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Riassunto “ Manuale di neuropsichiatria infantile.” di Franco Fabbro, Appunti di Neuropsichiatria infantile

Riassunto completo capitolo per capitolo

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 04/11/2023

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rebecca-diolosa 🇮🇹

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Scarica Riassunto “ Manuale di neuropsichiatria infantile.” di Franco Fabbro e più Appunti in PDF di Neuropsichiatria infantile solo su Docsity! MANUALE DI NEUROPSICHIATRIA INFANTILE LA CONOSCENZA DEL SOGGETTO 1. L’identificazione del problema Il 10% dei bambini ha problemi neuropsichiatrici; il 7-8% di questi sono maschi. 1. La prima visita in neuropsichiatria infantile 1) il colloquio clinico con i genitori, in cui il medico deve cercare di sviluppare una relazione comunicativa nella quale il bambino e i genitori riescano a sentirsi a loro agio, deve favorire la solidarietà e la collaborazione. Viene precisato il motivo delle visita e viene raccolta la storia biologica, psicologica e sociale del bambino (anamnesi). 2) l’osservazione del bambino, in cui si prende in considerazione: ® l’interazione del bambino con adulti e coetanei sconosciuti presenti in sala d’attesa; ® l’attaccamento, cioè la reazione del bambino alla separazione dai genitori per valutare sia il livello d’ansia del bambino sia le reazioni dei genitori; ® l’aspetto fisico del bambino; ® le capacità motorie del bambino; ® il comportamento affettivo del bambino. 3) la valutazione neurologica e psichiatrica, durante la quale vengono valutate le capacità motorie, le funzioni sensoriali, le funzioni dei nervi cranici, le funzioni cerebellari, le funzioni neuropsicologiche, gli aspetti emozionali e quelli relazionali. Dopo la prima visita, il neuropsichiatra riesce a formulare un’ipotesi diagnostica che per essere confermata o smentita ha bisogno di ulteriori accertamenti, come le valutazioni funzionali (valutazione dello sviluppo intellettivo, valutazione dello sviluppo linguistico, valutazione dello sviluppo neuropsicologico e valutazione psicopatologica) e le indagini strumentali (tecniche neurofisiologiche e neuroimmagini). Se il bambino non presenta alcun problema neuropsichiatrico l’iter si conclude. 2. La diagnosi e la restituzione ai genitori Una volta terminati i diversi accertamenti il neuropsichiatra s’incontra con tutti gli operatori che hanno visto e valutato il bambino (équipe multidisciplinare) e viene posta la diagnosi, cioè i problemi, i sintomi, i segni, le valutazioni funzionali e strumentali di un determinato bambino vengono raccolte in una definizione di malattia in accordo con la Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-10 ). Prima dell’incontro con i genitori e il bambino, il medico deve preparare una lettera di restituzione dove vengono descritti accuratamente: ® i risultati delle valutazioni eseguite e il loro significato; ® la diagnosi conclusiva, chiarendo le cause e l’evoluzione del problema; ® il progetto terapeutico e riabilitativo proposto. 3. La comunicazione fra personale sanitario, genitori e insegnanti Una buona comunicazione fra il personale sanitario, i genitori e il personale insegnante è un prerequisito fondamentale per l’integrazione e lo sviluppo di un alunno portatore di disabilità. Il personale sanitario, i genitori e il personale insegnante devono collaborare alla stesura del piano educativo personalizzato (PEP), che è costituito da tre componenti: 1) la diagnosi funzionale, che serve a definire il livello funzionale delle capacità intellettive, linguistiche, neuropsicologiche e affettivo-relazionali del bambino, con l’obiettivo di conoscere i suoi punti di forza e di debolezza nelle varie componenti che influenzano gli apprendimenti e la socializzazione; 2) il profilo dinamico funzionale, in cui vengono definiti i punti di forza e di debolezza dell’allievo, indicando le sue abilità residue, potenziali e le difficoltà nei vari ambiti. In accordo alle esigenze di tipo medico- psicologico, ambientali, alle varie aree di sviluppo e alle risorse disponibili, vengono definiti anche gli obiettivi didattico-educativi che si intendono raggiungere. 3) la definizione di strategie, mezzi, soluzioni, tempi e luoghi idonei per raggiungere gli obiettivi che sono stati definiti. 4. Normativa inerente la disabilità in età evolutiva • Legge 104, 5 febbraio 1992 “persone portatrici di handicap” • Legge 170, 8 ottobre 2010 “disturbi specifici dell’apprendimento” - didattica individualizzata (recupero abilità e competenze) - didattica personalizzata (favorire l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione dell’alunno) • Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 “Strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali” (svantaggio sociale o culturale, disturbi evolutivi, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della lingua e cultura italiana) 2. La valutazione dello sviluppo intellettivo: Si parla di sviluppo intellettivo per riferirsi ai primi anni di vita fino all’età adulta. 1. La scala WISC (1949, rivista nel 1974, WISC-R, WISC-IV del 2012) La Wechsler Intelligence Scale for Children è uno strumento per la valutazione dell’abilità intellettiva di soggetti dai 6 ai 16 anni e 11 mesi. Si tratta di una batteria di 15 subtest che valutano: -le funzioni dell’emisfero sinistro (aspetti linguistici), cioè il Quoziente Intellettivo Verbale (QIV); -le funzioni dell’emisfero destro (aspetti di performance), cioè il Quoziente Intellettivo di Performance (QIP). I quesiti dei subtest sono di difficoltà progressiva e ogni item deve essere risolto entro un determinato tempo. Il risultato dei test è in relazione con l’ambiente sociale e culturale di provenienza e il tipo di educazione ricevuto. I test possono dare utili informazioni di tipo psicopatologico. L’esecuzione della batteria WISC segue delle specifiche regole di somministrazione, registrazione dei risultati e attribuzione di un punteggio grezzo per ogni subtest della batteria. Successivamente i punti grezzi di ogni subtest vengono trasformati, attraverso opportune tabelle, in punteggi ponderati (il punteggio viene calcolato in base all’età del soggetto). Mediante i punteggi ponderati è possibile calcolare il valore del QIV, del QIP e del Quoziente Intellettivo Totale (QIT). 2. La scala WPPSI La Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence (WPPSI) è una scala per la valutazione dello sviluppo intellettivo nei bambini di età prescolare, dai 4 anni ai 7 anni e mezzo. La WPPSI è una batteria di 15 subtest che servono a calcolare: ® il Quoziente Intellettivo Verbale (QIV); ® il Quoziente Intellettivo di Performance (QIP); ® il Quoziente Intellettivo Totale (QIT). 3. Il Test della Figura Umana (TFU) La figura umana è un tema familiare ai bambini. Il Test della Figura Umana o test dell’omino può essere utilizzato come indice attendibile dello sviluppo intellettivo nei bambini da 2 a 12 anni di età. Al bambino si chiede di disegnare un omino rivolto verso di lui cercando di fare una figura il più accurata possibile. L’interpretazione dei risultati si basa sulla rilevazione della presenza/assenza di una serie di dettagli nelle figure. A ciascun dettaglio viene attribuito un punto. Così è possibile calcolare il QI. 3. La valutazione dello sviluppo del linguaggio L’acquisizione del linguaggio segue una serie successiva di tappe di sviluppo che si possono valutare tramite svariati test: ® Il primo vocabolario del bambino: si tratta di un test per bambini con età da 18 a 30 mesi. ® Test del primo linguaggio (TPL): si tratta di un test per bambini con età da 12 a 36 mesi. ® Test per la valutazione del linguaggio (TVL): si tratta di un test per bambini con età da 30 a 71 mesi. ® Batteria per la valutazione del linguaggio dai 4 ai 12 anni (BVL 4-12) Si tratta di un test messo a punto da F. Fabbro alla fine degli anni novanta (prima versione) per bambini con età da 4 a 12 anni. È possibile definire se un bambino ha problemi linguistici, di memoria a breve termine e di lettura. Questi test valutano lo sviluppo del linguaggio nei compiti di comprensione, ripetizione e produzione. La standardizzazione di questi test ha permesso di calcolare, per ogni prova e per ogni fascia/range d’età, il valore della media e della deviazione standard. a. La valutazione delle abilità di lettura - la megalencefalia, caratterizzata da un aumento del peso del cervello dovuto ad una proliferazione abnorme dei neuroni e delle cellule della glia, cioè il cervello cresce troppo; - l’emimegalencefalia; 2) i disturbi della migrazione neuronale: -le eterotopie e le lissencefalie; 3) i disturbi dell’organizzazione corticale: - la polimicrogiria; - la schizencefalia; - le displasie corticali focali; 4) le anomalie frequentemente associate ai disturbi dello sviluppo della corteccia cerebrale: - le agenesie del corpo calloso. I disturbi dello sviluppo della corteccia cerebrale sono più frequenti nei maschi e provocano problemi di apprendimento. I soggetti colpiti da questi disturbi devono riorganizzare le funzioni dell’area colpita in un’altra area, anche se con pochi miglioramenti. e. Malformazioni del cervelletto Le anomalie dello sviluppo del cervelletto sono spesso associate a quelle del sistema nervoso centrale ma alcune volte possono presentarsi in forma isolata. (la malformazione di Dandy-Walker; la sindrome di Joubert; le ipoplasie o aplasie cerebellari) f. Malattie neurocutanee Le malattie neurocutanee sono un gruppo eterogeneo di malattie congenite, ereditarie e non, nelle quali è presente un’associazione non casuale di anomalie cutanee e del sistema nervoso. Alcune delle più note sono: - le neurofibromatosi, caratterizzate da deformazioni della cute e del cervello e dalla presenza di neurofibromi; - la sclerosi tuberosa; -la malattia di Sturge-Weber. 10. Le malattie infettive e immunomediate del sistema nervoso Le principali malattie infettive del sistema nervoso sono: ® le meningiti: ® le encefaliti ® le malattie da prioni ® le infezioni da parassiti Le principali malattie immunomediate che possono interessare i bambini sono: -le encefaliti autoimmuni; le malattie demielinizzanti acquisite; le sindromi miasteniche. Tutte queste malattie sono in grado di determinare sequele neurologiche che possono compromettere lo sviluppo psicologico e gli apprendimenti scolastici. 11. I traumi cranici I traumi cranio-encefalici sono dovuti all’azione violenta di agenti esterni con conseguenti lesioni acquisite del cervello. Le lesioni cerebrali possono causare deficit, transitori o permanenti, in aree motorie, cognitive e affettive. Si distinguono i traumi cranici: - con ferite aperte, nei quali le lesioni cerebrali sono provocate da una rottura della scatola cranica con fuoriuscita di tessuto cerebrale; - chiusi, nei quali le lesioni cerebrali sono provocate da fenomeni di accelerazione/decelerazione della massa cerebrale contro le ossa craniche, cioè il colpo alla testa non provoca la rottura della scatola cranica. Le lesioni cerebrali conseguenti, che interessano prevalentemente le strutture del lobo frontale e dei lobi temporali riguardano fenomeni di “strappamento”, “rottura” a livello sia macroscopico che microscopico. Dal punto di vista della gravità si riconoscono tre tipi di traumi cranici: le sindromi 1) lievi, i più comuni nel bambino, nei quali non vi è la perdita di coscienza. I sintomi si risolvono nell’arco di alcuni giorni. Spesso è sufficiente visitare il bambino e monitorarlo per 24-48 ore; 2) di media entità, nei quali vi è sempre la perdita di coscienza (da pochi secondi ad alcuni minuti, ma meno di 24 ore). 3) gravi, nei quali vi è la perdita duratura e profonda di coscienza. La perdita di coscienza può non essere immediata ma subentrare alcuni minuti/ore dal trauma, soprattutto nei bambini. Dopo un trauma grave i bambini devono essere ospedalizzati. Un trauma cranico grave può causar la morte del paziente oppure dare luogo, nell’80% dei casi, a deficit neurologici persistenti. -Epidemiologia e cause I traumi cranici costituiscono la prima causa di morte nei soggetti in età evolutiva; essi sono una delle cause più frequenti di deficit neurologici acquisiti. Le cause più frequenti di trauma cranico sono gli incidenti con veicoli a motore, cadute dalla bicicletta o accidentali. I più colpiti sono i maschi rispetto alle femmine. 12. I tumori cerebrali e le malattie cerebrovascolari 13. Le malattie metaboliche e mitocondriali 14. Le malattie neuromuscolari 15. Le cefalee Vengono distinte le cefalee primarie, che non dipendono da lesioni al cervello, dalle cefalee secondarie, che dipendono da lesioni al cervello (es.: traumi, infezioni, malformazioni vascolari, neoplasie). Soltanto il 2% della popolazione dichiara di non averne mai sofferto di mal di testa. Anche i bambini e gli adolescenti presentano numerosi episodi di mal di testa, soprattutto i soggetti di sesso femminile. Le condizioni di mal di testa sono di due tipi: 1. l’emicrania, malattia cronica che dopo i 40 anni tende a ridursi; 2. la cefalea. L’emicrania si riferisce a un mal di testa che colpisce una sola parte del cranio (frontale o temporale): il dolore è pulsante, peggiora con l’attività fisica e si associa frequentemente a sintomi come nausea, vomito, mal di pancia, ipersensibilità alla luce, ai suoni e agli odori. Nell’emicrania sono state descritte cinque fasi: 1) fase prodromica; 2) aura (emicrania con aura); 3) mal di testa; 4) risoluzione; 5) recupero. Quando una crisi di emicrania non si risolve entro le 72 ore (3 giorni) si parla di stato di male emicranico, una condizione severa che richiede l’intervento medico e una terapia farmacologica adeguata. Nei bambini alcune sindromi sembrano essere strettamente associate con l’emicrania degli adulti: la vertigine parossistica benigna; la sindrome con vomito ciclico; l’emicrania addominale. Queste sindromi spesso evolvono successivamente in una forma di emicrania. L’emicrania è una malattia che non si associa a lesioni del cervello. Tutte le indagini mediche effettuate sono nella norma. Le ricerche cliniche e sperimentali hanno evidenziato che la causa è probabilmente una forma di “infiammazione neurogenica sterile”. Le crisi di mal di testa dipendono infatti dalla liberazione nei vasi cerebrali di sostanze che producono vasodilatazione e dolore. La liberazione di queste sostanze viene inibita da farmaci attivi contro l’emicrania. L’emicrania è quindi una malattia neurologica, che presenta una complessa regolazione genetica e numerosi fattori scatenanti. Durante l’infanzia si possono manifestare altre forme di emicrania più rare e gravi come: l’emicrania emiplegica familiare; l’emicrania dell’arteria basilare; l’emicrania cronica parossistica; l’emicrania oftalmoplegica. Le cefalee: La cefalea si riferisce a un mal di testa che non permette di svolgere le normali attività quotidiane ed è spesso associato a problematiche di tipo psicologico. Le cefalee sono di due tipi: 1) la cefalea tensiva, che è la forma più frequente di mal di testa; 2) la cefalea tensiva cronica, che è una delle cause più frequenti che portano i bambini nei centri specializzati per la cura del mal di testa. Altre forme di cefalea sono state associate alle infezioni dei seni nasali (sinusite), a problemi dentali (malocclusione), all’affaticamento degli occhi, oppure a problemi della colonna vertebrale cervicale (colpi di frusta). La cefalea è una malattia che si associa a lesioni del cervello, infatti, può essere presente in seguito a traumi cranici oppure come sintomo di un tumore cerebrale. La terapia del mal di testa: Prima di iniziare una terapia, il neuropsichiatra infantile deve verificare se la sintomatologia è di tipo episodico o cronico, deve inoltre escludere tutte le possibili cause organiche (lesioni al cervello) e accertare le possibili concause psicologiche. Il medico può, prima di tutto, correggere eventuali cattive abitudini che favoriscono lo scatenarsi delle crisi di emicrania o cefalea. Un aspetto essenziale della terapia farmacologica delle crisi di mal di testa è quello di assumere il farmaco prescritto nel momento giusto e nella dose giusta. Per impedire il verificarsi di crisi emicraniche può essere consigliata una terapia profilattica continuativa a base di farmaci. 16. Le paralisi cerebrali infantili Le paralisi cerebrali infantili (PCI) sono dei disturbi non progressivi del movimento dovuti ad una lesione che ha colpito il cervello fetale o infantile. La lesione cerebrale spesso determina anche deficit sensoriali (percezione), disturbi della comunicazione, della cognizione, del comportamento ed epilessia. Le PCI sono state classificate in relazione al deficit neurologico (classificazione neurologica) in: - paralisi spastiche, cioè paralisi dovute ad una lesione che ha colpito la corteccia cerebrale o la sostanza bianca sottocorticale. Tra queste si riconoscono: a) l’emiplegia, in cui il deficit motorio prevale in un lato del corpo (di solito quello destro); b) la diplegia, in cui il deficit motorio prevale negli arti inferiori; c) la tetraplegia, in cui il deficit motorio coinvolge sia gli arti inferiori sia quelli superiori; -paralisi atassiche, cioè paralisi dovute ad una lesione che ha colpito il cervelletto. a) la diplegia atassica, nella quale i sintomi atassici (tremore intenzionale e dismetria) prevalgono negli arti inferiori o superiori; b) l’atassia congenita semplice, in cui è presente soltanto una sintomatologia atassica; - paralisi discinetiche, cioè paralisi dovute ad una lesione che ha colpito i gangli della base. a) la forma coreoatetosica caratterizzata da movimenti coreici, atetosici cioè da massivi movimenti involontari privi di finalità che interessano gli arti e il volto; b) la forma distonica dominata da improvvisi aumenti del tono muscolare nel tentativo di eseguire un movimento volontario. caratteristiche qualitative della sua visione sono molto differenti rispetto all’adulto. o Ipovisione e cecità:  Cecità mancanza completa della capacità visiva (la cecità dalla nascita, che è legata all’atrofizzazione dei nervi, è irreversibile, mentre la cecità acquisita si può operare),  ipovisione capacità visiva inferiore a 1/10. Il bambino con gravi deficit visivi mantiene un atteggiamento meno attivo e meno partecipe nei confronti della realtà. Le cause di ipovisione e di cecità dipendono da lesioni o malattie che colpiscono le vie visive cerebrali, il nervo ottico o l’occhio (come ad esempio paralisi cerebrali infantili, malattie infettive del cervello, traumi cranici, malattie degenerative del nervo ottico o della retina).  I disturbi del sistema uditivo: L’organo dell’udito è l’orecchio: il senso dell’udito è molto importante per gli esseri umani, il canale vocale-uditivo è fondamentale per comunicare. o L’ipoacusia e la sordità La sordità viene misurata attraverso l’audiometria. L’intensità dei suoni e delle parole viene misurata in numero di decibel (dB). A seconda della perdita di sensibilità uditiva si riconoscono differenti gradi di sordità: lieve; moderata (è utile introdurre l’uso di un amplificatore uditivo); severa; profonda. A seconda delle cause, la sordità può essere: di tipo trasmissivo; neurosensoriale; mista o di tipo centrale. Si distinguono sordità di tipo preverbale e post-verbale. Le cause di sordità si distinguono in ereditarie, cioè le ipoacusie possono essere congenite o a insorgenza tardiva, e acquisite, cioè le ipoacusie dipendono da infezioni pre-perinatali, dall’assunzione di sostanze tossiche in gravidanza o dopo la nascita, traumi, malattie infettive, sofferenza perinatale e basso peso alla nascita. Per quanto riguarda i disturbi del sistema visivo sono state sviluppate particolari tecniche di rappresentazione dei sistemi di scrittura, come il sistema di scrittura Braille. Nella seconda parte del secolo scorso sono stati sviluppati ausili elettronico- informatici per rendere possibile la visione nei soggetti con disturbi del sistema visivo, come i sistemi sostitutivi visivo- tattili o visivo-uditivi (sistemi bionici). Uno degli effetti più gravi della sordità in età infantile è la compromissione della capacità di acquisire il linguaggio. Per quanto riguarda i disturbi del sistema uditivo sono state sviluppate particolari tecniche di logopediche e visuo-gestuali, come la lingua nazionale dei segni. In particolare è stato suggerito di avviare precocemente tutti i bambini sordi all’acquisizione della lingua nazionale dei segni e contemporaneamente anche alla lingua orale per permettere la comunicazione con il mondo di parlanti e per l’apprendimento della letto-scrittura. Nella seconda parte del secolo scorso sono stati sviluppati ausili elettronico-informatici per ricostruire l’udito nei soggetti con disturbi del sistema uditivo, come gli impianti cocleari (sistema bionico). 19. I disturbi uditivi I DISTURBI DEL NEUROSVILUPPO 20. Le disabilità intellettive 21. I disturbi del linguaggio I disturbi del linguaggio sono una patologia molto frequente in età evolutiva. Essi possono dipendere da cause acquisite (afasie da lesioni cerebrali), o da disturbi evolutivi (come ad esempio la sordità, il ritardo mentale, i disturbi pervasivi dello sviluppo come l’autismo). Ma, la porzione più ampia dei disturbi del linguaggio riguarda bambini che non hanno né problemi sensoriali, né intellettivi e neppure lesioni neurologiche. Questi bambini sono colpiti da un disturbo specifico del linguaggio (DSL), conosciuto anche come disturbo evolutivo del linguaggio o disfasia evolutiva. 1. DISTURBI ACQUISITI DEL LINGUAGGIO 1. Afasie acquisite: si tratta di afasie, cioè della perdita di alcuni aspetti del linguaggio, in seguito a una lesione del cervello (le cause sono malattie neurologiche come traumi cranici, tumori cerebrali). Compaiono dopo che il linguaggio si è già sviluppato, dai 3 ai 15 anni. Dopo l’evento traumatico (dopo qualche mese e anno), le capacità linguistiche vengono recuperate, ma il risultato è solo apparente, in quanto continuano a manifestarsi per tutta la vita lievi deficit negli aspetti più complessi del linguaggio. L’insieme dei deficit linguistici e cognitivi che si associano alle afasie acquisite determinano delle difficoltà in ambito scolastico. 2. Afasia con epilessia (sindrome di Landau-Kleffner): si tratta di un’afasia che si manifesta insieme a un’epilessia: l’afasia è correlata con la presenza di anomalie epilettiformi nel sonno a onde lente. Nella sindrome di Landau-Kleffner questi disturbi dell’attività elettrica del cervello sono localizzati soprattutto nelle aree del linguaggio. Purtroppo ancora non si conosce la causa di questa malattia. Una caratteristica tipica di questa forma di afasia (afasia di Landau-Kleffner) è la tendenza della sintomatologia a fluttuare nel tempo, i bambini presentano diverse crisi afasiche seguite da recuperi parziali del linguaggio. Gli episodi di afasia non si presentano più dopo i 14 anni. Dopo la pubertà l’epilessia guarisce spontaneamente e il quadro clinico si stabilizza, ma i soggetti colpiti da questa sindrome continuano per tutta la vita a mostrare significative difficoltà linguistiche. Questi bambini presentano una grave compromissione delle capacità di apprendimento scolastico. c. Disturbi del linguaggio dovuti a paralisi cerebrali infantili: i soggetti con paralisi cerebrali infantili (PCI), insieme a problemi nella postura e nel movimento degli arti, presentano spesso disturbi nell’articolazione della parola (disartrie), deficit del linguaggio, ritardo nello sviluppo cognitivo, ritardo mentale. La maggior parte dei bambini con paralisi cerebrali infantili e con disturbi del linguaggio presenta difficoltà scolastiche e necessità di un adeguato sostegno. 2. I DISTURBI DEL LINGUAGGIO NEL RITARDO MENTALE: Diversi studi neurolinguistici indicano che, nei soggetti con ritardo mentale, sono particolarmente colpite alcune componenti del linguaggio: quando un bambino con ritardo mentale presenta problemi nella comprensione e nella produzione dei suoni o problemi grammaticali si tratta di un vero e proprio disturbo del linguaggio associato a un ritardo mentale. Tutti i bambini con ritardo mentale e disturbi del linguaggio necessitano di un trattamento logopedico per rimediare alle difficoltà articolatorie e sintattiche. 3. I DISTURBI SPECIFICI DEL LINGUAGGIO (DSL) Si tratta di un disturbo dell’acquisizione del linguaggio che colpisce bambini che presentano uno sviluppo intellettivo normale, senza deficit neurologici o psichiatrici, o difficoltà socio-culturali. La diagnosi deve essere effettuata utilizzando una serie di indagini (valutazione neuropsichiatrica, valutazione dello sviluppo intellettivo (QI) e neuropsicologico) e a seguire la valutazione del linguaggio mediante la batteria neuropsicologica NEPSY-II per misurare le capacità di comprensione, ripetizione e produzione di suoni, parole e frasi. Seconda la Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-10) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) i tipi di DSL sono:  - il disturbo specifico della comprensione del linguaggio si presenta quando la comprensione dei suoni, delle parole o della grammatica è inferiore a due deviazione standard rispetto ai bambini della sua età. È la forma più grave dei DSL. Si tratta di bambini che richiedono un lungo periodo di riabilitazione del linguaggio (logopedia);  - il disturbo specifico dell’espressione del linguaggio si presenta quando le capacità espressive cadono – (caduta) superiore alle due deviazioni standard – nella produzione dei suoni, e/o delle parole, e/o delle frasi. Si tratta si un disturbo serio e talvolta rappresenta l’evoluzione di un disturbo della comprensione del linguaggio.  - il disturbo specifico dell’articolazione dei suoni del linguaggio si presenta quando lo sviluppo dell’articolazione dei suoni è in ritardo rispetto ai coetanei, di due o più deviazioni standard. Si tratta della forma più frequente di DSL nei bambini piccoli (dai 3 ai 6 anni). In questo tipo di disturbo la logopedia è molto efficace e deve essere iniziata – con delle tecniche adeguate all’età - il più presto possibile. Questi soggetti sono da distinguere dai parlatori tardivi, che non hanno alcun problema di sviluppo del linguaggio, ma semplicemente acquisiscono il linguaggio più lentamente e tendono a regolarizzare tale sviluppo intorno ai 4 anni d’età. In ambito clinico viene utilizzata una classificazione dei disturbi specifici del linguaggio e suddivisa in tre gruppi: 1) disturbi recettivi/espressivi; 2) disturbi espressivi; 3) deficit di integrazione centrale. Le cause dei DSL non sono ancora chiare, ma frequentemente si associano alla presenza di prematurità, basso peso alla nascita, convulsioni febbrili, piccole lesioni (spesso bilaterali) della corteccia cerebrale o della sostanza bianca sottocorticale, epilessia, alterazioni genetiche specifiche. 4. BALBUZIE La balbuzie è un disturbo della normale fluenza nell’espressione delle parole. È caratterizzata dalla presenza di inceppi e rallentamenti nell’espressione verbale o prolungamenti di sillabe all’interno delle parole. Questo comportamento anormale dell’espressione verbale è inconsapevole e non può essere corretto dalla volontà, inoltre si associa frequentemente a un aumento della tensione emotiva. La balbuzie colpisce l’1% della popolazione scolastica. L’età di esordio va dai 16 mesi ai 6 anni. Si sviluppa in alcune settimane. Nei bambini dai 2 ai 5 anni si assiste spesso a una remissione spontanea della balbuzie. Le cause della balbuzie non sono note, ma nella maggioranza dei casi alla base ci sono una predisposizione genetica, apprendimento di comportamenti verbali scorretti e situazioni di stress emozionale. Per quanto riguarda il trattamento, gli individui con balbuzie vengono divisi in tre gruppi: 1) i balbuzienti precoci (2-7 anni), il cui trattamento si basa sul dare consigli ai genitori per migliorare l’espressione verbale e le loro relazioni con il figlio: parlargli lentamente, non fargli troppe domande, non usare un linguaggio complesso, aumentare l’ascolto e l’attenzione, non imporgli dei giochi. In alcuni casi vengono utilizzati anche metodi comportamentali di rinforzo positivo o negativo per migliorare l’espressione verbale; 2) i bambini grandi (8-14 anni), il cui trattamento si basa su: dei periodi intensivi di terapia di gruppo, con anche i genitori presenti, nei quali si discute di temi che creano tensione e ci si esercita in tecniche che aumentano la fluenza verbale e il rilassamento; dei trattamenti individualizzati di un’ora al giorno per 5 giorni alla settimana, durante i quali vengono sviluppate tecniche specifiche per aumentare la fluenza; 3) gli adolescenti e gli adulti con balbuzie cronica, il cui trattamento si basa su programmi per “parlare più fluentemente” o per “balbettare più fluentemente”. Negli adolescenti (15-18 anni) vengono utilizzati trattamenti di gruppo, mentre negli adulti si utilizzano sia trattamenti di gruppo sia trattamenti individualizzati. 5. TERAPIA DEL LINGUAGGIO Il logopedista (“logopedia” = pedagogia del linguaggio; “logoterapia” = terapia del linguaggio) somministra al bambino con un disturbo dell’acquisizione del linguaggio una serie di batterie di test che permette di conoscere obiettivamente le due capacità e difficoltà linguistiche. Ciò permette di effettuare una diagnosi precisa e di valutare, ripetendo i test, l’efficacia di un trattamento del linguaggio. Le neuroscienze hanno dimostrato che, dopo brevi periodi di addestramento (della durata di un messe, con 1-2 ore di stimolazione al giorno) con metodi computerizzati di rallentamento del linguaggio, gruppi di bambini con disturbi della comprensione presentavano significativi miglioramenti dl linguaggio, che venivano mantenuti nel tempo. I metodi più classici di terapia del linguaggio nei bambini si basano sull’educazione all’ascolto di stimoli 1. il disturbo dello spettro dell’autismo o autismo classico, che è una severa alterazione dello sviluppo che si manifesta prima dei 3 anni ed è caratterizzato da tre sintomi: a) mancato sviluppo dell’interazione sociale; b) difficoltà nella comunicazione sia non verbale che verbale; c) interessi ristretti e comportamenti ripetitivi o stereotipati. I soggetti con autismo hanno anche lo sviluppo cognitivo generalmente compromesso. La maggioranza dei soggetti (70%) presenta un ritardo mentale. Ipotesi patogenetiche: i deficit riscontrati nei soggetti con autismo sono stati interpretati, a livello psicologico, come determinati dalla teoria della mente (incapacità di attribuire stati mentali a sé e agli altri), oppure da un deficit di coerenza centrale (insufficiente coerenza centrale che ostacola l’integrazione delle informazioni in unità significative), oppure a un difetto delle funzioni esecutive. Diagnosi e intervento precoci: la precocità nella diagnosi (entro i 2 anni d’età) e nell’intervento è uno degli obiettivi prioritari. L’intervento precoce (tra i 2 e i 4 anni d’età) e intensivo (20 o più ore alla settimana) è in grado di determinare significativi innalzamenti del QI (in media intorno ai 20 punti) oltre a significativi progressi linguistici. Gli interventi più frequenti in Italia sono di tipo psicoeducativo e abilitativi/riabilitativi. Sono stati consigliati anche interventi comportamentali e comunicativi. Evoluzione del disturbo autistico: l’autismo è una condizione nella quale il paziente può presentare un progressivo miglioramento. Ma, la maggior parte dei soggetti con autismo mantiene i principali deficit e necessita di una serie di interventi educativi, psicologici e medici specifici per ogni età (prescolare, scolare, adolescenza, adulta). 2. la sindrome di Asperger, che è stata descritta per la prima volta nel 1944 da H. Asperger e si manifesta con anormalità nelle interazioni sociali, interessi circoscritti, manierismi stereotipati o ripetitivi, uno sviluppo intellettivo normale, uno sviluppo linguistico apparentemente conservato e uno sviluppo motorio ritardato e impacciato. Questa sindrome è il più frequente DPS, infatti, colpisce circa 3 bambini su 1.000 (in genere maschi); 3. il disturbo dello spettro dell’autismo atipico riguarda il suo esordio. Normalmente il disturbo si manifesta entro i primi 24 mesi, quando invece il bambino sembra avere uno sviluppo normale fino a 3-6 anni e poi compare una regressione, allora viene definito atipico. 25. Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività L’attenzione è una funzione cognitiva complessa organizzata in numerose componenti. 26. I disturbi da tic e la sindrome di Gilles de la Tourette I tic sono movimenti, gesti o vocalizzazioni imprevisti che interrompono, per un breve periodo, il normale comportamento e possono essere transitori o cronici. I tic motori sono delle contrazioni muscolari che interessano alcuni muscoli del volto, del collo, del tronco e degli arti. Possono inoltre essere semplici (ammiccamenti, smorfie, scatti della testa, innalzamento delle spalle) o complessi (saltellamenti, toccamenti di parti del corpo, movimenti di labbra e lingua, anche gesti osceni). I tic vocali sono semplici (schiarimento della voce, tosse, fischi, sibili, tiri di naso) o complessi (ripetizione di parole/frasi, espressioni oscene, ovvero la coprolalia). Nella maggior parte dei casi sono preceduti da sensazioni premonitorie e successivamente i soggetti sono soddisfatti. Nel sonno i sintomi sono meno intensi. a) Il disturbo da tic transitorio presenta uno o più tic che interessano la parte superiore del corpo con durata della sintomatologia inferiore a 12 mesi. Età dei bambini tra 3 e 10 anni. b) Il disturbo da tic persistente presenta tic motori semplici, complessi o vocali, ma NON entrambi, con durata superiore a 1 anno. Presente in adulti e bambini, spesso associato all’ADHD. c) La sindrome di Gilles de la Tourette è caratterizzata da tic motori multipli e da uno o più tic verbali. Una considerevole parte dei bambini presenta una remissione completa prima dei 18 anni. Nei soggetti l’esecuzione musicale riduce i disturbi, (es. suonare il pianoforte). La sindrome di Gilles de la Tourette si associa frequentemente ad ADHD (50%), alla depressione (40%) e al disturbo ossessivo-compulsivo (40%). Trattamento: genitori e insegnanti devono tenere un atteggiamento gentile, comprensivo e non giudicante; rilassamento, controllo della respirazione e tecniche di aumento della consapevolezza; possibili trattamenti farmacologici. LE MALATTIE PSICHIATRICHE 27. Le emozioni e l’affettività 28. Lo sviluppo psicologico e la formazione della personalità 29. I legami di attaccamento 30.Come si ammala la mente ? Per mente malata si intende un funzionamento mentale caratterizzato da rigidità, ansia, che allontana la persona da sé stessa e dalle relazioni interpersonali. Si assiste a una trasformazione della fisiologia e psicologia del sistema mentale in una modalità di funzionamento rigida e pervasiva. 4 livelli di gravità: 1) Normale → patologie che si collocano in una struttura di personalità 2) Nevrotico → i soggetti hanno un solido contatto con la realtà, sono capaci di delineare il proprio comportamento; 3) Bordeline → i soggetti sono incoerenti e discontinui, sanno valutare la realtà, sanno di esistere ma hanno paura di un eccessivo coinvolgimento con una persona e vivono tragicamente l’abbandono. 4) Psicotico → le persone sono disorganizzate e disperate, hanno fasi di allucinazioni, deliri, pensieri illogici, hanno una grave difficoltà ad interagire con la realtà. Fattori di rischio psicopatologico Lo sviluppo psicopatologico può essere favorito dalla presenza di cause avverse che possono essere di 2 tipi: Croniche → sono fattori di stress ambientale che durano per lunghi periodi, ma anche povertà e psicopatologia nei genitori. Esperienze acute stressanti → sono esperienze quali esposizione a episodi di violenza (es. rapine, omicidio, violenza sessuale, ecc..), perdita della figura di attaccamento, difficoltà psicologica. L’insorgenza di una psicopatologia è dovuta da fattori biologici, genetici, socioeconomici, salute mentale, intelligenza dei familiari, da dinamiche familiari, determinanti ambientali. - - Fattori genetici: Numerose patologie presentano un rischio maggiore più è stretto il legame biologico con un parente che ne è affetto. Patologie: schizofrenia, depressione, attacchi di panico. Psicopatologia descrittiva La psicopatologia descrittiva si occupa delle esperienze, dei processi cognitivi e dei comportamenti anormali. Sintomo psicopatologico descritto: lamentela o descrizione fenomenologica. Per accertare la patologia, il medico, ricorre a un esame dello stato mentale del paziente che prevede di osservare l’aspetto, il comportamento del bambino nei vari ambienti. L’architettura psichica del paziente viene analizzata nelle aree della psicopatologia descrittiva che sono: 1) Area della coscienza e cognizione a) Coscienza = è la consapevolezza di sé e della realtà. Le sue dimensioni sono la vigilanza, la lucidità, la coscienza di sé. I disturbi si manifestano con una diminuzione quantitativa e qualitativa della coscienza. b) Attenzione = consiste nella focalizzazione attiva o passiva della coscienza su aspetto percettivo, motorio, ricordi e rappresentazioni interne. I disturbi si manifestano con aumento della distraibilità, dell’impulsività e iperattività. c) Memoria= è un’importante componente della cognizione. I disturbi sono la confabulazione e la fuga isterica. 2) Area della consapevolezza della realtà a) Orientamento nel tempo= è una delle componenti della consapevolezza, si tratta di disorientamento temporale (es. deja vu). b) Disturbi della percezione= si distinguono in distorsioni sensoriali come le illusioni (percezioni errate della realtà) e false percezioni come le allucinazioni (percezioni ritenute reali dal soggetto). c) Disturbi dell’ideazione= condizioni nelle quali il soggetto presenta idee false che ritiene siano vere. presentare deficit a livello attentivo, della memoria autobiogrfafica, dello stato di coscienza. Nel trattamento devono essere identificati e curati gli eventuali concomitanti disturbi del sonno, dell’alimentazione e dell’umore. La terapia farmacologica può essere usata nelle sindromi acute prima della psicoterapia oppure nelle sindromi acute prima della psicoterapia. 32. I disturbi dissociativi e i disturbi da sintomi somatici La dissociazione rappresenta una delle modalità di difesa e di funzionamento della psiche più rilevanti. Fu studiata da Janet secondo cui l’origine dei sintomi psicopatologici è dovuta alla presenza di pensieri e memorie inconsce di origine traumatica. Visto che queste esperienze non riescono ad essere integrate nelle psiche, sono scisse da questa. 1. DISTURBI DISSOCIATIVI La dissociazione consiste in una disconnessione delle funzioni della coscienza, della memoria, dell’identità e dell’ambiente. La dissociazione sarebbe una risposta difensiva ad un trauma travolgente che permette di ridurre l’ansia. Essa svolge una funzione difensiva grazie a: a) Automatizzazione → comprende episodi di comportamento automatico non controllato dalla coscienza. b) Compartimentalizzazione → consiste nella separazione tra aree di consapevolezza e memoria. c) alterazione dell’identità → i soggetti hanno frequentemente un senso di distacco dal proprio sé. Le cause principali sono: traumi infantili, violenze collettive, catastrofi, guerre, abusi. I sintomi fondamentali sono: a) amnesia → gli individui presentano lacune nella memoria, i ricordi a comparire come flashback, ossessioni o riattivazioni del trauma. b) Autolesionismo → durante stati di trance i soggetti si infliggono ferite per meccanismi di ripetizione inconscia dell’abuso passato o per dare sollievo all’odio verso sé stessi. c) Depersonalizzazione → consiste nella sensazione di distacco da sé. d) Derealizzazione → il soggetto ha la sensazione che il mondo e gli eventi che accadono sono irreali. e) confusione d’identità → è una sensazione di incertezza, confusione e conflitto sul proprio senso di sé. f) disturbo dell’identità → il disturbo dissociativo può essere considerato come un’alterazione del normale processo di identificazione. Vi è la sensazione che ci siano molte persone all’interno di sé e ognuna di esse non sa dell’esistenza delle altre. Somatizzazioni: Il disturbo somatoforme comprende un insieme di sintomi involontari tipici delle malattie psicosomatiche che non dipendono da una malattia organica. Nei soggetti in età evolutiva le somatizzazioni riguardano: dolori addominali ricorrenti, mal di schiena, sindrome da fatica cronica, asma. Essi sono associati a un’alterazione dell’attenzione che impedisce ad alcune info di entrare nel flusso della coscienza. Nei soggetti coinvolti negli abusi sessuali o fisici due sono le reazioni possibili: la fuga o una reazione di congelamento, di uscita dal corpo per allontanarsi dalla situazione. Trattamento: prevalenza del trattamento psicoterapeutico in cui si integrano le diverse componenti della memoria e della coscienza dissociate. È, però, possibile ricorrere anche a farmaci. 2. 33. I disturbi d'ansia L’ansia è una condizione di agitazione e preoccupazione scatenata da una causa indefinita. Si trasforma in angoscia quando l’indefinibile minaccia che viene dal futuro sembra avvicinarsi pericolosamente. Lo stato d’ansia presenta segni fisiologici: tachicardia, ipertensione, tremore, dilatazione pupillare, sudorazione, secchezza della bocca, irrequietezza e agitazione psicomotoria. Circuiti nervosi dell’ansia e della paura La paura è un’emozione fondamentale per la sopravvivenza, quando si attiva l’individuo avverte timore, tensione, nervosismo, aumento della vigilanza e ansia generalizzata, accelerazione battito cardiaco, blocco sistema digestivo. La risposta comportamentale può essere di fuga, lotta o inibizione. Il circuito della paura è composto da: ipotalamo, sostanza grigia periacqueduttale, amigdala, bed nucleus della stria terminalis, ippocampo, corteccia orbitofrontale e corteccia del cingolo anteriore. Neurotrasmettitori coinvolti: GABA; adrenalina; noradrenalina; dopamina e serotonina. Per controllare l’ansia si usano le benzodiazepine che legandosi al GABA producono effetti ansiolitici. Diversi tipi: 1) ansia da separazione = è la paura di distaccarsi dalle figure di riferimento. È favorita dalla presenza di genitori affetti da disturbi affettivi, da una madre che ha paura a rendere autonomo il figlio, da disaccordo all’interno di una coppia genitoriale. Questi bambini spesso possono presentare un marcato rifiuto di andare a scuola, altre volte possono avere paura di dormire lontano da casa o paura che accada qualcosa ai genitori. Insorge verso i 7-8 anni e può evolvere nel disturbo da panico, agorafobia, disturbo dell’umore. 2) d,isturbo d’ansia generalizzato= è una condizione di eccessiva preoccupazione: per l’adeguatezza dei comportamenti del passato, per le proprie capacità, bisogno di rassicurazioni, stato di tensione. Per questo si possono presentare somatizzazioni, irrequietezza, facile stancabilità, difficoltà a concentrarsi e ad addormentarsi, irritazione, Deve presentarsi per almeno 6 mesi e viene associato a un disturbo depressivo. 3) disturbo di panico o attacco di panico = l’attacco di panico è una condizione che insorge acutamente, il soggetto avverte delle esperienze interne che gli sembrano strane e bizzarre. Perciò teme di perdere il controllo della situazione, si sente confuso e disorientato e sommerso da un’ansia incontrollabile. Sintomi frequenti sono la mancanza d’aria, vertigini, palpitazioni, sudorazioni, nausea, depersonalizzazione, derealizzazione, vampate di calore, formicolii, dolore toracico, paura di morire. Cause sono la predisposizione genetica associata ad attaccamenti insicuri, ansia da separazione, agorafobia, disturbo depressivo. 4) fobie semplici = la fobia è una paura esagerata e persistente, collegata a un oggetto o una situazione che non costituiscono una significativa fonte di pericolo. I soggetti riconoscono che la loro paura è esagerata e irrazionale. Esordisce nell’infanzia e si attenua con il tempo. Frequente presenza dei sintomi somatici. Situazioni che suscitano paura possono essere: altezza, buio, sangue, cani o altri animali, insetti, folla, spazi aperti/chiusi, ecc... 5) fobie sociali = il soggetto prova un’ansia intensa nelle situazioni sociali, d’interazione con nuove persone che ritiene lo possano giudicare negativamente o umiliare. Si sente continuamente osservato e giudicato dagli altri. È considerata un’anticipazione della vergogna(=riattivazione di una precoce esperienza di disconnessione sociale). L’esordio si ha a 4-6 anni con comportamento di evitamento, pianto, grida, atteggiamenti adesivi e di aggrappamento nelle condizioni di interazione sociale con estranei. 5) fobie sociali = il soggetto prova un’ansia intensa nelle situazioni sociali, d’interazione con nuove persone che ritiene lo possano giudicare negativamente o umiliare. Si sente continuamente osservato e giudicato dagli altri. È considerata un’anticipazione della vergogna (=riattivazione di una precoce esperienza di disconnessione sociale). L’esordio si ha a 4-6 anni con comportamento di evitamento, pianto, grida, atteggiamenti adesivi e di aggrappamento nelle condizioni di interazione sociale con estranei. La diagnosi viene fatta quando la sintomatologia causa un significativo disagio sia a livello soggettivo sia nelle abitudini di vita con comportamenti volti a evitare lo scatenarsi o l’accentuarsi della condizione psicopatologica. Cause dei disturbi d’ansia: fattori genetici, stili educativi. Secondo Freud l’ansia sarebbe un segnale di presenza di un pericolo inconscio. Secondo Jung, invece, l’ansia sarebbe il risultato di un conflitto tra la coscienza e alcune istanze archetipiche dell’inconscio. Trattamento: Bisogna informare genitori e il bambino del tipo di problema, della sua origine ed eventuale evoluzione. Si esegue un trattamento psicoterapeutico e nei casi più gravi anche una specifica terapia farmacologica. 34. Il disturbo ossessivo-compulsivo È una condizione psicopatologica comune caratterizzata dalla presenza di ossessioni e compulsioni. Le ossessioni sono dei pensieri o delle immagini mentali assillanti, indesiderate e tormentose che sono fonte d’ansia. Le compulsioni, invece, sono dei comportamenti che vengono realizzati nel tentativo di esorcizzare l’ansia e le paure causate dalle ossessioni. I soggetti con disturbo ossessivo-compulsivo in genere sono consapevoli che le loro ossessioni sono irreali, ma la loro ansia e paura sono reali. Il disturbo ossessivo- compulsivo si differenzia da disturbo di personalità ossessivo-compulsivo che, invece, è meno invalidante in quanto le ossessioni e le compulsioni sono meno fastidiose. SINTOMATOLOGIA: Nel disturbo ossessivo-compulsivo sono presenti pensieri ed impulsi impropri e disturbanti che il soggetto non ritiene piacevoli e ai quali cerca di resistere. Le ossessioni possono essere: intrusive, proprie, insensate, che occupano tempo, a cui cercano di resistere e che si possono compromettere il proprio funzionamento, provocano malessere. Le ossessioni hanno a che fare con il tema della contaminazione (pulizia, germi, incolumità), con pensieri aggressivi, con pensieri di malattia, con bisogno di certezza, con frasi/suoni/immagini senza significato, ecc.. Le compulsioni, invece, sono delle azioni che il soggetto non può non fare per prevenire un disagio o evitare qualche evento terribile. È un disturbo prevalente nei maschi. Si devono distinguere 2 livelli: - Manifestazioni cliniche = ossessioni e compulsioni - Contenuti = cioè il contenuto dei pensieri che provocano paura e angoscia. EZIOLOGIA: La causa non è ancora nota, ma potrebbe essere: - predisposizione genetica   depressione unipolare: viene chiamato anche disturbo depressivo maggiore; consiste in uno stato continuo di malinconia senza speranza. La persona depressa non ha desideri, piaceri, reazioni. A livello fisico presenta una serie di sintomi che sono: senso di fatica, grave insonnia, sonno eccessivo, lentezza nei movimenti e nel parlare, perdita desiderio sessuale, inappetenza e stitichezza. Si manifesta ciclicamente. disturbo bipolare: condizione di scompenso nel tono umorale dove si nota l’alternanza di cicli di depressione a stati maniacali (mania). Durante la crisi maniacale il soggetto è eccitato e instancabile, pieno di idee e iniziative, dorme pochissimo, parla e scherza con chiunque, non scolta nessuno, manca di autocritica, può spendere somme folli, fare debiti, litigare per futili motivi. 2 tipi1) dove gli episodi maniacali sono chiari e si alternano a episodi depressivi 2) dove gli episodi depressivi sono chiari e si alternano a periodi di lieve mania. Forme lievi di disturbi: distimia (forma di depressione attenuata che persiste nel tempo. Il soggetto presenta poca energia fisica e psichica, non riesce a concentrarsi, è poco socievole, eccessivamente pessimista, scarso appetito e insonnia); disturbo ipomaniacale (il soggetto presenta eccessivi periodi di ottimismo e autostima, loquacità elevata ma insensata); disturbo ciclotimico (i sintomi di esaltazione, dove il interrotti dà un’immagine di sé smagliante, sono interrotti da periodi di depressione dove il soggetto sparisce dalla circolazione). 2. Le cause e la patogenesi Cause: sconosciute, è stata documentata una sicura vulnerabilità genetica, esperienze di vita negative. L’ipotesi è che le alterazioni funzionali del sistema nervoso primario connesso con la regolazione biologica di base che riguarda il ciclo sonno-veglia, l’alimentazione, comportamento sessuale, ipoattivazione del comportamento dorsale e ventrale. 3. I disturbi del tono dell’umore in età evolutiva Il disturbo depressivo unipolare è prevalente nelle femmine. La sintomatologia dei disturbi depressivi in età evolutiva è simile a quella dell’età adulta, sono spesso frequenti le lamentele somatiche, l’agitazione, i sensi di colpa e di inadeguatezza. Il disturbo bipolare, invece, ha una maggiore frequenza nei maschi. La sintomatologia maniacale negli adolescenti si caratterizza più per l’irritabilità, impulsività e aggressività. La comorbidità si associa ai disturbi d’ansia, di attenzione e iperattività, disturbi della condotta e abusi di sostanze. 4. Il suicidio e il tentativo di suicidio Associato ai toni dell’umore sono i pensieri suicidari, i tentativi di suicidio e il suicidio. 5. Trattamento Il riconoscimento dei primi sintomi viene fatto dagli insegnanti, coordinati dagli psicologi scolastici. È consigliabile un intervento psicoterapeutico associato a terapia farmacologica. intervento psicoterapeutico associato a terapia farmacologica. Nei casi di depressione maggiore sono efficaci i trattamenti basati sulla consapevolezza e la presa di distanza dai pensieri negativi. 37. La schizofrenia e le psicosi in età evolutiva Le psicosi sono delle condizioni dove sono presenti sia disturbi della percezione (allucinazioni), del pensiero e (deliri), sia alterazioni del comportamento che si associano a una perdita di contatto con la realtà e a un decadimento della consapevolezza e della capacità di organizzare i vissuti personali. La forma più frequente di psicosi è la schizofrenia a insorgenza precoce (prima dei 18 anni) o molto precoce (prima dei 13 anni). 1. La schizofrenia La schizofrenia è una psicopatologia cronica che prevede la mancanza di coordinamento tra le funzioni psichiche che sottendono la personalità, l’intelletto, le emozioni Esordisce attorno ai 20 anni. Venne definita “Mente divisa”, intendendo tutte quelle forme di pazzia caratterizzate da una mancanza di coordinamento tra le funzioni psichiche, l’intelletto e le emozioni. Le alterazioni sono variabili ma si possono suddividere in:  Sintomi positivi, che riguardano il nucleo centrale  Sintomi negativi, che sono gli aspetti carenziali. A) Disturbi del pensiero, comprendono inserimento del pensiero, trasmissione del pensiero, furto del pensiero, eco del pensiero. B) Disturbi della percezione, si manifestano con le allucinazioni. C) Disturbi dell’ideazione, consistono in una significata riduzione dell’azione, del pensiero, del linguaggio, delle emozioni e delle interazioni sociali. Sintomi sono l’assenza di volontà che si manifesta con carenza di energia, scarsa cura e igiene personale, scarsa dedizione alle proprie occupazioni. I deficit a livello di pensiero e linguaggio si caratterizzano per una povertà di contenuto del linguaggio e per significativi deficit del discorso. 2.Le cause della schizofrenia non sono note, ma molto probabilmente dipendono da:  danni neuroevolutivi di natura organica  componenti genetiche  gli episodi psicotici sono correlati ad una maggior liberazione di dopamina e una maggior Patogenesi della schizofrenia sensibilità dei recettori dopaminergici. L’ipotesi è che la schizofrenia sia dovuta ad un disturbo dello sviluppo del cervello con eliminazione di cellule nervose nella corteccia prefrontale e ridotta eliminazione dei neuroni in alcune strutture sottocorticali. I pazienti affetti da schizofrenia non sono in grado di percepire le loro azioni, i loro pensieri, il loro linguaggio interiore come causati da loro stessi ma come generati da forze esterne. 38. Disturbi dell’evacuazione I disturbi dell’evacuazione riguardano la capacità di controllare l’emissione di feci e urine, nelle modalità socialmente appropriate. Il controllo degli sfinteri dipende dalla maturazione dei sistemi neuromuscolari e dall’apprendimento di norme di pulizia. Enuresi: emissione involontaria di urine senza malattie dimostrabili. L’urina viene formata a livello renale mediante un processo di filtrazione e depurazione del sangue. Lo stimolo si sente a 150/250 ml, a 700 c’è lo svuotamento spontaneo. Diagnosi sopra ai 5 anni. Può essere solo notturna, solo diurna o mista, può essere primaria (se è da sempre) o secondaria se è dopo un avvenimento (con almeno 6 mesi di controllo). Cause 70% genetiche. Bassa capacità funzionale della vescica. Oppure anomalo funzionamento dell’ormone antidiuretico, 40% associato a diagnosi psicopatologiche. Oppure causato da sensi di colpa, vergogna o imbarazzo. Trattamento: psicoeducativo, dispositivo acustico che sveglia il bambino, ormone desmopressina Enconuresi: stimolo quando le feci passano dal colon al retto. Soggetti con controllo volontario (+ 2 anni) necessaria la contrazione addominale. Controllo sfinterico: 4 anni 5% no; 3 anni 10% no, 7 anni 1,5% no. Hanno uno sviluppo intellettivo normale. Diversi livelli di encoprpesi (perdita di feci frequente e possibili disturbi psicopatologici, oppure con perdita e aumento massa fecale, oppure perdita feci liquide...) Causa: costipazione e ritenzione cronica di feci nel retto, condizioni familiari difficili. 39. I disturbi del comportamento alimentare I disturbi del comportamento alimentare evidenziano un disagio psicopatologico, si tratta, infatti, di condizioni psichiche molto gravi che possono a loro volta determinare delle malattie croniche e in taluni casi condurre anche alla morte. Punto di riferimento è quello di peso ideale ovvero i soggetti con questi disturbi pensano di essere in sovrappeso. BMI = peso in kg / (statura in metri * statura in metri) Per l’OMS:  peso ideale: BMI varia 18.5-25  sottopeso: BMI < 18.5  malnutrizione: BMI<17.5  sovrappeso: BMI varia 25-29.9  obesità: BMI da 30 a 40. Malnutrizione e obesità sono patologie che comportano: alterazioni cardiache, del metabolismo osseo, immunitarie, respiratorie, ematologiche, gastrointestinali. 1. 2. Bellezza e peso idealeÈ difficile definire cosa sia la bellezza. Secondo Paul Ekman sostiene che gli esseri umani fin da piccoli preferiscono guardare i volti belli. Secondo Nancy Etcoff la bellezza gioca un ruolo fondamentale nella scelta sessuale e nella sopravvivenza. I parametri della bellezza sono influenzati dalle convezioni sociali come la moda. In Italia un terzo delle ragazze crede di essere sovrappeso anche se non lo è. Sentirsi sufficientemente magra rispetto agli standard proposti dai media, nei maschi, invece, è legata al non sentirsi sufficientemente muscoloso. L’immagine corporeaUn aspetto fondamentale è quello di immagine corporea, che è l’interpretazione soggettiva di se stessi. Essa dipende da fattori biologici, percettivi, cognitivi, emotivo-affettivi, interpersonali e socio personali. L’immagine del proprio corpo è prevalentemente rappresentata nei sistemi di delle conoscenze implicite che mantengono le informazioni dell’immagine corporea di tipo propriocettivo, enterocettivo, vestibolare e tattile. Da questi fattori si genera il senso di sé e la percezione della propria autostima. Il momento più critico è l’adolescenza, dove lo sviluppo dell’immagine corporea è combattuta tra la presenza dei tratti infantili e adulti nello stesso corpo. I disturbi dell’immagine del proprio corpo dipendono dal modo in cui un soggetto internalizza i valori della propria cultura,dal livello della sua autostima e spesso dall’internalizzazione di un modello di sé troppo idealizzato. L’insoddisfazione del corpo può manifestarsi come disturbo dismorfico corporeo che è l’idea delirante e ossessiva di un difetto estetico del proprio corpo che in realtà non esiste o è delirante. Caratteristiche cliniche dei disturbi del comportamento alimentareLe forme cliniche più diffuse sono: Anoressia nervosa: Idea delirante di sentirsi grassi, Significativa perdita di peso, Interruzione ciclo mestruale per almeno 3 mesi. Si distinguono 2 sottotipi: sottotipo restrittivo, nel quale la persona ha perso il peso praticando solo digiuno ed eccessiva attività fisica; sottotipo bulimico, nel quale vi sono frequenti episodi di abbuffate e svuotamento con vomito indotto. Questo disturbo presenta un’associazione con diversi disturbi, come disturbi della personalità, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo borderline, disturbo evitante, disturbo depressivo, disturbo paranoide e disturbo dipendente. Compare tra i 10-30 anni ed è tipica nelle femmine che tendono a sviluppare un’immagine del loro corpo distorta e a vedersi grasse anche se il peso è nella norma. Nei maschi si parla di anoressia nervosa a rovescio, ovvero vi è la paura di essere grasso e mingherlino pur passando tempo a aumentare la massa muscolare.  TABACCO. La sua pianta contiene nicotina, un alcaloide psicoattivo molto potente. Causando una forte dipendenza, l’uso originario in ambiti rituali e religiosi si affianca all’uso voluttuario. Attualmente il fumo del tabacco è una delle “droghe” legalizzate più diffuse nel mondo. Attraverso il fumo, la nicotina raggiunge il cervello molto velocemente e si lega ai recettori nicotinici dell’acetilcolina; quando la nicotina si lega ai suoi recettori viene attivata l’entrata di sodio nei neuroni, con una conseguente eccitazione degli stessi. A bassi dosaggi ematici la nicotina sembra incrementare le funzioni cognitive, aumenta il ritmo e la pressione cardiaca, aumenta la secrezione di acido cloridrico nello stomaco, stimola la contrazione intestinale e riduce l’assunzione di cibo. La nicotina è un alcaloide molto tossico; una dose fatale (60 mg) produce convulsioni e insufficienza respiratoria.  MARIJUANA E CANNABINOIDI. La canapa indiana è stata utilizzata dall’antichità come pianta psicoattiva, medicinale e di fibra. L’inalazione del fumo permette un maggiore e più veloce assorbimento rispetto all’assunzione orale. Gli effetti fisici e psicologici dell’assunzione del principio attivo della cannabis sono i seguenti: nella fase iniziale il soggetto può avvertire una lieve vertigine, spesso vengono provate sensazioni di formicolio in diverse parti del corpo; successivamente può comparire euforia e disinibizione, che spesso si manifesta con la tendenza a ridere; per dosi sufficientemente elevate di principio attivo, il soggetto può avvertire un profondo senso di calma e rilassamento, mentre a livello cognitivo sperimenta una condizione simile a un sogno ad occhi aperti. In alcuni soggetti l’assunzione di THC può produrre condizioni di ansia e di paura, fino a episodi psicotici acuti; queste esperienze si associano a deficit neuropsicologici e psicomotori.  INALAZIONE DI SOSTANZE VOLATILI E GAS, è un fenomeno molto diffuso in età evolutiva. Queste sostanze sono in grado di modificare lo stato di coscienza, con euforia, disinibizione, distorsioni sensoriali, allucinazioni visive e uditive. Le sostanze volatili inalanti si comportano in generale come l’alcol, inibendo l’attività del sistema nervoso attraverso un’amplificazione delle funzioni inibitorie del GABA e una riduzione delle funzioni eccitatorie dei recettori NMDA del glutammato. È una tipologia di abuso molto pericolosa perché le sostanze utilizzate possono provocare condizioni acute di estrema gravità, come le psicosi acute con l’impressione di volare, la perdita di coscienza, il coma e gravi aritmie cardiache, che possono portare alla morte improvvisa del soggetto. Produce effetti molto gravi con danni permanenti al fegato, ai polmoni, alle reni e al sistema nervoso.  COCAINA è un alcaloide; gli esseri umani hanno incominciato a masticare le foglie di coca per scopi rituali e religiosi; l’assunzione tradizionale di cocaina avveniva tramite la masticazione delle foglie; attualmente, nel mercato illegale della droga, si assume la cocaina per aspirazione nasale, attraverso il fumo o per via endovenosa (vie più rapide sono quella endovenosa e quella nasale); determina una sensazione di euforia, benessere, energia e di innalzamento dell’autostima; può dare luogo a sensazioni di piacere e potere. Il meccanismo d’azione consiste nel blocco della ricaptazione presinaptica di tre neurotrasmettitori: dopamina, noradrenalina e serotonina. Nel sistema nervoso autonomo si comporta come un simpatico mimetico; a livello periferico provoca vasocostrizione arteriosa, innalza la pressione arteriosa e determina un aumento del ritmo cardiaco. Induce assuefazione e una grave dipendenza, sia a livello fisico che psichico.  MDMA (ECTASY) è una sostanza psicoattiva eccitante sintetizzata dall’industria farmaceutica Merck nel 1914; successivamente è stato dimenticato per più di 50 anni ed è stato riscoperto da alcuni psichiatri alla fine degli anni ’70. Veniva utilizzato come ausilio nella psicoterapia perché aumentava l’empatia, le capacità comunicative e l’espressione delle emozioni. È diventata una delle sostanze di sintesi più utilizzate dagli adolescenti e dai giovani. Viene assunta in pastiglie, prevalentemente nei weekend in discoteca. Produce euforia, potenziamento delle capacità percettive, aumento dell’energia, sensazione di benessere, incremento dell’autostima, desiderio di interagire con gli altri, desiderio di contatto e intensificazione del desiderio sessuale; produce un aumento del ritmo cardiaco e della pressione arteriosa, che si associa a un aumento della temperatura corporea con un’aumentata sudorazione. La sua azione consiste principalmente nel far aumentare la liberazione di serotonina e nella inibizione della sua ricaptazione e nella liberazione, più limitata, di dopamina. Sembra provocare degli effetti patologici cronici a livello cerebrale.  ALLUCINOGENI, tra i quali la sostanza di sintesi più conosciuta ed utilizzata è la dietilammide dell’acido lisergico (LSD). È un allucinogeno sviluppato a partire da una serie di alcaloidi estratti da un fungo (claviceps purprea). È in grado di produrre intensi fenomeni psicologici conosciuti come trip. Nelle prime fasi dell’esperienza (30-90 minuti dall’ingestione), il soggetto assiste all’intensificarsi dei colori e alla visione di pattern geometrici quando chiude gli occhi; dopo 2-3 ore si trova nella fase plateau: il tempo pare rallentare e fermarsi, le visioni sono più intensificate e il mondo può apparire sospeso e splendente, si può sperimentare il fenomeno della sinestesia. La durata di ogni esperienza può variare da 6 a 12 ore. Determina una drastica diminuzione della serotonina attiva, con conseguente disattivazione dei nuclei del raphe, una condizione che sembra generare uno stato psichico di tipo onirico.  OPPIO, MORFINA ED EROINA. L’oppio viene estratto dal Papaver somniferum, una pianta dal fusto eretto, alta da uno a due metri; dalla spremitura della sua capsula è possibile ottenere un olio di papavero di colore giallo pallido, trasparente, inodore e dal sapore gradevole. L’estrazione del succo avviene tramite incisione; una volta seccato, viene grattato via, assume un colore scuro e viene chiamato oppio. Le funzioni neuropsicologiche dell’oppio sono collegate alla morfina e alla codeina in esso contenuti. Questi due alcaloidi sono sostanze antagoniste delle endorfine; l’assunzione per via orale di una dose moderata di morfina produce: sensazione di sollievo nella quale il dolore continua a essere avvertito, ma in maniera distaccata; riduzione del ritmo respiratorio; costrizione pupillare. L’individuo ha difficoltà di concentrazione, tende a ritirarsi, ad addormentarsi e a sognare; con dosi più elevate (inalazione o endovena) possono manifestarsi veri e propri stati di estasi e di euforia. L’oppio, la morfina e i suoi derivati sono stati largamente utilizzati come sostanze voluttuarie; l’uso provoca assuefazione e dipendenza. Le modalità di assunzione (soprattutto endovenosa) hanno favorito anche la diffusione di gravi malattie (epatite virale e AIDS). L’identificazione dell’uso/abuso di una sostanza psicoattiva in età evolutiva può essere ottenuta mediante un colloquio e una raccolta attenta e dettagliata della storia del soggetto, a cui poi deve seguire una valutazione approfondita delle sue condizioni cliniche. L’ambito più complesso e impegnativo è quello dell’educazione e della prevenzione; le informazioni devono essere impartite in maniera chiara e veritiera. LE MODALITÀ DI INTERVENTO 43.Principi di neuroriabilitazione 44. Le principali strategie psicoterapeutiche 45. Gli psicofarmaci in età evolutiva L’organo bersaglio su cui gli psicofarmaci svolgono la loro azione sono le sinapsi. Le principali modalità d’azione riguardano le influenze sui neurotrasmettitori e sui loro recettori. La loro azione può essere di tipo antagonista (impedendo al neurotrasmettitore di svolgere la sua funzione) oppure agonista (facilitando la funzione del neurotrasmettitore). Alcuni psicofarmaci hanno un’azione agonista-antagonista, a basso dosaggio mimano l’azione del neurotrasmettitore e ad alto dosaggio bloccano l’azione del recettore postsinaptico. Infine, alcuni psicofarmaci modulano l’attività del recettore. Il farmaco può essere introdotto per via orale, intramuscolare ed endovenosa. La via di somministrazione influenza il tempo di assorbimento e la quantità assorbita. Una volta giunto nel sangue, una parte del farmaco si lega a delle proteine trasportatrici, una parte rimane libera e agisce sugli organi bersaglio; la quota libera viene progressivamente consumata e quindi eliminata attraverso il fegato e i reni. 1. BENZODIAZEPINE (BZD) sono dei farmaci che si legano al recettore dell’acido gamma-aminobutirrico (GABA), aumentandone l’attività inibitoria. Presentano un’attività ansiolitica (riducono l’ansia acuta e l’agitazione), ipnotica (facilitano l’induzione del sonno), miorilassante (rilassamento muscolare) e anticonvulsivante (riducono la frequenza delle crisi convulsive e contrastano lo stato di male epilettico). Sono stati sintetizzati diversi tipi di BZD: alcune hanno una emivita plasmatica molto lunga, altre hanno una vita più breve. Questi farmaci provocano fenomeni di tolleranza e di dipendenza; in caso di sospensione della terapia, il farmaco deve essere ridotto lentamente. L’uso in età evolutiva è molto limitata, soprattutto per gli effetti negativi sui processi di memorizzazione e apprendimento; 2. ANTIPSICOTICI posso essere di due tipi. I neurolettici tradizionali presentano prevalentemente effetti sedativi, altri agiscono in maniera rilevante sui recettori dopaminergici, riducendo i sintomi psicotici positivi, ma spesso provocano parkinsonismo secondario. I nuovi antipsicotici atipici agiscono sui sintomi positivi e negativi delle psicosi, presentando effetti collaterali minori. 3. ANTIDEPRESSIVI sono farmaci in grado di contrastare la malattia depressiva agendo sui sistemi noradrenergici, serotoninergici e dopaminergici. I primi farmaci antidepressivi, sviluppati all’inizio degli anni ’50, sono stati i triciclici (TCA), che bloccano la ricaptazione della noradrenalina e della serotonina; sono stati utilizzati nel trattamento preventivo dell’emicrania e dell’enuresi, oltre che nella cura della depressione; possono provocare alterazione del ritmo cardiaco e della pressione. Una seconda categoria di farmaci antidepressivi sono gli inibitori delle monoaminossidasi (I-MAO); si tratta di molecole che bloccano l’attività degli enzimi MAO che si trovano nello spazio intersinaptico; agiscono impedendo la degradazione delle monoamine citoplasmatiche. Necessario evitare cibi ricchi di tiramina. Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono stati introdotti alla metà degli anni ’80; attualmente sono i farmaci di prima scelta nel trattamento della depressione con percentuali di remissione della sintomatologia intorno all’80%. L’azione antidepressiva inizia a manifestarsi dopo circa 2 settimane dall’inizio della terapia; vengono utilizzati anche nel trattamento di attacchi di panico e nei disturbi d’ansia. Gli effetti collaterali sono nausea, cefalea e dolore gastrico. 4. STABILIZZANTI DEL TONO DELL’UMORE, il farmaco più diffuso per la profilassi degli episodi depressivi e del disturbi bipolare è il litio, il cui meccanismo d’azione non è noto, ma si pensa agisca a livello cellulare e sui meccanismi di liberazione dei neurotrasmettitori. Gli effetti collaterali più gravi sono l’aumento ponderale, la comparsa di tremori fini alle mani e la possibile insorgenza di una sindrome da sovradosaggio. Nel disturbo bipolare vengono usati farmaci antiepilettici. 5. PSICOSTIMOLANTI sono farmaci utilizzati in età evolutiva prevalentemente per la cura di ADHD; la molecola più nota è il metilfenidato (Ritalin), ma vengono utilizzati anche alcuni tipi di anfetamine e l’atomoxetina. Si tratta di sostanze che facilitano la liberazione presinaptica di noradrenalina e dopamina o che ne inibiscono la ricaptazione. Gli stimolanti del sistema nervoso si sono rivelati utili nella riduzione della disattenzione, impulsività e iperattività. I più comuni effetti indesiderati sono il dolore allo stomaco, l’ansia, l’irritabilità, l’insonnia, le alterazioni del ritmo cardiaco e la disforia. Possono provocare anche una riduzione dell’appetito e la comparsa di sintomi simili alla sindrome di Tourette (tic e discinesie); l’effetto collaterale più importante è lo sviluppo di una dipendenza psicologica e fisica. 46. L’insegnante e la relazione d’aiuto
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