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RIASSUNTO manuale di Storia moderna di Vittorio Criscuolo, Dispense di Storia Moderna

RIASSUNTO di "Storia Moderna" manuale di Vittorio Criscuolo adattamento del Professore Emanuele Pagano dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. riassunto di OGNI capitolo con integrazione degli appunti. utilizzato per l'esame orale di storia moderna della facoltà di economia e gestione dei beni culturali.

Tipologia: Dispense

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Scarica RIASSUNTO manuale di Storia moderna di Vittorio Criscuolo e più Dispense in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! LEZIONE 1 ETA MODERNA: 1453/1492 – 1789 = momento di discontinuità / mutamento Crisi demografica e crisi economica sono strettamente legate: Diminuzione popolazione = aumento costi fissi dello stato CAPITOLO 2: LA POPOLAZIONE Ricordiamo la teoria dell’inglese Robert Malthus (1798) che analizza il rapporto tra popolazione e mezzi di sussistenza; secondo Malthus la popolazione in condizioni naturali si accresce secondo una progressione geometrica (1,2,4,8…) mentre le risorse naturali aumentano solo secondo una progressione aritmetica (1,2,3,4,5…) creando così uno squilibrio tra risorse disponibili e capacità di soddisfare una sempre maggiore crescita demografica. Tale squilibrio viene corretto periodicamente da freni naturali, quali guerre, carestie, epidemie. Malthus proponeva delle soluzioni per attenuare gli effetti di questa legge naturale quali castità matrimoniale e matrimoni tardivi. La demografia storica si occupa di ricostruire lo stato/composizione della popolazione (quante donne e uomini, giovani e vecchi ecc…) per fare ciò calcola gli indici di natalità, mortalità e matrimonio. Per questi calcoli prende in considerazione anche le dinamiche economiche. Fino alla fine del 1700 la popolazione non fu mai soggetta a specifiche indagini o censimenti, per questo motivo gli storici per l’analisi riguardanti i periodi precedenti al XVIII secolo si basano su stime. Il domesday book, libro redatto in Inghilterra nel 1083 circa, dopo la conquista normanna, possiamo considerarlo un primo esempio di censimento anche se poco preciso. Altro esempio è il catasto fiorentino del 1427. I registri parrocchiali, i primi risalgono al XVI sec, possono essere utilizzati come strumento di indagine, essi raccolgono battesimi e i matrimoni. Da questi dati gli storici calcolano la densità di popolazione, da cui ricavano il tasso di natalità, mortalità e una stima della speranza di vita. La società preindustriale era formata soprattutto da persone molto giovani (40% sotto i 20 anni). Fine XVIII secolo primi censimenti: 1787 Spagna, 1790 Stati Uniti. Nel 1791 con la nuova costituzione (post riv. Francese) in Francia divenne obbligatorio registrare le nascite, i matrimoni e le morti di tutti gli abitanti. Successivamente nell’ottocento uffici simili nacquero in tutta Europa e vennero realizzati i primi censimenti. Nell’andamento della popolazione mondiale è possibile individuare due punti di svolta - Età neolitica: sviluppo dell’agricoltura. Fino al 10.000 a.c. la popolazione viveva di prodotti spontanei, caccia e pesca, successivamente si sviluppò l’agricoltura e ciò permise di disporre sempre di alimenti (di conseguenza aumento popolazione) - Seconda metà XVIII Negli ultimi decenni la crescita demografica ha rallentato = transizione demografica. (Soprattutto a causa delle leggi di controllo della natalità in Cina e India). Le impennate di mortalità nell’età moderna furono causate da guerre, epidemie e carestie, spesso fattori collegati. EPIDEMIE: nel ‘500 ricordiamo la semi conclusione dell’epidemia di lebbra, a cui susseguì la sifilide e il tifo. Nel ‘700 arrivò il vaiolo e un secolo dopo il colera. L’epidemia più devastante fu però la peste, che riapparse in Europa nel XIV secolo e vi rimase fino al ‘700. La peste poteva essere contratta da pulci o per via respiratoria. Si diffusero due tipologie di peste, - bubbonica, tasso di mortalità del 70% (il resto guariva spontaneamente); e polmonare, 100% mortalità. Ultima ondata di peste in Europa occidentale: Marsiglia 1721 e Messina 1743. GUERRE: nell’età moderna vi furono moltissimi progressi nel campo delle armi che resero il conflitto ancora più letale. A distruggere le popolazioni furono però soprattutto gli effetti collaterali, quali saccheggi, carestie ed diffusione di malattie. CARESTIE: = molto frequenti nell’età moderna, furono molto distruttive perché la maggior parte della popolazione si alimentava solo di cereali, quindi bastava un forte maltempo per distruggere il raccolto e di conseguenza l’alimentazione della maggior parte della popolazione. La malnutrizione rendeva le persone cagionevoli a malattie ed epidemie. Nell’età moderna è altissimo il tasso di mortalità infantile. La crescita demografica venne fortemente rallentata a causa della peste. Dal ‘700 iniziò ad abbassarsi il tasso di mortalità e alzarsi il tasso di natalità. Nell’800, l’industrializzazione, il miglioramento elle condizioni di salute e i progressi della medicina fecero da acceleratore per la crescita demografica. Nell’età moderna si sviluppano i primi centri urbani = città e si avvia un processo di urbanizzazione. Le città si caratterizzano per una mortalità più alta rispetto alle campagne, in quanto le condizioni igieniche erano pressoché inesistenti + alta densità popolazioni. Inoltre nelle città troviamo molte persone che non si sposano (ecclesiastici e donne impiegate come domestiche) = basso tasso di natalità. Nel 1800 nascono le grandi città capitali (Madrid, Berlino, Vienna…), nuovi centri che emersi come per la funzione di centro politico-istituzionale e amministrativo dello stato. In questo periodo si sposta anche il baricentro economico→ Europa centro settentrionale. LEZIONE 2 CAPITOLO 7: SISTEMA DEGLI STATI STATO EUROPEO (fine XV secolo) = stato cattolico (la fede cattolica influenza il governo statale). La sfera politica e quella religiosa sono distinte. Nella cultura cristiana è presente il concetto di persona: creatura simile al creatore e che quindi possiede dei diritti intangibili (=ius naturale). Questi diritti naturali sono dei limiti alle leggi imposte dallo stato e dai governanti = i governanti non hanno potere illimitato → desacralizzazione del potere = SOLO SUL PIANO TEORICO XV-XVI secolo: emergono stati territoriali indipendenti: Si caratterizzano per un governante (principe) che però è fortemente influenzato dai ceti e dai corpi dello stato (nobiltà, aristocrazia...). Entrambi (ceti e principe) sono soggetti a regole consuetudinarie e alle leggi scritte dello stato. → Non esiste il monopolio del potere, molteplici soggetti agiscono nel governo statale. XVI secolo: emergono stati confessionali: si stringe il legame fra potere spirituale e temporale. SACRO ROMANO IMPERO di nazione germanica: organo ancora molto influenze nel XV secolo, rappresenta la fusione fra diritto romano e cristianesimo. Era una confederazione di stati molto differenti e largamente autonomi, si estendeva dai paesi bassi fino alla repubblica ceca. Struttura governativa: - Kaiser = imperatore: non possedeva poteri assoluti ed era eletto dalla Dieta Successivamente il papa pose i suoi nipoti a capo di ducati che collaboravano con Francia, gesto che non viene accettato da Carlo V che fa assassinare un nipote. Problema non ancora risolto era la divisione religiosa all’interno della Germania, Carlo V puntò su una serie di incontri fra luterani (protestanti) e cattolici nella speranza di trovare un accordo. Il tutto si trasformò in un conflitto fra le fedi religiose che venne vinto dai cattolici di Carlo V. venne quindi istituita una regolamentazione provvisoria delle relazioni fra cattolici e luterani. Carlo V decise di riorganizzare in forma federale l’impero, ciò provocò il dissenso di molti sati (protestanti) che stipularono un accordo segreto con il re di Francia e diedero avvio a un’offensiva che obbligò il sovrano a fuggire. In seguito venne stipulata la pace di Augusta (settembre 1555) che sanciva la rottura dell’unità cristiana. La libertà religiosa venne concessa solo agli ordini dell’impero, non ai sudditi e il sovrano poteva decidere se seguire la religione protestante o cattolica. Il conflitto fra Francia e Asburgo (impero+Spagna) si concluse con una tregua e con diversi territori (Piemonte e Savoia) sotto il dominio francese. Nel frattempo Carlo V era pronto ad abbandonare il trono e affidare la corona di Spagna a Filippo II (figlio) e abdicare i Paesi Bassi. Il governo di Carlo V si caratterizzò per un sincero sentimento religioso e un grande impegno nel governare, non delegando le decisioni. In generale non è possibile dire con certezza se il sovrano ambisse a un impero laico, secondo l’influenza del consigliere Gattinara, adottando una visione umanistica e dando un ruolo centrale all’Italia; o religioso, con la lotta contro i musulmani come una moderna crociata. Nei possedimenti di Carlo V, la Castiglia ebbe un ruolo centrale negli equilibri (fu Carlo V a porre le basi della burocrazia). In generale di governo di Carlo V si caratterizza per un senso di precarietà e incompiutezza a causa dei numerosi conflitti (ma mai con un epilogo decisivo -> sconfitte/vittorie parziali) e croniche difficoltà finanziarie. Non è possibile però definire l’operato del sovrano un completo fallimento in quanto ci sono stati diversi successi (come ad esempio nei possedimenti spagnoli). Alla base della politica di Carlo V c’era un forte sentimento dinastico e una concezione patrimoniale del potere. CAPITOLO 15: Filippo II Filippo II, figlio di Carlo V, fu molto diverso dal padre anche a causa della sua educazione spagnola. Venne soprannominato “re prudente” a causa dei suoi numerosi scrupoli religiosi. Uomo molto di fede, sottoponeva ogni scelta politica alla religione. Filippo II spostò la corte imperiale a Madrid. Attraverso un intervento armato Filippo II acquisì la corona Portoghese e vari possedimenti coloniali. Filippo II, come il padre, si proclamò difensore della fede contro gli eretici e gli infedeli, in particolare si fece paladino della controriforma e mirò ad accrescere la potenza di Spagna. Il vasto impero era amministrato attraverso viceré (legati al re da un legame di fedeltà) e un fitto sistema di consigli, di cui il più importante era il consiglio di stato. Successivamente vennero introdotte le juntas, giunte con pochi collaboratori del re. Le entrate spagnole erano per la maggior parte provenienti dalle miniere coloniali di metalli preziosi e da imposte dirette (dalle quali erano esenti nobiltà e Chiesa) e imposte sulle transazioni. la storia finanziaria spagnola dell’età moderna si caratterizza per frequenti prestiti e numerose bancarotte. In Spagna coesistevano popoli con lingue e culture diverse, l’elemento di unione era dato dalla fede religiosa. Per mantenere l’unità di fede Filippo II conferì un ruolo centrale all’Inquisizione, organo che controllava la stampa e la società cercando dissidenti religiosi. Vi furono molte persecuzioni nei confronti dei musulmani ed ebrei convertiti, fino alla definitiva espulsione del 1609; in spagna si ricercava la purezza di sangue. L’espulsione di queste persone causò una perdita economica. Durate il regno di Filippo II prosegue la crociata contro i musulmani (iniziata con la reconquista). Si fromò una lega santa (Spagna, Venezia, Genova, Papa, ducato di Savoia e cavalieri di Malta) che dichiarò guerra all’impero ottomano. Una grande vittoria per i cristiani fu la battaglia di Lepanto. A causa però delle divisioni interne alla lega vennero stipulati trattati di pace separati con l’impero ottomano. A metà del XVI secolo Filippo II dovette affrontare il problema dei Paesi Bassi, diciassette provincie formalmente unite da Carlo V. in questi territori vi erano comunità luterane, anabattiste e calviniste e l’introduzione del tribunale dell’Inquisizione provocò una ribellione da parte della popolazione. Inizialmente vennero sospese le leggi contro gli eretici, ma la ribellione, guidata da Guglielmo d’Orange, proseguì e Filippo II intervenne con l’esercito. 1572 rimasero ribelli solo l’Olanda e Zelanda che proclamarono governatore Guglielmo d’Orange. Nonostante le apparenti vittorie di Filippo II, i costi del conflitto avevano logorato la Spagna provocando una nuova bancarotta. L’esercito spagnolo non ricevendo compenso si ribella e sottoposero la città di Anversa ad un brutale saccheggio. Questo insieme alla difficoltà finanziarie causano un generale malcontento nelle provincie meridionali le quali ripristinano le tradizionali autonomie e solo successivamente riconosceranno di nuovo Filippo II come sovrano. Ostili rimangono le province settentrionali che si separano rendendosi autonome. Solo nel 1648 (dopo la guerra dei 30 anni) definitiva separazione fra Province Unite (nord) e province meridionali (Spagna). Seconda parte del XVI secolo in Francia abbiamo una crisi causata da contrasti dinastici affiancati da scontri religiosi (cattolici vs ugonotti). Dopo la morte di Enrico II abbiamo un periodo di reggenza da parte di sua moglie Caterina de Medici che coincide con una serie di guerre civili e contrasti religiosi. Il massacro di Vassy (marzo 1562) segna l’inizio delle guerre di religione, conflitto che sfocerà in un affare internazionale in quanto si l’editto di Nantes (1598) pone fine alle guerre di religione, venne emanato da Enrico IV, nuovo sovrano francese, e proclamò il cattolicesimo religione di stato e i calvinisti ottennero libertà di culto e coscienza in quasi tutta la Francia. La tensione fra la Spagna di Filippo II e l’Inghilterra di Elisabetta era sempre crescente. L’Inghilterra aveva appoggiato la ribellione dei paesi bassi e le scorrerie contro le navi spagnole. Goccia che fece traboccare il vaso fu la condanna a morte di Mary Stuart, cattolica ed ex regina di Scozia. La Spagna dichiarò guerra all’Inghilterra ma il tutto si risolse con una sconfitta per l’esercito spagnolo. Questa sconfitta, insieme all’affermazione della Francia di Enrico IV, l’indipendenza delle provincie Unite e il separatismo interno, aggravò la situazione spagnola che a fine XVI secolo andò incontro a un progressivo declino. Numerose erano le rivolte e un’altra bancarotta peggiorò la situazione economica, già grave. Con la morte di Filippo II si conclude la stagione della Spagna imperiale. CAPITOLO 16: guerra dei 30 anni: XVII secolo è un periodo di conflitto e instabilità per l’area europea, si caratterizza per tentativi egemonici alla ricerca di un equilibrio. PREMESSE/SITUAZIONE PRE GUERRA 30 ANNI: FRANCIA: Il re Enrico IV si occupò di ricostruire lo stato francese riordinando le finanze, riducendo le imposte, incoraggiando l’agricoltura e le manifatture. Venne improvvisamente assassinato e gli seguì un periodo di reggenza da parte della moglie Maria de Medici, che adottò una politica estera con indirizzo filospagnolo e dopo alcuni anni salì al trono il figlio Luigi XIII (1614) affiancato dal consigliere/cardinale Richelieu. Il cardinale si occupò di rafforzare la monarchia, affrontò il problema di ugonotti e calvinisti (sconfisse le ribellione degli ugonotti e tolse potere ai calvinisti) e si occupò di contrastare l’egemonia asburgica; questo però comportò l’imposizione di nuove tasse e causò una rivolta sia nelle città che nelle campagne che necessitò l’intervento di truppe armate. SPAGNA: con il sovrano Filippo III nacque la tendenza a delegare l’autorità e le decisioni a privados o validos. In questo periodo i nobili riacquistarono un ruolo centrale nella potere e l’espulsione dei moriscos comportò una perdita demografica ed economica. Anche il suo successore, Filippo IV delegò il governo a un valido, il quale si occupò di ripristinare il ruolo imperiale della spagna. Per questo motivo si occupò di rafforzare l’unità politico-istituzionale fra Castiglia e Aragona e creò una nuova forza militare: Union de las armas, un esercito nazionale formato da soldati di ogni comunidad. Le comunidades percepirono questo gesto come un attentato alla loro autonomia. PAESI BASSI MERIDIONALI: nonostante sul piano formale alle provincie meridionali (Belgio), la Spagna avesse concesso una certa autonomia, a livello pratico subivano l’egemonia spagnola. In seguito alle migrazioni dei calvinisti, in queste provincie vige l’unità della fede cattolica e per questo motivo divennero baluardo della Controriforma. PROVINCE UNITE: erano formate da 7 province unite solo a livello formale dal trattato di Utrecht, a livello pratico presentavano realtà molto differenti. La maggioranza era di fede calvinista, ma vi erano una cospicua presenza cattolica, ebrea e di sette radicali (anabattisti). L’organo centrale erano gli Stati Generali, formati dai rappresentanti delle varie province. Di fatto il potere era esercitato dallo statolder (comandante) e dal Gran Pensionario. Lo statolder controllava l’esercito e la flotta, per questo governava nei periodi di guerra, mentre il gran pensionario governava nei periodi di pace. Alla fine del XVI secolo vi fu un acceso scontro fra arminiani e gomaristi, i primi negavano il rigido predestinazionismo calvinista ed erano sostenuti dal Gran Pensionario, mentre i gomaristi si opponevano ed era sostenuti dallo statolder. Questo scontro religioso divenne poi scontro politico che alla base aveva dei dissidi riguardanti lo stato. Il conflitto (quasi guerra civile) si concluse con la sconfitta del gran pensionario (=grozio) e degli arminiani. POLONIA: era un grandissimo stato che comprendeva popoli di lingua e religione diverse. In polonia prevaleva il cattolicesimo, mentre nelle altre zone vi erano comunità ortodosse (zone orientali), luteranensi e calviniste. Non si costituì mai una monarchia solida a causa della presenza di aristocratici nelle varie cariche statali e dalla scelta di sovrani stranieri privi di interessi nei confronti dello stato. Venne confermata la tolleranza religiosa, anche se in Polonia, a causa degli effetti della controriforma venne attuato un processo restaurazione del cattolicesimo con progressiva emarginazione dei protestanti e l’espulsione di alcuni gruppi religiosi. SVEZIA: il potere della monarchia ereditaria era fortemente limitato dalla Dieta e dal Senato; il ruolo della nobiltà era decisivo. L’affermazione della potenza svedese si ebbe con il sovrano Gustavo II Adolfo, che consolidò la monarchia grazie all’appoggio della nobiltà. Mantenne in modo permanente un esercito formato da professionisti e con armi all’avanguardia, ciò gli permise la conquista di nuovi territori. Il punto debole della Svezia era la scarsità demografica e finanziaria. ASBURGO D’AUSTRIA: gli Asburgo d’Austria possedevano gli stati ereditari e le corone di Boemia e Ungheria. Con il sovrano Rodolfo II iniziò una restaurazione cattolica che sfociò in uno scontro fra cattolici, la lega cattolica, e protestanti, lega evangelica. La lega cattolica era appoggiata dalla Spagna mentre quella evangelica dalla Francia, sembrava imminente l’inizio di una guerra civile. La guerra dei 30 anni (1618-1648) fu una guerra longeva a causa della complessità degli obiettivi e per l’incapacità delle parti di sopraffarsi l’un l’altro. È possibile individuare due motivi: - Religioso: entrambe le fazioni religiose temono il vicendevole sterminio. - Politico: si teme la perdita di indipendenza. I possedimenti coloniali portoghesi, così come quelli spagnoli, creano dei governi locali con dei vicerè che rispondono alla corona e creano un sistema commerciale monopolistico. Per quanto riguarda i Paesi Bassi, l’Inghilterra e la Francia la colonizzazione avviene su iniziativa privata, lo stato è solo un mediatore (bisogna pagare un tot. allo stato), e per questa ragione nascono empori di società commerciali, ossia unioni di privati che ottengono il permesso di partire e si creano le colonie di popolamento. In questo caso i corsari (i conquistatori) si comporteranno come dei sovrani nelle terre colonizzate. I questa corsa coloniale i Paesi Bassi, con la loro potente flotta, si configurano come i maggiori rivali di Spagna e Portogallo. CAPITOLO 4: SOCIETà PREINDUSTRIALE Nell’età moderna fino alla rivoluzione industriale vi furono diversi progressi nella tecnologia ma non tali da determinare una svolta della vita economica. Fra le più importanti invenzioni di questo periodo si ricordano la polvere da sparo e la stampa. A livello industriale furono principalmente il settore minerario e siderurgico a progredire, grazie alla polvere da sparo e ruote idrauliche fu possibile scavare miniere più in profondità, mentre con la costruzione di altiforni alimentati h24 fu possibile fondere molti metalli. All’inizio del XVII secolo avviene una crisi energetica causata dalla mancanza di legname. Questo veniva utilizzato in molteplici situazioni, costruzioni navali, consumi domestici e inoltre molte aree venivano disboscate per fini agricoli. Fu quindi necessario trovare nuove fonti energetiche: carbon fossile (carbone). Questo materiale venne fortemente sfruttato in Inghilterra, creando le premesse per la rivoluzione industriale. Nella prima parte dell’età moderna per “industria” si intende un agglomerato di persone che lavorano fisicamente insieme ma non collaborano realmente l’uno con l’altro (i lavoratori avevano i propri strumenti, non erano organizzati ecc…), poche erano le manifatture accentrate; l’odierno concetto di industria nasce nell’XVII sec. In questo periodo le famiglie (soprattutto nelle campagne) producevano solo quello che consumavano (=autosufficienza e autosussistenza). L’artigianato era alimentato dalle richieste delle classi più agiate. L’economia dell’età moderna si basa soprattutto sulla produzione d’armi per conflitti e l’approvvigionamento di eserciti e flotte. A partire dal XI sec i vari settori del lavoro artigianale urbano si organizzarono in arti e corporazioni. Questi gruppi avevano il compito di difendere il monopolio della produzione e la regolamentazione e riduzione della concorrenza fra i membri. Le corporazioni agivano sia nell’ambito economico che sociale. Diversi storici ritengono che le corporazioni siano state un freno per lo sviluppo economico e per il progresso. In questo periodo si sviluppa la protoindustria (XVI-XVII): l’artigiano lavorava su commissione o a domicilio. In particolare egli, nonostante fosse teoricamente autonomo, praticamente risultava dipendente da un mercante-imprenditore che lo assumeva e gli dava lavoro. Dal XVII secolo in Italia si sviluppa una produzione di prodotti di lusso, a causa dello sviluppo di un commercio di tessuti di minore qualità ma molti richiesti che mandarono in crisi il settore tessile italiano. Nell’età moderna, la crescita dell’economia determinò l’aumento di scambi commerciali e lo sviluppo di nuove rotte. Il commercio navale fece grandi passi avanti grazie all’introduzione della bussola e ai progressi della cartografia. Di conseguenza si rinnovarono le navi: nacquero le galee (attive fino al XVII), grandi navi con molti uomini, utilizzate per i conflitti. Successivamente i paesi atlantici svilupparono navi a vela, che si evolsero in caravelle, navi molto maneggevoli e veloci, ideali per le esplorazioni. Il galeone, evoluzione del veliero, venne impiegato per i conflitti. Il commercio via mare rimaneva, comunque, molto rischioso a causa della presenza dei pirati, uomini che depravavano le navi, e a causa della guerra di corsa, una pratica approvata dal governo in cui venivano assalite e derubate le navi nemiche. Oltre a questi rischi c’era quello di naufragio e di deterioramento delle merci, le merci di valore erano quindi solitamente trasportate via terra. All’inizio dell’età moderna il mediterraneo rappresentava il nodo centrale dei traffici fra Europa e Asia. Grazie alle scoperte geografiche si aprirono nuove rotte di commercio, in particolare venivano commerciati metalli preziosi dall’America all’Europa che venivano poi utilizzati per comprare tessuti in Asia. Sempre dall’America vennero importati anche prodotti alimentari e non (zucchero, tabacco…). Nel XV secolo si sviluppano i commerci del mare Nord, particolare importanza acquista la Repubblica delle Province Unite (Olanda), la quale si caratterizza per una flotta all’avanguardia. Nel XVIII secolo si passa da un sistema monetario monometallismo, introdotto nel VIII secolo da Carlo Magno, ad un sistema bimetallismo in cui i valore delle monete era legato al valore dei metalli (argento e oro). Questo valore era imposto sulla base del rapporto del valore commerciale di oro e argento. Venne poi introdotta nel XII secolo la moneta bancaria, una ricevuta eseguita dai banchieri in seguito a un deposito monetario. Si diffuse poi la lettera di cambio, atto notarile con il quale un banchiere (prenditore) che aveva ricevuto un versamento da un cliente (datore) ordinava a un altro banchiere operante su un'altra piazza di pagare un beneficiario. CAPITOLO 23: SVILUPPO DEL COMMERCIO E RIV INDUSTRIALE Come detto precedentemente, con la scoperta dell’America si inaugurano nuove rotte commerciali per l’Europa. I materiali più commerciati e di maggiore valore sono i metalli preziosi che viaggiano da ovest a est: America → Europa → estremo oriente (i metalli vengono utilizzati x stoffe e tessuti). Sempre dall’America vengono importanti nuovi prodotti quali la canna da zucchero, il tabacco, il cacao, la patata, il gelso e il caffè e questo comporta nuove colture e nuove mode (nascono i caffè). In particolare nel XVIII secolo si diffonderà un nuovo commercio, la tratta degli schiavi. Si tratta di un commercio triangolare fra America, africa e Europa che vede al centro la compravendita di schiavi. Questo commercio era principalmente controllato dagli inglesi. La tratta degli schiavi fu un fenomeno globale, in atto già nel medioevo. Il commercio degli schiavi era una pratica già attiva in Africa, dove i prigionieri di guerra venivano commercializzati come schiavi (si trattava di un fenomeno interno all’africa), successivamente il commercio si este anche all’Europa. Tra il 1600 e il 1700 la popolazione europea aumentò vistosamente e questo incoraggiò uno sviluppo generale, in primis in agricoltura, dove grazie all’introduzione delle enclosures (recinzioni dei campi) si passò da un’agricoltura di sussistenza a una intensiva. Questo metodo si diffuse nell’Europa settentrionale ma soprattutto in Inghilterra. Altro progresso fu il miglioramento dei trasporti e delle comunicazioni, venne migliorata la rete stradale e diminuiti i dazi, incentivando così il commercio interno. Fenomeno caratterizzante del XVIII secolo fu la rivoluzione industriale che avvenne in Inghilterra. Questo fenomeno è il frutto di un miglioramento generale delle condizioni e delle tecnologie. La rivoluzione partì nell’industria del cotone, con l’introduzione di telai automatici che sfruttavano l’energia idraulica e successivamente grazie all’introduzione di una nuova fonte energetica, il carbon fossile, la rivoluzione investì tutti i campi dell’economia e del commercio. Rivoluzionaria fu l’invenzione della macchina a vapore di James Watt (fine 1700), in primis applicata alla manifattura del cotone, che comportò un cambiamento dei rapporti di produzione. Nacquero le prime fabbriche, luoghi in cui si concentravano i lavoratori e le macchine. Questa rivoluzione industriale ebbe anche dei risvolti sociali, si avviò infatti un tumultuoso processo di urbanizzazione e nacquero le prime proteste contro la meccanizzazione (luddismo). La rivoluzione industriale si sviluppa in Inghilterra per una serie di motivi, innanzitutto c’era la disponibilità economica, si trovava in un periodo di tranquillità e benessere e poteva appoggiarsi a una fitta rete commerciale. Ovviamente ciò non significa che era lo stato più avanzato tecnologicamente, ma queste condizioni e l’espansione coloniale furono un cocktail di avviamento. LEZIONE 4 CAPITOLO 6.13 TECNICA MILITARE Lo storico Geoffrey Parker individua 3 elementi essenziali nella rivoluzione militare: - Comparsa di armi da fuoco e artiglieria navale - Nuove tipologie di difese: difese bastionate - Incremento del numero dei soldati e degli eserciti I progressi della tecnica militare furono l’espressione del passaggio da medioevo a età moderna e furono il motivo che rese necessario il riforme dell’amministrazione statale. Agli inizi del XIV secolo venne introdotta in occidente la polvere da sparo che causò la formazione di eserciti interarmi, ossia eserciti formati da cavalleria pesante, fanteria e balestrieri ed arcieri. La fanteria era costituita da picchieri, soldati armati di lunghi bastoni (picche) che colpivano i cavalieri nemici. In spagna questa fanteria prendeva il nome di tercios e combinava picchieri e archibugeri. L’archibugio fu la prima arma da fuoco portatile e individuale che successivamente si evolse nel moschetto. Nel XVII secolo l’esercito divenne poi esclusivamente formato da soldati con armi da fuoco (baionette + cannoni). Come conseguenza a queste innovazioni militari nacquero fortificazioni bastionate, che si sostituirono ai castelli medievali. = la guerra diventa statica, di posizione. (XVII) gli eserciti divennero permanenti, erano costituiti da soldati addestrati e mercenari. Per quanto riguarda gli scontri navali, la rivoluzione avviene con l’introduzione dei galeoni, imbarcazioni a vela muniti di una parte d’esercito e di cannoni precisi consentendo quindi duelli a distanza. Le ciurme navali erano miste, formate da rematori arruolati e da rematori forzati (galeotti/condannati). Fra le flotte più importanti del XVI secolo troviamo flotta ottomana e asburgica. Nel XVII secolo le marine italiane (Genova, Venezia) entrano in crisi e nei conflitti dei secoli successivi dovranno acquistare/noleggiare vascelli ed equipaggi inglesi. Il denaro muove i conflitti dell’età moderna. Il miliare diventa una professione ed il fine è guadagnare. Per sostenere i costi, durante un conflitto vengono imposte molte tasse. A guadagnare in questi momenti sono i creditori, ossia i ceti nobiliari, nasce un rapporto clientelare (collaborazione/appoggio fra re e nobili). La guerra è consenso fra re e ceti nobiliari. La guerra ha un impatto negativo: - Danni diretti: uccisioni, ferimenti, distruzioni - Danni indiretti: devastazione e distruzione territorio, carestie, crisi economica… e un impatto positivo: stimola l’economia e i consumi. LEZIONE 5 CAPITOLO 11: RIFORMA PROTESTANTE Da tempo nella comunità cristiana c’era il sentimento di un ritorno alle origini, alla purezza del sentimento religioso, un desiderio di rinnovamento spirituale che si attuò con la riforma protestante (XVI secolo). Si trattò di una crisi della coscienza europea che portò al frazionamento dell’Europa. La crisi religiosa comportò la crisi delle istituzioni e un suo mutamento, la crisi del clero e della fede. Nell’impero ottomano ci furono parecchi schiavi cristiani (soprattutto nei Balcani e in Asia), essi erano prigionieri di guerra preziosi, in quanto potevano essere riscattati dalla madrepatria oppure essere sfruttati dagli ottomani. (era possibile uscire dalla schiavitù con riscatti, baratto di prigionieri, scontro militare favorevole, fuga o conversione). LEZIONE 7 L’Italia e i suoi stati Nel XVI-XVIII secolo l’Italia era un insieme di civiltà frammentate, e possiamo denominare la storia dell’Italia preunitaria come pioneristica, che però non è da interpretarsi come decadenza. Nonostante fosse una realtà frammentata è possibile individuare dei tratti comuni; innanzitutto la presenza delle Alpi a “chiudere” la penisola fu molto influente nel background. Inoltre è possibile dire che già nel XIII secolo si era formata la realtà etnica-culturale dell’italiano e dell’Italia. Nel XIV- XVI secolo si sviluppa inoltre un sistema politico-diplomatico, fondato sull’equilibrio fra i principali stati: Roma, Venezia, Genova, Milano, Palermo e Firenze. In questo territorio parliamo di civiltà urbana (100 città), civiltà letteraria (c’era una lingua semi comune), civiltà scientifica (grazie alle numerose università), civiltà artistica e musicale. In generale nel territorio italiano si sente un grande senso di appartenenza soprattutto grazie alla religione cattolica (+ presenza del papa), considerata la religione degli avi e della tradizione. L’italiano possedeva un’identità doppia, multidimensionale, da un lato si sentiva toscano, genovese ecc… ma al tempo stesso sentiva di appartenere a qualcosa di più ampio =identità italiana. Dopo la pace di Chateu-Cembresis (1559) viene sancito il predominio spagnolo sulla penisola fino al 1796 quando arrivano i francesi in Italia. L’Italia era divisa nel ducato di Milano (Savoia), il regno di Napoli, lo stata della Chiesa, il regno di Sicilia, il regno di Sardegna e Venezia. L’età moderna italiana ha subito diverse rivalutazioni da parte degli storici, in quanto oggi possiamo dire che il periodo che va dal 1500 agli inizi dell’800 fu un periodo prospero e non decadente. Lo storico Braudel considera ad esempio l’Italia il baricentro degli stati europei fino al 1600/1700, mentre Dante Sella evidenzia una ripresa economica nella seconda metà del ‘600. Possiamo dire che tra il 1400-1500 l’Italia era l’economia guida dell’Europa, in particolare attraverso l’agricoltura, con un incremento nella produzione di cereali. L’Italia era divisibile in tre macroregioni agrarie: -nord: riso, mais, bestiame e seta; -centro: colture miste, vite e ulivo; -sud: grano, seta, olivi. Venne applicato un rigido controllo del commercio dei prodotti agricoli attraverso le magistrature annonarie, l’obiettivo era di raggiungere l’autosufficienza alimentare della popolazione urbana. Le politiche annonarie e assistenziali non sono solo politiche economiche, ma anche sociali e con una base religiosa. Per quanto riguarda l’industria, si sviluppa il settore tessile come il più avanzato fino al 1600 quando abbiamo un momento di declino seguito da una successiva ripresa. In particolare in Italia si sviluppa la produzione di oggetti di pregio finalizzati all’export: strumenti musicali, seta e velluto, armi, vetro veneziano e navi. Fondamentali e motivo di prestigio per l’economia italiana furono le corporazioni delle arti. La crisi del 1760-1820 fu causata dal peggioramento delle condizioni di vita, dalla pressione demografica e dai danni diretti e indiretti della guerre. LEZIONE 8: Europa geopolitica ‘600-‘700 CAPITOLO 20: Luigi XIV XVII secolo è l’epoca del cardinale Mazzarino a cui venne affidata la guida politica del regno, in quanto il re Luigi XIV ancora minorenne. Il cardinale si dimostra duttile e favorevole al compromesso ma deve comunque affrontare l’alta nobiltà e i problemi economici/fiscali. Si diffonde quindi un generale malcontento tanto che il popolo prima e i nobili di diverse casate poi decidono di ribellarsi. Questo evento è passato alla storia come fronda dei principi che sfociò in una guerra civile fra nobili, la quale si concluse, per volere del popolo stremato dalla guerra (civile + contro la Spagna) e dalla carestia con il ritorno alla calma e la restaurazione della monarchia con il cardinale Mazzarino e l’incoronazione di Luigi XIV. Successivamente la Francia di Mazzarino, grazie all’alleanza con l’Inghilterra di Cromwell sconfisse la Spagna e firmò la pace dei Pirenei (1659). Alla morte del cardinale Luigi XIV sale al trono e decide di governare senza intermediari, in generale dall’apparato amministrativo esclude i nobili, che però di fatto ostacoleranno sempre il sogno assolutistico del sovrano. Luigi XIV sposta la residenza del re fuori Parigi, costruendo la maestosa reggia di Versailles, dove obbligherà i nobili a trasferirsi in modo da tenerli sotto controllo. Per quanto riguarda le finanze, il re affida il compito di risanarle a Colbert, che spostò il peso fiscale su imposte indirette e per quanto riguarda l’economia adottò un modello mercantilistico, concentrandosi quindi sulle manifatture e favorendo il commercio con l’estero. Luigi XIV affrontò anche la questione delle diverse religioni sul suolo francese, attraverso una serie di violenze fece esiliare o convertire in massa gli ugonotti. Molti ugonotti che esiliarono erano artigiani, mercanti e professionisti e la loro fuga fu una perdita economica. Successivamente perseguitò anche i giansenisti, considerandoli una minaccia in quanto, non considerando il mondo terreno, non obbedivano al re. Possiamo dire che i tentativi egemonici di Luigi XIV sono stati realizzati, almeno in parte, soprattutto per quanto riguarda la supremazia militare. Nel governo del re sole le spese militari rappresentarono più del 50% del bilancio statale. L’esercito venne riformato, ampliato e venne imposta una rigida disciplina. Attraverso una feroce propaganda, inoltre, la Francia impose la sua supremazia culturale. La Francia di Luigi XIV appare aggressiva, sono infatti numerosi i conflitti: - guerra con la Spagna per il dominio delle fiandre che si concluse con la pace di Aquisgrana (1668); - occupazione della Lorena; - guerra con l’Olanda; - guerra di 9 anni, contro la lega di Augusta, lega antifrancese, che si conclude con la pace di Ryswick (1697) e infine la – secessione spagnola. Le guerre di successione nel XVIII secolo furono numerose, si originarono da crisi dinastiche e furono uno strumento per mantenere l’equilibrio multipolare in Europa. - Successione spagnola 1701-1714 - Successione polacca pace nel 1738 - Successione austriaca pace di Aquisgrana 1748 Successione spagnola: La pace di Ryswick stipulata fra Francia e Spagna dopo lo scontro per il dominio delle fiandre era avvertita solo come una tregua. Il problema di successione sul trono di Madrid fu la miccia per un conflitto internazionale. Il re Carlo II alla sua morte nominò suo erede Filippo V, pronipote di Luigi XIV, a patto che rinunziasse al trono francese. Ovviamente la Francia era d’accordo (così come la Spagna, successivamente il duca di Mantova e Baviera), a non esserlo era l’Austria che stipulando un accordo con Olanda, Inghilterra, Danimarca e diversi principi tedeschi si schierò contro. La guerra iniziò nel 1702 e si combatté nelle Fiandre, in Italia, in Germania e nel mediterraneo. La guerra si concluse con la pace di Utrecht e di Radstadt con cui Filippo V diventava re di Spagna a patto che non unisse la corona con la Francia. L’Austria ingrandì molto i suoi territori acquisendo i Paesi Bassi, lo stato di Milano, il ducato di Mantova, la Sardegna e il regno di Napoli. Il duca di Savoia ebbe la Sicilia e alcuni territori staccati dello stato di Milano (Lomellina, Alessandria…). Venne però sancito il trionfo dell’Inghilterra che acquisì Gibilterra e Minorca e diversi territori in America. Si affermava una fase di equilibrio. Il principio di equilibrio europee divenne la base delle relazioni internazionali. Successione polacca: La dieta in Polonia, alla morte del sovrano, imposero nel 1733 il suocero di Luigi XIV, Stanislav, ma Prussia, Austria e Russia non erano d’accordo e scoppiò un conflitto. La Russia impose come sovrano il figlio del defunto re, Augusto III. Il conflitto si spostò allora in Italia, aprendo un nuovo capitolo del conflitto franco-asburgico (Francia vs Austria). Il conflitto si concluse grazie alla mediazione dell’Inghilterra e, rispettando il principio di equilibrio delle forze, i territori italiani vennero spartiti fra Austria e Spagna (che era entrata nel conflitto a lato della Francia) con la pace di Vienna 1738. Successione austriaca: Alla morte dell’imperatore Carlo VI vi fu una crisi dinastica. Salì al trono sua figlia, Maria Teresa, ma il suo potere venne fortemente contestato. Il re di Prussia, Federico II, decise occupare la Slesia e questo provocò l’inizio di un conflitto in quanto si innescò una reazione a catena in cui diversi stati, Francia, Baviera, Spagna (a fianco della Francia), la dieta inoltre nominò imperatore Carlo Alberto di Baviera. Maria Teresa decise allora di rivolgersi alla nobiltà ungherese, che in cambio di concessioni e autonomie, intervenne al suo fianco insieme all’Inghilterra, alle province unite e al re di Sardegna. Il conflitto si concluse con la pace di Aquisgrana del 1748; la Prussia di Federico II conservò la Slesia, il re di Sardegna ottenne l’alto novarese, Vigevano e Voghera, l’Austria dovette rinunciare al Ducato di Parma e Piacenza. Guerra dei 7 anni 1756-1763 Fu una guerra che cambiò lo scenario coloniale e mostra l’insignificanza degli equilibri europei. Il conflitto riprese perché Maria Teresa (regina d’Austria) voleva riconquistare la Slesia si formarono una serie di alleanze: Austria-Francia-Russia-Svezia-Polonia e Prussia-Inghilterra, (il trattatati di Versailles Francia-Austria pose fine alle rivalità). La guerra si intrecciò con la guerra coloniale Inghilterra-Francia. Solo con l’uscita della Russia (che salvò la Prussia) e dell’Inghilterra permise la firma dei trattati di pace: 1763 trattati di Hubertusburg fra Prussia, Austria e il trattato di Parigi fra Gran Bretagna e Francia (Francia sconfitta, deve cedere delle terre). La guerra dei 7 anni può essere considerato il primo conflitto globale. Nel XVIII secolo emergono le nuove potenze maggiori: Francia, Austria, Prussia, Russia e Gran Bretagna. Gli eserciti diventano permanenti, nazionalizzati (vengono stabilite forme di coscrizione che obbligano le comunità a fornire tot soldati) e di carattere privato (reclutamenti privati) e spesso gli stati fanno affidamento su eserciti a noleggio (tipo svizzera che presta/vende soldati). La guerra si poteva definire statica ed era condotta da soldati professionisti. Gran parte dell’esercito era formato da fucilieri che potevano sparare tre colpi consecutivi al minuto, successivamente attaccavano le baionette. Quasi mai era uno scontro risolutivo o corpo a corpo. Molti furono i progressi tecnici, vennero introdotte truppe leggere di cacciatori e tiratori. I conflitti del XVIII secolo furono soprattutto dinastici, fra eserciti professionisti e quando si firmavano le trattative l’obiettivo era quello di non sconvolgere gli equilibri, frequenti infatti erano le restituzioni → compensazioni dei rapporti di forza degli stati belligeranti. Alla fine del secolo è inoltre da segnalare la scomparsa della Polonia, che a tappe 1772-1792-1795 viene spartita fra le potenze vicine (Austria, Prussia, Russia). Ciò avvenne a causa del carattere elettivo della monarchi che rendeva i regnanti stranieri e quindi poco influenti sul popolo. LEZIONE 9: lotte politiche in Inghilterra e nascita degli USA CAPITOLO 17: la prima rivoluzione inglese All’inizio del XVII secolo (1603) in Inghilterra abbiamo l’avvento della dinastia Stuart sul trono inglese con Giacomo I Stuart, già re di Scozia. Elisabetta I, sovrana precedente, aveva lasciato un’Inghilterra molto popolosa (durante il suo regno = forte crescita demografica) e avanzata economicamente (introduzione delle enclosure e settore LEZIONE 10: rivoluzione francese La Rivoluzione francese non è scoppiata all’improvviso ma è frutto di uno sviluppo storico. Il Regno di Francia nel XVIII sec. non è uno stato in decadenza, prossimo alla dissoluzione ma anzi è uno tra i più potenti e popolosi d’Europa. L’economia ha alcuni punti di forza notevoli, ha ancora un impero coloniale e la sua flotta ha quasi raggiunto quella britannica. Questo regno non è uno spazio unitario, c’è una differenziazione tra “paesi di stato” (stati provinciali che mantenevano una certa autonomia, diffusi nelle aree periferiche come i Paesi Bassi, la franca contea e la Bretagna) e “paesi di elezione” (qui governavano Intendenti regi, direttamente collegati al re). La Francia si divideva anche per aree fiscali a seconda delle diverse tassazioni. I prodromi della Rivoluzione francese possono essere divisi in due categorie: - Crisi finanziaria e istituzionale - Crisi della cultura tradizionale e ascesa del razionalismo illuminista laico Crisi finanziaria e istituzionale La storia francese è segnata dalla competizione tra le potenze europee non solo a livello interno ma anche sul piano coloniale. Questa competizione porta all’aumento delle spese militari e amministrative per lo stato, aumenta quindi la pressione fiscale sulla popolazione e soprattutto diventa necessario allargare la base imponibile (ovvero il numero di persone da tassare). Ma questa necessità porta ad uno squilibrio: i ceti dominanti tendono a preservare i loro privilegi e quindi poi si chiede sostegno a ceti sociali inferiori, cosa che sfocia in una condizione di instabilità e conflittualità. Diventata chiaro che fosse necessario cambiare l’assetto istituzionale dello Stato, attuare una riforma costituzionale complessiva. Tra i diversi tentativi si ricorda quello di Turgot (intellettuale fisiocratico dell’epoca), per il quale lo stato avrebbe dovuto lasciare il mercantilismo a favore della produzione di reddito tassando per lo più le proprietà terriere; o quello di Necker che cerca di ridurre spese superflue e per la prima volta viene pubblicato il rendiconto delle spese dello stato. I Parlamenti (alte corti di giustizia) si oppongono a questi provvedimenti, questo ceto di toga difende i propri privilegi e boicotta le riforme avanzate dai ministri regi. L’ultimo bilancio (1788) prima della Rivoluzione mostra la gravità dell’insolubile crisi finanziaria francese, metà del reddito doveva essere investito nel pagamento di debiti ai creditori con i quali lo stato si era indebitato (e gli interessi erano molto alti visto che la monarchia era un cattivo pagatore). Le entrate mostrano la stessa criticità, la maggior parte derivano da tasse indirette e dogane, ovvero introiti che colpivano la parte meno abbiente della popolazione mentre le imposte dirette sono molto minori. Il mutamento culturale sei-settecentesco La cultura muta, c’è un allontanamento dall’ordine cristiano tradizionale. Cresce l’importanza del pensiero razionalista collegata ad una nuova ideologia della Natura e dell’Uomo (Rousseau nega per esempio il peccato originale). La natura è un mondo accessibile all’uomo attraverso i sensi e l’investigazione scientifica, e che contiene le uniche verità conoscibili dalla ragione umana. La filosofia si separa quindi dalla metafisica, cista in questo periodo spesso come qualcosa di negativo. L’Encyclopedie è un dizionario delle scienze, delle arti e dei mestieri che ha l’ambizione di tenere insieme tutti i rami della conoscenza, negando il principio di trascendenza (Dio Creatore e legislatore che viene espulso dalla vita delle persone) ed esaltando al contrario la potenza della razionalità umana. Voltaire fu uno dei principali filosofi francesi (anche se come Rousseau muore prima dello scoppio della rivoluzione), il suo pensiero era orientato alla critica radicale del cattolicesimo come religione istituzionale ma anche della cultura tradizionale. Voltaire criticò il cattolicesimo come “cumulo di frodi e imposture”, sostenendo invece il Deismo (divinità naturalistica e razionalista). Rousseau a sua volta riscontra un successo straordinario, nel suo pensiero è centrale il concetto uguaglianza (regime in cui le singole volontà si fondono, attraverso un contratto sociale, in una volontà generale espressa dallo stato egualitario), la natura è un’idea astratta ed utopica, l’uomo nasce buono ed innocente (in contrasto con l’antropologia cristiana che presuppone il peccato originale) e il filosofo taccia di corruzione la società, che corrompe il bambino e occorre quindi una nuova educazione e una nuova pedagogia. L’ideologia della Rivoluzione francese trova in queste concezioni le sue radici: la concezione razionalistica, naturalistica e antropocentrica della storia porta all’imposizione dei diritti di natura, ragione e nazione e la volontà generale acquisisce una nuova forma, quella della sovranità nazionale (dove la nazione è espressione delle singole volontà). Lo Stato legislativo è lo stato rivoluzionario poiché da questo momento la legislazione rappresenta la volontà generale ed è quindi giusta per definizione. Legato a questo stato rivoluzionario si sviluppa anche un nuovo modello educativo e il culto dello stato come nuova religione civile. Durante la Rivoluzione si riconoscono diversi regimi istituzionali e costituzionali: - 1789-1792 Monarchia costituzionale - 1792-1794 Prima Repubblica con Girondini e Giacobini - 1795-1799 Direttorio (che produce e mette in atto una nuova Costituzione) - 1799-1804 il Consolato, (formalmente repubblicano), colpo di stato di Brumaio di Napoleone - 1804-1815 l’Impero Napoleonico CAPITOLO 28: rivoluzione francese La rivoluzione francese non scoppiò all’improvviso, ma fu il risultato di una serie di eventi. La Francia nel XVIII secolo viveva una grave crisi finanziari che portò il re Luigi XVI a convocare gli stati generali per imporre nuove tasse che sarebbero gravate solo sul popolo (contadini, artigiani ecc…), questo fece esplodere tensioni e rivolte. Il parlamento di Parigi affermò che gli Stati generali avrebbero dovuti riunirsi sulla base della distinzione dei re ordini: clero, che al suo interno era diviso in alto e basso, la nobiltà (% della popolazione) e il terzo stato, stragrande maggioranza. L’assemblea venne aperta nel maggio del 1789 e dopo un mese il terzo stato si staccò creando l’Assemblea nazionale, in quanto non venivano raggiunte delle decisioni, questo fu l’atto di inizio della rivoluzione. Alla notizio del licenziamento di Necker, ministro delle finanze incaricato di gestire gli stati generali, il popolo insorse e avvenne la presa della Bastiglia (14 luglio 1789), carcere in cui i rivoltosi vi si recarono per pendere delle armi. Parallelamente a questa rivoluzione municipale avviene in campagna una rivoluzione contadina; questo periodo è ricordato come la “Grande paura”, un periodo caratterizzato da ansie e violenze contro i signori/ proprietari terrieri. Con la successiva dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (26 agosto 1789), una carta in cui venivano evidenziati i diritti inviolabili fi ogni singolo uomo e cittadino, veniva dichiarato concluso l’antico regime, ossia la fine della società basata sui privilegi e le distinzioni. Successivamente la Francia viene divisa in 83 dipartimenti, venne riorganizzato il sistema finanziario e i beni ecclesiastici nazionalizzati. Anche il clero venne riorganizzato, esso divenne un insieme di funzionari al servizio dello stato e legati a Roma solo a livello formale. Il re, così come altri nobili avevano già fatto in precedenza, tentò di fuggire dalla Francia, ma venne riconosciuto e riportato a Parigi dove fu costretto a firmare la nuova costituzione del 1791 → monarchia costituzionale. La monarchia costituzionale appena nata aveva delle basi instabili in quanto, al contrario di quella inglese, non possedeva l’appoggio dei nobili (più potenti), i quali proseguirono una forte migrazione, e inoltre vi era un problema religioso, dato dalla condanna del regime costituzionale da parte del papa + crisi economico-sociale. Il tutto sfociò in una dichiarazione di guerra all’Austria nel 1792. L’Austria voleva ripristinare la monarchia e proteggere il re. Vinsero i rivoluzionari francesi, i quali il 10 agosto 1792 dichiararono caduta della monarchia. CAPITOLO 29: La prima Repubblica, Girondini e Giacobini L’assalto alle Tuileries, la residenza del re, da parte dei “sanculotti” (cittadini rivoluzionari parigini, riconoscibili per il berretto fregio) segna la fine della monarchia e l’inizio della Repubblica. Uno degli uomini del momento è il repubblicano Brissot, leader dei Girondini (venivano dal dipartimento occidentale della Gironda). In questo periodo si diffonde un clima di terrore: l’Assemblea proclama l’arresto e la condanna a morte della famiglia reale, nomina un Consiglio provvisorio e l’assunzione di misure di rigore eccezionali, tra cui l’istituzione del Tribunale istituzionale, l’espulsione dei preti refrattari e la requisizione di beni e grani. Nel frattempo, i militanti politici portano avanti il Massacro di settembre, un assalto alle carceri con massacro dei detenuti. Lo stesso mese viene proclamata la Repubblica e nasce la Convenzione nazionale (20% girondini, 35% della Montagna, sinistra moderata e 45% della Pianura), una nuova assemblea elettiva, che ha il compito di scrivere una nuova Costituzione. Questo organo diventa però una sorta di parlamento che legifera in ambiti diversi. Il 1793 si apre con l’esecuzione del Re, l’Europa entra in una fase di guerra generale, si crea anche una lega antifrancese (uno die membri era la Gran Bretagna) a causa dell’aggressività, anche internazionale, dei rivoluzionari. Nello stesso anno in Francia viene proclamata la leva di massa perché i volontari scarseggiano, questo scatena una guerra civile (iniziata anche per altri motivi, tra cui la scristianizzazione dello stato, viene introdotto per esempio il matrimonio civile e il divorzio). Proseguono le misure eccezionali del Governo rivoluzionario: vengono emanati una serie di decreti d’urgenza che riguardano il calmieramento dei generi (fissazione di prezzi stabiliti dal governo), l’istituzione del Tribunale rivoluzionario e del Comitato di Sicurezza generale (una super polizia) e il Comitato di Salute Pubblica, comitati con poteri eccezionali che governano autonomamente. Questi comitati sono collegati alle municipalità locali dove nascono dei comitati municipali di sorveglianza, gestiti dai militanti rivoluzionari. Nel giugno del 1793 avviene un colpo di stato da parte dei Giacobini montagnardi contro i Girondini, che restano però forti in molti dipartimenti (e la Francia è quindi anche dilaniata da questa lotta interna). I deputati della Montagna, i Giacobini e i Sanculotti (forze militanti) riescono a coordinarsi e viene pubblicata la Costituzione dell’Anno I della Repubblica che non verrà mai applicata perché la situazione d’emergenza porta il governo a votare l’istituzione del Terrore, ovvero un governo provvisorio estremamente rigido. Robespierre, Saint Just furono due dei membri più importanti del Comitato di salute pubblica durante il Terrore. La violenza di questo periodo diventa eccidio di massa, alcune zone della Francia sono particolarmente colpite (a ovest, a nord verso la Gran Bretagna). Uno degli eventi più tragici è quello della “Tragedia di Vandea”, nell’ovest della Francia. In Vandea il decreto sulla leva di massa scatena una guerra di opposizione tra francesi che finisce in la sconfitta dei vandeani e un genocidio della popolazione Il 27 luglio 1794 (9 termidoro) Robespierre viene ghigliottinato e abbiamo un tentativo di borghesia rivoluzionaria che voleva prendere il controllo delle istituzioni e ripristinare la libertà economica. questo viene attuata una politica di espoliazioni, dopo la conquista le nazioni vinte venivano espropriate delle proprie opere d’arte. Si crea quindi una duplice concezione del patrimonio artistico-culturale in Francia: - Concezione nazionalistica: si vuole restituire al popolo il patrimonio nazionale in quanto legittimo proprietario. Il museo ha quindi carattere pubblico (=Louvre). - Concezione umanistica: coincide con la filosofia delle espoliazioni, la Francia si presenta come l’unica nazione che può esibire e acquisire il patrimonio artistico in quanto patria della libertà. In quanto libera, la Francia è la patria dell’arte, delle scienze e della cultura. Prima della Francia solo gli antichi greci e i romani erano popoli veramente liberi, i greci e romani moderni non lo sono, quindi non hanno il diritto di possedere opere artistica (devono esserne espropriati) Il Louvre doveva diventare un catalogo delle migliori creazioni umane. La campagna di acquisizione di opere e beni culturali da parte della Francia comincia con la guerra contro i Paesi Bassi (1794-1795). Successivamente durante la prima campagna d’Italia (1796-1797) di Napoleone viene compreso il valore e le potenzialità delle opere d’arte tantoché vengono inserite nelle clausole dei trattati di pace (armistizio di Bologna 1796). Nel XVIII secolo le opere d’arte vengono utilizzate con finalità politiche, in seguito alle campagne militare, le opere confiscate sfilavano per le strade di Parigi in segno di vittoria e prestigio. Non tutti i francesi erano d’accordo con la politica di espropriazione attuata da Napoleone, l’intellettuale Quatremere de Quincy rifiutava la retorica della “patria libertà” per cui la Francia fosse l’unica ad avere diritto di possedere arte e sosteneva il criterio storico di conservazione nei luoghi d’origine, secondo cui il patrimonio artistico è fuori dal diritto di conquista. I francesi giustificarono sempre il processo di espropriazione/spoliazione, in particolare ricordiamo Dominique Vivant Denon (1747-1825), figura chiave dei beni culturali. Egli fu il consulente di Napoleone e direttore del Louvre fino al 1802. Aspirava alla realizzazione di un museo universale che possedesse esempi artistici di ogni disciplina. Nel 1803 il Louvre prende il nome di Museè de Napoleon e assume le sembianze di un museo moderno: troviamo esposizioni permanenti e periodiche, nascono laboratori di restauro, cataloghi di studio scientifico delle opere e produzione di copie, stampe a fine propagandistici. L’arte diventa al servizio dell’uomo. Denon segue Napoleone nelle sue campagne militari e nelle città di provincia fonda musei, attuando un processo di decentramento delle collezioni nazionali. Secondo Denon era importante non spogliare completamente i territori conquistati di tutti i loro beni, ma valorizzarli. ITALIA PAESE DELL’ARTE Anche in Italia nasce una coscienza relativa al patrimonio artistico culturale italiano. Con l’editto di Tolentino (1797) abbiamo la prima confisca di opere d’arte in Italia, molte delle quali non arrivano neanche in Francia a causa di furti e incidenti -> nasce un mercato nero dell’arte. L’età napoleonica è molto importante per Milano, viene istituita la Pinacoteca di Brera, con coordinatori Andrea Appiani e Giuseppe Bossi, come secondo Louvre. IMPERIALISMO CULTURALE NAPOLEONICO Parigi acquista un ruolo pedagogico, i maggiori artisti vi si devono trasferire. Nel 1810 Antonio Canova, artista italiano rinomato anche all’estero, su incarico papale tenta di convincere Napoleone a non rubare le opere e a restituire le opere italiane all’Italia. Canova per convincerlo fa riferimento al legame naturale che vi è fra le opere e la cultura/luogo che le ha prodotte. Fu negoziato molto difficile che venne sostenuto solo dall’Inghilterra e dall’Austria. Canova riuscirà a prendere 506 oggetti, ma solo la metà arriverà effettivamente in Italia. Il ritorno delle opere d’arte è comunque percepito come una vittoria. Nasce anche in Italia il concetto di museo come collezione aperta al pubblico e il concetto di patrimonio nazionale. Nel XVII secolo i musei erano pochi e non molto frequentati, ricordiamo a Firenze gli Uffizi, il “Museo del Prado” a Madrid, il “British Museum” e la“National Gallery” a Londra ecc… Successivamente vedremo una nuova serie di razzie furante il regime nazzista.
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