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riassunto manuale Scienza politica Cotta, Della Porta con integrazioni di slide e appunti, Appunti di Scienza Politica

riassunto manuale Scienza politica Cotta, Della Porta con integrazioni di slide e appunti. ho omesso i cap. 3 e 14

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 01/03/2023

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Scarica riassunto manuale Scienza politica Cotta, Della Porta con integrazioni di slide e appunti e più Appunti in PDF di Scienza Politica solo su Docsity! SCIENZA POLITICA Si tratta dell’analisi scientifica della politica. Scienza politica: • Scienza empirica: si fonda sull’osservazione della realtà. • Avalutativa (WEBER): la scienza non si pronuncia moralmente su una questione, la descrive e basta • Generalizzabile: generalizzabilità; tentativo di trovare, attraverso l’analisi empirica, regolarità a certi fenomeni per poter generalizzare le conoscenze. COSA E’ LA POLITICA? Obiettivo: trovare una definizione empirica, capace di cogliere la realtà concreta, che indichi caratteristiche essenziali, ricorrenti e confini di questo ambito di attività umana -> una definizione in grado di coprire ordini spaziali e temporali più ami possibile (da tribù primitive a stato moderno) + cogliere elementi di politicità che troviamo fuori dalla sfera statale (es. imprese economiche). Per arrivare a una definizione dobbiamo porci queste domande: Chi? Attori Chi sono i politici? Difficili da individuare + le loro caratteristiche cambiano al passare del tempo. • Ceto politico: professionisti a tempo pieno, fanno della politica il loro mestiere dedicandole tutta la loro vita (vivono “di” e “per” la politica). • Altre figure dal passato non politico, persone che hanno/hanno avuto carriere precedenti diverse (es. attività economiche, conoscenze amministrative, notorietà attraverso i media, comando delle forze armate, capi di movimenti religiosi ecc.) -> questi attori non sono politici e basta, perché si collocano a cavallo tra politica e economia, cultura, società, religione, amministrazione ecc. Quindi la politica non è terreno esclusivo di azioni di attori la cui identità è unicamente politica, ma si presta ad incursioni di soggetti che provengono da altri ambiti -> politica risulta una realtà “permeabile” (non impermeabile). Non essendoci uno specifico chi non è possibile identificare la politica sulla base degli attori. Le diverse tipologie di attori consentono però di distinguere tra politiche diverse -> es) politica democratica vs autoritaria, aristocratica vs tecnocratica Come? Modus operandi E’ possibile distinguere la politica da altre sfere per il modo e i criteri di azione dei suoi attori? -> la politica intrattiene complessi rapporti con la sfera economica, morale, religiosa, questo porta alla diminuzione della autonomia della politica. L’idea di politica è spesso legata all’idea di potere: la capacità di indirizzare i comportamenti di altri soggetti nella direzione voluta. Il potere può essere messo in atto in vari modi: • Non violento bastano sul dialogo vs coercitivo • Militare vs politico • Ricorrere a valutazioni di interesse pubblico vs razionalità utilitaristica ed economica • Carattere pluralistico vs monistico e gerarchico • Ricerca del consenso vs ricerca della verità La politica è caratterizzata da numerosi modi di agire -> Nessun comportamento caratterizza la politica in modo esclusivo. La varietà di modus operandi della politica ci aiuta nell’identificare una determinata politica rispetto alle altre: politica democratica o autoritaria Dove? Esiste un luogo privilegiato della politica? La politica è riconducibile a un luogo? Il carattere collettivo, cioè riferibile ad uno specifico ambito di svolgimento delimitato, sembra un aspetto proprio dell'esperienza politica di cui necessita immancabilmente -> collettività rilevante ma non essenziale in ambiti come religione morale economia: - economia: il mercato tende ad attraversare i confini -> ambito territoriale non caratterizzante - morale: dimensione individuale prevalente su dimensione collettiva Questo porta a collegare la politica allo stato -> WEBER: lo stato tradizionale è caratterizzato da una determinata popolazione, un determinato territorio e dall’uso legittimo della forza da parte dell’autorità. Possiamo però trovare grande eterogeneità se guardiamo i principi attorno a cui si definisce l’aggregazione politica -> nello stato nazionale tradizionale i principi sono cultura, lingua ed etnia; ma questo è un costrutto frutto di processi politici e storici; possiamo trovare altre entità politiche che non si definiscono in questo termini (es. regni basati su dinastie). La politica è sempre legata a una collettività, ma la definizione di questa non è scontata o naturale. Possiamo avere anche politica senza stato o al di fuori di uno stato come nel caso di un'associazione -> Ubliquità della politica La politica non è definibile in base al luogo in cui la si pratica. Perché? Obiettivi Esistono obiettivi propri che consentono una caratterizzazione empirica della politica? La politica ha molti fini diversi a differenza dell’economia (utile) e della morale (bene). Secondo alcuni esiste un fine minimo della politica: l’ordine (BOBBIO), a sua volta mezzo per il raggiungimento di altri fini -> dietro la molteplicità di attività che le autorità politiche svolgono si può scorgere tale fine: assicurare l’ordine all’interno di determinati confini, garantire la convivenza pacifica (carattere di collettività assente in economia e morale) attraverso l’autorità. Ordine è un fine intermedio in vista di altri obiettivi -> contenuti multiformi della politica. La politica non è definibile in base agli obiettivi. => Definizione di politica: l’insieme delle attività svolte da singoli o più soggetti individuali o collettivi, caratterizzate da potere, comando e conflitto, ma anche da partecipazione, cooperazione e consenso, inerenti al funzionamento della collettività umana alla quale compete la responsabilità primaria del controllo della violenza e della distribuzione al suo interno di costi e benefici materiali e non. • Prospettiva statica: queste attività fanno riferimento ad una collettività esistente, data per scontata; • Prospettiva dinamica: esse possono riguardare la costruzione di una nuova collettività o la trasformazione di quella esistente. LE TRE FACCE DELLA POLITICA Dopo aver caratterizzato la politica occorre fare un esame delle sue componenti: 1. Politics 2. Policy 3. Polity POLITICS potere Ci riferiamo a quello che è stato tradizionalmente l'oggetto dello studio della politica: il potere, inteso come la capacità di influire sulle decisioni prese dagli individui. • La natura del potere: legittimità e strumenti di cui si serve • La sua distribuzione e trasmissione: chi lo detiene e come avviene il suo passaggio • Il suo esercizio • I suoi limiti: come prevenire l'utilizzazione arbitraria ed eccessiva da parte dei suoi detentori Lo studio del potere si articola su due piani: • Analizzare le architetture del potere: regimi politici -> studio degli elementi che definiscono un regime democratico e a distinguerlo da altri tipi di regime - elementi di lunga durata: tendenzialmente le caratteristiche di un regime politico hanno valore meno contingente, perché la loro definizione è affidata a strumenti giuridici (leggi fondamentali, costituzioni) - approccio di studio statico di breve periodo: differenza tra i vari regimi e struttura interna -> analisi nel breve periodo • Studiare gli attori che operano all’interno dei processi -> gli attori che operano nella democrazia e i processi che svolgono all’interno di essa Nella precisazione del significato del concetto è necessario: • Definire la connotazione: fissarne dimensioni e caratteristiche essenziali -> le proprietà • Definire la denotazione: l’estensione empirica dell’oggetto in esame -> oggetti a cui si riferisce, i suoi referenti empirici. Connotazione e denotazione, infine, definiscono il livello di generalità di un concetto e sono quindi i criteri guida nell’uso di scale di astrazione -> rapporto inverso tra connotazione e denotazione: alla crescita della connotazione diminuisce la denotazione e viceversa -> l'aumento della connotazione, cioè delle caratteristiche di un concetto, comporta che esso si potrà applicare a un ambito empirico di oggetti maggiormente ridotto. Il rischio è la slargatura o stiramento dei concetti: cioè, ampliare l’estensione o denotazione di un concetto senza corrispondentemente ridurne la connotazione -> causa principale della malclassificazione. 3. OPERAZIONALIZZAZIONE La maggior parte dei concetti usati nella scienza politica sono astratti -> non direttamente osservabili e percepibili. Per studiarli è necessario attribuire un contenuto empirico a questi concetti -> lo si fa attraverso operazionalizzazione: diversi passaggi attraverso i quali si attribuisce un contenuto empirico a concetti non immediatamente osservabili (astratti). Questo lo si fa attraverso diversi passaggi: • Specificazione (dimensione) del concetto individuando le dimensioni che lo compongono • Individuazione di indicatori: concetti maggiormente vicini alla realtà empirica -> ponte • Espressione dell’indicatore in variabili direttamente rilevabili Definizione di indicatore (MARRADI 1980): Un indicatore è l’espressione di un legame di rappresentazione semantica (significato) fra il concetto più generale e un concetto più specifico di cui possiamo dare la definizione operativa. L'indicatore viene espresso in una variabile direttamente rilevabile attraverso una categorizzazione o classificazione qualitativa o attraverso una misura numerica. Per misurare correttamente un concetto è sempre meglio usare una pluralità di indicatori. Quindi con l’operazionalizzazione un certo concetto viene tradotto in una o più variabili. Esempio di operazionalizzazione: A. Concetto: Democrazia B. Dimensioni del concetto: a. Partecipazione; b. Competizione; c. Stato di diritto C. Indicatori: partecipazione elettorale; competizione del sistema partitico; rispetto della legge nelle istituzioni pubbliche D. Variabili: a. % individui che hanno votato; b. numero di partiti presenti alle elezioni; c. Corruzione percepita; a+b+c= Tasso di democraticità e Presenza/assenza democrazia 4. CLASSIFICAZIONI, TIPOLOGIE E MODELLI Ricognizione del fenomeno: come si presenta nella realtà con tutte le sue varietà. • Classificazione: operazione di individuazione di un criterio distintivo di differenziazione tra diverse realtà -> macro-fenomeni politici mal si prestano ad essere distinti ti sulla base di un unico criterio. • Tipologia: classificazione multidimensionale, differenziazione della realtà sulla base di più di un criterio distintivo -> da 2 a 4 Regole per la classificazione (MILL, 1843) • Esclusività: la classificazione deve essere formulata in modo che ogni oggetto deve appartenere esclusivamente a una classe, non può appartenere contemporaneamente anche a un’altra -> il criterio distintivo deve avere forte potere discriminante • Esaustività: le classi devono comprendere tutti gli oggetti o realtà assumibili entro il fenomeno più generale che si sta studiando. Se si vuole costruire una tipologia allora dobbiamo aggiungere una terza regola: • I vari criteri usati per costruire i tipi devono riguardare aspetti diversi -> non devono sovrapporsi Classi o tipi devono porsi allo stesso livello di astrazione Problema: perdita di informazioni inevitabile -> tipologie e classificazioni operano una forte semplificazione della realtà, filtrando realtà molto complesse attraverso pochi criteri. Due modi per limitare la perdita di informazioni: • Elaborare criteri classificatori complessi • Utilizzare modelli: diverse dimensioni (ovvero caratteristiche) sono unitariamente connesse senza che vi sia una classificazione o tipologia con criteri discriminanti -> vantaggio: evitare rigidità ed eccessiva semplificazione imposte dalla logica classificatoria 5. RACCOLTA DEI DATI Fonti primarie: • interviste fatte con risposte aperte -> fatte ad élite • questionari con risposte chiuse (risposte predefinite) -> somministrati a livello di massa Fonti secondarie: • prendere i dati da banche dati già esistenti • attingere i dati da altre ricerche pubblicate Queste fasi preparatorie ci riportano a formulare delle ipotesi su rapporti tra variabili. Dobbiamo distinguere tra: • Variabile dipendente: (y) l’effetto -> quello che vogliamo spiegare • Variabile indipendente (x): la causa del fenomeno che vogliamo spiegare • Variabili intervenienti: (z) contribuiscono a spiegare meglio la variabile dipendente Relazione tra variabile dipendente e variabile indipendente: la variabile indipendente X produce un ‘effetto causale’ sulla variabile dipendente Y quando la probabilità o il valore di Y in presenza di X è differente dalla probabilità o dal valore di Y in assenza di X. Es) il grado di insoddisfazione politica e sociale di una popolazione influenza il livello di conflitto sociale. 6. I METODI DI CONTROLLO EMPIRICO PER LA VERIFICA DELLE IPOTESI • Metodo sperimentale (come nelle scienze dure): la sperimentazione viene fatta ricorrendo a due gruppi di individui rappresentativi. Il gruppo sperimentale viene sottoposto a uno stimolo, mentre il gruppo di controllo rimane non toccato. Dal confronto tra gli atteggiamenti e comportamenti dei due gruppi si deduce l’impatto dello stimolo. L’uso del metodo sperimentale in politica è molto limitato, spesso l’interesse è rivolto a macro-problemi, dove è inapplicabile il meccanismo dello stimolo in un momento ben definito. Ricerche sperimentali possono essere fatte solo riguardo a micro-argomenti, comportamenti politici a livello individuale. Questo metodo è il migliore perché consente di individuare con precisione la relazione tra due variabili, con la sicurezza che nessun’altra variabile intervenga -> possiamo determinare un preciso rapporto di causalità tra due variabili -> questo non è possibile con metodi come quello comparato e studio della caso. • Metodo statistico: l’adozione del metodo statistico presuppone: - che i dati a disposizione siano numerici -> risultato di un processo di misurazione quantitativa - che i casi siano numerosi Come il metodo sperimentale quello statistico consente di isolare l’influenza di terze variabili con relativa sicurezza. Grande diffusione della statistica nella scienza politica negli ultimi anni • Metodo comparato: Dunque, la comparazione è il metodo di confronto tra due o più stati di una o più proprietà, enucleati in due o più oggetti in un momento preciso o in un arco di tempo più o meno ampio. Si vuole stabilire dei rapporti di causa-effetto. In relazione al numero dei casi il metodo comparato può seguire diverse strategie: - Comparazione binaria: 2 casi -> confronto tra sistemi molto simili o molto diversi. - Comparazione d’area: 4-6 casi -> si prende in considerazione una determinata area geografica - Comparazione multicasi: 10-30 casi -> largo uso di classificazioni e tipologie. • Studio del caso: lo studio del caso è una particolare strategia di comparazione, la cui principale caratteristica è di considerare un unico caso. Tipi di studio del caso: - Studi a-teorici: privi di impianto teorico, altamente descrittivi -> operazione di raccolta dati - Studi interpretativi: introducono nell’analisi di costrutti teorici -> si preoccupano di interpretare: applicare una generalizzazione a un caso specifico - Studi generatori di ipotesi: l'obiettivo di sviluppare generalizzazioni in aree ove non esiste alcuna teoria; tentando di formulare ipotesi che in seguito saranno controllate su un numero più ampio di casi. - Studi di controllo di ipotesi (conferma o falsificazione): test della proposizione teorica, che può essere confermata o non confermata dal caso stesso. Se lo studio del caso conferma l'ipotesi o la teoria, rafforza le proposizione in questione; altrimenti, gli studi che la falsificano possono indebolire le ipotesi -> solo marginalmente, un solo caso non può essere definitivamente significativo. DEMOCRAZIA COS’È LA DEMOCRAZIA Governo del popolo, dal popolo e per il popolo: il potere deriva dal popolo, appartiene ad esso e deve essere usato per il popolo Prima definizione: regime contraddistinto dalla garanzia reale di partecipazione politica della popolazione adulta maschile e femminile e dalla possibilità di dissenso, opposizione e anche competizione politica. Elementi chiave: • Partecipazione politica di tutti gli adulti • Possibilità di dissenso e di opposizione -> libertà di espressione e di pensiero • Possibilità di competizione politica -> ci deve essere la possibilità di organizzarsi e conquistare il potere. Ma come si conquista il potere? È lecito ogni mezzo? In democrazia, non tutti i mezzi sono giustificati; per questo sono importanti definizioni minime di democrazia: queste indicano spesso la presenza di alcune regole, o procedure, che devono essere seguite in un regime democratico -> definizioni minime definite procedurali. Due definizioni minime: • SHUMPETER (1942): il metodo democratico è lo strumento istituzionale per giungere a decisioni collettive, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare Un regime democratico non ha pre-obiettivi, non è una sostanza predeterminata, gli obiettivi della democrazia sono di volta in volta determinati dal partito in carica -> programma di della popolazione) -> fiducia nei confronti di chi ci rappresenta -> maggiore continuità e stabilità: non si cambia spesso idea sul voto -> perché ogni partito ha gli stessi interessi di una comunità di riferimento • governi fatti da larghe coalizioni, con potere di veto per proteggere le minoranze -> sistema proporzionale Questi studi dovrebbero dimostrare che quello che conta per la formazione di una democrazia, non è la cultura dei cittadini, ma quella delle élite, assieme ad altri elementi E se invece le condizioni fossero di natura economica e sociale: • Pluralismo sociale: presenza di diversi gruppi sociali (pluralismo sociale non comporta necessariamente pluralismo culturale) -> confrontarsi con realtà diverse e rendersi conto che il nostro pensiero non è sempre nel giusto • Alto livello di alfabetizzazione -> assieme allo sviluppo e alla diffusione dei mass media • Assenza di disuguaglianze economiche estreme: perché la concentrazione estrema di ricchezze potrebbe voler dire estrema concentrazione di risorse politiche e poi perché i più svantaggiati potrebbero “uscire” dal perimetro democratico -> o perché ritengono inutile partecipare o per dare via a proteste non democratiche Dove c’è maggiore sviluppo economico c’è la democrazia? NO -> Ci sono paesi con floride economie, ma non democratici (es.Unione sovietica, Cina, Germania di Hitler) e ci sono paesi sotto sviluppati, ma democratici (es. India). Questi presupposti socioeconomici, livello di alfabetizzazione, sviluppo delle comunicazioni, pluralismo, favoriscono l’avvento della democrazia, ma non sono sufficienti; molto importante è anche il ruolo delle élite politiche per favorire (o sfavorire) la nascita e lo sviluppo di un regime democratico -> es) Mandela in Sudafrica. COME SONO NATE LE DEMOCRAZIE Per capire il percorso che hanno seguito i paesi per diventare democratici dobbiamo rifarci alla scatola di DAHL (1971) La scatola descrive sinteticamente i percorsi che hanno portato all’evoluzione dei regimi verso la democrazia -> Dahl parla di “poliarchia”, regime “peggiore” rispetto alla democrazia (democrazia da lui ritenuta ancora più ideale e difficile da raggiungere) Secondo Dahl, lo sviluppo democratico si fonda su due processi fondamentali: • Ammissione della possibilità di contestare e di opporsi al regime (asseY) • Ampliamento dell’inclusivitá del regime, di chi ha il diritto di partecipare alla vita politica (asseX) Esistono tre percorsi per arrivare alla democrazia. Da ogni percorso emergono tipi diversi di regimi politici e ogni percorso caratteristico di paesi diversi -> si parte sempre da egemonie chiuse (in basso a sinistra nella scatola): il potere non è contestabile, è nelle mani di una ristretta élite, non è possibile “partecipare” alla vita politica, non ci sono diritti. 1. Il percorso 1 si riferisce alla possibilità di contestare il regime, quindi: concessione di diritti civili: libertà di parola, di associazione, ecc. Graduale riconoscimento dei diritti civili: diritto di competizione e opposizione -> oligarchia competitiva: monarchie costituzionali dove anche il sovrano deve sottostare alla legge, viene eliminato il potere assoluto nelle sue mani + il parlamento acquisisce importanza (prima ruolo solo consultivo) -> il potere inizia ad uscire dalle mani del monarca e passare verso quelle del popolo. Si parla sempre di oligarchia: il potere non è diffuso, non tutti possono candidarsi alle elezioni e conquistare il potere.Tuttavia, perlomeno è possibile contestare il regime e creare gruppi politici -> non hanno ancora la possibilità di competere per il potere. Percorso più diffuso -> es) Regno Unito 2. l percorso 2 si riferisce alla possibilità di partecipare alla vita politica in modo attivo e da parte di tutti Graduale allargamento della partecipazione politica -> egemonia includente -> diritto al voto ma pochi diritti civili -> difficile organizzare gruppi che rendano più competitiva la conquista del potere. Percorso seguito dalla Germania per arrivare alla repubblica di Weimar 3. l percorso 3, una specie di scorciatoia, include entrambe le possibilità dei percorsi 1 e 2 La “scorciatoia”, fa arrivare “direttamente” alla poliarchia (democrazia), dove è possibile sia partecipare che avere diritti civili Il percorso 3 è più ambiguo da identificare -> possibili casi: Italia, Germania e Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale L’emergere delle democrazia dipende anche dallo sviluppo graduale dei diritti sociali -> una terza dimensionale accanto ai diritti politici e civili -> sviluppo di una cittadinanza a tre dimensioni. Teoria di MARSHALL : • Elemento civile: costituito dai diritti necessari alla libertà individuale + connesso ai diritti civili è l’idea che tutti i cittadini siano uguali davanti alla legge -> sviluppo istituzioni giudiziarie. • Elemento politico: acquisizione del diritto di voto -> partecipare all’esercizio del potere politico. • Elemento sociale: diritti sociali -> servizi sociali e sistema scolastico sono le istituzioni che configurano il Welfare State. Legami tra le tre dimensioni: istruzione -> maggiore possibilità di godere delle libertà civili. Si è pienamente cittadini quando questa tre categorie vengono riconosciute + diritto di associazione e di unione -> creare sindacati che rappresentano i lavoratori Teoria di ROKKAN: processo che un territorio deve affrontare per arrivare alla democrazia; attraverso 4 soglie (fasi) -> legata all’analisi comparata dei casi europei. 1. Soglia di legittimazione: riconoscimento diritti civili -> libertà di espressione di stampa ecc. 2. Soglia di incorporazione: allargamento del suffragio fino ad arrivare al suffragio universale -> riconoscimento diritti politici e di organizzazione e unione -> opposizione legittimata => In base a come vengono superate queste due soglie possiamo individuare diverse democrazie, analizzando 4 dimensioni: 1. Livello di consolidamento territoriale nel medioevo: + tradizioni consolidate -> + rapida legittimazione opposizione. 2. Continuità dell’attività di rappresentanza nel medioevo: piccole forme di rappresentanza vs regime assolutistico: + forte tradizione rappresentativa -> + lento e meno facile da invertire processo di affrancamento e eguaglianza. 3. Paesi di antica formazione vs recente indipendenza (dopo riv. francese): + minaccia d’indipendenza nazionale -> - processo di democratizzazione. 4. Forza del sistema politico dominate prima della secessione: britannico-irlandese vs danese-norvegese: + status internazionale paese dominante -> + difficile legittimazione territorio secessionista -> + violenza nella politica interna allo stato secessionista 3. Soglia di rappresentanza: riduzione degli ostacoli che si frappongono alla rappresentanza di tutti i partiti -> ingresso dei partiti in Parlamento -> passaggio da sistema maggioritario a proporzionale. 4. Soglia del potere esecutivo: approvazione delle norme di responsabilità politica di governo nei confronti del parlamento -> istituzionalizzato il controllo parlamentare sul governo -> collegamento tra maggioranza parlamento e governo => spiegare come piccole democrazie siano passate a sistema proporzionale mentre alcune maggiori ancora abbiano sistemi maggioritari: 1. + eterogeneità etnica e religiosa e + differenziazione economica -> + pressione per proporzionale => Paesi disomogenei=proporzionale; paesi omogenei=maggioritario. REGIMI NON DEMOCRATICI Ultimamente stiamo assistendo a una ritirata della democrazia, di fatto la maggioranza è di Stati non democratici, soprattutto totalitarismi e autoritarismi. TOTALITARISMO DEFINIZIONE: LINZ: Principali caratteristiche dei sistemi totalitari: • Assenza di pluralismo -> Monismo: 1 solo attore capace di mobilitare i cittadini -> ruolo preminente del partito unico. Il partito totalitario è un partito di massa. Obiettivi del partito: 5. Realizzare l’ideologia 6. Mobilitare la popolazione 7. Reclutamento e formazione di una nuova élite 8. Subordinazione completa di tutti gli altri possibili attori (militari, burocrazia, Chiesa). • Ideologia: sistema integrato di credenze relativo ad una visione del mondo. L’ideologia é finalizzata al mantenimento del regime -> fornisce legittimità alla missione del leader e dell’élite dominante. - ci si rifà a libri “sacri”: Mein Kampf (nazismo) e Il Capitale (marxismo-leninismo) • Alta mobilitazione di massa -> obiettivi: - far partecipare le persone attivamente al regime per ottenere la legittimità (visto he non ci sono le elezioni) - profonda trasformazione rispetto al passato -> totalitarismo mira a realizzare una rivoluzione sociale totale = totale politicizzazione -> no confini tra stato e società, no vita privata. • Piccolo gruppo o leader carismatico al vertice del partito unico • Limiti non prevedibili al potere del leader: imprevedibilità della sanzione (autoritario no) ARENDT: regime basato sul terrore -> terrore totalitario si esprime anche nei riguardi di nemici potenziali, oltre che oggettivi, tutti coloro che possono, indipendentemente dalle loro intenzioni, minacciare il regime (anche membri dell’élite dirigente) -> polizia segreta. FRIEDRICH: monopolio da parte del partito unico di comunicazioni di massa, armi e economia CASI DI SISTEMI TOTALITARI • Nazismo (1933-1945) • URSS sotto Stalin (1926-1953) • Cina sotto Mao (1949-1976) • Oggi? Korea del Nord? AUTORITARISMO Tra democrazie e totalitarismi/dittature esiste una categoria intermedia, i regimi autoritari -> es. Spagna di Franco. REGIMI IBRIDI/DI TRANSIZIONE Regimi ibridi non presentano requisisti minimi democrazia, ma nemmeno quelli dei regimi autoritari o tradizionali; ma un mix. Possiamo dunque avere due tipi di regimi ibridi: • Stanno passando da autoritarismo a democrazia • Stanno passando da democrazia a autoritarismo -> più difficile, ma succede tutt’oggi: Ungheria. In entrambe le ipotesi ci sono dei veto players: attori che svolgono un ruolo importante nel tenere il regime nella condizione di ambiguità e incertezza in cui si trova. Tali attori possono essere: potere straniero, un monarca o governatore autoritario, i militari, partito egemonico gestito, gerarchie religiose, oligarchie economiche. MORLINO: tipologia di regimi ibridi • Democrazia protetta: limiti posto all’espressione del voto, dissenso e opposizione => no correttezza elezioni. Il regime è controllato da apparati militari, forze esterne oppure vi possono essere leggi che limitano la competizione. • Democrazia limitata: se invece vi è un procedimento elettorale formalmente corretto, ma i diritti civili non sono garantiti. • Democrazia senza legge: non si hanno attori contrari, ma solo una situazione di diffusa illegalità in cui lo Stato non è in grado di sostenere un processo elettorale proprio di una democrazia né di proteggere adeguatamente i diritti civili per carenza di istituzioni legali funzionanti. CRISI AUTORITARIA CRISI DELLA DEMOCRAZIA Differenza tra: crisi della democrazia e crisi nella democrazia • Crisi della democrazia: insieme dei fenomeni che alterano il funzionamento dei meccanismi tipici di quel regime -> emergono limiti e condizionamenti all’espressione dei diritti politici e civili. Crisi della liberal democrazia -> Germania di Weimar, Italia, Spagna -> crisi e crollo avvengono quando si sta cercando di costruire una società di massa -> instaurazione fascismo e franchismo. • Crisi nella democrazia: Ha due significati: - Arresto o cattivo funzionamento sulla base delle norme esistenti di alcune strutture e meccanismi cruciali del sistema -> es. governo - Quando domande espresse dalla società non si traducono o non possono tradursi in decisioni assunte dal regime. Differenza tra crisi e crollo: una crisi non è in ogni caso un crollo o mutamento del regime -> crollo: quando i caratteri fondamentali del regime saltano a una diversa democrazia o a un nuovo regime. PRIMA FASE DELLA CRISI DEMOCRATICA 9. Radicalizzazione scontro politico: aumento della distanza tra le varie posizioni politiche -> tale distanza può aumentare fino a portare certe forze politiche a distaccarsi e opporsi alla democrazia. 10.Frammentazione e/o frazionalizzazione partitica: - Frammentazione partitica: aumento dei partiti presenti nell’arena politica - Frazionalizzazione partitica: divisioni interne ad uno stesso partito 11.Crescita della partecipazione: questo porta a più numerose e affollate manifestazioni -> sulle questioni importanti c’è più divergenza, si sente il bisogno di entrare personalmente in campo, far sentire la nostra voce. 12.Instabilità governativa: aumento della frequenza di crisi di governo -> rapporti conflittuali anche all’interno della maggioranza parlamentare di governo. Se queste manifestazioni si approfondiscono emergono nuove conseguenze: 1. Inefficacia decisionale: difficile giungere a decisioni 2. Ineffettività: difficile mettere in atto le decisioni 3. Illegittimità: più persone si oppongono al regime definendolo illegittimo => + inefficacia e + ineffettività = + illegittimità A questo punto si può innescare un circolo vizioso: aumento delle seconde contribuisce ad inasprire le prime. In questa prima fase della crisi è ancora possibile interrompere questo circolo vizioso. SECONDA FASE DELLA CRISI DEMOCRATICA Il circolo vizioso continua la sua azione e si giunge alla seconda fase; questa pone le condizioni di base per il crollo del regime. 1. La radicalizzazione porta a una polarizzazione: si svuota il centro -> + posizioni estremiste -> idee estremamente diverse inconciliabili 2. Crescita di episodi di violenza: episodi di terrorismo, violenza, gruppi paramilitari ecc -> manifestazione di radicalizzazione di gruppi che ritengono illegittimo il regime democratico. 3. Politicizzazione dei poteri neutrali: in democrazia ci sono dei poteri neutrali che devono rispondere al volere della democrazia senza opporsi, con imparzialità: forze armate, militari, presidente della repubblica -> smettono di essere imparziali. Aspetti che denotano la crisi della democrazia: • Calo della partecipazione • Distacco dalla politica da parte dei giovani • Infodemia: diffusione di una quantità eccessiva di informazioni, spesso inaffidabili, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento -> difficoltà nel trovare fonti affidabili • Populismo: esaltazione demagogica delle classi popolari • Delegittimazione • Sfiducia nelle istituzioni • Scarsa responsiveness • Scarso pensiero critico • Corruzione • Deterioramento dei rapporto tra partiti e cittadini CRISI SENZA CROLLO: In Europa occidentale le istituzioni democratiche si sono fatte molto solide, ciò rende improbabile il crollo della democrazia, ma può sempre esserci una crisi -> crisi senza crollo. Abbiamo esplosione dei bisogni e conseguente crescita di di domande al governo da parte dei cittadini. Questo può portare al sovraccarico delle domande sulle strutture decisionali della democrazia -> strutture incapaci di selezionare le troppe domande e di dare soddisfazione ad esse per la mancanza di risorse. La risposta a questo problema è stata l’intervento dello stato in economia e l’esplosione del debito pubblico. Perché crisi senza crollo? Cosa rende meno probabile il crollo: 1. Il grado di consolidamento raggiunto dalle istituzioni democratiche -> più una democrazia dura, più ha probabilità di mantenersi tale. 2. Controllo delle risorse pubbliche da parte delle diverse agenzie governative 3. Espansione dei gruppi sociali il cui reddito o altri benefici dipende dal regime stesso -> welfare 4. Assenza di alternative anti/non-democratiche. PARTECIPAZIONE POLITICA DEFINIZIONI Insieme di quei comportamenti dei cittadini orientati a influenzare il processo politico -> es) anche leggere il giornale ed informarsi di politica significa partecipare alla politica. Il coinvolgimento dell’individuo nel sistema politico, ha vari livelli di attività -> dal disinteresse totale alla titolarità di una carica politica. Ci sono diversi gradi di partecipazione: iscriversi ai partiti, diventare attivisti, militanti ecc. -> prima la partecipazione era molta di più, gli iscritti ai partiti erano milioni (non tuti erano militanti e attivisti) La partecipazione é selettiva: un numero limitato di cittadini partecipa LE FORME DELLA PARTECIPAZIONE POLITICA MILIBRATH- > Studi sulla partecipazione politica sugli USA. Divide la popolazione in base al grado di coinvolgimento e partecipazione politica • 30% apatici: non partecipano alle elezioni -> coloro che non hanno alcun interesse nella politica. • (+ astensionisti intermittenti: a volte vanno a votare altre volte no -> parte principale in Italia) • 60% spettatori: sono i partecipanti -> votare, iniziare una discussione politica, • 7% gladiatori: raccogliere fondi per scopi politici, diventare membri attivi di un partito, partecipare a incontri con politici importanti, essere candidati a cariche elettive ecc. Da un punto di vista razionale partecipare é assurdo: quanto può incidere un singolo voto? Pochissimo, impercettibile. Ma nel voto c’è un qualcosa di espressivo -> mi sento parte della comunità in quanto possono esprimermi liberamente. • La mobilitazione delle risorse è cruciale per l’azione collettiva -> in questo senso, ruolo cruciale degli imprenditori politici • È anche cruciale l’organizzazione -> l’organizzazione di un gruppo può servire a compensare l’assenza di altre risorse (es. status sociale) -> es) la partecipazione organizzata degli operai negli Stati Uniti, dove la classe operaia è debolmente organizzata, e in Europa, dove invece ci sono forti sindacati e partiti socialisti. • La mobilitazione di un gruppo è influenzata dalle caratteristiche della categoria sociale -> es) gli operai europei che a fine ‘800 si organizzano perché condividono buona parte della giornata in fabbrica e anche parte del tempo libero PARTECIPAZIONE E IDENTITÀ La partecipazione è favorita dalla creazione di identità collettive -> senso di appartenenza ad un gruppo -> la partecipazione politica richiederebbe, dunque, la costruzione di collettività pervasa da un senso di solidarietà in cui gli individui si considerano come uguali. La costruzione di identità collettive è cruciale: autoidentificazione -> capacità di capire quali siano i propri interessi -> meccanismo partecipativo: in cui emerge la consapevolezza di appartenere ad un noi collettivo. La costruzione di identità è precondizione e conseguenza dell’azione collettiva: necessaria per la mobilitazione, che è poi in grado di trasformare l’identità stessa degli individui. Ovviamente, la partecipazione politica non è solo prodotto di identità collettive, ma le modifica allo stesso tempo: Infatti, tramite la partecipazione, si risponde alle seguenti domande: chi sono io? Chi sono gli altri? Quali differenze esistono tra me e gli altri? -> Definizione “in positivo” del gruppo di cui faccio parte + identificazione ”in negativo” delle differenze tra il mio gruppo e gli altri. POSTMATERIALISMO -> INGLEHART Alcune trasformazioni spiegano le nuove caratteristiche della partecipazione, sviluppatesi a partire dagli anni sessanta: le società delle democrazie dell’epoca avevano raggiunto un livello di benessere come non c’era mai stato prima, dovuto allo sviluppo economico, ma soprattutto alla costruzione del wealthfare state: grande sistema di protezione sociale, di mutuassicurazione. Tutti coloro che versano le tasse lo fanno per erogare dei servizi. Bisogni primari sempre perseguiti dai ceti più deboli: avere un lavoro, avere un reddito, sfamare chi nella priorità famiglia non lavora -> Anni 60 queste cose date per scontate: il lavoro si trova, l’occupazione non è un problema, anzi si cerca mano d’opera. Iniziano a nascere nuovi bisogni: qualità della vita, influenzare maggiormente le sedi istituzionali, avere e più diritti civili, nasce una coscienza ambientale -> non solo voler godere di un bene come quello ambientale, ma anche per una solidarietà intergenerazionale: lasciare l’ambiente in modo che le prossime generazioni ne possano usufruire come noi, -> rivoluzione sediziosa. Nasce un nuovo conflitto che si chiama post materialismo che si rivolge in parte a partiti già esistenti. Partecipazione e valori post-materialisti: esiste una gerarchia dei bisogni: prima si devono soddisfare bisogni primari (come protezione, cibo, abbigliamento, ecc.) e poi passare agli altri • indebolimento dei valori materialisti (preoccupazioni sul benessere economico e sulla sicurezza personale) e emersione dei valori post-materialisti: autorealizzazione personale, espansione di libertà di opinione, e democrazia partecipativa • Storicamente, le richieste di mutamento, collegate anche ai valori post-materialisti, sono venute dalla classe media più che da quella operaia • Temi non economici (ad esempio, quelli relativi allo stile di vita) ma anche il gap generazionale sono stati altri due elementi storicamente importanti Anni ‘60 uno dei rari momenti nella storia contemporanea in cui la concezione della società e della politica è cambiata radicalmente I GRUPPI DI PRESSIONE I GRUPPI NELLA STORIA • Le gilde e corporazioni (medioevo)-> importanti funzioni di governo all’interno dei comuni • I gruppi professionali (XIX secolo) -> associazioni di operai e artigiani • I sindacati (XIX e XX secolo) -> per la difesa degli interessi collettivi dei lavoratori • I gruppi di interesse/pressione (XX secolo) -> portati dall’aumento della complessità e articolazione sociale => Complesso rapporto gruppi-democrazia: espressione della libertà democratica ma anche dei poteri forti -> espressione della capacita di classi deboli di accrescere le proprie possibilità di influenza attraverso l'organizzazione e la pressione (es. sindacale), ma anche dimostrazione dell'ulteriore spazio dato agli interessi dominanti per mantenere o accrescere le disuguaglianze esistenti. DEFINIZIONE EMPIRICA DI GRUPPO DI INTERESSE Gruppo di interesse: insieme di persone, organizzate su basi volontarie, che mobilita risorse per influenzare le decisioni e le conseguenti politiche pubbliche Caratteri: • l’organizzazione del gruppo è formalizzata da apposite norme • l'aggregazione è volontaria -> maggior parte dei membri non è retribuita • la partecipazione è libera Si può dire sia gruppo di pressione che gruppo di interesse, ma bisogna tenere a mente che: • Gruppo di pressione: sottolinea l’azione dei gruppi in politica -> indica l’azione svolta -> lobbing • Gruppo di interesse: indica che cosa tiene insieme il gruppo Come possiamo distingue tra un partito politico, un movimento sociale e un gruppo di pressione? Obiettivo dei gruppi a differenza dei partiti: • Influenzare le decisioni pubbliche -> non eleggere rappresentanti in parlamenti e governi • Trasformare bisogni espressi in domande più specifiche: articolare gli interessi, formulare domande politiche -> non filtrare e aggregare domande in rappresentazioni generali Obiettivo dei gruppi a differenza dei movimenti: • Movimenti no organizzazione stabile + no diritti derivanti dall’essere membri del movimento -> Mentre per partito e gruppo di pressione c’è una aderenza ufficiale e mi comporta dei diritti dati il farne parte. • Gruppo di pressione tende a resistere nel tempo e si organizza perché vuole avere un effetto duraturo sulla politica -> mentre il movimento tende a declinare abbastanza presto -> dal movimento possono crearsi gruppi e partiti, ma il movimento di per sé si esaurisce. TIPOLOGIA DEI GRUPPI DI INTERESSE -> ALMOND E POWELL Riguarda la modalità organizzativa dei gruppi: 1. Gruppi di interesse anomici: folle disorganizzate e spontanee di protesta, crescono velocemente e altrettanto velocemente crollano a causa della disorganizzazione -> oggi non vengono ritenuti come veri e propri gruppi. 2. Gruppi di interesse non associativi: basati su una identità collettiva (razza, religione, lingua ecc.) ma senza struttura organizzativa. 3. Gruppi di interesse istituzionali: all’interno di organizzazioni complesse (chiese, burocrazie, forze armate), queste organizzazioni hanno strutture di ruoli ben definite. 4. Gruppi di interesse associativi: strutture specializzate per rappresentare gli interessi di un particolare gruppo -> es. sindacati -> gruppi maggiormente rilevanti nelle moderne democrazie. Altre differenze tra gruppi: • Modalità di azione: da forme di azione convenzionali: semplici comunicazioni, a forme di pressioni più forti: campagne verso l’opinione pubblica, finanziamento di campagne elettorali a modalità non convenzionali: scioperi, sit-in, marce ecc -> se queste forme di azione non hanno successo si passa alla domanda politica • Obiettivi: gruppi di interesse pubblico: difendono interesse comune, condiviso dai membri di una comunità nazionale vs gruppi di interesse speciale: difendono interessi parziali, che avvantaggiano alcuni gruppi a danno di altri + gruppi di interessi oggettivi vs gruppi di interessi morali • Risorse: i due punti precedenti sono influenzati dalle risorse: economiche (gruppi imprenditoriali -> possono usare sanzioni materiali: togliere finanziamenti a un uomo politico), numeriche (mobilitare settori sociali ampi), di influenza (vale lo status sociale delle persone che compongono il gruppo), conoscitive (conoscenze tecniche relative al settore di interesse), organizzative, simboliche (si fa ricorso a simboli -> sanzione indiretta: sanno mobilitare meglio l’opinione pubblica -> un’azione tipica del gruppo di pressione è la propaganda). RAPPORTO GRUPPI-PARTITI -> MORLINO Uno degli aspetti più rilevanti riguarda il rapporto tra partiti e gruppi -> che relazioni esistono tra gruppi e partiti? Gruppi e partiti si scambiano influenze e risorse: i partiti possono avere bisogno delle conoscenze tecniche e specialistiche dei gruppi, e della loro cooperazione per realizzare certe politiche. I partiti possono, in cambio di appoggio elettorale o di altro tipo, fare azioni politiche favorevoli agli interessi del gruppo. Intervento sul partito da parte dei gruppi può avvenire a: • Livello elettorale -> es) nel momento delle candidature con l'appoggio a certi candidati • Livello interno del partito -> es. presenza di esponenti del gruppo nel partito • Livello delle dichiarazioni programmatiche -> es. informazioni e posizioni suggerite da gruppi al partito • Livello decisionale -> es. con interventi diretti di esponenti del gruppo su parlamentari e ministri • Occupazione: quando i partiti prevalgono sul gruppo, interessi del gruppo subordinati a quelli de partito. I partiti sono i gatekeepers: «controllori d'accesso» dei gruppi in aree decisionali -> i gruppi in questa situazione non possono perseguire i propri interessi se non passando attraverso i partiti -> questo lo ritroviamo nei regimi autoritari e totalitari. • Situazioni intermedie: - Simbiosi: c’è una influenza reciproca tra partiti e gruppi, si rinforzano a vicenda nelle rispettive sfere di attività -> posizione paritaria -> spesso condividono ideologia -> es. CGL gruppo di pressione con partito comunista -> es. interscambio di personale politico. - Neutralità: gruppi autonomi dai partiti e vice versa. I gruppi trovano più conveniente non stabilire contatti privilegiati con alcun partito. Per aumentare le probabilità di successo applicano la loro pressione su partiti diversi rispetto alle diverse situazioni, configurando un appello multipartitico -> non hanno i vantaggi indubbi di avere un rapporto privilegiato con un partito al governo, ma nemmeno gli svantaggi di quando sono legati a un partito all’opposizione. Possibilità estrema: gruppo non abbia neanche il bisogno di interagire con un partito potendo contare su un accesso diretto alle sedi decisionali. • Egemonizzazione: è il gruppo che controlla il partito; il partito è espressione politica del gruppo -> questo succede quando nasce prima il gruppo e poi da esso si viene a creare sulle stesse idee il partito. RUOLO DEI GRUPPI DI INTERESSE NEL SISTEMA POLITICO Due grandi teorie che spiegano il ruolo dei gruppi nelle istituzioni di un paese: teoria pluralista e teoria neocorporativa -> possiamo considerare il pluralismo e il neocorporativismo come due estremi, ci può essere una via di mezzo. Teoria pluralista si sviluppo in Inghilterra e Stati Uniti I gruppi sono gli attori più rilevanti della politica -> ruolo positivo dei gruppi La società si organizza spontaneamente -> quando c’è un interesse da tutelare si crea un gruppo, questi gruppi competono tra di loro per cercare di influenzare i politici -> teoria pluralista perché avremmo un pluralità di gruppi di vario genere. 1. Garanzia di equilibrio fra spinte contrastanti: la competizione tra diversi gruppi, rappresentanti di altrettanti interessi -> mediazione tra di essi -> avvicinarsi a una sorta di bene comune. In questo senso, la presenza di tanti gruppi in competizione viene vista rappresentava -> il contesto del suffragio ristretto ha dato questi connotati -> la politica è cosa per pochi. Dopo iniziano a nascere partito socialista, popolare, fascista che diventeranno espressione di partiti di massa Differenze tra partiti nobiliari e di massa -> WEBER: Lo schema di Weber: 1. Notabili vs. politici di professione: • I partiti nascono come associazione di notabili (o di borghesi) con risorse autonome • Nel partito di massa, ci sono politici di professione, persone che vivono di politica -> fanno della politica il loro lavoro e dalla politica dipende il loro stipendio. 2. Deferenza vs. delega • Deferenza: Nel partito di notabili, persone influenti hanno un potere legato alla loro classe di origine • Delega: il potere dei politici nei partiti di massa è dato dalla delega (elezioni) dei cittadini. 3. Attività saltuaria o permanente del partito • Saltuaria: il partito di notabili si attivava solo in occasione delle elezioni, mentre era poco attivo in altri momenti • Permanente: il partito di massa, sia perché formato da molte persone, sia perché integrava molto di più i suoi membri, era sempre attivo -> Neumann parla infatti dei partiti di massa come partiti di integrazione (di massa), che accompagnavano il membro dalla culla alla tomba -> esistevano circoli, dopolavoro, associazioni di mutua assistenza Il diverso grado di attività è legato anche alla diversa struttura dei tuoi tipi di partiti. 4. Competizione elettorale ristretta vs. suffragio allargato • Competizione ristretta: I partiti di notabili competevano in situazioni nelle quali poche persone avevano il diritto di voto (di solito chi sapeva leggere e scrivere e/o aveva un certo reddito); quindi bisognava “convincere” meno persone, ed era anche possibile avere una struttura più leggera • Suffragio allargato: i partiti di massa competono in un mercato elettorale molto ampio, nel quale tutti potevano eleggere ed essere eletti -> struttura + rigida Lo schema di Weber è molto utile per avere una prima idea generale. Fa capire che è esistita un’evoluzione della struttura dei partiti politici in Europa occidentale, almeno a partire da metà/fine XIX secolo. In situazioni diverse esistevano strutture partitiche diverse (Duverger); ma non bisogna pensare che in ogni periodo storico esistesse un solo modello di partito -> es. partiti di notabili hanno convissuto, per un po’ con quelli di massa -> questo è molto importante anche per la differenziazione di Duverger. Differenza tra partiti in base alla struttura organizzativa -> DUVERGER La tipologia di Duverger analizza i partiti a partire dalle unità di base = organizzazione. 1. Comitato -> partiti liberali • Unità di base ristretta -> notabili (per definizione un gruppo ristretto) -> 10/15 • Si entra per cooptazione, i membri esistenti decidono se ammettere o meno nuovi membri • La risorsa principale è il prestigio dei notabili (= analisi di Weber) • Il tipico luogo di adesione è il circolo borghese • Struttura informale 2. Sezione -> partiti socialisti • Unità di base molto ampia, si cerca di coinvolgere molte persone -> organismo di massa • Non avendo le risorse dei notabili, si cerca di ottenere risorse (denaro, tempo, ecc.) dai membri -> iscrizione formale, di solito con il pagamento di una quota associativa periodica + è richiesto un certo attivismo da parte dei membri • Il luogo di adesione è territoriale: ogni città (o quartiere) ha la sezione del partito • La struttura è burocratica: strutture fisse e divisione del lavoro 3. Cellula -> partiti comunisti • Unità di base più ristretta, formata da un numero limitato di membri -> 30 • Inquadramento permanente degli aderenti -> Lenin: “rivoluzionari di professione”: in riferimento ai capi e ai quadri superiori del partito comunista • Risorse: partecipazione comunitaria: nascendo tendenzialmente in fabbrica, la cellula è formata da persone che non solo condividono idee politiche, ma che lavorano insieme -> luogo di adesione: fabbrica • È una struttura “totalizzante”: si parla infatti di “centralismo democratico” a proposito dei partiti comunisti: si decide in modo “democratico”, almeno in teoria, e poi le decisioni sono vincolanti per tutti, non sono ammessi ripensamenti o deroghe) 4. Milizia -> partiti fascisti • Il numero di componenti è ancora piccolo • L’inquadramento e il reclutamento di tipo militare -> es. nascono anche a partire da gruppi di reduci della Prima Guerra Mondiale: fascismo. • La risorsa principale dei membri è la fedeltà ai capi militari, ai quali si obbedisce • La struttura è gerarchica (come ogni struttura militare) Anche in questo caso, una struttura organizzativa può convivere con un’altra. Alcune strutture muoiono o diventano residuali (es. milizia -> partiti fascisti), mentre altre strutture emergono come dominanti (es. sezione -> partiti socialisti) -> infatti Duverger parla di contagio da sinistra: gli altri partiti adottano la struttura organizzativa dei partiti socialisti -> questo soprattutto negli anni ’50 e ’60. LE TRASFORMAZIONI DEI PARTITI I partiti sono strutture che vivono in un certo ambiente, che reagiscono a stimoli interni o esterni, che cambiano nel tempo -> Spiegano come cambiano i partiti nel corso del tempo: Legge ferrea dell’oligarchia -> MICHELS Secondo Michels, esiste una legge ferrea che trasforma i partiti da strutture interamente democratiche (dove i membri hanno un certo potere), a strutture oligarchiche (potere solo dirigenti): la legge ferrea dell’oligarchia • Inizialmente il capo è al servizio della base • Successivamente, l’organizzazione ha bisogno di specializzazione tecnica: strutturandosi in modo burocratico, creando capi a cui vengono affidati poteri decisivi, e che diventano sempre più svincolati dal controllo della base -> si forma una minoranza dirigente e una maggioranza diretta -> nascono disuguaglianze, facendo aumentare il potere di chi gestisce le risorse. => Questo processo va in parallelo con la crescita del partito: più il partito diventa grande, più competenze specialistiche sono necessarie e quindi avremo una struttura più complessa. L’inserimento dell’oligarchia tende a cambiare il modo di pensare dei dirigenti: si imborghesiscono, allontanandosi dalla massa dei lavoratori -> finendo per perdere il senso di comunità. I fini del parlamentare (leader) cambiano: vuole difendere i vantaggi che derivano dalla sua posizione nel partito, vuole la sopravvivenza di questa organizzazione -> dalla trasformazione radicale si passa alla sopravvivenza dell’organizzazione -> l’organizzazione da mezzo diventa fine. La teoria di Michels è stata criticata da più parti, in particolare da PANEBIANCO: • I militanti non sono senza poteri: scambio di risorse, possedute sia dai leader che dalla base -> es. la base elegge i membri del congresso che eleggono il leader • Le ideologie non sono del tutto manipolabili: sono un punto di riferimento per la costruzione e il mantenimento dell’identità del partito e dei militanti, oltre che alla legittimità dei leader • Il cambiamento non dipende da una legge ferrea, ma da vincoli ambientali Partito pigliatutto -> KIRCHHEIMER Partiti di massa, per motivi diversi, hanno iniziato a cambiare notevolmente a partire dagli anni ‘60; emersione di un nuovo modello di partito: il partito pigliatutto. Secondo Kirchheimer, il partito catch-all (pigliatutto) è caratterizzato da: • Riduzione del bagaglio ideologico • Ulteriore rafforzamento dei gruppi dirigenti di vertice: vengono valutati a partire dal contributo che danno all’efficienza dell’intero sistema sociale, non dal punto vista dell’identificazione con gli obiettivi del partito. • Diminuzione del ruolo del singolo membro • Minore accentuazione dell’importanza di una specifica classe sociale: si vogliono prendere persone provenienti da tutte le classi (appunto: “prendere” tutti) Perché emerge questo partito? • Profonde trasformazioni sociali, che hanno portato all’indebolimento dei sentimenti di appartenenza ad una classe. • Estensione dei diritti sociali + lo sviluppo economico = - conflitti sociali - persone vivono in povertà -> anni’60/‘70. • Maggior ruolo dei mass media, che permettono in entrare in contatto con moltissimi elettori => Non si vuole formare una coscienza di classe, ma semplicemente vincere le elezioni: tutte le energie si concentrano nella campagna elettorale -> partito rinuncia ad agire in profondità, per avere immediato successo elettorale. Partito professionale-elettorale -> PANEBIANCO Evoluzione delle trasformazioni del partito pigliatutto: partito professionale-elettorale di massa. Cartel party -> KATZ e MAIR In altre parole, in che stato di salute si trovavano i partiti di massa negli anni ‘80 e ‘90? non buono: credibile -> Competizione centripeta, moderazione ideologica, (distanza destra-sinistra ridotta) -> UK • Sistemi multipartitici: - Pluralismo limitato e moderato: 3-5 partiti, competizione centripeta, bassa polarizzazione ideologica e governi di coalizione. - Multipartitismo segmentato: + di 5 partiti ma bassa polarizzazione ideologica • Pluralismo estremo e polarizzato: + di 5 partiti -> il suo modello è l’Italia I Rep: - Presenza di partiti ‘anti-sistema’ (Pci, Msi): partiti che se potessero cambierebbero non il governo ma il sistema di governo -> anti-democratici - Centro occupato (Dc e partiti laici minori) e sistema basato sul centro - Forte polarizzazione ideologica - Tendenze centrifughe: fuga di voti verso le ali estreme -> partiti di destra e sinistra non si spostano al centro perché esso è già occupato (perderebbero voti alle estreme senza guadagnarne di nuovi) - Le opposizioni sono irresponsabili -> fanno promesse che non potranno mai mantenere - Costretto a restare al governo, il partito di centro (Dc) ha scarsa responsabilità democratica - Sistema atomizzato: sistema pulviscolare e non strutturato Sartori dava definizione di pluralismo estremo a questi sistemi partitici con più di 5 partiti, ad oggi grande polarizzazione, molto più di 5 partiti, ma accade un po ovunque, non solo in Italia. Il sistema moderato e bipartitico è quasi del tutto scomparso. COMUNICAZIONE POLITICA Definizione: scambio e confronto dei contenuti di interesse pubblico-politico prodotti dal sistema politico, dal sistema dei media e dal cittadino-elettore. La prima ricerca sistematica sul comportamento di voto Nel 1940: Le caratteristiche socioeconomiche sono le principali determinanti del comportamento di voto che rimane costante nel tempo; mentre uno scarso effetto ha la campagna elettorale. Proprio gli elettori più fedeli ai partiti, che sono anche quelli più interessati alla politica, prestano attenzione limitata alla comunicazione politica, dato che hanno già deciso per chi votare prima dell'avvio della campagna, tendono a restare fedeli alla decisione presa. Più permeabili ai messaggi diffusi attraverso i media sono coloro con deboli predisposizioni politiche, ma non essendo interessati alla politica non faranno caso ai messaggi diffusi dai media. => media possono rafforzare predisposizioni politiche preesistenti ma non crearne di nuove. L'attenzione alla comunicazione politica si è intensificata da quando si è cominciato ad osservare una riduzione dell'identificazione partitica e un aumento viceversa di quella parte dell'elettorato che vota sulla base di specifiche opinioni, mutando anche partito da una elezione all'altra -> elettore che agisce in modo razionale. Mass media sono diventati canali più importanti per la comunicazione politica elettorale-> professionalizzazione di campagne elettorali: uso crescente di consulenti professionisti, sondaggi, spot + oltre che a specifiche tematiche si promuove immagine candidato e partito. si continua a ritenere limitata la capacità dei mas media di convertire una persona: far cambiare preferenze elettorali, possono comunque essere decisivi al fine della vittoria. VIDEOCRAZIE I rischi della comunicazione di massa. La comunicazione politica è stata definita come tecnica di manipolazione; l'insieme delle tecniche e strategie utilizzate dagli attori politici per sedurre, gestire e circuire l'opinione pubblica. Controllo della comunicazione da parte dei politici porta a rischi di: • conformismo della massa • dispotismo della maggioranza. Inoltre i luoghi che avevano favorito lo svilupparsi del pensiero raziocinante (salotti, società letterarie) si sono commercializzati + da concezioni del giornalismo come offerta neutrale di informazione o strumento di controllo dell'attività dei politici a ricerca del profitto + pubblicità da strumento per un'opinione informata a potenziale strumento di inganno. L'indebolimento dei partiti ha favorito la trasformazione delle democrazie contemporanee in videocrazie, rafforzando il potere dei mezzi di comunicazione di massa e di chi può esercitare influenza su di essi • era della televisione mette a dura prova il pluralismo di opinioni, che la stampa aveva fatto sopravvivere. • La televisione incoraggia un'immagine della politica spettacolo: la spettacolarizzazione della politica ne sottolinea gli aspetti attraenti, divertenti, sensazionalistici -> processo favorito da politici stessi (si sottomettono alle regole della televisione) per avere più seguito -> logica del profitto: informazioni non rilevanti in politica ma danno più visibilità • Televisione ha favorito la personalizzazione politica: facendo crescere, il numero di elettori che votano sulla base dell' «immagine» invece che delle posizioni politiche. vicende della vita privata + look + appeal di un politico contano più del suo programma -> intimità del mezzo televisivo nutre l'impressione di poter giudicare un leader meglio dalla sua personalità che dai suoi programmi -> campagna elettorale come un concorso di bellezza, vince chi riesce a sedurre il pubblico. • La presenza dei mezzi di comunicazione di massa favorisce i leader dotati di canali privilegiati di accesso ai mass media -> Berlusconi. • Utilizzare i mass media aumenta il costo della campagna politica -> serie di professionisti da assumere -> aumento della capacita del denaro di determinare le elezioni Effetti positivi: rappresentanti di interessi emergenti attraverso i media possono farsi conoscere -> media = risorsa politica per i gruppi senza potere -> attraverso la protesta -> per ottenere la copertura mediatica devono adattarsi alle regole dei media: proteste violente, coinvolgenti, innovative. Sviluppo tecnologico sembra permettere maggiore pluralismo nelle foti di informazione -> aumentare intervento dei cittadini nelle decisioni politiche. ELEZIONI E SISTEMI ELETTORALI LE ELEZIONI DEMOCRATICHE Le elezioni sono un meccanismo per scegliere i componenti di organi monocratici o collegiali -> Meccanismi di scelta alternativi alle elezioni: cooptazione (scelta operata da qualcuno che fa già parte di quell’organismo al quale apparterrà il selezionato), nomina (quando un capo di stato sceglie un capo di governo vs elezione: quando il parlamento sceglie un capo di stato), sorteggio, selezione su base di merito ecc. Funzioni delle elezioni democratiche: Le elezioni sono gli strumenti principali della rappresentanza e del controllo popolare sui governati: attraverso le elezioni gli eletti diventano rappresentanti degli elettori. Le elezioni sono strumenti di ritualizzazione e “addomesticamento” del conflitto politico: attraverso di esse il conflitto e la competizione per il potere vengono canalizzate secondo modalità prestabilite e ricorrenti, con esisti prevedibili e reversibili. Caratteri fondamentali delle elezioni democratiche: • Competizione: offerta politica plurale -> genuina concorrenza tra i candidati • Libertà: la scelta degli elettori è al riparo da minacce (grazie a segretezza del voto) e caratterizzata da sufficiente informazione -> libertà di scegliere il candidato che preferisco • Rilevanza: i risultati delle elezioni hanno un peso significativo sui processi decisionali di governo • Ricorrenti I SISTEMI ELETTORALI Il sistema elettorale è l’insieme delle norme che regolano la traduzione delle preferenze in voti e dei voti in seggi . Esse concernono molteplici aspetti: Le circoscrizioni elettorali Le circoscrizioni elettorali indica ciascuna delle parti in cui è suddiviso il territorio di uno Stato per l'elezione di un organo collegiale e non collegiale. In alcuni casi non c’è divisione in circoscrizioni, ma c’é un’unica circoscrizione che coincide con la nazione -> es. Olanda, Israele, in Italia per la camera dei deputati. Collegio: porzione del territorio dove si presentano i vari candidati in competizione per l’assegnazione di un determinato seggio. • Collegio uninominale: porzione del territorio dove si elegge un solo candidato -> generalmente sistemi elettorali maggioritari • Colleghi plurinominali: vengono eletti più candidati -> generalmente sistemi elettorali proporzionali. A livello nazionale viene stabilito in totale quanti seggi vanno a quel partito -> scompone i seggi nelle determinate circoscrizioni -> per decidere chi va in parlamento si sceglie i primi due della lista -> Noi si vota la lista, ma non si può anche esprimere la preferenza del candidato, quindi vanno in ordine dal primo in poi. Formula elettorale Le formule elettorali si riferiscono al meccanismo della traduzione dei voti in seggi: Sistema maggioritario (a favore della governabilità): nell’assegnazione dei seggi privilegiano l’orientamento della maggioranza -> obiettivo di produrre una stabile maggioranza parlamentare in grado di governare. Formula elettorale: in una circoscrizione che assegna un numero N di seggi, questi ultimi sono attribuiti ai primi N competitori con più voti -> collegio uninominale. Varianti del sistema maggioritario: • Uninominali plurality a turno unico: viene eletto colui che ottiene più voti (non é richiesta la maggioranza assoluta). Generalmente usato in collegi uninominali, ma avvolte anche in colleghi plurinominali -> 3 rappresentanti da eleggere su 20 candidati in competizione; i tre candidati che hanno ricevuto più voti vincono. In alcuni casi gli elettori possono dare più di un voto: elettori avevano a disposizione 3 voti nei collegi dove venivano eletti 3 candidati, 4 voti con 4 posti ecc -> vince sempre chi ottiene il maggior numero di voti. • Uninominali majority a doppio turno: vince chi ottiene il 50% +1 dei voti -> Se nessuno lo raggiunge in un primo turno di elezioni, si va un secondo turno di votazione, al quale partecipano i due candidati con più voti, chi ha più voti nel secondo turno vince -> Sistema majority al primo turno e plurality al secondo turno. In Francia invece possono andare alla seconda valutazione, tutti coloro che superano il 12% dei voti. Pro: ‣ Sistema majority esprime una preferenza più legittimata grazie alla maggioranza assoluta 50%+1 ‣ Chi non ha il candidato preferito al secondo turno più nuovamente esprimersi, possibilità di esprime seconde preferenze. Contro: ‣ Generalmente la partecipazione al secondo turno diminuisce. • Uninominali majority con voto alternativo: gli elettori possono creare un graduatoria tra i candidati, dal primo che preferiscono a quello che preferiscono meno -> Australia. Si vanno a vedere le prime preferenze, se nessuno ottiene la maggioranza assoluta, si elimina il candidato con il minor numero di prime preferenze e le schede di questo vengono date ai candidati in base alle seconde preferenze. A ogni candidato si sommano i voti di prima preferenza più quelli di seconda preferenze espresse dagli elettori che avevano messo al primo posto il candidato eliminato, e così via finché qualcuno non raggiunge la maggioranza assoluta. Il voto dato al primo vale come il voto dato al secondo, il secondo voto riassegnato vale come il primo. Ci sono invece casi in cui il secondo voto vale meno del primo. Pro: ‣ Questo sistema evita la polarizzazione del voto. In questi casi non conviene presentare candidati di posizioni estreme, perché la maggioranza assoluta è difficile - Conferimento definitiva e permanente del potere di agire per la collettività a favore dei governanti -> Hobbes - conferimento di autorità temporaneo e limitato che il rappresentato può ritirare o delimitare entro limiti sostanziali. 2. Rappresentanza come azione nell’interesse del rappresentato: in un rappresentanza politica parlamentare è fondamentale che il rappresentante agisca nell’interesse del rappresentato -> In questa accezione c’è uno spazio di variazione: - rappresentante come l'unico autorizzato a stabilire quale sia il «vero» interesse del rappresentato -> regimi autocratici - si riconosce al rappresentato il diritto di determinare il suo interesse -> regimi democratici -> questa seconda interpretazione della rappresentanza fa si che al rappresentato sia riconosciuto un ruolo attivo: possibilità di esprimere i propri interessi e di controllare che essi siano rispettati dal rappresentante. 3. Rappresentanza come responsabilità: il rappresentante deve rispondere di ciò che fa, essere chiamato a un giudizio da parte del rappresentato che deciderà se in questo conferimento di autorità c’è stato il perseguimento dell’interesse del rappresentato e quindi decidere se continuare a conferirgli questo potere o meno. Il rappresentato può sanzionare il rappresentante eleggendone un altro -> In democrazia, questo avviene tramite le elezioni. 4. Rappresentanza come specchio: rappresentanza intesa come riproduzione delle caratteristiche di soggetti rappresentati in parlamento, come un piccolo cosmo che riproduce le differenze della società -> es. 60% donne e 40% uomini in società dovrebbero essere anche in parlamento gli stesi rapporti. Quali sono le caratteristiche da riprodurre? Di solito caratteri oggettivi: genere, condizione professionale, appartenenza etnica o confessionale ecc. -> rappresentatività sociologica. Un organo politico sarà dunque tanto più rappresentativo più fedelmente replicherà la distribuzione di certe caratteristiche proprie della società. In democrazia la rappresentatività sociologica non è garantita automaticamente dai meccanismi elettorali -> la sua realizzabilità è legata alla compresenza di alcune condizioni politiche: volontà dei rappresentati di scegliere rappresentanti simili a se stessi + disponibilità di un sufficiente numero di candidati dotati di simili caratteristiche -> tutto questo è problematico: il realizzarsi della prima è più probabile quando il carattere in questione è fattore di definizione dell’identità politica di un settore della società (l’essere operaio, donna ecc.). Ma non è detto che, ad esempio, le donne votino per una donna, anche perché i partiti, come agenti che organizzano la rappresentanza, non necessariamente garantiranno la presentazione di candidati che permettano questa rappresentanza come specchio. E’ diffusa l’idea che il comportamento dei rappresentanti sia determinato dalla loro identità: un rappresentante donna farà gli interessi delle donne, un rappresentante operaio degli operai e così via; ma non è detto. Inoltre, non necessariamente un parlamento più specchio della società è automaticamente più democratico -> rappresentanza come specchio può essere usata come giustificazione da un regime non democratico per legittimarsi (es. regimi comunisti con rappresentanza sociologica assicurata) Possiamo ora definire il concetto di rappresentanza politica democratica: una relazione tra cittadini e governanti, intesi gli uni e gli altri come soggetti pluralistici; i secondi sono investiti dell’autorità di governare in nome e nell’interesse dei primi e sono soggetti a responsabilità politica per i propri comportamenti di fronte ai cittadini stessi -> autorità e responsabilità politica dei governanti sono realizzate attraverso meccanismi istituzionali elettorali. => Rappresentanza come conferimento di potere + agire nell’interesse di qualcuno + responsabilità. VARIANTI DEI PARLAMENTI CONTEMPORANEI Che caratteristiche hanno i parlamenti democratici contemporanei?-> la risposta dipende da molti fattori: caratteristiche istituzionali, storiche, sociali, partitiche, ecc. Caratteristiche di parlamenti che funzionano diversamente: • Monocameralismo vs bicameralismo • Articolazione in commissioni -> commissioni parlamentari servono per l’organizzazione dei lavori del parlamento, si dividano per materia (commissione finanze, ambiente ecc.) si occupano di proposte di legge che riguardano il loro ambito. • Articolazioni secondo linee pratiche -> si divide il parlamento in gruppi parlamentari: insieme di deputati o senatori dei diversi partiti, i partiti che sono andati meglio alle elezioni hanno più seggi, sono più numerosi. • Articolazione secondo la divisione del governo-opposizione -> nei parlamenti democratici abbiamo più di un gruppo politico e avremmo forze politiche che hanno vinto le elezioni e quelle invece che sino all’opposizione perché hanno perso. Monocameralismo vs bicameralismo Problema di come configurare la rappresentanza: modello unicamerale si afferma un criterio unico; modello bicamerale bilancia criteri diversi a ciascuno dei quali non è possibile rinunciare. Con due camere si va più lenti rispetto a una camera sola -> Esistono due camere per delle motivazioni: • due camere rappresentano due cose diverse -> camera rappresenta il popolo americano (rappresentanti eletti in proporzione alla grandezza della popolazione per stato), il senato rappresenta gli Stati (2 senatori per ogni stato indipendente dalla grandezza dello stato). • Nel caso italiano il senato era di nominare regia, come in Inghilterra la camera dei lords, esistevano per bilanciare e non dare troppo potere al popolo. Ci sono due linee di divisione nei parlamenti bicamerali: la base rappresentativa e i poteri 1. Bicameralismo forte: base rappresentativa diversa e poteri simmetrici -> es. USA 2. Bicameralismo debole: base rappresentativa diversa e poteri asimmetrici 3. Bicameralismo ridondante: base rappresentativa uguale e poteri simmetrici -> la seconda camera è un doppione della prima ->-> es. Italia 4. Bicameralismo a base funzionale: base rappresentativa uguale e poteri asimmetrici Articolazione in commissioni Un secondo elemento chiave è l’articolazione dei parlamenti in commissioni. Vista la mole di lavoro e la quantità di informazioni richieste, i parlamenti tendono a dividersi in “sottoinsiemi”, dei “mini-parlamenti”. I parlamenti si distinguono anche in base alle modalità di articolazione delle commissioni e alla loro importanza: • alcune commissioni sono iper-specializzate e molto potenti vs.in altri sistemi, le commissioni non sono specializzate e nemmeno permanenti, la loro composizione cambia molto facilmente • la presidenza delle commissioni può avvenire seguendo la frattura governo-opposizione, oppure dando molto potere a tutti i partiti • dando poteri di controllo sull’agenda delle commissioni ai presidenti oppure relegandoli ad un ruolo di garanzia. => Ovviamente, quanto più la leadership della commissione sarà “interna” (cioè non seguendo la logica governo-opposizione) e quanto più la struttura della commissione sarà stabile; tanto più la specializzazione tecnica e politica dei parlamentari della commissione sarà alta, e tanto più tali parlamentari agiranno in modo cooperativo tra di loro. Processi legislativi più cooperativi e meno conflittuali -> compromesso é più facile nelle commissioni che nell’aula. Articolazione lungo linee partitiche I singoli parlamentari sono legati al gruppo che corrisponde ad un partito che ha una propria identità organizzativa anche esterna. I gruppi parlamentari (organizzati su base partitica) diventano i soggetti principali della vita parlamentare: spetta ai partiti i principali compiti in materia legislativa e sostegno al governo; mentre il compito dei parlamentari individuali sarà quello di di attuarle -> rimpiazzando di fatto l’idea ottocentesca della rappresentanza individuale -> più alta prevedibilità del processo legislativo. Un’eccezione è il Congresso americano: i partiti in parlamento sono molto deboli e i parlamentari godono di grande libertà di azione -> forte caratterizzazione individuale. Per valutare il rapporto tra livello individuale livello collettivo (partitico) di articolazione del parlamento si deve stabilire quali sono le basi dell’autorità dei partiti e la loro leadership in parlamento: due modelli opposti: • leadership partitica ha la sua legittimazione nel gruppo parlamentare del partito: i parlamentari costituiscono la base dell'autorità del partito; la loro influenza tenderà a manifestarsi nella capacità di influenzare le decisioni del gruppo (ma non sottrarsi alla sua disciplina) -> parlamentari costituiscono elementi centrali dell’organizzazione e sono molto potenti. • leadership dalla struttura extraparlamentare del partito: i parlamentari si presenteranno come il braccio esecutivo di un partito che definisce le sue posizioni in sedi extra- parlamentari -> parlamentari del partito sono fortemente influenzati da questa struttura. => Ovviamente, non solo questi due modelli sono ideali, e dunque spesso si trovano contaminazioni tra di essi nella vita reale. Articolazione governo-opposizione Importante il rapporto tra governo e parlamento per definire la struttura politica di questo ultimo. Aspetto particolarmente rilevante nelle forme di governo parlamentari nelle quali il parlamento ha il compito di produrre e legittimare l'esecutivo. Nei sistemi parlamentari, visto che il governo ha bisogno della fiducia del parlamento, la linea di divisione più importante corre tra i partiti che sostengono il governo e i partiti che gli si oppongono -> questa è una necessaria semplificazione: non c’è una perfetta corrispondenza tra maggioranza parlamentare e governo. Il governo può dover rispondere a domande e pressioni provenienti dall’opposizione parlamentare, o la maggioranza parlamentare può cercare di fare pressione sul governo per portare avanti una politica specifica -> per questo si parla di dualismo governo-opposizione e anche di un dualismo governo-maggioranza. Ad un estremo abbiamo un governo che controlla fortemente la maggioranza, mentre ad un altro estremo abbiamo un governo molto influenzato dalla maggioranza. • governi a maggioranza parlamentare monopartitica (UK), conta molto il grado di coesione della maggioranza parlamentare per definire il rapporto governo-maggioranza. Coesione e lealtà al governo sono fortemente accentuate perché una sconfitta del governo porterebbe anche per la maggioranza il rischio di nuove elezioni e la possibilità di perdere il controllo del parlamento -> governo e maggioranza sono legati ad uno stesso desino. • governi di coalizione pluripartitici: il problema della coesione governo-maggioranza si collega ai processi di accomodamento tra identità e programmi politici dei diversi soggetti partitici che compongono la coalizione. La variabile determinante sarà l'estensione dello spettro politico della coalizione (differenze ideologiche): quanto più elevato lo spettro politico della coalizione governativa tanto maggiore sarà la distanza dei singoli gruppi parlamentari dal minimo comune denominatore espresso dal governo. Gruppi parlamentari di maggioranza si identificherà solo parzialmente nel governo e il suo sostegno tenderà ad essere provvisorio, in attesa che si verifichino condizioni tali da poter trasferire il proprio sostegno ad un governo che presenti una maggiore prossimità ideologico -> + coalizione ideologicamente ampia -> + difficile sarà tenere unita la maggioranza. pubblici -> equilibrio problematico tra domande della società e risposte del sistema politico -> Crisi di sovraccarico (overload): situazione nella quale si trovano i governi ora; squilibrio tra le aspettative della società nei confronti del governo e le capacità delle istituzioni statali di soddisfarle. La grande riscoperta del mercato come strumento di regolazione sociale, interpretato come un meccanismo di aggiustamento di sistemi politici che avevano scoperto di essere diventati eccessivamente sovraccarichi -> la politica può ridurre le pretese della società lasciando ad altri meccanismi sociali il compito di risolvere una parte dei problemi umani. FORME DI GOVERNO Diverse forme di governo: diversi modi di organizzare i rapporti tra le istituzioni in uno stesso regime, democratico. La classificazione tradizionale (presidenzialismo vs parlamentarismo) fa riferimento a due distinte dimensioni delle istituzioni governative: legittimazione democratica e struttura dell’esecutivo. Legittimazione democratica (cioè elettorale): chi ha il diritto di conferire la legittimazione a governare ha il titolo per decretare anche la fine di questa legittimazione -> chi governa deve rispondere a chi lo ha investito della responsabilità di governo. • Legittimazione diretta: governo eletto dai cittadini (elezione riguarda il capo del governo) senza la mediazione parlamentare -> capo di stato = capo di governo -> governo presidenziale -> Stati Uniti Aspetto caratterizzante: l'organo che conferisce la legittimità democratica (il corpo elettorale) non ha il potere di sottrarla, se non attraverso lo strumento della non rielezione alla scadenza fissata del termine dell’esecutivo, non sono previste possibilità di revoca -> il motivo dipende dalle caratteristiche dell'organo legittimante, il corpo elettorale, per il quale è difficile un’attivazione autonoma che sarebbe richiesta per realizzare un meccanismo paragonabile alle procedure di sfiducia previste per gli esecutivi a legittimazione parlamentare. => La forma di governo presidenziale si caratterizza per stabilità istituzionalmente + maggiore rigidità istituzionale, dovuta alla mancanza di uno strumento per risolvere un conflitto non mediabile tra il capo dell'esecutivo e le forze politiche parlamentari. Il sistema presidenziale non significa predominio del potere esecutivo: bisogna infatti ricordare che due strumenti fondamentali dell'azione di governo, attività legislativa e potere di spesa, sono controllati dal parlamento sul quale la presidenza ha poteri limitati. • Legittimazione indiretta: governo eletto dal parlamento; nesso tra governo ed elettorato è mediato dal parlamento -> governo parlamentare -> Europa, Asia e Oceania. La selezione e l'investitura, il ritiro della legittimazione e i meccanismi per far valere la responsabilità politica del governo non si realizzano necessariamente attraverso lo stesso strumento istituzionale. - Selezione di chi governa: organo esterno al parlamento, il monarca nelle democrazie con corona o presidente della repubblica negli stati repubblicani -> organo che per il suo basso grado di politicità rappresenta una garanzia riguardo la correttezza del procedimento -> anche se la selezione del governo non è attribuita al parlamento non significa che siano questi altri organi a conferire la legittimità politica a governare. - Il governo parlamentare deve avere la «fiducia» del parlamento. - Fiducia in forma esplicita: è previsto tanto un atto positivo di conferimento della legittimazione (voto di fiducia) che un atto negativo di sottrazione della stessa (voto di sfiducia). - Fiducia in forma implicita e negativa: la fiducia del parlamento nei confronti del governo si presume esistente fintantoché non viene manifestato espressamente il contrario -> previsto solo voto di sfiducia. Nella maggioranza dei sistemi parlamentari, ma non in tutti, è prevista anche la possibilità di uno scioglimento anticipato del parlamento e del ricorso a nuove elezioni. Struttura interna del governo: • Presidenziale: struttura a due livelli dell'esecutivo, il capo dell'esecutivo (il presidente) ha uno status qualitativamente distinto da quello degli altri componenti (ministri o segretari di stato) e chiaramente ad essi sovra-ordinato -> modello presidenziale -> solo il capo dell'esecutivo gode di un'investitura democratica, mentre gli altri membri del governo, derivano dalla nomina presidenziale la propria appartenenza al governo. • Collegiale: i ministri e il capo del governo si collocano sullo stesso livello, il premier ha solo funzione di coordinamento -> modello parlamentare -> tutti i componenti del governo sono sullo stesso piano rispetto alla fonte di legittimazione parlamentare; Accanto a presidenzialismo e parlamentarismo abbiamo due forme istituzionali che ne combinano alcuni elementi: • Semi-presidenziale: il capo dello stato (presidente della repubblica) riceve un’investitura popolare (non solo ruolo rappresentanti o ma anche di governo); ma qui viene mantenuto il legame di fiducia tra il governo e il parlamento (parlamento elegge governo)-> figura del capo del governo non viene fusa con quella del capo dello stato: dualismo tra presidente della repubblica e presidente del consiglio. Questa duplice fonte di legittimazione porta a problemi particolari di coesistenza fra le due componenti dell'esecutivo che fanno capo a ciascuna di esse -> problemi particolarmente acuti quando in parlamento si afferma una maggioranza diversa da quella presidenziale -> Due diverse uscite da una simile contrapposizione: - Forzatura presidenziale: scioglimento del parlamento per riportarlo in linea con la maggioranza presidenziale. - Cattura parlamentare del governo: ripiegamento della presidenza in un ruolo meno politico. • Premierato -> Israele. Legittimazione parlamentare del governo, assicurata con la possibilità del voto di sfiducia del parlamento al governo + legittimazione popolare del primo ministro attraverso la sua elezione diretta -> a differenza del presidenzialismo la carica esecutiva eletta direttamente non ha il ruolo di capo dello stato. Inoltre a bilanciare il potere di sfiducia del parlamento, al capo del governo viene attribuito il potere di scioglimento del parlamento: ma a condizione di sottoporsi anch'esso ad una nuova verifica elettorale. BUROCRAZIE PUBBLICHE Il concetto di burocrazia pubblica si sovrappone oggi al concetto di pubblica amministrazione: designa l’insieme delle organizzazioni dello stato. La burocrazia pubblica è un elemento fondamentale dello stato: • In termini funzionali o di azione: comprende i procedimenti di messa in atto di norme • In termini strutturali: può essere concepita come l’insieme degli apparati di cui il governo si avvale per esercitare la messa in atto di norme. • Indica una particolare forma di potere, e quindi amministrazione, tipica delle organizzazioni complesse nelle società moderne -> burocrazia pubblica legata all’emergere dello Stato moderno. STATO MODERNO Lo stato è dotato di queste caratteristiche -> SCHIERA • Accentramento del potere: creazione dello stato data dall’accentramento territoriale e dei poteri nelle mani del sovrano -> signori feudali e chiesa dovettero subordinarsi, almeno per quanto riguarda il potere temporale, allo stato. La burocrazia pubblica nasce in questo processo come strumento di potere attraverso cui si stabilizza il centralismo della monarchia assoluta -> con il passare del tempo la burocrazia si sottrarrà al potere personale del sovrano assoluto, assoggettandosi al parlamento, al governo e alla legge. • Monopolio della forza legittima: al sovrano viene attribuita la facoltà di usare la forza per difendere la comunità da attacchi esterni e per mantenere l'ordine interno -> definizione WEBER: si ha uno stato quando un soggetto politico di carattere istituzionale è capace di rivendicare con successo, per la sua direzione amministrativa, il monopolio della forza legittima. La burocrazia pubblica (all'inizio la polizia) è lo strumento che permette di mantenere questo controllo. • Impersonalità del comando: nello stato moderno l'obbedienza al dominio politico non è dettata dalla paura della punizione, ma da un senso di doverosità e morale -> riconoscimento da parte di chi è soggetto a comando che esso non è arbitrario, interessi a cui il comando è orientato non sono esclusivamente quelli di chi comanda -> legittimazione del sovrano viene dall'esistenza di una serie di regole riconosciute: l'uso della forza è controllato dalla legge. BUROCRAZIA WEBER: lo stato moderno si fonda sul potere razionale-legale dei suoi funzionari. • Il potere razionale-legale è alla base del modo di amministrare le moderne società complesse -> lo sviluppo di questo tipo di potere è parte di un più ampio processo di razionalizzazione. Per Weber la crescita della democrazia é data dalla sua superiorità tecnica. • Peculiarità della burocrazia è la presenza di un potere impersonale: applicazione neutrale di regole astratte -> egli agisce con l’esclusione di tutti gli elementi affettivi personali irrazionali e non calcolabili. • Sapere specialistico: burocrazia composta da funzionari con competenze specialistiche • Organizzazione gerarchica della burocrazia. La progressiva specializzazione degli organi cui viene assegnato lo svolgimento di specifiche funzioni rende necessaria la creazione di un sistema di coordinamento = la burocrazia -> costante espansione dei compiti dello stato si è riflessa in una crescita della burocrazia. LIMITI DELLA DEFINIZIONE DI WEBER La crescita della pubblica amministrazione porta a una burocrazia con le caratteristiche individuate da Weber? Limiti alla razionalità: comportamento amministrativo Modello weberiano afferma in primo luogo il principio della razionalità dell’azione come fondamento dell’agire burocratico. L’approccio razionale è stato a lungo quello dominante, pone molta fiducia nella razionalità: capacità di scegliere mezzi più adeguati ai fini; ma ha sollevato numerose critiche che hanno portato all’elaborazione di teorie alternative: • Razionalità limitata -> SIMON: il processo decisionale nella pubblica amministrazione è dominato dall’aspirazione alla razionalità, ma questa ha dei limiti nell’applicazione pratica. Secondo l’approccio razionale nel processo decisionale una volta che sono stati definiti gli obbiettivi il processo decisionale si svolge in tre fasi: 1) redazione di un elenco di tutte le strategie alternative; 2) determinazione di tutte le conseguenze di ciascuna strategia; 3) valutazione comparata delle conseguenze. Però in realtà viviamo in un mondo con costanti vincoli a un comportamento razionale, ad esempio il costo stesso della raccolta delle informazioni che rende irrealistica una completa conoscenza delle alternative come presupposto della scelta. Simon elaborerà il modello di razionalità limitata: evitando di analizzare tutte le soluzioni possibili l’amministratore pubblico adotterà la soluzione che appare più soddisfacente. • Incrementalismo incoerente -> LINDBLOM: critica il modello razionale e afferma che il processo decisionale avviene in modo incrementale, attraverso successive comparazioni di alternative. Egli sostiene invece che non vi è, nella realtà, un ordine gerarchico tra mezzi e fini ma questi tendono ad adattarsi l’uno all’altro: il processo decisionale avverrebbe attraverso aggiustamenti sia adattivi (di adeguamento a trasformazioni esterne), sia manipolativi (miranti a trasformare l’ambiente esterno). Questo metodo incrementale avrebbe effetti positivi, evitando l’illusione di risolvere i problemi una volta per tutte -> esso permetterebbe successive modifiche e la possibilità di risolvere eventuali errori. Tuttavia, è stato osservato che i processi incrementali rischiano di rafforzare il conservatorismo della burocrazia -> si risolve con il metodo mixed scanning: processo basato sulla distinzione tra decisioni fondamentali, dov’è necessario valutare numerose opzioni alternative e decisioni di portata limitata che possono essere prese in modo incrementale. FASI DELLE POLITICHE Identificazione di un problema -> formulazione di una politica -> decisione -> messa in opera -> valutazione dei risultati -> continuazione o fine della politica. 1. Identificazione della politica Definizione dell’agenda (agenda setting) attraverso il quale vengono selezionati i problemi che in un dato momento appaiono rilevanti e meritevoli di essere affrontati da parte dei soggetti e delle istituzioni politiche. Questo processo ha un carattere competitivo: ogni problema deve farsi spazio tra molti altri. I problemi non hanno una definizione naturale e oggettiva, sono suscettibili a diverse costruzioni -> persone diverse percepiscono problemi diversi; quello che in un determinato contesto politico è visto come problema privato in un altro può risultare come problema pubblico, del quale si devono fare carico le istituzioni (una volta che un problema è stato costruito in un modo è difficile ricostruirlo in un altro). 2. Formulazione delle politiche Una volta che il problema si è imposto, se non si riesce a farlo scomparire magari dirottando l’attenzione su altri temi comincerà la ricerca di soluzioni. Questa è la fase della formulazione di una policy: fase in cui verranno messi a punto i provvedimenti attraverso i quali le autorità pubbliche pensano di dare una risposta almeno parziale o temporanea al problema in questione. Selezione delle alternative: tra le diverse possibili soluzioni bisognerà scegliere quale adottare -> questo comporta sia una dimensione tecnica (individuare sulla base di conoscenze specifiche la soluzione più adeguata per raggiungere lo scopo prefisso), sia una dimensione politica (qui acquistano rilievo i valori e le finalità). 3. Decisione La decisione, è il momento nel quale ad un programma di azione viene conferita l’autorità pubblica. L’attribuzione di questa autorità ha in genere, come requisito necessario (anche se non sufficiente in sé e per sé), la legittimità del momento decisionale. • Chi: attori coinvolto nella decisione; politici espressi dalla rappresentanza, scienziati e tecnici, uomini della pubblica amministrazione, esponenti dei gruppi di interesse, semplici cittadini. • Dove: sede istituzionale (parlamento) oppure un luogo informale e privato (salotto o ufficio). • Come: modalità tramite cui si giunge alla decisione: - modalità decisionali “somma zero” che lasciano sul campo vincitori e vinti -> decisione a maggioranza - tecniche a somma positiva che consentono a tutte le parti in gioco di ottenere una qualche soddisfazione -> bargaining (negoziazione) ed il log rolling. 4. Messa in opera La decisione non conclude il processo bensì apre la porta ad una fase detta messa in opera o implementazione: mettere in atto le decisioni prese è un compito affidato alla amministrazione pubblica. Il processo di policy scende quindi dall’alto verso il basso (processo top-down): autorità politica -> uffici burocratici -> destinatari. Due aspetti sono da sottolineare: 1. quando si passa dalla formulazione astratta di una politica alla sua attuazione è necessario sempre un processo di adattamento alla realtà, che si rivela a volte assai diversa e più complessa di quanto previsto dai policy makers -> questo richiede processi di ridefinizione e aggiustamento delle previsioni iniziali. 2. Infine il successo della politica dipenderà in misura significativa dal fatto che i destinatari accettino o rifiutino la politica, adottando comportamenti cooperativi oppure antagonistici. 5. Valutazione Accertare gli effetti conseguiti da una politica ed a vagliarne la bontà. 1. Rilevare come si è svolta la messa in opera della politica e quali ne sono stati gli effetti, indagare sull’impatto diretto ed a breve termine delle politiche su soggetti e fenomeni previsti come destinatari + indagare anche conseguenze indirette e più estese su altri aspetti della vita sociale a lungo termine. 2. adeguatezza degli apparati preposti alla messa in opera + risposte dell’ambiente e dei destinatari. La valutazione può anche costituire il punto di partenza per un processo di revisione o riformulazione di una politica. 6. Continuazione, trasformazione o fine Le politiche, una volta avviate, tendono per lo più a perpetuarsi nel tempo, trasformandosi e spesso estendendosi. Le politiche, oltre ad essere continuate, corrette, reindirizzate, possono anche essere terminate -> la fine di una politica può avvenire in modo rapido o lento. CHI FA LE POLITICHE Per quanto riguarda il processo di policy making è soprattutto il momento della decisione. • Governo • Parlamento • Partiti • Pubblica amministrazione • Esperti POLITICA NEGLI STATI E TRA GLI STATI IL REALISMO Prima corrente interpretativa della politica internazionale. Assunti comuni a tutti i realisti: • Stati attori centrali del sistema internazionale • Sistema internazionale anarchico • Natura conflittuale della politica internazionali • Gli Stati proteggono e perseguono il loro interesse nazionale => In politica internazionale non c’è evoluzione positiva come nella politica interna degli Stati -> logiche della politica internazionale non cambiano mai. I padri del Realismo: Machiavelli: • La politica è lotta per il potere -> chi non lo considera, metterà a repentaglio i beni e forse la libertà o addirittura la vita dei suoi concittadini, che dipendono dalla sua capacità di governare. • politica estera è politica di potenza -> difendere gli interessi del proprio Stato, garantendone la sicurezza e la sopravvivenza come entità politica indipendente. Hobbes: • Lo stato di natura e la sua soluzione • Dilemma della sicurezza: onnipresenza e paradosso • Ci può essere pace all’interno dello Stato • Non si può invece sfuggire al dilemma della sicurezza internazionale Il Realismo moderno: Morgenthau: • Politica: lotta per il potere • Politica governata da leggi oggettive radicate nella natura umana -> uomo animale politico • L’interesse nazionale è il centro dell’azione politica -> interesse nazionale categoria oggettiva universalmente valida, ma il cui contenuto specifico varia in spazio e tempo. • L’azione politica ha implicazioni morali -> le aspirazioni morali di un singolo Stato non corrispondono mai a leggi morali universali. Se il conflitto è naturale e pervasivo, come si mantiene la pace? Con l’equilibrio di potenza. E come si raggiunge l’equilibrio? Bilanciamento interno ed esterno. • Il sistema internazionale rimane plurale e anarchico. • Gli attori principali tendono a sopravvivere, anche quando sono piccoli e poco potenti, in quanto – qualora fossero minacciati da stati più forti – sono facilitati nel trovare alleati per una difesa comune -> Ci saranno meno guerre, o almeno meno grandi guerre, in quanto se nessuno può dominare gli altri, si genererà una situazione di mutua deterrenza. Quale impatto della politica interna sul sistema internazionale? • Sistemi omogenei: le potenze sono tutte caratterizzate da visioni della politica compatibili le une con le altre -> Le politiche estere degli attori possono concentrarsi sui calcoli dei rapporti di forza, non dovendo mettere in gioco principi o valori contraddittori. • Sistemi eterogenei: una o più potenze hanno una visione della politica radicalmente diversa da quella delle altre -> conflitti saranno dunque molto più sanguinosi perché riguardano la stessa identità dei regimi politici che li combattono. MA: • Massificazione della politica - Gli stati (soprattutto democratici) devono giustificare al pubblico le proprie scelte di politica estera - Politiche estere più ideologiche - Progressiva perdita di flessibilità degli allineamenti necessaria per il funzionamento dell'equilibrio di potenza • Alto ritmo di innovazione tecnologica - Più difficile calcolare l'impatto delle risorse degli Stati - Oggi grande importanza di variabili qualitative e tecnologiche, non sempre ponderabili e prevedibili. Dopo guerre totali, la stabilità garantita dall'equilibrio è stata considerata insufficiente, e si sono cercate forme più efficaci di mantenimento della pace. Siamo sicuri che forme di governo degli Stati non facciano alcuna differenza in politica estera? IL LIBERALISMO REPUBBLICANO Dato che in democrazia i governanti sono legati a chi paga i costi umani della guerra da un rapporto di rappresentanza -> Le democrazie sono più pacifiche. Entrano in guerra solo per ragioni difensive -> Vero? • Empiricamente, le democrazie non combattono solo guerre difensive. • Riprendendo la riflessione di Kant, le democrazie dovrebbero essere più pacifiche fra loro: - Perché regimi basati sullo stato di diritto e la soluzione - pacifica delle controversie. - Perché i popoli e i governanti sono accomunati dal rispetto - delle libertà e dei diritti umani propri e altrui. - Perché la predisposizione alla soluzione pacifica delle controversie spinge alla creazione di istituzioni internazionali, che a loro volta limitano le guerre. Empiricamente, le democrazie non combattono guerre contro altre democrazie -> Vero? • Sì. Una delle più solide regolarità empiriche nelle RI. • MA: 1) Quale livello di democrazia? 2) Processo dinamico 3) Possibili relazioni spurie 4) Guerre con altri mezzi? 5) Come ottenere un mondo democratico? IL LIBERALISMO ISTITUZIONALE • Assumiamo gli stati come attori unitari e razionali e l’assunto di base del sistema internazionale anarchico. • MA: gli stati non sono i soli attori del sistema. • Le organizzazioni internazionali possono favorire la cooperazione, permettere il perseguimento di interessi comuni, raggiungere guadagni congiunti • Quindi, anche evitare le guerre -> Come? Alterando il contesto strategico in cui operano gli stati. Ossia? Cambiando la struttura degli incentivi, positivi e negativi. Come? Agendo sulle informazioni disponibili agli stati e sugli incentivi a non defezionare dopo aver raggiunto un
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