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Rinnovamento della Scuola e Pedagogia Attivistica: Le Scuole Nuove in Italia, Sintesi del corso di Pedagogia

Educazione PrimariaStoria della scuolapedagogiaEducazione secondaria

Il movimento delle scuole nuove in Italia, che si ispirava a un ideale di continuità tra scuola e famiglia, valorizzazione delle attività artistiche e visione del fanciullo come artista spontaneo. figure chiave come Giuseppe Lombardo Radice, Ernesto e Anna Maria Codignola, Carleton W. Washburne, Celestin Freinet e Adolph Ferriere, e descrive i loro metodi innovativi nell'educazione. Il testo mette in evidenza come l'introduzione di questi metodi richiedeva un completo cambiamento nei programmi, gli orari e l'organizzazione scolastica.

Cosa imparerai

  • Che figura chiave ha sostenuto il movimento delle scuole nuove a Firenze?
  • Che ideali ispiravano le scuole nuove in Italia?
  • Come Carleton W. Washburne ha influenzato l'educazione attraverso il sistema di libero raggruppamento degli alunni?
  • Come Celestin Freinet ha sviluppato un metodo basato sulla cooperazione e l'uso della stampa nella scuola?
  • Come Adolph Ferriere ha difeso i diritti del fanciullo e i suoi bisogni fondamentali nella scuola attiva?

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 18/01/2022

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Scarica Rinnovamento della Scuola e Pedagogia Attivistica: Le Scuole Nuove in Italia e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! III. IL NOVECENTO FINO AGLI ANI CINQUANTA. SCUOLE NUOVE E IDEOLOGIE DELL'EDUCAZIONE 2.rinnovamento della scuola e pedagogia attivistica Le scuole nuove in Italia Le “scuole nuove” (definite da Giuseppe Lombardo Radice come “scuola serena”) si ispiravano ad un'ideale di continuità tra la scuola e la famiglia, ad una valorizzazione delle attività artistiche e a una visione del fanciullo come artista spontaneo. | rappresentanti più illustri di questa scuola furono Maria Boschetti Alberti, Rosa Agazzi e Giuseppina Pizzigoni. Maria Boschetti Alberti (1884- 1951) in “i/ diario di Muzzano” (1939) e “Ia scuola di Agno” descrive la sua esperienza di insegnante elementare che prende gradualmente coscienza dell’insufficienza dell’insegnamento tradizionale e chiarisce i presupposti educativi. La sua scuola serena dipende principalmente dal ruolo che assume il maestro, dal suo impegno e dalla sua coscienza pedagogica. Per la Boschetti il lavoro scolastico si articola in: «accademia: che comprende letture scelte dai ragazzi e ha lo scopo di sviluppare il senso del bello in essi; -controllo: svolto dall’insegnante seguendo ogni giorno una diversa materia che gli alunni hanno portato avanti attraverso il lavoro individuale per due settimane; -lavoro libero: si svolge a gruppi, anch'essi liberi e sono le attività verso le quali i ragazzi si sentono attratti. La proposta educativa di questa pedagogista però è troppo legata all'iniziativa individuale dell’educatore per avere un significato più generale. (questo metodo considerato troppo intuitivo e poco scientifico). Rosa Agazzi (1866-1951) con la sorella Carolina Agazzi organizzò un metodo innovatore per la scuola infantile. Rosa Agazzi elaborò un metodo innovatore riguardo le scuole per l'infanzia, metodo che si basava sul principio della continuità tra asilo infantile e ambiente familiare. Quindi il ruolo dell’educatrice doveva essere quasi materno e il lavoro dei fanciulli doveva essere soprattutto libero e attivo ma anche svolgersi in un ambiente ordinato al quale dovevano contribuire anche i bambini. Importante anche la collaborazione fra fanciulli. L'aspetto più innovativo era che il materiale era costituito da ciò che i fanciulli raccoglievano o che portavano a scuola, veniva definito un insieme di “cianfrusaglie senza brevetto”. Fu poi istituito anche un “museo delle cianfrusaglie”. Gli aspetti fondamentali del metodo di Sara Agazzi (anti-montessoriano): l'ordine nasce qui dei ragazzi, come pure i materiali di studio sono spontaneamente raccolti e non predeterminati secondo criteri scientifici. Giuseppina Pizzigoni (1870-1947) fu la creatrice della «la Rinnovata» aperta a Milano nel 1911, con la quale cercò di rinnovare il metodo nella scuola tradizionale. È importante far entrare nella scuola l'esperienza diretta dei fanciulli e collegare la vita scolastica e quella sociale. Il suo metodo pose al centro anche il lavoro ed una intensa attività sociale. Sosteneva «io porto l'universo nella scuola e la scuola nell'universo». Un esperimento di scuola attiva molto significativo è rappresentato da «scuola- città Pestalozzi» sorta a Firenze nel 1945, per iniziativa di Ermesto e Anna Maria Codignola. La scuola-città ha l'obiettivo della formazione sociale dei ragazzi e si basa su un'organizzazione interna che rispecchia quella della comunità adulta (con sindaci, tribunali..) gestita direttamente dai ragazzi (comunità di lavoro dove tutti partecipano). Insegnamento scolastico è mosso direttamente dall'esperienza personale del fanciullo. All’interno della scuola ci sono biblioteche e laboratori e il metodo didattico è libero e non prefissato. L'esperimento di Codignola ebbe gran riscontro in Italia, specialmente fino agli anni 60. Un esperimento educativo sviluppatosi in Europa molto interessante fu quello dei «boy- scouts» sorto nel 1908, promosso da un ex colonnello dell'esercito inglese. Si ispira al colonialismo (da qui la scelta delle uniforme) ed è organizzato in forma quasi militare. | ragazzi vengono divisi per classi di età in una struttura che gli organizza in pattuglie guidate da un capo e riunite poi in gruppi. | ragazzi entrano nel gruppo attraverso una cerimonia dove leggeranno la promessa sottolineando i principi di lealtà, amicizia, amore del prossimo, pietà verso gli animali e l'autocontrollo sessuale. Nello «scoutismo» ci sono dei caratteri dell'attivismo, per esempio il legame con l'ambiente naturale, la valorizzazione della vita di gruppo e capacità manuali. | fattori che sono alla base del movimento (l'apparato coloniale, l'etica dello sforzo e della privazione) sono superati ma ricordiamo che questo movimento fu importante per risolvere il problema del tempo libero giovanile. I modelli più maturi: in Usa e in Europa Negli Stati Uniti l'esperimento attivistico più illustre fu quello promosso da Dewey a Chicago anche se accanto si delinearono altre iniziative molto significative. Più vicino a Dewey ci fu William H. Kilpatrick (1871-1954) che mise a punto un metodo delineato nell'opera il metodo dei progetti (1918). Il «progetto» è una attività intenzionale che ha un fine e si sviluppa in varie forme: da quella del produttore a quella del consumatore, da quella del problema a quella d’addestramento. In tutte queste forme di apprendimento c'è la presenza di una forte motivazione pratica ovvero il raggiungimento del fine. Se tale metodo viene introdotto nella scuola essa deve mutare completamente i suoi programmi, gli orari e l'organizzazione anche se manterrà centrale la sistemazione organica delle varie discipline. Helen Parkhurst (1887-1973) scrisse Dalton Plan e si ispirò alle posizioni della Montessori. Le idee fondamentali sono quelle dell’individualizzazione dell'insegnamento e della libera scelta del lavoro scolastico. Il programma viene organizzato in unità minime di studio e il fanciullo li può svolgere quando vuole e con i suoi ritmi. Il programma è libero e le aule sono assegnate non ad una classe ma un determinato insegnamento. Ogni allievo ha un compito mensile da svolgere liberamente e l'insegnante interverrà solo per consigliare. Il Dalton Plan appare caratterizzato da una viva sensibilità per i problemi dell'apprendimento individuale. Carleton W. Washburne (1889-1968) cercò nelle scuole di sviluppare un insegnamento secondo il sistema di un libero raggruppamento degli alunni. La scuola doveva essere un luogo dove i ragazzi sono liberi di creare, di vivere in società e di esprimersi. Il programma di questa scuola si divide in una parte comune che comprende conoscenze e tecniche di base e in una parte creativa e libera. Il materiale è concepito in modo da rendere possibile l'autocorrezione. Le attività creative della scuola sono quelle musicali e artistiche, il gioco, il laboratorio che il fanciullo può scegliere liberamente quale fare. Il lavoro creativo è importante perché sviluppa le attitudini del ragazzo e li permette di differenziarsi dall'altro. Washburne organizzò le scuole di Winnetka che si affermavano anche come un laboratorio di ricerca didattica non solo come un esperimento già compiuto e definitivo. Il movimento delle scuole nuove ha trovato una interpretazione più equilibrata in Cousinet e Freneit, due pedagogisti e educatori che si situano in una fase meno spontaneistica di questo movimento. Le loro proposte educative risultano quasi conclusive e mature dei motivi enunciati e difesi da tutto il movimento del rinnovamento scolastico. Rogger Cousinet (1882-1973) espose il proprio metodo didattico, rivolto a permettere ai ragazzi di agire e di istruire sè stessi sotto la sorveglianza di un'insegnante, in “un metodo di lavoro libero per gruppi” (1882-1973). Il lavoro scolastico deve avvenire in un ambiente che possa stimolare e soddisfare la curiosità infantile. L'apprendimento deve avvenire attraverso attività di gruppo libero per favorire i processi di socializzazione. Importante è anche il lavoro storico che deve legare il fanciullo alla storia della civiltà. Nella scuola si troveranno dei documenti preparati dal maestro, con cui i vari gruppi dovranno lavorare ma che non si trovano in ordine così da permettere un uso libero da parte del fanciullo. In “l'educazione nuova” (1950) ha messo in rilievo le ascendenze rousseauiane, individuali ed attivistiche che quelle sociali, ideologiche e libertarie dell'educazione nuova. In “/a vita sociale dei ragazzi” (1950) ha indagato sulla vita sociale dei ragazzi. originale il momento della richiesta di un'indagine scientifica con quello della liberazione del fanciullo e dell'uomo, elementi spesso in dissidio tra loro nell'ambito della pedagogia contemporanea. Alcuni autori come Lamberto Borghi (1907-2000), Aldo Visalberghi (1919-2007) e Giacomo Cives (1926- difesero i principi dell'attivismo, li innestarono nell'ambito della nostra tradizione pedagogica operando in essa un rinnovamento verso l'aspetto scientifico e sociale. Verso la fine degli anni 50 negli Stati Uniti e poi anche in Europa, l'educazione attiva venne accusata di essere responsabile della formazione insoddisfacente delle nuove generazioni e di aver condotto la scuola a dimenticare le sue finalità essenzialmente culturali. Queste critiche lasciavano in ombra i tratti positivi dell'attivismo come la valorizzazione della psicologia infantile come elemento fondamentale di ogni processo educativo. Dall'inizio degli anni 60 è iniziato il declino dell'attivismo sostituito da indirizzi di tipo cognitivo e tecnologico che si sono presentati come scientifici e spesso neutrali, però presentandosi in alcuni punti più deboli rispetto alle lezioni dei maestri dell'attivismo specialmente di quelli più ricchi e maturi, come Dewey. 3. nuove teorie pedagogiche: l’idealismo All'inizio del 900 il dibattito sul rinnovamento della scuola, come anche lo scontro ideologico sociale e la maturazione di prospettive culturali radicalmente innovatrici, producono una revisione profonda delle teorie pedagogiche e anche la formazione di nuove teorie. Specialmente tre modelli furono i più innovativi e influenti del XX sec. e sono il pensiero di Gentile, marxismo e il pensiero di Dewey. In Italia il secolo nasce con le critiche di Gentile a ogni tipo di pedagogia scientifica sottolineando l'identità soltanto filosofica della pedagogia poiché è “scienza dello spirito”. Così gentile diete vita a una pedagogia incentrata intorno all'identità spirituale del soggetto umano e una pedagogia restauratrice di un ordine educativo e scolastico che privilegia l'autorità e la tradizione. In Europa la voce forse più radicale e innovativa è quella del marxismo che è orientata in senso politico-sociale e propone un nuovo modello di educazione e di pedagogia fondata sul lavoro, emancipazione ed egualità. In America prende corpo il modello pedagogico più ricco e più durevole del secolo, quello di Dewey che sottolinea l'identità di laboratorio della scuola e la sua funzione civile e politica. Propone inoltre una pedagogia che ha una precisa direzione politica e cognitiva (formare la mente democratica attraverso un'assimilazione critica dei saperi che deve compiersi in stretto contatto con l'azione). Con Dewey, tutte le tematiche educative tradizionali e i problemi attuali della società vengono letti in modo innovativo e organico con grande equilibrio. Questo spiega l'autorità indiscussa che Dewey esercitò sulla pedagogia del ‘900. Il pensiero pedagogico di Gentile Giovanni Gentile (1875-1944) insegna a Napoli, a Palermo e a Roma. Si avvicinò al nazionalismo e al fascismo e fu poi Ministro della Pubblica Istruzione tra il ‘20 e il ‘24 varando così la Riforma della scuola del ‘23. Fu ucciso a Firenze dagli antifascisti per i suoi appelli in sostegno del fascismo della Repubblica di Salò. Alcune sue grandi opere sono sistema di logica (1917-1922) e filosofia dell'arte (1931) dove espose il suo pensiero filosofico. In sommario di pedagogia come scienza filosofica (1913) e la riforma dell'educazione (1920) espose invece il suo pensiero pedagogico. La pedagogia per Gentile è scienza solo se diviene filosofia, deve liberarsi da ogni dualismo e meccanicismo che fino ad ora sono stati centrali nell'educazione e l'oggetto specifico dell'educazione è il processo di svolgimento della vita spirituale. Per questo la vera pedagogia scientifica è quella che pensa l'educazione in termini di spirito, di sviluppo dialettico. In questo modo la vera scienza è solo la filosofia. Gentile si oppone a tutte le concezioni pedagogiche che non riconoscono adeguatamente la natura spirituale dell’uomo. Per queste correnti di pensiero la pedagogia è “tecnica”, una tecnica che risulta essere essenzialmente uno strumento operativo e non una vera conoscenza teoretica portando a una sostanziale degradazione della pedagogia da scienza ad arte. Il Positivismo (essendo una di queste correnti) può incappare nel darci una immagine astratta e rigida della vita spirituale e di presentarla in termini materialistici. Queste teorie pedagogiche sono di base naturalistica e si fermano su una visione meccanicistica dell’uomo. La “psicologia pedologica” ha questo carattere naturalistico e non può conoscere la spiritualità e la spontaneità della vita psichica. Tale psicologia elabora un modello di bambino “d'infanzia obbligata” che deve giocare, imitare, interessarsi ecc.. per forza e deve poi imparare tutto e quindi affaticarsi (“povero bambino condannato prima a giocare sempre e poi a piegarsi alla tortura della fatica”). Gentile si contrappone a questo ideale di fanciullo e vediamo esposto ciò in sommario di pedagogia come scienza filosofica. (concezione dello spirito come svolgimento e attività universale). Gentile espone i postulati della sua pedagogia filosofica attraverso un confronto con le posizioni che sono ad essa antagoniste delineando una precisa concezione della vita della scuola vista come il luogo specifico dove si compiono processi di formazione spirituale e una precisa concezione della didattica. L'obiettivo fondamentale del trattato è quello di rimuovere tutte le opposizioni che hanno caratterizzato fino ad oggi il pensiero pedagogico e che hanno reso irrisolvibili i suoi problemi, da quella tra educazione negativa e positiva, tra educazione formale e morale, tra istruzione ed educazione, tra educazione religiosa ed educazione scientifica. Per quanto riguarda la vita della scuola, che Gentile riduce al rapporto tra maestro e scolaro, l'obiettivo è di rimuovere ogni dualismo e di affermare l'unità della vita spirituale in svolgimento che si compia all'interno di ogni vero atto educativo. Maestro e scolaro si unificano nella concreta vita dello spirito, unità che si compie attraverso l'affermazione della centrali dell'insegnante della sua cultura e della sua autorità dovuta al grado più alto di sviluppo della spiritualità dà che egli come adulto ha raggiunto. Scuola teorizzata da Gentile è la scuola del maestro e della cultura non la scuola del fanciullo e dei suoi bisogni. La lezione che gentile teorizza come modello è molto vicina alla lezione tradizionale, lezione di cultura e lezioni dalla cattedra. Siamo lontani dalle posizioni della pedagogia progressiva contemporanea che elabora una concezione pedagogica e didattica caratterizzata dalla libertà non solo in senso astratto e filosofico. Gentile viene elaborando anche una concezione originale dell'infanzia che fissò negli studi del ‘22-‘23 presentati come preliminari allo studio del fanciullo. Distingue tre diversi tipi di fanciullo: il fanciullo eterno, che si incontra in qualunque età della vita; il fanciullo fantoccio, è costruito dalla psicologia dell'infanzia e appare come un fanciullo mitico; il fanciullo reale quello esistente in carne e ossa, creatura viva e bisognosa di cure e che deve essere libero argomento di studio di una filosofia dello spirito. Quest'ultimo è artista e sognatore, è rivolto verso il gioco ma che è anche un soggetto morale dotato di volontà e di autonomia, e spontaneità e sviluppo ma allo stesso tempo della dinamica dello sviluppo stesso. La teoria gentiliana dell'educazione scolastica in sostanza propone un recupero della scuola tradizionale legata alla centralità del maestro, ma è anche una teoria che oscilla tra spontaneismo e disciplina, tra maestro e fanciullo. Questa teoria si distanzia anche su un altro punto rispetto alla scuola italiana di quegli anni, ovvero sulla concezione della laicità. Gentile già dal 1907 affermava che ogni vera educazione esige un orientamento ideale, una concezione del mondo e poiché il fanciullo non può elevarsi alla concezione filosofica del mondo va iniziato ad una concezione religiosa di essa. La religione diventerà quasi una filosofia inferiore adatta ai fanciulli e alle masse. Questa concezione era opposta alla concezione pedagogica moderna della scuola anche italiana che affermava come centrale il principio della laicità dell'educazione. Sul terreno della didattica Gentile ritiene che il metodo di insegnamento non deve seguire delle norme ricavate dall'oggetto dell'insegnamento ma soltanto dal soggetto. L'insegnamento è una forma di comunicazione-creazione. La molla intensiva di ogni processo di apprendimento è la dialettica stessa della vita spirituale che si ritma secondo i tre momenti dell'arte, della religione e della filosofia. L'arte è vista come un elemento costitutivo della umana personalità ed è posta al centro degli insegnamenti, specialmente elementare, ciò si congiunge alla teoria del “fanciullo artista”. La religione pone davanti al processo dello spirito una legge, una verità che esso deve rispettare e alla quale deve adeguarsi. È il momento dell'eteronomia (conformità delle azioni morali a una norma, una legge esterna alla coscienza del soggetto) per passare alla sintesi filosofica che riconosce lo spirito come autonomia, come unità. Ogni atto di insegnamento deve strutturarsi secondo uno di questi tre principi e realizzare l'unità della vita spirituale nel suo complesso. Il pensiero pedagogico di Gentile influenzò molto la scuola italiana soprattutto attraverso la riforma scolastica del ‘23. Orientò la scuola italiana verso una difesa della superiorità della formazione umanistica e verso uno spiritualismo in gran parte retorico e astratto. Nella pedagogia gentiliana c'è un richiamo alla spontaneità del fanciullo e una valorizzazione dell'educazione artistica ma si veniva delineando con forza un orientamento autoritario e conservatore dell'educazione e della pedagogia stessa. Da una parte si riaffermava la centralità della figura del maestro e della lezione passiva e dall'altra parte si riduceva la pedagogia a filosofia, distaccandosi da tutte quelle scienze che erano state la base della pedagogia da più di un secolo. Con gentile siamo di fronte ad una pedagogia di tipo romantico. La pedagogia del neoidealismo italiano La pedagogia dell'attualismo, elaborata da Gentile, influenzò sia la scuola italiana sia la tradizione pedagogica nazionale, provocando un netto rifiuto della tradizione scientifica e laica. La pedagogia gentiliana influenzò pedagogisti e educatori poiché era capace di collegarsi al tradizionalismo. Tra il 1910 e il 1930 l’attualismo fu il baricentro della pedagogia italiana e combattè altre correnti pedagogiche come il socialismo e il tardo Positivismo. Poi alcuni tra i maggiori esponenti dell’attualismo pedagogico (=collaboratori di Gentile alla Riforma del ’23), come Lombardo Radice e Codignola, presero posizioni sempre più distanti da quelle gentiliane. Su un piano di evoluzione più radicale ricordiamo Spirito e Calogero che mettono in luce la problematicità dell'’atto” e il suo carattere etico. Calogero (“/a scuola dell’uomo” 1939) respinge addirittura l'aspetto essenziale dell’attualismo ovvero la riduzione della pedagogia alla filosofia. Vuole reintrodurre nel principio idealistico dell'educazione, il dualismo tra maestro e scolaro, quali soggetti morali che si unificano all'interno di un dialogo che li conduce l'uno verso l'altro. Calogero parla anche di un recupero della pedagogia come “tecnica” e della didattica come problema specifico, distinto dalla dialettica dello spirito. Mentre l’educazione religiosa viene ricondotta ad un piano esclusivamente etico. Su questo terreno di dissenso si posero anche Gino Ferretti (1880-1950) e Aldo Capitini (1899-1968). Ferretti si mosse, contro i postulati dell'attualismo pedagogico (ma rimase fedele ad alcuni aspetti come la concezione del fanciullo come artista e la valorizzazione della creatività), verso un recupero di precise istanze del Positivismo, quali l'autonomia e la necessità di uno studio psicologico dell'infanzia. Capitini invece ha rivendicato l'autonomia dell'esperienza religiosa oltre che il ruolo fondamentale che assume sul terreno pedagogico come: prospettiva di apertura, di dialogo io-tu-tutti e di formazione democratica. Giuseppe Lombardo Radice (1879-1938) nato a Catania, fu promotore di cultura pedagogica attraverso varie riviste, fu professore di pedagogia Catania e poi a Roma, fu collaboratore di Gentile nella Riforma del ‘23. Dopo il ‘24 il suo rapporto col fascismo si rompe e assumerà posizioni antifasciste. Tra le sue opere ricordiamo: lezioni di didattica (1912), lezioni di pedagogia generale (più teoriche e gentiliane) e saggi di propaganda politica e pedagogica. Il suo pensiero rimarrà legato su alcuni aspetti a quello di Gentile, per esempio per quanto riguarda la concezione dello spirito come svolgimento attivo e dinamico, pensato solo in termini filosofici e come un processo auto-educativo. Ma su alcuni aspetti si distacca dall’attualismo gentiliano, per esempio il rapporto tra io individuale e io universale viene risolto da Lombardo Radice con una maggiore attenzione ai diritti del me e quindi reintroducendo istanze psicologiche. Lo spirito diviene in Radice “vita di relazione” e per il soggetto umano esso diviene un compito, in quanto processo di attivo allargamento di sé. Sul piano politico Radice insiste più sui problemi sociali e sulla rivendicazione di un ruolo educatore dello Stato. Si parla di un “sottofondo socialista” in Radice e ciò lo rende sensibile interprete delle esigenze del popolo e delle istanze di una società tendenzialmente più egualitaria. Aspetto fondamentale della riflessione di Radice è la didattica. Parla di una “didattica viva” (insita nel processo educativo come coscienza dei mezzi che sviluppano al meglio tale processo e costruzione stessa di questi mezzi) e come un “critica didattica” che opera contro l'eccessiva specializzazione. La didattica di Radice si risolve in una ricerca continua e problematica. Alla base della sua didattica abbiamo alcuni aspetti: 1) la figura del maestro si deve aprire alla “collaborazione” col fanciullo, svestendosi della propria umanità particolare e collocandosi sul piano dell'universale; 2) lezione intesa come una ricca e complessa unità organica che si collega con tutti gli altri atti educativi; 3) infanzia intesa nozionismo e di disciplina autoritaria, estranea alla vita del fanciullo, sostenendo che è indispensabile la teoria dell'esperienza. Tale teoria vuol dire una organizzazione razionale progressiva dell'esperienza attuata attraverso il metodo scientifico che si caratterizza come indagine. | criteri-guida di tale teoria sono quelli dell'interazione e della continuità, che fanno sì che ogni processo di apprendimento si colleghi a tutta l'esperienza dell'educando. L'attivismo pedagogico teorizzato da Dewey mira a un profondo rinnovamento della didattica e dell'organizzazione della scuola. Al centro si trova il fanciullo con le sue iniziative legate ai suoi bisogni e ai suoi interessi che sono legati alla vita sociale e all'ambiente che lo circonda, essendo il fanciullo anche un individuo sociale. In questo processo di apprendimento spetta un nuovo ruolo anche al maestro: non è più una figura autoritaria che trasmette il sapere attraverso lezioni monotone e statiche ma è una guida e un animatore delle varie attività scolastiche. Dewey nel 1897 in “il mio credo pedagogico” scriveva che l'insegnante non è nella scuola per imporre idea al fanciullo ma, come membro della comunità, è lì per selezionare le influenze che agiranno su esso. In questa scuola, il centro del lavoro didattico è costituito dalle attività sociali espressive e costruttive, come cucinare, cucire ecc.. ci sarà poi l'introduzione, in maniera graduale, delle materie più formali del programma come le lingue e le scienze. Un ruolo fondamentale è ricoperto dalla facoltà immaginativa del fanciullo che coinvolge l'educazione artistica intesa come un processo di produzione del bello. La scuola progettata da Dewey ha caratteri democratici sia nell'ambito didattico sia a livello di organizzazione amministrativa (per esempio il corpo insegnante è chiamato a partecipare alla formazione dei metodi e dei materiali della scuola di cui è parte). Per Dewey, la democrazia deve operare a tutti i livelli non solo politico ma anche a livello della vita quotidiana ed è compito della scuola addestrare i giovani a questo tipo di comportamento. Un posto centrale è occupato dall'educazione cognitiva ovvero la formazione dell'intelligenza attraverso un curriculum di studi con base la scienza. Dewey mette in rilievo anche il carattere formativo del metodo scientifico in termini di indagine, un processo costante di organizzazione controllata e di revisione critica dell'esperienza. Attraverso la scienza il pensiero si allena ad affrontare i problemi e ad indagare secondo procedimenti verificabili e a progettare soluzioni. Questo allenamento, che avviene durante la formazione scolastica, deve estendersi fino al terreno delle scienze sociali. La scienza, per Dewey, contiene dei valori, come comunicazione e democrazia, che devono attraverso l'educazione, applicarsi a ogni campo dell’esperienza. Un altro fondamentale compito della scuola rinnovata è quello di elaborare nuovi valori capaci di incrementare comportamenti intelligenti e scambi comunicativi tra gli individui della stessa società all’interno dello sviluppo sociale. Il pensiero di Dewey si è reso interprete di una delle richieste più organiche di trasformazioni dell'educazione in relazione ai suoi nuovi compiti in una età che vede da una parte una crescita esplosiva della scienza e della tecnica, e dall'altro uno sviluppo senza precedenti dei mezzi di comunicazione. Questo progetto rivolto a collegare educazione e sviluppo sociale e intellettuale ha ricevuto comunque delle critiche: | tradizionalisti hanno accusato Dewey di svuotare il significato dei valori e di impoverire i processi formativi attraverso la valorizzazione delle attività manuali in maniera eccessiva; | progressisti più radicali ritengono sia utopico il ruolo assegnato all'educazione in campo sociale e politico. Nonostante ciò, Dewey resta forse il pedagogista più autorevole, più suggestivo di tutto il secolo poiché capace di pensare il problema educativo in tutta la sua ampiezza e complessit: 5. modelli di pedagogia marxista (1900-1945) Il marxismo ha elaborato un modello teorico e pratico di educazione. Il marxismo pedagogico del secolo scorso ha realizzato una trascrizione dei princìpi dottrinari fondamentali in relazione alle varie tradizioni nazionali e alle differenti fasi di crescita dei movimenti rivoluzionari a livello internazionale. Si è venuto a costruire comunque, un patrimonio comune diverso rispetto alle teorie borghesi dell'educazione con, però, delle proprie specificità teoriche e pratiche. Gli aspetti specifici della pedagogia marxista possono essere indicati in: -collegamento dialettico tra educazione e società: ogni ideale formativo e di pratica educativa risente di valori ideologici connessi alla struttura economico-politica della società; -legame stretto tra educazione politica; -centralità del lavoro nella formazione dell'uomo e il suo ruolo prioritario all'interno di una scuola con finalità socialiste; -il valore di una formazione integralmente umana di ogni uomo. Ciò si rifà alla teorizzazione marxiana dell'uomo emancipato da condizioni di subalternità e di alienazione; -opposizione a ogni forma di spontaneismo e di naturalismo ingenuo, mettendo l'accento invece sulla disciplina e sullo sforzo. Questi caratteri fondamentali si ritrovano anche nelle prime tappe del marxismo pedagogico del ‘900. Queste tappe possono essere individuate nella lezione della Il Internazionale (sciolta nella Prima Guerra Mondiale) e nelle posizioni di Lenin e dei pedagogisti della Russia sovietica che ispirano i vari marxismi dopo il ‘17 attraverso la III Internazionale. La pedagogia della Il Internazionale si allontanò dalle posizioni marxiste e assunse un atteggiamento prevalentemente riformista. Si rivendicava una educazione laica e ci si opponeva all'obbligatorietà dell'insegnamento religioso, e si appoggiava la militarizzazione delle scuole, specialmente in Germania. Alcune voci come quella di Clara Zetkin (1857- 1933) proposero delle innovazioni educative più radicali come la separazione della scuola dalla chiesa, fornitura di vitto, abiti e libri ai bambini poveri. Due figure molto rappresentative della cultura pedagogica della Il Internazionale furono Max Adler (1873-1937) in Austria e Rodolfo Mondolfo (1877-1976) in Italia. Max vuole saldare insieme socialismo ed etica kantiana. Nel 1924 nel volume Uomini nuovi. Pensieri sull’educazione socialista, affronta il problema educativo sostenendo che l'educazione socialista rappresenta solo la fase dove la razionalizzazione può essere preparata in profondità a partire dalle nuove generazioni poiché essa è un'educazione che sia immersa nella vita sociale. Collegava poi l'educazione alla politica attraverso la lotta di classe e si opponeva ad ogni neutralità dell'educazione e affermando infine che un'educazione socialista permette lo staccamento spirituale del fanciullo dal vecchio mondo del capitalismo e tendeva a formare uomini nuovi. Mondolfo sul terreno pedagogico è interessato ad una riforma della scuola in senso popolare e piccolo borghese caratterizzato da un laicismo, da provvidenze per gli alunni poveri, da corsi di studio adatto alle esigenze del popolo. Mondolfo: difendeva il classicismo e il latino; si schierava per la scuola media unica; per il controllo della scuola privata da parte dello Stato; manifestava una costante attenzione anche alla scuola professionale. In Lenin invece la teoria marxista si trova sia all'interno della tradizione russa sia connessa ad una strategia politica rivoluzionaria. Lenin afferma che: 1) il comunismo deve essere l'erede culturale del passato borghese; 2) sottolinea i caratteri nuovi dell'educazione comunista situati in uno stretto rapporto tra scuola e politica. La scuola non è mai apolitica e la migliore scuola è quella legata alla lotta rivoluzionaria;3) riprende il concetto marxiano di onnilateralità e importante l'incontro tra istruzione e lavoro produttivo. Lenin nei suoi scritti pone anche l'accento sui problemi organizzativi della scuola legati alle trasformazioni materiali nella società come la costruzione di scuole e la selezione degli insegnanti. | temi educativi sostenuti da Lenin furono alla base delle realizzazioni scolastiche dal 1917 al 1930. In questi anni è diffusa la volontà di un profondo rinnovamento delle istituzioni e per merito di vari pedagogisti, tra cui la moglie di Lenin, ci sarà un aggiornamento pedagogico e didattico collegato all'esperienza della “scuola del lavoro”. Venne così realizzata la “scuola unica del lavoro” che ricongiungeva lavoro intellettuale e manuale, e si affermò come scuola di cultura generale e politecnica fondata sull’unione di lavoro, natura e società. Purtroppo non fu possibile unificare realmente il lavoro intellettuale con quello produttivo. Furono però aboliti della vecchia scuola i contenuti religiosi e nazionalistici e i metodi di insegnamento. Si dovettero però correggere tendenze estremistiche che esaltavano l’esclusiva finalità pratica dell'istruzione. Ci fu ero poi un ritorno all'apice del lavoro culturale e vengono varati nuovi programmi che limitano il ruolo del lavoro. Con la salita al potere di Stalin torna come priorità il momento culturale nell'istruzione e si esige una più sistematica conoscenza delle scienze. Ciò condusse ad una riorganizzazione della scuola portando alla divisione in classi, al ripristino delle lezioni, di orari e programmi, uso di manuali, voti e disciplina. Nel 1934 la scuola veniva riorganizzata in: un corso elementare di 4 anni, uno medio incompleto di 7 anni o completo di 10 anni e venivano inoltre mantenute le scuole professionali. Tra il 1931 e il 1953 il sistema scolastico sovietico fu dominato da quella “pedagogia senza fanciullo”, fondamentalmente intellettualistica e conformistica. Prima di Stalin la scuola sovietica era intrecciata con figura del maggior pedagogista russo del XX sec., Anton Semenovic Makarenko (1888-1939). Nacque a Belopole da una famiglia artigiana. Si diplomò nel’17 in pedagogia e fino al 1935 fu direttore di un istituto di orfani di guerra. Negli ultimi anni di vita scrisse le sue opere: il poema pedagogico (1935), il mestiere dei genitori (1937), bandiere sulle torri (1939). L'attività pedagogica di Makarenko si inserisce nel clima della Russia post-rivoluzionaria e ne vive gli entusiasmi diretti a una profonda trasformazione dell’uomo ma anche le contraddizioni della pedagogia sovietica degli anni ‘20. La posizione di Makarenko cambiò nel tempo ma rimase costante il tentativo di saldare insieme l'esperienza bolscevica e alcune istanze delle “scuole nuove” come anche il voler connettere il processo educativo all'evoluzione della società. Il pensiero pedagogico di Makarenko si è formato grazie ad esperienze educative a contatto con ragazzi abbandonati che dovevano essere rieducati all'interno di colonie. Makarenko venne così elaborando gli aspetti fondamentali della sua pedagogia niente affatto dogmatica e che vanno individuati nel principio del collettivo del lavoro e in quello del lavoro produttivo. Il collettivo è un vivente organismo sociale, posto come mezzo e fine dell'educazione, un complesso di individui legati fra loro attraverso la responsabilità comune sul lavoro. Nella vita del collettivo, ogni individuo ha compiti e responsabilità e agisce secondo norme disciplinari. Solo attraverso il collettivo si possono formare uomini nuovi impegnati e socialisti. Il collettivo ha a capo un direttore e si articola in “collettivo dei ragazzi” e “collettivo degli insegnanti”. | ragazzi sono divisi in “collettivi di base” che permettono sia il migliore sviluppo delle attitudini sia una partecipazione concreta agli obiettivi di crescita di tutta la comunità. (valori: onore, dovere, produttività). È importante organizzare ogni giornata di lavoro in modo significativo dotandola di obiettivi e di prospettive che rendano costruttive le varie attività, prospettive che possono essere immediate o a lungo termine. Ruolo fondamentale lo ha la famiglia, considerata come la sede più idonea della prima educazione. L'ambiente familiare deve fare in modo di realizzare il benessere del fanciullo e offrirli un modello della società socialista. L'esperienza pedagogica più alta del marxismo è stata quella teorizzata da Antonio Gramsci (1891- 1937) che ha ripensato i principi metodologici del marxismo (per esempio il rapporto struttura-sovrastruttura) e la sua visione della storia (come la lotta per classi) all’interno di una precisa condizione storica: la non- diffusione della rivoluzione proletaria in Europa dopo il ‘17 russo e le controrivoluzioni preventive e autoritarie dei vari stati europei, a cominciare dall’Italia col fascismo. Gramsci nella sua opera “quaderni del carcere” raccoglie note di lettura, abbozzi di saggi, testi rivolti a ridefinire il marxismo come filosofia della prassi (costruzione di volontà collettive corrispondenti ai bisogni che emergono dalle forze produttive e dal grado di cultura e di civiltà che si manifesta dalle relazioni sociali). Quest'ultima si contrappone al sapere positivistico ed empiristico mentre il marxismo sottolinea il dinamismo, il ruolo attivo dell'uomo e il primato dell'economico-politico come fondamento di ogni attività umana della realtà. Quest'ultima è processo storico-dialettico che può essere diretta dagli uomini attraverso un progetto che ne permette il controllo e lo sviluppo. Nel mondo contemporaneo si può trasformare la realtà a partire dalla sovrastruttura (l'ideologia, la cultura). Intorno alla rivoluzione della mentalità si possono aggregare diverse classi sociali interessate al cambiamento per costruire un'egemonia culturale e poi politica di cui il “Partito nuovo” (rivoluzionario e proletario, di massa) è garante. L'egemonia culturale si costruisce attraverso l'azione di molte istituzioni educative, dalla scuola (che deve farsi scuola unica senza latino e fino ai 14 anni) fino alla stampa, all'editoria e al teatro. Gramsci in americanismo e fordismo, uno dei testi più maturi e tardi,
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