Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

RIASSUNTO MANUALE EDISES PROVA SCRITTA CONCORSO SCUOLA 2024 (e TFA SOSTEGNO ) PRIMA PARTE, Schemi e mappe concettuali di Pedagogia

Riassunto paragrafo per paragrafo ( semplificazione e asciugatura dei contenuti) del manuale EDISES per la preparazione alla prova scritta del concorso scuola 2024. PARTE PRIMA COMPETENZE PEDAGOGICHE E PSICOPEDAGOGICHE ( 5 capitoli) Riguarda la storia della pedagogia, dedicandosi ad ogni pedagogista importante. Documento idoneo anche alla preparazione del TFA Sostegno

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2023/2024

In vendita dal 01/03/2024

rossana-dragone
rossana-dragone 🇮🇹

4.5

(70)

101 documenti

1 / 64

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica RIASSUNTO MANUALE EDISES PROVA SCRITTA CONCORSO SCUOLA 2024 (e TFA SOSTEGNO ) PRIMA PARTE e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Prima parte: Competenze pedagogiche e psico-pedagogiche Capitolo 1: Lo sviluppo sociale e le relazioni di gruppo 1.1. La psicologia sociale Gli uomini compiono azioni sociali, cioè azioni rivolte intenzionalmente verso gli altri. La psicologia sociale studia l’attività mentale e i comportamenti degli uomini nella vita sociale (con gli altri). Quando si studia il comportamento di un individuo nel contesto sociale si osserva che le risposte a stimoli sono regolari e sono legati all’eredità biologica dell’individuo e al contesto sociale, cioè alla collettività. Il sistema di modelli di una società costituisce la struttura sociale di un individuo. 1.2. L’individuo e i suoi contesti: famiglia, scuola, lavoro Gli agenti che in?luiscono di più sulla formazione dell’identità di una persona sono: la famiglia, il sistema educativo e i mezzi di comunicazione di massa. I tre sistemi/contesti basilari sono: - La famiglia determina le prime relazioni signi?icative di un individuo. Nella famiglia l’individuo trova una base sicura (se si tratta nei una famiglia positiva). - La scuola è organizzata in modo ciclico. - Il lavoro entra nel mondo dei bambini attraverso i genitori. L’interazioni tra i tre sistemi (famiglia, scuola, lavoro) è il cardine dello sviluppo educativo di un individuo. Bronfenbrenner sostiene che lo sviluppo di un individuo deve essere messo in contatto anche con l’ambiente ecologico, cioè il sistema che si crea dall’interconnessione tra i diversi contesti. Egli propone un modello a cerchi concentrici: 1) al centro ci sono i microsistemi, cioè i contesti che coinvolgono direttamente e in primis il bambino come la classe, la famiglia e il gruppo dei pari. 2) mesosistema, che comprende. Contesti di mezzo come la scuola. 3) ecosistema che si riferisce a situazioni in cui il bambino non è direttamente coinvolto, ma è comunque in?luenzato (es. la condizione lavorativa dei genitori). 4) macrosistema, che si riferisce alla situazione culturale complessiva (es. politiche sociali ed economiche del paese). 1.2.1 La famiglia In ogni famiglia esistono norme familiari, cioè regole di comportamento che i genitori fanno rispettare. Se le norme familiari sono chiare e coerenti producono certezza nel bambino. Inoltre, sono utili per un’educazione ef?icace, per la formazione di un senso di ?iducia nel bambino e generano equilibrio nella sua sfera emotiva e nelle sue aspettative. Particolarmente utile in questo contesto è il gioco dei rinforzi: (sottolineare positivamente, per esempio con complimenti, quando il bambino si comporta bene), ma senza utilizzare un rinforzo continuamente, ma a intermittenza e con un motivo preciso (Dani: se fai complimenti a caso, il rinforzo positivo non funziona, i complimenti devono essere super6ici e legati a una cosa concreta). La famiglia determina anche l’ancoraggio affettivo. Esso consente successivamente al bambino di avventurarsi nel mondo. Per quanto riguarda le relazioni familiari, già quando la madre è in attesa del bambino, i futuri genitori attraversano tre momenti signi?icativi: attesa, nascita, relazione primaria. La prima fase dell’attesa è di preparazione alla genitorialità e di presa di coscienza dei cambiamenti. La nascita è un evento molto forte per tutti e due i genitori, non solo per la madre. Successivamente si crea la relazione primaria, la terza fase, tra bambino e madre. Nello speci?ico dello sviluppo di un bambino, verso i cinque mesi il bambino matura le capacità di manipolazione e di coordinazione occhio-mano. Tra i12 mesi e i due anni il bambino riconosce la propria immagine allo specchio e impara a parlare. Dopo 18 mesi il bambino amplia le relazioni all’esterno della sfera familiare con fratelli e coetanei. In questa fase sono importanti le routine, cioè le attività ricorrenti poiché permettono al bambino di prevedere cosa accadrà. Con la routine, il bambino sviluppa una capacità di previsione, di attesa e aumenta la sicurezza del bambino. ER da sottolineare come la routine sia importante non solo a livello familiare, ma anche a livello scolastico. Le prime relazioni che il bambino instaura sono di tipo diatico, cioè che fanno riferimento alla relazione madre-Diglio. La madre è la chiave di lettura della realtà per il bambino. In particolare, John Bowlby elabora la teoria dell’attaccamento. Per Bowlby l’attaccamento è una predisposizione biologica intesa come senso di protezione che il bambino prova nei confronti di chi si occupa di lui e di sentirsi al sicuro, instaurando cosı ̀un rapporto di ?iducia. Bowlby individua tre tipi di attaccamento: 1) attaccamento ansioso evitante: il bambino non sceglie in maniera signi?icativa la madre come ?igura di riferimento. Ciò indica una scarsa reciprocità nella relazione madre-?iglio. 2) attaccamento sicuro: il bambino sceglie la madre senza esitazioni. La relazione tra i due è forte. 3) attaccamento ansioso ambivalente: il bambino oscilla tra il desiderio della madre e il suo ri?iuto. Questo tipo di attaccamento indica una relazione non ben de?inita. Successivamente, altri studiosi sulla scia di Bowlby hanno aggiunto un quarto punto: 4) attaccamento disorganizzato: il bambino ha sperimentato il fallimento della relazione madre- ?iglio e mostra segnali non coerenti e inadeguati sia alla presenza che all’assenza della madre. La famiglia rappresenta il più importante elemento formativo della personalità dell’individuo, fornendo il modello educativo di riferimento. Fondamentale per il bambino e per il suo sviluppo è la libertà di sbagliare e la certezza di poter contare su una ?igura guida (Dani: questo vale per la scuola) 1.3. Il processo di socializzazione La socializzazione è il processo mediante il quale gli individui acquisiscono conoscenze, abilità, sentimenti e comportamenti che permettono la partecipazione alla vita sociale. La socializzazione investe tutti gli aspetti della personalità: aspetti cognitivi, affettivi, motivazione e conoscenza. 1.3.1. I gruppi e le interazioni sociali Un gruppo è un’entità diversa dalla somma delle sue parti, si tratta di una totalità dinamica nella quale le persone si riconoscono in interdipendenza reciproca e con una ?inalità precisa (Dani: non è la somma degli individui ma è un’entità diversa perchè ci sono tanti tipi diversi di relazioni che entrano in gioco. Cit- Mazzoni). Non sono la somma delle singole unità, ma è un complesso rapporto di relazioni. Il gruppo di appartenenza è detto anche gruppo esclusivo. Ogni gruppo possiede norme, status e ruoli. Inoltre, ogni gruppo presenta una struttura di autorità gerarchica una gerarchia). ER necessario distinguere due tipologie di gruppi: - Gruppi primari, cioè composti da un piccolo numero di individui, che si crea per un periodo relativamente lungo e sulla base di rapporti informali (es. relazioni dirette, personali, intime come la famiglia e il gruppo dei pari). - Gruppi secondari, cioè quelli formati da soggetti non vincolati da legami affettivi, ma da una struttura interna rigida. Si tratta di relazioni temporanee. I gruppi secondari sono spesso de?initi associazioni (es. partiti politici o gruppi che si formano a un corso). Le complesse relazioni che si sviluppano in un gruppo si strutturano in base a due modelli: 1) modello circolare: ogni membro alla stessa possibilità di interagire con gli altri (tutti si rapportano con tutti) 2) modello radiale: c’è un leader che coordina il gruppo. Un leader può essere: autoritario, democratico, o laissez-faire, cioè un leader che non da direttive. La funzione di un leader può essere strumentale (propone iniziative, organizza, dirige) o espressivo (riduce i con?litti e sostiene la solidarietà) Le organizzazioni formali possono essere: volontarie (es. partiti politici), obbligatorie (es. prigioni, scuole) o utilitarie (alle quali si partecipa per ragioni pratiche, es. imprese commerciali). 1.3.2 le comunità di pratica Wagner introduce il termine comunità di pratica per descrivere un sistema auto-organizzato che si sviluppa in tre dimensioni: 1. Campi tematici: sono ciò che accomunano i membri, 2. Comunità: è ciò che stimola la condivisione di idee e interazioni, 3. Pratica: è la conoscenza condivisa e mantenuta. 3) PRODUTTIVITAR : deve consentire la produzione di una serie in?inita di messaggi. Nelson distingue stili di apprendimento del vocabolario: - referenziale: I bambini che seguono lo stile referenziale hanno uno sviluppo lessicale più rapido e sono interessati a nominare gli oggetti. - espressivo: I bambini con uno stile espressivo hanno sviluppo sintattico più rapido e sono interessati alle relazioni sociali e usano il linguaggio per ampliarle. lo sviluppo del linguaggio riguarda il livello fonologico (suono), semantico (signi?icato), e pragmatico (contesto). 2.6. Il rapporto tra pensiero, linguaggio e interazione sociale Bruner porta l’attenzione sulla funzione sociale del linguaggio, simile a Vygotskij. Secondo Brunner, il linguaggio va studiato nella sua funzione sociale ed è legato agli scambi e alla creazione di signi?icati condivisi. 2.7. Altri modelli psicologici dello sviluppo del linguaggio Molti antri teorici hanno contribuito allo studio del linguaggio: • Skinner e il comportamentismo: Secondo lo studioso non esiste una competenza linguistica innata, ma tratta di uno dei comportamenti che si apprendono per associazioni stimolo-risposta. • Chomsky e la teoria innatista: per Chomsky la competenza del linguaggio è innata. Per competenza del linguaggio si intendono le conoscenze delle regole per “fare il linguaggio”. Il ruolo degli adulti è quindi marginale, poiché il bambino è creativo e riesce a produrre espressioni mai sentite prima. • La teoria neurocostruttivista di Karmiloff-Smith: durante lo sviluppo c’è un processo di progressiva specializzazione delle aree emisferiche e delle funzioni. • Rogers: propone il modello della comunicazione assertiva, cioè quella di chi riesce a esprimere idee rispettando quelle degli altri. Si tratta di uno stile comunicativo adeguato al contesto relazionale funzionale all’obiettivo della comunicazione. • Il linguaggio giraffa è da inserire nel contesto della comunicazione non violenta. Esso si riferisce alla metafora che Rosenberg utilizzava in contrapposizione al “linguaggio sciacallo”. La giraffa è colei che rispetta le opinioni altrui. Piaget Vygotskij - L’acquisizione del linguaggio è interdipendente dallo sviluppo sociale - Lo sviluppo del linguaggio e quello del pensiero non sono correlati: lo sviluppo cognitivo precede quello del linguaggio. - Piaget ritiene che il linguaggio e pensiero siano indipendenti. - Dal punto di vista metodologico Piaget predilige l’osservazione. - L’acquisizione del linguaggio condiziona fortemente lo sviluppo cognitivo e sociale. - Lo sviluppo del linguaggio e quello del pensiero sono correlati. - L’acquisizione del linguaggio è il principale motore dello sviluppo, quindi tra sviluppo del linguaggio e sviluppo cognitivo ci sono delle continue interazioni: il pensiero è mediato dal linguaggio interiore. - Linguaggio e pensiero siano in continua interazione e le interazioni sociali hanno un ruolo importante nello sviluppo di entrambi. - Dal punto d vista della metodologia Vygotskij predilige l’interazione. - Egli teorizza l’esistenza di un livello potenziale di sviluppo, frutto di quei comportamenti messi in atto dal bambino attraverso l’aiuto il suggerimento dell’adulto a cui si contrappone il livello effettivo di sviluppo, riconducibile ai comportamenti autonomi. 2.8. I disturbi della comunicazione I disturbi della comunicazione sono: 1. Disici (impossibilità sia nel percepire che nel produrre linguaggio) 2. psicologici (attenzione e memoria, distorsioni, dissonanze) 3. sociali (dif?icoltà di strutturazione dinamica di comunicazione soprattutto in un gruppo, egocentrismo, rigidità, timidezza) 4. strumentali (uso di alcune tecniche comunicative (codici diversi). Il rapporto comunicativo può essere ostacolato da: distrazione, saturazione (ci sono già troppi stimoli e non se ne possono accogliere altri), mancanza di canali, codici incompatibili. Capitolo 3: Comunicare con gli adolescenti 3.1. Le dinamiche del cambiamento in adolescenza La comunicazione è il fondamento della vita sociale, poiché è la base delle interazioni. Tuttavia esistono degli ostacoli o delle distorsioni che durante l’adolescenza aumentano poiché i ragazzi mettono in discussione i modelli acquisiti e formano la propria identità. A volte capita che l’adolescente ricerchi la propria identità per opposizione e di conseguenza, i rapporti con la famiglia sono con?littuali/il rapporto dei genitori oscilla. Si tratta di una fase molto delicata, poiché la mente dell’adolescente inizia a compiere ragionamenti che si discostano dal dato concreto e reale (pensiero operatorio formale) e sviluppa una nuova capacità di astrazione: è in grado di discutere di tematiche importanti, come il senso della vita. 3.2. Il metodo Gordon Numerosi di studi hanno dimostrato che la creazione di un’atmosfera socio-affettiva e relazionale favorevole è essenziale per un apprendimento signi?icativo. In queste teorie, un contributo fondamentale è stato dato da Thomas Gordon. Egli propone un modello educativo centrato sulla comunicazione e sull’importanza delle relazioni. ER da collocarsi negli anni 60 del ‘900. Egli pone al centro il rapporto educatori-studenti: l’insegnante deve disporre di competenze speci?iche sul piano relazionale per ridurre i problemi e le con?littualità. A differenza dei modelli educativi classici, Gordon sostiene che l’educazione è un processo autogestito e che l’educatore è solo un facilitatore. Il facilitatore è colui che attraverso l’empatia sostiene il processo di sviluppo e deve possedere due competenze fondamentali: 1. l’ascolto attivo: consiste nel mettere in ascolto cuore e mente e pronti ad accogliere 2. il messaggio io: consiste nel comunicare all’altro come ci si sente e in che modo il suo comportamento ci causa un problema, ci fa star male: “ io mi sento” e NON “è colpa tua“. Gordon individua anche 12 barriere alla comunicazione che costituiscono il linguaggio del riDiuto caratterizzato dal non ascolto: 1. Essere imperativi/ordinare sbarra esigere 2. Avvertire o minacciare 3. Fare la predica 4. Dare soluzioni già pronte o consigli non richiesti 5. Cercare di persuadere con argomentazioni logiche 6. Complimentarsi con complimenti non meritati o falsi 7.Giudicare o criticare 8. Umiliare, ridicolizzare, prendere in giro 9. Diagnosticare, analizzare i comportamenti altrui 10. Consolare, minimizzare (fa sentire poco ascoltati) 11. Cambiare argomento o fare sarcasmo (l’adolescente percepisce che i suoi problemi siano sottovalutati) 12. Inquisire o interrogare o mettere in dubbio. Il modello di Gordon ha offerto un contributo importante per la risoluzione costruttiva dei con?litti, anche quelli interculturali o interrazziali. Il modello di risoluzione dei con?litti proposto da Gordon si articola in sei stadi: 1. De?inire il problema 2. Proporre possibili soluzioni 3. Valutare le soluzioni 4. Scegliere le soluzioni 5. formulare un piano d’azione 6. Veri?ica dei risultati. 3.3. Gli adolescenti e le nuove forme di comunicazione Gli adolescenti sono sempre immersi nei social network. La rete può essere de?inita come un vero e proprio luogo. I mass-media hanno un’enorme in?luenza sulle giovani menti alla ricerca di una propria identità. Per alcuni, l’esperienza virtuale cosı ̀ precoce può portare ad una perdita della capacità di riuscire a discriminare la realtà da tutto ciò che accade in rete. Su Internet si ha la sensazione di avere tutto sotto controllo: relazioni, pensieri. Una caratteristica che accomuna tutti i social network e che sono fatti da utenti: viene data voce a tutti, ma non tutti sono messaggi positivi (cyberbullismo, la cui caratteristica principale è l’anonimato del bullo). Un’aperta e paritaria discussioni sui rischi e opportunità dei social porta a responsabilizzare l’adolescente senza innescare atteggiamenti oppositivi. Capitolo 4: La psicologia dello sviluppo e dell’apprendimento 4.1. Il concetto disviluppo Lo sviluppo è il processo evolutivo di un organismo con modi?icazioni di struttura, di funzioni e di organizzazione.questo processo può avvenire per una maturazione intrinseca, in?luenza dell’ambiente e apprendimento. le capacità cognitive e sociali si riferiscono a quelle capacità che consentono a un individuo di far parte della vita sociale.lo sviluppo globale si riferisce invece al miglioramento di tutte le realtà (economiche e socio culturali) di una società. 4.2. Psicologia dell’età evolutiva, psicologia del ciclo della vita e psicologia dell’arco della vita ER necessario fare una distinzione tra questi tipi di psicologia. La psicologia dell’età evolutiva riguarda gli anni dall’infanzia all’adolescenza. In questa fase l’obiettivo è l’obiettivo del percorso di crescita e raggiungimento della maturità, che dovrebbe condurre all’acquisizione delle capacità cognitive sociali, ovvero alle funzioni mentali che consentono di far parte della vita sociale. La psicologia del ciclo della vita, alla quale ha dato un forte impulso Erik Erikson, studia come le persone si adattano alle diverse tappe dell’esistenza. Per Erikson, l’uomo ha come scopo la costruzione del senso d’identità, per cui ogni tappa della vita rappresenta una svolta. Un altro contributo importante è stato dato da Vygotskij, secondo il quale per lo studio dello sviluppo è necessario tenere in considerazione fattori sociali e culturali. Lo sviluppo umano è un processo dinamico ricco di cambiamenti che avvengono in diverse fasi. Sono presenti diverse funzioni psicologiche dello sviluppo: sviluppo ?isico-motorio, sviluppo cognitivo, affettivo-emozionale, sociale e della personalità, morale. Ogni sfera dello sviluppo agisce attivamente nel processo di maturazione, andando a formare l’unità psico?isica dell’individuo. La variabilità interindividuale riguarda il modo in cui ciascun soggetto vive le diverse fasi ed è possibile tra soggetti della stessa età. All’interno dello stesso stadio si può osservare una grande variabilità, sia tra individui, sia nello stesso individuo. La visione ambientalista: Locke sostiene che un bambino è come una tavola rasa, poi viene plasmato dall’esperienza. Il neonato è cosı ̀ privo di strutture ed è in?luenzabile dall’ambiente. La visione ambientalista di Locke nega la presenza di fattori innati. La visione naturalista: si contrappone a quella ambientalista e il maggior teorico è Rousseau. Egli sostiene che le predisposizioni naturali minimizzano gli effetti dell’esperienza. I bambini sono per natura buoni. 4.4. Lo sviluppo dell’identità La costruzione di un’idea del sé è stata indagata da Freud, e tale percezione è strettamente legata allo sviluppo dell’identità sessuale.all’interno dello sviluppo dell’idea di sviluppo di identità ci sono due grandi teorie che si sono occupate di analizzare lo sviluppo dell’identità in particolare hanno legato tale sviluppo alla sessualità: la psicoanalisi e la teoria dello sviluppo psicosociale. 4.5. Sigmund Freud e la psicoanalisi Freud ha scoperto il ruolo dell’inconscio intendendolo come base delle successive relazioni al rapporto madre-bambino. Alla nascita, l’individuo ha due tipi distinti: quelli libidici e quelli aggressivi, che successivamente si evolveranno nell’istinto di morte. Il bambino è narcisista e ottiene la grati?icazione grazie agli istinti vitali: infatti, il bambino mostra affetto la madre poiché lei che se ne occupa. L’istinto libidico tenderà ad investire le zone erogene (Dani: sono le zone in cui si concentra il piacere sessuale). A seconda delle diverse zone interessate, si distinguono cinque stadi psico-sociali. La teoria stadiale de?inisce come si evolve l’energia lipidica. 1. Stadio orale: ?ino a 18 mesi. la zona erogena è la bocca che è il mezzo privilegiato del rapporto con la madre, tramite l’alimentazione. L’aggressività è mostrata attraverso il morso del capezzolo della madre. Questo stadio termina con lo svezzamento. 2. Stadio anale: dai 18 ai 36 mesi. La zona erogena è l’ano con la ritenzione ed espulsione delle feci. Spesso in tale fase i genitori pretendono che i ?igli acquistino al più presto questa capacità. L’energia aggressiva si manifesta nei comportamenti oppositiv. 3. Stadio fallico: dai 36 ai 5 anni. Questa è la fase in cui si scoprono le differenze legate al possesso del pene. Freud colloca il complesso di Edipo in questa fase. Infatti, è qui emergono desideri incestuosi nei confronti del genitore del sesso opposto e rivalità e gelosia verso quello dello stesso sesso. Per il maschio il superamento di questa fase si manifesta nel complesso di castrazione, cioè il timore di essere evirato dal genitore prima odiato e ora elevato modello. Vi è un tabù importante che è quello dell’incesto. Lo stesso processo avviene per le femmine, ma con i ruoli scambiati e in questa fase Freud identi?ica il problema il risolvibile della donna: l’invidia del pene. In questo periodo emergono emerge anche la personalità: Es (parte pulsionale istintiva legata al piacere), Io (svolge una funzione di mediazione) e Super Io (moralità). 4. Stadio di latenza: dai 6 agli 11 anni. ER il periodo in cui l’energia lipidica non viene espressa. 5. Stadio genitale: è l’ultimo stadio e gli istinti sessuali vengono orientati verso un partner. Con la pubertà si risvegliano le cariche libidiche e aggressive. Per Freud ci sono due tipi di processi che regolano le idee: i processi primari che sono liberi dalla logica e quelli secondari che sono razionali e logici. I pensatori creativi si rivolgono ai processi primari. 4.5.1. Gustav Jung e la psicologia analitica Jung ha dato seguito alle teorie di Freud. La sua teoria è chiamata psicologia analitica o psicologia del profondo. Inizialmente era molto vicino a Freud, ma poi si è allontanato. Secondo Jung c’è un inconscio collettivo che si esprime negli archetipi, e un inconscio individuale. La vita è vista come Livello 0 (3-6 anni) Egocentrico Il bambino non sa distinguere atti intenzionali e non. Livello 1 (6-8 anni) Soggettivo Riconosce l’intenzionalità, ma non riesce a metterla in relazione. Livello 2 (9 anni) Autoriflessivo Riflette sul proprio comportamento e riconosce che anche gli altri possono mettersi nei suoi panni. Livello 3 (11 anni) Reciproco È in grado di assumere suona posizione imparziale. Livello 4 (oltre 12 anni) Sociale e convenzionale È in grado di far riferimento alla prospettiva più alta di quella individuale, quella della morale sociale. Comprende che i diversi punti di vista possono essere messi in relazione. un processo, chiamato processo di individuazione, di realizzazione del sé personale. La psiche si compone della parte inconscia e di una parte conscia. La dinamica tra le tre parti di Freud (Es, Io, Super Io) è considerata da Jung come ciò che permette di affrontare un percorso di costruzione della propria personalità (processo chiamato individuazione.) L’archetipo è una sorta di DNA psichico. Gli archetipi che individua Jung sono: 1 Persona: considerata come l’aspetto pubblico che ogni persona mostra di sé, che appare alla società e rispetta le regole, ma che non coincide necessariamente con ciò che realmente si è. 2 Ombra: coincide con gli impulsi istintuali che tende a reprimere una persona. Sono i tratti sgradevoli del carattere. 3 Animus e Anima: sono l’immagine maschile presente nella donna e l’immagine femminile presente nell’uomo. Si manifestano dei sogni, fantasie e nell’innamoramento. 4 Sé: è il punto culminante del percorso di realizzazione della propria personalità, nel quale vi è l’uni?icazione di tutti gli aspetti consci e inconsci del soggetto 4.6. Erik Erikson e lo sviluppo psicosociale (o dell’apprendimento sociale) Erikson è l’unico che si occupa dell’analisi dello sviluppo dalla nascita alla vecchiaia, in 8 stadi. La sua teoria è de?inibile neofreudiana, poiché ha in comune l’esistenza dell’inconscio. Tuttavia, attribuisce una notevole importanza alla dimensione socio-culturale e ridimensiona la componente sessuale. Erikson focalizza il proprio interesse sull’interazione tra individuo e ambiente, tanto che gli stadi possono essere de?initi stadi psico-sociali (quelli di Freud invece sono psicosessuali). Lo scopo è quello di creare la propria identità. Ogni stadio è costruito su coppie antinomiche: una conquista e un fallimento. Tale situazione è de?inita “qualità dell’io”. Questi stadi sono de?initi da crisi psico -sociali. I stadio: fiducia vs sfiducia nascita- primo anno La fiducia nasce da un rapporto affettivo incentrato sulla figura della madre. Tale rapporto non è quantitativo, ma qualitativo. L’obiettivo è creare il sentimento di fiducia che la madre trasmette. La sfiducia impedisce la creazione di un Io solido. II stadio: autonomia vs vergogna/dubbio 1-3 anni È il periodo dell’acquisizione del linguaggio, della capacità di deambulare e di controllare gli sfinteri. In questa fase si può andare incontro ad alcuni rischi, come la paura di non essere compreso nel parlare, di cadere, di essere giudicato. È proprio qui che nascono la vergogna e il dubbio. Il bambino necessita di essere guidato e rassicurato. III stadio: iniziativa vs senso di colpa 4-5 anni Tale periodo è contraddistinto dall’iperattività e da atteggiamenti di sfida. Questo stadio è estremamente importante per lo sviluppo di un ego equilibrato: occorre evitare di far vivere ai bambini l’aggressività come qualcosa di cattivo, poiché il rischio è quello del senso di colpa, della frustrazione e della repressione. IV stadio: industriosità vs senso di inferiorità 6-11 anni Il bambino entra nella società mediante il contesto scolastico. Il concetto di industriosità si riferisce alla possibilità che il bambino ha di ottenere l’approvazione sociale grazie la propria produttività (leggere e scrivere), ma che può anche suscitargli un senso di inadeguatezza e inferiorità. V stadio: identità vs dispersione o confusione di ruoli 12-18 anni Questo è il periodo dell’adolescenza, in cui si ricerca una propria identità e si sviluppa una maturità sessuale attraverso nuove esperienze. In questo periodo c’è un forte bisogno di modelli in cui identificarsi. VI stadio: intimità vs isolamento 19- 25 anni L’individuo tende a conservare se stesso e a stabilizzare il rapporto con gli altri (partner e i colleghi di lavoro). Al contrario, il rischio è quello di isolarsi e chiudersi. VII stadio: generatività vs stagnazione 26- 65 anni Con generativitá non si intende soltanto fare i figli, ma in generale creare qualcosa di utile con il proprio lavoro ed insegnare agli altri la propria esperienza. Il difetto della teoria di Erikson è forse una certa super?icialità nella descrizione di alcuni passaggi (spesso non si comprende bene). Bisogna però dargli merito di aver rivalutato la forte interazione tra sviluppo psichico e ambiente sociale. Molti studi dello sviluppo sono stati condotti attraverso l’analisi del disegno, il quale vuole imitare il reale. Dopo circa 8 mesi che il bambino ha iniziato a scarabocchiare, scopre che c’è una relazione tra i suoi movimenti e i segni gra?ici ottenuti. Allora comincia a cambiare i movimenti e a controllare i gesti. Intorno ai 22 mesi si raggiunge l’intenzionalità nel voler disegnare una determinata forma. A 4 anni si cerca di raf?igurare il mondo esterno, a 5 i disegni iniziano a essere più complessi, a 6 il bambino riesce a uscire dal suo egocentrismo e l’uso del colore diventa sempre più attinente alla realtà. Intorno ai 10 anni, il bambino abbandona il disegno libero e inizia raf?igurare le cose cosı ̀come si vedono, attinenti al reale. Il senso della prospettiva e l’interesse decorativo si sviluppano intorno agli 11-12 anni. 4.6.1. James Marcia Secondo Marcia i periodi di crisi vanno ben oltre il periodo dell’adolescenza e si veri?icano nei diversi ambiti (lavoro, politica, relazioni). 4.6.2. La teoria dei tratti e della personalità di Gordon Allport Il punto di partenza delle teorie di Allport è che le unità minime analizzabili della personalità, cioè i tratti, sono innati. La personalità e l’identità non sono qualcosa di rigido, ma vi è apertura e ?lessibilità: ogni individuo è una combinazione unica di tratti di personalità ed è per questo che è impossibile individuare due personalità identiche. Pur considerandoli innati, i tratti sono il risultato dell’intreccio dinamico tra sistema psico-Disico e rete sociale. Essi cambiano in continuazione, condizionati dall’ambiente e dalle esperienze. La personalità è quindi un’entità dinamica. - I tratti comuni sono quelli che possono essere in comune con altre persone. - I tratti individuali sono quelli speci?ichi che rendono ogni persona originale. Essi si dividono in tre categorie: tratti cardinali (totalizzanti, che in?luenzano la maggior parte delle azioni), tratti centrali (sono gli elementi secondari della personalità) e tratti secondari (atteggiamenti, gusti e preferenze) 4.7. Erich S. Fromm Fromm distingue tra istinti e pulsioni: gli istinti sono bisogni primari legati al mondo animale e creano comportamenti rigidi (bisogni ?isiologici). Le pulsioni sono frutto dell’evoluzione e fanno riferimento alla sfera del desiderio e dei bisogni secondari. Fromm identi?ica 8 bisogni psicologici basilari: relazione, trascendenza, radicamento, identità, orientamento, stimolo, unità, realizzazione. Per Fromm la personalità è l’insieme delle qualità psichiche ereditarie ed acquisite dell’individuo che ne de?iniscono il temperamento e il carattere. Il processo di formazione ha due dimensioni: quella sociale e quella individuale. L’uomo instaura relazioni positive con il mondo attraverso l’assimilazione (intesa come acquisizione dell’ambiente) e la socializzazione (intesa come tensione verso l’altro). La socializzazione può essere turbata da atteggiamenti come il masochismo, il sadismo la distruttività e il sadismo. 4.8. Lo sviluppo del senso morale Una norma morale contiene un valore affettivo-emotivo, ovvero un’indicazione emotiva di colpa se viene trasgredita, o soddisfazione e orgoglio se viene rispettata. In questo senso, la norma è una guida per la condotta. 4.8.1. LE TEORIE COGNITIVE Piaget nei primi scritti si focalizzò sul concetto di bene e di male basandosi sull’osservazione delle regole dei giochi e sulle interviste riguardo il rubare e il mentire. Egli scoprı ̀che anche la moralità può considerarsi un processo evolutivo. Inizialmente, i bambini hanno un forte senso dell’obbedienza e hanno la convinzione che a un’azione errata corrisponda una punizione. Con lo sviluppo e attraverso l’interazione con altri bambini, raggiungono uno stadio autonomo di pensiero morale, interpretano le VIII stadio: Integrità dell’Io vs disperazione Oltre i 65 anni Con integrità dell’Io si intende l’accettazione di tutto ciò che si è fatto. Questo è possibile solo con un Io forte. Chi non ci è riuscito, ricade in una spirale di rimpianto e rimorso e disperazione. Capitolo 5 I principali contributi pedagogici in tema di sviluppo e apprendimento La pedagogia è la scienza che si occupa della formazione dell’uomo e della donna per l’intero corso della vita e nella pluralità dei tempi di vita e di esperienza. La ricerca interdisciplinare nel settore pedagogico è fondamentale per la globalità degli aspetti che caratterizza la ricerca educativa. Per questo la pedagogia si specializza in varie articolazioni a seconda dell’oggetto di indagine. Pedagogia sociale: problemi sociali Pedagogia speciale: soggetti con bisogni educativi speciali, favorendo la loro inclusione scolastica e sociale Pedagogia sperimentale: ricerca scientifica e pedagogia Pedagogia comparativa: l’analisi delle pratiche educative in rapporto ai sistemi educativi e formativi di altre nazioni e culture Pedagogia della comunicazione: studia i fenomeni comunicativi dal punto di vista educativo descrivendone gli effetti sulla persona Pedagogia interculturale o approccio transculturale: scambio interattivo tra individui appartenenti a culture diverse Pedagogia degli adulti: problemi specifici degli adulti come la rieducazione e lifefong learning ( formazione continua) Il problematicismo pedagogico è un modello elaborato da Giovanni Maria Bertin per riflettere sui processi educativi e sintetizzare le esperienze e le teorie che nel corso dei secoli hanno arricchito la scienza pedagogica Sociometria: è una teoria che descrive la struttura informale dei processi socio affettivi e socio cognitivi nei piccoli gruppi Gnoseologia: branca della filosofia che studia la natura della conoscenza Epistemologia: designa quella parte della gnoseologia che studia i fondamenti, la validità, i limiti della conoscenza scientifica Docimologia: è un ramo della pedagogia che studia i sistemi di valutazione delle prove di verifica La pedagogia contemporanea è una scienza autonoma nella quale convive una dimensione teorica/critica e una pratica, ognuna di esse si suddivide poi in varie articolazioni, ma l’oggetto di indagine nella pedagogia è il processo formativo dell’essere umano teso a promuovere una crescita totale dell’individuo e della sua personalità. Esso investe l’intero vissuto del singolo, dal momento che la capacità d’apprendimento gli permette di adattarsi alle varie situazioni e fronteggiare le difficoltà che man mano incontra nel suo cammino. La formazione infatti implica un cambiamento dal punto di vista intellettuale e emotivo connotando le varie fasi della vita per ognuna delle quali deve essere previsto un percorso d’apprendimento specifico. Fondamentale per la formazione dell’individuo sono la dimensione relazionale, etica e sociale, dal momento che l’essere umano si realizza proprio per il suo essere in relazione con gli altri, con i quali collabora e condivide le regole necessarie alla convivenza comune. Nel corso dei secoli sono stati numerosi gli approcci e contributi offerti per lo studio della pedagogia. 5.1 La pedagogia dagli albori al 1600 5.1.1 Agostino (354 dc 430 dc) Uno dei maggiori esponenti della filosofia cristiana Tra i numerosi temi trattati da Agostino vi è quello della conoscenza e della strada da percorrere per raggiungerla. Il tema viene affrontato nel De Magistro, nel quale Agostino analizza la dinamica tra il maestro e il discepolo: il maestro spiega con proprie parole la natura delle cose al discepolo, tuttavia queste parole non sono che un riflesso delle cose, un segno, ma non sono la cosa in sé. Per comprendere le cose è necessario passare dai segni (le parole) ai significati. Nella parte finale, Agostino conclude che la vera comprensione intellettuale non avviene tramite le parole, avviene perché facciamo spazio dentro di noi alla verità. Pertanto, il discepolo deve fare spazio al proprio Maestro interiore (che Agostino identifica con Cristo), il quale tramite l’illuminazione divina permette la comprensione delle cose. Le parole del precettore hanno l’obiettivo di fornire spunti e di scrutare fino a che punto il discepolo è pronto a fare spazio al suo Maestro interiore. In chiave più attuale si potrebbe dire che l’educatore deve favorire l’apprendimento non solo con le parole, ma facendo in modo che il discepolo conosca sul campo e in maniera diretta le cose. Inoltre, deve favorire la ricerca interiore e la crescita intellettuale del discepolo. A quest’ultimo spettano i maggiori sforzi per raggiungere il risultato. 5.1.2 Comenio (1592-1670) Considerato uno dei maggiori pedagogisti dell’età moderna Nella formulazione delle sue teorie risente dell’epoca in cui vive → il ‘600 è il secolo del Metodo il metodo scientifico di Galilei, il metodo matematico di Cartesio ecc. Alla base della concezione pedagogica di Comenio vi è la pansofia, cioè una sintesi unitaria delle diverse forme di sapere, le quali devono necessariamente avere una radice comune. → Dio, creatore dell’universo. L’unitarietà del sapere trova ragion d’essere nel fatto che esiste un unico creatore (Dio) per: • La natura → investigata dalle scienze naturali e sperimentali; • La mente umana e l’intelletto → cui si avvicina la filosofia; • Le Sacre Scritture→ che raccolgono il sapere teologico. In base a questa concezione, l’insegnamento dei saperi e il loro apprendimento sono facilitati, in quanto essi hanno una radice comune che si riflette in un metodo comune di insegnamento. Nell’ideale pansofico trova spazio la Pampaedia, cioè l’idea di un’Educazione Universale, che possa insegnare tutto il sapere a chiunque. → omnia omnibus omnino: si può insegnare tutto (omnia) a tutti (omnibus) in modo completo e interconnesso (omnino). Il metodo d’insegnamento è proposto in una delle sue opere più importanti: Didactica Magna. Comenio parla di un metodo che avvicini all’apprendimento gli studenti, cioè di una didattica che ponga l’alunno come protagonista del proprio sviluppo, calibrata sulle sue reali capacità. Egli giunge a strutturare un sistema scolastico che possa assolvere a tali compiti: ➢Schola materna (fino a 6 anni) → l’attenzione è rivolta ai sensi come modalità di contatto con il mondo circostante e all’intuizione come prima occasione di apprendimento del fanciullo. Una novità fu che questa scuola non deve causare il distacco dalla madre ➢ Schola vernacula (6-12 anni) → si impara la lingua nazionale, l’insegnante cura gli aspetti legati alla memoria e all’immaginazione, l’alunno inizia a maturare livelli di astrazione che lo conducono ad utilizzare i simboli per rappresentare il mondo circostante. ➢ Schola latina (12-18 anni) → permette un accesso al sapere più dettagliato, si studiano le lingue classiche (greco, latino, ebraico), le arti e la fisica (studio della natura), il tutto in una profonda ottica religiosa. ➢Accademia (18-24 anni) → si approfondiscono campi specifici del sapere e nel periodo finale si ha la possibilità di viaggiare per ampliare conoscenze e orizzonti. ➢➢Schola scholarum → formazione successiva all’accademia, destinata alla preparazione dei futuri insegnanti. 5.2 Il modello educativo illuminista Il secolo dell’Illuminismo vede profondi cambiamenti sociali, segnati dalla rivoluzione industriale e dall’ascesa della borghesia, una nuova classe sociale che ha costruito la propria ricchezza con enormi sforzi, ottenendo il potere economico degli stati europei. Questa nuova classe reclama l’uguaglianza di tutti gli individui. L’Illuminismo trova espressione anche sul piano culturale e influenza il modello educativo dell’epoca: l’istruzione deve partire dallo studio della realtà, al fine di descrivere i meccanismi e le leggi che la regolano, e deve essere fornita al maggior numero possibile di persone. A tal proposito, si parla per la prima volta di istruzione universale, che deve essere gratuita e obbligatoria. 5.2.1 John Locke (1632-1704) Secondo Locke, la conoscenza proviene dall’esperienza: inizialmente, la mente umana è come una tabula rasa, che viene progressivamente scritta dalle esperienze. Queste a loro volta producono sensazioni che vengono elaborate in idee semplici. In seguito, l’intelletto associa molte di queste idee per analogia o le separa per differenze, creando idee complesse e più generali. L’ideale pedagogico di Locke è espresso nell’opera Pensieri sull’educazione, una raccolta di pensieri scritti in forma epistolare che contiene una serie di proposte orientate alla formazione della nuova aristocrazia inglese, rappresentata soprattutto dalla borghesia. Per le classi proletarie, Locke propone le Working schools, ossia scuole che abbiano come obiettivo primario quello di prevenire la delinquenza e il vagabondaggio. In queste scuole viene impartito un insegnamento obbligatorio e coatto. Inoltre, gli studenti possono usufruire di vitto e alloggio. Si tratta di scuole che hanno un impianto correttivo e che prevedono l’obbligo di assistere alla funzione religiosa. 5.2.2 Nicolas de Condorcet (1743-1794) Condorcet è stato uno degli autori dell’Encyclopedie degli illuministi della francia del 700. Uomo politico e rivoluzionario si è occupato del problema dell’organizzazione di un sistema d’istruzione che potesse affrontare in modo efficace le problematiche della società moderna. Nel 1792 presentò all’assemblea legislativa francese un Progetto sull’organizzazione generale dell’istruzione, secondo cui l’istruzione deve essere: • Universale e accessibile a tutti (comprese le donne e le classi meno abbienti); • Gratuita (solo in questo modo si può garantire la sua universalità); • Libera → si sottolinea la differenza tra istruzione e educazione. Lo Stato deve garantire un’istruzione oggettiva, che tralasci orientamenti religiosi o morali, che spettano alla sfera delle scelte familiari; • Legata alle reali esigenze della società → occorre istruire le persone per le professioni che sono richieste nella sfera sociale ed economica. Tale sistema di istruzione vuole chiaramente perseguire degli obiettivi di stampo illuminista come eliminare l’emarginazione sociale che spesso sfocia in fenomeni delinquenziali; garantire l’effettiva uguaglianza dei cittadini; garantire la libertà dell’uomo affrancandolo dall’ignoranza →principi presenti nella costituzione italiana, l’illuminismo segna la nascita dello stato moderno Il sistema di istruzione proposto da Condorcet si articola nei seguenti livelli: ➢ Scuola comune suddivisa in: • Scuola primaria → livello minimo, anche meno abbienti, dura due anni → diritti e i doveri dei cittadini. • Scuola secondaria → livello successivo, per chi non deve contribuire al bilancio familiare, dura due anni, → discipline scientifiche e storia. ➢ Istituti → possono essere ricondotti alla nostra istruzione secondaria di secondo grado, nei quali si specializzano le conoscenze, secondo vari indirizzi; ➢ Licei → riconducibili alle nostre attuali università; ➢Società nazionale delle Scienze e delle arti → supervisiona tutti gli altri livelli di istruzione e conduce ricerche nei vari settori della conoscenza. 5.3 La pedagogia nell’età romantica Nel XIX secolo, la pedagogia risente degli influssi del movimento romantico. - educazione alla moralità - Contatto con la natura - Processi interiori 5.3.1 Johann Heinrich Pestalozzi (1746-1827) Pedagogista svizzero, ha ripreso l’idea dello stato naturale di Rousseau e l’ha proiettata in ambito romantico. Le sue opere di maggior rilievo sono: ➢ Leonardo e Gertrude → un romanzo a sfondo pedagogico, nel quale Pestalozzi introduce il suo metodo elementare e il concetto di educazione morale; ➢ Come Gertrude istruisce i suoi figli → una raccolta di lettere in cui perfeziona le sue idee pedagogiche traendo spunto dall’educazione materna; ➢Idee, esperienze e mezzi per promuovere un’educazione conforme alla natura umana → in cui approfondisce i presupposti teorici del metodo da lui elaborato; ➢L’ABC dell’intuizione; Lezione sull’osservazione della relazione tra i numeri; Il libro delle madri → finanziati dal governo svizzero come libri di testo per favorire l’espansione del modello scolastico proposto da Pestalozzi. L’aspetto morale dell’educazione Per Pestalozzi, l’educazione deve risvegliare l’uomo morale e sopire gli istinti egoistici e violenti. L’uomo morale è colui che si lascia guidare dall’amore e dalla fiducia, che riesce ad anteporre il prossimo a sé stesso e che ha una profonda fede religiosa. L’educatore deve porsi come modello per il bambino e prendersene cura con un’arte simile a quella di un giardiniere che promuove la crescita e la fioritura di mille alberi. Per conseguire un’educazione morale è necessario che lo sviluppo umano attraversi tre fasi: 1) Stato di natura → l’uomo segue l’istinto, può lasciar prevalere una ingenua virtù oppure l’egoismo e gli interessi personali; 2) Stato sociale→ l’uomo vive in contatto con gli altri, sebbene non sempre in maniera armoniosa. Conflitto fra oppressori e i più deboli. 3) Stato morale → approdo finale, al quale bisogna tendere. Si realizza se l’educazione riesce a far prevalere la moralità dell’uomo che domina le proprie passioni e accoglie gli altri. Educazione del cuore → è il processo educativo che mira a far convergere in senso positivo e morale le forze che il bambino possiede e a cui corrispondono simbolicamente i 3 organi: • Sentimento → Cuore: rappresenta i sentimenti che accompagnano la vita dell’uomo, in particolare quelli di stampo morale (amore, fede, gratitudine). È proprio questa l’area nella quale l’educazione deve intervenire in maniera prioritaria: in tal modo, anche le altre due forze (la mente e la mano) saranno al servizio della morale. • Pensiero → Testa (mente) → rappresenta la capacità dell’uomo di operare un giudizio razionale, di usare la memoria e l’immaginazione. Ci si riferisce quindi all’area cognitiva che Pestalozzi vuole sviluppare mediante il metodo intuitivo. • Volontà(azione) → Mano → rappresenta la forza che spinge l’uomo alle attività di carattere pratico, professionale, tecnico o artistico. In un linguaggio più moderno, cuore, testa e mano possono essere ricondotti alle tre aree fondamentali dello sviluppo del bambino: area affettiva (cuore), cognitiva (testa), psicomotoria (mano). Il metodo elementare Per Pestalozzi l’educazione deve basarsi su un metodo che favorisca lo sviluppo delle tre forze presenti nell’essere umano → il metodo elementale → la didattica deve essere mirata alla comprensione degli elementi costitutivi del sapere. Tale metodo si basa su 3 principi fondamentali: ➢ Principio di necessità meccanica → l’educazione deve operare in modo da produrre nel discente la moralità e le facoltà intellettuali, senza forzature, in maniera del tutto naturale; ➢Principio di organicità e continuità → il discente deve essere guidato in modo graduale, secondo i tempi che rispettino il suo sviluppo e la sua maturazione; ➢ Principio di vicinanza e lontananza → permette di esplorare la realtà partendo dagli elementi che sono più accessibili al bambino, da esperienze concrete che egli può comprendere, fino a giungere agli aspetti più generali e astratti. Il metodo intuitivo e lo sviluppo cognitivo Per quanto riguarda l’area cognitiva (testa), Pestalozzi elabora il metodo intuitivo: questo metodo parte dall’intuizione fatta dall’esperienza concreta per giungere alla formulazione delle leggi che regolano la natura e il comportamento umano. Tramite osservazioni fatte sul campo, l’intuizione conduce il bambino a individuare 3 concetti fondamentali per ordinare il suo pensiero: • La forma → alla base della geometria e del disegno → permette lo studio delle forme della realtà • Il numero → alla base della matematica → serve a quantificare • Il nome → alla base del linguaggio → serve a identificare gli oggetti con termini precisi ( descrizione qualitativa) 5.3.2 Friedrich Wilhelm August Frobel (1782-1852) Nel 1837, il pedagogista tedesco Frobel fonda un istituto scolastico a Bad Blankenburg, in Germania, destinato ad accogliere tutti i bambini al di sotto dei sei anni appartenenti a classi sociali più svantaggiate: in questa scuola, il pedagogista adotta un metodo improntato su gioco e attività. Nel 1840, conia per questa scuola il termine kindergarten → giardino dei bambini Frobel concentra i propri studi sul periodo dell’infanzia. Nell’opera L’educazione dell’uomo traccia alcune fasi evolutive che caratterizzano il processo di crescita del bambino: • Il lattante → periodo di massima apertura verso il mondo esterno che viene conosciuto mediante i sensi. È una fase nella quale lo sviluppo del corpo assume un aspetto preponderante; • Il fanciullo → periodo incentrato sul linguaggio, che serve per ragionare, organizzare le idee e ordinare il mondo esterno; • Lo scolaro→ periodo dell’adolescenza in cui l’istruzione diventa centrale e il mondo comincia ad essere codificato tramite l’intelletto. Ciascuna fase è connessa a una facoltà dell’essere umano ed è caratterizzata da tre campi esplorativi, sui quali il maestro deve incentrare le attività del bambino: ➢ La religione → cura l’indagine su Dio e gli aspetti morali; ➢ Le scienze → investigano la natura e il mondo fisico circostante; ➢Il linguaggio→ aiuta a comunicare con gli altri e a conoscere l’uomo Ferrante Aporti: la vita che educa Negli stessi anni in cui Frobel organizza i suoi kindergarten in Germania, in Italia don Ferrante Aporti istituisce il primo asilo infantile per bambini poveri sul modello delle Infant’s schools inglesi. Il suo asilo: • È basato sull’idea che la vita educa; • È organizzato secondo regole disciplinari rigorose; • Promuove l’apprendimento attraverso tre momenti: osservazione, intuizione, esperienza; • È finalizzato a un’alfabetizzazione di base, rivolta a bambini poveri che, messi a lavorare in tenera età, non potranno frequentare la scuola elementare; • Si accompagna all’educazione cattolica; • Educa alle prime norme igieniche. 5.3.3 Johann Friedrich Herbart (1776-1841) Il filosofo tedesco Herbart ritiene che la pedagogia sia una scienza autonoma Questo si evince principalmente in due opere: • Pedagogia Generale dedotta dal fine dell’educazione; • Disegno di Lezioni di Pedagogia Herbart parla di pedagogia scientifica, un sistema di concetti sui quali si fonda il modello dell’educazione che trova i suoi fondamenti in: • L’etica → indica il fine stesso della pedagogia, cioè la formazione morale dell’allievo; • La psicologia → deve indicare i mezzi e gli strumenti con i quali ottenere queste finalità. È importante che il discente riconosca i seguenti cinque valori etici: ➢ Libertà interiore → contraddistingue la coerenza tra la volontà dell’individuo e la sua condotta; ➢Perfezione → rappresenta l’equilibrio interiore e il perfetto concepimento dell’individuo; ➢ Benevolenza → rappresenta l’armonia fra la volontà del soggetto e quella degli altri; ➢ Diritto → definisce la concordanza della volontà di molti e diviene un accordo che può prevenire scontri; ➢ Equità → commisura la ricompensa alle azioni svolte. Nell’ambito della psicologia, come altri pedagogisti e filosofi del Romanticismo, Herbart disconosce l’idea dell’innatismo: le idee non sono innate nel soggetto, ma si costruiscono con l’esperienza, tramite le sensazioni. Le tappe educative La moralità dell’uomo è il fine ultimo dell’educazione: Il percorso che educa alla morale è suddiviso in tre tappe: 1) Piano di governo → la moralità dell’allievo deve essere raggiunta con l’intervento di una morale esterna → quella dell’educatore, quindi l’attuazione del governo può avvenire attraverso diverse modalità: • Minaccia→ costrizione a svolgere qualche compito/divieto di fare qualcosa; • Sorveglianza → vigilare continuamente sull’attività svolta dall’allievo con l’eventuale correzione; • Autorità → capacità del maestro di porsi come figura di alto valore morale e spirituale; • Amore → un’unità di intenti che il maestro instaura con l’allievo, in quanto capace di leggerne bisogni e interessi. Minaccia e Sorveglianza limitano l’iniziativa dell’allievo e ne frenano lo sviluppo, Autorità e Amore promuovono in lui la capacità di valutare e di auto-educarsi. 2) Piano di istruzione → il docente deve porre in essere una didattica che stimoli l’interesse dell’allievo, il quale deve maturare le proprie idee e un proprio giudizio morale. 3) Autogoverno → in questa fase si determina la sintesi tra la volontà e il giudizio, elementi caratteristici delle due fasi precedenti. La classificazione degli interessi Per Herbart l’interesse è quella condizione essenziale grazie alla quale avviene l’apprendimento. Distingue due tipi di interessi: conoscitivi e partecipativi. ➢ Gli interessi conoscitivi → conoscenza del mondo e della realtà circostante → sono di carattere oggettivo Si suddividono a loro volta in: • Interesse empirico → deriva dalla sensazione e dalla percezione stimolata in modo diretto dagli oggetti; • Interesse speculativo→ deriva da ragionamenti e riflessioni fatte sugli oggetti; • Interesse estetico → deriva dall’interesse per l’armonia e la bellezza della natura. ➢Gli interessi partecipativi → sviluppo dei rapporti umani e sociali. → sono di carattere soggettivo. Si suddividono a loro volta in: • Interesse simpatetico→ deriva dal provare gli stessi sentimenti degli altri e dal condividerli con loro; • Interesse sociale → deriva dal mostrare attenzione per le virtù sociali (solidarietà e cooperazione); • Interesse religioso → legato alla riflessione sulle finalità dell’uomo e sul divino. L’educazione deve riuscire a stimolare tutti questi interessi nel discente. In questo senso, hanno un ruolo fondamentale le discipline, che Herbart raggruppa in due categorie: ➢Scientifiche (scienze naturali, matematica) → favoriscono in particolar modo gli interessi conoscitivi. ➢ Umanistiche (storia e studio del linguaggio) → favoriscono gli interessi partecipativi. L’insegnamento Secondo Herbart, la programmazione dell’insegnamento si delinea in gradi formali: 1) Il primo grado è la chiarezza → si attua un insegnamento rappresentativo, durante il quale l’insegnante deve descrivere l’oggetto dell’apprendimento, imitando il processo dell’esperienza diretta. Questo approccio favorisce l’intuizione dell’alunno e aiuta il maestro a fissare gli obiettividell’insegnamento. 2) Il secondo grado è l’associazione → l’insegnante stimola l’associazione tra oggetto presentato e quelli che sono già nella mente come rappresentazioni 3) Il terzo grado è la sistemazione → sistemazione delle associazioni appena fatte. È la fase in cui le rappresentazioni raggiungono una massa appercettiva: di esse si inizia ad avere una vera coscienza. L’insegnante deve mirare a consolidare nell’alunno una conoscenza ordinata e sistematica, tramite un insegnamento sintetico. 4) L’ultimo grado è il metodo → fase in cui si applica quanto si è appreso in modo ordinato e chiaro nelle fasi precedenti. 5.5.2 Edouard Claparède (1873-1940) Psicologo e pedagogista svizzero, esponente di spicco del funzionalismo in Europa Elementi centrali del suo pensiero: ➢Il funzionalismo psicologico → l’obiettivo della psicologia deve essere chiedersi quali siano le finalità delle attività mentali; ➢ L’evoluzionismo darwiniano → le funzioni della mente, la curiosità, il bisogno di conoscenza sono le caratteristiche che hanno permesso all’uomo di sopravvivere e di evolversi; ➢Il metodo scientifico→ Claparède si propone di descrivere le pratiche pedagogiche mediante un approccio scientifico, segna una rottura con la pedagogia che faceva uso di intuito, opinioni personali prive di fondamento scientifico. → L’organismo è in equilibrio con l’ambiente circostante, quando l’equilibrio si rompe l’organismo per soddisfare i suoi bisogni adotta alcuni comportamenti → processo evolutivo → quindi un comportamento viene adottato quando vi è uno specifico interesse. L’educazione funzionale In questa opera Claparède studia le tappe evolutive del bambino alla luce del funzionalismo, individuando sei leggi di sviluppo funzionale alla base di una nuova concezione dell’attività educativa: 1) Legge della successione genetica → il bambino attraversa fasi di sviluppo che si succedono in un ordine determinato e che si differenziano da quelle delle altre specie perché sono più lunghe ed articolate. Queste fasi permettono al bambino di diventare uomo, con complesse facoltà intellettive ed emotive. Le tappe dello sviluppo del bambino ricalcano l’evoluzione della specie umana stessa. In base a questa legge, l’educazione deve conformarsi alla fase evolutiva che il bambino sta percorrendo. 2) Legge di esercizio funzionale → ogni funzione si sviluppa se viene esercitata. 3) Legge dell’esercizio genetico → ogni funzione, se viene esercitata e quindi sviluppata, crea le premesse perché si possano manifestare nuove funzioni. 4) Legge dell’adattamento funzionale → un’azione si manifesta quando è finalizzata a soddisfare un bisogno o un interesse. Dal punto di vista educativo, questa legge suggerisce che per generare un apprendimento il bambino deve maturare un interesse. L’educatore deve rispettare gli interessi/bisogni del bambino in ciascuna fase evolutiva, utilizzando specifici metodi di insegnamento. 5) Legge di autonomia funzionale → l’attività mentale del bambino è funzionale ai suoi bisogni e al suo stadio evolutivo. È effettivamente privo di esperienza, tuttavia, è naturalmente predisposto ad accrescerla. In questa legge si ravvisa la rottura di Claparède con l’adultismo (definito teleiomorfismo da Claparède) dei tradizionali metodi istruttivi, che osservano il bambino sotto una prospettiva adulta (giudicato un essere incompleto se paragonato ad un adulto) e propongono un apprendimento forzato (disciplina e autoritarismo). 6) Legge d’individualità → sancisce che ogni individuo differisce dagli altri per caratteristiche fisiche e psichiche e introduce il concetto di educazione personalizzata e individualizzata. Da queste leggi, emerge il profilo della scuola attiva così come viene concepita da Claparède: • Centralità dell’alunno; • Apprendimento basato su bisogno e interessi dell’alunno; • Apprendimento basato sull’esperienza, sull’esplorazione dell’ambiente circostante e sul gioco; • Apprendimento personalizzato. Perché queste premesse possano realizzarsi, il processo educativo deve attraversare le seguenti tappe: 1) È necessario risvegliare l’interesse dell’allievo; 2) Bisogna proporre all’allievo attività che possano soddisfare l’interesse suscitato; 3) Occorre far convergere l’attività dell’allievo verso il fine educativo prefissato dal docente. Nell’opera La scuola su misura, Claparède presenta la sua organizzazione scolastica, fondata sull’idea che la scuola non può attuare le medesime strategie educative per tutti gli alunni e che è possibile garantire un apprendimento individualizzato. Egli individua le seguenti soluzioni: ➢ Classi parallele e omogenee → può essere utile formare un gruppo omogeneo di studenti, che ha la necessità di svolgere attività di recupero ed un secondo gruppo di studenti più dotati che può svolgere attività di approfondimento; ➢ Classi mobili→ non composte sempre dagli stessi alunni. Viste le diverse attitudini di ciascuno, non è detto che gli alunni della stessa età debbano seguire lo stesso programma di una specifica disciplina. Chi ha una particolare attitudine per una disciplina può seguire le lezioni con alunni più grandi e viceversa. ➢ Sezioni parallele → percorsi che danno particolare risalto ad alcune attività o discipline: l’alunno può scegliere in base alle sue attitudini o ai suoi interessi (in un linguaggio moderno: indirizzi di studio). ➢ Sistema delle opzioni → è un ulteriore specializzazione del percorso di studi, che prevede la suddivisione delle ore di studio in una parte obbligatoria per tutti e una parte personalizzabile a propria scelta. 5.5.3 Ovide Decroly (1871-1932) Decroly, pedagogista belga è stato uno dei maggiori fautori della scuola attiva in Europa e si è anche interessato dell’educazione dei bambini diversamente abili. Infatti, nel 1901 fonda una scuola per bambini portatori di handicap; mentre nel 1907 dà vita alla Scuola dell’Ermitage, in cui i bambini normali vengono educati con gli stessi metodi utilizzati per quelli con difficoltà. Nel suo programma pedagogico vuole soddisfare i bisogni dei fanciullo ( funzionalista) suddivisi in: • Esigenze soggettivo-psicologiche → legate alle necessità del fanciullo. Esse sono riconducibili a quattro bisogni fondamentali: nutrirsi, lottare contro le intemperie, difendersi dai pericoli, lavorare e rilassarsi. • Esigenze oggettivo-sociali → legate all’ambiente in cui il fanciullo è immerso. Per ambiente si può intendere sia il sistema di relazioni sociali che il bambino instaura in famiglia o a scuola, sia il vero e proprio ambiente fisico nel quale egli è immerso (la natura). Da ognuno di questi bisogni può nascere un particolare interesse: ad esempio, dal bisogno di nutrirsi nasce l’interesse per il cibo, La didattica va impostata in modo che possa attirare l’attenzione del bambino e motivarlo alla scoperta. Le attività non vengono suddivise in base alle discipline, ma intorno ai centri d’interesse Intorno al centro d’interesse si vanno ad aggregare concetti e idee → questo programma di idee associate permette al fanciullo di apprendere in modo naturale ( non ricordando meccanicamente concetti decontestualizzati) Un altro elemento essenziale nella didattica di Decroly è l’ambiente: il programma educativo deve creare le condizioni di adattamento del fanciullo all’ambiente sociale in cui vive →mira a promuovere lo sviluppo sociale del bambino e presta particolare attenzione alle dinamiche di classe e al rapporto tra docente e alunni. → il contatto con la natura e la vita in campagna sono preferibili per impostare il programma educativo del fanciullo, rispetto ad un ambiente artificiale come quello della città. Fasi dell’insegnamento La didattica intorno al centro di interesse si articola in tre tipi di attività: ➢ Attività di osservazione → acquisiscono esperienze e informazioni in modo personale e diretto. In questa fase, si formulano impressioni, si stimano quantità e grandezze. ➢Attività di associazione → acquisiscono conoscenza in modo indiretto, attraverso richiami con conoscenze pregresse. Si tratta di unafase in cui si possono operare confronti, esprimere giudizi o valutazioni ➢Attività di espressione → i fanciulli esprimono quanto appreso attraverso un disegno, un componimento, una realizzazione pratica. I progressi degli alunni vengono monitorati mediante schede di osservazione a carattere individuale. La funzione di globalizzazione Il centro di interesse ha un carattere globale: gli oggetti e i fenomeni vengono presentati ai fanciulli nella loro complessità e globalità, senza essere artificialmente decomposti mediante processi analitici. Infatti, presentare la conoscenza nelle sue componenti essenziali, che non trovano riscontro nella realtà, disorienta i bambini e li demotiva. Dell’approccio globale possono beneficiare tutte le discipline, tuttavia, Decroly è noto per aver applicato la funzione globalizzatrice alle attività di lettura e scrittura: per facilitare l’insegnamento della lettura, l’insegnante parte da frasi o parole che destano emozione e interesse nel bambino; da queste si passa progressivamente allo studio degli elementi costitutivi delle parole (lettere e sillabe). 5.5.4 Don Bosco (1815-1888) Don Bosco è stato il fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Fu fautore della pedagogia povera, indirizzata ai giovani provenienti da ambienti disagiati. Secondo don Bosco affinché i giovani possano inserirsi nella società è necessario fornirgli: →un’istruzione elementare, →un’educazione morale, →un lavoro, Il principio educativo da lui adottato era il metodo preventivo →l’educazione ha un valore civile è necessario interessarsi della formazione dei giovani in modo da prevenire il disagio morale della società. Tale sistema preventivo si basa su: ragione, religione e amorevolezza. Quest’ultima, in particolar modo è la più importante: gli educatori devono essere amorevoli e comprensivi con i giovani. 5.5.5 Don Milani (1923-1967) Prete, scrittore, docente, educatore cattolico. La sua figura è legata in particolare all’esperienza didattica rivolta ai bambini poveri nella Scuola di Barbiana, in cui avviò il primo tentativo di scuola a tempo pieno, rivolta a coloro che, per mancanza di mezzi, quasi inevitabilmente sarebbero stati destinati a rimanere vittime di una situazione di subordinazione sociale e culturale. La finalità della Scuola di Barbiana era costituire un’istituzione inclusiva facendo in modo che tutti gli alunni (tramite un insegnamento personalizzato) giungessero ad un livello minimo d’istruzione, garantendo l’uguaglianza con la rimozione di quelle differenze che derivano da censo e condizione sociale. Nella sua opera Lettera a una professoressa (1967), i ragazzi della scuola insieme a don Milani, denunciano il sistema scolastico, borghese e classista, che favorisce l’istruzione selettiva delle classi più ricche. Don Milani adottò per primo il motto “I care” (in dichiarata contrapposizione con il “Me ne frego” fascista), che sarà in seguito fatto proprio da numerose organizzazioni religiose e politiche. Don Milani abolì ogni forma di punizione corporale, sostituendole con la perdita della benevolenza o del sorriso del maestro. La sua concezione pedagogica, infatti, è detta del professore-amico, in contrapposizione con il modello prevalente del docente distaccato e autoritario. Ha utilizzato il metodo del mutuo insegnamento (insegnamento reciproco): metodo didattico elaborato nel Medioevo e poi ripreso da alcuni pedagogisti rinascimentali (es. Comenio). L’insegnamento del docente non viene impartito simultaneamente a tutti i discenti, ma solo a quelli più capaci, che a loro volta comunicano agli altri quanto appreso. 5.5.6 Maria Montessori (1870-1952) Montessori è stata la prima donna a svolgere la professione medica in Italia. Il suo lavoro l’ha portata a contatto con i bambini diversamente abili, per i quali ha ideato approcci pedagogici e relative metodologie didattiche che hanno mostrato risultati positivi. In seguito, il suo metodo è stato esteso a tutti i bambini, l’esperienza più importante è quella della Casa dei Bambini, a Roma, oggi le scuole montessoriane sono diffuse in tutto il mondo. L’opera in cui viene presentato il metodo Montessori è Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile: la prima edizione è comparsa nel 1909, è stata seguita da 4 revisioni, l’ultima risale al 1950 e riporta il titolo La scoperta del bambino. Aspetti pedagogici generali Le convinzioni pedagogiche di Montessori affondano le proprie radici: • Nel positivismo → secondo cui occorre utilizzare un approccio scientifico allo studio del bambino; • Nel funzionalismo→ che prevede di assecondare i bisogni del bambino; • Nelle convinzioni pedagogiche di Rousseau e Frobel circa l’atteggiamento che il maestro deve assumere durante lo svolgimento delle attività didattiche. Montessori ha rielaborato queste prospettive nel quadro dell’attivismo pedagogico con aspetti innovativi: ➢ Il bambino deve esprimersi e svilupparsi cognitivamente mediante attività che reputa stimolanti e per le quali avverte interesse o bisogno. È importante accompagnare queste attività con materiali appositamente studiati, in un ambiente che funga da stimolo e risulti accogliente. Il bambino può scegliere in modo autonomo, tra un insieme di attività proposte dal maestro. L’insegnante deve proporre attività che siano in prossimità del livello di abilità del bambino. ➢ Le lezioni devono essere costruite intorno al bambino→puerocentrismo Il discente deve avere un ruolo attivo e svolgere le attività in prima persona, sia singolarmente, sia in collaborazione con gli altri. A tale scopo, le classi non devono necessariamente essere composte da alunni della stessa età, poiché lo scambio di esperienze tra quelli più grandi ed esperti e quelli più piccoli favorisce l’apprendimento di entrambi. ➢Il compito del maestro è quello di osservare e studiare il comportamento dei bambini per definire quali saranno i prossimi traguardi da raggiungere. Il compito della scuola nella società democratica Nell’opera Scuola e società, Dewey delinea le caratteristiche della scuola attiva nella società democratica, partendo dalla sua esperienza nella scuola laboratorio annessa all’università di Chicago. • Il contesto scolastico deve riprodurre quello di una piccola comunità nella quale si sperimentano le dinamiche (semplificate e modellizzate) della vera vita sociale. • Per contribuire alla crescita sociale la scuola deve partire dai bisogni/interessi degli alunni. • Alla base delle attività vi devono essere azioni pratiche che producono esperienza, così si riesce ad attribuire il significato di ciò che si conosce teoricamente. • Mediante il lavoro, la scuola favorisce l’apprendimento di esperienze che abbiano un’effettiva utilità sociale. Permette di trasmettere abilità tecniche, fa meditare sui risvolti storici e geografici di quell’attività, così come sugli aspetti scientifici. L’educazione alla base del sistema democratico Il saggio Democrazia ed educazione è considerato uno dei più significativi di Dewey: la democrazia non è solo una forma di governo, ma un modo di intendere la vita individuale e sociale, la cui caratteristica essenziale consiste nel permettere a ciascun individuo di esprimersi al meglio e di realizzarsi secondo quelle che sono le sue attitudini. Essa è in grado di instaurare un sistema sociale dinamico, dove ognuno può apportare un contributo significativo e d’altra parte il contributo di ciascun individuo è proprio ciò che mantiene in piedi una democrazia. Gli strumenti tipici della democrazia (suffragio universale, autonomia della giustizia) non sono le finalità cui una società deve mirare, ma sono i presupposti per permettere a ciascuno di esprimersi. Uno degli elementi costituivi della società democratica è la comunicazione che consente agli individui di scambiarsi esperienze e moltiplicare le proprie conoscenze: Dewey intravede nella comunicazione una forma di educazione → l’educazione è un pilastro essenziale del sistema democratico Interazione fra educazione e democrazia → la scuola fa da ponte fra famiglia (in cui il bambino svolge le sue prime esperienze) e la società (nella quale l’adulto sperimenterà la vita in tutti i suoi aspetti). Learning by doing Sempre nell’opera Democrazia ed educazione, Dewey usa l’espressione learning by doing: l’apprendimento attraverso il fare aiuta il fanciullo ad organizzare la sua conoscenza e non si può sostituire con lezioni frontali o con l’apprendimento da un testo. I libri, che sono uno strumento utile, devono necessariamente essere affiancati dall’esperienza. In questo modo, l’apprendimento non è più uno strumento per superare un test, ma è un bagaglio utile per la vita reale. Il learning by doing sviluppa anche la creatività e la motivazione. Collegato alla metodologia del learning by doing, c’è il project work: si tratta di un progetto reale realizzato in aula dagli studenti. Esso rappresenta una sperimentazione attiva dei contenuti appresi durante un percorso didattico. Il pensiero riflessivo Ne Il mio credo pedagogico Secondo Dewey, l’uomo elabora la conoscenza mediante una modalità di pensiero chiamato pensiero riflessivo. Le sue principali caratteristiche: • È un flusso controllato di idee, poste in modo logico-consequenziale (ciascuna idea determina la successiva come risultato logico); • Questo flusso di idee mira ad un obiettivo (risoluzione di un problema, verifica di un’ipotesi da un punto di vista sperimentale ecc.); • Il pensiero riflessivo può essere un’idea che trova o meno conferma nel ragionamento o nella verifica sperimentale. L’idea iniziale può anche essere errata, tuttavia l’obiettivo del pensiero riflessivo è quello di verificare l’ipotesi, senza accettarla in modo acritico. Per queste sue caratteristiche, il pensiero riflessivo si distingue da altre forme di pensiero caratteristiche dell’uomo: ➢ Flusso della coscienza → è un fluire incontrollato di idee che non sono correlate tra loro; ➢ immaginazione → flusso di eventi che ha una sua concatenazione logica, ma è frutto della fantasia, cioè non è riscontrabile nella realtà e non ha senso verificarlo direttamente. Inoltre, si tratta di un’attività che non ha un obiettivo cognitivo o una precisa finalità d’indagine. ➢ Credenza (o pregiudizio) → è un’idea che ha una sua coerenza, ma non ci si pone il problema della fondatezza. Questo pensiero viene dato per vero, in quanto lo ritiene tale la maggior parte delle persone. Sebbene non siano utili per l’indagine e la conoscenza, l’immaginazione e il flusso di coscienza hanno una loro finalità: assolvono alla necessità di svago e di diletto degli individui. La credenza, invece, assolve al bisogno di categorizzare e ridurre le esperienze nuove o le cose ignote a schemi mentali già noti. L’indagine e il pensiero riflessivo Nell’opera Logica. Teoria dell’indagine, il pensiero riflessivo viene descritto attraverso le sue fasi: 1) Suggestione → quando siamo di fronte ad un problema da risolvere siamo in dubbio su quale sia l’azione risolutiva, ci troviamo di fronte a più opzioni, ecco queste sono suggestioni 2) Intellettualizzazione → si inquadra il problema nelle sue variabili fondamentali e si inizia a comprendere quali siano le difficoltà che il problema effettivamente presenta. 3) Idea guida o ipotesi → una delle suggestioni iniziali comincia ad essere considerata come eventuale soluzione. 4) Ragionamento → viene elaborata una risoluzione attraverso conoscenze ed esperienze già elaborate in precedenza. 5) Controllo delle ipotesi → si verifica la validità della risoluzione elaborata nella fase precedente mediante un’azione diretta In queste fasi vi è una chiara influenza funzionalistica: si parte da un individuo che è in equilibrio con l’ambiente esterno; tale equilibrio si rompe a causa di un fattore di novità. Ciò crea nell’individuo un dubbio. Il soggetto ha interesse a risolvere il problema e inizia ad indagare per giungere ad una soluzione. Questa, a sua volta, determina una nuova conoscenza e un’evoluzione dell’individuo, ristabilendo il suo stato di equilibrio con l’ambiente esterno. L’esperienza e l’educazione progressiva Il saggio Esperienza ed educazione è una risposta di Dewey alle diverse critiche che vengono rivolte alle scuole nuove e alla centralità dell’esperienza. Nella parte iniziale del saggio, egli individua due tipologie di scuole: ➢Scuole tradizionali → hanno programmi statici e immutabili, lontani dall’esperienza e caratterizzati da un’impostazione teorica e formale, appresa soprattutto dai libri. Si tratta di un approccio standardizzato che spesso può essere distante dalle esigenze di ogni singolo alunno. Vi è una forte autorità del docente e una passività ricettiva del discente; ➢ Scuole nuove (o scuole attive) → applica un’educazione progressiva, cioè che segue lo sviluppo cognitivo di ciascuno studente. Il punto di partenza è l’esperienza, lo studio di una situazione reale. Solo in seguito si giunge ad una formulazione teorica. In queste scuole il discente è attivo e gode di una certa libertà nel suo iter formativo. Secondo Dewey, in una società democratica dove il cambiamento è la regola e dove ciascun individuo ha specifiche caratteristiche, l’approccio delle scuole tradizionali risulta fallimentare. Tuttavia, alcune critiche possono essere rivolte alle scuole nuove, nella misura in cui non propongono esperienze significative. Dewey, infatti, accetta l’assunto secondo il quale non tutte le esperienze sono educative. Il punto cruciale, dunque, non è accumulare esperienze, ma proporne di realmente significative. Le esperienze positive si conformano ai seguenti principi: ➢ Principio di continuità → le esperienze devono essere fatte con continuità. In modo che le esperienze precedenti trovano una giustificazione nell’essere propedeutiche all’esperienza attuale; ➢ Principio di crescita → l’esperienza educativa ha un suo valore se permette di accrescere le abilità e le conoscenze del discente; ➢ Principio di interazione → le esperienze sono frutto di due tipi di fattori: • Fattori esterni (oggettivi) → legati all’ambiente dove avviene l’esperienza (ambiente scolastico, che deve essere controllato daldocente); • Fattori interni (soggettivi) → sono specifici del discente e più difficili da prendere in considerazione da parte del docente. È compito dell’educatore, dunque, progettare esperienze che riprendano i suddetti principi. Questi deve conoscere i propri allievi, in modo da tenere conto dei fattori interni e poi mettere a fuoco i loro bisogni e i loro interessi. Il metodo dei progetti di Kilpatrick Kilpatrick è stato allievo di Dewey e, partendo dall’idea dell’educazione come elemento cruciale per la crescita sociale, prova a tradurre principi mettendo a punto il metodo dei progetti sperimentati nella scuola elementare di Chicago. All’argomento sono dedicate due sue opere: Il metodo dei progetti e Fondamenti del metodo. Al curricolo tradizionale, Kilpatrick sostituisce un percorso fatto di progetti, possono essere di quattro tipi: 1) Di produzione → volti ideare costruire cose; 2) Di consumo →finalizzati ad attuare modalità specifiche di fruizione dell’esperienza; 3) Di problema → orientato cercare la soluzione a un problema che viene presentato; 4) Di addestramento→finalizzato ad acquisire le competenze e le abilità tecniche necessarie per affrontare un problema. Le attività devono avere degli scopi definiti e devono svilupparsi lungo un processo in quattro fasi sequenziali: 1) Ideazione → fase in cui si definisce l’idea del progetto; 2) Pianificazione → fase in cui si identificano i passaggi necessari per la realizzazione del progetto; 3) Esecuzione → fase di realizzazione del progetto; 4) Valutazione → fase in cui si esprime un giudizio sugli altri. In conclusione, nel modello proposto da Kilpatrick, la scuola non è solo attiva (come quella pensata dal suo maestro), ma pragmatica e porta a livelli molto alti di sviluppo il concetto di learning by doing. 5.5.8 Roger Cousinet (1882-1973) Nell’opera Un metodo di lavoro libero per gruppi ̧ Cousinet espone la sua idea di metodo, incentrato sull’autonomia del discente. Per Cousinet, l’insegnamento tradizionale impedisce l’individualizzazione perché propone un approfondimento indifferenziato e allo stesso tempo ostacola la comunicazione e la cooperazione tra gli studenti. Al contrario, egli sostiene che il lavoro scolastico dovrebbe favorire la socializzazione tra gli allievi. Per una didattica efficace, inoltre, è necessario che i gruppi si formino liberamente, secondo le simpatie e le predisposizioni dei fanciulli. Secondo Cousinet, infatti, il gruppo è in grado di gestire anche la conflittualità. L’insegnante non deve presentarsi come onnisciente, ma come adulto ragionevole e responsabile che lavora accanto ai propri allievi sostenendo nelle loro attività. Se non è nello stato di poterla compiere, il fatto di metterla in atto lo porta ad una situazione di disagio. In modo analogo, l’essere pronti a svolgere una certa associazione e non essere messi in condizione di farlo crea parimenti uno stato di disagio. Sebbene ricavate da esperimenti condotti su animali, Thorndike considera tali leggi adatte a descrivere anche il comportamento umano. Nel 1931, pubblica Human Leaning e rivede le sue leggi, in seguito ad altri esperimenti, questa volta compiuti sugli esseri umani. In particolare per quanto riguarda la legge dell’effetto, lo stato finale di soddisfazione influenza l’apprendimento del soggetto molto di più dello stato finale di disagio. Inoltre, egli abbandona la legge dell’esercizio, avendo sperimentato che una mera ripetizione meccanica di un comportamento non necessariamente porta ad un apprendimento. In seguito a tali esperimenti, si rinsalda la convinzione che per l’apprendimento sia necessario un rinforzo positivo, una ricompensa. Dalla dinamica stimolo- risposta, si determina una nuova dinamica stimolo-risposta-rinforzo: dato un determinato stimolo, la risposta che viene attuata (e appresa) è quella che conduce ad una ricompensa. 5.6.4 Burrhus F. Skinner ( 1904-1990) Psicologo statunitense, considerato il maggiore esponente del comportamentismo Nell’opera Il comportamento degli organismi, Skinner delinea due tipi di comportamento: ➢ Comportamento rispondente → È un comportamento indotto da uno stimolo esterno che genera nel soggetto una risposta (comportamento studiato da Pavlov, Watson e Thorndike). è di natura passiva. ➢ Comportamento operante → il soggetto, senza ricevere particolari stimoli dall’esterno, produce un comportamento al fine di ricevere un effetto premiante (rinforzo positivo). Il rinforzo è uno stimolo a posteriori che induce il soggetto ad avere in seguito un comportamento analogo. Si tratta di un comportamento attivo, in quanto il soggetto opera di sua iniziativa sull’ambiente esterno al fine di ricevere un beneficio. → Condizionamento operante: la probabilità che una certa azione venga ripetuta dipende dalle sue conseguenze. Viene paragonato ad una ceramista che modella un pezzo di argilla: tecnica di modellaggio Sia nel bambino che nell’adulto si generano comportamenti operanti, che vengono messi in atto per ricevere un premio (rinforzo positivo): ad esempio un bambino può trovare dilettevole stare in braccio alla mamma; si supponga che, in seguito al pianto del bambino, generato da un qualsiasi motivo, la mamma lo prenda in braccio per calmarlo. Può succedere che il bambino pianga in modo operante (cioè senza particolari stimoli provenienti dall’esterno) per ricevere il rinforzo positivo (per essere preso in braccio). Altri tipi di comportamenti operanti vengono attuati per sottrarsi a situazioni di disagio: ad esempio, se un alunno studioso viene deriso dai compagni meno volenterosi, è probabile che ad un certo punto tenderà ad affievolire il suo comportamento da studioso, per eliminare la situazione di disagio che vive. Il comportamentismo radicale Al comportamentismo di Skinner viene spesso associato l’aggettivo radicale. Il comportamento è un dato oggettivo che può essere studiato scientificamente. Non vi sono fattori dovuti a variabili interne al soggetto: i concetti che spesso vengono attribuiti ai moti interni dell’animo umano possono essere spiegati in termini dicomportamenti e di rinforzi. Il rinforzo Il concetto di rinforzo, ereditato dalla legge dell’effetto di Thorndike, viene studiato in modo approfondito da Skinner, in termini di comportamento operante. Il rinforzo è uno stimolo successivo ad un determinato comportamento che è sempre destinato a favorire la ricompensa (rinforzo) Si può avere un: ➢ Rinforzo positivo → procura una situazione di soddisfazione nel soggetto che la riceve; ➢ Rinforzo negativo → elimina una situazione di disagio nel soggetto che lo riceve. La punizione è ben distinta dal rinforzo. Essa mira a cancellare un comportamento inadatto e sgradevole. ➢ Punizione positiva → procura una situazione di disagio nel soggetto che la riceve (es. la madre che sgrida il bambino che non fa i compiti); ➢ Punizione negativa → allontana il soggetto che la riceve da una situazione gradevole (es. la madre vieta al figlio di uscire il sabato sera). Il rinforzo presenta alcune caratteristiche fondamentali che lo rendono maggiormente efficace nel determinare il comportamento di un soggetto: • Quantità e qualità del rinforzo incidono sull’apprendimento del comportamento; • Ritardo → il rinforzo tardivo viene associato in modo meno naturale al comportamento operante che lo ha determinato, pertanto l’effetto che tale rinforzo ha sull’apprendimento può affievolirsi. Inoltre, il rinforzo può anche suddividersi in: ➢ Rinforzo primario (o incondizionato) → soddisfa un bisogno primario (fame, sete, bisogno di riposoecc) ➢ Rinforzo secondario (o condizionato) → si ha quando, in conseguenza di un dato comportamento, si verifica uno stimolo inizialmente neutro che, abbinato a uno stimolo-rinforzo, finisce con l’acquisire anch’esso valore di rinforzo. Un rinforzo secondario può essere, ad esempio, il denaro. Quest’ultimo viene associato alla possibilità di procurarsi del cibo (rinforzo primario) e diventa anch’esso rinforzo (secondario). I rinforzi secondari possono essere generati da rinforzi primari o da altri rinforzi secondari. Quando una risposta si stabilizza, dopo una fase iniziale di rinforzo, occorre adottare strategie di rinforzo per mantenere vivo il comportamento ottenuto. Skinner propone due schemi di rinforzo che ritiene maggiormente efficaci: • Schema a intervallo fisso → il rinforzo viene fornito al soggetto ad intervalli di tempo regolari e prefissati; • Schema a rapporto fisso → il rinforzo è somministrato al soggetto dopo un numero prefissato di volte in cui attua il comportamento. Questi due schemi di base possono essere combinati tra loro. L’estinzione di un comportamento operante avviene quando, in presenza di quel comportamento, il rinforzo non ha più luogo: in tal caso, si osserva che il soggetto tende progressivamente a non mettere più in atto quel comportamento, in quanto nota l’assenza del rinforzo. In realtà, si tratta di un nuovo tipo di apprendimento e non della cancellazione di un apprendimento precedente: il soggetto impara a collocare quel comportamento non più tra quelli che generano ricompense desiderabili. Il recupero spontaneo, consiste nel riapparire del comportamento nel momento in cui il soggetto assiste alla contemporanea ricomparsa del rinforzo (questo conferma ancora una volta che l’estinzione non è una cancellazione dell’apprendimento). In modo analogo si possono verificare i fenomeni di generalizzazione e discriminazione: alla base del primo vi è il concetto di analogia (gli esseri viventi hanno l’abitudine di creare analogie tra situazioni simili, con l’intento di ordinare e semplificare la realtà); alla base del secondo vi è il concetto di differenza. Il controllo condizionante Nel romanzo Walden due ( che prende spunto dall’opera di Thoreau) , Skinner rappresenta il suo modello utopico di società, con l’intento di testimoniare come l’uomo possa vivere in modo sano quando è immerso nella natura. Il protagonista, il professor Burris si reca in una comunità, i cui membri non sono mai in conflitto tra loro: il controllo e la pace sociale di tale comunità si basano sul sistema educativo che adotta il controllo condizionante. L’istruzione e la lezione frontale sono completamente rimosse; l’unico compito degli insegnanti è mostrare ai bambino come applicare le tecniche di apprendimento (impianto deduttivo della logica, metodo scientifico, analisi statistica), il quale deve essere libero e volontario; sono abolite punizioni e atteggiamenti repressivi. Attraverso questo romanzo, Skinner lancia un monito al sistema educativo reale: occorre rinforzare e favorire comportamenti desiderabili fin dalla tenera età, piuttosto che controllare e reprimere tardivamente i comportamenti disdicevoli, tramite censure e punizioni. L’istruzione programmata e la programmazione lineare I principi pedagogici di Skinner sono illustrati nell’articolo The science of learning and the art of teaching e sono approfonditi nel volume The technology of teaching. Skinner elenca una serie di correttivi che si possono applicare alla scuola: • Rinforzo → sarebbe ottimale adottare rinforzi per incentivare atteggiamenti di motivazione allo studio. • Modalità del rinforzo → esso perde la propria efficacia quando giunge molto tempo dopo il comportamento desiderabile, per cui è importante definire quando l’alunno deve ricevere il rinforzo per le sue azioni: l’ideale sarebbe ricevere un feedback immediato dall’insegnante. • Strutturazione del programma → sarebbe opportuno un programma di insegnamento i cui risultati siano ottenuti progressivamente, in una sequenza stabilita in maniera rigorosa e scientifica. Nasce così l’idea dell’istruzione programmata, che si propone come metodologia alternativa a quella tradizionalmente adoperata nelle scuole. In essa: • Il rinforzo sostituisce la sanzione e la punizione ed è fornito ai soggetti nei tempi giusti e nelle modalità corrette, in modo da creare motivazione e apprendimento; • Il percorso di apprendimento è progressivo • Gli obiettivi intermedi e finali sono misurabili e certificabili; • Il percorso di apprendimento è personalizzato per ogni singolo alunno. Le macchine per insegnare Tuttavia, Skinner si rende conto quanto sia difficile attuare un percorso di istruzione programmata. Ma gli viene in soccorso la moderna tecnologia informatica, così, prende piede l’idea di una macchina per l’insegnamento. Queste apparecchiature possono essere programmate con molteplici obiettivi, modificare il loro comportamento in base alle risposte dello studente (possono cambiare la sequenza di domande in una più semplice se registrano molte risposte errate o passare a sequenze più difficili se le risposte esatte sono prevalenti) e possono fornire un feedback continuo. L’utilizzo delle macchine non sminuisce il lavoro degli insegnanti, i quali possono dedicarsi in modo più efficace alla progettazione di attività didattiche di gruppo, sperimentare nuove metodologie e occuparsi del lato umano, lasciando i compiti ripetitivi e noiosi alle macchine. Questo tipo di apparecchiature ha trovato in seguito la massima realizzazione pratica nei moderni software di Computer Based Training (CBT) e Computer Assisted Instruction (CAI). STRUTTURALISMO: vede la mente come una struttura chimica scomponibile in elementi più semplici FUNZIONALISMO: compara l’attività mentale come un fiume che scorre in piena, quindi non può essere scomposta in elementi più piccoli e studia i processi psichici come strumenti che utilizza l’uomo per adattarsi all’ambiente che lo circonda COMPORTAMENTISMO: Il comportamentismo abbandona tutte le ricerche su ciò che avviene nella mente ( scatola nera che non desta interesse) ma analizza solo i comportamenti che si possono osservare. ( empiricamente visibili, misurabili) In particolare analizza i comportamenti dell’uomo in risposta agli stimoli che gli vengono dall’ambiente 5.7.3 Benjamin S. Bloom (1913-1999) Psicologo statunitense, i suoi studi si incentrano sui processi di apprendimento. Bloom condanna il sistema educativo del tempo, i sistemi di apprendimento e valutazione: la maggior parte degli insegnanti parte dal presupposto che solo un terzo della classe raggiungerà gli obbiettivi formativi prefissati, per Bloom partendo da questo presupposto si otterrà questo risultato. Invece Bloom parte dal presupposto che il sistema di istruzione non deve ambire a selezionare gli studenti più talentuosi, ma sviluppare i talenti della maggioranza degli alunni Per fare ciò bisogna partire dal presupposto che quasi tutti gli studenti sono in grado di raggiungere i propri obbiettivi e imparare qualsiasi cosa. Per ottenere ciò l’insegnante deve essere quella figura che progettualmente - deve mettere gli studenti nelle condizioni di raggiungere i propri obbiettivi, - partendo dai loro bisogni individuali : individualizzazione dell’apprendimento Mastery learning: apprendimento per padronanza, è una strategia di personalizzazione dell’apprendimento in base al livello di partenza di ogni alunno che si pone come obbiettivo far apprendere ogni alunno, e rendere la scuola più produttiva. - La discriminante fondamentale è il tempo: l’attitudine è l’ammontare di tempo richiesto dallo studente per raggiungere la padronanza di un apprendimento. La padronanza può essere raggiunta se si concede allo studente il tempo adeguato alla sua attitudine. L’obbiettivo del mastery learning è ridurre la quantità di tempo richiesto dallo studente più lento per apprendere un argomento - Se un alunno ne ha bisogno gli si devono offrire materiali aggiuntivi per favorire la comprensione: gruppi di studio, tutor, libri di testo aggiuntivi, schede esercitative, materiale audiovisivo… I 3 punti essenziali del mastery learning ➢Le precondizioni Bloom critica il sistema di graduatoria scolastica: uno studente con prestazioni medie in un gruppo con numerosi studenti eccellenti risulterà tra gli ultimi, mentre in un gruppo con prestazioni scarse risulterà tra i migliori. Pertanto il successo o il fallimento dipendono dal confronto con il gruppo di apprendenti, e lo studente apprenderà che la sua posizione nel gruppo è segnale di apprendimento. Questo è errato Per favorire il Mastery Learning è più efficace una procedura di valutazione di carattere non competitivo, basata sul raggiungimento di uno standard assoluto ( che deve essere realistico). In tal modo, l’apprendimento è segnalato dal raggiungimento di quello standard, che tutti gli studenti possono raggiungere. → feedbeck costruttivo ➢ Le procedure operative Il corso di studi deve essere frammentato in unità di apprendimento: lo studente deve apprendere un’unità per volta, poi dopo una valutazione formativa ( in itinere, diversa dalla valutazione sommativa che è finale) si stabilisce se ha raggiunto la giusta padronanza con quella unità, a quel punto si può passare all’unità successiva. Se le unità sono costruite in modo sintetico e le valutazioni frequenti, lo studente ha modo di giudicare se la modalità di studio è produttiva, il docente se la sua azione didattica è efficace, lo studente ha un rinforzo che genera in lui motivazione. L’esito di una valutazione formativa non deve essere una votazione, perchè lo scopo è indicare se è stata raggiunta la padronanza, se ciò non è avvenuto la verifica lo evidenzia e bisogna intraprendere azioni personalizzate. ➢ I risultati • Risultati cognitivi come quelli riferiti da Bloom nell’articolo Learning for Mastery, relativi a una ricerca compiuta su un corso di studi universitario in cui è stata adottata la procedura di Mastery Learning e il 90% degli studenti ha raggiunto la padronanza della disciplina; • Risultati di carattere affettivo nei confronti della disciplina stessa, in quanto la padronanza e il pieno controllo della stessa destano un interesse spontaneo nello studente. il senso di padronanza dei contenuti stimola lo studente ad apprendere ulteriormente. Il Mastery Learning è da inquadrare nel comportamentismo: - le unità riconducono alla pratica comportamentista di scomporre comportamenti e apprendimenti da scomporre e studiare in modo scientifico - Stimolo-risposta-rinforzo trova la sua concretizzazione nella verifica formativa ( verifica, compilazione- motivazione) - La ripetizione dell’unità se non si è ottenuta la padronanza ricorda la dinamica prova-errore Tassonomia degli obbiettivi educativi Bloom è considerato un pioniere della programmazione dell’attività didattica con la sua tassonomia degli obiettivi educativi del 1956 che delinea una classificazione degli obbiettivi formativi Individua 2 aree a cui si aggiunge una terza che tratteranno altri dopo di lui: - Cognitiva: conoscenza e abilità intellettive - Affettiva - (Psicomotoria) Alle due aree si associano obbiettivi che corrispondono ad una sequenza progressiva di sviluppo di competenze sempre più specifiche e complesse DOMINIO COGNITIVO Diviso in 6 obiettivi didattici, dal più semplice al più complesso, ad ognuno dei quali sono associati determinati comportamenti come produrre idee, capacità di giudizio ecc 1) La conoscenza: immagazzinare informazioni e memorizzarle 2) La comprensione: capacità di interpretare i dati per legarli a nuove nozioni 3) Applicazione: capacità di mettere in pratica ciò che si è imparato 4) Analisi: capacità di scomposizione dei problemi negli elementi costitutivi, quindi interpretazione dei singoli elementi nell’obbiettivo di trovare connessione fra i vari elementi 5) Sintesi: capacità di prendere tanti dati e unirli in un unico elemento in modo da produrre nuovi concetti 6) Valutazione: maturare la capacità di esprimere le proprie opinioni e motivare i propri giudizi di valore Le competenze di livello basilare sono dette Lower Order Thinking Skills (LOTS); le competenze più complesse sono dette Higher Order Thinking Skills (HOTS). Il docente deve individuare, nella scala tassonomica di queste competenze, il livello di partenza dell’alunno, prefissando un obiettivo da raggiungere, in termini di competenza più complessa. Di seguito occorre impostare un percorso educativo adeguato. DIMENSIONE AFFETTIVA Riguarda l’entrare in contatto con le proprie emozioni e quelle degli altri, quindi sviluppo delle capacità empatiche durante il percorso di apprendimento 5 livelli che vanno da quello più semplice a quello più complesso 1) Ricezione: lo studente presta attenzione in modo passivo alle interazioni all’interno della classe, usando la memoria deve essere in grado di riconoscere l’aspetto emotivo all’interno di un interazione 2) Risposta: dopo aver riconosciuto l’emozione lo studente deve agire di conseguenza, se il passaggio avverrà correttamente l’apprendimento affettivo sarà di supporto per l’apprendimento stesso 3) Valutazione/valorizzazione: lo studente deve dare un valore specifico ad un fenomeno, che può variare dalla semplice accettazione del fenomeno o ad un impegno molto più forte. Questa valutazione si basa sull’interiorizzazione di determinati valori specifici 4) Organizzazione: presuppone un’interiorizzazione di fatti e valori che devono essere organizzati negli schemi di pensiero dello studente, una volta avvenuta questa organizzazione lo studente sarà in grado di fare una gerarchia dei valori che ha interiorizzato 5) Caratterizzazione del valore: lo studente dopo aver fatto propri questi valori potrà agire di conseguenza, avere un comportamento individuale e coerente. La tassonomia degli obiettivi di Robert Mills Gagné Tra le più note tassonomie degli obiettivi, insieme a quella di Bloom, c’è la classificazione di Robert Mills Gagné, il quale individua otto livelli di apprendimento che poggiano l’uno sull’altro e che quindi rendono possibile per il soggetto acquisire prima unità semplici per poi arrivare all’acquisizione di capacità molto più complesse: 1) Apprendimento dei segnali → un procedimento simile al riflesso condizionato di Pavlov. Si fornisce una risposta ad uno stimolo. 2) Apprendimento stimolo-risposta → a un preciso stimolo deve corrispondere una risposta pertinente. 3) Apprendimento di concatenazioni motorie → si verifica una catena di tipo non verbale di reazioni stimolo-risposta. 4) Apprendimento di associazioni verbali → concatenazione di reazioni stimolo- risposta che coinvolge il canale verbale. 5) Apprendimento di discriminazioni→ si verifica quando si reagisce in forma diversificata a stimoli simili. 6) Apprendimento di concetti → avviene quando si raggruppano in un’unica classe oggetti o fenomeni che hanno caratteristiche comuni. 7) Apprendimento di regole → è strettamente legato all’apprendimento di concetti, poiché presuppone proprio la capacità di effettuare collegamenti tra concetti diversi. 8) Problem solving → avviene quando, per risolvere un problema, si combinano, in base a procedimenti logici, più regole apprese precedentemente. 5.8 Il cognitivismo Sotto il nome del cognitivismo si riconducono movimenti eterogenei, ciò che li accomuna è lo studio della mente e dei suoi processi, in grado di spiegare il funzionamento di attività cognitive superiori ( uso del linguaggio, della memoria, le dinamiche percettive, il ragionamento e il problem solving) 5.8.1 L’apprendimento secondo la psicologia della Gestalt Sensazione e percezione • Sensazione → tutto ciò che viene avvertito dagli organi di senso. Questi sono costituiti da strutture in grado di trasformare gli stimoli provenienti dall’esterno o dall’interno del corpo in impulsi nervosi. Questi ultimi, a loro volta, vengono trasmessi dal sistema nervoso periferico al sistema nervoso centrale. • Percezione → è un processo che permette di elaborare le sensazioni, mediante il quale l’organismo è in grado di muoversi in modo adeguato nell’ambiente circostante. Empirismo e associazionismo ➢ Empirismo → corrente filosofica che nasce in Inghilterra nella metà del 600 e che ha tra i suoi principali esponenti John Locke. Si basa sul concetto fondamentale che la conoscenza avviene tramite l’esperienza. ➢ Associazionismo → ha tra i suoi maggiori esponenti Hermann Ebbinghaus. Per gli associazionisti la conoscenza di un oggetto avviene attraverso l’esperienza, mediante una serie di associazioni di sensazioni che sono convogliate nella rappresentazione mentale dell’oggetto. Ad esempio, nella nostra rappresentazione mentale della “mela” vengono convogliate la sensazione visiva del colore rosso, della forma sferica, la sensazione tattile della buccia liscia, il gusto e l’odore del frutto. La caratteristica essenziale dell’associazionismo è la scomposizione della rappresentazione mentale in elementi essenziali e fondamentali, piuttosto che una visione globale e unitaria della rappresentazione. Il comportamentismo classico ha in sostanza un approccio associazionista, in quanto tende a studiare l’apprendimento tramite comportamenti molecolari, costituiti da semplici associazioni di stimolo e risposta. La Gestalt e la visione globale Il termine Gestalt vuol dire “forma” o “configurazione” e si riferisce ad una corrente psicologica che nasce in Germania all’inizio del XX sec.: la Gestaltpsychologie — Psicologia della forma. Secondo la Gestalt la nostra mente di fronte a stimoli sensoriali li rielabora e gli conferisce una forma (Gestalt) → il focus è la percezione - La Gestalt riprende dall’empirismo l’idea che la conoscenza avvenga tramite l’esperienza, ma ritiene che i fenomeni psichici non vanno studiati come elementi scomposti (strutturalismo) ma in termini di forme, sintesi della realtà. - La Gestalt ritiene che l’apprendimento sia basato su processi cognitivi ( pensiero, comprensione, intuizione), e che sia un fenomeno intuitivo e globale, a differenza del comportamentismo che si basa sul comportamento, e che struttura l’apprendimento come una successione di prove errori. - Il comportamentismo riteneva che tutte le persone si muovono solo se hanno gratificazioni ( rinforzo) la Gestalt propone l’idea dell’attribuzione: ognuno si muove nel sociale seguendo le proprie emozioni, sensazioni, intuizioni, motivazioni, obbiettivi e credente I fondatori e maggiori esponenti della Gestalt sono Koffka, Kohler e Wertheimer. 5.8.3 Jean Piaget (1896-1980) Considerato uno dei maggiori psicopedagogisti del XX sec, punto di vista essenziale per lo studio dello sviluppo del bambino. Collocato nel cognitivismo ma precursore del costruttivismo. La sua teoria sullo sviluppo cognitivo viene delineata nell’opera Lo sviluppo mentale del bambino e in La psicologia del bambino L’epistemologia genetica Il punto di partenza del pensiero di Piaget è il pensiero di Kant riguardo la conoscenza delle cose: noi conosciamo le cose solo attraverso delle categorie, schemi o strutture adoperate dalla nostra mente. Pertanto, la conoscenza del mondo è influenzata dalla struttura stessa della mente. Secondo Piaget, il pensiero opera secondo strutture logiche pre-formate, relativamente fisse e generali. Pur partendo dal concetto di categoria kantiana, Piaget se ne differenzia affermando che questi schemi di funzionamento mentale non sono immutabili, ma evolvono in ciascun soggetto Questi concetti sono alla base dell’epistemologia genetica di Piaget, che studia come si origina la conoscenza e come si evolve attraverso varie tappe. La costruzione della conoscenza Secondo Piaget la conoscenza è una continua interazione tra ambiente e organismo: l’ambiente influenza gli organismi che vivono in esso e l’organismo modifica l’ambiente circostante Quindi il processo che porta il soggetto ad una conoscenza viene detto anche trasformazione da Piaget, Quindi, l’azione è un concetto fondante e può essere di due tipi: • Reale → manipolare un oggetto, il tirarlo a sé, il lanciarlo, il succhiarlo sono azioni reali. Attraverso esse, il bambino agisce sull’ambiente e delinea una propria conoscenza. • Interiorizzata → azione prodotta non dal corpo, ma dalla mente e, di conseguenza, agisce non sugli oggetti, ma sulle loro rappresentazioni. Anche questo tipo di azione si esplica sull’ambiente esterno, producendo, quindi, una conoscenza. Un esempio di azione interiorizzata può essere il catalogare gli oggetti perché aventi una medesima caratteristica. Quindi per Piaget la conoscenza viene costruita dal soggetto: l’apprendimento è un atto creativo perchè la persona che apprende destruttura la materia, l’assimila, la ricostruisce secondo le proprie strutture mentali. Questa teoria apre la strada alle teorie costruttiviste dell’apprendimento, di cui Piaget è precursore. Gli invarianti funzionali Piaget asserisce che esistono degli invarianti funzionali che governano le azioni degli individui e non mutano le loro caratteristiche di funzionamento durante lo sviluppo della persona. ➢ Un primo invariante funzionale è il principio di organizzazione: l’organismo fisico e il pensiero tendono ad evolversi in modo che le loro strutture siano in armonia coerente tra loro; ➢ Un secondo invariante funzionale è il principio di adattamento: di fronte ad un bisogno di natura fisica (es. mangiare o dormire) o intellettiva (es. conoscere) si determina un comportamento che incide sull’ambiente esterno, ma che, allo stesso tempo, è stato determinato dall’ambiente. Questo scambio continuo tra soggetto e ambiente esterno causa una variazione delle strutture del pensiero. Pertanto, se l’organizzazione tende a determinare la creazione delle strutture, l’adattamento comporta una modifica delle strutture stesse. L’adattamento avviene mediante due processi: • Assimilazione → le nuove conoscenze o esperienze vengono assimilate nelle strutture stesse. In pratica, il soggetto incorpora nei suoi schemi mentali preesistenti eventi o oggetti provenienti dall’ambiente esterno; • Accomodamento → le nuove conoscenze non possono essere inquadrate in modo coerente nelle strutture esistenti. Per tale motivo è necessario adeguare le strutture alle nuove esperienze o alle nuove conoscenze. . → Questi due processi sono complementari e implementano la conoscenza: di volta in volta uno dei due tende a prevalere; tuttavia, l’altro non viene mai completamente annullato. L’equilibrio tra i due processi dà luogo all’adattamento, che per Piaget è sinonimo di intelligenza o di comportamento intelligente. Dunque, l’intelligenza costituisce la capacità di adattarsi all’ambiente. Le strutture variabili Le strutture variabili sono tali perchè vengono modificate progressivamente dagli invarianti funzionali Le prime strutture cognitive del neonato sono chiamate schemi d’azione e coinvolgono in prevalenza la sensazione, la percezione e la motricità (es. i primi schemi d’azione sono i riflessi, come quello di suzione o di prensione). Gli schemi d’azione basilari possono combinarsi tra loro in strutture più complesse e successivamente si trasformano in schemi mentali, i quali a loro volta si organizzano in modo sempre più complesso, fino a determinare la nascita di strutture mentali vere e proprie. Lo sviluppo come equilibrio Piaget ha proposto una gerarchia di stadi di sviluppo della vita psichica. → Ciascuno stadio è propedeutico al successivo; → La sequenza degli stadi è fissa: è necessario che ciascuno di essi si verifichi, non può essere scavalcato; → Questa successione di stadi è universale. I quattro stadi dello sviluppo di Piaget sono: • stadio senso-motorio • stadio preoperatorio • stadio delle operazioni concrete • stadio delle operazioni formali LO STADIO SENSO-MOTORIO ( 0-2 anni) Si suddivide in 6 sotto-stadi: 1) Primo sotto-stadio : Copre il primo mese di vita, periodo in cui le strutture cognitive sono semplici schemi che si possono definire riflessi, meccanismi innati che si trasmettono per via genetico-ereditaria. Alcuni esempi sono: • Rooting → il bambino volge il visto nella direzione del dito che si poggia sulla sua guancia; • Suzione → stimolata nel bambino quando un oggetto tocca la parte superiore dell’interno della bocca; • Prensione della mano → porta il bambino a chiudere la mano quando nel palmo gli si poggia un oggetto lungo e affusolato (es. il dito di un adulto); • Riflesso di Moro (chiamato così perché scoperto da Ernst Moro) → mediante il quale il neonato apre le braccia quando viene poggiato repentinamente in posizione supina su di una superficie. Esercitando tali riflessi, i movimenti del neonato diventano sempre più precisi. 2) Secondo sotto-stadio : va da uno a quattro mesi. Il neonato inizia a connettere i riflessi tra loro, effettuando le prime coordinazioni di schemi, chiamate reazioni circolari primarie ( primario indica che l’effetto dello schema ha come protagonista il corpo del neonato) Le prime volte, tali movimenti sono attuati per caso. Di seguito, vengono ripetuti (da cui il termine circolari) per avvertirne nuovamente gli effetti piacevoli o funzionali. Non si tratta più di riflessi innati, ma di una forma di apprendimento. Alcuni esempi sono: • Coordinazione mano-bocca → il portare la mano alla bocca e iniziare a succhiare. Genera godimento • Coordinazione vista-udito → il bambino ode un suono e si volta nella direzione dello stesso. Si tratta di una rudimentale azione di carattere esplorativo. → In questi primi due sotto-stadi, il bambino è caratterizzato ancora da quello che Piaget chiama egocentrismo radicale, cioè non distingue ancora tra sé stesso e l’ambiente circostante. → Dal punto di vista del linguaggio, il bambino effettua principalmente vocalizzi. 3) Terzo sotto-stadio : va dai 4 agli 8 mesi. Si caratterizza per la comparsa delle reazioni circolari secondarie: schemi coordinati che vengono ripetuti per diletto o per affinare le abilità senso motorie. La novità è che questi schemi determinano un effetto sull’ambiente (da qui il termine secondario). Un risultato importante è il coordinamento della vista con la prensione: un oggetto viene visto, afferrato e manipolato (in questo caso l’effetto esercitato sull’ambiente è quello di muovere l’oggetto). 4) Quarto sotto-stadio : va dagli 8 ai 12 mesi. È caratterizzato dal coordinamento delle reazioni circolari secondarie in schemi ancora più complessi → caratterizzati da intenzionalità: le azioni vengono compiute per raggiungere un fine. Per esempio, il bambino vuole attraversare una stanza perché dall’altro lato c’è un giocattolo che ha intenzione di prendere. Il movimento (strisciare, gattonare ecc.) è il mezzo con il quale raggiungere il fine, ossia afferrare il giocattolo. Una delle maggiori conquiste del bambino in questa fase è il concetto di permanenza dell’oggetto. Il bambino conosce l’esistenza degli oggetti anche se sono al di fuori del suo campo visivo. → Dal punto di vista del linguaggio, il bambino inizia a pronunciare sequenze di sillabe (nanana, papapa) 5) Quinto sotto-stadio : va dai 12 ai 18 mesi. È caratterizzato dalle reazioni circolari terziarie: il bambino modifica gradualmente le azioni che ha imparato a svolgere per osservare l’effetto generato dalle modifiche. Lo studio delle proprietà degli oggetti non avviene solo afferrandoli e avvertendo l’effetto che suscitano al tatto, ma anche lasciandoli cadere per sentire il rumore che emettono o osservando le traiettorie di caduta. → In questa fase si sviluppa il linguaggio olofrastico: vengono pronunciate le prime parole che, però, hanno il significato di un’intera frase (pappa→ voglio la pappa). Spesso le parole sono accompagnate da un movimento (si pronuncia mamma e si indica la mamma; si dice ciao e si muove la mano). 6) Sesto sotto-stadio → va dai 18 ai 24 mesi. In questo periodo emerge la funzione simbolica: servendosi di simboli, oggetti, azioni o contesti che al momento non sono percepiti, essa consente di realizzare rappresentazioni mentali di oggetti o azioni. La creazione di tali rappresentazioni ha una serie di implicazioni: ➢Interiorizzazione delle azioni → dopo aver sperimentato esecuzioni reali dell’azione nella realtà, il bambino la esegue mentalmente e si prefigura l’effetto dell’esecuzione reale del’azione. ➢ Rappresentazione mentale degli oggetti → il bambino realizza delle rappresentazioni mentali degli oggetti, immagini simboliche degli oggetti stessi, ricavate dalla continua esperienza avuta con essi in precedenza. Questa capacità porta a compimento il concetto di permanenza dell’oggetto. ➢Sviluppo del linguaggio → è fortemente influenzato dalla funzione simbolica. Se fino ad ora il linguaggio era usati solo per manifestare un bisogno, indicare un oggetto… ora con lo sviluppo dellla rappresentazione mentale di oggetti e azioni il bambino riesce a creare brevi frasi riferite ad azioni passate o fittizie, inoltre si riferisce ad oggetti non presenti di cui ha acquisito immagini mentali. Dunque, il linguaggio viene usato in modo referenziale, ossia per riferirsi a cose non presenti o visibili. La rappresentazione mentale di azioni osservate in passato, permette l’affiorare di due particolari attività: • Ripetizione in differita → di azioni che il bambino ha visto compiere da adulti o altri bambini (es. lamentarsi e fare i capricci); • Gioco di finzione → il bambino canta la ninna nanna a una bambola perché lo ha visto fare ai genitori. La funzione simbolica viene spesso chiamata anche funzione semiotica, poiché delinea in modo evidente la distinzione tra significato e significante: il significante è l’oggetto o il simbolo mediante il quale si vuole rappresentare una cosa o un’azione; queste ultime, invece, costituiscono il significato: • Il linguaggio è costituito da significanti (parole) che hanno dei significati (oggetti o azioni a cui le parole si riferiscono); • Le immagini mentali sono significanti (rappresentazioni) che si riferiscono ad oggetti reali (significati); • La bambola è un significante che rappresenta il bambino vero e proprio (significato). LO STADIO PREPARATORIO ( 2-7 anni) Si divide in due sotto-stadi: 1) Primosotto-stadio : dai 2 ai 4 anni. È la fase preconcettuale del pensiero simbolico, in essa si afferma definitivamente la funzione simbolica che consente un notevole sviluppo del linguaggio. Il bambino compie giochi di finzione sempre più complessi o riproduce azioni che ha visto fare in modo via via più completo. Tuttavia, in questa fase il pensiero del bambino presenta ancora dei preconcetti: ad esempio se vede una limaca la chiama “la lumaca” se ne vede un’altra continua a chiamarla con l’articolo determinativo, perchè nel preconcetto, questa distinzione tra concetto generale ed evento singolare non è ancora ben delineata. 2) Secondo sotto-stadio : va dai 4 ai 7 anni. È la fase del pensiero intuitivo: che si basa sulla percezione dei fatti osservati, il bambino non ha ancora il pensiero logico. Il bambino è in grafo di creare molteplici rappresentazioni e immagini mentali di azioni, tramite queste sviluppa ulteriormente il suo linguaggio, ripete azioni in differita e fa giochi di finzione sempre più raffinati (es. simula l’attività del dottore, quella scolastica..). Tuttavia, queste rappresentazioni mantengono ancora due evidenti limiti: ➢Limite 1 : quando il bambino osserva degli eventi li associa ad azioni che lui stesso ha compiuto ( e di cui conserva la rappresentazione mentale) questo causa al bambino il fenomeno dell’egocentrismo del pensiero. (es. osservando il sole muoversi in cielo, il bambino associa il movimento dell’astro ad uno dei movimenti che egli stesso compie. Dunque, crede che il sole si sforzi quando si muove o che si muova per raggiungere una finalità. Quindi, il bambino attribuisce al sole una natura analoga alla propria). Il pensiero egocentrico dà vita a particolari aspetti che caratterizzano il comportamento del bambino in questo periodo: • Animismo → il bambino attribuisce una vita agli oggetti (es. il sole si stanca quando si muove); • Artificialismo→ tendenza a pensare che gli elementi naturali siano frutto della fabbricazione dell’uomo o siano creati da una realtà divina (es. il sole è stato acceso con un fiammifero); • Finalismo → credenza che qualsiasi oggetto, fenomeno o azione abbia uno scopo preciso (es. la luna esiste per illuminare la notte). Concezione pedagogica e didattica Nella sua teoria dello sviluppo, Piaget parte da azioni concrete e visibili che il bambino svolge e con le quali impara e si esercita; queste azioni vengono poi interiorizzate con rappresentazioni mentali. Dalle azioni interiorizzate nascono le operazioni mentali, che caratterizzano le fasi evolutive successive (operazioni concrete e formali), identificandosi con il pensiero del bambino/adolescente. Pertanto pensare significa agire → il legame tra pensiero (apprendimento) e attività pratica è molto forte. Vi è, quindi, un legame tra Piaget e le scuole nuove (attivismo). Tuttavia, l’approccio suggerito dall’autore è di carattere spiccatamente sperimentale e scientifico. La teoria psicologica da lui elaborata dovrebbe aiutare l’educatore a proporre al bambino attività che siano per lui significative in base allo sviluppo biologico e intellettivo raggiunto. A tal proposito, Piaget sostiene che gli insegnanti dovrebbero avere una formazione adeguata di carattere psicologico per valorizzare le teorie evolutive nella loro pratica pedagogica. Questo darebbe giovamento al sistema evolutivo e di riflesso all’intera società. L’insegnante dovrebbe assumere un atteggiamento da ricercatore. 5.8.4 Lev Semenovic Vygotskij* (1896-1934) Vygotskij è stato uno dei maggiori esponenti della scuola di psicologia sovietica padre della scuola storico- culturale, ha posto il focus della sua attenzione sullo sviluppo cognitivo e del linguaggio del bambino concentrandosi sull’aspetto storico culturale dello sviluppo Psicologia storico-culturale: È fondamentale la storia sociale e culturale dell’umanità perché la storia dell’individuo dipende dal contesto storico e culturale in cui vive → lo sviluppo cognitivo del bambino avviene grazie all’interazione continua con il mondo circostante quindi grazie a tutti i rapporti sociali che il bambino ha → Grazie all’interazione sociale il bambino sviluppa LINGUAGGIO e PENSIERO → Lo sviluppo storico culturale dell’uomo evolve grazie al linguaggio che mette in relazione con gli altri Il linguaggio - è composto da segni e simboli che da un lato ci tramandano la cultura di riferimento, dall’altro sono fondamentali per creare relazioni - influenza lo sviluppo cognitivo, - organizza le forme di pensiero - è una funzione interpersonale fondamentale che mette in relazione con il mondo esterno e consente una regolazione del comportamento - ha una funzione di interiorizzazione delle forme culturali ( quando si ripete, o quando si prega) Lo sviluppo socio-cognitivo Non propone stadi di sviluppo come Piaget, ma suddivide le diverse fasi evolutive in base all’acquisizione del linguaggio 1) Fase dell’intelligenza prelinguistica: è una fase dettata dai riflessi, necessari per manifestare un azione e adattarsi all’ambiente 2) Fase preintellettuale del linguaggio: non si usa pienamente in modo intenzionale il linguaggio, si usano vocalizzi per comunicare i bisogni, le emozioni 3) Fase dell’acquisizione del linguaggio: il linguaggio stimola l’utilizzo del pensiero verbale che diventa comunicazione all’esterno, quindi il linguaggio diventa un modo di comunicare un significato → Attraverso il linguaggio si organizzano tutte le funzioni mentali dello sviluppo, sia psichiche ( es. memoria, logica, metapensiero) che sociali ( interiorizzazione di strumenti simbolici) → Quindi il linguaggio stimola l’interiorizzazione di segni e simboli che si traducono in pensiero con l’avanzare dell’età: linguaggio e pensiero inizialmente sono indipendenti, poi con il tempo si fondono diventano uno la base dell’altra, una volta interiorizzato il linguaggio il bambino inizierà a trasformarlo in pensiero → Fondamentale il ruolo dell’adulto da cui il bambino assimila il linguaggio. L’adulto crea un’impalcatura per il bambino, su cui lui poi metterà tanto di suo, le sue personali caratteristiche ( questa impalcatura verrà denominata da Bruner scaffolding) → Lo sviluppo umano per Vygotskij è quindi un prodotto storico sociale La zona di sviluppo prossimale È la differenza tra ciò che il bambino sa fare da solo ( sviluppo effettivo) e ciò che sa fare insieme ad un adulto ( sviluppo potenziale) L’obbiettivo è fare acquisire competenze al bambino che riesce a mettere in atto da solo: questo grazie alla trasmissione attiva di competenze dall’adulto Quindi per Vygotskij è molto importante che si agisca preventivamente sul bambino, ancor prima che inizi la scuola, in modo che già possa sviluppare determinate caratteristiche Il tutto attraverso il gioco, lo strumento per attivare il bambino, e favorire lo sviluppo potenziale del bambino DIFFERENZE PIAGET E VYGOTSKIJ PIAGET - suddivide lo sviluppo del bambino in stadi sequenziali e considera lo sviluppo sequenziale importante non solo per il pensiero ma anche per il linguaggio - Il bambino sviluppa la capacità rappresentazionale nella prima infanzia, durante lo stadio senso-motorio possiede schemi molto semplici che gli fanno percepire il mondo esterno e gli fanno rispondere in maniera riflessa, dai 18 mesi ai 7 anni si consolidano schemi molto più complessi che sono un’evoluzione degli schemi precedenti e che permetteranno al bambino lo sviluppo di rappresentazioni mentali degli oggetti percepiti e di conseguenza anche lo sviluppo del linguaggio - Inizialmente il linguaggio è egocentrico, dai 7-11 anni il pensiero rimane sempre agganciato alla concretezza ma diventa meno egocentrico e il linguaggio diventa più socializzato, dai 12 anni in poi con lo stato logico astratto anche il pensiero diventerà ipotetico, deduttivo e astratto e il linguaggio più evoluto → IL BAMBINO IMPARA PRIMA A PENSARE (sviluppa il pensiero attraverso gli stadi sequenziali), POI INIZIA A PARLARE VYGOTSKIJ - L’interazione con l’adulto è fondamentale per lo sviluppo delle capacità mentali del bambino, per comprendere lo sviluppo psichico del bambino bisogna analizzare la sua storia sociale - Considera il linguaggio una funzione psichica fondamentale per il bambino che si sviluppa con la relazione sociale con gli altri → funzione inter-psichica - Linguaggio e pensiero sono indipendenti fino ai 2 anni di vita, poi si fondono 2 anni di vita: il bambino capisce che ogni oggetto ha un nome e inizia ad usare le parole come simboli, intorno ai 3 anni di vita il linguaggio interpersonale si divide in due grandi categorie: linguaggio comunicativo ( con gli altri) e linguaggio egocentrico ( con se stessi) questo linguaggio verrà usato dal bambino parlando da solo ad alta voce e avrà una funzione importante perchè aiuta il bambino a guidare il pensiero, affrontare i problemi e pianificare le azioni. A 7-8 anni il linguaggio egocentrico si trasforma e diventa il linguaggio interiore → IL BAMBINO IMPARA PRIMA A PARLARE POI A PENSARE: il bambino impara a parlare, piano piano interiorizza questo linguaggio e poi lo trasformerà in dei veri e propri pensieri - L’interazione fra adulto e bambino da inter-psichica ( da mente a mente ) diventa intrapsichica ( nella stessa mente) - Anche lui divide lo sviluppo cognitivo del bambino attraverso degli stadi → il bambino di Piaget è un bambino che scoprendo il mondo è un po’ uno scienziato che isolato nel suo laboratorio scopre il mondo → Per Vygotskij l’aspetto della socialità è fondamentale → Per Piaget il linguaggio egocentrico è un linguaggio che riflette l’incapacità del bambino di guardare il punto di vista esterno e che poi crescendo il bambino abbandonerà. → Per Vygotskij il linguaggio egocentrico è molto importante perchè aiuterà il bambino a pianificare le azioni e a risolvere i propri problemi e diventa il suo linguaggio interiore → Per Piaget il pensiero si sviluppa indipendentemente dal linguaggio, il linguaggio è conseguenza del pensiero → Per Vygotskij il linguaggio da una spinta forte alla costruzione dei pensieri Metodo educativo: → Per Piaget bisogna seguire le spontanee attitudini del bambini e non imprimere accelerazioni sul loro sviluppo. → Per Vygotskij se l’area di sviluppo potenziale viene stimolata faciliterà l’apprendimento e svilupperà capacità cognitive difficilmente raggiungibili in altri modi 5.8.5 Jerome. S Bruner* (1915-2016) Uno degli iniziatori del cognitivismo statunitense: una corrente psicologica che ha l’obbiettivo di studiare i processi cognitivi mediante i quali ogni individuo cattura informazioni dall’esterno, le fa proprie ma poi è anche in grado di rielaborarle e gestirle. Bruner supera l’attivismo, per Bruner ogni disciplina possiede una struttura fondamentale di linee guida, e una volta fatte proprie dalla mente queste linee guida possono essere strutturate e organizzate. Quindi per Bruner è fondamentale fare apprendere agli alunni le strutture delle discipline, poi ognuno organizzerà cognitivamente queste strutture e avrà la possibilità di sviluppare le conoscenze in maniera autonoma ( strutturalismo pedagogico). Per Bruner partendo da questi presupposti si possono insegnare tutte le discipline a tutti, ogni disciplina dalla scuola dell’infanzia alle superiori, purché la disciplina vanga tradotta secondo le strutture cognitive e il linguaggio che è stato sviluppato dai bambini in base all’età che hanno, e quindi in base alle capacità e allo sviluppo psichico che ha l’alunno a quell’età. Poi man mano che il bambino cresce le discipline verranno riproposte in maniera sempre più strutturata, con un linguaggio sempre più complesso e quindi con un gradiente di difficoltà maggiore: questo modello viene chiamato curriculo a spirale Tutto questo può essere reso possibile soltanto se c’è una figura di insegnante programmatore in grado di strutturare le conoscenze in maniera diversificata stando attento all’età e alle capacità cognitive dell’individuo Quindi sia le discipline scientifiche che umanistiche devono tenere conto del curricolo a spirale, cercando di dare le nozioni di base, non caricando troppo di nozioni l’alunno, ad esempio per quanto riguarda la matematica dare all’alunno le regole di base dando l’opportunità all’alunno di farle proprie e di trovare sempre soluzioni nuove a problemi via via più difficili Bruner si rifà al concetto di Vygotskij di zona di sviluppo potenziale, e utilizza la metafora dello scaffolding, ovvero dell’impalcatura, dicendo che il professore aiuta l’alunno a costruire le basi sulle quali poi lui stesso crescendo metterà tutte le cose che imparerà Per il bambino è fondamentale la figura dell’adulto che lo aiuta nello sviluppo mentale e sociale Approccio funzionalista: il suo focus fondamentale era il funzionamento delle abilità mentali Quindi non si interessa al contenuto ma al processo dello sviluppo, le funzioni del pensiero come si sviluppa la competenza. Le basi della conoscenza sono dettate dall’unione dell’esperienza e l’intelligenza che è intrinseca all’individuo. Critica Piaget per il suo approccio troppo stadiale, non si può pensare che lo sviluppo sia a compartimenti stagni Le basi sociali dello sviluppo mentale Riprende Vygotskij per: - importanza dell’esperienza, i processi mentali hanno un fondamento sociale e culturale - Scaffolding → Il bambino ha bisogno di costruire relazioni sociali perché nella relazione si forma la mente. → alla base dello sviluppo mentale vi è da un lato l’esperienza con il mondo esterno ( la relazione con gli altri) e dall’altro l’intelligenza 2 tipologie di pensiero Bruner individua due stili di pensiero: - Pensiero logico paradigmatico: riguarda l’aspetto logico, la causa-effetto che spinge all’azione, è molto problem-solving - Pensiero narrativo sintagmatico: è legato alla modalità di comunicare un insieme di simboli attraverso la narrazione. La narrazione è uno strumento fondamentale per lo sviluppo del bambino, risponde all’esigenza di dare significato e di comunicare l’insieme dei significati all’esterno, → il pensiero narrativo ha come oggetto la creazione di Sé e i pensieri stessi. La narrazione: La narrazione è uno strumento privilegiato per lo sviluppo del pensiero, il bambino entra in relazione con il mondo attraverso rappresentazioni narrative, fiabe, racconti, e interiorizza i propri pensieri, la cultura della propria società, inoltre attraverso la narrazione: - organizza l’esperienza in oggetti mentali - - Si lega alla realtà psichica e all’interazione con gli individui • Memoria sensoriale visiva→ traccia lasciata da immagini visive; • Memoria sensoriale ecoica → traccia lasciata dai suoni. Studi sulla memoria visiva ed ecoica sono stati compiuti da Sperling e Neisser, negli anni ‘60/70. La memoria a breve termine (o memoria di lavoro) contiene le informazioni per un periodo di tempo molto breve (solitamente il tempo stimato corrisponde a una decina di secondi). Se queste tracce riescono ad essere consolidate mediante strategie comportamentali fluiscono nella memoria a lungo termine, diversamente spariscono. La memoria a lungo termine è un archivio avente capacità quasi illimitata dove sono conservate tutte le esperienze e le conoscenze acquisite nel corso della vita. Essa si divide in memoria esplicita e memoria implicita. La memoria esplicita (o memoria dichiarativa) comprende tutto ciò che può essere descritto consapevolmente dal soggetto ed è suddivisa in: • Memoria episodica → raccoglie gli eventi che l’individuo ha vissuto in prima persona e consente di immagazzinare aspetti specifici, in termini spazio temporali e situazionali; • Memoria semantica → consiste nell’insieme di concetti, conoscenze e nozioni che abbiamo acquisito nl corso della nostra esperienza di vita (memoria del sapere, delle conoscenze enciclopediche e fattuali); • Memoria autobiografica → insieme di ricordi che hanno influenzato la nostra esistenza, visti nella prospettiva del sé nel rapporto con il mondo. La memoria implicita (o procedurale) è quella memoria cui accediamo inconsapevolmente, quando dobbiamo compiere un’azione quotidiana (diventata “di routine”). In questo caso viene coinvolta tutta quella parte di conoscenza implicita definita da Gilbert Ryle “sapere come” (knowing how). Il modello di memoria di lavoro di Baddeley e Hitch La working memory (WM) è una forma di memoria a breve termine che mantiene una quantità limitata di informazione in un tempo limitato. La memoria di lavoro mantiene ed elabora le informazioni durante l’esecuzione di compiti cognitivi; mantiene attiva l’informazione per metterla al servizio degli altri processi cognitivi implicati nello svolgimento di un compito o di un’attività. La memoria prospettica di Meacham e Singer La memoria prospettica fa riferimento alle abilità implicate nel ricordo di intenzioni che devono essere realizzate nel futuro; si intende il ricordarsi di portare a termine quelle intenzioni che, per diverse ragioni, non possono essere realizzate nel momento stesso in cui vengono formulate, ma devono essere rimandate ad un momento successivo. Nel processo prospettico si individuano almeno 5 fasi: 1) formazione dell’intenzione; 2) intervallo di ritenzione; 3) intervallo di prestazione; 4) esecuzione dell’azione intenzionale; 5) valutazione del risultato. Anche lo psicologo statunitense Miller è noto per la sua concettualizzazione della memoria come elaborazione dell’informazione. Questa linea di ricerca lo portò a scrivere l’articolo che lo ha reso più celebre: “Il magico numero sette, più o meno due”. Intesta articolo, Miller evidenziò come il numero di informazioni che la memoria può contenere è solitamente di 7, più o meno 2 (dunque in un range che va da cinque a nove) e che tale numero magico rimane costante nel corso della vita di un individuo. 5.9.2 Le basi neuronali dei processi mnestici Per molti anni gli studiosi interessati alla neuropsicologia hanno condotto studi sui processi di memoria che hanno permesso di individuare le aree e le strutture responsabili dei processi mnestici ed osservare la stretta relazione fra memoria ed emozione. Le strutture maggiormente responsabili nei processi mnestici sono l’ippocampo e l’amigdala, due strutture sottocorticali nel lobo temporale, facenti parti del sistema limbico. • L’ippocampo sembra giocare un ruolo primario nella formazione della memoria a breve termine; • L’amigdala, invece, consente il controllo dell’informazione sensoriale e l’attribuzione di un particolare significato affettivo e/o emotivo a tale informazione. È considerata anche la struttura grazie alla quale è possibile associare uno stimolo ad un premio o ad una punizione. L’ippocampo e l’amigdala sono intercambiabili, ma al mancare di entrambe si realizzano vere e proprie perdite di memoria. 5.10 Approccio e metodo metacognitivo Negli anni ’70 nasce un approccio cognitivista che intende affiancare allo studio dell’attività cognitiva di un bambino anche l’attività metacognitiva → è un’attività di autoriflessione che accompagna quella cognitiva e ha il compito di renderla più consapevole. → L’obiettivo è quello di sviluppare negli alunni abilità di riflessione sulle proprie modalità di apprendimento, mediante l’uso di strategie autovalutative. I principali fautori dell’approccio metacognitivo sono Flavell (che conia il termine metacognizione), Brown e Sternberg. L’attività metacognitiva si può suddividere nelle seguenti fasi: • Comprendere la natura del compito (metacomprensione); • Scegliere la strategia adeguata (metamemoria→ capacità di richiamare dalla memoria le strategie più idonee allo svolgimento del compito); • Gestire e distribuire bene il tempo disponibile; • Prevedere gli esiti (questa previsione incide sulla scelta della strategia da attuare e dei tempi da adottare); • Controllare l’esecuzione (così facendo si riesce a sviluppare una strategia flessibile che può essere variata in caso di necessità); • Valutare il risultato (al fine di attuare possibili miglioramenti nello svolgimento di futuri compiti analoghi). La metacomprensione La metacomprensione è la prima fase dell’attività metacognitiva e consiste nel comprendere la natura del compito da svolgere (il “capire di aver capito”). Markman, nel suo articolo Realizing That You Don’t Understand:A Preliminary Investigation, ha messo in evidenza come bambini in età prescolare o nei primi due anni della scuola primaria siano in grado di comprendere alcuni compiti da svolgere. Tuttavia, per gli stessi compiti, i bambini mostrano scarse abilità sul piano della metacomprensione. Nel suo esperimento, Markman propone ai bambini dalla prima alla terza classe due attività. La prima consiste nello svolgere un gioco, nel quale un mazzo di carte viene diviso tra il maestro e l’alunno: a turno, ognuno di loro deve scoprire una carta. Alla fine del gioco vince chi ha scoperto più carte speciali. La vistosa incongruenza è l’assenza di una definizione di carte speciali. La seconda attività è un trucco di magia, svolto con la tazza, un piatto, una moneta e un foglio di carta. Il piatto viene appoggiato sulla tazza, la moneta viene avvolta nella carta e la carta viene strofinata sul piatto. A questo punto si sente cadere la moneta nella tazza, quindi si mostra al bambino il foglio di carta vuoto e la tazza con la moneta. Al bambino viene mostrato parzialmente il trucco, facendo vedere come in realtà la moneta non sia realmente avvolta nella carta, ma venga nascosta in grembo: in tal modo si spiega perché la moneta non è più racchiusa nella carta. Questa vota, l’incongruenza consiste nel non aver spiegato al bambino come fa la moneta a finire nella tazza. Dopo ciascuna delle due spiegazioni incongruenti, ai bambini viene chiesto espressamente se hanno capito il gioco o il trucco magico. Vengono posti dieci asserti o domande in sequenza che entrano sempre più nel dettaglio (es. i primi asserti/domande sono “ho terminato la mia spiegazione”, “cosa ne pensi?”; il decimo asserto è “Sei sicuro? C’è altro che vuoi sapere?”). Per ciascun bambino si prende nota dell’asserto dopo il quale egli chiede spiegazioni (es. se il bambino chiede spiegazioni alla terza domanda il punteggio sarà 3; se il bambino non chiede spiegazioni fino alla decima domanda compresa, il suo punteggio è 11). Molti bambini di prima e di seconda iniziano il gioco senza chiedere spiegazioni. In pratica, i bambini hanno capito le azioni da svolgere, ma non svolgono alcuna attività metacognitiva. I bambini di terza, invece, chiedono ulteriori spiegazioni prima di iniziare, mostrando un approccio votato alla metacomprensione del compito. La metamemoria Il passaggio successivo alla comprensione (e metacomprensione) del compito è la scelta di una strategia. Supponiamo che un bambino sia posto di fronte ad un compito e che sia a conoscenza della strategia per risolverlo. Tuttavia, egli potrebbe non collegare tale strategia al compito assegnato. In tal caso, il bambino potrebbe affermare di non essere in grado di svolgerlo. In alternativa, potrebbe tralasciare la strategia corretta e sceglierne un’altra non adeguata, che porta ad una soluzione errata. Il filone di studio della metacognizione che ha affrontato maggiormente questo aspetto è quello dello studio della metamemoria. In questi studi si tiene conto del fatto che, nell’attuazione di una strategia, tra le varie altre abilità, occorre fare uso della memoria: cioè occorre richiamare dati che sono stati memorizzati prima del compito oppure che vengono memorizzati durante lo stesso. Flavell individua due componenti principali della metamemoria: • Capacità di discernere tra quei compiti che richiedono l’uso della memoria in modo consapevole e gli altri che non lo richiedono. Questa capacità è presente già nei bambini di tre anni. • Conoscenza dei fattori che facilitano o ostacolano il compito di memorizzazione: es. caratteristiche della persona, del materiale, del compito. Il fattore relativo alle caratteristiche della persona è legato sia a caratteristiche della memoria di lavoro, comuni ad ogni individuo (la memoria di lavoro ha capacità limitata), sia a caratteristiche specifiche di ogni essere umano (c’è chi ricorda meglio immagini o sequenze, chi ricorda meglio i suoni, le parole o i rumori). Questo fattore indica il livello di consapevolezza della capacità della propria memoria e delle proprie attitudini nell’uso della stessa (memoria visiva, uditiva). Tale consapevolezza si esibisce gradualmente nei bambini. Flavell ha condotto un esperimento nel quale chiede a bambini di diversa età quante immagini sono in grado di ricordare in sequenza, secondo una loro valutazione. Successivamente vengono mostrate loro delle immagini in sequenza e viene chiesto di ripetere i nomi degli oggetti che hanno visto nelle immagini. I risultati hanno mostrato che con il crescere dell’età il bambino ricorda sempre più immagini (il numero si stabilizza ad un valore pari a 6 dai 9 anni in poi). Inoltre, con il crescere dell’età il bambino fa una previsione che è sempre più vicina alla sua capacità reale. In pratica, man mano che avanza l’età cresce anche l’uso della metamemoria. Per quanto riguarda il fattore relativo alle caratteristiche del materiale da ricordare e del compito da svolgere, il bambino matura gradualmente (e solo verso i 9 anni è in gradi di realizzare del tutto) la consapevolezza che ci sono cose che è più semplice ricordare (es. parole collegate tra loro) rispetto ad altre (es. parole sconnesse tra loro). L’esecuzione del compito Durante l’esecuzione del compito le principali attività metacognitive sono: • Monitoraggio → chiedersi a che punto si è rispetto alla conclusione del compito. È utile soprattutto per considerare i tempi rimanenti alla conclusione dell’attività (questo sottintende, ovviamente, che prima siano stati stabiliti i tempi e i passaggi del processo stesso); • Controllo → chiedersi perché si è a quel punto del compito e non ad un altro punto precedente o successivo; • Regolazione → modificare i passaggi, in modo che lo sviluppo del compito prenda un percorso diverso in termini di tempo, attività svolte e risorse utilizzate. Ovviamente, le tre fasi si susseguono e possono essere svolte anche nello stadio conclusivo, per stabilire se il tempo totale destinato al compito sia stato rispettato, se il compito sia stato svolto correttamente e se per futuri svolgimenti si prevedono modifiche alla strategia. 5.11 Il costruttivismo Il costruttivismo è considerato il punto di arrivo delle precedenti teorie dell’apprendimento, come il comportamentismo e il cognitivismo. Il costruttivismo sostiene che ci sono molteplici modalità alternative per interpretare la realtà che ci circonda e che sono tutte ugualmente valide. Quindi la realtà non è oggettiva ma si esplica tramite il binomio soggetto-percezione: il soggetto attivamente percepisce e costruisce la propria realtà. L’apprendimento avviene tramite un continuo scambio di informazioni con l’ambiente che permettono all’individuo di ordinare la realtà nella maniera che gli sembra più funzionale. Secondo i teorici del costruttivismo, l’apprendimento avviene mediante il confronto tra le varie mappe cognitive presenti nel gruppo classe, attraverso una ricostruzione delle conoscenze che ognuno possiede. 5.11.1 I costruttivismi Piaget, Vygotskij e Bruner sono considerati i padri e i precursori del costruttivismo, in quanto hanno messo in evidenza l’adattamento dell’individuo all’ambiente come forma di conoscenza. Il concetto costruttivista di accomodamento prevede proprio che un bambino sia in grado di imitare il comportamento altrui per modificare il proprio. Si parla di costruttivismi perchè esistono declinazioni differenti del costruttivismo In particolare Chiari e Nuzzo ritengono che il costruttivismo costituisca un ponte tra le due correnti filosofiche del realismo e del nominalismo: • Realismo → afferma che gli oggetti materiali esistono come realtà esterna a noi e indipendentemente della nostra esperienza; inoltre, si può ambire a conoscere tale realtà, in modo più o meno completo. • Nominalismo → stabilisce che non esiste una realtà esterna e oggettiva, se non quella che nasce dalla nostra esperienza personale. La rappresentazione del mondo non è oggettiva, ma frutto della nostra mente. 5.11.4 Ernst von Glasersfeld (1917-2010) L’approccio del filosofo tedesco è definito costruttivismo radicale. Per elaborare la sua teoria, egli riprende gli studi di Piaget, che aveva descritto l’evoluzione cognitiva attraverso il passaggio a stadi, nei quali il soggetto entra in equilibrio con l’ambiente circostante. Questo equilibrio è caratterizzato da schemi che l’uomo adotta per interagire con l’ambiente e tali schemi sono costruiti mediante processi di assimilazione e accomodamento. Glasersfeld propone una rilettura costruttivista di questi due processi: l’assimilazione è costruttivista nel senso che raccoglie informazioni dall’esterno per poi adattarle all’attuale sistema di comprensione dell’individuo; l’accomodamento: quando l’azione intrapresa non conduce al risultato atteso, le strutture cognitive vengono riadattate. Sulla base di questo, il filosofo elabora la sua teoria che si basa sui seguenti principi: 1. La conoscenza non si riceva passivamente ma viene costruita attivamente dal soggetto cosciente; 2. La funzione della cognizione è di tipo adattivo; 3. L’adattamento è inteso come la tendenza alla praticabilità di un’azione e alla sua adeguatezza al contesto esterno. Il costruttivismo radicale Per il costruttivismo radicale la conoscenza è sempre frutto dell’esperienza personale. Anche le esperienze hanno una loro valenza soggettiva: una stessa esperienza vissuta da due soggetti differenti non porta necessariamente alla stessa metabolizzazione. Neanche il linguaggio fa eccezione, infatti ognuno attribuisce significati diversi alle espressioni e alla parole. Le obiezioni al costruttivismo radicale Il filosofo stesso avanza due obiezioni alla sue teoria e ne elabora le risposte: 1) La prima obiezioni consiste nel ritenere che l’esistenza di una realtà oggettiva e parzialmente conoscibile sia evidenziata dalle costruzioni stabili che ne facciamo. Per rispondere, lo studioso riprende Kelly, il quale aveva affermato che le creature viventi riescono a trovare delle regolarità nelle esperienze, sebbene queste non sono mai uguali tra loro. 2) La seconda obiezione consiste nel ritenere che una posizione come quella del costruttivismo radicale possa condurre alla costruzione di una qualsiasi realtà, divenendo una forma di solipsismo. A queste obiezione il filosofo risponde tramite il concetto di praticabilità: la realtà costruita da un individuo deve avere sempre una certa praticabilità, ossia risultare ancorata alle condizioni fisiche e concettuali che da essa emergono. Nell’ambito di queste condizioni fisiche e concettuali è tuttavia possibile costruire un numero illimitato di alternative. L’educazione costruttivista Il costruttivismo radicale ha delle conseguenze anche sul piano dell’educazione. In primo luogo il filosofo sostiene che sia necessario distinguere tra: - Addestramento: strumento utilitaristico che pone l’attenzione su che cosa è utile saper fare. Si configura come l’acquisizione di abilità. - Apprendimento: strumento epistemologico che mette in rilievo ciò che è importante conoscere. Si riferisce alla costruzione attiva di una rete di concetti validi. I curricoli, per essere efficaci, devono essere in grado di separare i compiti di addestramento da quelli di apprendimento; Un altro punto critico è rappresentato dall’uso della parole, infatti non sempre la conoscenza può essere trasmessa mediante l’uso del linguaggio. Da un punto di vista costruttivista, l’apprendimento è un prodotto dell’auto-regolazione dei concetti da parte dell’apprendente: la conoscenza non è un prodotto passivo, ma si genera quando il discente si trova di fronte ad una perturbazione rispetto a quanto si attenderebbe dalle strutture cognitive di cui dispone. In modo attivo, questa nuova esperienza deve essere assimilata o accomodata alle strutture preesistenti. Nel processo educativo è dunque importante che il discente sia posto di fronte a perturbazioni, che possono derivare anche dal confronto con gli altri. Per tale motivo i gruppi di apprendimento si presentano come degli ottimi strumenti. In merito alla motivazione degli studenti bisogna percorrere due strade: per quanto riguarda gli strumenti di addestramento non è difficile creare delle motivazioni negli alunni, i quali capiscono da soli l’utilità di queste abilità; per quanto riguarda l’apprendimento lo studente deve percepire il vantaggio di padroneggiare modelli concettuali che hanno un vasto ambito di applicazione. 5.11.5 Humberto Maturana (1928-2021) Il biologo cileno Maturana si è occupato dello studio dei sistemi viventi e ha introdotto i concetti di autopoiesi e di multiverso. L’autopoiesi e i sistemi viventi Lo scopo dello studioso era quello di identificare le caratteristiche degli esseri viventi in modo da poterne dare una definizione. Per Maturana la definizione di essere vivente deve partire dal concetto di sistema, intesa come entità costituita da alcune componenti che sono in relazione tra loro e che permettono di vedere tale sistema come un’unità organizzata. Questi sistemi sono raggruppati in classi sulla base di alcuni criteri, come la configurazione spaziale o le interazioni tra le componenti. Sulla base dei suoi studi, il biologo afferma che un sistema vivente per essere tale deve: 1. Partecipare ricorsivamente alla stessa rete di produzione da cui deriva, producendo in tal modo le componenti dalle quali era stato a sua volta generato. 2. Realizzare la rete di produzione come un’unità nello spazio e nell’ambiente in cui si producono i componenti. In altre parole, il sistema produce continuamente se stesso ed è delineato e definibile nello spazio fisico. Un esempio di organizzazione vivente è la cellula. L’organizzazione che caratterizza le componenti di un sistema vivente è anche detta organizzazione autopoietica. La coevoluzione e la conoscenza Per formulare la sua teoria su come un sistema vivente apprende, Maturana parte dalla teoria dell’evoluzione di Darwin, ma proponendone una lettura alternativa. Gli organismi viventi e l’ambiente si adattano continuamente e reciprocamente, si ha cioè non una evoluzione, ma una co-evoluzione, che coinvolge organismi e ambiente, questo concetto è definito accoppiamento strutturale. L’ambiente non funge da strumento selettivo della specie, ma funziona come strumento di attivazione e viceversa. Sono le risposte adattive all’ambiente a condurre ad un processo di apprendimento, dunque la conoscenza umana non è l’unica esistente. Maturana distingue due diversi livelli di apprendimento: - Ontogenetico: si riferisce allo sviluppo di ogni singolo essere vivente, alla sua esperienza personale e alla conoscenza che matura in prima persona. - Filogenetico: si tratta di comportamenti istintivi, caratteristiche tipiche e capacità innate di ogni specie vivente, che sono comuni a tutti gli organismi di una specifica specie. Il multiverso Un concetto fondamentale del costruttivismo di Maturana è quello di Multiverso. Per il biologo, nel momento in cui percepiamo una realtà non siamo in grado di distinguere se essa sia oggettiva oppure si tratti di un’illusione o un errore percettivo. Il momento di discernimento è successivo ed avviene quando interagiamo con gli altri: è in questo istante che definiamo una nostra percezione come illusoria o meno. Tuttavia, nemmeno la conferma sociale di una nostra esperienza giustifica l’esistenza di una realtà oggettiva. Per Maturana gli oggetti e la realtà esistenti dipendono dal singolo osservatore: esistono molteplici realtà definite dalle esperienze di molteplici osservatori, ciascuno dei quali legge la realtà circostante nel modo in cui gli è più utile. Per tale ragione si parla di Multiverso. Quindi non esiste alcuna realtà oggettiva. 5.11.6 Heinz von Foerster (1911-2002) Von Foerster è stato un fisico austriaco e si è occupato di studi sulla cibernetica e sul costruttivismo radicale. A lui si deve una critica alla società attuale e al sistema di istruzione. La costruzione di una realtà Il fisico analizza il problema della definizione di processo cognitivo, affermando che cognizione vuol dire computare una realtà: il termine “computare” si riconduce all’operazione di riflettere, contemplare, osservare; l’articolo indeterminativo “una” è quello che lascia più stupiti nella definizione, perchè ci si aspetterebbe l’articolo determinativo, e sta ad indicare la possibilità di riconoscere e osservare diverse realtà che si distinguono in base all’osservatore. Dagli studi neurofisiologici sappiamo che una sensazione esterna viene elaborata inizialmente su un primo livello neuronale, poi tale elaborazione viene trasmessa a livelli neuronali successivi sempre più complessi, venendo di volta in volta rielaborata. Ciò significa che la cognizione può essere definita come la computazione di computazioni di computazioni... Il processo cognitivo non è la descrizione di una realtà esterna che esiste in modo indipendente dall’osservatore, ma è un ciclo ricorsivo di computazioni che sono opera dell’osservatore. La percezione del futuro Nel saggio Perception of the future and the future of perception del 1971, lo studioso analizza alcune criticità del pensiero moderno, per giungere ad un’analisi del sistema di istruzione. Queste criticità sono: - La conoscenza come processo: nel mondo moderno si tende sempre di più a confondere un processo con un prodotto, un bene. Ad esempio “informazione” e “conoscenza” sono sempre più definiti come beni, quando in realtà si tratta di processi: l’informazione è il processo mediante il quale la conoscenza viene acquisita; la conoscenza è il processo che integra le esperienze passate e presenti con l’obiettivo di formulare nuove attività. Sempre più spesso scuole e università vengono presentate come depositarie di sapere, come se questo fosse un bene. I libri, le lezioni, i filmati non rappresentano la conoscenza, ma solo il mezzo attraverso cui mettere in atto il processo conoscitivo. - L’uso del linguaggio: il linguaggio ha progressivamente smesso di essere il mezzo per esprimere percezioni ed esperienze, diventando il mezzo con il quale acquisire strutture e idee confezionate dagli altri. - Il travisamento del metodo scientifico:alla base dell’insegnamento si colloca un’applicazione errata del metodo scientifico, cioè l’asserto per cui le regole osservate in passato devono essere applicate in futuro. Tale norma preclude qualsiasi forma di evoluzione individuale e sociale. La banalizzazione dell’istruzione Tutto quello che è stato appena descritto ha condotto alla banalizzazione del processo di insegnamento- apprendimento. Lo studioso si è soffermato sulle usuali pratiche di insegnamento, attingendo ai suoi studi di cibernetica e ai concetti di macchina banale e macchina non banale. La macchina è un’entità astratta che è in grado di svolgere alcune funzioni; essa riceve un input e produce un output. La macchina banale è caratterizzata da una relazione uno-a-uno tra input e output. Ad ogni determinato stimolo corrisponde sempre la stessa risposta. In questo senso la macchina è un sistema prevedibile. La macchina non banale è caratterizzata da una relazione diversa tra input e output. Per lo stesso stimolo A, tale macchina potrebbe non rispondere sempre B, ma la risposta che essa fornisce è frutto delle risposte precedenti. Si tratta quindi di sistemi non prevedibili. L’uomo costruisce sempre macchine banali, in quanto devono garantire sempre lo stesso comportamento, ma la natura è caratterizzata da comportamenti non banali. Il processo di banalizzazione può essere molto nocivo, soprattutto se applicato all’uomo, come nel caso del processo di istruzione: esso accoglie in ingresso dei bambini non banali, imprevedibili, ed il suo obiettivo è quello di banalizzare gli studenti, indicendoli a fornire risposte attese e prevedibili alle domande. Domande legittime e illegittime Il moderno sistema di istruzione si basa su quelle che vengono definiti domande illegittime, ossia domande che non hanno ragione di essere poste in quanto se ne conosce già la risposta e dunque non aggiungono nulla al sapere dell’umanità. Il focus dovrebbe dunque essere spostato sulla domande legittime, quelle di cui non si conosce ancora la risposta.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved