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Riassunto manuale di sociologia generale - David Croteau, William Hoynes, Schemi e mappe concettuali di Sociologia

Riassunto completo del manuale di sociologia.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2019/2020

Caricato il 02/05/2022

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Scarica Riassunto manuale di sociologia generale - David Croteau, William Hoynes e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Sociologia solo su Docsity! Capitolo 1: Introduzione. La sociologia nel mondo globale 1.1 Cos’è la sociologia? La sociologia è lo studio sistematico del rapporto fra individuo e società. Assumere una prospettiva sociologica significa riconoscere e comprendere i collegamenti fra gli individui e i più vasti contesti sociali nei quali essi vivono. L’identità e l’ambiente sociale influenzano la persona che si è e che si potrebbe essere. Il nucleo della prospettiva sociologica risiede proprio nella comprensione di questi collegamenti. La prospettiva sociologica Nel 1959 il sociologo americano C. Wright Mills definì la prospettiva sociologica immaginazione sociologica, “ci consente di afferrare biografia e storia e il loro mutuo rapporto nell’ambito della società”. La nostra condizione di individui (biografia) dipende da forze più ampie all’interno della società (storia). Infatti, Mills afferma che con il mutare delle condizioni sociali cambia anche la nostra vita personale. Nonostante ciò, non siamo soggetti passivi, anzi la prospettiva sociologica esprime che ci sia un’interazione fra le condizioni sociali che modellano la nostra vita e le azioni che compiamo in quanto persone. Non possiamo scegliere le condizioni di vita ma possiamo decidere come affrontarle, sia come persone sia come collettività. Sociologia e buon senso Ci sono molte espressioni che sembrano riflettere dei modi di dire nella prospettiva sociologica. Alcune alludono al fatto che non sia abbia avuto la possibilità di scegliere ma che le possibilità che si presentano nella vita siano state determinate da condizioni sociali; altre alludono al fatto che siamo completamente padroni della nostra vita; oppure che il nostro carattere è determinato da origini sociali. In realtà per comprendere e per operare una società complessa abbiamo bisogno non solo di capire come noi percepiamo il mondo, ma è molto importante capire come anche gli altri lo concepiscono. La prospettiva sociologica non è altro che un modo più sistematico e approfondito per indagare i modelli di comportamento e i processi che organizzano la vita sociale. La sociologia come disciplina Oltre alla prospettiva sociologica è necessaria una grande varietà di strategie di ricerca per studiare in maniera organizzata i modi in cui le nostre azioni agiscono sulle forze sociali e come queste agiscono su di noi. La prospettiva sociologica si applica a qualsiasi problema sociale e a qualsiasi aspetto della vita, proprio per questo la sociologia si occupa di molti argomenti. La sociologia fa parte delle scienze sociali, un gruppo di scienze basate sulla ricerca empirica che raccolgono dati e ne valutano al fine di studiare la società umana. Si distinguono dalle scienze naturali perché queste si concentrano sugli aspetti fisici della natura. La ricerca sociologica ha un raggio di interesse molto ampio, perché deve studiare il fenomeno in questione sotto tutti gli aspetti delle relazioni sia con le istituzioni sociali ma anche le relazioni individuali tra le persone. Proprio per questo motivo presenta molte aree di specializzazione come sociologia della famiglia, sociologia della salute, sociologia delle religioni. 1.2 Il contesto storico e sociale della sociologia La sociologia si sviluppa in Europa intorno al XIX secolo dopo una serie di scoperte scientifiche, rivendicazioni di cambiamenti sociali, innovazioni tecnologiche e crisi economiche. 1.2.1 L’ascesa della modernità Nel ‘700 inizia una nuova fase storica quella della modernità, caratterizzata dalla crescita della democrazia, della libertà personale, dal progresso dell’utilizzo delle scienze per spiegare i fenomeni naturali e uno spostamento ad un’economia industriale urbana. Nel corso del Medioevo (400-1400) le idee religiose servivano per spiegare fenomeni naturali e sociali, la vita politica era dominata dalla classe superiore, gli aristocratici, e il sostentamento dell’economia era basato sull’agricoltura. Tra il Rinascimento e la Prima Era Moderna vengono poste le basi della scienza moderna, si sviluppano i primi movimenti sociali e politici e i progressi tecnologici. Tra il XVIII e il XIX secolo dal punto di vista culturale si sviluppa l’Illuminismo, una corrente di pensiero che prediligeva un ragionamento di tipo scientifico per spiegare i fenomeni naturali, allontanando così le credenze religiose; da un punto di vista politico ci furono la Rivoluzione Americana, la Rivoluzione Francese, i moti del ’48 che portarono l’ascesa della democrazia e una presa di coscienza dei diritti individuali; da un punto di vista economico e sociale si passò ad un’economia industriale urbana rispetto ad un’economia agricola, si sviluppò l’urbanizzazione e ci fu l’avvento del Capitalismo. La dipendenza dalla ragione che si scaturì, pose le basi necessarie per la nascita della sociologia. Da questi cambiamenti derivarono molti problemi sociali e i sociologi provarono a suggerire diverse soluzioni. 1.2.2 Rivoluzione culturale: la scienza e l’Illuminismo Se nel corso del Medioevo la Chiesa dominava la società soprattutto da un punto di vista intellettuale, voleva spiegare tutti gli aspetti della vita con la La cultura dominante per gli studiosi moderni era il declino delle religioni come scienze per spiegare i fenomeni sociali e naturali e un’ascesa della scienza e della razionalità. La postmodernità invece è caratterizzata da una cultura estremamente frammentata, partendo dal multiculturalismo associato al rifiuto delle verità universali. Per quanto riguarda le società più agiate ci sono altri cambiamenti come: ● L’espansione dei media e della cultura del consumo. Le tecnologie dei media hanno avuto un’enorme espansione in tutti gli aspetti della vita sociale, creando nuove opportunità di comunicazione, creando un ambiente sempre più commercializzato e totalizzante. ● Economia globale. Facciamo tutti parte di un sistema globale di produzione e consumo. I prodotti che troviamo non sono tutti originari del paese in cui viviamo ma vengono dalle diverse parti del mondo. La sociologia si sta interrogando sul cambiamento che ha questa economia sulla società. ● Invecchiamento della popolazione. Grazie ai progressi della medicina viviamo molto più allungo e conduciamo una vita più sana. La società si deve adeguare a una popolazione vecchia con tutte le conseguenze che ne divengono. ● La famiglia che cambia. La definizione di famiglia e il suo ruolo della società è cambiato, dovuto alle numerose definizioni di famiglia che si è allargato rispetto a quella tradizionale. ● Istituzioni sociali in difficoltà. In molte parti del mondo c’è ancora molta speranza che la democrazia sostituisca i regimi politici repressivi, ma in quei stati dove la democrazia è presente già da molto tempo, spesso sembrano avere problemi. ● Crescenti diversità e multiculturalismo. L’economia globale e il facile spostamento tra i paesi ha favorito lo sfumare dei confini nazionali. ● Violenza e guerra cambiano natura. Tutti i paesi del mondo posseggono armi, alcuni abbastanza potenti da distruggere l’umanità altri hanno sviluppato tattiche e armi letali a bassa tecnologia. Ne derivaun mondo che è costantemente minacciato dalla violenza e bloccato in situazioni di stallo politico e militare. ● Ruolo mutevole della religione. Le nazioni ricche e industrializzate sono diventate sempre più secolari, chi più e chi meno, e nel quotidiano la religione ha un ruolo sempre meno presente. In altre parti del mondo, la religione ha ancora un’importanza nella vita delle persone. L’incontro di religioni e culture molto diverse scatena delle dei conflitti a livello mondiali, e all’interno dei paesi nascono contrasti politici molto aspri. Per ognuno di questi punti è necessario chiederci come questi cambiamenti influenzano e influenzeranno la nostra vita e di conseguenza come la società si trasformerà adattandosi a questi cambiamenti. 1.4 Le sfide e la speranza della sociologia Mills stesso affermava che la sociologia si occupa di capire i collegamenti che ci sono tra noi e il mondo sociale così da migliorare la nostra vita. Una delle sfide della sociologia è però mostrarci i difficili problemi che la società deve affrontare, così da portarci a scoprire degli aspetti inquietanti della società ma anche su noi stessi. Proprio per questo considera le nostre esperienze all’interno di un più vasto contesto sociale, può rivelarci i nostri relativi pregi oppure la loro mancanza. La sociologia, spesso, ci obbliga ad uscire dalla nostra comfort zone e a sfidarci a considerare un altro punto di vista da quello che assumiamo di solito. Nonostante la posizione che decidiamo di assumere all'interno della società produce, comunque, dei cambiamenti ma anche dei problemi proprio perché apparteniamo ad un vasto mondo sociale. Davanti ad un mondo in cambiamento, la sociologia offre speranza. I problemi che le società devono affrontare sono in gran parte create dagli esseri umani, questo significa che le persone hanno la capacità di cambiare e migliorare sia la società ma anche la loro vita. Capitolo 2: Le prospettive teoriche Dalla lettura di alcuni dati presi dalla navigazione su Internet da parte delle persone, emerso che la maggior parte degli individui sono abitudinarie, prevedibili e meno spontanei di quanto si pensi. Questi risultati confermano un tema cruciale nel campo della sociologia: la vita che viviamo è immersa nelle strutture sociali che plasmano la nostra attività quotidiana. 2.1 Fondamenti del pensiero sociologico Le basi della sociologia moderna affondano tra il tardo XVIII e il primo XIX secolo, quando alcuni studiosi iniziarono a porsi domande importanti per capire il comportamento della società, e ne derivarono teorie che contribuiscono ancora oggi alla comprensione del mondo sociale. 2.1.1 Definire l’ambito delle sociologia: Comte e Spencer Auguste Comte e Herbert Spencer diffusero l'idea che il mondo sociale potesse essere oggetto di indagini sistematiche e scientifiche. Auguste Comte: stabilità e cambiamento Auguste Comte (1798- 1857), intellettuale francese, coniò il termine “sociologia” all'inizio del diciannovesimo secolo. Egli volle fondare le basi della sociologia intesa come rigorosa scienza della società, cioè modellata sulle scienze naturali e volta a individuare le leggi che governano il comportamento umano. Il nucleo dei suoi studi si concentrarono su due aspetti della società: la dinamica sociale, interrogandosi come cambia la società, e la statica sociale considerando cosa dà la stabilità sociale in un determinato momento storico. Il suo interesse era quello di capire come si fosse evoluta la società dagli albori fino alla società europea. secondo la sua teoria, nel corso della storia le società avevano progredito in maniera lineare passando attraverso diversi stadi: il primo quello teologico, sostenuto dalla religione, poi quello metafisico, retto dalla filosofia, e infine quello positivista, retto dalle scienze. Per Comte il positivismo, la convinzione che una conoscenza esatta debba basarsi sul metodo scientifico, permetteva di comprendere in modo più profondo la vita umana ed era la chiave per risolvere i persistenti problemi sociali. Herbert Spencer: la società come organismo sociale Herbert Spencer (1820 - 1903) fu tra i primi a adottare il termine sociologia proposto da Comte. Secondo Spencer, la società è un “organismo sociale” simile all' organismo umano; la società è costituita da parti separate, ognuna ha una propria funzione che operando insieme mantengono in vita l'organismo nel suo complesso. Egli puntava a mettere in risalto la struttura globale della società, le diverse funzioni degli elementi e le interazioni tra loro. Spencer teorizzò un'evoluzione spontanea della società così da progredire in maniera costante; proprio per questo pensava che il governo dovesse limitare i propri interventi, soprattutto in campo economico. Egli credeva nella “sopravvivenza del più forte” all'interno della società, questo dovuto alla crescente disuguaglianza che si creò del capitalismo industriale senza alcuna regolamentazione. Oggi questa teoria è nota come darwinismo sociale. 2.1.2 I padri fondatori: Marx, Durkheim e Weber gli studiosi più importanti considerati i padri fondatori della sociologia che fissano il programma della teoria sociologica furono Karl Marx, Émile Durkheim E Max Weber. Karl Marx: gli effetti del capitalismo Karl Marx (1818 - 1883), tedesco di nascita, fu uno scrittore e attivista politico. A causa dei suoi scritti Marx venne espulso da Francia, Belgio e infine costruzione morale della coscienza collettiva, le persone si troverebbero in uno stato caotico dell'anomia, quindi senza una guida morale. Max Weber: l’etica protestante e la razionalizzazione del mondo moderno Max Weber (1864 - 1920) era uno studioso tedesco che cercò di dare un significato al passaggio della società tradizionale e quella moderna, proprio come Durkheim. Weber occupa posizioni di rilievo in campo universitario e si occupa anche di diversi progetti di ricerca. Il suo libro più famoso si intitola L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1905), dove afferma che la cultura, in particolare quella calvinista, aveva aiutato a promuovere il primo sviluppo del capitalismo nell’Europa settentrionale. Per la cultura calvinista il destino delle persone nell’aldilà e già predeterminato ancora prima della nascita e quindi non può essere modificato dalle azioni sulla terra. Molti credenti pensavano che le ricchezze accumulate grazie a un lavoro rigoroso fossero un segno del favore divino e che indicassero una probabile salvezza. Questo convincimento culturale incoraggia il duro lavoro e l'accumulazione di ricchezze, requisiti essenziali per il successo del capitalismo. Quindi Weber mostra che anche le tendenze culturali possono influenzare lo sviluppo economico, non soltanto quelle economiche. Weber, nel suo libro, utilizza il punto di vista dell’attore per interpretare l'azione sociale. Decide quindi di studiare il comportamento per capire il contesto culturale in cui si svolge la sua azione. Weber contribuì con le sue tesi al passaggio dalla centralità dell'azione sociale tradizionale a quella razionale rispetto allo scopo. Se nelle società premoderne era la tradizione ad avere un’influenza primaria nelle azioni delle persone, nelle nuove società capitalistiche industrializzate le azioni erano influenzate dalla razionalità strumentale. Weber affermò che la razionalizzazione della società, il processo storico a lungo termine grazie al quale la razionalità ha sostituito la tradizione come base dell'organizzazione della vita economica e sociale, era il motore del cambiamento sociale della sua epoca. L'influenza della razionalizzazione fu utilizzata per comprendere le più vaste istituzioni sociali; infatti, il principio di razionalità era responsabile della burocratizzazione delle grandi organizzazioni. Secondo Weber la razionalizzazione poteva essere utile per la società che incideva sulla stabilizzazione delle procedure e sulla formazione dei funzionari e sull’efficienza, ma se la razionalizzazione si fosse imposta su tutti gli aspetti della vita avrebbe creato società fredde e impersonali, capace di plasmare l'azione umana ed imprigionarci in una vita fatta di regole e procedure. Weber, inoltre, temeva che nella società moderna gli individui potessero impegnarsi in azioni significative soltanto all'interno delle grandi organizzazioni dove venivano assegnati loro compiti ristretti e ben definiti sacrificando gli obiettivi personali a quelli impersonali dell’insieme. Più la teoria della razionalizzazione lo portò a prevedere che le società post capitalista sarebbero state ancora più razionalizzate e burocratiche. Weber fu il più profetico di tutti dei tre padri fondatori della sociologia. 2.2 Le diverse teorie della sociologia 2.2.1 Una teoria sociale è un insieme di principi e affermazioni che spiegano il rapporto fra fenomeni sociale. Le teorie indicano il tipo di domande che bisogna porsi nel corso delle ricerche future. ● una teoria non è soltanto un’intuizione o un’opinione personale, va sottoposta a verifica al fine di controllare che sia coerente con le prove. ● le teorie evolvono (a volte alcune vengono abbandonate) lasciando sopravvivere solo le idee più utili. ● spesso le teorie multifattoriali forniscono un quadro più completo rispetto a qualsiasi teoria multifattoriale. Prendere in considerazione teorie differenti può servire a mostrare una varietà di possibili spiegazioni per un fenomeno sociale. Le teorie tendono a variare lungo alcune dimensioni chiave. 2.2.2 Le teorie sociali variano lungo dimensioni chiave, che comprendono consenso e conflitto, realtà oggettive e soggettive, analisi microsociologiche e macrosociologiche. ● consenso e conflitto: per “conflitto” si intende la presenza di tensioni e dispute nella società. Per “consenso” si intende solidarietà e cooperazione. Tuttavia consenso e conflitto coesistono. ● realtà oggettiva e soggettiva: Le condizioni oggettive sono qualcosa che esiste al di fuori di noi e che forma le dimensioni oggettive della vita sociale. Le dimensione soggettive riguardano il mondo delle idee. Sia il mondo fisico oggettivo che le interpretazioni soggettive, di quel mondo, hanno un’influenza significativa sulla vita e sulla società. ● analisi microsociologiche e macrosociologiche Le teorie che si concentrano sull’interazione sociale su piccola scala, solitamente fra due persone, operano a livello di analisi microsociale; quelle che si concentrano su sistemi e processi sociali su larga scala operano a livello di analisi macrosociale; quelle che si concentrano su un punto qualsiasi fra fenomeni sociali molto grandi e molto piccoli operano a livello di analisi mesosociologica. I sociologi hanno talvolta raggruppato le diverse teorie sociologiche in quattro grandi categorie. 2.2.3 Le teorie struttural-funzionaliste si concentrano sul consenso e sull’interazione cooperativa nella vita sociale, sottolineando come i diversi elementi che compongono la struttura di una società contribuiscono al suo operato generale. Le società vengono considerati come sistemi complessi formati da parti interdipendenti, tali sistemi tendono a muoversi verso il normale stato di equilibrio, un mutamento di una parte del sistema comporta il cambiamento di un’altra parte a compensazione. Le persone si integrano nella struttura sociale attraverso la cultura poichè dai valori di base deriva un impegno morale. Per durare un'istituzione sociale deve soddisfare una specifica necessità del sistema come insieme. Robert K. Merton distinse tra funzioni manifeste, le conseguenze riconosciute e volute dai fenomeni sociali, e funzioni latenti, le conseguenze per lo più non riconosciute e non volute di tali fenomeni. Afferma che alcuni fenomeni possono essere disfunzionali in quanto inibiscono o disturbano il funzionamento di un sistema nel suo insieme. 2.2.4 Le teorie del conflitto si concentrano sui conflitti, sul potere e sulle disuguaglianze, evidenziando come la vita sociale e il suo sviluppo ruotino intorno alla competizione per le risorse scarse ritenute più importanti. L'approccio del conflitto sottolinea come, per soddisfare i bisogni comuni, le persone cerchino di acquisire risorse che possono includere beni materiali, ma anche beni meno tangibili, come il rispetto sociale e la libertà. spesso alle risorse sono limitate, per ottenerle le persone entrano in competizione, formando gruppi sociali e portandoli al conflitto. Le teorie con le teorie del conflitto collocano il potere al centro della vita sociale. i diversi gruppi si avvalgono dei valori culturali e delle tue armi per promuovere le proprie posizioni. 2.2.5 L'interazionismo simbolico si concentra sul modo In cui le persone utilizzano i simboli condivisi e costruiscono la società come risultato delle proprie interazioni quotidiane. fortemente associate al dimensioni soggetti della vita sociale, spiegata Partendo dal fatto che l'interazione fra individui su cui si basa il mondo sociale avviene mediante simboli culturali. Grazie all'interazione, individui sviluppano un senso del se perché è una comprensione della realtà condivisa con gli altri anche se ● approccio deduttivo che va dal generale al particolare, in cui la teorizzazione precede la prova empirica, indirizzando l'intera attività di ricerca attraverso le definizioni dei fenomeni che fornisce e il quadro generale che ne deriva. ● approccio induttivo che va dal particolare al generale, in cui l'osservazione precede la teorizzazione e quest'ultima deriva direttamente dalla valutazione dei risultati emersi della ricerca. 3.2.2 Il positivismo è alla base della nascita della Sociologia come disciplina a sé stante, e ha le seguenti caratteristiche generali: 1. Dimensione ontologica. Realismo ingenuo, vale a dire la credenza per cui la realtà esiste ed è quella che appare immediatamente ai nostri sensi; 2. Dimensione epistemologica. I positivisti ritengono che la realtà sia conoscibile pienamente dall’uomo, rendendo propria una concezione dualistica del processo conoscitivo. Il positivismo accoglie una posizione per cui l’uno e l’altro sono sullo stesso piano. 3. Dimensione metodologica. L’unico vero metodo scientifico è quello basato sull’osservazione e sull’esperimento, attraverso i quali è possibile individuare quelle leggi della natura. AUGUSTE COMTE Considera la sociologia come la scienza sintetica per eccellenza, in quanto disciplina che ha fatto proprio il metodo scientifico tipico delle scienze analitiche, applicandolo alla comprensione della politica e dei fenomeni sociali. I punti di riferimento metodologici della sociologia positiva di Comte sono dunque: il principio di causa-effetto che lega e spiega tutti i fenomeni collettivi; l’applicazione del metodo sperimentale e induttivista. EMILE DURKHEIM aderì ad alcune posizioni di Comte, in particolare al suo intento di costruire una scienza positiva della società, per distanziandosi notevolmente proprio dal punto di vista metodologico. La società è dunque un “meccanismo” a sè stante. Il mondo sociale è composto da “fatti sociali” che non possono essere modificati dall’opera dei singoli; al contrario il comportamento degli individui è determinato da essi attraverso vari meccanismi di controllo interni ed esterni. La sociologia deve applicare il metodo scientifico per giungere alla rivelazione di quelle leggi generali e universali che governano la società. Olismo sociologico o collettivismo metodologico→ atteggiamento intellettuale per cui un fenomeno sociale non può essere spiegato facendo riferimento alle azioni dei singoli individui ma alle strutture, ai meccanismi e alle istituzioni collettive che i singoli individui “subiscono” Un’altra regola fondamentale del metodo sociologico di Durkheim è che la causa di un fatto sociale va sempre ricercata in un diverso fatto sociale antecedente. Inoltre occorre sempre sapere se qiel determinato fatto sociale è normale o patologico: nel primo caso esso si presenta sempre come norma in quelle società che appartengono a un determinato tipo; nel secondo caso ciò non accade. Il processo sociale: ● osservazione - definizione dei fenomeni sociale. Tali fenomeni devono essere trattati come fatti sociali. ● confutazione delle interpretazioni precedenti. ● spiegazione sociologica del fenomeno. Accanto a questa impostazione Durkheim utilizza l’experimentum crucis (strategia attraverso la quale si sottopone la propria teoria alla prova empirica) e lo studio del semplice per risalire al complesso. Secondo Durkheim la sociologia si accontenta di descrivere, analizzare e spiegare i fenomeni sociali così come sono. Tuttavia la sociologia non è estranea alle sorti della società: al contrario riteneva che la sociologia non sarebbe valsa un’ora di fatica se non avesse contribuito a migliorare la società. NEOPOSITIVISMO guardava al metodo delle scienze naturali e ai suoi principi come gli unici in grado di produrre un sapere certo sia nel campo proprio delle scienze empiriche sia in quello della filosofia. Karl Popper smontò definitivamente il mito verificazionista proponendo un’impostazione deduttiva alla ricerca. Questa filosofia di Popper diviene la base del neopositivismo nonostante abbia rifiutato le seguenti etichette: ● Dimensione ontologica. Assume il realismo critico, per cui la realtà esiste ed è oggettivamente conoscibile. ● Dimensione epistemologica. Il processo scientifico è l'unico in grado di produrre conoscenze valide sul reale in quanto espressione della mente umana e della logica, può condurre solo per approssimazioni successive alla verità, cioè alla completa conoscenza del mondo e del suo funzionamento. ● Dimensione metodologica. Il metodo scientifico non si basa più su una logica induttiva, ma al contrario, su un approccio deduttivo. A. ASSE POSITIVISMO-NEOPOSITIVISMO (dal 1800) Focus: ideale della scienza moderna (unico approccio condiviso da scienze naturali: fa da ponte con scienze sociali). POSITIVISMO - Caratteristiche generali: - Dimensione ontologica: realismo ingenuo, realismo del senso comune = la realtà esiste ed è oggettivamente conoscibile, è quella che appare ai nostri sensi immediatamente, materialmente. - Dimensione epistemologica: dualismo della conoscenza = la realtà (oggetto) è indipendente e pienamente conoscibile dalla mente (soggetto). - Dimensione metodologica: approccio induttivista = osservazione e esperimento per individuare le leggi della natura matematiche. Visione nomotetica della scienza come in gradi di individuare sempre le leggi oggettive. -Comte – sociologia come scienza sintetica per eccellenza. - Durkheim – olismo sociologico: - Società come oggetto le cui leggi generali e universali sono conoscibili oggettivamente, come la Natura. Netta separazione con la filosofia che è metafisica astratta (campo del “dover essere”, non dell’”essere”). - Società come meccanismo che esiste al di là degli aspetti psicologici o biologici degli individui: - Dimensione epistemologica: soggetto conoscitore e oggetto conosciuto si influenzano reciprocamente e la conoscenza non è oggettiva perché è condizionata dal contesto storico e dalle caratteristiche personali. La sociologia non può e non deve rintracciare leggi universali. - Dimensione metodologica: empatia metodologica = ricostruire le motivazioni delle azioni e le loro combinazioni. · Weber – sociologia comprendente (dibattito sul metodo dello storicismo tedesco – inizio 1900): - Tipologie di azioni sociali (azioni il cui senso si riferisce agli altri): razionali rispetto allo scopo e rispetto al valore. - Caratteri essenziali della scienza moderna: incompiutezza (non ha mai fine), oggettività (osservazione materiale). Scienza sociali sono anch’esse incompiute ma non oggettive perché il giudizio del sociologo è essenziale: Avalutatività = capacità dello scienziato sociale di tenere in considerazione i propri valori nello scegliere cosa osservare e da che punto di vista, per poi effettuare in modo rigoroso il percorso di ricerca. QUINDI Caratteristiche metodologiche delle scienze sociali: è Si riferiscono alla cultura (insieme di valori, idee, norme). è Sono storiche (mutevoli all’interno di un divenire storico). è Utilizzano la comprensione dell’azione sociale per costruire spiegazioni (analisi delle motivazioni). è Individuazione degli ideal-tipi = concetti tipici delle scienze sociali attraverso i quali i fenomeni empirici vengono definiti analiticamente nelle loro caratteristiche ricorrenti ed essenziali. Categorie di ideal-tipi: Individualità storiche (es. capitalismo, città nella società industriale). Elementi della realtà storica che si ritrovano in un gran numero di casi concreti (es. potere, burocrazia). Ricostruzioni razionalizzate di insiemi di comportamenti (es. modalità di azioni economiche). è Individuazione degli effetti emergenti = conseguenze non volute né prevedibili di comportamenti. · Interazionismo simbolico e ground theory (soprattutto dal 1960): - Focus sugli avvenimenti nei piccoli contesti di vita quotidiana. - Caratteristiche generali (Blumer): è Oggetto della conoscenza sociol. sono le interazioni sociali reali tramite cui gli attori costruiscono il mondo. è La realtà sociale va studiata nei suoi contesti naturali, riducendo la distanza osservatore-osservato. è I concetti devono essere utilizzati in funzione sensibilizzante: orientare la ricerca senza condizionarla: Principi induttivisti à Ground Theory = strategia metodologica secondo la quale la teoria deve emergere direttamente dai dati, attraverso un lavoro di codificazione e riaccorpamento delle informazioni. TECNICHE DELLA RICERCA SOCIALE = l’insieme delle procedure pratiche e sistematiche attraverso cui si raccolgono informazioni sui fenomeni sotto osservazione e si elaborano i dati che ne conseguono. Tipi di indagini per la ricerca sociale: Esplorativo-descrittive: volte ad aumentare le conoscenze relative a un fenomeno. Esplicative: volte a fornire una spiegazione del perché un dato fenomeno si verifichi. Fonti informative della ricerca sociale: Primarie (on field): direttamente costruite dal ricercatore che le progetta per i propri scopi (es. questionario). Secondarie (desk): costruite da altri e non elaborate per gli scopi specifici della ricerca (es. statistiche dei governi). Tipi di tecniche della ricerca sociale: TECNICHE DI RICERCA QUANTITATIVE = tecniche basate su una matematizzazione delle informazioni, che forniscono dati espressi in un linguaggio statistico. -Base: validità e attendibilità di ciò che si rileva e misura + rappresentatività del campione selezionato. -Strumento principale: questionario a risposte chiuse = formulario contenente domande pre-confezionate dal team di ricerca che prevedono alternative di risposta date (item) (operazionalizzazione = processo della ricerca quantitativa tramite il quale i concetti teorici sono trasformati in indicatori, indici e variabili). + intervista in varie modalità. -Tipi di variabili: nominale, ordinale, a intervalli, di rapporti. -Validità di uno strumento di misurazione = il grado in cui le differenze di punteggio riflettono autentiche differenze tra gli individui relativamente alle caratteristiche che cerchiamo di misurare, non errori costanti o casuali. Tipi di validità: validità apparente (lo studioso decide se lo strumento è valido a partire dai dati che fornisce confrontati con teorie). validità mediante criterio (dati di un nuovo strumento confrontati con uno strumento precedente e ritenuto valido). validità per costruzione (due indici costruiti su una teoria: se portano gli stessi risultati lo strumento è valido). -Attendibilità = la proprietà per cui vi è un collegamento effettivo tra variazione della misurazione e variazione del fenomeno osservato. -Campionamento: Popolazione (o universo) = il collettivo che, in un’indagine quantitativa, si intende studiare e a cui si riferiranno le conclusioni dello studio stesso. Campione = insieme di soggetti appartenenti alla popolazione oggetto di studio rappresentativo della popolazione stessa. Campioni probabilistici (e non probabilistici) = campioni composti da soggetti che hanno (e non hanno) una probabilità nota di essere estratti per entrare a far parte del campione à dati generalizzabili (e non generalizzabili) al collettivo. Unità d’analisi = l’individuo, il gruppo o il collettivo che appartiene alla popolazione oggetto di studio. • macrolivello —> credenze e pratiche associate a grandi gruppi di persone, comprese intere società Elementi della cultura La cultura è costituita sia da elementi materiali che immateriali. cultura materiale oggetti fisici prodotti dalle persone appartenenti ad una particolare cultura, come strumenti, abbigliamento, giocattoli, opere d’arte, abitazioni. al contrario della cultura immateriale, la cultura materiale è fisicamente reale, pu essere toccata ed osservata. cultura immateriale si manifesta attraverso le idee di una cultura, i valori, le credenze, le consuetudini sociali, l’insieme delle conoscenze su come comprendere il mondo e orientarsi in esso, gli standard o le “norme” inerenti al comportamento ritenuto appropriato. Tale cultura esiste nel mondo dei pensieri e delle idee. La cultura materiale e la cultura immateriale sono spesso legate tra loro, dal momento che gli oggetti materiali possono avere un significato simbolico. ESEMPIO: Libri come la Bibbia o il Corano, che fanno parte del mondo materiale, possiedono anche un significato simbolico, appartenente al mondo immateriale. elementi che forgiano pensieri, comportamento e visione del mondo delle persone: valori . Principi profondamente radicati utilizzati dalle persone per giudicare il mondo, soprattutto per decidere cosa sia considerato desiderabile o significativo per gli individui. ESEMPIO: ricchezza o amore sono valori culturali profondi • I valori molto spesso possono tradursi in politiche pubbliche; tale legame pu avere a volte conseguenze drammatiche, persino mortali. • Essi variano moltissimo tra le diverse culture, ma la ricerca sociologica ha dimostrato che alcuni possono essere condivisi. In una serie di studi compiuti nell’arco di oltre due decenni in decine di Paesi, Schwartz ha individuato dieci valori ampiamente condivisi e generalmente appresi con un significato simile da diverse culture: Potere Universalismo Successo Edonismo Benevolenza Tradizione Auto-affermazione Conformismo Auto- determinazio-ne Sicurezza L’importanza di ciascun valore cambia da cultura a cultura, ognuna da ai valori priorità differenti, e non sempre essi coesistono facilmente, il che pu essere motivo di conflitto tra Paesi ma anche di conflitti all’interno di una stessa società. Si parla guerra culturale quando all’interno di una società sono presenti disaccordi particolarmente significativi sui valori fondamentali e sulle posizioni morali. Credenze Specifiche convinzioni od opinioni che le persone in qualche modo accettano come vere. Fanno quindi riferimento a ci che si reputa vero, non desiderabile come avviene invece per i valori (quando diciamo “ci crediamo” non significa che lo sappiamo con certezza, ma che accettiamo di crederlo). Le credenze sono profondamente influenzate dalla cultura alla quale appartengono e ci portano a vedere il mondo da un particolare punto di vista. Conoscenze Fanno riferimento a ci che sappiamo, alla consapevolezza, al linguaggio, alle informazioni che ci aiutano ad orientare nel nostro mondo. Possono essere messe in pratica perché funzionano, perché sono dimostrabili. È ciò che costituisce il “capitale culturale” di un individuo. SHOCK CULTURALE: esperienza di disorientamento dovuta alla mancanza di conoscenza di una situazione sociale non familiare. Norme Regole e aspettative di una cultura rispetto ad un comportamento ritenuto appropriato. definiscono i limiti. Non fanno riferimento a cosa è vero o a cosa so, ma a cos’è corretto, cos’è appropriato all’interno di una società. È necessario fare una distinzione tra norme formali e norme informali. • norme formali : norme rigidamente applicate, molto spesso appartenenti all’ordinamento giuridico, che implicano potenziali pene severe per chi le viola. • norme informali (o costumi) : abitudini del gruppo o norme informali comuni ad una determinata cultura, le cui sanzioni sono spesso legate alla vergogna, alla la critica o alla disapprovazione più che a vere sanzioni giuridiche. Non sempre le norme stanno al passo dei cambiamenti sociali; negli anni ’20 il sociologo William Ogburn coni l’espressione “ritardo culturale” volta ad indicare il modo in cui i nuovi sviluppi tecnologici molto spesso sono più veloci delle norme che governano le esperienze collettive legate ad essi. Simboli Qualsiasi cosa (oggetto, immagine, suono, gesto) ne rappresenti un’altra. Si tratta di qualcosa che incarna un valore, che unisce, che racchiude ed incorpora altri contenuti culturali. L’associazione tra il simbolo e ci che esso rappresenta è arbitraria e culturalmente definita; lo stesso simbolo, infatti, può avere significati diversi in culture diverse. La cultura è estremamente simbolica. È attraverso i simboli infatti che comunichiamo e rafforziamo gli elementi della nostra cultura. Linguaggio Forma di comunicazione simbolica, è il nostro primo mezzo di trasmissione culturale. cultura alta e cultura popolare Culture associate a piccoli gruppi della società aventi propri tratti culturali, norme, valori e stili di vita diversi che li distingue dalla cultura dominante. Tipicamente, le subculture non hanno una struttura formale di leadership, per sviluppano un linguaggio o uno stile particolare, comportamenti specifici e possiedono oggetti per loro importanti. Una subcultura che si organizza opponendosi alla cultura dominante, sfidando atteggiamenti e valori ampiamente condivisi e rifiutando le norme convenzionali pu essere definita come controcultura. Molto spesso le subculture, comprese le controculture, introducono innovazioni e cambiamenti nella cultura tradizionale, che al loro insorgere potrebbero apparire radicali o minacciose, ma col tempo cominciano ad essere incorporate nella cultura dominante. ESEMPIO: anni ’60 - hippy anni ’70 - punk Le società non comprendono solamente una cultura dominante e diverse subculture; i sociologi hanno infatti riconosciuto il rapporto tra cultura e disuguaglianza economica, pertanto occorre fare una distinzione anche tra cultura alta e cultura popolare. • Per cultura alta si intende l’insieme delle forme culturali associate all’élite e generalmente riconosciute come valide e legittime. Tra gli esempi di cultura alta possiamo trovare le gallerie d’arte, la musica classica e la letteratura. Storicamente, la cultura alta è stata dominata da persone ricche e molto istruite. • La cultura popolare si riferisce invece a forme culturali diffuse e comunemente accettate e soprattutto accessibili ad una vasta parte della popolazione. Alcuni esempi possono essere i programmi televisivi, i film di Hollywood, i concerti rock, gli eventi sportivi, i parchi divertimento. Per godere di questa cultura non è necessario essere particolarmente ricchi o possedere conoscenze specialistiche. La distinzione tra queste due culture suggerisce un conflitto di fondo. I sostenitori della cultura alta vedono la cultura popolare come una cultura di massa che provoca effetti deleteri sulle persone che ne usufruiscono e sulla società in generale. La sociologia della religione Def. di religione fornita dal prof: insieme di credenze che danno un giudizio della realtà sulla base di una atto di fede e non su una conoscenza scientifica. Fede = credenza che si basa sulla convinzione personale o sulla rivelazione divina anziché su prove scientifiche. I sociologi non si soffermano a valutare le contrastanti verità affermate dalle diverse religioni presenti al mondo; i sociologi studiano la religione per capire il ruolo che essa ricopre nella vita sociale. La religione nell’analisi di Durkheim, Marx e Weber: DURKHEIM - Teoria funzionalista figlio di rabbini francesi, non credente Studia la religione di una società semplice (il toteismo degli aborigeni australiani) e individua in essa quelli che ritiene i tre elementi essenziali presenti in tutte le religioni (anche quelle delle società complesse): ● credenze ● rituali ● praticanti Credenze. La più importante è che le cose possono essere suddivise in “sacre” e “profane”. Il sacro è qualcosa di straordinario, da trattare con rispetto e timore reverenziale. Tutto può diventare sacro (oggetto, azione…). Ciò che rende speciale il sacro è la sua distinzione dal profano, il mondo comune della vita quotidiana. Rituali. Azioni simboliche, praticate in momenti specifici che aiutano a creare un senso di comunità fondato su norme e valori condivisi. Quasi sempre fini a se stessi, più importanti dei contenuti. Partecipazione emotiva altissima. Quasi ribadiscono ciclicamente l’esistenza della società. Il calendario, per esempio, plasmato dalla religione, segna lo scorrere del tempo e crea comunità. Praticanti. Condividono una fede e partecipano ai suoi rituali. Se la comunità di credenti gode di un ampio seguito e si trasforma in un’organizzazione religiosa formale, diventa una chiesa. Le chiese includono spesso sottogruppi di diversi orientamenti (confessioni). Le sette sono invece piccole fazioni dissidenti di una chiesa che promuovono nuove credenze o nuove pratiche. I culti sono infine le piccole comunità religiose le cui credenze e pratiche sono in contrasto con cultura dominante. Movimenti, chiese, ordini monastici, sette sono strutture prodotte dalla religione. Religione per Durkheim: sistema di credenze e pratiche rituali relative al sacro che unisce le persone in una comunità morale. Il sacro non implica divinità personali (buddismo). La seguente razionalizzazione della società (razionalità sostituisce la tradizione nella vita sociale) ha comportato un declino nell’influenza della religione. Secolarizzazione. Tuttavia Weber riconosce che con il venir meno dell’idea di fratellanza espressa dalla religione, la vita individuale non ha più significato. Le religioni nascono tutte dall’assunto che la vita ha un significato, la scienza no. BERGER La religione ci aiuta a dare un senso alla nostra vita e mette ordine in un mondo altrimenti caotico. Difende gli esseri umani dalla mancanza di significato. Teorie fenomenologiche La religione è un fatto, un dato, un’esperienza. Per esempio, mi trovo in mezzo alla natura e sento il bisogno di ringraziare qualcuno per la bellezza del mondo. Kierkegaard: la religione è un fatto individuale,entrano in gioco i sentimenti. La religione nel contesto globale Le religioni sono anche un dato sociale perché producono una stratificazione: creano il ceto sacerdotale, diverso dagli altri e con i suoi privilegi. I sacerdoti, i mediatori tra uomini e divinità, vengono chiamati da Weber gli “imprenditori sociali del sacro”. Le religioni producono strutture: chiese, ordini monastici, sette ecc.. Il cristianesimo è la religione più diffusa (presenza significativa in tutti i continenti tranne l’Asia). L’islam è il più concentrato (percentuale più elevata in Africa, numero più alto in Asia). Il 14% della popolazione è agnostica o atea. Gli abitanti dei Paesi più ricchi sono i meno religiosi. Pluralizzazione delle religioni. Le grandi religioni, non adattandosi alle nuove condizioni e ai nuovi gusti dei consumatori, hanno avuto un forte calo di fedeli. Contemporaneamente sono aumentate le religioni innovative e le pratiche new age, che guadagnano sempre più seguaci. Il crescente numero di religioni tra cui scegliere rende più probabile trovarne una in linea con i propri bisogni. In questo modo però la religione viene sempre più assimilata ad un bene di consumo e perde la sua funzione principale: promuovere valori ampiamente condivisi. Weber nota poi come la modernità e la scienza abbiano posto il dubbio e l’evidenza empirica alla base della conoscenza, l’esatto contrario della religione, la cui verità è tale per rivelazione divina. Questo ha provocato un progressivo declino della rilevanza sociale della religione, il processo noto come secolarizzazione. La secolarizzazione risulta essere più pronunciata nelle società più ricche e moderne. A livello macrosociologico: privatizzazione del religioso la religione un tempo permeava l’intera società. Progressivamente però, a causa della modernità, sfera pubblica e privata si sono divise e la religione è diventata sempre più una questione privata riducendo la propria influenza sulla società (molte funzioni che oggi appartengono allo Stato erano una volta svolte dalle istituzioni religiose. Esempi: sanità, assistenza sociale (aiuto ai poveri), istruzione (per la quale il dibattito è ancora molto acceso)). A livello mesosociologico: perdita di autorità delle verità rivelate. I gruppi religiosi sono diventati sempre più simili ad altri movimenti sociali che cercano di influenzare il dibattito politico e morale. A livello microsociologico: perdita di rilevanza della religione nella vita quotidiana delle persone. Oggi, gli ideali di libertà individuale, uguaglianza e rispetto per le diversità hanno indebolito l’autorità religiosa (esempio: la natura patriarcale di molte dottrine è inconciliabile con l’attuale tendenza verso una maggiore eguaglianza tra i sessi.) Si parla quindi di umanesimo secolare: un sistema di credenze che enfatizza la moralità e il processo decisionale basato sulla ragione, sull’etica e sulla giustizia sociale anziché sulla dottrina religiosa o sul soprannaturale. Si sviluppa una “religione civile”: credenze e rituali che uniscono le persone in una società secolare. Esempio: bandiere, giuramenti di fedeltà alla patria, inni nazionali e medaglie come equivalente secolare delle icone e dei rituali religiosi. A livello macrosociologico: l’influenza della religione è diminuita nell’educazione, nel diritto, nella politica e nella scienza. A livello mesosociologico: svariate confessione competono sul mercato religioso A livello microsociologico: il numero dei praticanti, le attività religiose e l’attaccamento alla religione sono costantemente diminuiti I fondamentalismi Def: movimenti religiosi che predicano il rigoroso rispetto dei principi tradizionali in tutti gli aspetti della vita sociale, basandosi quasi sempre sull’interpretazione letterale dei testi sacri di una religione, ritenuti infallibili. I fondamentalismi degli ultimi decenni appaiono dunque in contrasto con l’attuale secolarizzazione. 1910. Il fondamentalismo originario si oppone più ad altre sette che al mondo secolare. Anni ‘70: riemerge il fondamentalismo in opposizione ai cambiamenti sociali e culturali del decennio precedente. Status: posizione che un individuo può occupare all’interno di un sistema sociale Tutti noi abbiamo diversi status. ● Status ascritto: posizione assegnata ad una persona fin dalla nascita, indipendentemente dai suoi desideri o dalle sua capacità ● Status conseguito: posizione che una persona ottiene volontariamente per effetto delle sue azioni Ruoli: comportamenti attesi che si associano a determinati status. Tutti noi adottiamo molto facilmente determinati ruoli in diverse situazioni sociali. All’interno di un gruppo sociale noi possiamo interiorizzare i nostri ruoli a tal punto da faticare a capire come essi vincolino le nostre azioni sociali. Le aspettative legate ad un ruolo non sono comunque rigide e non impongono comportamenti determinati. Tuttavia esistono dei limiti: se si violano le norme fondamentali che regolano un ruolo l’individuo rischia di non ricoprire adeguatamente o perdere lo status associato (esempio: lo studente che consegna il compito in bianco) . I ruoli e gli status infine, mettendoci in relazione con istituzioni come la famiglia, la scuola e il lavoro, sono fondamentali per la comprensione delle modalità d’interazione tra le persone nei gruppi e nelle organizzazioni. Le parti colorate = appunti presi a lezione. 5.2 Interazione a livello microsociologico: L’etnometodologia L’etnometodologia è un approccio che esamina i metodi usati dalle persone per dare significato alle proprie attività quotidiane, enfatizzando le modalità con cui creano collettivamente una struttura sociale nelle proprie attività di tutti i giorni. Gli etnometodologi sono convinti che la struttura sociale esista proprio perché la creiamo costantemente, man mano che costruiamo e ricostruiamo l’ordine sociale nella nostra routine quotidiana. 5.3 Struttura sociale a livello mesosociologico: le organizzazioni La struttura organizzativa designa le regole e le routine, sia formali che informali, che disciplinano l’attività quotidiana all’interno delle organizzazioni. 5.4 Struttura sociale a livello macrosociologico: funzioni e interrelazioni tra istituzioni sociali Al centro dell’analisi funzionale è il concetto di equilibrio, il bilanciamento tra varie strutture che mantiene la stabilità sociale. Se una componente della società viene a modificarsi, le altre dovranno adattarsi di conseguenza per ripristinare l’equilibrio. Le teorie funzionaliste sono particolarmente interessate al tema dell’integrazione sociale, ossia quel processo attraverso cui i valori e le strutture sociali uniscono le persone. Il lavoro, per esempio, non ha solo una funzione economica ma anche diverse funzioni sociali: crea una routine e dà sicurezza, promuove il senso di responsabilità, definisce il “non-lavoro” (la vacanza) ecc. Secondo i funzionalisti, inoltre, dal momento che le istituzioni sociali sono interdipendenti, il loro equilibrio è precario per definizione. 5.5 Come cambiano le strutture: l’azione sociale Anche se la struttura sociale ci impone dei limiti, conserviamo sempre una certa capacità di azione. 5.5.1 tipi di azione sociale Weber identificò quattro ideal-tipi di azione umana: • l’azione tradizionale: è motivata dal costume e guidata dal passato • l’azione affettiva: è guidata dalle emozioni e sentimenti • l’azione razionale rispetto al valore: è orientata da un’ideale sia nel suo svolgersi sia nei fini che intende perseguire • l’azione razionale allo scopo: è motivata da logiche di efficienza Naturalmente, come afferma Weber, nella realtà l’azione umana è complessa, e spesso è guidata da una combinazione di queste motivazioni. 5.6 il potere Bertrand Russell: “Il concetto fondamentale della scienza sociale è il potere, così come l’energia è il concetto fondamentale della fisica”. 5.7 Comprendere le diverse forme di potere 5.7.1 definizione di potere: Il sostantivo “potere” deriva dal verbo latino pòtere, che significa “essere in grado”. Weber definì il potere come la capacità di ottenere un risultato desiderato, anche andando contro l’opposizione altrui. In questa definizione è possibile distinguere due elementi importanti: il “potere di”, cioè la capacità di ottenere una determinata cosa, e il “potere su”, che mette in luce la capacità di dominare sugli altri. 5.7.2 Obiettivi collettivi ed empowerment: il “potere di” Ci sono due principali approcci che si basano sul concetto di “potere di”: quello funzionalista e quello dell’empowerment. Secondo il primo, l’approccio del “potere di” può essere applicato anche a sistemi sociali come le scuole, i governi o intere società: secondo questo schema interpretativo, una collettività detiene il potere nella misura in cui può realizzare i propri obiettivi. Il secondo approccio, invece, è quello dell’empowerment, ovvero l’ampliamento della propria capacità di ottenere un risultato desiderato. Si parla spesso di potere e di empowerment in termini di sforzo e di risultato individuale: esso, infatti, comporta spesso la crescita personale e professionale di un individuo. Tuttavia, l’empowerment può coinvolgere anche organizzazioni, comunità e intere categorie di persone. Che vengano adottate da un individuo, da un piccolo gruppo, da un’organizzazione nazionale o internazionale, le strategie di empowerment richiedono generalmente una combinazione di educazione, organizzazione (consiste nel mettere assieme delle persone per identificarne gli obiettivi comuni e tentare di raggiungerli), e networking (comporta l’esigenza di uscire dalla cerchia più immediata dei propri contatti per trovare degli alleati). 5.7.3 Il dominio: il”potere su” Nella definizione del sociologo Robert Dahl il potere viene visto unicamente in termini di dominazione: “A ha potere su B nella misura in cui può indurre B a fare qualcosa che altrimenti non farebbe”. 5.7.4 Strategie finalizzate a superare un’opposizione: persuasione, ricompensa, coercizione Le parti coinvolte in un conflitto, grande o piccolo che sia, hanno le stesse tre opzioni di base: persuadere, ricompensare o costringere. • Persuadere: vuol dire ottenere il consenso delle persone convincendole della correttezza della propria posizione e dei propri obiettivi. Questo tipo di potere è limitato, perché in genere non è in grado di superare un’opposizione ostinata. Non sempre, inoltre, l’uso della persuasione è lineare e onesto. • Ricompensare: vuol dire promuovere il consenso delle persone offrendo loro un incentivo positivo. • Costringere: significa imporre il consenso attraverso la minaccia, l’intimidazione, la pressione o la violenza. A volte, la ricompensa e la coercizione sono due facce della stessa medaglia. un mezzo potentissimo per i promotori del cambiamento. Poiché il potere è una relazione sociale gli individui possono rifiutarsi di obbedire, anche se ciò accade raramente spesso per paura della coercizione e della violenza. Tuttavia quando si uniscono in una forma di disobbedienza civile, le persone possono favorire il cambiamento. *(Approfondimento “Promuovere il potere della non-violenza”, pg. 159) 5.10.4 Potere e privilegio Quando scopriamo quanto sia ineguale il potere di cui dispongono i vari gruppi, ci rendiamo conto che rispetto a molte altre popolazioni nel mondo, noi abbiamo potere e privilegi. Il privilegio è un vantaggio o beneficio specifico che non è disponibile a tutti. Il fatto che la maggior parte delle persone vive la propria vita quotidiana in consapevole dei privilegi di cui gode è di per sé un indicatore di privilegio. La consapevolezza del privilegio, non mira a farci sentire in colpa, in un modo nell’altro tutti siamo coinvolti in relazioni di potere. L’analisi di questi fenomeni non si riduce allo studio di coloro che hanno potere, piuttosto cerca di stabilire quali sono le relazioni di potere che uniscono tutti i membri della società, capire il privilegio può aiutarci a identificare le risorse che abbiamo a disposizione per autoemanciparci, assistere gli altri e se possibile ridurre la disuguaglianza. Per capire le dinamiche del potere del privilegio conviene spesso mettersi nei panni di coloro che hanno meno potere. Dorothy Smith ha sviluppato la teoria orientata dal punto di vista specifico, che mette in discussione assunti in contestati sulla società analizzandola da vari punti di vista in particolare quello di chi si trova in posizioni subordinate. Possiamo riscontrare differenze analoghe nelle prospettive dei vari gruppi (uomini, donne e membri di diverse classi) su tutta una serie di problemi. Di conseguenza considerare più punti di vista, specie quelli di chi ha meno potere è cruciale per una comprensione più completa della vita sociale. Capitolo 6: Interazioni sociali, gruppi e processi di socializzazione Il fatto che ci sia una società funzionante è una specie di miracolo, la struttura della società dev’essere costantemente mantenuta e riprodotta, non è una automatica o inevitabile e il suo proseguimento non è garantito. I concetti sociologici cultura, struttura e potere aiutano a capire meglio in che modo possiamo la nostra vita quotidiana. 6.1 Cultura e Interazione sociale La tradizione dell’interazionismo simbolico sottolinea come la nostra comprensione del mondo abbia origine proprio dal nostro concentrarsi su interazioni. Guidati da norme e aspettative culturali, negoziamo i nostri rapporti con gli altri membri della nostra famiglia, amici, tutti coloro che rappresentano i mattoni della nostra vita sociale. Cooley e Mead sostennero che le interazioni sociali sono fondamentali per lo sviluppo del nostro sè. 6.1.1 Interazione: giungere a un’interpretazione comune della realtà In quanto esseri umani trascorriamo la nostra vita producendo simboli per interagire con successo con gli altri. LINGUAGGIO CONDIVISO: senza il terreno comune di un significato condiviso l’interazione sociale diventa frustrante e persino allarmante, anche quando il linguaggio è condiviso esistono sempre parole o espressioni che non sono compresi da tutti essendo specifiche di un periodo storico o di un gruppo. Quando comunichiamo con persone conosciute la conversazione si basa su interpretazioni condivise, che ci evitano di dover esplicitare i presupposti di base che vengono dati per scontati. CONOSCENZA CONDIVISA: il linguaggio è solo un esempio di come un’interpretazione condivisa faciliti l’interazione sociale. Una vita quotidiana che procede senza intoppi dipende da quello che i sociologi definiscono intersoggettività una condizione in cui più persone interpretano nello stesso modo la conoscenza, la realtà o un’esperienza. In questo modo l’interazione sociale costruisce costantemente il nostro mondo sociale. I membri di una società non condividono solo il linguaggio, ma anche norme e costumi ed è ricca di interpretazioni della realtà date per scontate e inespresse, tutte queste norme culturali fanno parte delle interazioni sociali di routine, quando incontriamo e interagiamo con degli estranei gli elementi condivisi della cultura costituiscono un terreno comune che facilita le interazioni di routine. Gli interazionisti simbolici considerano le nostre interazioni quotidiane con i mattoni che compongono la struttura sociale. Se alcune interazioni vengono a mancare possono avere conseguenze gravi, è un esempio il caso di alcuni soldati americani in Iraq, in cui arrestarono un arabo sunnita in casa propria, nonostante egli avessi chiesto di farlo fuori di casa per non essere visto dalla famiglia, come in questo caso, un’interazione dovuta a un fraintendimento culturale basilare avrebbe potuto avere gravi conseguenze. 5.1.2 Definire “reale” una situazione: il teorema di Thomas La realtà viene socialmente costruita perché vediamo il nostro mondo da una prospettiva particolare, in quanto parte di una determinata cultura. Il fatto di dare per scontato la nostra definizione di realtà ci impedisce di vedere la complessità della società, e mette in moto conseguenze reali, come si può vedere nella figura 5.1 in cui vengono mostrati due modi di vedere il mondo (attraverso rappresentazioni bidimensionali del globo). Il sociologo W.I. Thomas contribuì a sviluppare il concetto della necessità di interpretare una situazione sociale prima di agire; espresse la sua intuizione (oggi nota come teorema di Thomas) con l’enunciato “se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse saranno reali nelle loro conseguenze”. In altre parole, l’interpretazione soggettiva della realtà ha effetti oggettivi. Questo teorema aiuta a capire come le interpretazioni di una situazione diano forma all’interazione sociali a livelli sia micro che macro: -a livello micro, per esempio, se un estraneo ci chiede l’elemosina, la nostra definizione della situazione influenza il fatto che gli diamo o meno dei soldi. -a livello macro, per esempio, un governo che vede una nazione confinante come una minaccia militare probabilmente investirà notevoli risorse negli armamenti. Il teorema di Thomas aiuta anche a capire il funzionamento degli stereotipi, cioè generalizzazioni esagerate, distorte o non vere su categorie di persone, che non tengono conto della specificità di ogni individuo. Spesso gli stereotipi sono negativi, e trattandosi di definizioni condivise, creano un senso di realtà, e dunque possono avere gravi conseguenze. La TV per esempio è ricca di stereotipi sugli operai ( vengono rappresentati come poco intelligenti e pigri) che aiutano a giustificare la disuguaglianza economica. 5.1.3 Tre passi per costruire la realtà sociale Peter Berger e Thomas Luckmann, nel loro classico libro La realtà come costruzione sociale, definiscono i tre passi per costruire la realtà sociale: -esternalizzazione. Le persone creano la società attraverso una continua attività fisica e mentale, che crea un ambiente stabile entro il quale poter vivere. -oggettivazione. Le disposizioni sociali sembrano oggettivamente reali, ovvero la società appare come un qualcosa di naturale, non controllabile dalle persone. -interiorizzazione. Apprendiamo la cultura della nostra società e determiniamo la nostra visione del mondo. In questo processo gli esseri umani diventano prodotti sociali. Le persone quindi creano e perpetuano la struttura sociale, e sono influenzate dalla società che loro stesse creano. 5.1.4 Status sociali e ruoli L’interazione sociale prende forma, oltre che con un’interpretazione condivisa della realtà sociale, attraverso status sociali e ruoli. Uno status set è l’insieme degli status di un individuo, mentre una categoria di status è uno status sociale che le persone possono avere in comune. Un ruolo sociale, invece, consiste nell’insieme dei comportamenti attesi che ci associano a particolari status (per esempio in quanto studenti, ci si aspetta da noi che frequentiamo le lezioni, che diamo esami ecc). I comportamenti, i doveri e i diritti associati ad un ruolo sono stati definiti dalla nostra cultura ancor prima di assumere quel dato ruolo. Il conflitto inter-ruoli avviene quando le aspettative associate ai ruoli diversi si scontrano (per esempio, sono particolarmente soggetti a questo tipo di conflitto i genitori che devono conciliare la cura dei figli con il lavoro). Il conflitto intra-ruolo, invece, avviene quando le aspettative associate ad un singolo ruolo competono le une con le altre (per esempio gli insegnanti vivono questo tipo di conflitto quando devono aiutare i propri studenti, ma allo stesso tempo li devono valutare). Poiché gli individui possono detenere contemporaneamente molti status con i relativi ruoli, si crea spesso il problema di soddisfare con successo le aspettative sociali. Infine, i ruoli permettono di connettersi con altre persone e di creare quindi una rete di relazioni sociali che è alla base della struttura sociale. Noi proviamo un senso di lealtà e solidarietà nei confronti dei membri del nostro in- group, il che è essenziale per il funzionamento della società; allo stesso tempo, i membri di questo gruppo possono provare un senso di superiorità nei confronti delle persone che non appartengono al loro gruppo. 5.3.2 Conformità: gli esperimenti di Asch Gli esperimenti di Asch dimostrano come le azioni altrui spesso promuovano un comportamento di conformità. Ai soggetti degli esperimenti venne mostrata una coppia di carte, una con tre linee verticali di lunghezze diverse e l’altra con un’unica linea verticale; successivamente venne loro chiesto quale delle tre linee della prima carta fosse della stessa lunghezza della linea illustrata nella seconda carta. Quando i primi membri del gruppo a cui era stata rivolta la domanda diedero una risposta sbagliata (erano complici che collaboravano con lo sperimentatore), alcuni soggetti fornirono la stessa risposta, seppur scorretta. Le persone dunque ricercano l’approvazione sociale seguendo il gruppo, e il fatto di conformarsi spesso ha lo scopo di mantenere i collegamenti sociali. -Alcune culture sono più conformiste di altre: i cittadini di Paesi con culture individualiste sono meno inclini a conformarsi rispetto ai cittadini di Paesi le cui culture sono orientate ad una maggiore collettività; -anche le condizioni sociali possono portare ad un comportamento conformista; -malgrado le influenze dei gruppi, gli individui hanno ancora la capacità di compiere azioni indipendenti. 5.3.3 Obbedienza: gli esperimenti di Milgram Gli esperimenti di Milgram venivano condotti in un laboratorio di ricerca, dove alcuni scienziati incoraggiavano i partecipanti a somministrare scosse elettriche apparentemente dolorose ad altre persone come parte di un presunto studio su come le punizioni influenzino l’apprendimento. Mentre alcuni si rifiutavano di partecipare agli esperimenti, molti altri hanno eseguito gli ordini, cedendo il potere a chi aveva autorità. Solo quando hanno visto gli altri rifiutarsi di partecipare all’esperimento, la maggioranza ha detto no. Ciò dimostra come molti si siano socializzati in modo da ubbidire a figure autoritarie e conformarsi alle aspettative sociali, sebbene sappiano che queste azioni sono sbagliate. 5.3.4 Conformismo Il conformismo è una forma di pensiero acritico, tramite il quale le persone rafforzano il consenso anziché porsi domande o analizzare il problema che hanno di fronte nella sua interezza. Chi si conforma al pensiero di gruppo ignora le prove o le idee che contraddicono il suo pensiero e quello degli altri membri del gruppo. Quanto più simili sono i membri del gruppo, tanto più è probabile che essi accettino le affermazioni della maggioranza sul mondo anziché metterle in discussione. I gruppi conformisti minimizzano i conflitti interni, incoraggiando tutti i membri a fare gioco di squadra. 5.3.5 Leadership, oligarchia e potere Nelle burocrazie formali le persone, a qualsiasi livello della struttura organizzativa, hanno potere su chi è sotto di loro e sono soggette all’autorità di chi sta sopra. Michels coniò il termine legge ferrea dell’oligarchia per descrivere ciò che considerava l’ultimo e inevitabile consolidamento del potere al vertice delle organizzazioni burocratiche. Egli affermava che le burocrazie collocano troppo potere nelle mani dei pochi che sono al vertice, per cui quest’ultimi ne fanno un pessimo uso e lo consolidano grazie ad un accesso privilegiato a informazioni e risorse. La disuguaglianza burocratica può comunque essere contestata mediante un conflitto politico sotterraneo fra coalizioni organizzative, che comprende sottili forme di mancata collaborazione e persino il sabotaggio. Gran parte delle organizzazioni burocratiche non opera su principi democratici, eppure alcune assegnano posizioni all’interno della propria gerarchia con procedimenti democratici. 5.3.6 Gestione scientifica e controllo sul luogo di lavoro Il processo di dequalificazione dei lavoratori generici e di ottimizzazione dell’efficienza del luogo di lavoro mediante uno studio calcolato divenne noto come organizzazione scientifica del lavoro. Frederick Taylor fu il maggiore fautore di questo modello organizzativo e il suo approccio viene spesso definito taylorismo, la quale classica applicazione fu la catena di montaggio. Anche se è divenuta celebre per l’utilizzo nell’industria automobilistica, la catena di montaggio venne impiegata per la prima volta nell’industria della macellazione a Chicago. In precedenza, i dipendenti più esperti lavoravano sulla carcassa intera di una animale dividendola in pezzi e affettandola per i diversi tagli. Applicando i principi di Taylor, il lavoro venne suddiviso in compiti individuali, ciascuno dei quali era eseguito da un operaio diverso che poteva essere assunto a un salario più basso e addestrato in tempi brevi a compiere quel lavoro noioso e ripetitivo. L’organizzazione scientifica non si limita al contesto industriale per il quale venne inizialmente formulata. I luoghi di lavoro altamente tecnologici di oggi utilizzano spesso i principi del taylorismo sviluppati oltre un secolo fa. 6.4 La socializzazione e gli agenti di socializzazione La socializzazione è il processo mediante il quale le persone vengono a conoscere norme basilari, valori, credenze e comportamenti della propria cultura. Essa si distingue in socializzazione primaria e secondaria. Quella primaria è la prima socializzazione che un individuo intraprende nell’infanzia, attraverso la quale diventa membro della società, quella secondaria invece è ogni processo successivo, che introduce un individuo già socializzato in nuovi settori del mondo oggettivo della sua società. Durante la prima il bambino apprende le norme e i valori importanti, acquisendo un senso di sicurezza esistenziale, essa inoltre non avviene mai nel vuoto sociale, ma è influenzata dalla classe e dalla struttura della famiglia di origine. Essa trasmette sempre un habitus sociale che riproduce le disuguaglianze presenti nella società. La seconda è legata a specifici sottomondi istituzionalizzati. I vettori fondamentali di entrambi i tipi di socializzazione sono l’interiorizzazione e l’apprendimento: tramite i quali un individuo incorpora in sé i contenuti della socializzazione, rendendoli scontati. Si instaura una dialettica costante tra singolo e ambiente sociale, da una parte diventiamo membri di un gruppo, dall’altra costruiamo contemporaneamente la nostra individualità. Il processo di socializzazione ricorre in differenti contesti sociali ed è guidato da una pluralità di agenti di socializzazione, cioè le persone e i gruppi che ci trasmettono la nostra cultura. 6.4.1 La Famiglia La famiglia è il primo agente di socializzazione primaria dove si imparano abilità, valori, norme. Essa ha un ruolo cruciale anche nel primo sviluppo del senso di identità di un bambino, insegna i ruoli di genere spesso indicati dall’abbigliamento e nei giocattoli che scelgono. I messaggi destinati i bambini sono carichi di aspettative di genere. All’interno di una stessa società i metodi educativi possono variare in base alla cultura, ad esempio in Malesia si pone l’accento su obbedienza e collaborazione, negli Stati Uniti sulla felicità e sul successo personale. Questi valori diversi accrescono la probabilità che i bambini finiscono per avere le stesse opportunità educative e stesso tipo di lavoro, riproducendo in tal modo la disuguaglianza strutturale. 6.4.2 La scuola La scuola è il primo contatto con il mondo esterno alla famiglia, in questi ambienti si impara ad interagire con gli altri e a far parte di un gruppo. Inoltre la scuola ha il ruolo di formare gli individui culturalmente, essa infatti oltre al curriculum accademico formale trasmette il curriculum nascosto, ossia lezioni implicite sul comportamento corretto. 6.4.3 I media Oggi nelle nazioni sviluppate le lezioni provengono da media commerciali, il cui primo interesse è vendere i prodotti e socializzare i giovani in modo tale che diventino consumatori, ad esempio aziende come Disney e Viacom (mtv) rivestono ormai un ruolo fondamentale nel presentare ai bambini una serie di valori, credenze e norme, che promuovono uno stile di vita consumistico. I media hanno alterato la socializzazione dei bambini i quali hanno avuto accesso a un mondo di idee e di situazioni tipiche degli adulti, anche se non sono in grado di leggere la realtà allo stesso modo, ad esempio con contenuti sessualmente espliciti e graficamente violenti. Inoltre i media erodono il significato di luogo fisico, permettendo ai bambini di vedere campi di battaglia di guerre, sfumando il confine tra infanzia ed età adulta. 6.4.4 Il gruppo dei pari * (Approfondimento “Comunicazione online e identità” pg. 207 III edizione) 6.5.4 interazione sociale: sviluppare il Sé Il Sé viene costruito attraverso l’interazione sociale nel corso della maturazione biologica e sociale. Mead riteneva che i bambini avanzassero attraverso quattro fasi di sviluppo sociale: 1. Fase pre-gioco. Fino ai due anni compiuti, i bambini non sono in grado di uscire del tutto da se stessi. Possono imitare, ma si tratta di atti privi di significato. 2. Fase del gioco. Più o meno intorno ai tre anni, i bambini cominciano ad essere in grado di assumere il ruolo di un’altra persona in modo significativ, per es. interpretando il ruolo dei genitori. 3. Fase del gioco di squadra. Intorno ai 6/7 anni i bambini imparano non solo interpretare un ruolo, ma anche a collegarlo al ruolo degli altri, ad es. giocare ad uno sport di squadra. 4. Fase dell’altro generalizzato. Infine quando le persone maturano si sviluppano le capacità di considerare l’altro generalizzato, i valori e gli orientamenti di una comunità in generale e non dei suoi singoli componenti, interiorizzando i valori e le credenze della propria cultura, ad es. preoccuparsi di quello che pensa la gente. L’altro generalizzato dipende dal contesto sociale: varia enormemente da una cultura all’altra. MIGRAZIONI ED ETNIE 7.1 Movimenti migratori Le migrazioni sono antiche quanto l’umanità ma a seguito dei processi di globalizzazione, i processi migratori hanno subito un forte sviluppo tanto da definire l’epoca contemporanea come “l’epoca delle migrazioni”. Fattori di attrazione ed espulsione Esistono due fattori che generano i processi migratori: ●Fattori di espulsione (push): insieme delle problematiche del paese di origine che spingono le persone a migrare per trovare migliori condizioni di vita; ●Fattori di attrazione (pull): riguardano la possibilità di lavoro, maggiore libertà, benessere economico ecc… che portano quindi i migranti verso i paesi più ricchi. Questi due processi migratori, dopo la seconda guerra mondiale hanno portato a dei modelli di regolamentazione dell’immigrazione: o Modello storico: garantisce la cittadinanza a tutti i nuovi arrivati, dando vita a vere e proprie nazioni di migranti (USA, Canada); o Modello selettivo: favoriva l’immigrazione di persone provenienti da ex colonie (Francia, UK) così da poter mantenere un controllo diretto su di essi; o Modello dei lavoratori ospiti: incoraggiavano l’immigrazione per soddisfare le esigenze temporanee del mercato del lavoro senza però un riconoscimento dei diritti di cittadinanza (Svizzera, Germania, Belgio); o Modello della chiusura recente: difronte ad una forte migrazione, vengono applicate misure più restrittive nei confronti dei flussi in entrata generando clandestinità. Le diaspore La diaspora è un fenomeno per il cui le persone migrano in più paesi stranieri ma mantengono la propria identità culturale. Robin Cohen nel suo scritto ne individua quattro tipi: o Diaspora di vittime: diaspora generata da eventi drammatici es. ebrei nel corso della storia; o Diaspora imperiale: formazione di un impero o trasferimento di parte della popolazione nelle colonie; o Diaspora di lavoratori: trasferimento per la ricerca di nuovo lavoro in altri paesi; o Diaspora di commercianti: dispersione della popolazione correlata alla creazione di reti commerciali internazionali. Il fenomeno migratorio in Italia L’ Italia ha conosciuto due grandi migrazioni: ● ‘800-‘900 Grande emigrazione dove migliaia di persone, emigrarono a causa di una crescente povertà, verso Stati Uniti, Brasile e Argentina, alla ricerca di un futuro migliore; ● Iniziò negli anni ’50 per poi concludersi poi tra glia anni ’60 e ’70. La maggior parte della popolazione migrava in Svizzera, Belgio e Germania, ovvero paesi che in quel momento erano bisognosi di manodopera e incoraggiavano quindi i paesi del mediterraneo a fornire lavoratori a buon mercato. Tra gli anni ’50 e metà degli anni ’70 (in pieno boom economico) l’Italia fu interessata da un movimento interno che vedeva persone prevalentemente meridionali salire al nord e trasferirsi in particolare a Milano, Torino e Genova (Triangolo industriale). Successivamente con l’esaurimento del boom economico, il crollo del muro di Berlino e le trasformazioni nell’Europa del Nord si ha un’ondata di “nuove migrazioni”. Questo contribuì a modificare il tessuto della società italiana e la composizione demografica, quindi l’Italia è diventò una destinazione privilegiata per le migrazioni internazionali e tutto ciò portò il nostro paese ad adottare politiche d’ingresso molto più rigide. I rifugiati in questo caso hanno creato molto allarme sociale e l’Italia ha accolto lo 0,22% della popolazione totale. Il nostro paese continua a rimanere comunque un paese di emigrazione a causa della crescente disoccupazione e crisi economica e i paesi dove si trovano le comunità italiane più numerose sono: Argentina, Germania e Svizzera. 7.2 Il ruolo della cultura: inventare l’etnia e la razza Molte società classificano le persone in termini di “razza” e di “etnia”. ● Etnia: comunità caratterizzata da una tradizione culturale condivisa, che deriva spesso da un’origine e una patria comuni; ● Razza: categoria di persone che hanno in comune delle caratteristiche fisiche socialmente significative, come il colore della pelle. Pseudoscienza e razza La parola “razza” nacque tra il 1700 e il 1800 proprio perché gli scienziati iniziarono a classificare piante e animali e successivamente questi sforzi si tradussero in una pseudoscienza. Linnaeus inventò quattro sottospecie di homo sapiens: Europeanus, Americanus, Asiaticus e Africanus, che diedero i presupposti per giustificare il razzismo (convinzione che una razza sia superiore ad un’altra). Successivamente Gobineau, padre del razzismo moderno, contemplò l’esistenza di tre tipologie di razze umane: quella bianca, quella nera e quella gialla. Questi tipi di classificazione vanno a braccetto con l’essenzialismo razziale ovvero che presunte differenze naturali e immutabili separino le razze. Razza ed etnia nel tempo e nelle culture Le razze e le etnie essendo costrutti sociali e non dati biologici variano da una cultura all’altra. Negli Stati Uniti nell’800 i meticci venivano chiamati “mulatti” e all’inizio 1900 i bianchi iniziarono a modificare le leggi statali in modo da rendere le categorie razziali reciprocamente esclusive e quando le origini erano miste prevaleva la condizione giuridica di nero. Negli ultimi anni, tuttavia, sono tornati a riconoscere lo stato di “meticcio”. Se invece ci si sposta nei paesi dell’America Latina, ci sono sempre state svariate categorie di sangue misto e quindi l’aspetto fisico è molto meno carico di valenze sociali rispetto agli Stati Uniti. 7.3 Struttura e potere sociale nei gruppi razziali ed etnici Vedere gli altri in termini di razza, etnia o altre categorie sociali può incidere sul modo in cui agiamo nei loro confronti e quindi contribuire a legittimare le disuguaglianze sociali. Gruppi minoritari e maggioritari La socializzazione porta i ragazzi a stringere legami con persone simili a loro e a sviluppare stereotipi negativi sui membri dell’out-group, dissimili da loro. Stando all’ipotesi del contatto elaborata da Allport, il contatto tra membri di gruppi diversi può ridurre il pregiudizio se è protratto nel tempo, se coinvolge gruppi di uguale status aventi obiettivi comuni e se viene approvato dalle autorità. Discriminare per trarne un vantaggio La competizione può portare al conflitto e alla discriminazione di gruppo da parte di un altro come mezzo per ottenere un vantaggio su di esso. Secondo split labor market theory I conflitti etnici e razziali emergono quando due gruppi etnici o raziali competono per gli stessi posti di lavoro. Molte volte quando le persone sono frustrate dalla propria incapacità di superare le difficoltà, cercano un capro espiatorio, ovvero, un individuo o un gruppo falsamente accusato di aver causato una situazione negativa. 7.5 Il multiculturalismo Il multiculturalismo è il riconoscimento, valutazione e protezione delle distinte culture che formano una società. Anziché pensare che tutti adotteranno le idee e le pratiche della cultura dominante, si accettano le differenze di lingua, religione, costumi, abiti, tradizioni e credenze. Le persone che vivono in società multiculturali hanno quindi la straordinaria opportunità di conoscere e apprezzare la splendida varietà delle culture umane ma a volte tutto questo può comportare anche conflitti. Critiche al multiculturalismo Il politologo Huntington nel suo studio descrive otto culture diverse che si basano sulla religione e altre credenze culturali diverse. Lui sostiene che finché la globalizzazione avrebbe continuato a portare a contatti sempre più frequenti tra popoli, saremmo stati condannati a vivere conflitti culturali. Secondo alcuni però questa visione semplifica troppo la complessa mescolanza di culture di tutto il mondo e trascura il modo in cui disuguaglianze di lunga data hanno contribuito ad alimentare il conflitto globale. E’ anche vero che si può avere uno scontro di diverse culture all’interno di una stessa società e in riferimento a questo molti critici al multiculturalismo invece di incoraggiare le persone di diverse tradizioni culturali a coesistere pacificamente, le invitano a integrarsi alla cultura dominante del paese. GENERE E SESSUALITÀ 8.1 Biologia e cultura: sesso e genere Il sesso è la distinzione biologica tra femmine e maschi. Il genere designa le aspettative culturali socialmente costruite che si associano alle donne e agli uomini. 8.1.1 Sesso e biologia Il sesso di una persona si determina al concepimento. Le differenze sessuali raggruppate in due categorie: – differenze assolute (es: le mestruazioni) – differenze relative (es: entrambi hanno gli ormoni ma in misura diversa) Alcune persone, tuttavia, sono intersessuate: nate con un'anatomia riproduttiva o sessuale mista. (es: genitali femminili esterni o testicoli interni) 8.1.2 I limiti della biologia Se vogliamo capire la vita sociale di donne e uomini, però, dobbiamo guardare al di là della biologia e occuparci del genere come costrutto sociale. 8.1.3 Il genere come costrutto sociale Tutte le differenze tra uomo e donna sono prodotte culturalmente e perciò non hanno una base biologica. Il genere in un altra epoca: Seneca Falls, NY, delle donne denunciarono alcune condizioni politiche, legali, educative ed economiche che ne limitavano i progressi. Queste attiviste ebbero un ruolo molto importante nel movimento femminile. 2 giugno 1946: in Italia le donne votarono al referendum per la prima volta. Il genere in una cultura diversa: La discriminazione continua a esistere, basti pensare in Arabia Saudita dove per esempio non hanno ruolo politico e hanno pochi diritti sociali. 8.1.4 Identità di genere e persone transgender Il genere è un costrutto sociale che si forma nella cultura ma viene a far parte del Sè di una persona. L'identità di genere è l' identificazione di una persona in una donna, in un uomo o in una combinazione dei due. Esiste un ampio consenso sul fatto che la biologia non determina l'identità di genere, L'espressività di genere è la comunicazione dell' identità di genere di una persona agli altri, tramite il comportamento, l' abbigliamento, l' acconciatura e altri mezzi. Le persone transgender sono individui che si identificano con un genere diverso da quello associato al loro sesso. Alcuni di loro diventano transessuali, ovvero si sottopongono a interventi di ricostruzione degli organi sessuali per modificare il proprio aspetto fisico. (modificano i genitali, trattamenti ormonali che favoriscono lo sviluppo del seno o della barba) 8.1.5 Maschilità e ordine di genere Nonostante la nostra società sia dominata da un definizione di maschilità, le proprietà e le caratteristiche che si associano alla condizione biologica dell'uomo, differenti sottoculture hanno diverse norme sociali e diverse aspettative per il comportamento e per gli atteggiamenti virili. Ordine di genere: l' insieme delle relazioni, norme e rappresentazioni che danno forma a determinati modi di essere del maschile e del femminile in una società. Ne vengono individuate 3 dimensioni: 1) LAVORO riguarda la divisione sessuale del lavoro, sia in sfera pubblica sia privata 2) POTERE riguarda i rapporti di autorità e le gerarchie 3) CATESSI concerne la dinamica dei rapporti intimi, affettivi e sessuali 8.1.6 Distinzioni di genere e potere Gli uomini hanno spesso affermato che le caratteristiche maschili siano superiori e più desiderabili di quelle femminili promuovendo così il sessismo. Il sessismo è l' ideologia per cui un sesso sarebbe superiore all'altro. Frasi come “i ragazzi in gamba non piangono” “corri come una ragazza” insegnano ai ragazzi che le caratteristiche associate alle ragazze sono indesiderabili. Questo anche ci spiega come mai i gay vengono maltrattati, poiché non sono considerati abbastanza virili e presentano “qualità inferiori”, tipiche delle donne. In una società in cui il genere segnala sia la differenza sessuale sia la superiorità maschile, gli uomini avranno sempre più potere delle donne. 8.2 Cultura, socializzazione e genere Essendo privo di base biologica, il genere deve essere appreso tramite la socializzazione. Noi ci comportiamo conformandoci alle aspettative culturali di genere. Il genere come gli altri costrutti sociali non è fisso tuttavia non siamo liberi di reinventarlo senza conseguenze. 8.2.1 Apprendere il genere: socializzazione e ruoli di genere I sociologi definiscono i ruoli come l' insieme delle aspettative associate alle diverse posizioni sociali. Troviamo anche se raramente, il matriarcato, un sistema sociale dominato dalle donne, il quale però non è una forma di dominio bensì una società fondata sulla collaborazione e l' equilibrio tra i generi. Nel patriarcato, il predominio maschile è dovuto in larga misura alle differenze legate al sesso, in particolare al ruolo tradizionale delle donne, legato alla generazione e all' allevamento dei figli che limitava i tipi di attività che potevano intraprendere. Inoltre, la taglia fisica superiore e una forza maggiore consentiva agli uomini di usare la violenza per ottenere l' obbedienza delle donne. 8.3.2 La cultura prevale sulla biologia La cultura può fare molto per spiegare le origini del patriarcato. Con l'evoluzione dei secoli, grazie alle innovazioni culturali però le differenze sono sempre meno significative. (es:farmaci come la pillola, l'aborto e l'inseminazione artificiale) Tuttavia, dopo aver accumulato potere nella società gli uomini erano restii a condividerlo con le donne, da qui la disuguaglianza di genere che continua ancora oggi. 8.3.3 Lavoro e livelli di istruzione Il differenziale retributivo di genere è un indice che misura la differenza retributiva tra uomini e donne in un determinato lavoro. In una statistica viene evidenziato ch ele donne in media guadagnano meno degli uomini. Istruzione, lauree e occupazioni: Gli uomini hanno sempre superato le donne quanto a livello di istruzione, anche perchè molte università rifiutavano le donne. Tuttavia negli ultimi decenni le donne hanno recuperato il terreno perduto e stanno pure superando gli uomini. Nonostante oggi uomini e donne hanno più o meno lo stesso accesso all' educazione, i campi di studio che scelgono per laurearsi sono ancora spesso ripartite in un' ottica di genere, che riflette la socializzazione iniziale. ( donne: psicologia, professioni sanitarie uomini: ingegneria, matematica, fisica) Queste differenze tra le scelte universitarue contribuiscono parzialmente al divario retributivo. Partecipazione alla forza lavoro: Uomini e donne hanno diversi approcci al lavoro che contribuisce al divario retributivo. Le donne hanno la responsabilità primaria di allevare figli, sono più propense a usare congedi parentali. Le donne lavorano meno ore degli uomini, anche quando lavorano a tempo pieno: una disparità che riflette sia le diverse posizioni che tendono ad assumere gli uomini e le donne, sia i maggiori impegni familiari di queste ultime. La discriminazione e il soffitto di cristallo: La discriminazione nei luoghi di lavoro è un dato di fatto per molte donne. Il risultato è il soffitto di cristallo ovvero la barriera spesso invisibile creata dal sessismo individuale e istituzionale che impedisce a donne qualificate di raggiungere livelli elevati nella struttura manageriale. Il pregiudizio di genere si determina spesso a livello inconscio e influenza la valutazione reciproca del lavoro altrui, contribuendo alla discriminazione. ( gli uomini competenti e logici mentre le donne emotive e inaffidabili) Le norme culturali oltre a promuovere la discriminazione dissuadono le donne dall'avere più successo dei propri mariti o dal focalizzarsi sulla carriera anziché RIASSUNTO SOCIOLOGIA: da pag.265 a 290 8.3.5 potere politico Nel 1995, il Comitato Economico e Sociale dell’ONU fissò un obiettivo del 30% di rappresentanza delle donne nel corpo legislativo di ogni Paese. Nel giugno 2011, solo ventisei Paesi avevano raggiunto tale obiettivo tramite quote rosa imposte per legge o stabilite volontariamente. La penuria di donne che detengono una posizione di potere politico implica una loro sotto rappresentanza nei gruppi. Con le elezioni politiche del 2013 la percentuale di donne presenti nel Parlamento italiano è salita al 31% ponendosi al di sopra di altri Paesi (Francia, UK). 8.3.6 la violenza sulle donne La violenza sulle donne, come altre relazioni che coinvolgono il potere, è una conseguenza e una causa delle disuguaglianze. Questa violenza viene attuata sia a livello individuale sia con modalità più organizzate. Violenza domestica e aggressione sessuale Fino a pochi decenni fa, in Italia il “delitto d’onore” (es. uccisione della coniuge adultera) era sanzionato con pene attenuate rispetto ad un delitto analogo ma perpetrato con un movente differente, perché si riconosceva che l’offesa arrecata all’onore equivaleva a una gravissima provocazione, la cui riparazione era socialmente accettata. Ancora oggi altre società tollerano la violenza domestica. In Italia e in molti Paesi, la violenza domestica viene considerata oggi un grosso problema sociale, oltre che un reato. La violenza domestica viene definita come un comportamento violento che viene usato da una persona per acquisire o mantenere il potere e il controllo sul proprio partner. Questo tipo di abuso può contenere componenti fisiche, sessuali, psicologiche, emotive ed economiche e può includere qualunque comportamento che manipola, umilia, minaccia o lesiona qualcuno. L’85% della violenza sul partner sessuale è indirizzata sulle donne. Secondo una indagine istat riferita al 2014, il 31,5% delle donne italiane ha subìto nel corso della propria vita una o più forme di violenza fisica o sessuale. Lo stupro si sovrappone alla violenza domestica perché alcune forme della prima comportano l’aggressione sessuale; in realtà la quasi totalità degli stupri era stata perpetrata da un conoscente (marito, fidanzato). Sia Lacan che Bourdieu sottolineano come la radice della violenza sulla donna, scatta nel momento in cui la donna si sottrae a tale rappresentazione (esempio quando una donna rompe una relazione). Tale meccanismo, si mette in moto “ogni volta che la donna non si fa trovare dove un uomo la posiziona”. A livello internazionale, l’OMS ha intervistato più si 24000 donne appartenenti a 10 Paesi diversi; lo studio conferma che la violenza domestica varia sensibilmente da una cultura all’altra (più nelle zone rurali che in grandi città). Inoltre, l’OMS afferma che “la violenza domestica continua a essere spaventosamente diffusa e considerata ‘normale’ in troppe società”. 8.3.7 Molestie sessuali sul lavoro Un’altra forma di discriminazione legata al genere è costituita dalle molestie sessuali, proposte sessuali non gradite, richieste di favori sessuali e molestie verbali di varia natura. Le molestie possono avvenire ovunque: sul lavoro, all’università, all’interno della comunità. Quasi tutte l molestie sessuali vengono commesse da uomini nei confronti delle donne. Alcune forme di molestie coinvolgono l’abuso di potere. I casi più evidenti sono quelli di scambio di favori sessuali (es. vieni a letto con me e ti aumento lo stipendio, accetti o ti licenzio). Questi casi costituiscono un abuso di autorità, vietato dalla legge. Altri casi comportano molestie che creano un ambiente di lavoro ostile e includono barzellette, e-mail a sfondo sessuale, pornografia, vignette non gradite o contatti fisici non richiesti. Violenza di stato nei confronti delle donne Noi pensiamo quasi sempre alla violenza sulle donne in termini di crimini commessi da singoli individui, ma anche i governi sono implicati in questo tipo di crimine. Alcuni governi ignorano deliberatamente l’aggressione sessuale, evitando di fare approvare leggi che la vietino. Durante le guerre, governi ed eserciti hanno organizzato forme di violenza sistematica contro le donne (le donne erano costrette a prostituirsi per i soldati). A partire dal 1998, una serie di crimini di guerra contro le altri. Nella nostra società, la popolazione può essere ripartita in quattro gruppi principali: - Gli eterosessuali sono attratti da persone dell’altro sesso - Gli omosessuali sono attratti da persone dello stesso sesso - I bisessuali sono attratti da persone di entrambi i sessi - Gli asessuali non sono sessualmente attratti da nessuno L’identità sessuale affonda le proprie radici nella biologia, ma è influenzata dalla cultura. La sessualità è un argomento sensibile e privato, e molti si guardano bene nel discuterne. Inoltre, poiché la sessualità è caratterizzata da una comunità negli atteggiamenti e nei comportamenti, classificare le persone in categorie distinte e separate può essere fuorviante (es. quasi tutti coloro che dichiarano di aver avuto rapporti omosessuali non si identificano come tali); di conseguenza, la percentuale della popolazione che ricade in ciascun tipo d’identità sessuale è tuttora oggetto di dibattito. Dal 2011 circa un milione di persone si dichiara omosessuale o bisessuale. Come accade nelle ricerche scientifiche internazionali, l’orientamento sessuale è stato analizzato anche attraverso altre dimensioni, come l’attrazione sessuale, l’innamoramento e l’aver avuto rapporti sessuali. Nel complesso si arriva a una stima di circa 3 milioni di individui (6,7% della popolazione). 8.4.4 l’invenzione degli eterosessuali e degli omosessuali La percezione del comportamento sessuale, la cultura influenza anche la nostra percezione dell’identità sessuale. L’idea di legare l’identità alla sessualità (identificandosi come “etero” “gay” o “bisex”) è una invenzione sociale relativamente recente. Tutte le forme di comportamento sessuale esistono da quando esiste l’umanità. Talune forme di attività omosessuale erano abituali nella vita sociale di alcune civiltà; l’omosessualità era dominante nell’antica Grecia e la parola “lesbica” deriva dall’isola di Lesbo, patria di Saffo, poetessa che scrisse poesie d’amore dedicate a donne e ragazze. In passato, il fatto di avere rapporti intimi con persone dell’altro o dello stesso sesso non qualificava necessariamente un individuo come eterosessuale od omosessuale. A metà XIX secolo i primi tentativi scientifici di classificare il comportamento sessuale umano fecero emergere il concetto di “omosessualità”, una categoria di soggetti contrapposta agli “eterosessuali”. Michel Foucault affermò che gli scienziati iniziarono a studiare i comportamenti sessuali verso la metà del XIX secolo. Fu allora che la sessualità venne per la prima volta sottoposta a un’indagine approfondita. I ricercatori iniziarono a classificarli in categorie separate, tra cui “normali” e “devianti”. I governi cominciarono a tentare di regolamentare e controllare le pratiche considerate “devianti” (es. introdussero leggi contro la sodomia che vietavano le azioni associate all’omosessualità). Alla fine dell’800, le società occidentali iniziarono a inquadrare chi si dedicava all’attività omosessuale in una nuova categoria sociale distinta e separata: quella degli “omosessuali”. Nel 1948, Kinsey ipotizzava che la sessualità delle persone si posizionava all’interno di una continuum, con molti soggetti inclini in varia misura alla bisessualità. Kenneth Plummer ha distinto quattro tipi di omosessualità all’interno della moderna cultura occidentale: - Omosessualità casuale: un’esperienza omosessuale transitoria, che non determina in modo sostanziale l’intera vita sessuale di un individuo (cotte tra compagni di scuola) - Omosessualità situata: riferita a circostanze particolari, in cui attività omosessuali vengono praticate regolarmente senza che diventino una preferenza dominante per la persona (caserme, prigioni) - Omosessualità personalizzata: relativa a individui che praticano attività omosessuale in ansierà isolata e furtiva - Omosessualità come stile di vita: riguarda quegli individui che vivono apertamente la propria omosessualità e ch appartengono alle sub-culture gay e alle loro forme associative 8.4.5 bisessualità e asessualità Essere “bisessuali” significa avere un’identità sessuale caratterizzata da un’attrazione sia per le donne che per gli uomini. Il concetto di bisessualità come identità a sé stante è nato nel XIX secolo, e fino alla meta del XX secolo la parola “bisessuale” non è entrata nell’uso comune. Essere “asessuale” invece, significa non provare attrazione sessuale per nessuno dei due generi. Anche questa identità va contro le norme accettate della nostra cultura in tema di sessualità. Le persone asessuate non decidono di astenersi dal sesso o di reprimere gli impulsi sessuali. 8.4.6 identità sessuali e disuguaglianza L’eterosessismo, un insieme di atteggiamenti e di comportamenti che indica la convinzione che tutti siano eterosessuali, è molto comune (es. dare per scontato che un’amica parli di un uomo quando accenna ad un appuntamento è un tipico esempio di eterosessismo. Gli eterosessisti non provano necessariamente sentimenti negativi nei confronti degli LGBT, si limitano a ignorarne l’esistenza. Per contro, l’omofobia è un misto di disapprovazione e di paura nei confronti degli LGBT ed è spesso fonte di ostilità e discriminazione. Leggi e tradizioni omofobiche hanno discriminato pesantemente queste categorie, costringendole spesso a nascondere il proprio orientamento sessuale. Il matrimonio tra persone dello stesso sesso è legale in diversi Paesi (Canada, Belgio, Spagna), mentre varie forme di unione civile sono ammesse in almeno altri 15 Paesi. Nel 2011 le Nazioni Unite hanno approvato la prima risoluzione che riconosce diritti alle persone omosessuali e transgender, seguita da un report che documenta le violazioni dei diritti delle persone omosessuali, inclusi crimini di odio e discriminazione. Recentemente, dopo una lunga e contrastata battaglia parlamentare, anche in Italia è stata approvata nel 2016 la legge delle unioni civili: “unione civile” è il termine con cui nell’ordinamento italiano si indica l’istituto, analogo al matrimonio, comportante il riconoscimento giuridico della coppia formata da persone dello stesso sesso. L’intolleranza, può arrivare a punti estremi: in alcuni Paesi mussulmani l’omosessualità viene ancora punita con la morte. “Prendersela con i gay” può implicare una varietà di comportamenti fino ad arrivare persino all’omicidio. Le molestie portano talvolta al suicidio, specialmente tra gli adolescenti gay. Nella fase più acuta delle persecuzioni, i nazisti arrestarono e malmenarono migliaia di gay e li inviarono a lavorare nei campi di concentramento costringendoli a cucire sulle divise dei triangoli rosa che divennero da allora il simbolo del movimento LGBT. 8.5 contrastare le disuguaglianze basate sul genere e sull’identità sessuale A dimostrazione del fatto che le culture e le strutture sociali possono essere modificate dall’azione umana, le femministe e gli attivisti LGBT hanno contribuito a trasformare la realtà politica, giuridica e culturale, oltre l’impostazione dei programmi didattici. 8.5.1 il genere in sociologia I primi sociologi ignoravano i tempi del genere e della sessualità, seguendo le logiche sessiste delle società del tempo. Nel corso del XIX secolo e all’inizio XX, i “padri fondatori” della sociologia basavano spesso le proprie generalizzazioni sulle esperienze di uomini eterosessuali. Un’eccezione è rappresentata dalla teoria critica della stratificazione di genere, sviluppata da Friedrich Engels: collegò la stratificazione di genere all’ascesa della proprietà privata e delle classi sociali. Engels definì ingiusta la disuguaglianza di genere, sottolineando gli effetti dell’interazione economiche abbraccia sistemi di portata internazionale. Ciò che accade sul palcoscenico mondiale ha un impatto sostanziale sulla vita di ciascuno. 9.1 Le disuguaglianze strutturate: i sistemi di stratificazione Per disuguaglianza sociale intendiamo una distribuzione ineguale di risorgesse economiche, sociali, politiche e culturali all’interno di un determinato contesto sociale. La società in cui gli individui appartengono, tende a modificare gli effetti dovuti alla casuale distribuzione genetica delle abilità. Le disuguaglianze sociali si basano su una particolare combinazione di desiderabilità, abbondanza e scarsità: esse compaiono in modo vistoso solo nel momento in cui gli esseri umani passano dal Paleolitico (nomadismo) al Neolitico (sedentarietà), cioè con la nascita delle prime città e dell’agricoltura. Questo passaggio cruciale, comportò la nascita di criteri culturali complessi che gerarchizzavano e davano forma ai bisogni e ai desideri dei membri della comunità. Inoltre, esso rese possibile la comparsa di un surplus produttivo, vale a dire di una quantità di risorse aggiuntive (es. i prodotti artigianali). Ne derivò non solo il problema di come impiegare tali risorse ma anche quello di come distribuirle tra coloro i quali avevano partecipato direttamente al processo produttivo e gli altri membri della comunità. Per esistere, dunque, le disuguaglianze abbisognano di una soglia minima di abbondanza. Tuttavia se questa abbondanza fosse, al contrario, “massima”, il problema distributivo non si porrebbe più (l’aria che respiriamo è talmente abbondante da non essere oggetto di controversie distributive). L’abbondanza che genera disuguaglianze è dunque quella relativa: le risorse disponibili e dotate di valore da distribuire non sono infinite sia per un limite intrinseco ai metodi produttivi utilizzati, sia perché qualcuno è in grado di erigere e far rispettare le barriere al loro utilizzo. Qualunque società umana esista, formalizzata e istituzionalizza queste disuguaglianze sociali (incluse quelle riguardanti il potere) sviluppando meccanismi appositi. Un sistema di stratificazione è definito come l’insieme delle strutture e norme culturali che producono e mantengono le disuguaglianze sociali dislocando le persone in una gerarchia di gruppi che ricevono risorse diseguali. Diverse società hanno dato vita a differenti tipi di stratificazione sociale. Tuttavia, tutti i sistemi di stratificazione esistiti condividono tre elementi fondamentali: - L’ineguale distribuzione delle risorse dotate di valore sociale e culturale; - La presenza di gruppi distinti di persone, che formano strati sociali gerarchizzati; - Un’ideologia che cera di spiegare e giustificare le disuguaglianze esistenti In ogni società, la particolare forma assunta da questi elementi determina sia il tipo dominante di stratificazione sociale sia la distribuzione del potere al suo interno. 9.1.1 Risorse disuguali Il primo elemento comune a tutti i sistemi di stratificazione è l’ineguale distribuzione di risorse ritenute preziose. Queste possono includere: - Risorse economiche (compresi denaro, proprietà e terra); - Risorse umane (educazione, addestramento, capacità professionali); - Risorse culturali aiutano a conseguire il successo in una data collettività come per esempio le conoscenze implicite e le amabilità informali apprese mediante il processo di socializzazione); - Risorse sociali (incluso l’accesso a importanti network di persone); - Risorse di status (relative all’acquisizione, al riconoscimento e al mantenimento del prestigio); - Risorse civili (inclusi i diritti di proprietà, i contratti, il voto e la possibilità di esprimere il proprio pensiero); - Risorse politiche (relative al riconoscimento e all’esercizio dell’autorità nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nell’arena politica o nella vita sociale). In ogni sistema di stratificazione alcune risorse sono distribuite in maniera più uniforme di altre. Per esempio, nelle moderne democrazie tutti i cittadini hanno diritti simili, ma esistono differenze decisive tra ricchi e poveri in termini di risorse economiche e umane. Inoltre, quando una risorsa è disponibile più facilmente per un gruppo anziché per un altro, questa discrepanza può avere effetto sulla distribuzione di altre risorse. 9.1.2 Gruppi stratificati Il secondo elemento comune a tutti i sistemi di stratificazione è la presenza di gruppi distinti, che formano i diversi strati della società. La stratificazione basata sulla classe sociale, l’etnia e il genere è molto diffusa, il che spiega, la grande attenzione che i sociologi riservano a questi elementi. Tuttavia, la stratificazione può anche essere basata su età, appartenenza religiosa, orientamento sessuale e disabilità. I gruppi esistenti all’interno di un sistema di stratificazione possono essere basati sui a su status ascritti sia su status conseguiti. Status ascritto: è una posizione sociale assegnata a una identità indipendentemente dalla sua. Volontà o dalle sue capacità (sesso biologico). Questo sistema è denominato sistema “chiuso”poiché rende a un individuo difficile muoversi da uno strato ad un altro. Status conseguito: è una posizione ricoperta da un individuo in larga misura come risultato delle proprie capacita e abilità (es. la laurea è uno status dovuto in gran parte ai propri sforzi). Questo tipo di stratificazione basato sugli status conseguiti sono definiti “aperti” (è possibile per un individuo realizzare la mobilita sociale ovvero il movimento da uno strato all’altro). Esempio: in un sistema di classi, lo status di una persona può cambiare in seguito a un mutamento strutturale dell’economia, per l’educazione conseguita o per altri fattori ancora. Le diverse categorie sociali normalmente associate a situazioni di disuguaglianza (appartenenza etnica, le classi e i generi) non sono naturali. Pertanto, il senso di ogni categoria è determinato dal suo contesto culturale e dalla struttura sociale (sono categorie socialmente costruite). Noi apprendiamo il senso e la rilevanza di queste categorie nel nostro tempo e nella nostra cultura attraverso il processo di socializzazione. 9.1.3 Le ideologie che giustificano le disuguaglianze Il terzo elemento comune a tutti i sistemi di stratificazione è l’esistenza di un’ideologia, un sistema di credenze che abita a definire e spiegare il mondo, nonché a giustificare l’esistenza delle disuguaglianze. Il modo più efficiente per mantenere un sistema di disuguaglianze è convincere la maggior part delle persone che esso è giusto o inevitabile (o entrambe le cose). Di conseguenza, chi lotta per ridurre le disuguaglianze deve spesso mettere in discussione l’ideologia che le supporta. I tre elementi chiave che tutti i sistemi di stratificazione hanno in comune (risorse inegualmente distribuite, presenza di gruppi distinti ed esistenza di un’ideologia giustificativa) generano differenti configurazioni sociali. Il patriarcato: Classe sociale: insieme di persone che condividono una determinata condizione economica ( i sociologi attribuiscono la genesi e la differenza di classe alla struttura occupazionale e alla divisione del lavoro). Tutt’ora il concetto di classe permea il linguaggio comune (vedi ad esempio l’espressione “classe media” o “tute blu”). Marx e Weber tra la fine dell’800 e i primi anni del 900 analizzarono la logica delle classi per comprendere la crescente disuguaglianza e i dolorosi cambiamenti sociali che si accompagnavano all’ascesa del capitalismo industriale. L’analisi di Karl Marx: Idea di base della teoria delle classi sociali di Marx: per sopravvivere le persone devono soddisfare i bisogni primari. L’economia di una società è sistema tramite cui si soddisfano questi ed altri bisogni, di conseguenza, secondo Marx, il modo in cui questa è organizzata incide su tutti gli altri aspetti della vita sociale. Secondo Marx, dalla nascita dell’agricoltura, che permise di creare insipidamente stabili, produrre surplus alimentari e accumulare beni materiali, la struttura della società è stata sempre la stessa: una netta divisione tra chi possiede i mezzi di produzione e chi non li possiede, pur essendo parte fondamentale del processo produttivo. Di conseguenza Marx afferma che questa divisione determina la nascita delle due classi più importanti della società e che le dinamiche in base alle quali esse interagiscono spiegano la disuguaglianza economica e tutte le altre forme di disuguaglianza sociale. Esempio: nelle economie industriali, la risorsa principale non è più la terra, bensì il capitale (= denaro da investire in fabbriche, terreni e altre imprese). Nel capitalismo la divisione principale è tra classe capitalista ( detta anche borghesia= classe che controlla il capitale e possiede i mezzi di produzione) e classe capitalista ( detta anche proletariato= classe che vive del proprio salario). Queste classi, a causa degli interessi contrapposti, sono inevitabilmente in conflitto. La conseguenza di questo perenne conflitto, secondo il filosofo tedesco, sarebbe il socialismo, ovvero un modello economico in cui lo Stato detiene i grandi mezzi di produzione per conto dei lavoratori, abolendo così le distinzioni di classe che si basano sulla proprietà privata. Max Weber e le “chance di vita”: Weber, a differenza di Marx, non si concentrò solamente sulla disuguaglianza economica, ma enfatizzò invece l’interazione tra le tre dimensioni: status sociale, partito e classe. Status sociale secondo Weber: si fonda su differenze legate al riconoscimento e alla manifestazione del prestigio. Partito secondo Weber: fattore importante per la distribuzione del potere, in quanto il partito può essere definito come un gruppo di individui che agiscono insieme per raggiungere un determinato obiettivo. Classe secondo Weber: insieme di persone che hanno in comune una situazione di mercato, ovvero più o meno la stessa capacità di mercato e una professionalità simile. Weber riteneva che nessuna delle tre dimensioni potesse essere ricondotta alle altre. Egli individuò nelle chance di vita, ossia nelle possibilità di accedere a risorse economiche e culturali apprezzate, l’elemento in grado di gettare luce sulle dinamiche della stratificazione nelle società industrializzate. La focalizzazione dello studioso sulle possibilità di vita ha permesso di tenere conto di quell’espansione della classe media tipica del ‘900. Inerzia e fluidità delle strutture di classe: capitale culturale e mobilita sociale: Il sistema di stratificazione basato sulle classi sociali presenta sia meccanismi di inerzia, atti a riprodurre le distinzioni sociali che accompagnano e rinforzano le disuguaglianze economiche, sia meccanismi di fluidità, ovvero strutture di opportunità più o meno grandi, attraverso le quali l’individuo può modificare la propria condizione. Approccio funzionalistico al problema delle disuguaglianze= postula un equilibrio perfetto tra inerzia e fluidità all’interno delle società contemporanee. La stratificazione delle classi è funzionale? I funzionalisti americani di meta ‘900 analizzarono la disuguaglianza economica in base al contributo positivo che essa fornisce alla società nel suo complesso (“la stratificazione aiuta a fare in modo che le posizioni più importanti vengano coscienziosamente occupate dalle persone più qualificate”). Inoltre, per i funzionalisti, la competizione tra gli individui per l’ottenimento delle posizioni meglio remunerate finisce per produrre un beneficio positivo per l’intera società: per garantire la sopravvivenza della collettività, le posizioni più importanti devono essere occupate da persone altamente qualificate. Invece di classi sociali in conflitto tra di loro, i funzionalisti vedono un continuum di occupazioni che offrono un ampio ventaglio di ricompense e contribuiscono alla sopravvivenza e al buon funzionamento della società. I critici del funzionalismo osservano che il mondo reale non opera in questo modo= la disuguaglianza persistente incide sulla capacità di competere di una persona, mentre le barriere della mobilità impediscono a individui meritevoli di progredire. Inoltre secondo i critici i funzionalisti non tengono conto di questo tipo di disuguaglianze che si riproducono nel tempo, ma piuttosto legittimano e razionalizzano la disuguaglianza esistente. In più si pone il problema di definire che cosa si intenda per “posizioni più importanti”, problema non preso in causa dai funzionalisti. Il capitale culturale: Per spiegare la riproduzione della classi, il sociologo francese Pierre Bordieu partì dall’analisi di Weber della cultura e dello stili di vita. Secondo lo studioso francese, le persone riproducono le classi di generazione in generazione trasmettendo non solo la ricchezza materiale, ma anche il patrimonio culturale. Bordieu coniò l’espressione “capitale culturale”= insieme di diversi tipi di conoscenze, competenze e altre risorse culturali che consentono all’attore sociale di rappresentare, consapevolmente o meno, la propria posizione di classe in un determinato contesto. I giovani vengono socializzati diversamente in base alla classe sociale a cui appartengono le loro famiglie: essi interiorizzano tali insegnamenti formando degli habitus sociali e mentali caratteristici. L’automatica capacità di padroneggiare questi habitus può indirizzare i giovani verso una classe sociale più simile a quella dei genitori. Inoltre Bordieu osservò che il capitale culturale interagisce con il capitale conosci o e con il capitale sociale (= insieme delle relazioni potenzialmente preziose dal punto di vista economico che derivano dall’appartenenza a un gruppo e che l’attore sociale può mobilitare per raggiungere un obiettivo. La mobilità sociale: L’antropologo francese Claude Lèvi-Strauss distinse le società in “fredde” e “calde”. Società fredde: pongono enfasi sulla stabilità Società calde: tendono a valorizzare il mutamento sociale. Nella società moderna i canali di mobilità sono più fluidi rispetto al passato, aumentano le aspettative e le opportunità di scelta degli individui, i quali possono aspirare a migliore la propria posizione all’interno della scala socio-economica. sociali ( per esempio la disoccupazione) ed esistenziali ( come la vecchiaia e la malattia). La sfida della cittadinanza sociale sta quindi nell’intervenire tanto sui meccanismi che stanno a monte, quanto sugli effetti a valle, delle disuguaglianze di classe, che amplificano e riducono i vari tipi di rischi; ciò dovrebbe generare un livello più alto di coesione sociale. Nelle società moderne la gestione dei rischi è attuata tramite l’interazione di quattro attori principali: la famiglia, lo Stato, il settore privato (mercato), il “terzo settore” (=organizzazioni no profit). Lo Stato sociale è definibile come una forma d0intervento e coordinamento istituzionalizzato di questi quattro attori, che vede al centro l0azione dei poteri pubblici. Le classiche aree in cui si articola il Welfare State sono: - L’assistenza : interventi per fronteggiare la marginalità sociale e la povertà - Le assicurazioni contro la vecchiaia e gli infortuni sul lavoro - Le politiche del lavoro: per fronteggiare i rischi della disoccupazione e per promuovere l’occupazione - Le politiche per la salute L’istruzione e la formazione non fanno invece parte del Welfare State. Le quattro leve fondamentali dello Stato sociale sono: 1. La leva fiscale: permette una redistribuzione del reddito mediante l’imposizione fiscale e tributaria 2. I trasferimenti monetari e i sussidi: consistono nel corrispondere una somma di denaro a una determinata categoria di persone aventi requisiti specifici 3. Il welfare aziendale: il sistema di prestazioni non monetarie, per incrementare il benessere individuale e familiare dei lavoratori 4. I servizi alle persone: si erogano prestazioni a specifici target di utenti ( come gli ospedali, gli asili ecc..) Lo studioso Anderson ha constatato che l’applicazione pratica del Welfare State dipende dalle diverse caratteristiche dei sistemi capitalistici + dal ruolo dello Stato e della famiglia. Ciò produce diversi gradi di demercificazione dei rischi, con la conseguente affermazione di quattro modelli storici: 1. Modello socialdemocratico: tipico dei paesi del Nord Europa e e della Gran Bretagna prima di Thatcher, le cui tutele sono universaliste e che tende alla realizzazione della piena cittadinanza sociale. In esso lo Stato è l’attore principale del Welfare. 2. Modello corporativo: caratteristico della Germania, Francia e dei paesi del Benelux, in cui le tutele sociali sono correlate alla categoria lavorativa di appartenenza, con standard minimi di tutela piuttosto elevati. Stato= ruolo centrale. 3. Modello mediterraneo: sviluppatosi in Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, che abbina ad un mix di tutele a base corporativa ed universalistica un ruolo rilevante riservato alla famiglia in quanto “ammortizzatore sociale” fondamentale; anche il “terzo settore” svolge un ruolo importante. 4. Modello liberale: tipico degli Stati Uniti, Irlanda e della Nuova Zelanda, in cui il mercato e il settore no-profit costituiscono gli attori principali del sistema Welfare State, mentre lo Stato interviene in via residuale. I diversi sistemi di Welfare sono entrati in una fase di profonda contrazione e ripensamento a causa di tre fenomeni socio-politici fondamentali: - Il mutamento del contesto politico-ideologico - La globalizzazione dei mercati - L’emergere di rischi di non-sostenibilità dei costi D’altra parte, pur minacciando la sopravvivenza dello Stato sociale, questi stessi fenomeni generano altrettante sfide nuove e complesse, che richiedono approcci inediti. Alcune delle principali sono: la precarietà lavorativa, le “nuove povertà”, la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli delle attività di cura, la presa in carico di una popolazione anziana sempre più ampia. La struttura di classe nelle società contemporanee: Con il passaggio alla “società del benessere” negli anni ‘50 e ‘60 e successivamente a quella post-industriale negli anni ‘70 e ‘80, emersero nuove tendenze nella strutturazione delle occupazioni, negli stili di vita e nelle disuguaglianze. Accanto al declino numerico della classe operaia e all’espansione delle classi medie, si assistette all’emergere di vistosi fenomeni d’individualizzazione, che hanno investito le culture di classe: la tradizionale “coscienza di classe” aveva conosciuto un’inarrestabile decadenza, mentre sempre più persone avevano cominciato a percepire la propria collocazione sociale in termini di classi e ceti medi. I fenomeni avvenuti negli untimi vent’anni hanno complicato ulteriormente il quadro: si assistette ovunque ad una forte crescita delle disuguaglianze all’interno degli Stati e tra i diversi Paesi del mondo, tanto da mettere in crisi la stessa riproduzione dei ceti medi e di conseguenza la tenuta della democrazia. Di fronte a questi fenomeni, sono stati proposti tre nuovi approcci principali: 1. Neo-marxiano 2. Neo.weberiano 3. Teoria della frammentazione I primi due sottolineano la persistenza delle classi sociali nelle società contemporanee, mentre il terzo sostiene la necessità di abbandonare tali concetti. In tutti i tre i casi inizialmente è stata studiata la strutturazione delle disuguaglianze contemporanee. Di fronte all’ascesa della globalizzazione di è imposta la necessità di costruire anche in questo campo una sociologia post-nazional che mostri il legame tra le disuguaglianze a livello locale e globale. L’approccio neo-marxiano: Gli approcci neo.marxiani si basano sulla centralità della sfera produttiva al fine di determinare le fondamentali dinamiche e strutture di classe, utilizzando versioni più complesse dei concetti di proprietà, sfruttamento, alienazione, capitale, tecnologie e lavoro. Questi approcci si focalizzano sulle molteplici relazioni che intercorrono tra due elementi: la sfera pubblica e quella culturale-mediatica. La maggior parte di questi approcci allo studio delle classi e delle disuguaglianze ruotano intorno a due assunti principali: - Il lavoro: con le sue trasformazioni legate allo sviluppo tecnologico, continua ad influenzare sia l’identità sociale delle persone sia le loro azioni. - A causa di un capitale sempre più transnazionale e finanziarizzato e di una tecnologia sempre più pervasiva e cenerata sull’elaborazione delle informazioni, produzione e lavoro tendono ad allargare i propri confini, investendo la totalità delle relazioni sociali. Una delle proposte classiche nello studio neo-marxiano delle disuguaglianze, è quella di Erik Olin Wright. Egli sostiene che lo sfruttamento si baserebbe sul potere e sulla capacita di controllo (=controllo della forza lavoro, controllo dei mezzi fisici di produzione, controllo degli investimenti). E’ così possibile individuare tre classi sociali: - La classe capitalistica: ha in mano tutti e tre i tipi di controllo - La classe operaia:non ha alcun tipo di controllo - Le classi contraddittorie: controllano solo alcune risorse (classi medie). L’approccio neo-webweriano: Gli approcci neo-webweriani sostengono che la multidimensionalità della stratificazione sociale è oggi ancor più valida che ai tempi di Weber, sottolineando come con il tempo essa aumenti in complessità. Essi sottolineano la priorità della sfera economica, riconducendo la formazione delle disuguaglianze di classe alle situazioni di mercato dei vari attori sociali. Inoltre dedicano particolare attenzione alo Con i sistemi di comunicazione e di trasporto, il capitale dei paesi centrali viene trasferito in ogni parte del mondo e i paesi più poveri dipendono spesso dagli investimenti esteri per il finanziamento del proprio sviluppo economico. Le multinazionali cercano di ridurre i costi ed incrementare i profitti spostando le produzioni nei paesi semi periferici. Questo sviluppo economico locale è spesso temporaneo, per effetto della cosiddetta ‘corsa al ribasso’, cioè un processo mediante il quale i paesi più poveri competono per gli investimenti esteri sacrificando i salari. La corsa al ribasso tuttavia fa si che i paesi periferici e semi periferici conservino il proprio tasso di povertà, ma anche che nelle società dei paesi ricchi i lavoratori si vedano ribassata la paga per effetto della concorrenza internazionale su un mercato del lavoro globale: ciò si definisce dumping sociale. Le regole che disciplinano quest’economia globale sono coordinate dalle istituzioni finanziarie globali. Le 3 istituzioni finanziarie globali principali: · Banca Mondiale · Fondo Monetario Internazionale · World Trade Organization Anche se tutte e tre mirano ufficialmente a incentivare lo sviluppo dei Paesi più poveri, molti critici le considerano un mezzo supportato dai paesi centrali. Infatti, ad esempio, i cosiddetti “programmi di adeguamento strutturale” in realtà vanno a beneficio degli investitori esteri e finiscono per incrementare la povertà. Queste organizzazioni hanno inoltre preteso che i governi riducessero la già misera spesa sociale per rimborsare i prestiti internazionali. MEDIA E CONSUMI: La cultura consumistica: Il credito facile è una delle caratteristiche di un’ampia cultura consumistica che promuove incessantemente il consumo, cioè il processo di scelta, acquisto e utilizzo dei beni. Per i sociologi il consumo: · È strutturato dalle istituzioni economiche, dall’ordinamento giuridico e dalle norme sociali · Viene promosso attraverso pubblicità e media · Coinvolge valori, credenze e comportamenti dei consumatori. L’industrializzazione e il capitalismo hanno modificato la natura e la rilevanza del consumo come processo sociale. La cultura consumistica si è sviluppata negli Stati Uniti e in Europa tra il XIX e il XX secolo. · L’industrializzazione ha reso possibile produrre una quantità di beni senza precedenti. · La produzione di massa ha ridotto il costo di numerosi articoli, mettendoli a disposizione di un numero molto maggiore di persone · Gli enormi investimenti necessari per creare fabbriche idonee hanno fatto nascere aziende più grandi e centralizzate. · La concorrenza finalizzata a produrre e vendere beni a un costo più basso ha finito per dominare il mercato dei beni di consumo. Il produttore ha infatti introdotto l’obsolescenza pianificata, cioè la deliberata progettazione e produzione intenzionale di beni di consumo che perdono la propria attività in un periodo relativamente breve. · L’eccesso di capacità produttiva ha contribuito all’ascesa della pubblicità come mezzo per promuovere ulteriori consumi. La pubblicità ha anche generato nuovi bisogni da parte dei consumatori e la parola consumo ha perso le sue connotazioni originarie per designare la soddisfazione di bisogni e desideri umani. Secondo Marx il lavoro che svolgiamo per soddisfare i nostri bisogni materiali dovrebbe essere creativo e soddisfacente. L’ascesa del capitalismo industriale tuttavia ha distorto la nostra relazione con il lavoro. Anziché lavorare direttamente alla creazione dei beni, gli operai si mettono a lavorare per gli industriali, per ottenere così il denaro necessario ad acquistare prodotti che soddisfano i loro bisogni. Questo sistema tuttavia crea una distanza tra ciò che facciamo e ciò che usiamo. Una conseguenza a ciò è l’alienazione, ovvero la separazione e l’isolamento dei lavoratori. L’alienazione ha diverse dimensioni, i lavoratori vengono separati: · dalla loro condizione naturale di essere creativi e autonomi · I’uno dall’altro · da ciò che producono · dal processo produttivo La natura impersonale e alienante del lavoro crea un’insoddisfazione e un’infelicità che i pubblicitari possono poi sfruttare promuovendo il consumo come rimedio. I beneficiari di questo sistema di produzione e consumo sono i capitalisti. Marx usa l’espressione ‘feticismo delle merci’ per descrivere l’incapacità delle persone di riconoscere il lavoro che dà valore ai beni che utilizzano. Il sociologo Peter Berger scrisse: “le società tradizionali assegnano identità definite e permanenti ai loro membri. In queste società l’identità è spesso fortemente radicata nella famiglia e nella comunità.” L’avvento della modernità e dei cambiamenti ha contribuito alla creazione di identità moderne. Nella società moderna, secondo Berger, l’identità è incerta e in divenire. Lo sviluppo del nostro sé non è automatico, siamo più liberi di scegliere i nostri ruoli sociali. In una società ultracommercializzata, in cui quasi tutto è in vendita, ciò che acquistiamo e dove, può assumere una grande importanza nell’affermazione dell’identità personale. Il consumismo è un’enfasi sullo shopping e sul possesso di beni materiali come via d’accesso alla felicità personale. Attraverso il prodotto, i pubblicitari vendono un’identità e gli individui, a loro volta, esprimono la propria identità attraverso le scelte che fanno nel proprio ruolo di consumatori. Spesso gli investitori pubblicitari promuovono i propri prodotti rivolgendosi a determinati gruppi, rinforzando le differenze basate su etnie, genere, età e classe sociale. I prodotti dicono anche qualcosa su chi vogliamo essere e sul gruppo e a cui apparteniamo. I beni di consumo di oggi si si incentrano sull’immagine e sull’identità. Veblen analizzò il “consumo vistoso” delle classi agiate, ma ormai esso si è esteso alla maggior parte della società. I beni di prestigio riflettono sempre di più il nostro prestigio sociale. La pubblicità è onnipresente, è la fonte primaria di ricavi della maggior parte dei media. I nuovi media digitali come Google hanno applicato il modello radiotelevisivo ai siti web, rendendolo così gratuito per gli utenti poichè finanziato dalla pubblicità. delle risorse planetarie, pur costituendo solo il 5% della popolazione mondiale. Perciò la cultura consumistica si è tradotta in un danno ambientale: distruzione delle foreste, inquinamento, rifiuti tossici, emissioni di biossido di carbonio, formazione di buchi nello strato di ozono. LA DEVIANZA: I “Freegans” sono coloro che cercano di minimizzare e talvolta rifiutare completamente gli acquisti quotidiani di beni e servizi che sono alla base della società dei consumi. Essi cercano di riciclare rifiuti degli altri, recuperando abiti, oggetti per la casa, libri, giochi… dalla spazzatura. Essi praticano questo per scelta e non per necessità. Così facendo hanno superato il confine tra comportamento normale e comportamento deviante, rischiando di diventare bersaglio di critiche e condanne morali. Un comportamento normale: Siamo stati socializzati in modo tanto efficace da accettare le norme della nostra cultura. La non conformità tuttavia ci aiuta a chiarire proprio questo confine fra normalità e anormalità. Le interazioni nei piccoli gruppi costituiscono la base della struttura sociale e la struttura sociale fornisce alle persone le norme e le aspettative relative al comportamento ritenuto appropriato. La devianza è un comportamento non conforme alle norme e alle aspettative culturali. È raro però che i confini fra normale e deviante siano ben definiti. Perciò, la scelta di quale comportamento definire deviante dipende dal contesto sociale in cui esso si manifesta. Gli effetti negativi dell’essere definiti devianti possono avere una lunga durata e risultare devastanti. Durkheim affermava “il crimine può essere definito soltanto in relazione alle norme sociali che esso viola”. Definiamo infatti criminale un atto perché offende le norme sociali di base che contribuiscono alla coscienza collettiva, cioè le norme, le credenze e i valori condivisi in una comunità. Spesso accade anche che la definizione di normale si modifichi in risposta a un cambiamento sociale. Ad esempio un impiegato americano che torna a casa per fare un riposino allora di pranzo verrebbe considerato un fannullone, al contrario in altri paesi come la Spagna questa è la norma. Alcuni atti devianti provocano una condanna diffusa: tutte le società considerano le molestie ai bambini e l’omicidio un comportamento deviante. Per altri tipi di azioni invece il confine fra normale e deviante dipende dallo specifico contesto sociale. Un comportamento viene definito deviante quando è pubblicamente qualificato come tale da coloro che hanno il potere di consolidare tale etichetta. Secondo la teoria dell’etichettamento la devianza è il risultato di come gli altri interpretano un comportamento e gli individui etichettati come devianti spesso interiorizzano questo giudizio come parte della propria identità. La devianza è una proprietà assegnata a un comportamento dalle persone che vengono a contatto diretto o indiretto con esso. Perciò il comportamento è deviante solo se viene etichettato come tale. Chi viene etichettato come deviante è probabile che debba affrontare conseguenze negative. L’etichettamento tuttavia può avere anche conseguenze meno drammatiche. Chi viene etichettato come deviante deve affrontare lo stigma sociale, cioè la vergogna associata a un comportamento o a uno status considerati socialmente inaccettabili; può essere motivo di disuguaglianza perché chi viene stigmatizzato subisce una discriminazione. La minaccia della stigmatizzazione può costituire una forte forma di controllo sociale. Etichettando una persona come deviante potrebbe farla cadere nella cosiddetta devianza secondaria, cioè un comportamento deviante adottato in risposta alle conseguenze negative dell’etichettamento. L’etichettamento crea una sorta di profezia che si auto realizza. Per esempio quando i genitori etichettano i propri figli come trasgressori delle regole--> ciò influisce sulla loro autostima e sulla loro identità e porta a un aumento della devianza. L’etichettamento segna confini sociali fra normale deviante. Le conseguenze per chi viene definito deviante sono: una diminuzione delle opportunità, una disuguaglianza economica e un ulteriore devianza e stigma sociale di lunga durata. Il comportamento deviante è una caratteristica di tutte le società, tuttavia la devianza può essere funzionale, cioè avere un ruolo sociale positivo. Questo avviene in tre modi: 1. La devianza aiuta a definire i confini del gruppo: aiuta a chiarire i limiti di un comportamento accettabile all’interno di una determinata società. Nelle organizzazioni formali ci sono regole scritte che definiscono chiaramente quale comportamento è tollerato e quale no. Gran parte della vita sociale tuttavia non è soggetta a regole pratiche formali, tuttavia se pensiamo ai membri dei diversi gruppi dei quali facciamo parte: essi rispondono a ben precisi tipi di persona--> questo ci fa capire in che modo le definizioni di normali e devianti attribuite dalla comunità ci aiutano a stabilire e cambiare i confini sociali. 2. La devianza aiuta a creare solidarietà sociale: aiuta a formare una solidarietà di gruppo unendo fra loro le persone nel contrastare un nemico comune. Il comportamento deviante rafforza i legami fra coloro che provano indignazione di fronte alle dimostrazioni di devianza. Il modo in cui le persone rispondono alla devianza perciò può generare una solidarietà di gruppo. La devianza quindi mette in luce i confini del gruppo e fornisce ai cittadini l’opportunità di esprimere il proprio comune disprezzo per comportamenti definiti immorali; così facendo unisce le persone. 3. La devianza è fonte di innovazione: essa è una fonte di creatività e innovazione di cui le società hanno bisogno per essere sane, perché quelle totalmente conformiste sono repressive e limitano le possibilità dell’uomo. I devianti premono sui confini e così facendo possono facilitare la crescita e il cambiamento delle strutture sociali. Idee devianti si sono infatti rivelate fonte di potenti innovazioni: ad esempio negli anni 70 le donne che lasciavano i propri bambini all’asilo per tutto il giorno rischiavano di essere etichettate come madri degeneri <-> al giorno d’oggi questa pratica è accettata e considerata normale. La devianza è il prodotto del rapporto sociale fra coloro che sostengono i confini della normalità e coloro che li superano. Alcune spiegazioni si concentrano infatti sulle cause individuali della devianza (sottolineando difetti o debolezze di chi è considerato deviante, descrivendo la devianza come sintomo di una malattia). Altre spiegazioni invece enfatizzano le dinamiche sociali che fanno da sfondo alla devianza (in questo caso è spiegata come scelta razionale di risposta a una socializzazione inadeguata o come il prodotto di uno sfasamento fra norme sociali e opportunità economiche). La devianza spiegata come la conseguenza di una immoralità individuale:
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