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Riassunto manuale - La società di antico regime, XVI-XVIII secolo: temi e problemi storiografici, Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto del manuale di storia contemporanea

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Caricato il 19/11/2019

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Scarica Riassunto manuale - La società di antico regime, XVI-XVIII secolo: temi e problemi storiografici e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! STORIA MODERNA CAPITOLO 1: IL LAVORO DELLO STORICO 1.1: STORIA E STORIOGRAFIA La parola storia è piuttosto ambigua e possiede diversi significati. Infatti, per la lingua italiana storia può essere: • REALTA' OGGETTIVA: evento --> storia • PRODOTTO SOGGETTIVO: narrazione --> storiografia • RACCONTO STORIA: deriva dal latino "historia" che a sua volta deriva dal greco antico "historein" --> osservare, cercare di sapere, vedere, formarsi e indagare. La storia è in primo luogo STORIOGRAFIA: qualsiasi approccio alla conoscenza della storia è veicolato dai libri degli storici. Tutto quello che noi conosciamo è passato attraverso i libri degli storici. Fin dall'antichità le funzioni della storiografia sono: • RICORDARE: da qui deriva la storia narrativa • AMMAESTRARE: da qui deriva la storia pragmatica • SPIEGARE: da qui deriva la storia scientifica La storiografia risponde ad un'esigenza fondamentale: LA RICERCA DI IDENTITA'. L'identità è ciò che definisce comuni tra loro dei simili e che allo stesso tempo li distingue da tutti gli altri. L'oggetto della ricerca storica è la società in cui l'uomo vive e le trasformazioni di quella società nel corso del tempo. La storiografia ha quindi come coordinate fondamentali il TEMPO e lo SPAZIO. 1.2: STORIA E MEMORIA Una persona che viene privata della propria memoria perde la sua identità e quindi c'è la necessità di qualcuno che aiuti quella persona a recuperare la memoria raccontandogli chi è e narrandogli il passato. È chiaro che quel passato è ricostruito e quindi non sarà mai il proprio passato, ma uno filtrato e selezionato dalla memoria altrui. La trasmissione della memoria nelle società umane è qualcosa di essenziale e necessario e può manifestarsi sia attraverso la storiografia, sia attraverso riti collettivi. La pratica storiografica si fonda sulla memoria ma non deve mai identificarsi con essa. STORICO: è colui che può risalire alla memoria dei testimoni. Egli fornisce una lettura del passato sempre in chiave soggettiva --> la memoria umana è sempre selettiva. La memoria cerca sempre di avere delle prove che però valgono solo per quelli che hanno già riconosciuto la veridicità della testimonianza e siano chiamati a convalidarla. Lo storico deve essere un interprete critico dei fatti. Nel mondo antico e nel medioevo, lo storico era colui che aveva avuto accesso alle testimonianze di chi era stato più vicino ai fatti. Oggi la presenza dello storico-testimone è spesso considerata un elemento di inquinamento delle prove. La memoria resta comunque la materia prima della storia e contrapporre la memoria/ testimonianza alla storia/analisi è un'operazione sbagliata. 1.3: SCRIVERE DI STORIA FRANCOIS FURET: storico francese che nel 1975 pubblicò un articolo polemico nel quale sintetizzava i presupposti della "nuova storia" francese. Egli dichiarò definitivamente tramontata la storia-racconto dominata da cronologia, evento, individualità, a favore della storia-problema. Secondo Furet, lo storico francese doveva avvicinarsi sempre di più all'approccio scientifico, affiancandosi ad altri scienziati sociali e lavorando più che sui singoli avvenimenti, sulle strutture e sui quadri socio- economici di lungo periodo. Per convertirsi in scienza la storia avrebbe dovuto eliminare gli avvenimenti. LAWRENCE STONE: storico inglese che nel 1979 pubblicò un articolo nel quale constatava che sul piano della spiegazione dei grandi fatti storici, non si poteva sostenere che la risposta fornita dalla storia economica-sociale e quantitativa fosse più sicura ed oggettiva di quella fornita da una storiografia che enfatizzava il ruolo delle grandi personalità. Egli trasse una grande conclusione, ovvero che la narrazione è un modo di scrivere la storia, ma è anche un modo che coinvolge ed è coinvolto dal contenuto e dal metodo. Il ritorno alla narrativa implicava la consapevolezza che la narrazione e l'eleganza stilistica rappresentavano componenti ineliminabili del "discorso storico". STORIA COME RACCONTO: la storiografia nasce come racconto e strettamente congiunta con i generi letterari. Fare storia significa RACCONTARE UNA STORIA vera anziché inventata. Isidoro da Siviglia, all'inizio del VII secolo sottolineò la differenza tra storie, argomenti e favole: • STORIE: fatti accaduti • ARGOMENTI: fatti che sarebbero potuti accadere • FAVOLE: fatti ne' accaduti nè che sarebbero potuti accadere perché contrari al naturale Anche sul piano della grafica e dell'impaginazione "vero" o "falso" è ciò che distingue il libro di storia dal libro di narrativa. Il primo si preoccupa di dichiarare le proprie fonti (prove), mentre il secondo no. ANALISI E INTERPRETAZIONE: il discorso storico si svolge su due piani distinti: • descrizione o narrazione • analisi o interpretazione, nel quale lo storico espone le proprie considerazioni relative all'accadimento storico. TECNICHE NARRATIVE: sul piano della narrazione lo storico ricorre in genere allo stile e alle tecniche mutuate dalla letteratura, può addirittura giocare sulle emozioni del lettore, seppure la sua materia prima debba essere sempre verificabile sui documenti. "Controriforma" compare per la prima volta alla fine del 1700 nell'ambito della cultura protestante tedesca, per indicare il ripristino dell'obbedienza confessionale nel Sacro Romano Impero tra il 1555 e il 1648. Solo alla fine del 1800, al concetto negativo di Controriforma si contrapporrà il concetto positivo di Riforma cattolica. In Italia il concetto fa riferimento ad un'autonoma spinta riformatrice nata all'interno della Chiesa. • LA CRISI GENERALE DEL SEICENTO: anche qui diverse questioni: • natura della crisi • carattere di crisi generale • ruolo della rivoluzione inglese • ruolo degli spazi italiani nel quadro della crisi. Una prima netta divisione fu tra: • storici marxisti: idee politiche di sinistra. Crisi del 1600 come primo segnale della crisi generale del "modo di produzione feudale" e del contestuale emergere dell'economia capitalistica. • storici anti-marxisti: orientamento liberale. Bisognava fare riferimento soprattutto alla sfera politica guardando alla frattura creatasi tra società e Stato. Una seconda netta divisione fu tra: • chi considerava il 1600 come un secolo di crisi. Sguardo rivolto soprattutto all'Europa centro meridionale e cattolica dominata dalla feudalità. • chi individuava nello stesso secolo elementi di sviluppo e di crescita economica e sociale. Sguardo rivolto agli spazi settentrionali dell'Europa protestante e al mondo atlantico. IL SETTECENTO E' DAVVERO IL SECOLO DEI LUMI? Stereotipo storico individuare nel settecento l'Illuminismo, senza tenere conto che il secolo dei Lumi rappresentò un fenomeno di minoranza e un periodo dove la maggior parte di uomini e donne credeva ancora alla stregoneria e al demonio. C'era l'idea che l'Illuminismo fosse la matrice della rivoluzione e che la storia europea si identificasse con quella francese. I filosofi tedeschi di formazione marxista, vollero individuare nell'Illuminismo la matrice di una modernità razionalizzatrice e totalitaria, fondata su una concezione mitica della scienza e sulla volontà di giungere ad un pensiero unico. 2.LE MOLTE DIMENSIONI DELLA MODERNITA' 2.1: LA PERIODIZZAZIONE STORICA Le proposte di periodizzazione formulate dagli storici sono molte e nessuna di quelle può essere considerata definitiva. Le periodizzazioni servono a rendere pensabili i fatti per poter rendere pensabile il futuro. La storia della storiografia indaga sul processo di formazione dei criteri di periodizzazione e delle categorie storiche prodotti storici e storiografici. Per costruire una periodizzazione è necessario: • definire dei punti di partenza • adottare unità di misura temporale comparabili • individuare epoche con un segno in comune • costruire categorie storiografiche sulle quali fondare ipotesi interpretative. 2.2: DEFINIRE L'ETA' MODERNA: UN PROBLEMA EUROPEO L'età moderna è una categoria di periodizzazione densa di implicazioni. La parola moderno/a deriva dal latino "modo" e si può tradurre come "più recente". La categoria storiografica di età moderna viene fondata alla fine del XVII secolo dallo storico tedesco Christoph Keller, il quale trasferì nella storiografia una periodizzazione nata in età umanistica in ambito letterario, ma caricata di una valenza religiosa. Per Keller, l'età moderna non fu altro che la storia della rigenerazione spirituale dell'Europa data dalla Riforma protestante. La storiografia successiva ha mantenuto questo schema, alternando epoche di decadenza ed epoche di rinascita (es. Controriforma- Illuminismo / Restaurazione-Risorgimento). 2.3: ALCUNE PROPOSTE DI PERIODIZZAZIONE: QUANDO INIZIA E QUANDO FINISCE L'ETA' MODERNA? Inizio: • 1453: caduta di Costantinopoli e fine dell'Impero romano d'Oriente; avanzata islamica nel Mediterraneo; esodo degli intellettuali greci in Italia e inizio dell'Umanesimo greco. Ipotesi fortemente eurocentrica o occidocentrica. • 1492: scoperta del Nuovo Mondo americano che potremmo considerare come l'inizio del mondo "globalizzato", con il conseguente allargamento degli orizzonti geografici ed economici e straordinaria espansione della civiltà europea. Data della definitiva conquista del Califfato di Cordova e Granada da parte del re cattolico Ferdinando d'Aragona e conseguente cacciata prima di musulmani e poi di ebrei. • 1517: data dell'affissione delle 95 tesi di Martin Lutero sulla cattedrale di Wittemberg. Fine: • 1789: scoppio della Rivoluzione francese che pone fine all'Antico Regime e quindi alla fine dell'età moderna e inizio di quella contemporanea. • 1815: in Italia si preferisce questa data che corrisponde all'inizio del periodo della Restaurazione e che fa rientrare nell'età moderna sia la Rivoluzione francese che l'età napoleonica. • 1848: grandi rivoluzioni europee e l'emergere del movimento socialista (con Karl Marx) da un lato e dei partiti liberali dall'altro. • 1861: alcuni storici italiani indicano in quest'anno che corrisponde alla nascita del Regno d'Italia, la vera fine dell'Antico Regime per la penisola. • 1870: fine del potere temporale dei papi e completamento dell'unità d'Italia; guerra franco-prussiana; caduta di Napoleone III; proclamazione della Terza Repubblica di Francia e tragica esperienza della Comune di Parigi. 2.4: ETA' MODERNA O ANTICO REGIME? La categoria di Antico Regime equivale per noi a quella di età moderna. Questo modello sociale che è un vero e proprio "vecchio ordine", presenta degli elementi di crisi e di conflitto che ne segnano tutta la storia, ma che si fanno dirompenti solo nel Settecento (es. Illuminismo, fine dell'assolutismo francese, rivoluzione industriale) culminando con la Rivoluzione francese. La nascita di questa categoria storiografica rappresenta il punto di morte della medesima società. Le due parole (antico + regime) vengono utilizzate per la prima volta nel 1789 dai costituenti francesi per definire la società che intendevano spazzare via. Nel corso dell'ottocento, Alexis de Toqueville definì l'Antico Regime come quella società dalla quale l'Europa si stava faticosamente staccando. Hippolyte Taine invece affermò la sua prospettiva conservatrice, favorevole ad una monarchia costituzionale di tipo inglese e ad un ruolo attivo dell'aristocrazia. Nonostante l'origine francese del nome Ancient Regime, la categoria di antico regime è diventata una chiave storiografica in grado di caratterizzare un'epoca piuttosto lunga. Possiamo affermare che quando parliamo di età moderna intendiamo una categoria dinamica, mentre se parliamo di Antico Regime ci riferiamo a una categoria statica. 2.5: I FATTORI DELLA MODERNITA' Nello studio di qualsiasi società lo storico deve tenere in considerazione quattro fattori fondamentali: • ECONOMIA: derivano le condizioni materiali di una società. Comprendere le basi economiche della società, rapporti di proprietà, forme e modi di produzione, dinamiche economiche in atto. Per quanto riguarda l'Antico Regime, siamo in presenza di un'economia agricola e preindustriale, quindi non ancora determinata dallo sviluppo industriale. In Europa prevale la grande proprietà feudale o ecclesiastica a bassa redditività, ma sono presenti manifatture pre- capitalistiche prevalentemente tessili. • SOCIETA': su cosa si fondano le gerarchie sociali e quale è la loro natura, forme di mobilità sociale dal basso verso l'alto, dinamiche e conflitti sociali in atto. La società di Antico Regime si riconosce per corpi, ceti, ordini e non per individui. Ogni corpo, ceto, ordine ha dei privilegi, i quali hanno natura giuridica e non possono essere messi in discussione se non dal potere politico dominante. • POLITICA: modelli prevalenti del potere politico, forme di governo, fondamenti teorici e giuridici del potere. Nell'età moderna il modello politico prevalente è l'assolutismo (es. Francia e Spagna). Esistono però anche governi repubblicani a carattere oligarchico (es. Venezia, Genova). In tutto questo quadro fa eccezione la monarchia parlamentare inglese. • CULTURA: modelli culturali prevalenti di un'epoca, luoghi e forme di elaborazione delle conoscenze, figure intellettuali di riferimento, livello di diffusione dei saperi. In età moderna si fa riferimento al rispetto delle tradizioni religiose, filosofiche, politiche, ecc... L'autorità degli antichi domina sui moderni. La cultura è elaborata e fruita quasi esclusivamente dall’élite alfabetizzata, di cui il clero rappresenta a lungo la componente più significativa e numericamente consistente. La cultura scritta è ancora patrimonio di pochissimi uomini e solo con la Riforma protestante l'alfabetizzazione incomincia ad allargare la sua base e a coinvolgere gradualmente anche i ceti popolari. 2.6: SEI GRANDI CAMBIAMENTI CHE SEGNANO IL PASSAGGIO ALLA MODERNITA' Il fattore determinante per comprendere l'andamento demografico di un paese è sempre dato dalla mortalità. Essa è fortemente condizionata da fattori sociali e ambientali. Un alto tasso di mortalità è indizio di miseria e disagio sociale, mentre un basso tasso di mortalità e allungamento della speranza di vita sono segni di benessere. In Antico Regime si moriva molto più frequentemente in giovane età. Le cause di morte erano diverse e molto più numerose di quelle odierne. Si poteva morire di: • malattia • malattie egualitarie: (es. peste) che colpivano tutti • malattie legate all'ambiente malsano: (es. malaria) paludi e riguardavano solo i poveri • patologie alimentari: scorbuto o pellagra • sottoalimentazione: colpiva solo i ceti inferiori • gotta: colpiva solo i ceti più ricchi che si nutrivano esclusivamente di carne o cacciagione • clima: troppo caldo o troppo umido • fame: crisi alimentari, carestie cattivi raccolti • guerre • incidenti sul lavoro • morire per strada • percosse o maltrattamenti Pochi raggiungevano indenni la vecchiaia e quei pochi erano oggetto di rispetto in quanto portatori di una memoria e di un'esperienza che non tutti possedevano. La natalità è da sempre soggetta alle scelte individuali e quindi più condizionata da fattori sociali e culturali. In Antico Regime, si mettevano al mondo più figli di quanto non si faccia oggi nelle società d'Occidente. I metodi di controllo delle nascite erano più rudimentali e meno efficaci di oggi. Le ragioni per cui si facevano più figli erano molteplici: • figli considerati un investimento sul futuro • reazione alla presenza della morte • motivi religiosi • mancanza di contraccettivi efficaci. FERTILITA': capacità femminile di procreare in età compresa tra i 15 e i 45 anni FECONDITA': realtà produttiva costituita da un numero variabile. Entrambe possono essere determinate da fattori di ordine biologico, ambientale, sociale o soggettivo. CONTROLLO DELLA NATALITA' : • prima attraverso il controllo della nuzialità • limitazione di occasione di contatto fra i giovani • forme di contraccezione naturale o meccanica • aborto, abbandono o infanticidio Una limitazione della fecondità poteva essere data dalla morte del coniuge oppure dal fatto che le figlie femmine secondogenite o terzogenite della nobiltà e dell'alta borghesia venivano indotte a farsi monache perché le famiglie non intendevano più disperdere il patrimonio in numerose doti matrimoniali. 3.3: IL MONDO RURALE Il mondo rurale è un luogo di produzione di beni agricoli destinati per la maggior parte all'autoconsumo e in minor parte allo scambio. La terra lavorata dai contadini appartiene in primo luogo al sovrano o al principe territoriale (con beneficio feudale o proprietà), proprietari terrieri liberi, chiesa ed altri enti ecclesiastici, città, comunità rurali e in minima parte ai contadini. La comunità rurale era costituita dalle famiglie che vivevano al centro di una data area coltivata Quest'area: • poteva far parte di una grande proprietà fondiaria feudale • poteva essere costituita da piccole proprietà • poteva essere costituita da terre comuni distribuite in parti eguali fra gli abitanti. I componenti delle famiglie diminuivano in rapporto alla gerarchia sociale: più ricchi si era più la famiglia era numerosa. !!! per famiglia si intendeva tutti coloro che vivevano sotto lo stesso tetto, quindi servi compresi!!! Le uniche famiglie nucleari erano quelle dei braccianti e dei poveri. All'interno della famiglia contadina vigeva una divisione del lavoro abbastanza rigorosa --> gli uomini si occupavano dei lavori più pesanti, mentre le donne si occupavano delle faccende domestiche. La famiglia rurale non comprendeva solo genitori e figli ma anche tutti i parenti (es. Nonni). Per quanto riguarda i contadini agiati, facevano parte della famiglia anche i servi e i garzoni che venivano ospitati in casa in cambio del loro lavoro. COMUNITA' DI VILLAGGIO: corpo sociale, persona giuridica che rappresenta tutti i contadini. Ogni comunità ha un suo statuto e organi di governo che regolano e distribuiscono il carico fiscale e organizzano le corvées. L'organo decisionale è l'assemblea dei capifamiglia affiancati da un consiglio ristretto ad alcune magistrature che amministrano i beni della comunità. Spesso la comunità concede ai singoli cittadini una parte dei beni comuni in affitto, dietro pagamento di un canone, ma per lo più li affida in concessione gratuita con l'impegno di curarne la manutenzione. Tra i compiti più importanti della comunità di villaggio vi è il riparto del carico fiscale fra le famiglie. LA PARROCCHIA: è comunità di anime affidata alla cura di un parroco e per lo più intitolata ad un santo patrono. I beni della parrocchia sono distinti da quelli della comunità e sono esenti da tassazioni. Ogni parrocchia possiede beni immobili e un patrimonio terriero costituito da case e campi, in genere concessi in affitto ad alcuni contadini del villaggio. La parrocchia percepisce dai parrocchiani la decima ecclesiastica e altri tributi in denaro o in natura. All'interno delle singole parrocchie si organizzano delle confraternite con compiti religiosi, di assistenza e di beneficenza. A partire dagli anni successivi al Concilio di Trento, il parroco svolge anche funzioni di ufficiale di stato civile essendo incaricato di tenere e aggiornare il registro parrocchiale. 3.4: LE BASI AGRICOLE DELL'ECONOMIA. IL FEUDO. In Antico Regime, una grande quantità di prelievi si abbatte sulla terra lavorata dai contadini, a tutto vantaggio dei ceti superiori. Nei paesi cattolici, la forma di prelievo più diffusa è la decima ecclesiastica, originariamente destinata alle parrocchie e successivamente estesa a tutti gli enti ecclesiastici presenti sul territorio. La decima venne abolita dalla Riforma in tutti i paesi protestanti. Accanto alla decima troviamo la rendita signorile. Oltre alle corvées imposte ai contadini, ai signori spettano: • ricavi dei pedaggi • diritti di transito su tutte le merci che attraversano il loro feudo • diritti sui mulini, forni e frantoi, raccolta dell'uva e produzione del vino e di olio, pesca, utilizzo dei prodotti del bosco • diritti sui mercati settimanali e sulle fiere annuali. Nel caso dei signori assenteisti, le rendite vengono raccolte a loro nome dagli amministratori. Altre rendite vengono percepite dai proprietari terrieri non nobili che concedono in affitto ai contadini le loro terre o che stipulano con loro diverse forme di contratto agrario (es. Affittanza, mezzadria). In alcuni casi il padrone fornisce ai contadini solo la terra e la casa, in altri anche una parte del bestiame e degli attrezzi agricoli. In alcuni casi i contadini possono trattenere per sé una quota fissa del raccolto, in altri casi una quota proporzionale al prodotto agricolo. AFFITTO: diffuso soprattutto nella pianura lombarda. Il grande affittuario era un imprenditore agrario che versava al padrone un canone fisso in denaro in cambio della possibilità di far fruttare il terreno e di vendere sul mercato i suoi prodotti. L'azienda agraria produceva essenzialmente per il mercato e l'affittuario può essere paragonato ad un moderno capitalista agrario. Oltre al canone fisso in denaro, l'affittuario era tenuto a fornire ogni anno al padrone anche alcuni prodotti agricoli in natura. La forza lavoro impiegata nei terreni dell'affittuario era costituita da braccianti salariati. I lavoratori stagionali venivano pagati in denaro; i giornalieri fissi vivevano una condizione molto simile a quella servile: piccola parte in denaro + vitto e alloggio all'interno delle grandi cascine padronali. Un' ulteriore rendita di "usura" è quella derivante da ipoteche sui terreni o da crediti concessi precedentemente e mai interamente saldati. GRANDE PROPRIETA' TERRIERA: • FEUDO: concesso temporaneamente ad un vassallo in beneficio, come remunerazione di un servizio prestato ed è collegato con una giurisdizione. Non è quindi una proprietà privata, ma un bene detenuto in concessione. I feudatari possono essere solo i nobili o le istituzioni. • ALLODIO: bene goduto in piena proprietà e non collegato con l'esercizio di giurisdizione. Gli alloderi possono essere nobili o borghesi ed anche contadini. Da queste due forme di possesso si distingue il demanio come insieme delle terre del principe territoriale. Il principale organo amministrativo cittadino è il Consiglio Comunale del quale fanno parte solo gli esponenti delle famiglie più eminenti. In alcuni casi: • l'amministrazione cittadina è presieduta da un magistrato elettivo espressione del consiglio • l'amministrazione è presieduta o sottoposta al controllo di un rappresentante del principe o della città dominante. • In altri casi l'amministrazione cittadina recluta autonomamente una propria burocrazia. Ad un livello inferiore rispetto al patriziato urbano si distingue un ceto borghese formato dagli esponenti delle famiglie mercantili che si riconoscono nelle Corporazioni di mestiere o nei Collegi delle arti. Il comune rappresentava un insieme di forze autonome ed indipendenti che agitavano talora in corso, talora in opposizione fra loro e che nell'equilibrio dei reciproci e "particulari" interessi trovava la sua ragion d'essere. Universitates: autonomi raggruppamenti di natura diversa riconosciuti come soggetti di diritto e non sottoposti ad una conferma superiore. Il nome di università deriva da qui. 4.3: IL MONDO DEL LAVORO E IL SISTEMA CORPORATIVO Lavoro artigiano: era una delle caratteristiche delle città del medioevo e della prima età moderna, prima che i grossi stabilimenti industriali si dislocassero verso le zone industriali/artigianali. Grande finanza + commercio internazionale: avevano maggior peso economico rispetto alle molteplici piccole imprese artigiane. CORPORAZIONE: associazione di persone definita da comuni finalità. Autonomia giuridica --> diritti, potere e obblighi distinti da quelli dei suoi membri. La Corporazione poteva quindi operare nel nome dei suoi appartenenti, senza coincidere con le persone fisiche che la componevano. La Corporazione agiva nei confronti dei suoi membri definendo e imponendo il rispetto di regole comuni e distinguendo i reciproci ambiti giurisdizionali. La Corporazione rappresentava la principale garanzia del mantenimento di standard qualitativi, assumendo un connotato pubblico. Con l'affermazione dei poteri signorili o monarchici, in alcuni casi si giunge all'abolizione degli organismi corporativi. In molti casi invece, furono soggette a provvedimenti di riforma imposti dal potere politico. Fra il 1400 e il 1500, le Arti e le Corporazioni divennero uno dei principali strumenti di disciplinamento e di rafforzamento delle nuove gerarchie urbane. Erano esclusi dalle Corporazioni gli stranieri o tutti coloro che le Corporazioni cittadine ritenevano tali: abitanti del contado, ebrei (dopo la Riforma anche appartenenti a fedi cristiane diverse da quella dominante), donne. Queste ultime potevano far parte della Corporazione sono nel caso in cui fosse venuto a mancare il marito (artigiano corporato) o il padre, ma non potevano ricoprire cariche sociali. COLLEGI: rappresentavano tutte le attività professionali. Tutti costoro avevano come obiettivo il riconoscimento di un titolo nobiliare e l'ingresso a pieno titolo nell'élite degli ordini privilegiati. 4.4: ARTI E GERARCHIE SOCIALI Per essere riconosciuti cittadini era necessario esercitare un'arte o essere inquadrati in una corporazione. L'aristocrazia faceva parte a sé e non esercitava certo il potere nelle istituzioni cittadine. Gli artigiani erano i cittadini per eccellenza. L'arte è soprattutto il mestiere. I maestri artigiani erano i capi-bottega e gli insegnanti, imprenditori, cittadini e uomini politici. Arti e Corporazioni procedevano secondo una gerarchia: 1. fabbri 2. pellicciai 3. tessitori e sarti 4. drappieri e orefici Per esempio a Firenze, nel 1300, i medici vedono ridurre il proprio prestigio all'interno del Consiglio in quanto dalla loro Arte maggiore dipendevano solo i barbieri. 4.5: DENTRO LA BOTTEGA. LE REGOLE DELLE ARTI E DEI MESTIERI All'interno di ciascuna bottega la piramide gerarchica è strutturata così: Contratti di apprendistato: per lo più a carico della famiglia dell'apprendista. La bottega era prima di tutto una scuola e il maestro era un docente. Il lavoro dell'apprendista non era retribuibile in quanto svolto durante un periodo di formazione. CAPITOLO 5: I CETI BORGHESI E LE ORIGINI DEL CAPITALISMO 5.1: CHI SONO I BORGHESI DI ANTICO REGIME? UN TENTATIVO DI DEFINIZIONE Nel medioevo con il termine "borghese" si indicavano gli abitanti dei borghi o delle città. Tra il 1400 e il 1500 la qualifica di borghese è stata attribuita ai soli abitanti di una città dotati di privilegi, di pieni diritti di cittadinanza e titolari di un'attività. Collocati ad un livello poco inferiore rispetto al patriziato urbano, si distingueva così un ceto borghese formato dagli esponenti delle famiglie mercantili che facevano parte delle Corporazioni di mestiere, o dai professionisti che si riconoscevano nei Collegi delle Arti. In molti casi, fra il 1400 e il 1500, saranno proprio le famiglie borghesi più antiche a costituire il nucleo più consistente dei patriziati urbani. Nella Francia del 1600 il borghese è ancora disprezzato dai nobili. Un secolo dopo si indica genericamente come borghese chi fa parte del terzo stato, ossia chi non è né ecclesiastico né nobile. Le borghesie di Antico Regime sono composte da due gruppi di riferimento: • mestieri del denaro: proprietari e uomini d'affari • mestieri del sapere: professionisti e funzionari. 5.2: FRA ECONOMIA NATURALE ED ECONOMIA MONETARIA Gli storici del medioevo si sono interrogati se l'economia dei secoli compresi tra il V e il XV fosse naturale o monetaria, ma nessuno riusciva a dimostrare quale fosse la vera natura del sistema economico in oggetto, ne in quali secoli o anni fosse avvenuto il mutamento. Oggi quel dibattito appare superato in quanto si è dimostrato che nel corso di un millennio, mentre il ruolo della moneta si faceva via via più significativo, lo scambio di beni contro altri beni permaneva a lungo e in alcuni casi si consolidava. Prova ne è che ancora nell'Italia della prima metà del Novecento, sulla base di certi contratti agrari, i contadini venivano retribuiti parzialmente in natura, mentre in alcuni mercati europei del medioevo la totalità degli scambi avveniva già in denaro. La moneta veniva utilizzata di preferenza per certi impieghi, ma non per altri: ad esempio per il pagamento di tributi e ammende, ma non per l'acquisto di beni. È probabile che l'affermazione dei moderni sistemi fiscali abbia favorito il diffondersi della moneta, forse in misura maggiore rispetto all'estensione dell'economia di mercato. dell'igiene si assiste anche alla progressiva diffusione della biancheria e si passerà dalla biancheria in lana a quella in cotone. Riscaldamento e illuminazione: i metodi di illuminazione e riscaldamento iniziano a diffondersi nel corso del XVIII secolo, così come i vetri di grandi dimensioni alle finestre delle case. L'illuminazione delle strade determina sia una percezione di maggior sicurezza, sia la possibilità di allungare in molti ambiti l'orario di lavoro. Le stufe entrano a far parte dell'arredo domestico sostituendosi ai focolari e ai caminetti. La stufa coronerà così un diverso modo di vivere e socializzare. Tutto ciò implica la disponibilità di nuove fonti d'energia, il carbone fossile piuttosto che la legna da ardere. Abitazioni: all'interno delle abitazioni del ceto medio urbano, nel corso del 1700 avvengono fondamentali trasformazioni nella dimensione delle abitazioni: • corridoi che collegano le stanze mantenendole isolate l'una dall'altra • zona notte distinta dalla zona giorno • primi servizi igienici interni alla casa • armadi e comò sostituiscono i bauli e le cassapanche • poltrone e divani sostituiscono i sedili e le panche • letti dotati di lenzuola • cucine ed eleganti sale da pranzo si ornano di credenze • nelle dimore degli uomini di cultura non possono mancare la biblioteca e la scrivania Abbigliamento: la miseria delle campagne non consente molte variazioni nell'abbigliamento. In ambito urbano un nuovo costume si afferma e i borghesi diventano i protagonisti del mercato della moda. I prodotti in cotone sostituiscono rapidamente quelli in panno e in lana, consegnando la seta ad un mercato di nicchia e di lusso. Le stoffe in cotone provenienti dall'Inghilterra si affermano ben presto anche in Francia. Quasi tutti indossano la biancheria e la camicia viene cambiata quasi ogni giorno. Gli abiti sono più leggeri e vanno sostituiti più spesso. La moda diventa un'industria e il gusto si raffina e si estende ai ceti medi. CAPITOLO 6: LE NOBILTA' EUROPEE 6.1: "NOBILTA'": LA GENESI DI UN CONCETTO Aristocratico-aristocrazia: dal greco "aristos" e significa "governo dei migliori". Nel mondo greco l'aristocratico era colui che si distingueva fra tutti per particolare valore. L'aristocrazia non era nobiltà di sangue ma di virtù e spirito. Nel mondo romano l'élite era rappresentata dal patriziato, ossia i discendenti di un pater. Nobiltà: nel mondo tardo antico e medievale si indicava colui che per nascita, o per titolo concesso da un sovrano, godeva di privilegi. La nobiltà è un ceto. I tre elementi costitutivi della nobiltà antica erano: 1. nobilitas: natali illustri 2. virtus: virtù e coraggio militare 3. certa habitatio: possesso di una casa e di una terra. Classe: distinzione di un gruppo sociale in base alla posizione economica all'interno del processo produttivo. Ceto: distinzione di un gruppo sociale in base alla posizione all'interno della gerarchia sociale. Ordine-stato: distinzione di un gruppo sociale in base alla posizione giuridica all'interno di una gerarchia prestabilita. Mentre la società borghese si autodefinisce in termine di classe, le società di Antico Regime si definivano in termini di ceto, ordine o stato. Lo storico e antropologo francese Georges Dumezil mostrò come la società fosse tripartita: • Sovranità: oratores-re sacerdoti --> governo della cosa pubblica, preghiera, sacrifici e difesa della piccola comunità dagli spiriti maligni. • Forza: bellatores-guerrieri --> esercizio delle armi e difesa attiva dei nemici. • Fecondità: laboratores-lavoratori --> impegnati in tutte le funzioni relative al quotidiano mantenimento e alla riproduzione della comunità ed erano vincolati da una serie di obblighi dai quali i primi due gruppi erano esentati. Nel 1936 gli storici francesi Marc Bloch e Lucien Febvre proposero uno studio-inchiesta sulla nobiltà. Il loro studio prevedeva un'analisi dall'esterno all'interno che affrontasse: a. status b. quantità: proporzione percentuale dei nobili rispetto alla popolazione totale c. stratificazione interna alla nobiltà: gerarchia, diversa dignità e diversi privilegi d. problemi di contatto e di influenza: con altri gruppi, con le comunità e con lo Stato. La proposta di Bloch e Fevbre non trovò subito riscontro ma dovette aspettare la seconda metà del Novecento. 6.2: L'ENIGMA DELLA NOBILTA' Le nobiltà sono i ceti privilegiati che detengono l'egemonia politica e sociale nelle società di Antico Regime. La nobiltà è un ceto distinto dal privilegio e i suoi tratti costitutivi sono: nascita, ruolo sociale, possesso. I titoli nobiliari hanno origine nel Medioevo e i principali titoli della nobiltà europea sono: • Duchi: prima comandanti e governatori militari, poi grandi feudatari • Marchesi: governatori delle province di confine o di importanza strategica • Conti: più fedeli collaboratori del sovrano e governatori delle contee • Visconti: inizialmente i sostituti dei conti, quindi feudatari con titolo ereditario di livello inferiore a quello dei conti • Visdomini: feudatari laici ai quali il vescovo delegava la propria autorità temporale • Baroni: nel Medioevo sono tutti i detentori di "alta signoria". In età moderna è la nobiltà feudale di natura inferiore. Questo significato antico dei titoli nobiliari si trasforma con l'inizio dell'età moderna quando le monarchie territoriali si creano fedeltà distribuendo titoli alle maggiori famiglie. Alcuni esempi: • Spagna: con la crisi economica della corona nel 1500 vengono creati nuovi titoli nobiliari che portano all'inflazione • Francia: ai funzionari dello stato vengono attribuiti titoli • Prussia: nel 1700 viene creato il titolo di Junker collegato all'esercizio di funzioni militari Privilegio: qualsiasi esenzione o distinzione rispetto ad un insieme di leggi o norme valide. Sono privilegi, per esempio, l'esenzione parziale o totale dal pagamento delle tasse, il diritto di portare la spada e il diritto di praticare la caccia. Conseguenza del privilegio è la disuguaglianza, che è uno dei fondamenti delle società di Antico Regime. È nobile solo chi dimostra di possedere "titoli di nobiltà". Più antica è la nobiltà e quindi il possesso di privilegi, più c'è rispetto nei confronti di chi li possiede. In realtà, in età moderna era un mito perchè poche famiglie, dopo il 1500, conservavano ancora il loro titolo nobiliare. Come si diventa nobili?: • per nascita • per diritto ereditario • per servizio, ottenendo dal sovrano un titolo in segno di ricompensa per i servizi prestati • per venalità Quali sono i principali tipi di nobiltà europea?: • Nobiltà terriera: di antica origine feudale. È detta "nobiltà di sangue" (ereditaria) o "nobiltà di spada" (di origine militare). • Patriziati urbani: nobiltà cittadina di origine comunale. I loro privilegi derivano dall'esercizio di più cariche amministrative. • Nobiltà di toga: più recente. Acquisita per diritto in seguito all'esercizio di alte cariche di giustizia. • Nobiltà di servizio: acquisita o confermata in seguito a servizi resi al sovrano. • Nobiltà di fatto: non titolare ma riconosciuta per consuetudine a coloro che si comportavano in tutto e per tutto come i veri nobili. La nobiltà può anche essere perduta, se chi è nobile non rispetta i requisiti imposti dal suo ceto. Per esempio, si può perdere la nobiltà se qualcuno dimostra l'impurità del sangue. In un sistema apparentemente rigido come quello di Antico Regime, si introduce la deroga che si estende progressivamente in tutti i paesi europei e che consente ai nobili di venire meno ad alcuni obblighi del loro ceto, previa autorizzazione del sovrano. Nelle società di Antico Regime, i ceti nobiliari sono alla costante ricerca di una legittimazione: • nei confronti dei poteri superiori cercando di giustificare la propria posizione di privilegio • nei confronti degli altri ceti privilegiati cercando di contrattare un nuovo sistema di privilegi e gerarchico al loro favore Per i figli della nobiltà di toga o di servizio erano previsti dei percorsi formativi per acquisire conoscenze nell’ambito della filosofia, del diritto e dell’economia, per poter accedere alle cariche pubbliche loro destinate. Per quanto riguarda la nobiltà di corte, fin dai primi anni del 1500, la cultura diventa un veicolo per fare carriera e per ottenere il favore del principe. Cortigiano diventa sinonimo di cortese e secondo Baldassarre Castiglione, quel titolo diverrà presto un modello ideale di formazione aristocratica. Nobiltà urbana e cortigiana VS nobiltà rurale: • Nobiltà urbana e cortigiana: raffinata e colta • Nobiltà rurale: rozza e incolta. Sviluppò una sua cultura come dimostra lo studio esemplare Vita nobiliare e cultura europea dello storico Otto Brunner. La sua tesi di fondo è che il ceto nobiliare europeo restasse pervaso di ideali cavallereschi fino alla metà del 1700. 6.6: NOBILTA’ EUROPEE A CONFRONTO FRANCIA: fin dal 1600 sono presenti due nobiltà: • Nobiltà di spada: di origine più antica. Deriva il suo potere dall’esercizio delle armi, dalle giurisdizioni feudali e dalla proprietà terriera. Titolo ereditario e gode di maggior considerazione sociale. Si mantiene autonoma dal sovrano al quale, spesso, si oppone. • Nobiltà di toga: di origine più recente. Deriva il suo potere dall’esercizio delle cariche di giustizia e finanza. Ha ottenuto il titolo nobiliare ereditario in virtù dei servizi resi al sovrano e gode di minor prestigio sociale. Controlla le principali magistrature. Deve la sua ricchezza dalle rendite degli uffici ed in misura minore dalla terra. Questa nobiltà dipende totalmente dal sovrano. INGHILTERRA: sono presenti due nobiltà distinte e indipendenti di origine diversa rispetto a quelle francesi. • Lords: detti anche Pari. Nobiltà di antica origine feudale, militare e terriera. Gode di grande considerazione sociale e di considerevole potere politico. Siede di diritto in uno dei due rami del parlamento: la Camera dei Lords. orientamento politico conservatore. Lo storico inglese Lawrence Stone ha affrontato l’analisi della nobiltà inglese sostenendo che indebitamento progressivo dato da spese eccessive e dispersione del patrimonio terriero, sono le ragioni principali della crisi nell’aristocrazia nel secolo precedente la rivoluzione. • Gentry: nobiltà di fatto. Minor prestigio sociale, esercita autorità in sede locale (giudici di pace, magistrati e deputati nella Camera dei Comuni). Di origine più o meno antica o recente. Il suo potere si rifà all’autorevolezza acquisita in sede locale e alla proprietà terriera. Autonoma rispetto al sovrano e orientamento politico progressista. RUSSIA: fino ai primi anni del 1700 troviamo un’aristocrazia di origine feudale (Boiardi) dotata di proprietà terriere e giurisdizioni estese. A partire dal regno di Pietro I il Grande si costituisce un’unica nobiltà di servizio suddivisa in tre livelli gerarchici e tre diverse carriere: militare, civile e di corte. Ci sono poi quattordici ranghi corrispondenti ai titoli nobiliari, sottoposti al potere assoluto dello zar. L’aristocrazia feudale viene trasformata in un ceto di funzionari al servizio dell’imperatore. Dopo Pietro I, la nobiltà russa non è più né feudale, né proprietaria. • Kniazata: legati alla famiglia imperiale e appartenenti alla più antica nobiltà feudale. Grandi proprietari terrieri, ambasciatori o ministri. • Druzina: = Boiardi. Grandi proprietari di origine feudale con beni nell’entroterra russo. governatori. • Nobiltà burocratica: alti dignitari, magistrati e funzionari di stato. • Piccola nobiltà di provincia: deriva o conserva il suo potere grazie ai ruoli burocratici ereditari nell’apparato ministeriale, nella magistratura o nel governo delle province. Il risultato di questa riforma la creazione di un sistema burocratico-militare su base aristocratica che consentirà alla nobiltà russa di acquisire sapere e cultura. POLONIA: nobiltà in soprannumero, priva di gerarchie formalizzate ma di fatto gerarchizzata. Tutti gli esponenti maschi maggiorenni della nobiltà hanno accesso al potere politico, siedono di diritto alla Dieta e godono dell’elettorato attivo e passivo alla carica di re. La Polonia è una monarchia elettiva ma di fatto nobiliare in quanto è una repubblica di nobili che eleggono il re. La Dieta nobiliare ha il potere di giudicare il re e di controllare il suo operato attraverso il senato. • Magnati: élite nobiliare che controlla la maggior parte delle terre e dei villaggi e che domina politicamente la Dieta. Possiedono palazzi e possono assoldare proprie milizie. • Nobiltà media: possiede il resto della terra e qualche villaggio. • Frazionari: possessori di frazioni di antiche terre demaniali. • Nobiltà povera: piccoli proprietari del tutto dipendenti dalla nobiltà maggiore. CAPITOLO 7: SOVRANITA’ E POTERE POLITICO 7.1: UNA DEFINIZIONE DI STATO MODERNO Il termine “Stato moderno” compare solo agli inizi del 1800. Gli storici hanno individuato sei caratteristiche del cosiddetto Stato moderno: 1. MONOPOLIO STATALE DELLA FORZA: costituzione di eserciti professionali e permanenti. Sviluppo della fanteria e dell’artiglieria (arma borghese e plebea) dotate di armi da fuoco leggere o pesanti, al posto della cavalleria dotata di armi bianche. Questi nuovi eserciti portano alla crisi della cavalleria e quindi della nobiltà che la rappresentava. Sempre più spesso gli eserciti sono formati da professionisti della guerra. 2. BUROCRAZIA PERMANENTE: dotata di competenza professionale ed esperienza amministrativa. Inizialmente notai e cancellieri al servizio permanente del sovrano. Quelli che oggi chiamiamo funzionari pubblici, nei primi due secoli dell’età moderna erano reclutati attraverso la chiamata diretta degli uomini più capaci; o in seguito alla vendita delle cariche e degli uffici (venalità); o attraverso la concessione di titoli nobiliari ereditari da cui ebbe origine la cosiddetta nobiltà di servizio. 3. DIPLOMAZIA PERMANENTE PRESSO LE CORTI STRANIERE: capacità di agire e sapersi muovere in maniera adeguata negli ambienti di corte, prerogative esclusive della nobiltà più istruita e più ricca. 4. MONOPOLIO STATALE DEL PRELIEVO: attraverso il fisco. Sistema di tassazione unico ed esteso a tutto il territorio dello Stato. Si può parlare di “stato fiscale” quando l’autorità fiscale viene a sostituirsi a quella militare come elemento caratterizzante dello Stato. 5. LEGISLAZIONE UNITARIA: su tutto il territorio dello stato, a scapito delle diverse ed autonome giurisdizioni territoriali o delle giurisdizioni particolari di ceti o gruppi privilegiati. Questa tendenza verrà realizzata solo nel corso del 1700, periodo in cui avviene il passaggio dal diritto comune ai codici scritti. 6. MERCATO AMPIO ED ESTESO: anche se vincolato dalla tendenza dello stato a regolamentare l’economia. 7.2: DAL PATTO FRA POTERI AUTONOMI ALLA RAPPRESENTANZA POLITICA Tre fasi successive alla formazione dello stato moderno: • PRIMA FASE: medioevo. Patto sancito fra poteri autonomi, nessuno dei quali s’imponeva sugli altri. • SECONDA FASE: età moderna. Affermazione del dominio del sovrano sugli altri poteri. Oligarchie: (es. Venezia e Genova). Fondate su organi rappresentativi dell’élite cittadine e su complicati sistemi elettorali. Per esempio, Venezia rappresenta il caso di una repubblica patrizia il cui ceto dirigente, prevalentemente mercantile, si trasforma nel corso dei secoli in un ceto chiuso e scarsamente disposto a cambiamenti. 7.5: BUROCRAZIA E UFFICI: DALLA VENALITA’ ALLA CARRIERA Il termine burocrazia venne coniato da Vincent Gournay a metà del 1700 per poi essere impiegato dagli economisti fisiocrati per denunciare il potere crescente dei funzionari governativi nella vita pubblica di Francia. Altri significati: • Sistema di potere dominato da funzionari e dalle loro regole poco trasparenti • Insieme degli impiegati pubblici Max Weber identifica il termine burocrazia come espressione idealtipica dell’autorità e dell’organizzazione razionale e funzionale dello Stato moderno. Secondo Weber, i sovrani assoluti sarebbero riusciti a esercitare il loro potere attraverso la titolarità degli uffici, ossia la concessione agli ufficiali del possesso patrimoniale della carica, concepita come un beneficio feudale. In molti casi gli uffici venivano messi all’asta e gli ufficiali dovevano acquistarli garantendosi la titolarità per sé e per i propri eredi. La vendita di uffici e cariche prende il nome di venalità. Nella prima età moderna, fino alla metà del 1500, la maggioranza degli uffici ha carattere patrimoniale o venale, mentre nella seconda età moderna tra il 1600 e il 1700, i pubblici ufficiali diventano funzionari stipendiati. Il servizio alle dipendenze dello Stato diventa una vera e propria “carica”. Lo sviluppo di una burocrazia permanente nasce con lo stato moderno. I segretari di Stato tendono ad assumere un ruolo preminente, mentre le funzioni amministrative tendono a specializzarsi. Nel 1500 si passa a un vero e proprio corpo autonomo di professionisti al servizio dello Stato. I vari ufficiale venivano selezionati: • Tra esponenti della piccola nobiltà desiderosi di distinguersi agli occhi del sovrano • Giuristi non nobili in base alle loro competenze e conferendo in cambio, titoli nobiliari • Si concedeva l’ufficio in beneficio, o lo si vendeva al miglior offerente. Il modello della venalità, nonostante appaia meno razionale e più ambiguo, si affermò con facilità in quanto consentiva di utilizzare un istituto antico, tipico del feudalesimo, come il beneficio. L’ufficio era considerato come un titolo d’onore ed era una titolarità non revocabile. In quanto bene patrimoniale trasmissibile e alienabile, esso era un veicolo che garantiva l’ascesa sociale di chi lo deteneva. La messa in vendita di alcuni uffici poteva rappresentare sia un rafforzamento della burocrazia, sia un modo per far affluire denaro nelle casse dello Stato. La venalità degli uffici rappresenta il passaggio dalla monarchia patrimoniale e contrattuale alla monarchia assoluta e burocratica: contratto fra il sovrano e alcuni esponenti dell’élite. Una parte della nobiltà quindi si trasforma da ceto autonomo a corpo dello Stato, subordinato al sovrano. CAPITOLO 8: GIUSTIZIA E FISCALITA’ IN ANTICO REGIME 8.1: LA GIUSTIZIA IN ETA’ MODERNA: VERSO IL MONOPOLIO DELLA GIURISDIZIONE L’esercizio della giurisdizione sul territorio era uno dei principali attributi del potere sovrano. Giurisdizione significava essenzialmente due cose: • Diritto di punire: monopolio della giustizia • Imporre tributi: monopolio del fisco La giustizia in Antico Regime era prerogativa esclusiva dello Stato sovrano ed espressione di un potere cetuale: esistevano tribunali di vario genere nei quali esercitava una giustizia diversa in base al ceto di appartenenza. La maggior parte dei giudici locali era nominata dal signore feudale che esercitava la giustizia sui suoi territori, tutelando i propri interessi oltre a quelli del proprio ceto. Solo per i casi più gravi e per i reati che coinvolgevano la nobiltà si ricorreva alla giustizia regia. Giustizia infragiudiziaria: giudizi o arbitraggi emessi fuori dai tribunali, ma ritenuti validi dalle comunità locali. Oggi potremmo definirla “giustizia privata”: in alcuni casi finiva per legittimare la stessa faida o “rivincita di sangue”. La realtà amministrativa e giudiziaria di Antico Regime appare ai nostri occhi assolutamente caotica. Caso francese: i magistrati erano per lo più officiers che avevano comprato la carica a titolo venale. • Livello più basso: prevosture, antiche giurisdizioni feudali e municipali • Livello superiore: balivati e siniscalcati, con autorità di tribunale di prima istanza nelle città prive di parlamento. • Livello intermedio: tribunali di presidio, con funzione d’appello • Quarto livello: parlamenti provinciali, vere e proprie corti d’appello • Supremo livello: Parlamento di Parigi. Inizialmente i parlamenti francesi erano 7, successivamente si alzarono a 14. I parlamenti di Antico Regime erano costituiti da due presidenti nominati dal re e da un numero variabile di consiglieri che potevano ambire al titolo nobiliare ereditario dopo aver esercitato la carica per un certo numero di anni. I parlamentari erano definiti Robins e possedevano prerogative di carattere più politico: • Facoltà di emettere sentenze regolamentari • Facoltà di pronunciare giudizi di equità • Facoltà di esercitare il diritto di registrazione Caso inglese: erano presenti • Sceriffi di contea: vigilanza, polizia e bassa giustizia • Giudici di pace: non togati e scelti fra gli esponenti della gentry. Trimestralmente si riunivano nelle Quarter Session riunioni itineranti per i crimini minori (giudicavano in base al Common Law – il diritto consuetudinario non codificato). Oppure si riunivano nelle Assizes, tribunali per i crimini più gravi (giudicavano in base al Civil Law – il diritto ispirato a quello romano). Esistevano poi a Londra quattro corti centrali con competenze diverse ma tutte fondate sul diritto comune. Organo supremo della giustizia regia era il Privy Council, presieduto dal re. In Antico Regime, i sistemi penali dell’area mediterranea seguivano il diritto romano- canonico, fondato sul metodo accusatorio o inquisitorio che prevedeva tre figure: 1. Accusatore o inquisitore 2. Accusato, al quale spettava il diritto di difesa 3. Giudice, al quale spettava il giudizio finale. In tutti i tribunali di Antico Regime i processi non erano pubblici. 2. • mezzi finanziari considerevoli 3. • competenze tecniche, che dovettero essere formate, come agronomi, geometri, contabili 4. • collaborazione dei soggetti tassabili e in primo luogo dei ceti privilegiati Come è facilmente intuibile, la realizzazione dei catasti fu ostacolata soprattutto dalla resistenza dei ceti privilegiati, che temevano l'aumento del peso fiscale a loro carico, ma anche dai sovrani che non volevano alienarsi il consenso della nobiltà e del clero. Le più significative riforme settecentesche in materia fiscale furono avviate nella Lombardia austriaca sotto il regno di Maria Teresa d’Asburgo. • 1749: ricostituita a Milano la Giunta per il Catasto • 1765: riforma della Ferma • 1770: abolizione definitiva della Ferma CAPITOLO 9: LA GUERRA E GLI ESERCITI 9.1: DALLE MILIZIE FEUDALI AGLI ESERCITI PERMANENTI Fino a non molti decenni or sono la storiografia dominante prevedeva una narrazione di guerre, battaglie e trattati di pace (storiografia denominata histoire-bataile da Marc Bloch). Entrata in crisi attorno alla metà del Novecento, la storia militare ha subito un rinnovamento grazie allo storico Michael Roberts, che nel 1956 propose per primo, la categoria storiografica di "rivoluzione militare". Successivamente fu Geoffrey Parker, grande studioso della Spagna moderna, ad estendere questa categoria storiografica dal particolare caso olandese e svedese studiato da Roberts, ad una dimensione europea più generale e ad estenderlo all'arco cronologico dei tre secoli dell'età moderna, individuando sette fattori chiave: trasformazione: • trasformazione organica passaggio dagli eserciti temporanei agli eserciti permanenti di grandi dimensioni permanenti; • trasformazione tattica che vede prevalere la fanteria sulla cavalleria, dopo l’introduzione delle armi da fuoco • mutamento strategico derivante dalla necessità di retribuire, alimentare e spostare sul territorio masse crescenti di uomini in armi e dai legami sempre più stretti fra guerra, politica e diplomazia; • importanza del militare in seno alla società, soprattutto in rapporto allo Stato e alla finanza; • ruolo della tecnologia applicata alla guerra; • architettura militare, in grado di ridisegnare il volto delle città fortificate; • nuovo ruolo della marina militare, decisivo nell'espansione coloniali delle grandi potenze europee. Nei decenni compresi fra il XV è il XVI secolo la maggior parte degli eserciti europei muta la propria natura da massa di uomini reclutati per brevi periodi a corpo disciplinato, gerarchicamente organizzato, in possesso di competenze professionali. Già a metà del 1400, i corpi dei picchieri, sostituiscono la fanteria leggera di molti eserciti mentre i soldati mercenari sostituiscono le milizie cittadine volontarie, e vieni così a crearsi un esercito interarmi (soluzione più efficace anche se costosa) composto da diversi corpi specializzati (cavalleria, fanteria, picchieri, balestrieri, bombardieri, ecc.). Il testimone più efficace di tale trasformazione è Macchiavelli, autore nel 1521 del trattato sull'Arte della Guerra. Il suo studio discuteva l’alternativa fra le milizie cittadine (le rimpiangeva in quanto i cittadini erano mossi da uno spirito di difesa della patria, ma allo stesso tempo riconosce che queste fossero sempre meno sicure a causa della crescente conflittualità urbana) della tradizione repubblicana e le compagnie mercenarie di quella signorile. della guerra A partire dalla metà del 1500, la guerra era anche questione di navi e flotte ben equipaggiate. Alcuni esempi: • Spagna vs Portogallo • Spagna vs Impero Ottomano • Spagna vs Inghilterra • Olanda vs rivali di tutto il mondo L’introduzione delle armi da fuoco sulle navi e la trasformazione delle stesse, segnano una tappa importante della vicenda di cui ci stiamo occupando. 9.2: DALL’ARMA BIANCA ALLE “BOCCHE DI FUOCO” Il passaggio dall'arma bianca all'arma da fuoco ha rappresentato una delle più grandi rivoluzioni nella storia dell'umanità, destinata a mutare radicalmente il modo di fare la guerra e destinata anche a trasformare i rapporti fra i ceti sociali. Per secoli la cavalleria aveva rappresentato il nerbo degli eserciti medievali e il valore militare, con la nobiltà che aveva fatto sue queste qualità e le aveva poste a fondamento della propria posizione privilegiata. La massa dei soldati era formata prevalentemente da contadini e popolani armati in maniera approssimativa. Con l'introduzione delle armi da fuoco sempre più importante divenne il ruolo dell'artiglieria che sostituendo progressivamente, insieme alla fanteria, la cavalleria, rovesciò di fatto la piramide sociale mettendo in crisi l'intero sistema di valori costruito dalla società feudale. Gli stessi sistemi difensivi urbani precedentemente utilizzati entrarono in crisi ed imposero di ridisegnare il volto di molte città mura medievali merlate sostituite da bastioni più bassi e spessi. Da una difesa verticale si passa ad una difesa orizzontale. L’architettura bastionata di origine italiana, a partire dal 1500 si diffonde in tutta l’Europa. 9.3: GUERRE E FISCALITA’ Fino agli inizi dell'età moderna, il servizio militare pesava in misura minima sulle finanze pubbliche in quanto si trattava di un servizio obbligatorio, le cui spese di equipaggiamento erano a carico di ciascun combattente. Per quanto riguarda le spese di mantenimento dell'esercito e di foraggiamento del bestiame, queste erano a carico del territorio dove l'esercito era di stanza. Finché gli eserciti erano temporanei, gli oneri erano quasi sempre sostenibili e, considerata la scansione stagionale delle guerre, non valeva la pena di costruire alloggiamenti appositi per le truppe. Solo con la costituzione di eserciti permanenti e di mestiere, le spese crebbero in maniera esorbitante da indurre i sovrani ad aumentare la pressione fiscale o ad indebitarsi. Le milizie civiche costituite da cittadini in armi risultato insufficienti e inadeguate e devono essere prima affiancate e poi sostituite da milizie professioniste, per lo più mercenarie. Nel corso del 1500 il costo degli eserciti e delle guerre si fa proibitivo, riducendo in maniera consistente il numero dei principi in grado di sostenerne il peso. La difficoltà nel retribuire i soldati provocò sempre più spesso diserzioni o ammutinamenti, cosa che costrinse i sovrani a delegare, come nel corso della Guerra dei Trent'anni, enormi poteri militari, politici e finanziari ai cosiddetti "signori della guerra", veri e propri imprenditori militari come Ernest von Mansfeld e il generale boemo, Albrecht von Wallestein. Attorno alla metà del 1600, la macchina statale di molte potenze europee incominciò ad organizzarsi in funzione di un prelievo fiscale destinato principalmente al mantenimento di eserciti permanenti la pressione fiscale si fa più pesante e il fisco diventa la principale forma di sostentamento dell’esercito. Fra il 1600 e il 1700, la nobiltà, rafforzata nei suoi privilegi, venne posta sotto lo stretto controllo della monarchia e trasformata in uno strumento al servizio del re, riorganizzando in parallelo forze armate e burocrazia secondo schemi gerarchici e razionali: la Prussia di Federico II rappresenta la più emblematica compenetrazione fra esercito e burocrazia statale , dove la nobiltà degli Junker viene di fatto militarizzata ed ogni carriera statale viene subordinata al servizio militare. von Mansfeld e Albrecht von Wallestein architettura bastionata, che dagli inizi del Cinquecento si diffonderà a partire dall'Italia in tut 9.4: VITA DI TRUPPA La professione delle armi non è mai stata attrattiva per gli agricoltori delle pianure fertili o per gli artigiani delle città, ma in molti casi è stata una risorsa per le popolazioni dei territori più poveri. Una quota molto consistente (20-50%) dei soldati • aumento della popolazione pressione demografica sulle campagne risorse non bastarono più a sfamare tutti; • aumento dei prezzi con conseguente riduzione dei salari • eccesso di manodopera • avvio di una trasformazione dell'economia agraria in senso capitalistico, con conseguente esproprio delle terre comuni e dei piccoli proprietari in favore dei grandi latifondisti, e recinzioni delle medie e grandi proprietà terriere Crescita demografica: provoca prima il frazionamento della piccola proprietà e poi l’espulsione di contadini dalla terra e la loro emigrazione in città. Crisi agraria: provoca la distruzione della piccola proprietà. Ciò che accade successivamente è la crisi della piccola proprietà contadina e la creazione di una massa di poveri che si sposta dalle campagne alle città, creando disordini non sono a livello economico. È comunque difficile fornire un quadro statistico della povertà di Antico Regime in quanto le fonti conservate negli archivi sono parziali o poco attendibili. Sicuramente la loro presenza (dei poveri) era considerevole, come dimostrano cronache o iconografie dell’epoca. Jean Pierre Gutton distinse i poveri in due “categorie”: • poveri strutturali: impossibilitati ad uscire dalla loro condizione di povertà • poveri congiunturali: lavoratori a giornata o operai senza lavoro, spinti alla povertà a causa della crisi, ma capaci di risollevarsi nei momenti di maggior benessere. Brian Pullan ha tentato una quantificazione della povertà sulla base dei dati demografici relativi ad un campione di città europee di diverse dimensione. In particolare, ha definito come “povera” una quota variabile tra il 75 e il 90% della popolazione di una città europea tra 1500 e 1600 e a sua volta divisa in: • poveri non indigenti: 50-70% • poveri occasionali: 20% • poveri strutturali: 4-8% Nelle campagne, invece, i poveri, in una quota variabile tra il 90-100%, possono essere suddivisi in: • povertà fluttuante: dal 20 al 60% • povertà ricorrente: dal 30 al 40& • povertà occasionale: 30-40% • povertà strutturale: 10% Povertà fluttuante (20-60%) composta da quelli che emigrano in città solo nella stagione Povertà occasionale (30-40%) causata dalla crisi economica; - Povertà strutturale (~10%) 10.2: UOMINI SENZA PADRONE MARGINALI: gli individui o i gruppi umani che per varie ragioni si collocano ai margini della società. EMARGINATI: coloro i quali vengono espulsi o respinti ai margini della società. Si possono individuare diverse forme di marginalità e di emarginazione: • a livello economico: chi non partecipa al processo produttivo) • a livello sociale: chi non rispetta le regole e non condivide i doveri) • a livello spaziale: chi vive al di fuori di una comunità organizzata, ad es. nei ghetti) • a livello culturale: chi non condivide i valori dominanti ed i comportamenti universalmente accettati) La condizione di marginale viene quindi attribuita da i poteri dominanti a quanti non rispettano pienamente le regole sociali ed i valori condivisi dalla maggioranza. La marginalità può dunque verificarsi su due piani distinti: • assenza: si sancisce la semplice assenza di certi legami che una società ritiene normali • rifiuto: nel secondo si sancisce il rifiuto consapevole di quei legami e di quelle regole In campagna il povero era comunque nella comunità, mentre nelle città spesso era ai margini della società. Testimonianza di questo fatto è che, proprio durante il pauperismo, all'esterno delle mura delle città sorsero numerose baraccopoli. 10.3: IL POVERO DA “IMMAGINE DI CRISTO A DELINQUENTE POTENZIALE Fino alla fine del 1400, donare ai poveri significava in qualche modo farsi perdonare per gli altri peccati commessi e riscattarsi così agli occhi di Dio e della società. Il passaggio dalla carità alla beneficenza e quindi all'assistenza, collocabile a partire dalla prima metà del 1500, è la conseguenza di una desacralizzazione della figura del povero, che non è più quindi "immagine di Cristo", ma viene visto come un elemento ozioso è potenzialmente pericoloso. In questo cambiamento di immagine fu decisivo il pauperismo sul piano sociale, ma sul piano dottrinale una spinta decisiva venne dalla Riforma protestante, che nei suoi principi affermava che il credente poteva confidare solo nella propria fede e nel perdono gratuito da parte di Dio e non ottenerlo attraverso opere di bene. Di conseguenza in gran parte d'Europa la mendicità venne bandita. Si iniziò a distinguere fra veri e falsi poveri, fra poveri bisognosi e poveri oziosi, fra poveri locali e poveri stranieri, con questi ultimi che si videro negato ogni aiuto. Per isolare gli oziosi si convenne che l'unica risposta possibile fosse la reclusione, e che la povertà si dovesse dichiarare abolita laddove si era in presenza di istituti destinati al soccorso dei poveri. Questo portò grandi pensatori come Voltaire, ad affermare che la povertà fosse una colpa di chi non sapeva uscire dal proprio stato di ozio o di ignoranza, mentre il lavoro venne assunto come un valore etico capace di riscattare dalla miseria e di condurre anche ad un discreto successo. 10.4: LE ISTITUZIONI PER I POVERI: ASSISTERE E RECLUDERE Nel corso dell'età moderna si assistette a diverse e successive ondate migratorie dalle campagne verso le città. La prima e più significativa, avvenne tra il 1523 e il 1529. Fu in questo periodo che comparvero le prime "leggi sui poveri", in cui venne posto il divieto assoluto alla mendicità; vennero organizzate le prime forme di assistenza pubblica con la creazione di istituti assistenziali e case di lavoro con fondi comuni. Si passò così dalla carità individuale all'assistenza organizzata e disciplinata, senza tralasciare la repressione dei fenomeni criminali generati dal pauperismo, si assistette dunque ad una progressiva laicizzazione dell'assistenza. Una seconda ondata pauperistica avvenne, invece, tra gli anni '80 e gli anni '90, sempre del XVI secolo, e nacquero qui le politiche di discriminazione fra poveri del contado e poveri forestieri. Con il fenomeno del cosiddetto "grande internamento" della metà del 1600, si assiste ad un'imponente operazione di concentrazione e segregazione dei poveri all'interno degli istituti e delle case di lavoro ad essi appositamente destinati, concepiti al tempo stesso come luogo di assistenza, di disciplinamento e di punizione, capaci di trasformare i poveri oziosi in lavoratori. L'internamento segnala in maniera tangibile il fatto che la società rifiuta e respinge alcuni individui portatori di atteggiamenti e comportamenti devianti rispetto alle norme stabilite ed accettate. L'internamento Il Concilio di Trento definì per la prima volta i doveri del parroco avviando una grandiosa operazione di riforma e disciplinamento del clero, dalla quale la figura del parroco sarebbe uscita rafforzata nel suo ruolo di mediazione in virtù di una maggiore preparazione professionale. La grande diffusione dei manuali per confessori ci fornisce da un lato un'idea del modello di comportamento prescritto ai buoni cristiani, ma dall'altro ci informa anche sulla natura dei peccati e del loro mutare nel corso del tempo. In età moderna, per esempio, la componente sessuale appare via via predominante. Il controllo sui parroci e sulla vita delle parrocchie si esercitava attraverso le periodiche visite pastorali cui ogni vescovo era tenuto nella sua diocesi. 11.4: LA CHIERA COME CARRIERA Tra il 1400 e il 1550, l'autorità del papa si andò via via rafforzando, facendone un vero e proprio sovrano assoluto. L'opera di rafforzamento della monarchia papale portò: • al riordino delle finanze pontificie • a contrastare la feudalità minore dell'Italia • a schiacciare l'autonomia delle signorie territoriali. All'interno della Chiesa dominava l'alto clero italiano, per lo più nepotista e legato alle fazioni nobiliari e dinastiche che prevedevano la presenza di un rappresentante in Curia per ogni famiglia nobile. Fino al Concilio di Trento si poteva essere vescovi non titolari, ossia godere delle rendite di una o più diocesi senza aver cura d'anime, senza essere ordinati vescovi e addirittura senza essere sacerdoti. La carriera ecclesiastica era una carriera come un'altra, riservata in primo luogo agli esponenti delle principali famiglie nobili romane, ma anche ai figli cadetti delle principali dinastie signorili italiane e ad alcuni intelligenti ed abili figli di famiglie di provincia che in tal modo riuscivano a raggiungere traguardi impensabili per esponenti del loro ceto. I più potenti cardinali erano uomini di governo e d'affari molto lontani dalla spiritualità. Laureati in diritto civile e canonico, possedevano competenze giuridiche e amministrative di buon livello. Spesso l'incarico di nunzio apostolico (ambasciatore del papa) affinava le doti diplomatiche degli ecclesiastici di carriera. In altri casi gli alti prelati provenivano dai tribunali ecclesiastici dove si erano esercitati alla lotta contro il dissenso religioso e gli atteggiamenti non conformisti. I legami famigliari erano fortissimi: chi proveniva da una potente famiglia o era legato da rapporti di parentela con papi e cardinali, spesso raggiungeva i vertici rapidamente poiché in molti casi cariche e benefici erano ereditari. Nelle diocesi periferiche ma di una certa importanza la carriera ecclesiastica consentiva di controllare ingenti patrimoni e di determinare la successione a decine di enti, abbazie, conventi, oltre a numerosi benefici ecclesiastici. Un ruolo delicatissimo era attribuito ai presidenti dei tribunali ecclesiastici, dai quali non dipendevano solo le vertenze relative al clero e alle questioni religiose, ma anche le cause ereditarie e quelle matrimoniali. La stessa struttura della società, con la divisione per ceti, si ritrova comunque all'interno dello stesso Clero: • Basso clero: chi era di provenienza popolare. Godeva di privilegi minori. • Alto clero: di estrazione nobiliare. Vi erano poi ulteriori differenze di privilegi tra gli appartenenti agli ordini regolari e quelli appartenenti agli ordini secolari. 11.5: DIFFERENZE RELIGIOSE La lunga stagione dell'intolleranza religiosa si apre agli inizi del 1500 con la spaccatura del mondo cristiano dovuta alla Riforma protestante (1517) e la quasi contemporanea cacciata degli ebrei e dei mussulmani dalla Spagna (1492) che sancisce la frattura con le minoranze religiose non cristiane che fino ad allora avevano, bene o male, convissuto con i cristiani senza mai degenerare. Nell'Europa cattolica le minoranze protestanti furono duramente perseguitate e in alcuni casi la loro presenza fu addirittura estirpata. Solo in Francia, dopo una lunga e sanguinosa stagione di guerre di religione, la monarchia accettò l'esistenza di due confessioni religiose e con l'Editto di Nantes (1698) fu stabilito il principio della tolleranza religiosa. Nell'Europa protestante le minoranze cattoliche furono per lo più tollerate anche se in alcuni casi private dei diritti politici e civili e perseguitate, solo in casi estremi, come nell'Inghilterra elisabettiana a seguito di una serie di complotti cattolici. Che il Protestantesimo abbia favorito o comunque meglio interpretato la modernità rispetto al cattolicesimo che per secoli si è opposto ai grandi mutamenti intellettuali, sociali e strutturali avviati in età moderna, è pressoché un dato di fatto. Il mondo protestante, infatti, ha consentito, a partire dalla metà del 1500, la formazione di un universo mentale profondamente diverso da quello cattolico, dominato dalla soggettività e dal senso di responsabilità. La stessa separazione del potere politico da quello ecclesiastico messa in pratica dai protestanti, così come la resistenza ai poteri iniqui e l'idea di "patto" tra governanti e governati, porteranno alla nascita di concetti come il "contratto sociale" e "laicità", intesa come neutralità delle istituzioni nei confronti della dimensione ecclesiastica e religiosa. 11.6: LA DIASPORA EBRAICA Con il 1492 ha inizio una lunga stagione di intolleranza nei confronti degli ebrei e da cui si può dar origine all'antisemitismo moderno. La Storia dell'Europa moderna è infatti anche la storia dell'antisemitismo che ha fatto degli ebrei le vittime preferite di ogni persecuzione. Sulla spinta della diaspora si formano in Europa molte comunità ebraiche concentrate soprattutto nelle grandi città commerciali. In particolare in Italia fra il 1400 e il 1500, si viene a creare un’élite economica di mercanti e banchieri ebrei provenienti sia dalla Spagna che dalla Germania. Un ruolo importante nel soccorso degli ebrei espulsi dalla penisola iberica ebbe il sultano turco Bayazed che concesse loro la possibilità di stabilirsi nei territori dell'Impero ottomano senza pagare tasse per 15 anni. Diversamente dai Paesi dell'Europa cattolica, godettero di libertà di culto, di movimento e poterono esercitare qualsiasi mestiere e acquistare proprietà. L'unico obbligo al quale erano tenuti era il pagamento di forti tasse a garanzia della loro protezione, oltre a portare un segno distintivo e non sposarsi con mussulmani. Le comunità ebraiche del Mediterraneo ottomano furono dunque a lungo fiorenti e procurarono ai sultani non pochi vantaggi, soprattutto sul piano commerciale. 11.7: CONVERTITI, RINNEGATI E “CRISTIANI DI ALLAH” Un aspetto piuttosto trascurato della storia dell'Europa e del mondo mediterraneo riguarda coloro i quali durante la vita sono passati da una religione all'altra, attraversando, anche più di una volta, frontiere confessionali e di civiltà. È il caso per esempio di molti comandanti di navi corsare: gran parte di essi erano infatti "rinnegati", marinai cristiani catturati dai corsari barbareschi e successivamente convertiti all'Islam. L'Islam si rivelò quindi per molti, soprattutto per i più umili, un veicolo straordinario di ascesa sociale. Nessun'altra società europea dell'epoca consentiva carriere così folgoranti a chi non era nato nobile e tanto me la chi proveniva da un'altra fede religiosa. I prigionieri mussulmani catturati e condotti in Europa erano invece destinati o al carcere a vita ma più facilmente a servire come rematori sulle galee cristiane, o alla condizione di schiavi presso famiglie nobili. Per loro nonostante la conversione, non era ipotizzabile nessuna possibilità di riscatto: sono rarissimi i casi di mussulmani integrati nella società cristiana, uno dei casi più famosi è forse quello di Leone l'Africano. CAPITOLO 12: FIGURE E SPAZI DELLA CULTURA I principali luoghi di elaborazione della cultura di Antico Regime furono la Chiesa e le corti, innanzitutto, ma anche le accademie e le biblioteche. Il libro si trasformò progressivamente da prodotto di élite a prodotto alla portata di un pubblico più vasto. Nacque nel 1500, e si affermò nel corso del 1600, l'idea di una "Repubblica delle confessionali”. delle scoperte scientifiche, e grazie ai quali nacque la comunità scientifica ed intellettuale europea. Contemporaneamente si diffusero anche le gazzette di notizie, inizialmente politiche e commerciali, poi via via più complete, attraverso le quali un pubblico assai più vasto e meno selezionato tra quello dei soli letterati, incominciò ad essere informato su quanto avveniva in ogni parte d'Europa e del mondo. La bottega del "Caffè" divenne il luogo di scambio e di socializzazione per eccellenza. CAPITOLO 13: EDUCAZIONE E ISTRUZIONE 13.1: LEGGERE, SCRIVERE, FAR DI CONTO Nella società di Antico Regime l'analfabetismo era dominante. L'oralità dominava sulla scrittura a tutti i livelli, ma la comunicazione era fatta anche di immagini, di simboli, di emblemi, il cui significato oggi stentiamo a comprendere. Leggere, scrivere e far di conto erano tre abilità che non si apprendevano, come avviene oggi, nello stesso momento o all'interno del medesimo processo educativo. I luoghi d'apprendimento del resto erano solo raramente le scuole, ma più facilmente queste abilità si acquisivano all'interno della famiglia stessa, durante l'apprendistato in una bottega, durante il servizio militare, o ancora lavorando come servo sotto un padrone. Dal Medioevo fino alla metà del 1500, la maggior parte delle persone alfabetizzate faceva estrema fatica a leggere senza muovere le labbra o senza borbottare a bassa voce il testo. La scuola medievale e l'università incoraggiavano una lettura intensiva dei testi, così da favorire l’apprendimento mnemonico, tornando spesso sulle stesse righe e le stesse pagine e approfondendo il significato più profondo dei concetti espressi (esegesi). Nel 1700 si afferma la lettura estensiva, basata sulla capacità di scorrere, sfogliare e consultare più testi di cui si trattiene l’essenziale, ma di cui si dimenticano presto i dettagli. Dal 1500, si diffonde la pratica dell'annotazione e del l'appunto, non solo sui margini dei libri ma anche su taccuini e fogli sparsi, però è solo nel 1700, con l'enciclopedismo e con la diffusione della stampa periodica, che incomincia ad affermarsi un tipo di lettura più estensivo, basato sulla capacità di scorrere, sfogliare, consultare più testi di cui si trattiene solo l'essenziale. Non si usa più il libro come un sostegno per pensare ma si traggono dalle sue pagine idee collegandole con molte altre tratte da libri diversi. 13.2: ALUNNI E INSEGNANTI a società di antico regime erano dominate dall’analfabetismo. L’oralità capeggiava sulla scrittura. Chi imparava a firmare un documento spesso non sapeva scrivere una frase intera; chi sapeva scrivere spesso aveva difficoltà a leggere; mentre chi sapeva far di conto non sapeva per forza leggere e scrivere. Si apprendeva a leggere in famiglia, o in viaggio, o in un apprendistato, o lavorando come servo, al servizio militare. Nelle campagne la scuola era vista come un modo per sottrarre i giovani al lavoro e se ne ostacolava la frequenza, soprattutto nei mesi estivi quando c’era il raccolto, da qui l’abitudine a chiudere la scuola nei 3 mesi estivi di vacanza. Gli uomini del medioevo leggevano ad alta voce o comunque pronunciando le parole mentre leggevano; il più delle persone che leggevano nel ‘500 facevano fatica a diploma di abilitazione e il reclutamento avveniva tramite concorsi pubblici. Gli alunni erano di età diverse, tra i 6 e i 15 anni, nella stessa aula, l’apprendimento era mnemonico e più grandi aiutavano i più piccoli, affiancando il maestro nelle lezioni, che si svolgevano in una stanza annessa alla parrocchia, munita di panche e non riscaldata. Per frequentare gli studenti dovevano pagare una tassa di vitto e alloggio presso un maestro. L’apprendimento della lingua era fonetico e avveniva con lettura e ripetizione dei testi, per lo più religiosi, di cui gli alunni dovevano imparare a riconoscere suoni e lettere. La lingua di base della cultura era il latino, le lingue volgari erano usate come strumenti. Le punizioni corporali erano all’ordine del giorno. 13.3: COLLEGI E UNIVERSITA’ Dalla fine del 1500, l’istruzione dei ceti elevati comincia a svolgersi in appositi istituzioni: il modello più celebre è quello della Compagnia di Gesù, i cosiddetti Gesuiti, fondati nel 1550 dal prete ex militare spagnolo Ignazio di Loyola. Avevano un articolato programma di studi, la ratio studiorum (3 classi di grammatica, una di lettere, una di retorica e 2 di filosofia), basata su una formazione umanistica aperta a discipline come musica, canto, danza e teatro. Per la prima volta c’è un dettagliato programma di studi, con un preciso calendario da seguire in ogni collegio della Compagnia. Altri Ordini religiosi, sul loro esempio, aprirono collegi d’istruzione. Fino alla fine del 1500 esistevano tre facoltà universitarie: Teologia, Giurisprudenza e Medicina, per formare le uniche tre professioni allora riconosciute. Le facoltà erano governate da Collegi di dottori che nominavano i docenti, presiedevano gli esami di laurea e percepivano le tasse. Le lezioni si tenevano o nelle case dei docenti o in appositi locali e prevedevano: • dettatura di trattati in latino • Glosse: commento del docente ai testi degli autori • Ripetizione mnemonica dei testi più importanti • Dimostrazioni pratiche • Dispute fra studenti e maestri su alcuni passi d’autore Ripetitore: affiancava spesso la figura del docente. Era un giovane laureato o uno studente anziano, pagato dal docente. Aveva il compito di far ripetere a memoria i testi agli studenti. Momento conclusivo era la dissertazione finale prova che consentiva di riconoscere la validità dell’apprendimento. Questo rito rappresenta il corrispettivo del capo d’opera richiesto all’apprendista per essere ammesso fra gli artigiani nella Corporazione. Nel 1700 il rituale è cambiato, diventando una dissertazione scritta: al candidato veniva assegnato, dai docenti, un tema, una tesi da svolgere in un tempo determinato, lasciandolo libero di consultare i libri. L’insegnamento universitario di Antico Regime si denotava per: • Autoritarismo • Conservatorismo • scarsa innovazione didattica e scientifica. Al docente era richiesto fare lezione e trasmettere le sue conoscenze, non di innovare queste conoscenze con la ricerca. 13.4: IL LATINO Latino: fu lingua della Chiesa e del diritto, della diplomazia, dell’arte e dell’architettura, della scuola, della Il latino fu la lingua della chiesa e del diritto , della diplomazia, dell’arte e dell’architettura, della scuola, della filosofia, della medicina e della scienza, oltre che una gabbia mentale e concettuale dove si sviluppava un linguaggio misto e imbastardito fatto di modi di dire, proverbi ed espressioni popolari. Latino: fu lingua della Chiesa e del diritto, della diplomazia, dell’arte e dell’architettura, della scuola, della lettere", ovvero di una comunità intellettuale capace di superare le frontiere geografiche,politiche e confessionali della povertà distinguendo fra poveri strutturali (i poveri impossibilitati ad uscire dalla l
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