includono aggressività, a mostrare depressione reattiva nella tarda adolescenza, e a mostrare disturbi dell’apprendimento. Pagina 20 - -disturbi del sonno e dell’alimentazione. Per essere qualificati come disturbi i sintomi nel bambino piccolo devono perdurare più di 2 settimane e interferire con il funzionamento in relazione al livello di sviluppo. DISTURBO D’ANSIA DA SEPARAZIONE Questo disturbo non viene trattato separatamente dagli altri disturbi d’ansia. È importante sottolineare che un grado NON eccessivo di ansia di separazione è una componente universale attesa nello sviluppo normale del bambino. Nel bambino fino a un anno di età l’angoscia di fronte all’estraneo in assenza della madre è riconosciuta una tappa importante del normale sviluppo sociale, come pure è considerata normale la reazione d’ansia in coincidenza del primo inserimento scolastico. Si considera possibile la diagnosi di disturbo d’ansia da separazione quando l’ansia è inappropriata rispetto all’età e incongrua rispetto ai tempi e ai modi in cui avviene la separazione dalla figura di maggiore attaccamento. (la durata dei sintomi deve essere maggiore di 4 sett. e l’esordio deve avvenire prima dei 18 anni). Epidemiologia (modalità insorgenza, diffusione-frequenza) Il disturbo d’ansia da separazione è più comune nei bambini piccoli che negli adolescenti e preadolescenti ed è parimenti distribuito tra maschi e femmine sulla popolazione generale.. Nell'infanzia è il disturbo d'ansia più frequente. Eziopatogenesi (cause, meccanismo d’azione) Alcuni autori considerano determinanti fattori psicosociali quali l'immaturità e lo scarso sviluppo che rendono il bambino dipendente dalla madre e quindi particolarmente soggetto all’ ansia di separazione. Aspetti temperamentali del bimbo, come una reattività generale alle emozioni, sono stati considerati fattori di rischio importanti. Esperienze precoci avverse come l'indifferenza genitoriale, l'abuso o la perdita precoce della madre predisporrebbero ai disturbi ansiosi soprattutto se altre circostanze avverse accompagno la perdita. L’ INIBIZIONE è considerata un fattore predisponente ai disturbi ansiosi. È stato ipotizzato che i bimbi inibiti abbiano una più bassa soglia all’aurosal limbico e che siano ad alto rischio x disturbi ansiosi, compresa l’ansia di separazione, soprattutto se hanno genitori ansiosi. I fattori genetici, nel determinare una vulnerabilità ai disturbi internalizzanti, accrescono la sensibilità ai fattori di stress ambientale. I fattori ambientali specifici di ogni individuo condizionerebbero le risposte individuali agli stress; l'interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali può dare origine al disturbo ansioso depressivo, soprattutto quando si crea una convergenza multifattoriale anche con fattori psicosociali e costituzionali. Il quadro caratteriale del bimbo con ansia di separazione è la condiscendenza verso l’adulto, l’ansia di piacere, il conformismo; i bimbi sembrano essere spesso viziati e oggetto di iperprotezione familiare. ➢Psicodinamica: l’origine dell’ansia, secondo la teoria psicoanalitica classica, deriva da “situazioni traumatiche precoci”, intese come situazioni di stimolo frustranti contro cui il bambino non riesce a opporsi e dalle quali viene sopraffatto. Con lo sviluppo dell’IO, di fronte alla minaccia di situazioni traumatiche il bambino è in grado di mobilitare in anticipo reazioni emotive appropriate a un trauma reale, che gli consentono di rinunciare ai suoi impulsi pericolosi ed evitare così la situazione traumatica. Quando il bambino può rappresentarsi la madre come fonte di soddisfazione delle sue necessità affettive oltre che fisiche, la presenza di lei diventa necessaria per evitare situazioni traumatiche. La sua ansia definita “ANSIA D’ALLARME” (freud) si trasforma in ansia di separazione e si verifica ogni volta in cui il bimbo non si sente rassicurato dalla presenza della madre. Successivamente il bimbo apprende che gli è necessaria non solo la presenza della madre, ma anche la sua benevolenza. In questo caso, l’ansia , inizia a manifestarsi come paura di perdere il suo affetto. Ancora più tardi si sviluppano le diverse forme d'ansia legate ai rapporti sociali e alla necessità di mantenere il giusto equilibrio con la parte di sé che si identifica con gli aspetti autoritari dei genitori (Super-io). Quest’ultima forma d'ansia connessa ai conflitti con i genitori interiorizzati, e quindi con la coscienza, prende la forma di senso di colpa. Dal punto di vista psicodinamico classico quindi, la difficoltà a separarsi dalla madre, quando assume le caratteristiche di disturbo, viene interpretata come angoscia di perdita legata a una eventuale esperienza traumatica precoce, accompagnata dall’angoscia di perdere l'amore materno, da paura di danni fisici, correlata ai propri impulsi aggressivi. Fattori psicobiologici Pagina 21 La disfunzione celebrale è attualmente considerata un fattore significativo nello sviluppo psicopatologico. Il sistema limbico è stato identificato come l’area specifica deputata al controllo affettivo dell’esperienza. Più recentemente, alcuni autori hanno focalizzato l’attenzione sul ruolo di una componente del sistema limbico, l’amigdala; poiché è centrale nel regolare la paura e poiché regola l’immagazzinamento della memoria emotiva a livello inconscio, ha un ruolo centrale nei disturbi d’ansia, come la fobia e l’attacco di panico. Diagnosi e quadro clinico La sintomatologia è diversa nelle diverse età. La caratteristica essenziale è l’ansia molto intensa che si scatena alla separazione dei genitori, dall’abitazione, ansia che assume le caratteristiche del terrore o del panico. Quando il bambino è piccolo prevalgono comportamenti di pianto disperato con componenti di panico, inseguimento delle figure di attaccamento, agitazione psicomotoria, inconsolabilità, sintomi somatici, come il vomito. I bambini con sufficiente capacità linguistica esprimono preoccupazioni morbose e rimuginamenti. Esprimono continuo timore che qualcuno dei familiari possa farsi male o che possano accadere cose terribili: paure che i genitori o essi stessi si ammalino, che abbiano incidenti, paure di essere rapiti, di perdersi e di non ritrovare più i genitori, paura che la madre invecchi e quindi muoia. Nei ragazzi più grandi ci può essere inibizione a esprimere direttamente le preoccupazione ansiosa sulla separazione dalle figure genitoriali, ma i comportamenti sono condizionati dalla preoccupazione ansiosa: hanno difficoltà ad uscire di casa, a impegnarsi in attività individuali esterne. I sintomi psicosomatici più frequentemente manifestati dai bambini piccoli sono vomito, nausea, mal di stomaco o dolori in varie parti del corpo. Nei bambini più grandi vengono lamentati sintomi cardiovascolari, vertigini, senso di svenimento e costrizione delle vie respiratorie. Diagnosi differenziale Il disturbo d’ansia di separazione va differenziato dal disturbo d’ansia normale che caratterizza fasi specifiche dello sviluppo. Tra i disturbi dell’infanzia, il disturbo d’ansia di separazione va differenziato da: 1. Disturbo d’ansia generalizzato: l’ansia non si focalizza sulla separazione 2. Disturbo multisistematico o dal disturbo generalizzato dello sviluppo dove l’angoscia non sia primitiva ma secondaria 3. Disturbi depressivi 4. Fobie specifiche 5. Fobia sociale Decorso e prognosi sono correlati all’età di esordio, alla durata dei sintomi e alla comorbidità con altri disturbi ansiosi, con disturbi depressivi, con disturbi dello sviluppo. L’insorgenza precoce, che non compromette troppo l’inserimento sociale, ha una migliore prognosi del disturbo a insorgenza tardiva, con rifiuto della scuola e altri contesti sociali. Terapia: Per il disturbo d’ansia da separazione è necessario un trattamento multimodale con supporto terapeutico sia del bambino che dei genitori. L’aiuto alla famiglia deve essere centrato sulla migliore comprensione delle angosce del bambino, del suo bisogno di supporto in tutte le situazioni scatenanti, sull’importanza di strategie mirate che rassicurino il bambino, ma gli consentano anche un graduale distacco. Il bambino può essere aiutato attraverso una psicoterapia che gli consenta di elaborare le proprie angosce in proporzione ai propri strumenti e di attivare procedure cognitive che gli permettano di maturare la capacità di autonomia. I farmaci antidepressivi a basso dosaggio sono a volte un valido supporto agli interventi psicoterapici. 6.4 DISTURBI DELL’UMORE Nella Classificazione Diagnostica: 0-3 vengono trattati la reazione a scomparsa o lutto prolungato e la depressione infantile. REAZIONE A SCOMPARSA o LUTTO PROLUNGATO Pagina 22 In caso di perdita di uno dei due genitori in età precoce viene dato per scontato che il bambino molto piccolo non abbia strumenti cognitivi e affettivi sufficienti ad affrontarla e quindi che la reazione spontanea alla perdita vada considerata comunque maladattiva. Le modalità di risposta alla perdita possono variare in base alle modalità e ai tempi con cui è avvenuta; una malattia prolungata antecedente al lutto può aver determinato nell’ambiente squilibri affettivi importanti con reazioni angosciose proprio nelle persone che dovrebbero supportare maggiormente il bambino. Al contrario, un evento può creare reazioni di shock che possono rendere le persone vicine al bambino meno sensibili al suo dolore, oppure si può generare una conflittualità tra genitore sopravvissuto e famiglia d'origine del defunto. La sequenza TIPICA della risposta all’assenza improvvisa è: iniziale reazione di protesta; manifestazione di disperazione di fronte al perdurare dell’assenza; congelamento affettivo che si esprime con il distacco. La sequenza SINTOMATOLOGICA descritta dalla Classificazione diagnostica0-3 prevede: 1. Bimbo piange, chiama e cerca genitore assente, rifiuta tentativi di chi cerca di consolarlo 2. Atteggiamento di ritiro emotivo con ipersonnia, espressione volto triste e mancanza di interesse x attività proprie dell’età 3. Disturbi del comportamento alimentare e del sonno 4. Regressione grave con perdita di competenze fondamentali in precedenza acquisite (perdita controllo sfinteri o linguaggio infantile) 5. Restringimento della gamma degli affetti 6. Comparsa di distacco con apparente perdita dei ricordi del genitore perduto 7. Ipersensibilità a ogni ricordo del genitore con segni di sofferenza acuta È consigliabile un attento monitoraggio della situazione emotiva del bambino e un intervento teso ad attivare le risorse ambientali perché al bambino sia assicurata tempestivamente la presenza di una figura di supporto valida. DEPRESSIONE INFANTILE La depressione può essere un segno, un sintomo, una sindrome o un disturbo. In quanto segno di una forma di sentimento o di umore triste è uno degli stati emozionali maggiormente sperimentati dall’uomo a partire dalla prima infanzia. Quando la depressione diventa un sintomo è più duratura e interferisce con il funzionamento dell'individuo; se il termine si riferisce a una sindrome o a un disturbo, comprende non solo la presenza duratura di umore triste ma anche di altri sintomi come la perdita di piacere e interesse per la vita quotidiana, l'aumento o la riduzione dell’appetito, l’affaticabilità, la disistima. La depressione può essere anche un segnale per il mondo esterno o una strategia difensiva di ritiro atta al risparmio di energia nelle situazioni di grave pericolo o stress. Le difficoltà diagnostica attuali per la depressione infantile nascono proprio dalle incongruenze degli strumenti a disposizione in rapporto alla variabilità del disturbo nelle diverse fasce di età poiché i criteri diagnostici utilizzati sono uguali a quelli per adulto; gli strumenti diagnostici standardizzati finora formulati sono tutti applicabili dall’età prescolare in avanti. Sottotipi clinici I disturbi dell’umore si dividono in: • Disturbi depressivi: che a loro volta si suddividono in: DEPRESSIONE MAGGIORE: si manifesta con episodi isolati o ricorrenti di depressione di almeno 2 sett. e altri sintomi associati, senza elevazione del tono dell’umore, euforia o mania DISTIMIA: nella distima il tono dell’umore è cronicamente depresso con gli altri sintomi associati, ma la gravità è minore rispetto alla depressione maggiore e la durata è di max 2 anni x adulti e 1 anno per adolescenti e bimbi Pagina 25 un'area intermedia di esperienza tra la realtà esterna e la realtà interna, cioè uno spazio potenziale che si sviluppa nella relazione fisica e mentale tra il caregiver e il bimbo. Anche gli stati d’ansia del bimbo di due anni, che provocano spesso incubi notturni, possono essere segnali normali dei processi di maturazione mentale e dell’immaginazione creativa. È quindi molto importante capire che nuovi stadi di consapevolezza di sé e della relazione con gli altri significativi e una maggiore sensibilità verso gli stimoli interni e ambientali possono provocare stati d'ansia e rendere difficile il sonno del bambino come conseguenza di un normale processo maturativo. Alcuni genitori possono avere difficoltà a comprendere le vere ragioni di questi periodi transitori di problemi del sonno nel loro bambino; ad esempio, un genitore, al minimo accenno di diario del bambino, sia di giorno che di notte, può fornirli immediatamente il seno o il biberon ritenendo che la nutrizione lo calmerà. Il caregiver deve essere aiutato a tranquillizzare il bambino tramite altri tipi di interazioni che consolidano le relazioni e promuovono il senso del Sè e dell’autoregolazione nel bambino. La mancanza di una responsività contingente tra bambino e caregiver, in particolare nel momento dell'andare a letto o nell’interazione durante i risvegli notturni, è risultata associata ai disturbi infantili del sonno. - aspetti evolutivi Il ritmo sonno-veglia nel neonato è il frutto di un processo di maturazione che ha inizio nel periodo gestazionale ed evolve assumendo caratteristiche neurofisiologiche sempre più simili a quelle osservabili nell'adulto. Ricerche sul sonno adulto sono state svolte registrando l’attività cerebrale tramite l’elettroencefalogramma (EEG) definendo così vari livelli di veglia e stati del sonno sulla base di frequenze in hz. 5 stadi del sonno: 1. È associato al rallentamento del battito cardiaco oltre che a una riduzione della tensione muscolare 2. In questa fase l’individuo non è in grado di rispondere agli stimoli ambientali, gli occhi ruotano lentamente, in modo non coordinato, sotto le palpebre chiuse 3. Nel terzo stadio i muscoli continuano a rilassarsi e il ritmo cardiaco, cosi come quello respiratorio, diminuiscono ulteriormente 4. Quando le onde ampie e lente diventano continue Quando un adulto si addormenta percorre tutti questi stadi in circa un’ora, poi si ritorna brevemente fino allo stadio 2; poco dopo compare il SONNO PARADOSSALE: Questa fase del sonno viene cosi denominata perché a uno stato della muscolatura profondamente rilassato, che impedisce ogni capacità di risposta, si contrappone un’attività cerebrale apparentemente vigile, così come un aumento della velocità dei ritmi cardiaci e respiratori. In questo periodo sono presenti rapidi movimenti coniugati degli occhi, da cui deriva la denominazione FASE REM che dura circa 20 min. e dove si manifestano in prevalenza i sogni. Ricerche mostrano come i tracciati EEG del bimbo non possono essere assimilati o classificati come quelli dell’adulto, fino ai 5/6 anni. per questo nei bimbi si ricorre alla suddivisione del sonno in: sonno quieto, sonno attivo e sonno di transizione. Il sonno quieto è caratterizzato da un tracciato EEG sincrono, da ritmi cardiorespiratori regolati in assenza di movimenti oculari e di movimenti del corpo, mentre il sonno attivo è caratterizzato da un aumento del ritmo cardiorespiratorio, movimenti oculari e da sussulti, smorfie e sorrisi. Le fasi del sonno attivo possono accompagnarsi a vari comportamenti ed essere presenti nella sonnolenza, durante l'allattamento e quando il bambino piange o è eccitato. I bambini dormono inoltre molto più a lungo degli adulti. I bambini nati a termine dormono in media 16 ore al giorno; a sei mesi la quantità di sonno diminuisce a circa 15 ore per ridursi ulteriormente nel primo anno di vita e stabilizzarsi intorno alle 13 ore al giorno verso i 2 anni. Contemporaneamente il sonno notturno aumenta dalle 8 ore alla nascita fino alle 11 ora nel corso del primo anno di vita. Occorrono parecchie settimane perché i bambini costituiscano un ciclo vero e proprio di sonno veglia. Le caratteristiche del sonno infantile sono probabilmente da attribuire alla relativa immaturità del sistema nervoso infantile; tale acquisizione di sviluppo, intorno ai 9 mesi, gli consente non solo di apprendere il ciclo giorno notte, ma anche di scandire i tempi per i pasti o per altri tipi di interazione sociale. - prevalenza Pagina 26 I problemi del sonno nei bambini possono essere definiti come difficoltà nell'iniziare il sonno, come problemi di continuità del sonno oppure come problemi misti d'inizio e di continuità; i bambini possono anche manifestare una eccessiva sonnolenza oppure disfunzioni legate ad alcuni stadi del sonno e del risveglio o difficoltà a sviluppare ritmi di sonno-veglia regolari e prevedibili Gli studi hanno messo in luce che molti fattori fisici e ambientali comuni nell'infanzia (coliche, dentizione, febbre, rumori, viaggi) possono influenzare l'andamento del sonno. Risulta difficile dare una stima precisa dei disturbi del sonno nei primi anni di vita, in quanto non solo compaiono in una fase evolutiva densa di importanti cambiamenti, ma anche perché gli stessi problemi del sonno vengono rilevati dai genitori i quali, a loro volta, possono soggettivamente variare nella tolleranza ai risvegli notturni, ovvero alle difficoltà di addormentamento del figlio. La International classification of sleep disorders definisce tre maggiori categorie di disturbi del sonno: dissonie, parasonnie, disturbi del sonno. Il risveglio notturno Nei primi mesi i risvegli notturni sono molto frequenti perché il bambino si sveglia durante il giorno e la notte per le poppate. In tempo recenti, alcuni studi oggettivi hanno evidenziato che i risvegli notturni sono più frequenti di quanto riferiscono i genitori. Inoltre, i risvegli notturni del bambino sono stati divisi in “problematici” e “non problematici” a seconda della capacità del bambino di riaddormetarsi o meno dopo u n risveglio. L’avvio del sonno Nella prima infanzia esistono due problemi nell’avvio del sonno: quello di andare a letto e quello dell’addormentamento. Il bambino con difficoltà nell'iniziare il sonno sembra che “non voglia dormire” e protesta o piange. In altre situazioni il bambino rifiuta di andare a letto se non dopo aver messo in atto alcuni comportamenti ritualizzati. Il bambino più piccolo spesso si addormenta tra le braccia del genitore e l’essere alimentato, cullato e tenuto in braccio sono associati al prendere sonno, sebbene i neonati possano addormentarsi da soli e non necessitino di questi interventi di aiuto. Alcuni bambini iniziano a presentare problemi del sonno proprio quando tali modalità abituali con il caregiver cambiano attorno ai 9 mesi di età. Il momento di andare a dormire può suscitare la preoccupazione di separarsi dal genitore, in quanto l'ansia di separazione diventa intensa in questa fase evolutiva. Le difficoltà di addormentamento spesso si ripetono quando il bambino non riesce a riprendere sonno dopo i risvegli notturni, in occasione dei quali cerca nei caregiver le stesse attenzioni e gli stessi pattern di conforto richiesti all’inizio della notte. Nei bambini più grandi l'ansia di separazione che emerge nel momento del sonno può manifestarsi con paure specifiche e in questi casi può essere utile l'accensione di una lampada durante la notte oltre che la rassicurazione dei genitori. Anche il genitore stesso può provare sentimenti di ansia da separazione. Alcuni stili di accudimento genitoriali, come ad esempio cullare il bambino fino a farlo addormentare tra le braccia del genitore o lasciare che si addormenti in luoghi diversi dal proprio letto, rappresentano modalità che, se abituali, non agevolano lo sviluppo dei meccanismi autoregolativi del bambino. Alcune pratiche di caregiving regolari e prevedibili come ad es. il racconto di una fiaba prima di andare a dormire, possono aiutare invece il bambino ad associare la transizione dalla veglia al sonno a pratiche ricorrenti. Al contrario la mancanza di routine preparatorie, oppure l'utilizzo del letto del bambino come luogo di punizione o un orario inadeguato per il sonno possono rendere difficile l’addormentamento e creare problemi del sonno. Le parassonie Sono dei disturbi del sonno, in cui si verificano comportamenti che implicano l’attivazione motoria e interferiscono con il sonno. Tra le più comuni troviamo - il terrore notturno —>il bambino solitamente si “sveglia” nelle prime ore del sonno e si mostra terrorizzato e agitato. I tentativi del caregiver di calmarlo conducono ad una paura più intesa perché il bambino sta agendo inconsapevolmente. I bambini superano questo problema con l’avanzare dell’età. - Gli incubi —> associati a sogni dal contenuto pauroso e angosciante, emergono nelle ultime ore della notte. Di solito terminano con un risveglio associato a rapido ritorno della vigilanza piena e ad un senso di paura e ansietà. Questi fattori comportano spesso la difficoltà di ritornare a dormire Tra i comportamenti che preoccupano i genitori vi sono attività ritmiche ripetitive che il bambino mette in atto al momento di andare a letto, ad esempio autocullarsi o battere la testa. Queste attività però possono rappresentare una strategia difensiva con cui il bambino controlla l’ansia suscitata dall’addormentamento. - Sonnambulismo —> stato di coscienza alterata in cui si presentano, allo stesso tempo, fenomeni caratteristici del sonno e della veglia. Durante il sonnambulismo il bambino si alza dal letto e cammina mostrando bassa Pagina 27 consapevolezza e abilità motoria. I sonnambuli sono esposti al rischio di incidenti poiché i loro movimenti sono poco coordinati e la loro direzione è priva di scopo. Al risveglio, di solito il soggetto non ricorda nulla. Le sindromi di apnea nottuna Rappresentano il disturbo infantile, su base organica, più comune che si manifesta con un arresto della respirazione quando il bambino sta dormendo. La respirazione viene controllata nell’uomo da 2 distinti meccanismi regolati dal sistema nervoso centrale. Un meccanismo corticale volontario funziona durante lo stato di veglia e controlla la respirazione quando l’individuo parla; durante la notte invece, è attivo un meccanismo involontario che mantiene la saturazione dell’ossigeno. Se, nel corso del sonno, questo sistema neurofisiologico non riesce a funzionare, la pressione parziale dell'ossigeno nel sangue e nel cervello si riduce a causa del mancato ingresso di aria nei polmoni. L’ipoventilazione sveglia il soggetto che ritorna al controllo volontario della respirazione. Una volta che l’episodio di apnea si è concluso con un risveglio, il soggetto può tornare a dormire. Oltre alla sindrome apnoica centrale, esiste anche la sindrome apnoica ostruttiva del sonno, le cui cause sono un’ostruzione meccanica delle vie respiratorie superiori. Solo il risveglio permette il rapido ripristino della respirazione. Se il fattore determinante è l'ostruzione, l'apnea può essere associata al russare o alla respirazione a bocca aperta. - classificazione e valutazione diagnostica La classificazione diagnostica 0-3 nell’asse I, prevista per la diagnosi primaria, presenta numerose possibilità di classificare i problemi del sonno infantili, sia come entità diagnostica primaria sia come sintomo di altri disturbi dell'asse 1 quali: il disturbo post traumatico da stress, il disturbo di adattamento e, i disturbi della regolazione, d'ansia o dell'umore. Sono previsti inoltre l’asse 2, relativo alla classificazione del disturbo della relazione che permette di classificare le caratteristiche e la qualità della relazione bambino-caregiver e l’asse 4 che focalizza numerosi agenti psicosociali stressanti che possono avere un impatto sul bambino. L’Asse III infine, considera disturbi e condizioni fisiche relativi ai vari stadi di sviluppo emotivo nella prima infanzia. Recentemente, alcuni studiosi, hanno mostrato che nel bambino piccolo non è sempre possibile distinguere un disturbo primario del sonno. Nei primi tre anni di vita, lo sviluppo di pattern regolari e stabili del ciclo sonno-veglia si organizza attraverso il sistema dinamico di mutua regolazione bambino-caregiver e i disturbi del sonno che insorgono precocemente si associano a un disturbo della regolazione. Minde, sottolinea che, la maggior parte dei bambini con problemi del sonno, nella fascia d’età da 0 a 3 anni, presentano disturbi del sonno in associazione a un disturbo della regolazione e a pattern disfunzionali della relazione bambino-caregiver. Un problema del sonno nel bambino può variare nell’intensità e nella frequenza ed è possibile distinguere: - La turba evolutiva transitoria: breve durata - Perturbazione: durata da uno a tre mesi - Disturbo: lunga durata e possono avere un carattere pervasivo tanto da coinvolgere altre aree di sviluppo - aspetti psicodinamici ed eziopatogenetici È stato proposto un modello transazionale dello sviluppo per spiegare le cause della comparsa e persistenza dei disturbi del sonno nella prima infanzia in base a cui si ipotizza che la regolazione sonno-veglia sia mediata dall’interdipendenza tra il contesto intrinseco del bambino e quello estrinseco. Nei primi mesi di vita, gli stati di nutrizione o disagio fisico del bambino possono influenzare i pattern del sonno e difficoltà precoci sono state individuate in presenza di allergie alimentari. Poiché il bambino piccolo dipende dal caregiver, si dovrebbe sempre valutare se i problemi del sonno nell’infanzia derivino da un’inadeguata regolazione reciproca tra bambino e caregiver. Inoltre alcune caratteristiche del temperamento infantile quali ritmicità, regolazioni di stato, attività, arousal, irritabilità, capacità di calmarsi da solo, sono risultati correlati a differenze individuali nei pattern del sonno dei bambini. Tuttavia il temperamento del bambino anche quando è un temperamento difficile non può essere considerato come l'unica variabile nel determinare difficoltà della regolazione dell'organizzazione temporale del sonno. Altre ricerche, si sono focalizzate sul legame di attaccamento come costrutto relazionale più intimamente connesso alle caratteristiche individuali del bambino, del caregiver e della loro relazione. La presenza di difficoltà ad affrontare e gestire la separazione si sono dimostrati rilevanti per spiegare la comparsa e persistenza di un disturbo della regolazione sonno-veglia. In particolare, Moore ha condotto una ricerca che ha permesso di ipotizzare una relazione tra l’attaccamento insicuro e i disturbi del sonno. Infatti, il bambino che ha assunto un ruolo genitoriale è particolarmente vulnerabile al “pericolo ambientale” poiché si percepisce responsabile della propria sopravvivenza e di quella del caregiver. Pagina 30 3. il modello instabile/evitante-tipo U/A Questo modello si caratterizza per una diminuzione sostanziale del comportamento di evitamento tra il primo e il secondo episodio di riunione della Strange situation. Nella secondo riunione il comportamento di evitamento è minimo o non presente. Questo modello può essere valutato solo al livello di comportamenti interattivi. Alcuni bambini con attaccamento U/A, adottano la strategia di evitamento per far fronte all'angoscia che il primo episodio di separazione e di riunione ha scatenato il loro, ma in seguito si comportano come se associassero il loro comportamento di evitamento con l'allontanamento improvviso del genitore. Essi rinunciano quindi alla strategia di evitamento e ricercano il contatto con il caregiver durante il secondo episodio di riunione, esprimendo angoscia e mettendo in atto comportamenti di resistenza. CLASSIFICAZIONE DIAGNOSTICA Si può ritenere che nei bambini i problemi relativi all'attaccamento diventino dei disturbi psichiatrici quando le emozioni e i comportamenti manifestati nelle relazioni di attaccamento sono così disturbati da indicare o da aumentare considerevolmente il rischio di angoscia persistente per il bambino o una menomazione del suo funzionamento. I quadri clinici descritti nei diversi manuali (DSM-IV e ICD-10) si riferiscono alla presenza di un disturbo persistente nella vita relazionale del bambino con inizio prima dei 5 anni, riscontrabile in diverse situazioni sociali e distinto dai disturbi generalizzati dello sviluppo. In tutte le descrizioni viene inclusa la presenza di un accudimento patologico, nella forma di una marcata trascuratezza o di un maltrattamento oppure nella forma di ripetuti cambiamenti nella figura di accudimento. Tutte le classificazioni sottolineano comunque la necessità di differenziare i disturbi dell'attaccamento dalle sindromi da maltrattamento sottolineando come un accudimento patologico non comporti sempre un disturbo dell'attaccamento. Il decorso del disturbo sembra variare in funzione dei fattori individuali del bambino e di chi se ne prende cura, della gravità e della durata della deprivazione che hanno determinato il quadro clinico e della natura del cambiamento dell'ambiente di accudimento. CRITICHE ALLA NOSOLOGIA CORRENTE E PROPOSTA DI CRITERI ALTERNATIVI Sono stati proposti dei criteri alternativi per i disturbi dell'attaccamento divisi in tre categorie: i disturbi da assenza di attaccamento, le distorsioni della base sicura in cui il bambino ha relazioni di attaccamento patologiche con un particolare caregiver, e i disturbi dell'attaccamento interrotto in cui il bambino reagisce alla perdita di una relazione di attaccamento. Uno dei cambiamenti più importanti di questa classificazione è la considerazione dei disturbi in senso dimensionale invece che categoriale con la distinzione di almeno due livelli, uno più mercato e uno più lieve. Il disturbo viene considerato come relazionale e non inerente solo all'individuo poiché un bambino può esprimere i suoi sintomi solo nel contesto della relazione primaria. I disturbi da assenza di attaccamento vengono suddivisi in due tipi: • Assenza di attaccamento con ritiro emozionale, in cui il bambino è emotivamente ritirato e inibito e comportamenti come la ricerca di conforto, di aiuto, cooperazione ed esplorazione sono inibiti. Questo quadro clinico è stato spesso descritto in bambini trascurati. • Assenza di attaccamento con socievolezza indiscriminata, in cui il bambino cerca conforto e interazione sociale con persone estranee senza la discriminazione e la reticenza appropriate dal punto di vista evolutivo a bambini tra i 2 e i 4 anni. Questo quadro clinico è stato osservato in contesti in cui il bambino aveva sperimentato numerosi affidamenti. I disturbi della base sicura si differenziano dai primi perché il bambino mostra di avere una figura di attaccamento preferenziale, ma la relazione con essa è gravemente disturbata. Questi disturbi considerano specificamente la dimensione relazionale che si è instaurata tra il bambino e un particolare caregiver piuttosto che le caratteristiche del modo di interagire del bambino da un punto di vista sociale. Vengono distinti i seguenti quattro quadri: • Disturbo dell'attaccamento con comportamenti che mettono in pericolo il bambino: l’esplorazione non è controbilanciata dalla ricerca di vicinanza della figura di attaccamento. Il bambino può mostrare comportamenti pericolosi in presenza del caregiver o comportamenti aggressivi diretti verso se stesso o la figura di attaccamento. • Disturbo dell'attaccamento con esplorazione inibita ed eccessivo aggrapparsi: la funzione di base sicura del caregiver non è in grado di permettere al bambino un'esplorazione adeguata all'età. L’inibizione non è generalizzata, ma si manifesta in presenza della figura di attaccamento in contesti fisici e relazionali non familiari. E’ un quadro piuttosto raro • Disturbo dell'attaccamento con vigilanza o compiacenza eccessive: il bambino è estremamente vigile ed eccessivamente compiacente nei confronti della figura di attaccamento come se fosse spaventato dal caregiver o Pagina 31 avesse paura di dispiacerlo. Può rappresentare il tentativo del bambino di proteggersi da un ambiente di accudimento abusante - Disturbo dell'attaccamento con inversione di ruolo: il bambino mostra una eccessiva preoccupazione per il benessere emotivo del caregiver per cui è osservabile un'inversione di ruolo nella funzione dell'attaccamento. Infine nel disturbo da attaccamento interrotto il bambino reagisce alla perdita improvvisa della figura di attaccamento con comportamenti di protesta, disperazione e distacco. CAP 13. DISTURBI PSICOSOMATICI Con il termine DISTURBO PSICOSOMATICO ci riferiamo a malattie fisiche nella cui determinazione o evoluzione intervengono fattori psichici o conflittuali. Importante è non confondere i disturbi psicosomatici veri e propri con altri riguardanti le conseguenze psichiche di malattie somatiche. Per quanto riguarda i disturbi psicosomatici infantili si deve tenere presente che per un bambino piccolo, il corpo rappresenta un mezzo d’espressione privilegiato. Le manifestazioni somatiche del neonato sono connesse con i suoi processi di maturazione e sviluppo e lo studio dei disturbi psicosomatici ci permette di esplorare la nascita e lo sviluppo della mente infantile. Gaddini, ribadendo l’esistenza di un continuum funzionale corpo-mente, sottolinea come lo sviluppo della mente sia un processo graduale che muove il corpo alla mente. Afferma inoltre, che tutte le sindromi psicofisiche che compaiono nei primi 18 mesi o poco più, si riferiscono a un alterato funzionamento mentale relativo a esperienze di separatezza e distacco con il caregiver. Di fatto la relazione che il bambino instaura con la figura primaria d’accudimento è oggetto di riflessione da parte di una molteplicità di studiosi. Winnicott afferma che il neonato alla nascita si trova a vivere in uno stato primario non integrato; la figura materna ha il compito di aiutare il bambino a costruire un’adeguata integrazione psicosomatica, attraverso cui viene acquisita la ‘capacità della psiche di abitare nel soma’. Secondo Stern, la relazione madre-bambino costituisce un complesso interattivo, in cui la figura materna funge da regolatore sia del funzionamento fisiologico sia affettivo del bambino, favorendo una differenziazione delle sue esperienze e lo sviluppo di un senso di Sé. Una sintonizzazione affettiva difettosa madre-bambino può portare a disturbi psicosomatici di varia entità che testimoniano il livello precoce di frustrazione nell’area del riconoscimento dei bisogni e degli affetti. Per cui il dolore emotivo può manifestarsi come dolore del corpo. Per Kreisler, Fain e Soulé perché non si determini nel bimbo una disorganizzazione di tipo psicosomatico, è necessario che la relazione genitore-bambino presenti 3 qualità essenziali: - ricchezza di scambi affettivi - flessibilità negli adattamenti reciproci - stabilità della relazione Secondo uno studio italiano, la più alta frequenza di questi disturbi si ha intorno ai due anni e si mantiene elevata nel corso del terzo e quarto anno di vita. Il secondo anno è quindi un momento critico, in cui i processi relativi all’attaccamento e alla costruzione del sé non sono riusciti a dispiegarsi secondo i normali percorsi evolutivi. Ogni perturbazione o disturbo psicopatologico va ad implicare un coinvolgimento di componenti sia psichiche che somatiche. I disturbi psicosomatici infantili riguardano: - la sfera digestiva: coliche, mericismo, vomito - la sfera respiratoria: asma, laringospasmo - la sfera cutanea: eczema e alopecia ➔ disturbi della sfera digestiva 1. coliche dei primi tre mesi Le coliche dei primi 3 mesi del neonato sono state a lungo trascurate dalla medicina probabilmente per il fatto che sono benigne e la loro risoluzione è spontanea nel primo trimestre di vita. Pagina 32 Dobbiamo a Spock la denominazione ‘coliche del terzo mese’ mentre a Spitz la spiegazione psicologica della sindrome. Caratteristiche cliniche: il disturbo si manifesta abitualmente in età molto precoce, di solito dopo un intervallo di 10-20 giorni dalla nascita. La prima parte della giornata è solitamente calma, la crisi si manifesta alla fine del pomeriggio o della sera, protraendosi a volte anche per una parte della notte. Le coliche si scatenano spesso dopo il pasto, quando il bambino ha iniziato da poco la digestione e si è assopito. Il bambino inizia ad agitarsi e a urlare per ore in modo ostinato. La crisi è accompagnata da una mimica e da un’agitazione che evocano una fame imperiosa o una sofferenza digestiva. Al culmine della crisi i mezzi per calmare il bambino risultano inefficaci. Esistono due mezzi di sedazione che producono effetti, seppur transitorio: la suzione e dondolamento. Il ripetersi quotidiano della situazione, conduce la madre e le altre persone dell'ambiente circostante a tentare di risolvere il problema con vari mezzi ad esempio moltiplicare i pasti del bambino. La diagnosi di coliche dei primi tre mesi deve essere formulata quando sia stato possibile escludere con certezza la presenza di una causa organica, come la sindrome da ostruzione intestinale. Comprensione psicodinamica: l’interpretazione psicosomatica ha posto l’accento sul clima di tensione che circonda il bambino. In particolare, le prime spiegazioni psicologiche della sindrome hanno preso in considerazione il ruolo della figura materna. Spitz ha definito ‘sollecitudine ansiosa primaria’ la condotta di queste madri, tendente a calmare ogni manifestazione di tipo doloroso nel bambino, dandogli il seno o il biberon. Queste madri sono spesso descritte come esageratamente sollecite e iperprotettive. Esse prestano un’attenzione estrema a ciascuna reazione dei bambini, per cui un minimo gesto è fonte di preoccupazione e ansia. Possono inoltre svegliarsi la notte per controllare che il loro bambino stia bene e che respiri. Le coliche nascono dall’incontro tra queste caratteristiche materne e le caratteristiche del bambino presenti fin dalla nascita. Per quanto riguarda le caratteristiche dei bambini, essi si distinguono per la vivacità dello sguardo e la prontezza con la quale rispondono alle sollecitazioni esterne. Inoltre, le coliche dei primi tre mesi si osservano soprattutto nei casi in cui la gravidanza sia stata segnata da una forte angoscia tale per cui i neonati sono eccessivamente vigilanti e ricettivi agli stimoli esterni. Secondo Spitz, che riprende il concetto di Kreisler, il disturbo della colica nasce dall’incontro con madri caratterizzate da ipersollecitudine e di bambini predisposti ad avere qualche problema intenstinale. È un circolo vizioso. La madre, invece di agire come un regolatore, è colei che va a sovraccaricare l’ansia. Le coliche del terzo mese esprimono un disturbo precoce della relazione madre-bambino, che scompare quando il bambino comincia ad usare mezzi più mentalizzanti di regolazioni delle tensioni tra cui il succhiamento del pollice. 2. mericismo o ruminazione Compare agli inizi o durante il secondo semestre di vita del bambino. Colpisce più frequentemente i maschi ed è caratterizzato dal fatto che il bambino fa risalire alla bocca una piccola quantità degli alimenti già arrivati nello stomaco, dove il processo digestivo è in parte cominciato. Il comportamento del bambino durante la ruminazione appare molto particolare: egli sembra interamente assorbito dalla sua attività, con lo sguardo vuoto, completamente estraneo al mondo esterno. Può rimanere immobile, in uno stato di rilasciamento muscolare, rifiutando qualsiasi altra attività. Il disturbo compare quando il bambino è solo o si sente tale e si interrompe non appena sopraggiunge l’adulto. Per q u e s t o p u ò s f u g g i r e a l l ’ o s s e r v a z i o n e c l i n i c a p e r l u n g o t e m p o . L’esordio è spesso progressivo e talvolta si instaura dopo esperienze precedenti di vomito o rigurgito. Il disturbo può comparire come fenomeno isolato, altre volte si alterna ad altre manifestazioni quali la suzione del pollice o il dondolamento della testa. Nel bambino mericista non si osserva la comune risposta di angoscia di fronte all’estraneo. Comprensione psicodinamica: è considerato un disturbo secondario legato a una situazione di deprivazione affettiva. In letteratura le madri di questi bambini sono descritte come donne che allevano i propri figli all'interno di un quadro ossessivo e ritualizzato; a volte i bambini vengono lasciati soli per tutto il tempo, al di fuori dei periodi di alimentazione. Anche negli studi effettuati da Gaddini sulla ruminazione infantile, le madri vengono descritte come problematiche, con personalità immature e inadeguate, contrassegnate da angoscia e ambivalenza. Spitz ha definito il mericismo come ‘proto-regressione narcisistica autoerotica’: in cui il neonato, per l’assenza o la contraddittorietà delle Pagina 35 • vi è un’associazione tra fattori biologici e psicologici • importanza delle prime interazioni genitore-bambino; l’eczema è stato considerato l’espressione di una non soddisfacente relazione tra il bambino e la madre, che troverebbe espressione proprio nell’area cutanea —> l’eczema è considerato l’espressione di una non soddisfacente relazione tra il bambino e la madre • Bick afferma l’importante funzione della pelle per il bambino-> rappresenta un confine tra realtà esterna e interna, svolgendo una funzione di contenimento e coesione di parti di personalità infantili ancora fragili e primitive •Secondo Spitz le madri di questi bambini non amavano occuparsi di loro e tendevano a evitare di toccarli, privandoli dell’esperienza di contatti cutanei. Inoltre riscontrò in questi bambini l’assenza dell’angoscia dell’ottavo mese, indicando l’assenza di un rapporto privilegiato con la figura di attaccamento primario. •Secondo Kreisler e coll, i bambini che presentano eczema mostrano una grande fragilità emozionale, un’intolleranza marcata alle situazioni conflittuali e un’intensità di bisogni affettivi che li spingerebbe a ricercare continuamente una vicinanza con l’altro di tipo fusionale. 2. alopecia Si intende la perdita o l’assenza di peli, solitamente visibile solo sul cuoio capelluto, ma che può verificarsi in qualsiasi zona ricoperta di peli del corpo. Si distingue: • alopecia totale-> piuttosto rara, caratterizzata dalla caduta di tutti i capelli e di tutti i peli del corpo • alopecia areata-> caratterizzata da una o più chiazze prive di capelli; le chiazze sono circoscritte e delimitate e la cute non presenta infiammazione e squame Comprensione psicodinamica: • insorgenza legata ad una carenza affettiva precoce e continuativa, sia in caso di perdita delle figure significative d’attaccamento • questi bambini sono sottoposti a eventi stressanti (svezzamento traumatico, nascita di fratelli..) che avrebbero un ruolo importante nella patogenesi della malattia • l’alopecia si manifesterebbe quando gli affetti e le emozioni non possono esprimersi liberamente, determinando un accumulo di tensione che sarebbe all’origine di un disfunzionamento degli organi • Gelmetti e Nicoletti affermano che i soggetti con alopecia hanno un attaccamento molto forte e quasi ossessivo per i propri capelli, aspetto che rimanda al possibile significato simbolico della capigliatura e alle tematiche narcisistiche •le madri di questi bambini mostrano spesso sentimenti di colpa e di inferiorità per non essere state in grado di fornire le cure necessarie ai loro figli. 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