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La letteratura e l'arte nel Cinquecento italiano - Prof. Guarna, Appunti di Letteratura Italiana

La produzione letteraria e artistica nel cinquecento italiano, con particolare riferimento alla città di venezia e alla figura di aldo manuzio. Vengono analizzati i cambiamenti nella lingua e nella cultura, la diffusione del volgare e la nascita di nuovi modelli editorali. Vengono inoltre esaminate le opere di raffaello e le proteste dei stampatori e librai contro l'avvicinamento al testo sacro senza mediazioni.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 28/05/2024

annastudiadai
annastudiadai 🇮🇹

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Scarica La letteratura e l'arte nel Cinquecento italiano - Prof. Guarna e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Riassunto manuale il rinascimento Il Cinquecento inizia con degli eventi memorabili e negativi universalmente riconosciuti: il 1492 della morte di Lorenzo il Magnifico e il 1494 della discesa in Italia dei Francesi, atto che inaugura una lunga stagione di Guerre in Italia. In quegli stessi anni Tuttavia E in quelli subito successivi di inizio 500 si registravano anche segnali di natura opposta. nel Giugno 1491 Angelo Poliziano, figura cruciale del circolo Laurenziano, visitava la biblioteca di Bernardo Bembo a Venezia, e insieme al giovane Pietro Bembo collazionava un antichissimo codice di Terenzio. sempre nella Venezia di Bembo maturava l'attività di Aldo Manuzio, il grande umanista e editore che negli anni di passaggio tra i due secoli apriva alla letteratura in volgare e inaugurava un nuovo modello editoriale, applicando il piccolo formato in Ottavo, il carattere corsivo e una stampa del solo testo, senza commenti, a Orazio e Virgilio, Ma poi anche ai classici della letteratura trecentesca come Petrarca e Dante. a curare quelle due edizioni era lo stesso Bembo. La condizione di crisi in politica evidente in quel magmatico inseguirsi di alleanze di equilibri precari, venne affrontata da un avanguardia di intellettuali, della vecchia e della nuova generazione, attraverso la proposta di un'eccellenza letteraria fondata sui classici e sugli studi umanistici.  Mentre a Firenze si svolgeva l'esperienza della Repubblica, guidata da Soderini, con Machiavelli come segretario della Seconda Cancelleria, fu però a Roma che si raccolsero gli elementi costitutivi per il nuovo classicismo, il nome di una centralità politica, ideale e di mecenatismo che sarebbe rimasta stabile per larga parte del Cinquecento. già la Roma di Giulio II, il papa condottiero dalla tempra terribile, registrò nel giro di pochi anni la scoperta del Laocoonte 1506, subito collocato nel cortile del Belvedere in Vaticano come simbolo di una perfezione classica a cui tendere. fu Però sotto Leone X, ovvero Giovanni De Medici, figlio del magnifico, che la corte pontificia divenne il bacino d'accoglienza della nuova letteratura: Papa Medici chiamò intorno a sé Bembo e Sadoleto e poi ancora Raffaello e Castiglione. negli stessi anni in cui Bembo portava avanti la sua riflessione sulla lingua, Raffaello procedeva alla descrizione della pittura di Roma antica che solo la morte improvvisa ad aprile 1520 avrebbe lasciato interrotta. Questa Roma, culla di una versione Aurea del classicismo rinascimentale, sarebbe stata Il bersaglio delle 95 tesi di Lutero. Intorno, le corti di Mantova e Ferrara, la stessa Firenze tornata dopo il 1512 sotto il controllo mediceo, e in forme minori Milano e Napoli, esercitarono secondo linee e interessi specifici la stessa pratica di mecenatismo, promuovendo La nascita dei capolavori del primo Cinquecento.  La morte di Leone X, nel 1521, segnò una cesura su due fronti: in primo luogo gli successe un papa olandese, Adriano VI, figura molto austera; In secondo luogo si dissolse il reticolato di contatti e scambi che Papa Leone X aveva intrattenuto sia con Bembo che con Castiglione. il primo si ritirò in Veneto, il secondo tornò prima a Mantova, poi passò per Madrid come Nunzio apostolico presso Carlo V. Il nuovo papà, avviato nel novembre 1523, non mantenne le promesse e le aspettative suscitate all'inizio, Anche a causa del declino assai rapido delle condizioni italiane: nel 1527 Infatti le truppe dei lanzichenecchi mettevano a sacco la città di Roma rivelando la precarietà e la debolezza politica. un'intera schiera di letterati venne in parte spazzata via e in parte segnata per sempre dal trauma del Sacco, un trauma soprattutto culturale più volte meditato nelle scritture di quegli anni, che sancì Tra l'altro la fine della carriera politica di Francesco Guicciardini. altro avvenimento importante, poche settimane prima di quel colpo alla centralità italiana, era morto a Firenze Machiavelli. l'Italia si raccolse intorno al nuovo dominatore Carlo V che nel 1525 con la battaglia di Pavia aveva trionfato. la sua incoronazione fu celebrata da Clemente VII e segnò il passaggio d'addio dell'età di Carlo Quinto. 2. forme e prassi letterarie nel primo 500  All'altezza di inizio Cinquecento due erano le questioni cardine. la prima era il dibattito sull'immigrazione, sul ruolo, sul peso, sui limiti di un ritorno ai classici e a quali classici; la seconda era la riflessione sul volgare. nello studio di Cicerone e Petrarca, ma anche di Ovidio e Lucano, si mirava ad una negoziazione attiva con la tradizione, mirando a un rilancio nella contemporaneità, alla composizione di un nuovo canone di classici moderni. Un'altra ripresa che ebbe luogo fu quella delle commedie recuperate dall'antichità. i testi erano giocati nella riscrittura dei classici, soprattutto di Plauto e Terenzio, e Messi in scena nelle corti con diretto coinvolgimento degli autori. esempio è quello dell'Ariosto che organizzò a Ferrara la recita di Cassaria, alla quale seguirono varie repliche. la Calandria del Bibbiena viene recitata per la prima volta a Urbino Nel febbraio 1513. queste commedie stanno a paragone con i classici. Si ha una forte tensione a trapiantare in lingua moderna le forme della tradizione classica, in un tentativo di accostamento destinato a lasciare radici.  L'equilibrio e le proporzioni ancora raffrontabili degli esercizi in latino e in volgare del primo quarto di secolo Videro procedere in parallelo le prove di una cultura raffinata e nutrita dalla latinità, e la sperimentazione meno sorvegliata ma montante di una letteratura volgare, disposta a correggersi e a limarsi sul piano linguistico. la svolta cadde all'inizio degli anni trenta Quando fu pubblicato il libro del cortegiano, le rime di Bembo e la terza e ultima edizione dell'Orlando Furioso. le opere di Castiglione e Ariosto, di Bembo e Machiavelli avrebbero orientato i decenni successivi incarnando quei nuovi classici inseguiti fin dall'inizio del secolo.  3. letteratura, politica, storiografia: modelli Ad accumulare i testi che vennero pubblicati in questi anni è in primo luogo il rapporto con la crisi, con i segnali negativi che si svolgevano tra l'Italia di Giulio II e il Sacco di Roma. la lacerazione inferta nella storia italiana dalla discesa di Carlo VIII è presente in modo nitido in tutti i capolavori maggiori di quegli anni, che a quella ferita risposero con opere fondative, Mirate per forza di scrittura alla definizione di nuovi modelli. Il libro del cortegiano ad esempio è espressione di un mondo al tramonto: la prima parte si basa sulle regole che convengono nella pratica della Corte, l'ultimo libro sul rapporto con il principe e sulla teoria d'amore affidata alla voce del bimbo personaggio. al cospetto di una corte sontuosa, quella del palazzo di Urbino, si svolgevano i dialoghi per definire la perfezione della vita di corte. A questa Opera accosta il trattatello del Effettivamente promulgati da Roma nel corso del secolo furono tre: quello del 1559, quello del 1564 e infine quello del 1596, pubblicato sotto Clemente VIII. l'applicazione di questi indici andò incontro a eccezioni e deroghe, anche per contrasti interni alle stesse gerarchie ecclesiastiche. pur con queste oscillazioni, la definizione di una zona di letteratura proibita, sia per i testi già stampa che per quelli bisognosi di approvazione prima di passare in tipografia, incise sulla cultura del secondo Cinquecento, andando a costruire un confine spesso avvertito come incombente e condizionante ancor più che reale. il primo passaggio a pochi anni di distanza dall'istituzione dell'Inquisizione nel 1542, fu rappresentato dalla pubblicazione a Venezia nel 1549 di un indice dei libri proibiti: alla stesura collaborarono non soltanto autorità interne ma anche il Nunzio Pontificio, in quel momento Monsignor Giovanni Della Casa. la partecipazione del poeta più importante tra Bembo e Tasso, di un letterato raffinato e colto, non impedì la redazione di una lista Severa, che procedeva proibire 50 autori in modo integrale, condannandone cioè tutte le opere, e in generale selezionando circa 150 titoli. l'impatto sul mercato editoriale veneziano, Allora nella sua stagione più vivace e dinamica, minacciava di essere molto forte: di qui le proteste di Stampatori e librai, e soprattutto l'applicazione assai parziale dell'indice, che del resto non venne mai promulgato, reso cioè ufficiale e operante, negli anni successivi. un secondo indice venne preparato appunto in chiave di mediazione nel 1554, sotto Papa Giulio III. l'indice preparato e pubblicato nel 1559 prevedeva oltre un migliaio di condanne, decapitando di fatto larga parte della tradizione letteraria italiana. tra gli autori proibiti non soltanto le opere di aretino, accusate di oscenità, o gli scritti di Machiavelli per l'empietà della dottrina, ma anche scritti di Dante e Il Decameron di Boccaccio e poi ancora Poggio Bracciolini e Pulci, fino alla grottesca condanna di Della casa stesso. Istruzioni inviate ai confessori nei mesi successivi impartivano l'ordine di non assolvere dai peccati i fedeli che fossero in possesso di libri proibiti, ma l'interferenza sulla vita religiosa toccava un tasto delicatissimo nella proibizione, che veniva sancita sempre nell'indice, di ogni traduzione della scrittura in lingua moderna: era una risposta di estrema durezza alla proposta di un avvicinamento al testo sacro senza mediazioni, arrivata dalla prima stagione della Riforma Protestante. l'indice del 1559 rappresentò Una svolta. la nuova figura di riferimento dell'Inquisizione, Michele Ghislieri, a seguito delle proteste che giungevano da più parti Si impegnò nel 1561 ad una moderazione dell'indice. l'ultima fase del Concilio di Trento, svoltasi sotto Pio IV, sembrò accogliere questa sorta di moderazione e portò alla stesura di un nuovo indice che venne pubblicato nel 1564. vi venivano assunte scelte meno drastiche, e meno severe erano le procedure di controllo e di punizione. Il segnale di una linea d'ombra Si allargava però sulle pratiche letterarie: erano necessari permessi di lettura che dovevano essere richiesti per leggere i classici, autorizzazioni preventive necessarie per la stampa e soprattutto furono sottoposte molte opere a pratiche di espurgazione e di correzione, con censura mirata di alcune parti. l'effetto inevitabile su una intera generazione di letterati fu quello di un interiorizzazione della norma, di un controllo all'origine dei propri scritti e della circospetta prudenza con cui si tentava di evitare L'opposizione di Roma.  Sin dal 1571 sotto il pontificato di Pio V lo stesso Michele Ghislieri, che aveva intanto guadagnato il soglio Pontificio, aveva formalizzato la creazione della congregazione per l'indice dei libri proibiti, che produsse una serie di altre liste di libri da proscrivere. A chiudere il secolo fu l'indice Clementino del 1596. fu occasione di un durissimo scontro tra i diversi schieramenti Vaticani. da un lato il papa Clemente VIII che si oppose a un ritorno al rigore del 1559, dall'altra il Sant'Uffizio che osò sfidare l'autorità del pontefice e riuscì a ottenere la conferma della proibizione delle traduzioni bibliche. II. norme, conflitti  1. imitazione, emulazione, codificazione  Lungo il 400 la questione Dell'imitazione si sviluppò coinvolgendo numerosi umanisti, intenti nella restaurazione di un latino degno dell'eleganza antica. la stagione umanistica nel secondo Quattrocento è al culmine dello Splendore: il ritorno allo studio e all'imitazione dei classici non è più un'esperienza esclusiva ma una pratica diffusa.  andando a vedere quello che Poliziano pensava dell'imitazione si evince che per lui fosse un'operazione intellettualmente regressiva poiché la lettura dei classici, mai ridotta a un solo modello, è una fase preliminare di formazione che lo scrittore di talento deve digerire e lasciarsi alle spalle.  Nel primo Cinquecento È ancora altissima la produzione e la diffusione di testi in latino, che perde progressivamente ma lentamente terreno rispetto al volgare, tranne negli ambienti della curia romana. sono questi gli anni della polemica che vede protagonisti Pico (nipote di Pico della Mirandola) e Pietro Bembo. è una polemica che pur vertendo ancora sui modelli Latini ha un legame profondo con l'imminente fondazione del classicismo volgare. Ciò che sostiene Pico è che per lui la questione non è tanto se sia meglio imitare uno o più modelli, ma se si debba imitare o no. Tuttavia per Pico la conoscenza degli autori aiuta a scrivere meglio. nella risposta di Bembo si rivela la contraddizione di fondo dello scritto di Pico, che raccomanda l'imitazione di molti e nel contempo condanna l'imitazione in sé. per bembo Infatti nell'imitazione è compresa la volontà di andare oltre. in particolar modo raccomanda soltanto Virgilio e Cicerone Come modelli di stile, Ma non gli sfugge che il primo difficilmente può divenire un modello per la poesia lirica o la commedia: per gli autori di tali generi il consiglio prescritto è quello di seguire le orme di quelli che in tali ambiti appaiono i migliori. Nel suo scritto Bembo lascia trasparire una volontà di mettere ordine, di costruire un sistema elocutivo basato su forme antiche capaci di durare, sottratte all'arbitrio e al gusto eclettico e soggettivo degli umanisti della generazione precedente. È questa ambizione normativa il principio che lo spinge a scrivere prose della volgar lingua. 2. intorno all'italiano letterario   l'indirizzo Fiorentino assunto dall'italiano letterario del Rinascimento è interpretabile come un capitolo particolare del classicismo che domina tanto la cultura Latina del Quattrocento, tanto quella italiana del Cinquecento: nelle prose della volgar lingua, riflessione che occupa Bembo lungo tutto il primo quarto del secolo, il personaggio Carlo Bembo per spiegare le ragioni che hanno indotto il fratello Pietro a comporre gli asolani propone un confronto con gli antichi greci. Bembo risultò il vincitore della disputa sulla questione della lingua. per lui era essenziale riferirsi a un modello di scrittura che non fosse destinato a esaurirsi nel giro di uno o due generazioni. l'italiano letterario fondato sul fiorentino trecentesco di Petrarca per la poesia e di Boccaccio per la prosa era una lingua di scrittura che doveva avere la stessa Aura classica del latino. La forza della proposta di Bembo consisteva nel conciliare l'idea classicistica con un modello definito e nel contempo metastorico, un volgare che non rinunciasse ai crismi della continuità e della regolarità normativa che erano sembrati fino ad allora esclusivi retaggi del latino. le teorie di Bembo erano destinate ad imporsi anche in ragione della coerenza che egli dimostrava sul piano operativo: scrisse Infatti un breviario grammaticale e la raccolta di rime stampata nel 1530.  Fautore di un diverso tipo di classicismo, italiano e non Toscano, Gian Giorgio Trissino fu il primo a cogliere il rilievo del de vulgari eloquentia, sino ad allora sostanzialmente ignoto. e a tentare di sfruttarlo per La Nascente questione della lingua. Trissino ha in comune con Bembo la condanna del linguaggio Popolare anche e soprattutto Fiorentino. il suo classicismo Tuttavia è esteso tanto nello spazio quanto nel tempo. per lui la lingua di Dante deve essere assunta a modello. con la diffusione nel 1524 delle tesi italianiste di Trissino, nonché della notizia dell'esistenza del trattato dantesco, si spiega il dialogo intorno alla nostra lingua di Niccolò Machiavelli: il breve discorso, strutturato in forma di dialogo immaginario con Dante, intende da un lato ribadire il carattere Fiorentino della lingua dei tre grandi trecentisti, dall'altro negare l'esistenza di una lingua comune fra le province italiane, ferma restando la mutua intellegibilità. all'opposto di Trissino Machiavelli ritiene che vi sia una sostanziale continuità tra la lingua di Dante, quella di Pulci e la contemporanea: chi non accetta una tale filiazione rinnega secondo lui in blocco tutta la tradizione Fiorentina, compresi Petrarca e Boccaccio. 3. norme, eversioni   il dibattito tra lingua viva e lingua trecentesca, poi tra Fiorentino, Toscano e italiano, proseguì nel corso del secolo ma fu complessivamente l'opzione classicista di Bembo a imporsi, soprattutto sul versante della poesia, anche nelle aree del Mezzogiorno dove si registrarono varie forme di resistenza.  tale risultato fu temperato sia dal recupero di Dante, che continuò ad esercitare un influsso determinante sullo stile dei grandi, sia dalla nuova codificazione Fiorentina, concepita Nella seconda metà del secolo da Leonardo Salviati, tra i fondatori dell'Accademia della Crusca. si deve a lui l'estensione del principio di imitazione linguistica ai Fiorentini che scrissero dall'anno 1300 fino al 1400, senza Tuttavia escludere in caso di necessità il ricorso ad autori fiorentini precedenti, successivi o anche presenti. questo criterio, poi adottato nel famoso vocabolario degli accademici della Crusca del 1612, resisterà a lungo nella tradizione letteraria italiana: più che focalizzarsi sui classici del Trecento, Salviati prendeva in considerazione un'epoca aurea indicando tra i testi degni di imitazione il libro degli ammaestramenti degli antichi Di Bartolomeo da San Concordio.  opere d'arte che devono soddisfare la necessità di autorappresentazione e autolegittimazione del potere signorile e nel contempo devono servire da intrattenimento per il Signore e la sua famiglia. La Corte risulta così anche un luogo di fruizione culturale e di consumo di opere d'arte, nonché di spettacoli teatrali e di prodotti letterari. la distinzione fra sfera pubblica e spera privata non è ancora ben chiarita: i Cortigiani convivono tra loro e passano gran parte della giornata in compagnia del loro signore. questo sistema si Affina in Italia nel corso del Quattrocento, raggiungendo il suo Picco nei primi decenni del Cinquecento: da quel momento Esso diventa un punto di riferimento per tutta la civiltà europea, fino allo splendore della corte di Luigi XIV a Versailles. la particolarità del modello italiano cinquecentesco è dovuto a due ragioni distinte, in apparenza contraddittorie. La prima è il forte policentrismo della cultura cortigiana nel rinascimento: si tratta di una caratteristica di lungo periodo che non si è mai identificata con un unico centro egemone. da questo punto di vista le guerre d'Italia non hanno prodotto alcuna rottura rispetto al passato. la seconda ragione che rende peculiare il modello italiano consiste nella spiccata omogeneità delle differenti realtà cortigiane. nel Cinquecento sotto la spinta delle radicali trasformazioni politico militari viene rapidamente elaborandosi un codice comune, che si può senz'altro considerare internazionale . dentro la Corte si realizza così quella forma di vita che è l'obiettivo dell'educazione del gentiluomo moderno, coerente o il generale processo di civilizzazione del mondo occidentale. non si tratta soltanto della nascita delle buone maniere, Ma del costituirsi di un ideale di vita aristocratico e gerarchico che avrà durata lunghissima e la cui sintesi è perfettamente rappresentata dal libro del cortegiano pubblicato da Castiglione nel 1528. Castiglione ambienta il suo dialogo nel pieno della crisi militare Italiana, ma in un luogo molto particolare: il Palazzo Ducale di Urbino. il palazzo è oggettivamente Bello pieno di opere d'arte di bronzo, pitture e soprattutto libri. il libro di Castiglione, ben presto tradotto in molte lingue, ebbe uno straordinario successo internazionale, diventando esemplare rappresentazione di un modello di convivenza improntato alla sprezzatura, cioè alla capacità di interiorizzare le tecniche della vita in comune In modo tale da farle apparire una seconda armatura. il cortigiano deve saper parlare in maniera elegante, deve sapere zanzare, suonare e cantare, deve saper giostrare: ma non deve mai mostrare lo sforzo che gli è costato l'apprendimento di queste abilità. Egli si farà in questo modo gradito al principe che ne apprezzerà le capacità ricompensandola adeguatamente. questo modello propone Sì una società abitata da persone di livello eccezionale, ma conferma però la natura gerarchica, svelandone il carattere profondamente conflittuale. la compresenza del Signore dei suoi sottoposti produce due diversi tipi di conflittualità: orizzontale, tra Cortigiani, e verticale, tra i Cortigiani e il loro signore. visto da lontano però tutto sembra ordinato e armonico.  I poeti, narratori, scrittori di teatro, ma anche i musici e i pittori e gli architetti sono chiamati a soddisfare le richieste del signore, che non solo commissione loro opere celebrative, ma che li invita ad animare in vario modo la vita cortigiana: declamando in pubblico i loro poemi o le loro canzoni o mettendo in scena delle opere teatrali cui anche gli artisti collaborano dipingendo i fondali o costruendo le scenografie. la riflessione estetica cinquecentesca finirà Quindi col sottolineare la centralità del pubblico, piuttosto che l'importanza delle regole. l'opinione Popolare Diventa molto importante nella riflessione critica del tempo.  2. le corti padane  Fino a qui abbiamo messo in rilievo soprattutto l'omogeneità di un modello che diviene rapidamente un paradigma europeo. non si deve però Sottovalutare l'importanza e differenziazione regionale delle corti italiane e la conseguente necessità di ragionare in termini sia storici sia geografici. tempi e modi più arcaici si conservano in alcuni centri, quando in altri si sono già affermati i fenomeni più moderni.  Nelle corti padane Tuttavia è Importante sottolineare l'uniformità culturale. bisogna soffermarsi su alcuni dei principali caratteri di ciascuna di esse. Urbino conta soprattutto perché Castiglione via ambienta il libro del cortegiano E perché nel 1513 Vi si rappresenta la Calandria, una commedia del Cardinale Bibbiena messa in scena con la regia di Castiglione e la scenografia ispirata al dipinto attribuito a Piero della Francesca, La Città Ideale ? è un importante esempio dell'integrazione tra filologia dell'Antico e produzione moderna, con poeti pittori e architetti contemporanei che si uniscono per offrire uno spettacolo d'avanguardia al loro signore e agli altri Cortigiani all'interno stesso del Palazzo Ducale. la corte di Urbino si afferma nel corso del secolo come immagine della cultura italiana. nonostante la circolazione di letterati di ampia fama al tempo, nella realtà politica Il Ducato diventò un luogo marginale e privo di reale autonomia già nel 1521. il culmine si raggiunse nel 1631 quando il Papa Urbano VIII riuscì ad ammettere Urbino e il suo territorio allo Stato della Chiesa. Ferrara gioca invece un ruolo egemone già dal Quattrocento poiché Vi si sperimentano forme nuove della spettacolarità cortigiana, mettendo in scena le commedie antiche direttamente in latino. nei primissimi anni del Cinquecento Ferrara diventa invece l'epicentro della nuova letteratura volgare. nel 155 cominciò la lettura in pubblico de L'Orlando Furioso e nel 1508 viene rappresentata la prima commedia italiana regolari cioè composta seguendo il modello del teatro latino, La cassaria dello stesso Ariosto.  Anche a Mantova Bisogna ricordare il grande retroterra umanistico quattrocentesco, la cui tradizione Fa capo a Vittorino da Feltre e alla breve Ma significativa presenza di Poliziano che rappresentò e Scrisse la Fabula di Orfeo. il classicismo diventa una caratteristica profonda del mondo Mantovano. La Corte quattrocentesca viene profondamente rinnovata nel nuovo secolo dalla presenza di Isabella d'Este, attiva fino al 1539. meritano un cenno anche Parma e Piacenza il cui ruolo cambia completamente Nel 1545 quando diventano le sedi di un Principato nuovo sorto Per iniziativa di Papa Paolo III e governato dal suo fratello Pierluigi. nella prima metà del secolo la scena culturale a Parma è caratterizzata dalla tradizione umanistica e dall'attività di Jacopo caviceo, autore del Pellegrino, un romanzo di avventure di amore e di viaggi che conobbe una ventina di ristampe. a metà cinquecento a Parma sorge l'accademia Degli Ortolani. la storia del Ducato di Milano è fatta forte da una lunga tradizione culturale e dall'importante esperienza filologica quattrocentesca. A partire dal 1565 la città Cambia volto In quanto assume grande importanza all'oratoria sacra in latino e in volgare. Torino e Bologna sono città periferiche rispetto al fulcro Padano e soprattutto caratterizzati da storie non assimilabili alle altre corti. Torino diventa la meta di un importante immigrazione intellettuale capace di attrarre anche personaggi provenienti da centri del massimo rilievo come Ferrara appunto ben diversa la storia di Bologna. è la capitale della letterarietà: È qui che lo studio e la riflessione teorica sulla poesia diventano centrali. accanto allo studio dei classici occorre collocare la logica e a partire dalla metà del secolo la riflessione teorica sulla poetica di Aristotele. un grande ruolo gioca infine la sensibilità religiosa, sia per la presenza di figure vicine alla spiritualità dei protestanti, sia perché Bologna tra il 1547 e il 1549 diventa la sede del Concilio con il quale il cattolicesimo si riorganizza.  3. la parabola di firenze dalla crisi repubblicana all'assolutismo granducale  Gli eventi Fiorentini hanno avuto rilevanza per tutta la penisola, almeno fino al 1492. tale data coincide con la morte di Lorenzo il Magnifico che fa da spartiacque tra due epoche d'Italia e soprattutto di Firenze. la città nonostante la ricca esperienza repubblicana, la particolarità di esprimere due papi in breve tempo e il caso eccezionale di dare due regine alla Francia, nel corso del Cinquecento assume un carattere sempre più Municipale, Chiuso nella ripetitiva esaltazione delle antiche glorie è Teso a ribadire i propri caratteri più peculiari. queste condizioni così particolari fanno sì che la tradizione umanistica Fiorentina diventi peculiare. la cultura filosofica locale è continua e vive la compresenza di platonismo e aristotelismo, a volte combinati tra loro e in ogni caso applicati a Campi comuni. un esempio caratteristico è la pubblicazione di libri in cui sono accoppiati un testo poetico e una agguerrito commento in questa stessa linea di sintesi tra letteratura e filosofia si comprende la fedeltà Fiorentina a Dante la cui poesia deve essere intesa come una sorta di grandiosa enciclopedia. . Dante Petrarca e prima Cavalcanti fanno sì che la realtà Fiorentina si arrocchi sempre più dentro i valori forti del passato due trecentesco, traendone la forza per una legittimazione del presente. 4. complessità della cultura romana Ridiventata sede papale dopo lo scisma d'occidente, è solo nel pieno Quattrocento e soprattutto col papato di Alessandro VI Borgia e di Giulio II della Rovere che i Pontefici tornano a risiedere stabilmente nella città Capitolina, iniziando una politica di splendore che continuerà nel singolo successivo. i luoghi del potere papale si arricchiscono di grandi e preziose opere d'arte, sia negli spazi privati che in quelli pubblici, come ben dimostrano i due esempi celeberrimi delle stanze vaticane affrescate da Raffaello e della Basilica di San Pietro in Vaticano alla cui costruzione Si alternano i migliori architetti del tempo. si tratta di un'operazione grandiosa resa imponente anche dalla nuova Attenzione nei confronti delle tracce del mondo antico ancora visibili in superficie o fate riemergere dagli scavi. lo rivela con chiarezza la lettera inviata da Baldassarre Castiglione e don Raffaello Sanzio al Papa Leone X nel quale si descrivono i resti archeologici come grandi testimonianze del passato. dal punto di vista delle dinamiche culturali, alla Roma del Rinascimento caratterizzano per il gradiente variabile di ufficialità. tra le realtà più formalizzate Bisogna considerare il sistema degli studia. presenti solo in poche città, i centri universitari costituivano Ovviamente un polo di grande attrazione per studenti e professori. i poli più attivi furono senza dubbio Bologna e Padova seguiti da Pisa, Napoli e da altri centri minori. nella maggior parte dei casi il potere fu piuttosto disponibile nei confronti delle realtà universitarie, dove ci si continuava ad esprimere prevalentemente in latino. fu così che la ricerca poté procedere in alcuni campi della filosofia e soprattutto degli Studi di logica. parzialmente diversa è la storia delle accademie. sorte in origine come luogo di raggruppamento spontaneo e autonomo dei letterati che vi si trovavano per conversare insieme dei più diversi argomenti, nel corso del Cinquecento l'istituzione accademica modifica il suo carattere originario. a Firenze ad esempio l'accademia divenne una diretta emanazione di Cosimo il giovane. l'accademia Fiorentina diventava così espressione della continuità del potere Mediceo. l'adunanza dei letterati e il fatto di incontrarsi e discutere resta la ragione primaria del costituirsi in accademia. ogni Accademia visse Dunque in maniera differente e con tempi propri il comune processo verso la regolarizzazione. in tutti i centri si riuniva e si parlava ma con modalità differenti. Anche il teatro diventa una forma di aggregazione intellettuale cinquecentesca. la dimensione teatrale è del resto tipica di tutte queste forme di adunanza, a partire dalla corte, dove si è costantemente chiamati a una rappresentazione di sè, del proprio status e della propria cultura. Se quindi rappresentare e organizzare la conversazione letterata è una delle caratteristiche della cultura cortigiana, non stupisce che tutti i centri rinascimentali italiani mostrano una grande attenzione per il teatro. è per questo motivo che nel corso del secolo si susseguono numerose esperimenti volti ad individuare il miglior modo per realizzare uno spazio teatrale adeguato. 8. autori e comunicazione epistolare. I libri di lettere  corti, studi e accademie costituiscono i centri nei quali letterati si raccolgono per ragioni lavorative, di intrattenimento e di prestazione intellettuale in genere. Essi hanno a disposizione anche un'altra forma di aggregazione: la lettera. nel corso del Cinquecento la comunicazione epistolare diventa un'attività privilegiata degli scrittori che vi si riconoscono sia per ragioni di cassa, sia perché costituisce un sistema separato rispetto ai vincoli sociali e di dipendenza cortigiana. la lettera favoriva del resto il crearsi di rapporti al di là dei limiti spaziali e del ritrovarsi al servizio dello stesso signore o presso la medesima istituzione. la grande mobilità del letterato cinquecentesco, spinto a spostarsi di Corte in corte di città in città, Moltiplica le occasioni di incontro con intellettuali provenienti da altri centri. essa rende al tempo stesso necessario il costituirsi di una rete di comunicazione che mantenga vivo il contatto e confermi la stabilità delle relazioni lavorative e di amicizia. con questo canale il mittente non trasmetteva soltanto informazioni private ma anche questioni tecniche di carattere letterario oppure ci si riferiva agli amici e ai colleghi mostrando i progressi nella scrittura delle proprie opere. queste lettere contenevano anche il resoconto di occasioni mondane e intellettuali, come rappresentazioni teatrali o discussioni avvenute trascrittori. è Insomma chiaro che il libro di lettere, se da un lato diventa un efficace strumento per il racconto di sé, dall'altro funge da formulario, da raccolta di situazioni comunicative differenti come lettere agli amici, ai superiori, per ringraziare di un dono o scritte per ottenere favori. questo tipo di produzione libraria illustra due dei principali caratteri della cultura letteraria cinquecentesca: uno. il ruolo rilevante del mercato e editoriale: lo statuto del gentiluomo letterato, da un lato è attratto da percorsi di autopromozione e nobilitante, dall'altro costretto a una costante difesa della propria autonomia culturale per sottrarsi a una definizione professionale sentita come troppo condizionante.  IV GENTILUOMINI DI LETTERE  1.committenza e lettori, il pubblico del 500  Torquato Tasso pubblica La sua prima opera nel 1562. Nella dedica ai lettori L'autore si giustifica per essersi dedicato a un'attività in apparenza inutile come la letteratura, anziché impegnarsi negli studi di legge ai quali era iscritto. si tratta di una considerazione che illustra bene il cambiamento avvenuto nella società italiana: se fino a qualche decennio prima si poteva ancora conciliare la carriera professionale del letterato con quella del funzionario, ora ciò non sembra più possibile. nel momento in cui Tasso pubblica la sua prima opera e si apre al giudizio della società letteraria del tempo, Egli si mostra consapevole dei condizionamenti sociali cui l'arte deve sottostare. la committenza e il pubblico dei lettori rivelano in quest'epoca una tendenziale sovrapponibilità appunto Da un lato Infatti il successo della proposta linguistica bembiana indebolì le tradizioni municipali e locali; dall'altro il ruolo sempre più importante della tipografia contribuì alla costruzione di un primo omogeneo pubblico.  2. generi di consumo e gusto medio  L'omogeneizzazione del pubblico e la prevalenza del sistema tipografico contribuiscono a spiegare l'affermarsi nel corso del Rinascimento di un gusto medio generalizzato. tale gusto si concentrò intorno ad alcuni generi di consumo particolarmente apprezzati dai lettori dell'epoca. se si osserva il fenomeno più da vicino si resta colpiti anche da un interessante aspetto dell'organizzazione editoriale che alternava edizioni in quarto, più grandi e costose, a quelle in Ottavo, più piccole ed economiche. è il segno di una strategia industriale che mirava a raggiungere due diverse fasce di pubblico: il ceto aristocratico e il ceto Popolare.  3. la socializzazione della lirica   nella cultura italiana Ed Europea del Rinascimento al grande successo di Ariosto si affianca la presenza continua e pervasiva del grande poeta di Laura. Petrarca è un modello non solo di lingua ma anche di vita e soprattutto di stile. Il Canzoniere veniva individuato come base da imitare per la scrittura in versi. In un sistema socio-culturale come quello delle corti italiane c'era bisogno di un modello cui uniformare i comportamenti. scrivendo versi petrarcheschi chi viveva in una determinata Corte sapeva di rientrare in una sorta di supergruppo, di unità superiore che riuniva tutti i Cortigiani idealmente. scrivere versi aveva come scopo principale il riconoscimento sociale e il petrarchismo costituiva un codice di identificazione E di scambio tra individui che sentivano di appartenere a una comune cultura e di condividere un comune comportamento questo appartenenza condivisa trovò una espressione formidabile in uno specifico formato librario: l'antologia di diversi autori. attraverso la pubblicazione dei loro versi in un unico libro, I poeti gentiluomini si ritrovavano fisicamente e simbolicamente insieme: uniti da una lingua e da uno stile ma anche da un orizzonte di vita basato sul modello petrarchesco. la medesima funzione era svolta dai commenti alla poesia lirica. 4. anatomia sociale dell'uomo di lettere  Da una parte non c'è dubbio che la stampa ha facilitò la moltiplicazione dei libri, favorì l'allargamento del pubblico e consentì lo sviluppo di una fascia di scrittura. dall'altra però In questa nuova organizzazione del sistema letterario trovavano spazio soprattutto i cosiddetti poligrafi i quali avevano in realtà soprattutto un ruolo di riproduttori, divulgatori e contaminatori. questi letterati furono non essendo legati a centri forti e autonomi mostrarono la comune tendenza a presentarsi come gruppo collettivo, aggregandosi intorno a due nomi di artisti che Ebbero allora un grandissimo successo personale: Aretino e Tiziano. In questi anni cambiò anche il rapporto tra letterati e mondo della chiesa. all'inizio del secolo era stato frequente il caso di Grandi scrittori a tratti dalla possibilità di diventare cardinali e numerose erano state a quel tempo gli umanisti disposti a prendere gli ordini per assicurarsi una tranquilla carriera letteraria. adesso la chiesa però richiedeva una formazione del personale più rigida e omogenea. 5. comici per diletto, comici per mestiere Per tutto il Cinquecento gli architetti, gli scenografi, i registi e gli attori si erano inventati dei teatri provvisori ricavati dalle sale Signorini e pertanto impostati su disposizione frontale in uno spazio rettangolare, di solito con una gradinata unica. il modello antico era però avvenuto lentamente affermandosi in Italia. sperimentando le scene mobili, perfezionando i fondali prospettici, adattando sale cortigiane o preparando in modo adeguato spazi signorili all'aperto, il teatro si era dimostrato esperienza vivissima nel mondo italiano, sia dal punto di vista creativo, sia per la sua centralità simbolica nel sistema dell'intrattenimento signorile e della rappresentazione del potere politico e religioso. il rilievo di questa esperienza nella vita culturale comportò La progressiva affermazione della figura dell'attore. Ma in questi stessi anni cominciarono a farsi strada anche i primi professionisti. la situazione era quindi fluttuante con episodi di professionismo e dilettantismo non senza conflitti.  6. Una nuova tradizione Europea ad avvenimenti recenti, perché poco agevolmente si potrebbero introdurre episodi inventati, così come non è il caso di rifarsi a eventi antichissimi sia perché Privi delle essenziale elemento di cristianità, sia perché i costumi dei personaggi sarebbero poco adatti per la loro mancanza di decoro. di grande rilievo poi la riflessione intorno all'unità dell'azione. tasto propone una sorta di unità mista che è un intelligente compromesso tra la lettera del testo aristotelico e le aspettative del pubblico Tasso considera negativamente sia Chi ha ignorato il precetto aristotelico sia chi l'ha seguito all'estremo Senza tenere conto delle esigenze dei lettori moderni. l'unità dell'azione contribuisce alla perfezione del poema, ma va temperata con la varietà indispensabile nei lettori moderni la varietà rende Infatti piacevole la lettura del poema. in questo senso l'unità perde il suo carattere antiquato e libresco per divenire un principio ben diverso, destinato a fare scuola nella civiltà europea delle lettere: il principio della coerenza narrativa secondo cui ogni particolare deve rivelarsi funzionale al nucleo di fondo della fabula. 3. la natura "purgata" L'idea di decoro, nel cortegiano di Castiglione, è posta in relazione con la misura, con la capacità di non eccedere. se si vuol far ridere è opportuno considerare il termine e misura per non risultare sgradevoli. e, Occorre ad esempio evitare di prendere di Mira gli infelici o i disonesti. se ci si mostra eccessivamente virtuosi, invece di ricevere Lodi e destare ammirazione si ottiene l'effetto inverso: ci si rende ridicoli, come la dama che, durante la festa, ostentava il proprio malumore, attribuendo al pensiero di doversi mostrare nuda davanti a tutti il giorno del giudizio. la misura coincide con l'aristotelico giusto mezzo. il massimo dell'artificio deve essere Insomma coniugato con un'apparenza di naturalezza: una natura di secondo grado. nelle prove della volgar lingua di Bembo si procede su un piano parallelo: il decoro dello stile consiste nella capacità di mantenere l'equilibrio fra tensioni opposte, sia che si voglia risultare gravi senza il rischio di cadere nella austerità, sia che si voglia risultare piacevoli. la misura dello stile diviene nel corso del Cinquecento uno dei criteri cardinali della Lirica, del teatro. anche qui da una prospettiva linguistica e stilistica, è la natura che viene condannato a: lo scrittore deve tacere quel che non sa benedire e deve rifuggire dalle espressioni poco decorose. la discussione intorno alla poesia narrativa sposta l'asse del discorso da un piano retorico formale a un piano legato ai contenuti. il decoro è collegato con uno dei termini chiave del cortesano, la grazia a due punti chi trascura le regole di convivenza sociale, chi fa esprimere in modo inopportuno, rispetto alla sua condizione, un re, un gentiluomo o un soldato, è indegno del tempo presente. 4. polemiche   le principali polemiche letterarie del Cinquecento sorgevano relativamente a questione originate da interpretazione diverse della poetica: furono dispute aspre che al lettore di oggi possono apparire futili, Ma al di là del merito, conta in fondo soprattutto che la discussione critica fosse ormai divenuta un nuovo genere di scrittura. a partire dal 1570 cominciò a circolare in forma manoscritta un discorso nel quale si mostra l'imperfezione della Commedia di Dante contro il dialogo delle lingue del varchi firmato da Castrovilla. non si sa chi fosse questo letterato ma il suo obiettivo era quello di dimostrare che La commedia di Dante era piena di imperfezioni in tutte le sue parti. secondo lui la commedia non era definibile come poema perché non vi era imitata alcuna azione ma piuttosto un sogno raccontato; perché manca un eroe, essendo il protagonista un cittadino privato Indegno di una scrittura tragica epica. la commedia e quindi tracciata di inverosimiglianza, di mancanza di unità, di scarsa originalità e di indecenza. l'autore polemizza Quindi con gli intellettuali Fiorentini arroccati intorno al mito di Dante; insofferenti della sua sostanziale esclusione dal canone promosso da Bembo. Ma l'arma principale di attacco è quella desunta dalla poetica aristotelica: la commedia non è imitazione di un'azione e non può definirsi opera di poesia visti i santi inserti a carattere sapienziale. La prima è più importante replica si deve a Jacopo Mazzoni che nel 1572 stampò un discorso in difesa della commedia del Divino poeta Dante. Mazzoni risponde punto per punto cercando di dimostrare che il poema dantesco è fondato su limitazione di un'azione, che non manca di unità e che la favola è verosimile: Essa infatti osserverebbe il principe aristotelico secondo cui è poeticamente credibile tutto ciò che ha ritenuto possibile. Quanto al genere L'opera è una commedia, di cui il protagonista è il poeta stesso. esigente di rappresentazione giustificano la descrizione dei costumi dei personaggi, mentre i brani dottrinali sono giudicati degni di ammirazione e perciò convenienti. Sintomatica è sia questa difesa di Dante in nome di Aristotele, sia l'imbarazzo per la lingua e lo stile Con riferimento al Crudo realismo delle bolge, che è abbastanza comune al di fuori del Recinto Fiorentino. la polemica coinvolse molti letterati sino al primo decennio del Seicento. Mentre era ancora viva la querelle intorno alla commedia, il successo della Gerusalemme Liberata, stampata per la prima volta integralmente nel 1581, concorreva alla nascita di un nuovo dibattito: il poema disastro era da alcuni percepito come la più coerente messa in atto dei Principi aristotelici, mentre altri difendevano il primato dell'Orlando Furioso. Tasso era quindi un poeta capace di comporre un poema rispettoso dell'Unità dell'azione, fondato su una vicenda storica mista eventi favolosi, in cui i personaggi cristiani sono anche un modello di comportamento morale secondo la critica del tempo. Al contrario il furioso veniva percepito come privo di unità e al pari degli altri romanzi, di verisomiglianza storica, è considerato pieno di sconvenevolezze che rendono un romanzo vaghissimo ma sono del tutto indegni ed un poema eroico. la neonata Accademia della Crusca decise di prendere le difese del poema ariostesco: lo scopo era minimizzare la questione aristotelica per porre l'accento essenzialmente sulle questioni linguistiche.  VI FORME DELLA NARRAZIONE  1. dal poema cavalleresco all'epica storica  All'inizio del Cinquecento, Tra le tante disponibilità sul versante della narrazione in ottave, fu quella fondata dal modello boiardesco a risultare dominante. L'eredità dell'innamoramento de Orlando, rimasto interrotto la metà del terzo libro, fece sì che un drappello di continuatori nel giro di pochi anni scrivessero e mandassero a stampa il quarto, il quinto e persino il sesto libro dell'innamoramento. Nelle giunte si proseguivano le vicende e le avventure dei personaggi con accenti diversi, ora magico fiabeschi, ora più solenni. sulla stessa strada di una prosecuzione si mise L'Ariosto e anch'egli presentò il suo progetto come una Giunta all'innamoramento. nel giro di pochi anni il poema prese corpo e consistenza e assunse il titolo di Orlando Furioso. la tecnica principale nell'Orlando è quella dell'entrelacement, con una narrazione che gioca liberamente con il tempo delle diverse azioni e insieme con la percezione e la memoria del lettore. nel poema le favole e i tanti inserti narrativi si alternavano con puntuali emergenze della storia: ciò avveniva nelle sezioni encomiastiche per celebrare le imprese della dinastia Estense, ma anche nelle profezie Post eventum, dove emergevano scorci delle guerre in Italia di quei primi decenni del secolo. il furioso divenne nel giro di pochi decenni il libro più stampato in Italia, grazie a un successo che coinvolgeva lettori di ogni grado, anche ben al di fuori del perimetro privilegiato della Corte. intanto un'altra generazione di letterati sperimentava soluzioni diverse, procedendo in parallelo, dentro un confronto Serrato e individuando, Sulla scorta di Aristotele e Ariosto, nel poema narrativo il terreno cruciale, il genere più importante di quella stagione. il ventennio successivo vide tentativi di segno opposto, Ammirati a riprendere sezioni delle eredità romanzesca lasciata dall'Ariosto. fu però a Ferrara che il paradigma del Furioso fu oggetto di una riscrittura più ravvicinata. Giovanna Battista Giraldi Cinzio pubblicò nel 1557 la prima parte dell'Arcole. La scelta mirava all'assunzione di un solo eroe, i cui i fatti egregi si disponevano come episodi, quadri dai contorni in genere ben ritagliati, In una sequenza dall'andamento lineare, Priva di ogni ricorso all'entrelacement. È entro questo panorama composito che prende avvio il percorso del poema di Torquato Tasso. nel giro di pochi anni, tra il 1560 e il 1564, tasso avviò un abbozzo di poema epico dal titolo il Gerusalemme e Compose i discorsi dell'arte poetica. alla metà degli anni sessanta, stabilitosi presso gli Este, Si impegnò Nella composizione di un poema dedicato alla prima crociata riprendendo la bozza giovanile. era un'opera che doveva rinnovare su altre basi il successo trasversale del Furioso. La Gerusalemme venne costruita tra gli anni sessanta e la metà degli anni 70 nell'intreccio tra le regole aristoteliche, la ripresa dei classici e un larghissimo riuso di Fonti romanzate, da Ariosto ai poemi successivi, fino ai romanzi in prova di conio più popolari è un'operazione condotta con abilità Nella mediazione, con libertà di sperimentazione, ma soprattutto con straordinaria lucidità. La Gerusalemme può essere considerata l'ultima grande esperienza rinascimentale, nel tentativo di ricreare il supremo dei generi classici, l'epica, in chiave moderna.  2.la narrazione in prosa  La narrazione in prosa si svolse nel corso del Cinquecento entro una sostanziale assenza di definizioni prescrittive. esclusa dalla linea principale del dibattito aristotelico, alla Novella fu oggetto di una teorizzazione solo all'altezza degli anni settanta. tra gli esempi più importanti sicuramente Il Decameron del Boccaccio che conobbe una diffusione notevole accompagnato da un recupero anche della prima raccolta novellistica della tradizione letteraria italiana, Il Novellino che la ferita profonda del Sacco attraverso un recupero delle sue radici classiche, un nuovo Cenacolo di poeti si raccolse intorno alla corte del giovane Alessandro Farnese, destinato a diventare uno dei mecenati più importanti del secolo. fu la Toscana degli anni 30 e 40,a tornata sotto il controllo dei medici, ad avviare le prime due grandi esperienze petrarchiste: Da un lato la lirica di Michelangelo, Dall'altro la raccolta di Giovanni Della Casa destinata a diventare un modello nei decenni successivi. le rime di Michelangelo, pubblicate nel 1623, rimangono disseminate nei biglietti e nei lacerti più vari. riflettono una ricerca lirica ardua. altrettanto singolare, la poesia di Monsignor Giovanni dalla casa. nato nel 153,00 di famiglia Toscana della casa attraversò una formazione poliedrica e una giovinezza attivissima, a contatto con l'umanesimo Veneto e insieme con i circoli farnesiani, e si avviò poi a un percorso da chierico e mirava senza infrangimenti alla porpora cardinalizia. nel 1549 Paolo III moriva senza aver concesso al della casa, da anni Nunzio Pontificio a Venezia, il cappello cardinalizio. il poeta trascorse gli ultimi anni con lunghi periodi nell'abbazia di Nervesa, correggendo le sue rime componendo il galateo, Ma di fatto in una posizione isolata appunto la poesia e l'eccellenza letteraria che avevano guadagnato il cardinalato al Bembo non bastavano più, Neppure nella stagione del classicismo farnesiano. alla sua morte nel 1556,l della casa lasciava una esile raccolta di poesie destinate a influenzare le generazioni successive. 2. geografia del petrarchismo  dopo aver messo in luce alcune delle esperienze più significative della Lirica della prima parte del secolo, occorre ricordare la diffusione capillare del petrarchismo. Si assume Ormai il petrarchismo come la linea principale della produzione lirica del Cinquecento, patrimonio e cornice entro cui interpretare tanto le prove poetiche più alte quanto la selva di esperienze mediane. l'esigenza di un recupero dei classici divenne una sorta di programma tacitamente condiviso nella Roma di Papa Paolo III. la Roma Farnesiana fece da sponda esperienze poetiche e significative e insieme risposte, tra cui quelle di un poeta raffinato come Francesco Maria Molza. Molza fu autore di carmi latini e insieme di una vasta produzione in volgare, entro la quale si rifletteva un ventaglio ampio di componenti culturali. sul piano generale, Questo è un classicismo romano era destinato a rimanere linea subordinata. tra Venezia e Napoli però si registrarono le interpretazioni più significative, contratti peculiari e possibili raggruppamenti che hanno consentito non solo di perimetrare un petrarchismo Veneto e un petrarchismo napoletano ma che sono stati visti come paesaggi inaugurali della discussa stagione del manierismo. a Venezia, centro dell'Industria tipografia e moltiplicò i numeri della linea petrarchista, si definì un atteggiamento elitario di un circolo di poeti, raccolti intorno alla figura di Domenico Venier. di incontro a questa vena preziosa, il petrarchismo napoletano prese piuttosto la via di una moltiplicazione dall'interno del modello. una generazione di poeti nati nei primi due decenni del secolo arrivò al proscenio intorno alla metà del secolo, con partecipazione alle grandi antologie degli anni quaranta e cinquanta. nelle prove di questi autori si coglie una adesione al modello di Petrarca solo parziale, e piuttosto una linea di sperimentazione che porta esiti originali e che presenta un significativo tratto comune : l'assenza di raccolte organiche a Stampa, come per effetto di un dilettantismo, di una sprezzatura nell'esercizio poetico e rifugiva dal congegno di un Mauro testo. i testi venivano messi in circolazione alla spicciolata, su richiesta di amici e sodali: ne derivano oggi tradizioni molto complesse che hanno richiesto gli sforzi della miglior filologia per giungere a ricomporre corpora lirici quanto meno politici. al di sotto di queste figure rilievo, vi è poi un petrarchismo mediano: un fenomeno di larga portata quantitativa che vede la partecipazione di letterati dilettanti e il suo strumento essenziale nelle antologie di rime. lo strumento antologia diventò un veicolo straordinario per confermare o proporre canonici, ma anche per allargare le maglie consentendo l'ingresso nel mondo letterario di esponenti di una società diffusa, il nome di un codice poetico condiviso praticabile Senza troppe difficoltà.  3. poesia al femminile  Nell'allargamento della produzione poetica che si registra nei decenni centrali del secolo si fa strada anche una significativa componente di poesia di donne. proprio la sovrapposizione di diverse parabole di poetesse negli anni quaranta e cinquanta ha portato a ipotizzare l'esistenza di un gruppo, seppure non coeso e tutto implicito. in realtà si può piuttosto parlare di una progressiva legittimazione del ruolo di poetessa nel Medio Cinquecento avvenuta per sommatoria delle singole prove, più che per la pratica di una linea letteraria comune. tra gli elementi costanti c'è la ripresa del modello petrarchesco ma anche la dislocazione di quel modello su tonalità inedite per immediatezza, producendo prove originali anche per il transito di genere dell'oggetto Amoroso, che passa dalle forme femminili di Laura alle figure maschili. una delle poetesse più importanti fu Veronica Gambara, rimasta presto vedova e al centro di una piccola Corte, si riversò in una serie di componimenti dove l'amore spezzato dalla morte del marito era narrato con tratti di nobile compostezza. una situazione in qualche modo parallela caratterizzò la prima stagione lirica della più importante poetessa del Cinquecento, Vittoria Colonna. la morte del marito nel 1525 diede origine a una serie di rime amorose In morte che costituiscono la prima parte della produzione della colonna i componimenti vennero organizzati in una raccolta manoscritta intorno al 1531, ma uscirono nel 1538. ancora segnate dalla sofferenza per la morte dell'amato le prove della poetessa Lucchese Chiara Matraini. una condizione isolata invece segna il percorso di Isabella di Morra poetessa che trasfuse in pochi componimenti una vicenda biografica dolorosa. una linea diversa caratterizza la poesia di Tullia d'Aragona, figlia naturale di un cardinale. può offrire di un canzoniere dalle dimensioni esigue che venne pubblicato nel 1547. a questa altezza dunque, alla metà degli anni 50, grazie all'attenzione di alcuni letterati più influenti, la lirica femminile si era ritagliata una visibilità nel mondo in espansione del petrarchismo più o meno ortodosso. nel contesto di legami e confronti con i principali protagonisti del momento culturale Veneziano o Fiorentino, Legami che avrebbero poi facilitato La pubblicazione delle singole raccolte, Si collocano anche figure attive Nella seconda metà del secolo come Laura ammannati o laurea Terracina. a chiudere questa sezione importante della Lirica del Cinquecento sono due poetesse assai diverse: da un lato la poesia raffinata e Dotta di Tarquinia Molza, dall'altra La giovane Isabella Andreini, autrice di una fortunata pastorale è attiva anche nella composizione di sonetti.  4. poesia per gioco La linea di una poesia comica, in stile umile, come il rovescio della Lirica più alta, Aveva radici antiche e precedenti illustri nella tradizione letteraria italiana, e i poeti burleschi del Rinascimento su quella linea si innestarono con elementi di originalità a partire da una collocazione socio- culturale spesso di prestigio. alcuni tra i maggiori autori diversi da gioco erano Infatti interni ai circoli mecenatizi di signori, cardinali e vescovi tra i più importanti del primo Cinquecento. la poesia burlesca maturò spesso all'ombra di ambienti ufficiali, in alcuni casi persino ispirato direttamente da quei signori, attraverso un ricorso senza veli Agli aspetti più bassi del reale, a mettere in luce la natura artificiosa della lingua lirica dominante. alcuni rappresentanti Sono Francesco Berni , Della casa, Mattio Franzesi. Lo spegnersi della generazione Attiva tra gli anni 20 e 40, forse una consunzione interna e il repentino ingresso di molti autori nell'ombra distesa dell'indice dei libri proibiti, Determinarono una restrizione delle prove burlesche nella fase centrale conclusiva del secolo. ultimo testimone del genere Nell'arco del secolo, emerso dalla provincia perugina, e Cesare Caporali.  5. la poesia religiosa, prima e dopo il Concilio  un altro versante della Lirica capace di ritagliarsi uno spazio crescente nella produzione e nell'editoria fu quello della poesia spirituale. il sottogenere si sviluppò in parallelo al dibattito condotto a più livelli sulla materia religiosa, dibattito che naturalmente prese le mosse della diffusione della Riforma Protestante. una vastissima produzione che vide impegnati soprattutto chierici, si diffuse in modo capillare negli anni del Concilio in quelli successivi con eminente funzione devozionale. la poesia spirituale si sviluppò in un certo senso a margine di ora senza assumere in modo diretto questioni dottrinali, ma accogliendo e interpretando la dinamica storica Allora in corso secondo forme distinte dalla tradizione della poesia sacra, presente sin Dai primi secoli della nostra storia letteraria. ancora prima della piena maturazione della poesia spirituale Nella seconda metà del secolo, fu una riscrittura integrale del canzoniere ad aprire la strada. degli stessi anni è la poesia che matura a margine del circolo degli spirituali, un gruppo di Chierici e letterati vicini all'insegnamento di Juan de Valdes e alla figura del Cardinale Reginald Pole. protagonisti di quel movimento furono soprattutto Marcantonio Flaminio e Vittoria Colonna. la sua edizione delle rime spirituali ebbe norme rilievo e segnò Una svolta a due punti nei sonetti si consumava uno scavo interiore che proiettava debolezze e angoscia terreni al cospetto delle questioni di Fede. il modello petrarchesco, assorbito e ripreso, si caricava di risonanze inedite attraverso un discorso evocativo, una trama di pensiero scorciata fin sulla soglia dell'oscurità, che affrontava il momento della crocifissione o la figura della Vergine per interrogarsi sul destino fatte e dette. la scelta dell'italiano nasce dalla consapevolezza che il volgare non è inferiore al Greco al latino, a condizione di sgrossarlo. l'innovazione linguistica e la carica di realismo sono i cardini della commedia di Machiavelli: i ragionamenti e discorsi del personaggio non risultano mai artificiosi se non quando sono deliberatamente caricaturali, Perché l'autore riesce ad assorbire nel tessuto comunicativo della sua commedia un patrimonio letterario e Municipale di invenzioni lessicali, giochi di parole, doppi sensi: espressioni che non sono reperti di tradizione riforgiati, ma parte viva della lingua colloquiale di Machiavelli. Né il teatro cinquecentesco in lingua, né tanto meno lo stesso Machiavelli poterono mai competere con i vertici della commedia di Callimaco e Lucrezia. alla mandragola Tuttavia si può accostare per il naturalismo linguistico e per l'intento di ottenere una rappresentazione graffiante di un aspetto della vita sociale, la prima stesura pasquinesca della cortigiana dell’Aretino. di altro spirito, ma composto a Roma negli stessi anni della cortigiana e animato da una innocua satira contro il borioso sapere dei presunti umanisti cui si affiancano pungenti allusioni ai malcostumi dell'Urbe Clementina, è il Pedante di Francesco Belo. nella fluviale, spesso monotona, produzione comica di quegli anni si possono annoverare anche Alcuni testi di rilievo, fra cui negli anni Venti e quaranta la lunga e seconda esperienza dialettale del padovano Angelo Beolco. 4. comporre La nuova drammaturgia  le prime riflessioni in italiano sulle forme del Teatro Moderno si devono a Giraldi Cinzio.  Giraldi difende la sua possibilità di scegliere un soggetto tragico di invenzione, non vincolato dalla tradizione storica. carattere distintivo della tragedia è la funzione catartica: la tragedia con l'orrore e con la compassione mostra ciò da cui dobbiamo fuggire e ci purga dalle perturbazioni nelle quali sono incorse le persone tragiche, insegnando a fuggire i vizi e seguire le virtù. 5. terzo genere  Giraldi Compose Anche varie tragedie a lieto fine. l'autore si atteggiava al restauratore di un genere perduto lasciando intendere di avere per primo ricondotto a una dimensione regolare una multiforme tradizione che aveva a lungo segnato il panorama letterario e teatrale del primo Cinquecento. si differenziava dalla tradizione dei libri pastorali, sia da modelli illustri, sia dai testi bucolici, spesso di facile consumo, prodotti nei primi decenni del Cinquecento soprattutto dall'industria tipografica Veneziana. Giraldi propone anche una formula innovativa: l'introduzione del mondo arcadico nel recinto della drammaturgia regolare, che dà origine a una tradizione tutta Ferrarese. Nella tragedia come nella commedia Il fine della poesia, che è aristotelicamente la meraviglia, consiste nel rapido rivolgimento di un destino da positivo in negativo e viceversa. alla meraviglia deve essere congiunto un insegnamento morale e civile e, più In generale, il dramma deve trasmettere cognizioni relative all'esperienza umana. la catarsi viene estesa figurativamente alla commedia che avrebbe dovuto insegnare a temperare l'ira e accettare con il sorriso le disavventure della vita familiare, nel contempo apprendendo a schivarle.  IX  TRATTATISTICA SULL'UOMO E SUL POTERE  1. l'arte del dialogo  Nel corso del Quattrocento la letteratura del mondo classico aveva goduto di un prestigio sempre crescente. nelle opere degli antichi si riconosceva il modello originario cui occorreva adeguarsi, Tanto più che gli autori che venivano riscoperti o conosciuti meglio erano di altissimo livello, a partire da Cicerone e Platone. proprio di queste due grandi figure si ritrovarono e lessero con passione i dialoghi. questi testi, fondativi del pensiero e della stessa identità Europea, incrociavano una forte esigenza di auto-rappresentazione sentita da quel nuovo tipo di intellettuale che era l'umanista, spesso legato a una corte dai confini ristretti, ma orientato a un ampio confronto internazionale, favorito dal comune uso del latino. in un tale contesto, il genere del dialogo letterario si presentò come una forma adeguata per soddisfare la nuova convergenza di filologia e Sociologia. i nuovi autori potevano emulare i grandi dell'antichità, potevano rappresentare un mondo di libera discussione e di amicizia: attraverso il modello antico si costituiva una nuova ideologia della sodalitas, cioè dell'Autonomia dei letterati. gli autori moderni servono a rappresentare anche la conflittualità del loro mondo, agitato da tensioni culturali e politiche spesso assai complesse. Tuttavia non si può negare che quel genere consentiva ad avere una rappresentazione ideale della vita degli intellettuali, impegnati in una conversazione libera, improntata al modello delle Humanitas. il dialogo diventa lo specchio delle élite contemporaneo. dal punto di vista tecnico Si ha un narratore esterno al racconto che è presente ai personaggi e ne introduce le battute. il medesimo impianto venne adottato da Castiglione nel libro del cortegiano, Salvo la sua decisione di non camuffare i personaggi con dei nomi inventati, mettendo invece in scena che avrebbe potuto effettivamente frequentare l'ambiente della corte di Urbino nel 1507, cioè al tempo in cui l'autore finge che il dialogo si sia svolto. il genere del dialogo ha una ricchissima disponibilità tematica: amore, vita di corte, problemi linguistici. il dialogo è una forma adatta ad accogliere insemi svariati, da quelli altissimi della filosofia e della spiritualità all'etica e alla teoria del comportamento, ma anche gli argomenti di carattere pratico al riconoscimento dell'influsso classico. Bisogna però affiancare un altro tipo di considerazione. il dialogo mimetico prevale a partire dal quarto decennio del secolo, e ciò è dovuto Probabilmente al venir meno del quadro culturale che aveva consentito la rappresentazione narrativa di eventi sociali in quanto cornici di dibattito. con la piena diffusione del volgare negli anni trenta del Cinquecento e col consolidarsi di nuove professioni di nuove forme di aggregazione intellettuali estranee al mondo della Corte, si sarebbe affermata una diversa modalità rappresentativa, volta rappresentare un ceto mediocre, socialmente intermedio. 2. l'illusione del reale  la Calandria di dovizi da Bibbiena si apre con una duplice provocazione logica. la prima è di carattere comparativo: il pubblico è sollecitato a credere possibile l'ammirabile somiglianza dei due gemelli protagonisti della commedia, a partire dall'esistenza dei due fratelli romani Antonio e Valerio Porcari, viventi a quella stessa epoca e talmente simili da essere scambiati l'uno per l'altro. la seconda è di carattere estensivo: gli spettatori sono invitati ad accettare la finzione teatrale a partire dalla loro esperienza effettiva, visto che dovranno considerare quel che accade in scena come se fosse in continuità con la loro vita quotidiana. la commedia fu rappresentata nel carnevale del 1513 nella sala del Palazzo Ducale di Urbino, a beneficio dei Cortigiani e dei diplomatici che frequentavano abitualmente quegli ambienti. fu montato il palco, con un impianto scenografico che ripartiva lo spazio effettivo in due zone distinte. la minuta ricostruzione della messa in scena mostra il profondo gusto dell'illusionismo. questa dimensione illusionistica è ulteriormente rafforzato dal fatto e su quel fondo dipinto si trovava una rappresentazione della Città Ideale, che contribuiva rimodulare in senso teatrale la sala urbinate, valorizzando il recupero della scena comica Antica. il 6 giugno del 1537 aretino Invia una lettera a Sperone Speroni per ringraziarlo del dono di un manoscritto contenente il dialogo d'amore, raccontando che qualche sera prima un amico comune aveva recitato in casa sua graziosissimamente il dialogo stesso. anche lì gli spettatori restano stupefatti. Sarebbe facile individuare altri esempi di questa dimensione illusionistica, basta Infatti aprire un qualunque dei dialoghi composti tra gli anni trenta e gli anni 70 per trovarci dentro la tecnica del dialogo incastonato in un altro dialogo, oppure la citazione di altre opere, oppure i riferimento al fatto che mentre i personaggi stanno ragionando c'è tra loro qualcuno che sta trascrivendo i loro discorsi. questa illusione del reale attraversa tutte le arti cinquecentesche e ne permea la stessa filosofia. 3. Uso e opinione nella letteratura sul comportamento  un ampio filone della produzione letteraria rinascimentale italiana è costituito dalla cosiddetta letteratura sul comportamento. con questa espressione si intende un ricco insieme di opere che vivono nella forma del trattato, del Dialogo, della raccolta di precetti o della narrazione novellistica. illustrano il modello cui il gentiluomo e la gentil donna devono conformarsi per essere ammessi nella conversazione, cioè nelle forme della socialità e dell'intrattenimento collettivo. opere di questo tipo sono esistite già prima del Cinquecento ma ancora una volta è necessario considerare decisiva la svolta successiva all'inizio delle guerre d'Italia. con la discesa di Carlo VIII nel 1494 e il conseguente tracollo degli orizzonti sociali e culturali fino ad allora consueti, Si imposero infatti problemi nuovi che resero necessario un ripensamento complessivo della natura della convivenza umana. la destinazione funzionale del discorso faceto è la gestione dell'ozium, che in quanto tale va riferito a un ambiente sociale ristretto, costituito dal gruppo dei sodali, i quali Devono risultare conformi ad un certo comportamento, a sua volta ispirato alla regola aristotelica della mediocritas. il controllo delle competenze espressive rientra Dunque in una forma del vivere descritta da Quondam come l'ideale aristocratico della conformità e dell'adeguamento a parametri precisamente individuati. L'esistenza stessa di questo tipo di opere si spiega come l'effetto di trasformazione
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