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Riassunto "Manuale di comunicazione narrativa riassunto", Sintesi del corso di Semiotica

Riassunto "Manuale di comunicazione narrativa riassunto" corso di Semiotica

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 16/09/2020

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sara-cordera 🇮🇹

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Scarica Riassunto "Manuale di comunicazione narrativa riassunto" e più Sintesi del corso in PDF di Semiotica solo su Docsity! Le funzioni dello storytelling. Le narrazioni iniziarono a essere indagate sistematicamente tra gli anni sessanta e settanta del Novecento soprattutto grazie alla cosiddetta scuola di Parigi (Barthes, Todorov, Genette) con lo scopo di identificare le unità minimali di qualsiasi narrazione e trovare una grammatica universale del racconto. Questa prima fase permise la messa a punto di una serie di strumenti di analisi essenziali - per classificare la posizione del narratore all’interno di una storia; - valutare il rapporto sempre mutevole tra il tempo della storia narrata e il tempo del discorso che la narra; - identificare il punto di vista attraverso cui una storia è raccontata; In base a questa schema però ogni storia finiva per assomigliare alle altre. A partire dagli anni Novanta, grazie agli apporti incrociati del cognitivismo, delle neuroscienze e degli studi sull’intelligenza artificiale, avviene il narrative turn, ossia una svolta significativa in cui lo studio delle pratiche narrative ha imboccato una nuova, più fertile strada, coinvolgendo aree del sapere o dell’esistenza quotidiana tradizionalmente anarrative quali la politica e il marketing. In questa nuova prospettiva interdisciplinare, le narrazioni (letterarie, filmiche, quotidiane) costituiscono palestra per addestrarci a interpretare il mondo secondo attese convenute o per permetterci di riadattare queste attese ai cambiamenti della realtà. Lo psicologo cognitivo Jerome Bruner elabora la distinzione tra: - pensiero paradigmatico -> di tipo logico: caratteristico dell’ambiente scientifico, imperniato sulla definizione di concetti astratti. - pensiero narrativo -> di tipo sequenziale: caratteristico delle narrazioni, dove sono le correlazioni logico-temporali tra elementi diversi a consentirci di fotografare la realtà. Che cos’è uno schema? Uno schema si basa sulla convinzione che ogni nostra esperienza viene compresa sulla base di un confronto stereotipico, derivato da esperienze simili registrate nella memoria e si riferisce a oggetti statici o relazioni, e cioè concerne le attese relative al modo in cui le aree esperienziali sono strutturate/classificate in una certa situazione. Che cos’è uno script? Uno script (letteralmente, micro-sceneggiatura) si riferisce a processi dinamici, e cioè al modo in cui si producono attese relative al modo in cui si verificano sequenze di eventi. Gli script vengono classificati in: - Situazionali -> riguardanti l’orizzonte d’attesa delle situazioni quotidiane - Personali -> riguardanti i ruoli in senso goffmaniano (tipo l’uomo geloso, il corteggiatore ecc.) - Strumentali -> riguardanti le micro-azioni necessarie a pervenire uno scopo. Esempio: nello schema “fare la spesa”, gli script potrebbero essere parcheggiare la macchina, prendere il carrello, metterci dentro quello che ci serve, pagare alla cassa ecc. Senza lo schema non si comprende nulla (paradigma semantico di un avvenimento) e senza lo script non accade letteralmente nulla (costituzione dell’articolazione sintattica). Ogni bambino a partire dai tre anni inizia a elaborare uno stile di storytelling che gli consente di classificare la rappresentazione mentale della situazione in cui si trova, colmando le lacune di informazioni attraverso la memoria semantica (schema -> emisfero dx) e poi di leggere gli eventi che accadono grazie alla memoria episodica o sequenziale (script -> emisfero sx). Cognitivisti e neuroscienziati hanno classificato il nucleo essenziale di qualsiasi narrazione in base a sette componenti: 1. il setting -> ambientazione spazio-contestuale. 2. Il fattore causale -> indice una trasformazione iniziale del setting. 3. La risposta interna -> motivazione dell’attore nel reagire alla trasformazione del setting. 4. L’obiettivo -> indica la direzione del desiderio da parte dell’attore di ridefinire il setting attraverso: 5. un’intenzione, da cui si genera: 6. Un’azione consequenziale e infine: 7. Una reazione. La narratività ci permette di connettere un particolare accadimento a uno schema di riferimento e inserirlo in una catena processuale che ci permetterà di predire gli eventi futuri le narrazioni letterarie aiutano a oltrepassare gli schemata più ordinari, ossia il modo consueto di classificare eventi e situazioni, determinando il modo in cui gli individui ricorrono alla propria immaginazione predittiva, istituendo orizzonti d’attesa e procedendo alle opportune deliberazioni ad agire. Secondo Salvatore Attardo si ha un effetto umoristico quando un testo descrive una situazione che si rivela compatibile simultaneamente con due schemata o scripts opposti. Molti studiosi neo-darwinisti sostengono oggi che l’immaginazione e la creatività svolgono una funzione eminentemente adattiva. Infatti, se le mutazioni genetiche di successo apportano vantaggi evolutivi per chi se ne avvale e sono destinate a ripresentarsi nelle generazioni successive, sembra che il potere di immaginare qualcosa che non c’è (controfattualità) abbia avuto lo scopo di favorire la specie che se ne avvaleva. In questo modo si spiega come mai i comportamenti artistico-immaginativi si manifestano spontaneamente in tutti i bambini del mondo e le prime forme di artefatti “immaginativi” risalgono addirittura a quarantamila anni fa -> per vivere il nostro antenato doveva immaginare e prevedere. Da un lato l’immaginazione condiziona la realtà, dall’altro la realtà plasma gli scenari creati dalla nostra immaginazione. È questo traffico biunivoco di informazioni che dobbiamo pensare occupasse la mente dei nostri antenati, letteralmente avversati, pervasi, circuiti da narrazioni verofinte (se vedo una preda, quali sono le sue intenzioni e dove di dirigerà? Se faccio x, come reagirà la preda con una risposta y?). Lo studio di Ferguson e Standford (usando l’eye-tracking) mostra che la parte più antica del cervello era già predisposta a ricreare simultaneamente due mondi complementari, quello contrattuale e quello reale, attuando una traduzione cognitiva multipla e complessa del mondo in cui si è immersa. In base al principio di minimal departure (allontanamento minimo) formulato da Marie-Laure Ryan gli individui operano solo piccoli ritocchi alla realtà del proprio contesto storico-sociale, inserendo le aggiunte proposte dalla loro attività di mind reading. Essi dovranno sia interrompere l’incredulità, sia utilizzare le proprie conoscenze sul mondo reale per ricomporre un quadro narrativo. Ciò di cui l’uomo originario e noi disponiamo è sempre una narrazione, ma quali sono le caratteristiche fondamentali di queste narrazioni? - Riconoscere forme, colori, traiettorie e movimenti; - Distinguere un protagonista, un agente, intorno a cui graviti una sequenza di fatti; - Interpretare il contesto in cui si trova ad agire il protagonista e eleggere gli stati interiori, i desideri, i progetti ecc. di quest’ultimo; - Elaborare una sequenza crono-casuale di avvenimenti. La recente visione bio-culturalista afferma che quando crediamo di raccontare la nostra storia, raccontiamo in realtà la storia di milioni di altri individui. Il neodarwinista Brian Boyd afferma che l’uomo è in grado di balzare a conclusioni complesse, grazie all’evoluzione, anche a partire da informazioni largamente incomplete o ambigue solo in quanto ereditiamo dei circuiti associativi corrispondenti a narrazioni. Per quanto rapide, le associazioni mentali di un singolo individuo non sarebbero sufficienti a costruire ex novo una comprensione in tempo reale degli eventi così complessa e articolata come quella umana. Se davvero la mente esiste per prendere quel che accadrà, attraverso un continuo confronto con il passato evolutivo (della specie), culturale (della popolazione) ed esperienziale (dell’individuo), è assai difficile distinguere ciò che vediamo da ciò che abbiamo visto in passato e che ripromettiamo nella scena reale. Recenti studi dimostrano che il potenziale cognitivo dell’uomo e addirittura la qualità della vita migliorerebbero grazie all’attività della lettura, dato che, secondo lo studio di David Comer Kidd ed Emanuele Castano, leggere libri di finzione influisce su: - benessere psichico; - Appagamento individuale; - Capacità di comprendere emozioni (empatia); - Capacità di comprendere intenzioni (mind reading) degli altri; Cos’è la Teoria della Mente? avviene su un livello intradiegetico, mentre la storia incastonata si colloca su un livello diverso, definibile metadiegetico. Narratore non è il narrario: designa il personaggio che eventualmente compare nel testo come destinatario del narratore. La trasmissione narrativa inizia con un autore reale, ovvero la persona storica in carne ed ossa, che crea un suo alter ego, coincidente con l’autore implicito il quale costruisce un narratore che si rivolge a un narrario. (idea dell’autore che il lettore desume dalle informazioni presenti nel testo.) Tale nozione è utile per spiegare fenomeni come la narrazione inattendibile, ovvero quel narratore che non si comporta in modo neutrale nel riportare i fatti di cui è il protagonista (o di cui sono protagonisti altri personaggi), ma: - omette determinati eventi o nessi causali; - altera arbitrariamente il modo in cui sono andate le cose; - distorce il giudizio su se stesso e gli altri personaggi. L’autenticazione: prerogativa del narratore, è la capacità di costruire un mondo trasformando le entità possibili in entità funzionali. Si possono distinguere tre tipi di autenticazione: - Disdica -> in terza persona. - Graduata -> prima persona. - Uso improprio dell’autenticazione -> narrativa contraddittoria. Quest’ultimo esempio rientra nella cosiddetta denarrativazzazione che si verifica quando un narratore nega o smentisce eventuali eventi o descrizioni fino a quel momento ammesse dallo storyworld. Si usa generalmente distinguere una narrazione in prima persona o omodiegesi, da una narrazione in terza persona o eterodiegesi, anche se di recente è stata rivolta l’attenzione anche alla narrazione in seconda persona. Prima persona: il narratore si incarna in un individuo e la sua visione viene considerata soggettiva. Solitamente si distingue tra un Io narratore e Io narrato. Un’ulteriore variante è l’Io testimone: quando viene adottato l’informazione si limita ai sentimenti e ai pensieri di un narratore che è un personaggio secondario rispetto all’azione principale. Seconda persona: una sorta di alter ego del narratore e dialoga con se stesso. Può essere sia omodiegetica sia eterodiegetica, a seconda che si rivolga a se stesso o a qualcun altro. Terza persona: la voce narrante può avere accesso alla mente dei personaggi e vagare liberamente nello spazio e nel tempo ed essere simultaneamente presente in luoghi differenti. Il modo si riferisce ai differenti tipi di discorso o rappresentazione all’interno di un testo narrativo. Si possono distinguere: - Modi statici -> commento. - Modi dinamici -> resoconto, narrazione, sommario, dialogo, appello al lettore. Strettamente connessa al modo è la categoria narratologica di distanza, che può essere temporale, lettuale, morale e emotiva. Tra i modi narrativi si colloca anche il commento (commento sulla storia -> un narratore può spiegare un evento; commento sul discorso -> riferimenti autocoscienti al processo della narrazione e viene solitamente definito “commento metanarrativo”). Il personaggio è un partecipante allo story world, ovvero è un individuo o un gruppo che si presenta in una fiction narrativa. I tre più importanti paradigmi attualmente disponibili per lo studio mimetico del personaggio sono: - Modello semantico -> teoria dei mondi possibili: il personaggio è un’entità funzionale, collocata nello storyworld e dotata di proprietà umane. - Modello cognitivo -> i modelli mentali del lettore: distinzione tra flat characters (personaggi poco approfonditi) e round characters (personaggi a tutto tondo). - Modello comunicativo -> il processo della mediazione narrativa. Per quanto differenti, rivelano una complementarità significativa e talvolta persino una convergenza, fornendo congiuntamente una articolata teoria del personaggio. Per riprodurre le parole dei personaggi un narratore ha una possibilità diretta (la citazione) e una indiretta (il resoconto), ma fin dall’ottocento si è sviluppata altresì la distinzione fra stile legato e stile libero, da cui si può stabilire la tassonomia seguente: - Discorso diretto legato -> lei disse: “devo andare” - Discorso diretto libero -> “devo andare” - Discorso indiretto legato -> lei disse che doveva andare - Discorso indiretto libero -> lei doveva andare. Il flusso di coscienza è diverso dal mongolo interiore. Le distinzioni più comunemente sottolineante sono le seguenti: 1) il monologo è una tecnica antica, mentre il flusso di coscienza è un’invenzione relativamente recente; 2) Il monologo interiore presenta solo i pensieri di un personaggio, il flusso di coscienza invece presenta sia le impressioni che i pensieri scandagliando maggiormente la psiche del personaggio; 3) Il monologo rispetterebbe la morfologia e la sintassi, mentre il flusso non lo farebbe, catturando così il pensiero al suo stadio nascente, anteriore a qualsiasi organizzazione logica; Il lettore è un individuo reale e concreto che interpreta il testo, e non è imminente al racconto o da esso deducibile; il narrario è il destinatario al quale il narratore racconta la sua storia; il lettore implicito è l’istanza ricevente cui sono indirizzati i messaggi dell’autore implicito, la quale si configura come un insieme di istruzioni e segnali che si manifestano sulla superficie del testo. Il lettore deve decodificare un testo e lo fa attraverso cinque codici, a cui è possibile aggiungerne un sesto: - Proairetico -> organizzare le azioni descritte - Referenziale -> connettere lo storyworld con corpora accettati di conoscenza - Semico -> organizzare i suoi personaggi e i dettagli caratterizzanti - Simbolico -> collegare il testo a più ampie strutture di significazione - Ermeneutico -> seguire lo sviluppo testuale della suspense narrativa - Metacodice -> per mezzo del quale il testo segnala, il lettore fa inferenze e la cultura suggerisce quali codici siano appropriati per un testo. Il termine narratorio designa il destinatario al quale il narratore racconta la sua storia. La serie di aspettative e presupposizioni condivise dai lettori in base alle quali essi decodificano e giudicano i testi letterari viene indicata con l’espressione orizzonte d’attesa. La narratività è: • La qualità di essere narrativo, l’insieme delle proprietà che caratterizzano il racconto e lo distinguono dal non racconto -> una questione di tipo (i testi sono narrativi o non lo sono); • L’insieme delle peculiarità che rendono un racconto, più o meno narrativo -> una questione di grado (vi sono testi più narrativi di altri); Ogni narrazione è composta di eventi (cose che accadono) e esistenti (personaggi che le fanno accadere). Quando una storia viene narrata si deve distinguere il plot (intreccio, trama, discorso) dalla story (fabula, storia). Plot -> modo in cui la storia viene narrata, dunque la successione degli eventi non deve rispondere per forza né a un ordine logico di successione consequenziale, né a un ordine cronologico. I plot sono stati classificati in base a: • Affinità strutturali o tematiche: gli intrecci possono essere euforici (le cose mutano per il meglio) o disforici (le cose mutano in peggio); esterni (basati su eventi ed esperienze esteriori) o interni (basati su sentimenti e moti interiori); semplici (privi di peripezie) o complessi epici (episodici, a maglia larga) o drammatici (strettamente coesi). • Dinamiche del conflitto, che possono avvenire tra: differenti domini del mondo privato un personaggio; tra il TAW (mondo testuale reale) e il mondo privato di un personaggio; doveri di un personaggio e TAW; sistema di conoscenze dei personaggi e TAW. • Differenze morfologiche: contro-plot (un insieme unificato di azioni dirette a un risultato opposto a quello che guida le azioni del plot principale); doppio plot (un intreccio che comporta due azioni simultanee di più o meno uguale importanza); sub-plot (un insieme unificato di azioni coincidente con il plot principale ma ad esso subordinato); multi-plot narrative (una narrazione che segue i destini paralleli di un’ampia costellazione di personaggi, ritagliando la cosiddetta Slice of Life nella vicenda dello storyworld); Story -> rappresenta ciò che viene narrato, dunque gli avvenimenti narrati nel loro ordine cronologico e secondo un rapporto consequenziale di cause ed effetti. Il paratesto designa tutti gli elementi che contornano e prolungano un testo, come ad esempio il titolo, la copertina, la prefazione ecc. Genette introduce la formula: paratesto = peritesto (elementi inseriti nel libro stesso) + epitesto (elementi all’esterno del libro). Altro elemento importante è l’exergo che indica un motto o citazione all’inizio del testo e la dedica. L’incipit designa la zona d’ingresso nel testo funzionale vero e proprio. Distinzione classica degli incipit: in media res, ad ovo, iniziare dalla fine. È possibile distinguere tra: apertura (indicare quella serie di passaggi strategici che si realizzano fra paratesto e testo a partire dall’elemento più esterno, ossia il titolo); incipit (per designare la zona d’ingresso nella finzione vera e propria); attacco (per indicare le prime parole del testo propriamente detto); Tre forme principali di incipit: • Incipit narrativi: si concretizzano in alcuni topai come la nascita, la partenza e l’arrivo, la scoperta e l’attesa. • Incipit descrittivi: si concretizzano nella descrizioni di luoghi e personaggi. • Incipit commentativi: si concretizzano in un discorso esplicativo, in un commento filosofico o sulla narrazione (commento metanarrativo). Si possono reperire cinque principali funzioni dell’incipit: - Codificante - Deduttiva - Tematica - Informativa - Drammatica In modo simmetricamente opposto, la fine o explicit, designa il segmento conclusivo di un plot o di un’azione, e ha una posizione determinante a causa dei chiarimenti che fornisce (o può fornire) per la comprensione degli eventi da cui essa consegue. Bisogna però distinguere la fine dalla chiusura narrativa che si riferisce alla soddisfazione delle aspettative e alla risposta alle domande sollevate lungo il corso di ogni narrazione. La tecnica dell’incastonatura o embedding consiste nella combinazione di sequenze narrative tale che una sequenza sia posta all’interno di un’altra. Possiamo identificare le narrazioni incastonate secondo due tipi di estensione: 1) cornice che crea una situazione drammatica nella quale i personaggi narrano una serie di altre storie; 2) prolungata narrazione primaria interrotta da una storia più corta raccontata da un personaggio a un altro. Le tre funzioni principali dell’incastonatura: • Drammatica; • Tematica; • Meccanica; Effetti di realtà: tecnica che consiste nell’introduzione nella narrazione di dettagli verosimili e di descrizioni puntuali di oggetti costituisce una precisa strategia di costruzione della “realtà funzionale”. Ciò che il narratore vuole affermare è “questo è reale!”. L’effetto di realtà è diverso dalla metalessi. La metatesi è un narrare cambiando livello, ovvero l’intrusione della dieresi di un ente che proviene da un’altra diegesi -> si tratta di una mescidanza di livelli narrativi. Si possono distinguere due tipi di metatesi: • La metalessi discendente -> in cui la realtà scarica sulla finzione le proprie prerogative allo scorporo di (fingere di) farla diventare reale. • La metalessi ascendente -> si verifica quando la finzione invade la realtà inquinandone l’esistenza stessa. La mise en abyme consiste nella replica miniaturizzata di un testo inserita nel testo stesso, e nel raddoppiamento o rispecchiamento di una parte di testo. Tre tipi di duplicazione: • Duplicazione semplice; • Duplicazione all’infinito o ripetuta; • Duplicazione aporistica; La metalessi e in parte la mise en abyme hanno come effetto la defamiliarizzazione, tradotto anche come straniamento, per indicare il procedimento di rendere estraneo ciò che è familiare, ostacolando la percezione abituale e automatica delle cose. - Anacronia omodiegetica -> fondata sulla medesima linea d’azione del racconto principale; - Anacronia eterodiegetica -> basata su un contenuto narrativo diverso da quello del racconto prima; Portata dall’anacronia: è la distanza temporale dal momento della storia in cui il racconto si è interrotto per fare posto all’anacronia. Ampiezza dell’anacronia: è la durata temporale dell’anacronia. Le due principali forme di anacronia sono: • Analessi (flashback) -> che consiste nell’evocazione di uno o più fatti accaduti prima del momento presente o del momento in cui la narrazione cronologica di una sequenza di eventi viene interrotta per far posto all’analisi. In base alla portata e all’ampiezza di può distinguere tra: interna, esterna o mista. • Prolessi (flashforward) -> che consiste nell’anticipazione di uno o più fatti che accadranno dopo il momento presente o il momento in cui la narrazione cronologica di una sequenza di eventi viene interrotta per far posto alla prolessi. È possibile individuare un terzo tipo di anacronia -> sillessi, ovvero il raggruppamento di situazioni ed eventi governato non da un principio cronologico ma da una parentela tematica, spaziale o d’altro genere. La durata narrativa indica quanto tempo e frasi e pagine l’autore impiega per raccontare un fatto, e variazioni di essa possono essere usate per mostrare quali eventi narrativi siano più importanti rispetto ad altri, mentre la velocità narrativa è definibile come l’insieme di relazioni fra la durata del narrato e la lunghezza del racconto (ad esempio in parole, righe e pagine). Isocronia -> uguaglianza tra la durata di una situazione o evento e la durata della sua rappresentazione. Anisocronia -> variazione della velocità narrativa ovvero come un’accelerazione o rallentamento sull’asse del tempo secondo cinque principali modalità: ellissi (tacere su fatti avvenuti in un determinato arco cronologico; può essere esplicita o implicita.), sommario (colma il divario di velocità tra ellissi e scena), scena (equivalenza tra un segmento del racconto e il narrato che esso rappresenta), estensione (quando il tempo del racconto è più lungo della storia) e pausa (quando una certa parte del tempo narrativo o un certo tempo del discorso corrisponde a un arresto del tempo della storia). La frequenza narrativa riguarda la relazione di ripetizione tra il numero di volte in cui gli eventi si presume siano accaduti nello storyworld e il numero di volte in cui essi si sono narrati, con la possibilità di distinguere tra: • Racconto singolativo -> raccontare una volta sola quanto è avvenuto una volta sola; (ieri mi sono coricato presto) • Racconto singolativo-multiplo -> raccontare n volte quando è accaduto n volte; (lunedi mi sono caricato presto, martedì mi sono coricato presto ecc.) • Racconto ripetitivo -> raccontare n volte quando è avvenuto una volta sola; (ieri mi sono caricato presto, ieri mi sono coricato presto;) • Racconto iterativo -> raccontare una volta sola quanto è avvenuto n volte. (tutti i giorni della settimana mi sono coricato presto) Inoltre si parla di iterazione generalizzante o esterna quando il campo temporale coperto dal segmento iterativo oltrepassa di gran lunga quello della scena in cui si inserisce e tale segmento iterativo, e di iterazione sintetizzante o interna, quando la rilessi iterativa si esercita sulla durata della scena stessa. Preterito epico -> si tratta di un passato epico, non deittico, presente all’interno narrativa funzionale la cui funzione è quella di mettere in primo piano la funzionalità delle situazioni degli eventi. Cronotipo letteralmente significa spazio-tempo. Per Bachtin significa “l’inscindibilità dello spazio e del tempo, ossia il loro condizionamento reciproco nelle opere letterarie. Tale nozione si estende ad altri aspetti della narrazione (le azioni, l’intreccio e i personaggi rappresentati in un dato spazio), nonché alle reazioni emotive suscitare dal testo. Esso è inoltre una figura di pensiero che agisce a livello concettuale e ideologico. Recentemente la categoria di cronotopo è stata spodestata da quella di storyworld: definibile come una classe di modelli mentali usati per comprendere un discorso organizzato narrativamente, gli storyworld sono ambienti progettati mentalmente ed emozionalmente nei quali i lettori sono chiamati a mettere in atto miscele complesse di risposte cognitive e immaginative. Paul Ricoeur sottolinea la funzione narrativa del racconto come luogo in cui il tempo diviene tempo umano, e ciò avviene in due modi distinti: • La configurazione, ossia le operazioni narrative all'interno del linguaggio (linguaggio ordinario, storia, finzione) nella forma della costruzione dell'intreccio e dei personaggi. • La rifigurazione, ovvero la trasformazione dell'esperienza viva del tempo mediante il racconto. La narrazione consente di dare un significato anche alla longue durée del tempo genealogico e ciclico. Solo nella seconda metà dell'Ottocento la genealogia diventa un tema di importanza centrale in ambito letterario con la nascita del romanzo ciclico -> probabilmente grazie alla funzione di aggregatore sociale della saga. Nel Novecento il ricorso alle strutture familiari non diminuisce, ma svolge funzioni differenti, ad esempio i Buddenbrooks (1901) di Mann costituirebbero una prima forma di romanzo genealogico o roman-fleuve, basato su almeno quattro caratteristiche: 1. porzioni temporali piuttosto ampi, segnate dal susseguirsi delle generazioni; 2. eclissarsi dell'ambiente esterno a favore di una spiccata ed "endogamica" ricorsività dei riti familiari; 3. declino e conflittualità all'interno della famiglia, in un plot dove l'individuo scompare a favore dei ruoli socio-familiari; 4. equilibrio tra dimensione diacronica (intergenerazionale) e dimensione sincronica (intragenerazionale). Lo spazio può essere definito come il luogo o i luoghi nei quali sono ambientati gli eventi rappresentati. Vi sono tre principali tipi di organizzazione spaziale all'interno dei mondi narrativi: 1. testi che contengono spazi contigui, dove i personaggi si muovono liberamente da un luogo a quello successivo; 2. testi con spazi discontinui, ontologicamente distinti, che consentono una comunicazione solo in alcune circostanze eccezionali; 3. testi con spazi ontologicamente distinti che non consentono comunicazione, se non tramite metalessi (fiction incastonate). Le potenzialità dello spazio come categoria interpretativa vengono rivalutate in ambito critico soprattutto a partire dagli anni Settanta e Ottanta -> “svolta spaziale" (spatial turn). Émile Zola -> autore nel quale è possibile ravvisare gli elementi di una vera e propria grammatica dello spazio. La scrittura zoliana è basata sulla ricezione legata al punto di vista di un attore partecipante, da cui scaturisce una rappresentazione figurativa di superficie che pone sotto lo sguardo del lettore gli oggetti del mondo naturale quasi invitandolo a collocarsi fra di essi e che si intreccia a un dispositivo figurativo profondo, il quale regola una dimensione più astratta del discorso; da questo legame tra una topografia concreta e una topologia astratta nasce una forma di linguaggio spaziale. Esempio: la descrizione della stazione di Saint-Lazare all'inizio della Bête humaine (1890). In un’analisi spaziale applicata al genere romanzesco è stato osservato che il romanzo dell'ottocento e della prima metà del novecento mette in scena vicende domestiche e avventure personali di cui lo spazio privato costituisce lo sfondo imprescindibile, è presente anche lo spazio pubblico ma esso appare sempre più irrigidito. In ogni caso sono molto più importanti le scene di interni come ad esempio il salotto o la camera da letto. Nel romanzo contemporaneo invece i luoghi diventano multietnici e denazionalizzati, percorsi da un sé multilocale, e si assiste a una proliferazione di non luoghi. Poiché le narrazioni hanno il potere di creare mondi possibili, trasportando i lettori dall’hic et nunc dell'interazione faccia a faccia all’hic et nunc del mondo narrato, si può collegare lo storyworld alla cosiddetta Teoria del Cambiamento Deittico: tramite i deittici la narrazione apre una finestra concettuale attraverso la quale l'universo finzionale può essere intravisto o piuttosto percorso deitticamente dalla posizione privilegiata di una prospettiva narratoriale, e i lettori o ascoltatori di una fiction narrativa sono apertamente disposti a operare un cambiamento deittico all'interno di un mondo possibile alternativo. Dal punto di vista narrativo, la descrizione appare come una modalità di sospensione del racconto della storia principale per fare spazio a una digressione, che in effetti può essere narrativa (un’analessi), riflessiva o descrittiva; risulta quasi sempre dalla congiunzione di un personaggio con un paesaggio, un oggetto o un altro personaggio. Secondo Miekel Bal le funzioni della descrizione sono: • Demarcativa se sottolinea le articolazioni della narrazione (ad esempio può trovarsi una descrizione all'inizio e una alla fine di una sequenze all'interno del racconto); • Dilatatoria se ritarda l'apparizione di una sequenza logicamente attesa; • Decorativa se svolge una funzione di integrazione in un sistema estetico-retorico; • Indiziaria se connota per via indiretta la psicologia o il destino dei personaggi; • Tassonomica se assicura la concatenazione logica, la leggibilità e prevedibilità del racconto; I generi narrativi Il mito indicava originariamente ogni parola che contenesse la conoscenza di una realtà non immediatamente evidente - e quindi anche la parola sacra del dio - fatta propria dalla cultura collettiva e dalla tradizione orale, in connessione a forme rituali e religiose. -> Mito e rito possono essere considerati l'aspetto teorico e quello pratico di un unitario fenomeno. Le prime teorizzazioni sistematiche sul mito si sviluppano nell'Ottocento con Müller -> idea della mitologia come "malattia del linguaggio". Per Tylor e Frazer il mito e la scienza coprirebbero il medesimo range di fenomeni, ma mentre il mito, legato alla religione, attribuisce gli eventi alle decisioni degli dei, la scienza si riferisce a processi impersonali e oggettivi. Nel Novecento viene messa in discussione la visione ottocentesca del mito, soprattutto la netta contrapposizione tra scienza e mito. - Secondo Malinowski: le culture primitive ricorrono alla scienza per spiegare e controllare il mondo fisico, mentre usano il mito per riconciliarsi con gli aspetti inspiegabili o terrifici del mondo. - Secondo Lévi-Strauss: il mito è un oggetto semiotico, ossia va inteso come un linguaggio di cui vanno individuati la grammatica e i meccanismi di significazione. Egli ha analizzato i miti in una prospettiva strutturalista, prescindendo per lo più dal contesto sociale, mentre altri studiosi hanno interpretato il mito alla luce dell'habitat etnico e sociale, come Barthes: applica il concetto di mito alla società odierna. Il mito è un grande incubatore di narrazioni che tendono a declinare in forme discorsive e tematiche particolari la funzione difensiva, apotropaica e esplicativa del racconto mitico. Le radici mitico-rituali dello storytelling sono riconoscibili ne: EPICA: designa un lungo poema narrativo il cui eroe compie azioni imponenti, di solito in interazione con gli dei. Nel tempo sono nati molteplici sottogeneri quali: • epica eroica (il babilonese Gilgamesh, il sanscrito Mahabharata, l'Iliade e l'Odissea di Omero); • epica celebrativa di un popolo (l'Eneide di Virgilio); • epica storica (i Punica di Silio Italico); • epica cavalleresca (il Beowulf, il Nibelungenlied, il Poemio de mio Cid, la Chanson de Roland); • epica cristiana (la Commedia di Dante, il Paradise Lost di Milton) • epica allegorica (The Faerie Queene di Spenser); • epica satirica (l'Orlando furioso di Ariosto). L'epos è caratterizzato dalla cosiddetta dizione “formulaica": che consiste nella presenza di formule, esprimenti, temi e motivi che si ripetono nella rigida cornice di uno schema metrico. In particolare, l'epica omerica mostra tutte le caratteristiche dell'oralità, come il ricorso a epiteti standard ("il piè veloce Achille"), scene o azioni tipiche (sacrificio, pasto, vestizione delle armi ecc.), versi ricorrenti ("cosi disse parole alate"), temi codificati (ritiro dalla battaglia, consiglio degli dei, agnizioni finali). Le caratteristiche principali dell'epos a base omerica sono: • L'invocazione alle Muse -> affinché forniscano delle informazioni; • L'inizio in medias res; • La similitudine -> accostamento su base analogica oggetti diversi appartenenti a una stessa classe o a classi del tutto diverse; • L'alta incidenza del discorso diretto; • La presenza di cataloghi; • L’ekphrasis -> le descrizioni dettagliate di un oggetto o paesaggio; EPICA MODERNA: "epica" per le numerose somiglianze strutturali che la legano a quella classica, ma "moderna" perché presenta delle discontinuità, come: la dimensione sovranazionale dello spazio rappresentato ("opere-mondo"); la rarità; l'originalità; la non-chiusura; la passività; l'allegoricità; la polifonicità. La letteratura per l'infanzia ci aiuta a diventare degli adulti in grado di pianificare eventi futuri anche molto complessi -> in particolare le narrazioni fiabesche. In quanto storie altamente stereotipate le fiabe: • Consentono al fruitore di riconoscere immediatamente il genere discorsivo, attivando le mappe neuronali adeguate alla sua interpretazione; • Forniscono delle successioni di scripts utilizzabili quali dispositivi di comprensione e produzione del significato, assegnando una connotazione anche di tipo morale ai protagonisti attraverso l'identificazione del ruolo stereotipico; • Assegnano ai ruoli una connotazione positiva o negativa che sin dalla nostra infanzia diviene un codice etico, esportabile nei processi di categorizzazione del mondo reale. Benché sembrino lontanissime dalla realtà, le fiabe descrivono con sorprendente chiarezza il nostro modo di leggere l’esperienza passata e di pianificare quella futura. In un esperimento condotto a Oxford su un gruppo di bambini di cinque anni in età prescolare a cui è stato chiesto di riassumere le fiabe di Cappuccetto Rosso e Cenerentola che gli erano appena state raccontate è emerso che: 1. I processi di comprensione dipendono prevalentemente dagli scenari situazionali presentati dalle narrazioni; 2. Il punto di vista adottato dai bambini nei loro résumés, del tutto indipendentemente da quello utilizzato dal narratore, ricorre a una focalizzazione interna amministrata dal protagonista della fiaba; 3. L'identificazione nel protagonista favorisce da parte dei bambini un'empatia cosiddetta allocentrica; 4. Mostrano una buona competenza nel gestire i verbi deittici " andare e "venire"; 5. È il personaggio a costituire il principale attrattore cognitivo. Il Romance: descrive, in un linguaggio elevato e nobile, ciò che non è mai successo, né probabilmente succederà mai -> ciò spiega perché il romance sia in ampia misura una modalità di storytelling finzionale volto all'utopia o, a partire dal Novecento, alla distopia (= un mondo immaginario in cui il sogno è diventato un incubo). Secondo una teoria elaborata da Todorov, la caratteristica distintiva del fantastico sarebbe l'incertezza riguardo alla presenza di eventi sovrannaturali; più nello specifico, Todorov distingue tra il fantastico, cioè l'esitazione sperimentata da chi ha familiarità solo con le leggi della natura, quando deve fronteggiare un evento apparentemente sovrannaturale; il perturbante, che offre una soluzione governata da leggi naturali; il meraviglioso, che delinea una soluzione governata da leggi sovrannaturali. Italo Calvino propose una suddivisione del genere fantastico in visionario - con elementi soprannaturali quali fantasmi e mostri, condivisi con i sottogeneri della fantascienza, dell'horror, della narrativa gotica ecc. - e mentale - dove il soprannaturale si realizza in una dimensione interiore. Rosalba Campra ha distinto tra il fantastico dell'Ottocento - caratterizzato dalla trasgressione di frontiere a livello semantico e dai temi inquietanti - e il fantastico del Novecento, in cui la trasgressione si esprime attraverso fratture nell'organizzazione dei contenuti, non necessariamente fantastici. La Fiaba: è una narrazione breve in prosa, di origine popolare o letteraria, priva delle intenzioni etico-didascaliche della favola e dove sono rappresentati personaggi o azioni non verosimili; tale definizione generale presenta tuttavia qualche inconveniente perché il testo può assumere dimensioni ampie nelle rielaborazioni letterarie (fiaba d'arte o Kunstmärchen), essere in versi (come nel caso di alcune fiabe di Charles Perrault) e non prevedere personaggi o azioni contrari alla logica comune . Secondo Bengt Holbek -> gli elementi simbolici fiabeschi rinviino a conflitti affettivi e psicologici reali, riguardanti sia il narratore sia il suo uditorio, secondo alcune fondamentali regole di trasformazione, come: • Dissociazione (split) -> gli elementi conflittuali di un personaggio vengono distribuiti tra più figure; • Particolarizzazione -> un aspetto peculiare di un personaggio o fenomeno diventa simbolo autonomo ( ad esempio l'acqua è spesso associata alla forza vitale); • Proiezione -> I sentimenti e le reazioni del protagonista sono presentati come fenomeni che avvengono nel mondo circostante; • Esternalizzazione -> le qualità morali sono espresse sotto forma di attributi fisici o per mezzo di azioni o soggetti; • Iperbole -> l'intensità del sentimento è espressa tramite l’esagerazione di ciò che lo provoca; • Quantificazione -> la qualità viene espressa come quantità, e un essere o un avvenimento impressionante viene moltiplicato in genere per tre; • Contrazione -> le evoluzioni spazio-temporali non sono descritte gradualmente, bensì contratte in modo da apparire istantanee; Il genere fiabesco emerge alla scrittura solo con Lo cunto de li cunti (1634-1636) di Giambattista Basile, ma è solo alla fine del Seicento che si assiste in Francia a una straordinaria fioritura del genere, grazie a autori come Mme d'Aulnoy, Perrault, Mlle Lhéritier, Mlle Bernard ecc.; mentre uno stimolo decisivo per lo sviluppo del genere appare anche la traduzione in francese delle Mille e una notte iniziata nel 1704 dall'abate Antoine Galland. Tuttavia la fiaba trova tuttavia la sua forma canonica nell'Ottocento grazie ai fratelli Grimm e Hans Christian Andersen. Tra Ottocento e Novecento il fiabesco si incarna in forme letterarie ibride per avvicinarsi progressivamente a media quali il cinema, i comics, l'advertising ecc. Oltre a quello fiabesco, ci comunica la non-realtà anche il genere fantascientifico. La Science Fiction: è assai più recente della fiaba e rappresenta un genere finzionale caratterizzato da mondi immaginari e alternativi, che ha come tema fondamentale l’impatto della scienza e/o della tecnologia sulla società; oltre che esseri umani, i personaggi possono essere alieni, robot, cyborg, androidi o mutanti; la storia può essere ambientata nel passato, nel presente o, più spesso, nel futuro. Ha le sue radici nel gothic novel ottocentesco (in particolare Frankenstein del 1818 di Mary Shelley), ma si sviluppa nel Novecento. Le fasi della science fiction: La Golden Age è la fase che copre il trentennio tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta - tende a enfatizzare il progresso tecnologico secondo una visione generalmente positiva circa le innovazioni e il cambiamento sociale. La New Wave è un orientamento nato a partire dal 1964, in cui la science fiction tende ad incupirsi, muovendosi verso visioni distopiche -> caratterizzata da un alto grado di sperimentazione, sia nella forma (stream of consciousness o della tecnica del cut-up) che nei contenuti; in particolare si vuole rappresentare l'inner space, gli abissi della mente umana. La New Weird è una tendenza nata a partire dagli anni Novanta e tuttora perdurante - caratterizzata dall'ibridazione di forme e generi diversi (fantascienza, horror, fantasy, gothic novel) grazie a scrittori quali Jonathan Lethem e China Miéville. Altro genere che rientra nell'ambito dell'antirealismo è il Fantasy: la plausibilità degli storyworld è ciò che lo ha distinto, e tuttora lo distingue, dalla fantascienza. La sua origine si può far risalire al Romanticismo e alla sua attrazione per le fantasie pastorali, gli elementi eroici, mitici ed esotici. A partire dall'inizio del Novecento, il fantasy viene codificato come genere letterario e si diffonde in altri media come il cinema, i fumetti, la televisione, la radio, il teatro, i videogiochi e i giochi di ruolo. Tale versatilità rende il fantasy un genere difficilmente classificabile. Il Rosa -> Prodotto che si rivolge essenzialmente a un pubblico femminile, è un genere trans- mediale, essenzialmente finalizzato al divertimento e all'evasione, e sorge tra il Settecento e l'Ottocento. La morfologia è sintetizzabile in sette elementi: 1. narra una storia d'amore; 2. la sua sequenza narrativa standard si attesta sulla triade incontro/ostacoli/unione; 3. prevede una serie pressoché infinita di varianti delle componenti narrative; 4. iterazione di schemi diegetici sempre uguali a se stessi; 5. episodi disposti per lo più in ordine cronologico; 6. massiccia presenza di stereotipi, cliché e modelli comportamentali che privilegiano l'omogeneizzazione; 7. uso di un linguaggio piatto e disadorno. II Giallo -> La detective fiction identifica le storie riguardanti il tentativo di un investigatore di risolvere un crimine e consegnare alla giustizia il criminale, non senza che scatti una relazione di complicità tra l'autore e il lettore che assomiglia a un gioco condotto secondo precise regole. Nato verso la metà del XIX secolo e sviluppatosi nel Novecento, dalla letteratura di genere, il giallo si è esteso agli altri media. Le tre fasi dell'enigma distinte da Rutherford: • La formulazione; • L’intensificazione attraverso una serie di risposte parziali, differite e sospette; • La soluzione. Studi recenti tendono a classificare la detective fiction in cinque sottogeneri: • Detective fiction classica o whodunit -> in cui il crimine è presentato come una sorta di puzzle da risolvere attraverso una catena di interrogativi che il detective si pone; • Detective fiction hard-boiled -> l'investigatore lotta contro le forze criminali che infestano la società; • Detective fiction police procedural -> il protagonista è una vera propria agency collettiva, una squadra di agenti che indaga e risolve i casi in modo corale; • Detective fiction femminista -> mettendo in scena spesso un investigatore privato donna e focalizzandosi su temi quali l'amicizia; • Detective fiction metafisica -> il testo stesso viene presentato come un mistero da risolvere; II Nero -> L’horror si è manifestato in molteplici settori: l'ambito poetico, con il genere sepolcrale di fine Settecento e le poesie di Baudelaire come Danse macabre (1857); il gothic novel inaugurato da The Castle of Otranto (1764) di Horace Walpole; i racconti dell'orrore da Edgar Allan Poe a Stephen King; il graphic novel (Dylan Dog) e il cinema, dove in particolare tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta si assiste al trionfo dello splatter e del pulp, sino al cosiddetto secondo minimalismo americano, rappresentato ad es. da American Psycho (1991) di Bret Easton Ellis. Secondo Howard Phillips Lovecraft -> la narrativa horror si fonda sulla capacità di creare atmosfere. La Suspence: è l'effetto risultante dall'immersione temporale e affettiva del lettore in una narrazione, al punto da generare in lui il desiderio di conoscerne gli esiti. La suspense ricorre a due strumenti: • La prefigurazione, in base alla quale situazioni o eventi sono suggeriti in anticipo. • L'esca, un elemento narrativo il cui significato diventa chiaro solo dopo la sua prima menzione. Costituisce un'autentica palestra cognitiva in cui il lettore può addestrarsi a compiere operazioni di previsione o decodifica delle intenzioni (il cosiddetto mind reading o Teoria della Mente). Le tre forme di suspence: 1. La suspense emotiva o direct suspense -> il narratore-personaggio o semplicemente il narratore tengono il lettore accuratamente all'oscuro non solo sul momento in cui qualcosa accadrà, ma soprattutto su che cosa accadrà. È considerata letterariamente inferiore alle altre modalità e ad opinione di molti studiosi contraddistinguerebbe il genere horror; 2. La suspense "embodied" o "shared suspense” -> distribuzione identica di informazioni tra il destinatario e il personaggio. Tutto è simultaneo e occorre in tempo reale; È la suspense predominante oggi ed è la forma più nota di suspense iper-emotiva, il suo successo dipende dal fatto di riuscire a comprendere attraverso le emozioni; 3. La suspense cognitiva o la vicarious suspense -> È la tipologia più diffusa di suspense ed è quella in cui il destinatario è più e meglio informato degli accadimenti che non coloro che ne sono protagonisti; Forme contemporanee di storytelling L’intertestualità -> è la presenza effettiva di un testo in un altro testo, secondo una gamma di esplicitazione che va dall'allusione alla citaziome, ed è solo una delle cinque tipologie che può assumere la transtestualità, ossia la relazione manifesta o segreta di un testo con altri testi. Segnatamente, egli definisce: • intertestualità -> la presenza effettiva di un testo in un altro testo. • paratestualità -> tutte le relazioni che il testo letterario instaura con l'insieme degli elementi che lo circondano. • metatestualità -> la relazione critica in base alla quale un testo diventa oggetto di commento o interpretazione da parte di un secondo testo, detto metatesto. • ipertestualità -> la relazione che unisce un testo anteriore, detto ipotesto, a un testo posteriore, detto ipertesto, secondo la duplice modalità della trasformazione semplice o diretta e della trasformazione in diretta o imitazione. • architestualità -> la relazione che un testo intrattiene con le diverse tipologie di generi discorsivi, retorici e stilistici. Alcuni esempi di intertestualità: • L'elasticità: c’è maggiore elasticità che resistenza. • La riconoscibilità: è chiuso, cioè dotato di una fine, a essere in tensione sono la prevedibilità dell'andamento complessivo della serie e la disseminazione lungo il percorso di programmi narrativi secondarie, che nel complesso ritardano il compimento della vicenda. • La dialettica tra verticale e orizzontale: perlopiù prevale la cosiddetta linea verticale rappresentata dal plot del singolo episodio. • Le passioni: la passione del protagonista è la funzione narrativa della serie stessa e tende a ??? Il termine graphic novel nasce allo scopo di differenziare una modalità testuale nuova rispetto a quella ritenuta meno complessa dei "fumetti", presentandosi come una forma letteraria orientata a un pubblico più adulto, con un differente focus narrativo e pratiche editoriali più articolate. In breve: un graphic novel è un libro figurativo che racconta una storia lunga o molte storie brevi, in modo seriale o autoconclusivo, rispettando le convenzioni tipiche del fumetto o veicolando istanze autobiografiche, storiche, giornalistiche ecc. Termine coniato da Richard Kyle nel 1964. Le differenze tra graphic novel e fumetto sono riscontrabili per ciò che concerne: • Apparato formale -> condividono l'impaginazione e la narrazione, ma a differenza del fumetto le graphic novel non sono obbligate a obbedire a una logica narrativa sequenziale e puramente mono dimensionale, infatti si autolegittimano ad apportare delle innovazione narratologiche. • Format editoriale -> tende ad adottare un format da un lato similare a quello del romanzo tradizionale per dimensioni, dall'altro differente in tutta evidenza dei fumetti e dal format europeo noto come bande dessinée ne vicino all'album illustrato in A4. • Ambiti tematici; • Produzione e distribuzione -> hanno cominciato a dipendere essenzialmente dagli sforzi di piccoli editori indipendenti ed alla nascita di punti vendita specializzati che offrivano un mix di fumetti, gadget, e graphic Novel spesso a prezzi stracciati. Le inquadrature dei graphic novel/fumetti possono suddividersi in piani (particolare/dettaglio; primissimo piano; primo piano; mezzo busto; mezza figura; piano americano; figura intera) - che riguardano il personaggio sottolineandone co visualizzazioni più o meno ravvicinate gli stati emozionali - e campi (campo lunghissimo; campo lungo; campo medio; campo totale; fuori campo) - che riguardano il setting, assolvendo a molteplici funzioni narrative. Altre tecniche di montaggio e modalità di focalizzazione: primo e secondo piano; punto di vista dall'alto; punto di vista dal basso; punto di vista frontale; punto di vista laterale; panoramica; panoramica a volo d’uccello; campo/controcampo; quinta; silhouette; soggettiva; semisoggettiva. I modi in cui il realismo entra nel graphic Novel: • Autobiografie, biografie, scrittura storiografica, reportage giornalistico • Reportage giornalistici e diari di viaggio. • Graphic Novel storici • Fantasy, letteratura gotica, racconti di fantascienza • Adattamenti, parodia, pastiches, riparati di autori letterari Maus di Art Spiegelman edito tra il 1986 e il 1991 canonizza il genere graphic novel. Il visual Storytelling consiste in streaming di elementi iconici in grado di rappresentare sequenze fattuali anche assai articolate -> culturalmente determinato. Il concetto di chiusura (closure): si riferisce alla nostra capacità di leggere un insieme facendo riferimento alla sola osservazione di parti o frammenti di esso, ricorrendo all'archivio mnemonico di insiemi già percepiti in passato. Le sei modalità in cui è possibile giustapporre tra loro due vignette consecutive in base alla loro variazione di contenuto, individuate da McCloud sono: • Da momento a momento (moment-to-moment) • Da azione ad azione (action-to-action) • Da soggetto a soggetto (subject-to-subject) • Da scena a scena (scene-to-scene) • Da aspetto ad aspetto (aspect-to-aspect) • Non-sequitur In cui le prime ricorrono scarsamente alla closure mentre le ultime ne ricorrono in modo marcato. Nei graphic Novel occidentali cioè uno scarso ricorso alla closure, mentre in quelli orientali c'è un marcato ricorso alla closure. I quattro tipi di framing individuati da Cohn nei graphic novel/fumetti: • Macro -> pannelli che contengono più di un'entità attiva. • Mono -> pannelli che rappresentano un'unica entità in un frame. • Micro -> pannelli che raffigurano un dettaglio anche molto minuto di una singola entità nel frame. • Armophic -> pannelli che presentano elementi non direttamente legati all'azione, bensì alla sua contestualizzazione. In Occidente prevalgono le scene macro, in Oriente prevalgono le scene micro e mono. Narrazioni interculturali Secondo Richard E. Nisbett, docente di psicologia sociale presso l’Università del Michigan, i processi cognitivi sono modellati dalle strutture sociali e dal senso del Sé determinati dalla cultura di appartenenza: - Società in ESTREMO ORIENTE: collettiviste a cui corrisponde una visione del mondo focalizzata sul contesto e un modo di pensare olistico, circolare e concentrato sulle sostanze e sulle relazioni ambientali -> Self interdipendente. - Società in OCCIDENTE: individualiste a cui corrisponde una visione focalizzata su singole entità isolate dal loro contesto e un modo di pensare analitico e lineare -> Self indipendente. Siamo parlando di processi millenari, già pienamente in atto nelle prime fasi della civiltà. Cosa comporta a livello di narratives? Siccome i genitori occidentali fanno scegliere ai bambini che cosa voglio fare (ad esempio: vuoi andare a letto adesso o vuoi mangiare qualcosa prima?”) i genitori orientali prendono le decisioni per i loro bambini con la certezza che sia la cosa migliore. Di conseguenza nel registro comunicativo: - i genitori occidentali insegnano ai loro figli un comportamento trasmettitore (source oriented), ovvero di comunicare le loro idee con certezza. - I genitori orientali insegnano ai loro figli un comportamento ricettivo (target oriented), ovvero di ascoltare e capire ciò che viene loro detto. Nei resoconti di eventi quotidiani invece: - bambini occidentali: abbondanti riferimenti a se stessi e alle emozioni; si soffermano su eventi che hanno suscitato il loro individuale e specifico interesse. - bambini orientali: scarsi riferimenti a se stessi e alle emozioni; riportano molti dettagli sugli eventi e li descrivono in modo sinteticamente realistico. Componenti dei processi intenzionali: 1. Componente modale del volere dà luogo alle goal intentions (processi di pianificazione di uno scopo fondati sull’intenzione di eseguire un comportamento o conseguire uno scopo.). 2. La componente modale del potere dà luogo alle implementation intentions (condizioni di fattibilità nell’eseguire un comportamento o conseguire uno scopo) Quando sono in gioco intenzioni collettive, le condizioni di fattibilità (implementation intentions) sono in qualche modo date per scontate e non differiscono da contesto a contesto: sono identiche e si ripetono all’infinito, entrando di fatto a far parte di aree prescrittivi o proscrittivi del contesto sociale. Questo emerge nelle life narratives. Ad esempio, la storia di vita del maialino Youssouf: è vuota di goal intentions e colma di implementation intentions -> tutto è collettivo, niente è individuale. Il concetto di “fattibilità percepita”, ossia il grado in cui gli individui si ritengono autoefficaci nel realizzare i loro desideri -> è fondamentale per l’elaborazione di un’intenzione (goal intention). I giudizi di autoefficacia dipendono da quattro fattori: • Le esperienze di una prestazione (performance experiences) -> i successi favoriscono un forte senso di autoefficacia, mentre i fallimenti lo indeboliscono. • Le esperienze altrui (vicarious experiences) -> fungono da modello per la formazione di credenze sulla propria efficacia. • Le opinioni verbali altrui (verbal persuasions) -> influenzano l’autoefficacia nel senso che se gli altri credono nelle mie capacità, l’autoefficacia aumenta, mentre la loro sfiducia può diminuirla. • Le reazioni fisiologiche (physiological reactions) -> che si provano quando ci si confronta con situazioni particolarmente complicate ci danno fiducia se tutto è sotto controllo, altrimenti la sfiducia regna sovrana. Per ciò che riguarda il tempo Edward T. Hall sostiene che nel mondo esistono fondamentalmente due modi di concepire e gestire la temporalità: il tempo monocronico e il tempo policronico. - Le culture monocratiche sono tipiche dei popoli anglosassoni e di paesi del Nord Europa; il tempo è unilineare, sono quasi totalmente orientati verso il futuro. Conseguenze: gli individui hanno una concezione lineare del tempo; si concentrano su una sola cosa alla volta; enfatizzano la pianificazione la segmentazione delle azioni in unità di tempo misurabili; si concentrano sul lavoro e non amano le distrazioni; assumono con grande serietà gli impegni legati al tempo (scadenze, programmazione); agiscono in una logica a basso contesto ecc. - Le culture polifoniche sono prerogative dei Paesi del Mediterraneo, dell’America Latina, dell’Africa, dei Paesi Arabi e del Medio Oriente; concezione del tempo circolare, tendono a eseguire più attività contemporaneamente e non attribuiscono alla pianificazione una rilevanza fondamentale. Conseguenze: gli individui hanno una concezione circolare del tempo; si concentrano su molte cose contemporaneamente; non attribuiscono alla pianificazione un ruolo essenziale; si distraggono e si interrompono facilmente; agiscono in insiemi sociali ad alto contesto ecc. Il sè autobiografico rappresenta una forma di autoconoscenza alimentata dai nostri ricordi sia specifici, relativi a momenti e luoghi determinati (memoria episodica o specifica); sia iterativi, in relazione ad eventi accaduti in molteplici occasioni e per lunghi archi temporali (memoria generale o generica). Numerose differenze culturali tra est e ovest. Reminiscing genitore-figlio Oriente • Tipo di approccio: socially-oriented; • Stile narrativo: iussivo; • Ruolo del genitore: esaminatore di memoria; • Emozioni/Approccio: poca importanza/approccio comportamentale; • Funzione: sociale; • Scopo: educativo; VS Occidente • Tipo di approccio: child-oriented; • Stile narrativo: interattivo; • Ruolo del genitore: storyteller; • Emozioni/Approccio: molta importanza/approccio cognitivo; • Funzione: personale; • Scopo: focalizzarsi sui pensieri, le esperienze, le emozioni del bambino; Hot Cognition: leggere la realtà apponendo una sorta di flag emotivo a ciascun evento e situazione -> culturalmente determinata. La manifestazione delle emozioni: Nelle culture occidentali: è considerata una diretta espressione del sé e dell'affermazione dell'unicità individuale. Nelle culture dell’Asia orientale: è spesso vista come inutile o addirittura perniciosa per le relazioni in corso, e di conseguenza deve essere rigorosamente governata. Anche nella cultura occidentale, il concetto di Self non è sempre stato inteso in termini di unicità e indipendenza: ai cambiamenti storico sociali riscontrati dall'antichità fino alla contemporaneità corrisponde una diversa concezione del Sè, riscontrabile innanzitutto nel modo di narrare e, in particolare, negli scritti autobiografici. Le principali distinzioni tra il Self occidentale e il Self orientale nelle autobiografie e nelle Life Narratives: Occidente: il Self è il protagonista e tutto viene focalizzato attraverso il suo punto di vista, vissuta direttamente e dettagliato dal punto di vista emotivo; ogni accadimento è valutato in una prospettiva autocentrica; la memoria personale e la Bildung negli anni dell'infanzia svolgono ruolo importante. neutralizzare gli elementi di disordine introiettandoli nella struttura familiare. Esempio di romanzo per le young-adult -> Piccole donne di Louisa May Alcott • Boys' stories: rientrano in un genere definibile eroico-agonistico, incentrato sull’assenza di legami stabili e orientato a focalizzarsi su catene immaginative anche molto esuberanti e sull'idea di movimento, disordine e distruzione. La violenza fisica è solo uno dei propellenti della narrazione, più spesso fondata sull'attrazione infausta per la novità e l'eccesso. Esempio di romanzo per i young-adult -> L'isola del tesoro di Robert Louis Stevenson Le due tipologie di cervello identificate da Baron-Cohen: • Il tipo E (mediamente più presente nelle femmine che nei maschi) il mind reading e la meta- rappresentatività sono i punti di eccellenza di un cervello che, per cosi dire, conosce attraverso le emozioni. • Il tipo S (mediamente più presente nei maschi che nelle femmine) applica schemi di status alle relazioni, mettendo in gioco una maggiore competitività, e mostra spiccate preferenze per tutto ciò che è sistemico (numeri, musica, tecnologia ecc. ). A livello di storytelling: Il tipo E evidenzia un maggiore interesse per gli aspetti personali e affettivi delle relazioni; il tipo S evidenzia una propensione per pensieri strumentali, template cognitivi di tipo classificatorio, vocazione al problem solving, abrasione complessiva e tendenziale dei processi emotivi. Per Baron-Cohen, dell'ipertrofia dell'emisfero destro deriverebbe l'intelligenza autistica. Ma perché il cervello maschile e quello femminile si identificano in soggetti irrelatamente maschili o femminili? Ipotesi bio-culturalista: il testosterone, prodotto dai testicoli e dalle ghiandole surrenali influenza fortemente lo sviluppo cerebrale in fase fetale per poi determinare lo sviluppo maggiore o minore dell'emisfero destro in due soli periodi della vita, detti periodi attivazionali: intorno al quinto mese di vita e nel corso dell'adolescenza. In breve: la premessa fondamentale da cui parte Baron-Cohen è che maggiore è la quantità di testosterone, maggiore è lo sviluppo dell'emisfero destro (orientamento visuo-spaziale, sistematizzazione, precisione "metrica" di lancio) a detrimento del sinistro (linguaggio, comunicazione, empatia). In che modo le narrazioni influiscono sui neurotrasmettitori? Grazie agli studi di Loretta Graziano Breuning: • la dopamina, che gratifica il nostro sistema di attese (lo scioglimento delle detective fiction ne facilita la circolazione); • l'endorfina, che si attiva di fronte a una scena di sofferenza per narcotizzarci dal dolore (scrittore endorfinico per eccellenza: Charles Dickens); • la serotonina, in cui anneghiamo allegramente quando ci sentiamo rispettati nel nostro ruolo e riconosciuti nel grado gerarchico (vedi Jane Austen et similia); • l'ossitocina, la molecola morale che si attiva quando empatizziamo con lo stato emotivo di un altro individuo (il caso di Madame Bovary). Ossitocina: è un ormone responsabile del comportamento materno e funge da antagonista della acetilcolina e soprattutto del cortisolo. Cosa c'entrano le narrazioni? Per Paul J. Zak svolgono sono le storie a costituire l'immagine della sofferenza parlandoci di un soggetto-agente che diviene, per varie ragioni (disoccupazione, cancro, abbandono familiare), un oggetto-paziente, e più la storia riesce ad attrarci nelle sue spire cronocausali con intrecci che ci sollecitano a una full immersion. In breve: più cresce il livello di ossitocina e più il nostro comportamento si farà empatico. In generale -> le narrazioni determinano profondamente le nostre risposte neuro- endocrinologiche. Per Baron-Cohen: • le donne, ricorrendo prevalentemente all'emisfero sinistro e avendo una maggiore familiarità con l'empatia e la comunicazione interpersonale, sono più abili nella semantica (l'interpretazione del significato); • gli uomini prediligono gli aspetti sistemici del linguaggio (lessico e sintassi), cioè grammaticalizzano di più, e per questo popolano in maggioranza i ranghi della dislessia e dell’autismo. Un famoso esempio di cervello S in ambito letterario: Lewis Carroll Alice's Adventures in Wonderland (1865) e Through the Looking Glass and What Alice Found There (1871), gli aspetti visuo-spaziali sostituiscono completamente quelli emotivi all'interno della narrazione, e infatti è dominato dalla passione per la fotografia. Tutto in lui è per cosi dire spazializzato (raramente temporalizzato, trasformato in immagini, forme e colori.
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