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Riassunto manuale storia medievale Andrea Zorzi, Sintesi del corso di Storia Medievale

Riassunto completo del manuale di storia medievale di Andrea Zorzi in preparazione dell'esame.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 16/06/2022

alessandro.neri4
alessandro.neri4 🇮🇹

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Scarica Riassunto manuale storia medievale Andrea Zorzi e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! APPUNTI MANUALE DI STORIA MEDIEVALE 1 2 Fasi del Medioevo Il medioevo si può distinguere in tre fasi: 1. Alto medioevo (V-IX sec)  Invasioni barbariche all’interno dell’impero romano  Predominio dei ceti militari barbarici  Economia signorile, che fa capo a signori locali detti Domini: è un’economia agraria  Sintesi delle tre componenti (barbarica, romana e cristiana) 2. Pieno Medioevo (X-XII sec)  Passaggio da un’economia locale ed agraria ad un’economia basata nuovamente sul commercio.  Compaiono nuove figure nella società: il mercante e il chierico.  Nell’XI sec profonda trasformazione della Chiesa  Maggiore ricchezza 3. Basso Medioevo (XIII-XV sec)  Società più articolata e complessa  Divisioni all’interno della Chiesa  Depressione economica e demografica Clima, ambiente ed epidemie Vi è, durante il millennio, un’alternanza tra periodi caldi e periodi freddi. Tali alternanze hanno influenzato le produzioni agricole e la demografia. Durante l’impero romano viene raggiunto l’optimum climatico grazie ad una lunga fase calda seguita da una fase più fredda tra il IV e VIII secolo. Dall’inizio del IX sec le condizioni migliorano e viene raggiunto l’optimum climatico medievale a cui segue un altro peggioramento che dura dal XIV fino alla metà del XIX sec.  Fase calda (0-200): optimum climatico (sviluppo impero romano)  Fase fredda (300-700): declino impero romano  Fase calda (800-1300): optimum climatico medievale (sviluppo società)  Fase fredda (1300-1850): declino società medievale 5 L’ambiente si trasforma in base ai cambiamenti climatici. Le temperature fredde spingono le popolazioni seminomadi del nord a migrare verso i climi miti dell’impero romano. Con la dissoluzione dell’impero scompare la manutenzione dell’ambiente: aumentano paludi, foreste e terre incolte. Boschi e paludi diventano risorse: si sviluppa il sistema economico agro-silvo-pastorale. A condizionare l’evoluzione della popolazione sono anche le epidemie. Nel medioevo in europa si hanno epidemie di: peste (500 e 1347), lebbra e vaiolo (che diventa endemico). Le autorità mediche affrontano queste epidemie con l’isolamento dei contagiati (lazzaretti). Demografia In seguito ai cambiamenti climatici, alle epidemie, alle crisi economiche e al cambiamento ambientale si ha anche un cambiamento demografico.  Depressione iniziale (VII sec): circa 27 milioni di abitanti in europa  Espansione (dall’ VIII sec): fino a circa 73 milioni di abitanti in europa  Depressione finale (XIII sec): circa 45 milioni di abitanti in europa Questi numeri sono delle stime in quanto, non essendoci censimenti, è difficile stabilire il numero di abitanti. Durante la depressione iniziale, complice anche l’abbassamento delle temperature, molte città e villaggi vengono abbandonati; le frequenti carestie ed epidemie portano ad un abbassamento della durata di vita media con un aumento della mortalità infantile. Quando il clima migliora, la popolazione torna a crescere, aumenta la vita media, aumentano i beni alimentari, la produzione agricola e l’alimentazione migliora (si combattono così meglio le epidemie). A partire dalla seconda metà del XIII secolo la popolazione smette di crescere e comincia a diminuire all’inizio del 1300. La causa principale è uno squilibrio tra il numero di uomini e la disponibilità delle risorse alimentari. Nel 1347 il calo della popolazione fu reso drammatico dalla grande epidemia di peste che riduce la popolazione europea di quasi un terzo. Insediamenti Nella prima fase del medioevo vi è l’incontro tra popolazioni nomadi (i barbari) e sedentarie (i romani). I barbari erano organizzati in tribù, sfruttano le risorse del territorio in cui si trovano in quel momento e quando esse finivano si spostano. 6 Quando queste popolazioni arrivano nei territori nell’impero, spinte anche dal clima più mite che li attendeva, riconfigurano l’assetto della popolazione. L’impero cerca di farle stabilizzare attraverso istituti come la foederatio e l’hospitalitas. Quando però avviene la sintesi fra la componente romana e barbarica si stabilizza si insedia per lo più nelle campagne e nei villaggi. L’insediamento tipico è quindi il villaggio, organizzato in tre aree concentriche: il nucleo abitativo recintato, l’area coltivata al suo esterno e una fascia di terre comuni (pascoli e boschi). Soltanto verso la fine del medioevo si parla di poderi (con contratti di mezzadria). Analizzando le città se ne riconoscono due tipi: quelle di origine romana (per lo più mediterranee) e quelle fondate nei secoli centrali del medioevo (europa settentrionale). Le città di tradizione romana mantengono la centralità di funzioni (economiche, politiche, religiose) rispetto al territorio circostante (controllano il territorio). Quelle medievali invece sorgono quasi sempre vicini a mercati e non hanno una centralità (non controllano il territorio). Economia L’economia dipende dall’evoluzione demografica che a sua volta dipende dall’evoluzione climatica. 1. In principio si osserva la crisi dell’economia romana, che si sviluppa in seguito ad una crisi fiscale tra III e IV sec. L’impero, che ormai aveva raggiunto dimensioni enormi, necessitava di un ingente apparato burocratico (tra funzionari ed esercito), ma i costi elevati non erano più sostenibili dall’impero il quale aumenta le tasse. Ne consegue una crescente evasione fiscale. L’impero si sfalda perché la burocrazia non riceve più gli stipendi. Alla dissoluzione dell’impero scompare il commercio, non ci sono più le infrastrutture: l’economia si basa solo sulla terra (economia agraria), i grandi proprietari fondiari abbandonano le città per le campagne. Dall’VIII sec, anche grazie al sistema curtense, si torna a commercializzare i prodotti agricoli in eccedenza ma, inizialmente, soltanto su scala locale. 2. L’economia romana era statale, il commercio era cioè consentito dalle infrastrutture pubbliche (strade, ponti) garantite dall’impero fino alla sua dissoluzione. Solo tra IX e X sec, gli aristocratici e proprietari terrieri carolingi cominciano ad investire sulle infrastrutture di base (ponti, strade, mercati) in quanto hanno le risorse. Cominciano così ad essere commercializzati nuovamente beni diversi da quelli agricoli e su scala non più locale, ma tra regioni diverse. Questo presuppone l’espansione economica medievale tra il X e il XIII sec, i cui protagonisti sono i mercanti (privati). 7 diventa cosi vassallo del re. Il beneficium inizialmente è a titolo vitalizio, poi ereditario. Politica La società medievale è politicamente gerarchica, non fondata sul principio di uguaglianza ma sul principio di preminenza. Il potere era sempre detenuto da minoranze (prima aristocrazia poi nobiltà). Il principio di autorità regio viene rafforzato dalla bibbia, secondo la quale il potere è conferito direttamente da Dio (solo davanti a lui il re è responsabile) e non dipende dal consenso dei cittadini. Questa sacralità del potere viene certificata con l’unzione. Viene ereditata dall’antichità l’idea del necessario “dominio universale”: in continuità con l’impero romano si pose l’impero bizantino e, successivamente, l’impero occidentale. Istituzioni politiche  Impero: L’impero era il modello di riferimento della romanità e viene ripreso in epoca medievale da Carlo Magno che forma l’impero dei Franchi su modello di quello tardo-romano, cioè con un rapporto diretto con la Chiesa. L’impero è federale, cioè tiene insieme istituzioni ed enti politici diversi (regni, principati). Nell XI sec il papato elabora la teoria del translatio imperii (potere imperiale non deriva direttamente da Dio ma dal papa). Federico Barbarossa, nel XII sec, grazie al diritto romano riesce a legittimare l’autorità imperiale e introdusse l’espressione sacrum imperium.  Regni: Dopo l’impero romano e prima di quello carolingio, l’istituzione politica diventa il regno (V-VIII sec). I regni romano-barbarici vi è l’incontro tra la componente romana e quella barbarica. Si scontrano così la concezione romana dell’esercizio del potere sul territorio e quella barbarica che esercitava il potere sulle persone. Per facilitare l’unione delle due componenti i re barbarici erano soliti convertirsi al cattolicesimo e diventare quindi protettori delle chiese.  Signorie: Le successive istituzioni politiche sono le signorie, che si sviluppano tra IX e X sec, nei territori dell’impero carolingio. Con il progressivo indebolimento del potere centrale, dovuto anche allo smembramento dell’impero tra i successori di Carlo Magno alla sua morte, il potere effettivo sul territorio continua ad essere esercitato dai signori (duchi, conti marchesi). 10 Quando il territorio controllato è ampio prende il nome di principato territoriale e il signore di principe territoriale.  Monarchie: La frammentazione signorile fu superata dalla ricomposizione territoriale da poteri monarchici tra XI e XII sec. In origine i re sono grandi principi territoriali che riescono ad acquisire con fatica il titolo di re, attraverso la sua capacità di diventare punto di riferimento e intensificando i suoi rapporti tramite il feudalesimo.  Comuni: Sviluppati soprattutto in Italia nel basso medioevo, sono una forma di autogoverno (non di indipendenza) di alcune città, ottenuta dai re o principi territoriali.  Stati: Dal XIV sec le monarchie cominciarono a rivendicare la piena autonomia, erodendo i poteri dei feudatari e scontrandosi contro i poteri universali come papato e impero. In questa fase gli storici chiamano Stati le monarchie, comincia lentamente a formarsi un’identità nazionale. Religioni Nel medioevo vi sono tre grandi religioni monoteiste abramitiche, che discendono da Abramo, il primo dei patriarchi dell’antico testamento.  Ebraismo: E’ la più antica delle tre religioni, essa profetizza l’arrivo di un Messia (salvatore), che annuncia la fine dei tempi e la possibilità di salvarsi. I fedeli devono osservare i comandamenti (osservati anche dai cristiani ) consegnati da Dio (creatore e signore della storia) a Mosè, il testo sacro degli ebrei è la Bibbia (Antico Testamento). Gli ebrei (come i musulmani) si identificano come un popolo, il quale è destinato alla salvezza grazie al Messia. Le terre del popolo d’Israele sono però assoggettate da Roma, e dopo la rivolta nel 135 d.C l’impero cambia li cambia noma da Israele a Palestina. Qui comincia la diaspora degli ebrei che si disperdono nel continente, e saranno spesso, soprattutto nel basso medioevo, perseguitati.  Cristianesimo: Esso riprende il quadro teologico dell’ebraismo (unico Dio creatore) ma differisce perché il Messia non è più atteso ma è venuto nella figura di Gesù Cristo, un uomo, un profeta e figlio di Dio. Cristo predicava un messaggio di uguaglianza e solidarietà (visione diversa dalla sola “obbedienza” degli ebrei a Dio). Il cristianesimo si diffonde presso le élite romane, in quanto religione più decorosa e che risponde, con la sua azione salvifica, ai timori riguardanti le sorti dell’impero. Le persecuzioni ai danni dei cristiani finiscono nel 313 in quanto colpiscono le élite.  Islam: Predicato da Mometto, l’ultimo profeta che è un uomo non un dio, dopo la rivelazione del Corano (la rivelazione perfetta), cioè della parola di Allah. L’islam si pone come coronamento della rivelazione di Dio, ritenendo 11 superate le rivelazioni precedenti. L’islam è quindi il compimento dell’autentico monoteismo: è sottomissione incondizionata all’unico vero Dio. Tutte e tre le religioni condividono la negazione dell’idea di un’estinzione totale dell’uomo dopo la morte e l’elaborazione di dottrine di salvezza per l’aldilà. Esisteva quindi l’inferno, luogo di dannazione eterna e il paradiso, luogo di beatitudine. Il cristianesimo elabora anche il purgatorio, cioè un luogo di temporanea espiazione. Cristianesimi e Chiese Il cristianesimo si evangelizza nelle città, trovando risconto tra i gruppi più poveri, che vedono il cristianesimo come una speranza di riscatto dalla loro condizione, e tra l’aristocrazia, in quanto risponde alle inquietudini dell’uomo ed era un culto decoroso. Roma diviene il centro simbolico del cristianesimo, che venne liberalizzato da Costantino nel 313 e divenne unica religione dell’impero nel 380 sancendo l’istituzionalizzazione del cristianesimo. Nel IV si diffonde il monachesimo. Fino all’ XI sec la cristianità non ebbe un capo, ogni chiesa era presieduta da un vescovo ma il complesso delle chiese mantenne sempre un disegno orizzontale senza subordinazione gerarchica. Il vescovo di Roma è solo il vescovo più eminente in quanto discende da Pietro. Questa autonomia delle chiese da vita a diverse interpretazioni del Vangelo (pluralismo dottrinario). Ne derivano controversie teologiche su temi come la trinità e la natura divina del Messia. Solo dopo XI, con la riforma della Chiesa, il papa divenne il capo di tutta la cristianità sancendo coì il passaggio da un disegno orizzontale delle chiese a uno verticale. Il patriarca di Costantinopoli non è equivalente al papa, si producono inoltre rotture teologiche e dogmatiche tra la chiesa cattolica e quella bizantina. Lo scisma si ha quanto la chiesa cattolica non aderisce alla proibizione del culto delle immagini (iconoclastia) incoraggiata dalla chiesa bizantina. La cultura Nel passaggio tra l’antichità e il medioevo si ridusse drasticamente la capacità di scrivere, la trasmissione del sapere si affidò alla cultura orale, di cui erano portatrici le popolazioni barbariche (compreso il diritto). Nel mondo romano anche persone di classe sociale più modesta sapevano leggere e scrivere grazie alle scuole pubbliche. Quando esse scompaiono si crea una dealfabetizzazione che sancisse una discontinuità epocale. Di conseguenza nell’alto medioevo la società non è alfabetizzata e la cultura è un monopolio ecclesiastico. Si fondano scuole per la formazione del clero ( il cristianesimo si fonda su scritture sacre) ma ciò non impedisce la dealfabetizzazione dei laici. Le invasioni barbariche condussero alla morte del latino come lingua parlata, la quale si trasformò in lingue nuove dette 12 L’altro fenomeno che trasforma il mondo romano sono le invasioni barbariche. Più che invasioni si trattano di “migrazioni”, perché si spostano intere popolazioni (donne, vecchi, bambini). Si spostano da nord verso il territorio dell’impero perché attratti dal suo clima più mite, oltre che dalle sue ricchezze, e perché subiscono la spinta di nuove popolazioni seminomadi di origine asiatica (in particolare gli Unni): si formano così delle migrazioni a catena. Il termine barbaro (che non sapeva parlare il greco), non sinonimo di germanico, è usato dai romani per indicare tutti i popoli al di là del limes. Ma l’incontro tra i barbari e i romani era avvenuto molto prima delle invasioni, infatti vi sono sempre stati rapporti. I capi barbari avevano frequenti rapporti con la corte imperiale, i guerrieri venivano arruolati nell’esercito romano ed erano frequenti gli scambi commerciali. La prima popolazione a migrare è quella dei visigoti che sono aggrediti dagli unni. Essi vengono accolti nell’impero nel 375 ma non si integrano ma, al contrario, saccheggiano. Questo porta ad uno scontro con l’esercito romano che clamorosamente perde ad Adrianopoli nel 378 dove trova la morte l’imperatore Valente. Da lì i visigoti continuano a spostarsi, in Grecia, in Macedonia fino all’Aquileia. Quando minacciano Milano sono fermati dall’esercito romano guidato dal generale Stilicone (di origine barbarica). Tornano i Italia guidati da Alarico e saccheggino Roma nel 410. Ottengono poi di potersi stanziare nella Gallia meridionale, dove formano il primo regno barbarico nel 418. Combattono come alleati dei romani contro le altre popolazioni. In seguito alle vince dei Visigoti, in Oriente si evitano eccessive contaminazioni da parte dei barbari: vengono estromessi violentemente gli ufficiali di origine germanica dall’esercito. Si cerca di preservare il territorio deviando le incursioni verso occidente. Proprio in occidente si sperimentano due formule per fa stanziare le popolazioni barbariche. La prima è la foederatio, che consiste nell’arruolare le truppe barbare come alleati dell’esercito imperiale. La seconda è l’hospitalitas, che consiste nel concedere ai barbari un terzo delle tasse delle terre di una determinata regione in cambio della stabilizzazione. All’inizio del V sec le frontiere romane cedono, il grosso dell’esercito viene spostato in Italia e in Gallia, la Britannia viene abbandonata, lì vengono insediati gli angli e i sassoni per difenderla dai Pitti e dagli scoti. Nell’inverno tra il 406-407 molte popolazioni (burgundi, vandali) attraversano il limes sul Reno (che si è ghiacciato), ma grazie all’aiuto dei Franchi l’impero riesce a respingerle oltre i Pirenei. I vandali vengono spinti nell’estremo sud della penisola iberica dai Visigoti, in un’area che pende il nome di Vandalusia. Vi è una reazione da parte dell’impero con Valentiniano III (425-455), che affida l’esercito all’abile Ezio, che riesce a stabilizzare alcune popolazioni in Gallia ed a 15 sconfiggere gli unni, guidati da Attila, affiancato da franchi e visigoti. Ma per intrighi di palazzo, Valentiniano fa assassinare Ezio nel 454, ma fa la sua stessa sorte l’anno dopo. Intanto i vandali dalla penisola iberica continuano a spostarsi sotto la guida di Genserico e occupano Cartagine, e iniziano un’azione di pirateria nel mediterraneo che porta alla conquista di alcune delle sue isole (Sicilia, Baleari, Corsica, Sardegna). Sempre via mare saccheggiano Roma nel 455. In Italia Odoacre depone nel 476 il giovane Romolo Augustolo e instaura un dominio personale del generale sciro Odoacre, dominio non riconosciuto dall’imperatore d’oriente Zenone, il quale affida l’amministrazione della prefettura italica a Teodorico, re degli ostrogoti che avevano saccheggiato Costantinopoli. Teodorico sconfigge Odoacre nel 493 e da vita ad un regno. CAPITOLO 4 L’Occidente post imperiale I regni romano-barbarici Lo stanziamento delle popolazioni barbariche all’interno dell’impero porta alla formazione di una serie di regni nel corso del V sec detti regni romano-barbarici, l’impero romano però continua ad esistere ad oriente, ed è riconosciuto da questi regni. Per i romani si tratta di elaborare nuove forme di convivenza con i barbari e i loro sovrani. In questi regni si incontrano le tradizioni barbariche con quelle romane. La società romana mantiene infatti forme di coesione. Le chiese e i monasteri, svanite le strutture imperiali, si identificano come nuclei di coesione sociale e culturale delle popolazioni latine. I barbari rimangono sempre una netta minoranza ovunque rispetto alle popolazioni romane. Riassumendo le caratteristiche comuni a tutti regni:  Rimane un rapporto con l’impero romano d’oriente  Sintesi fra componente romana e barbarica  Maggioranza della popolazione romana su quella barbarica  Guida politico-militare affidata ai barbari, amministrazione civile ai romani  Utilizzo del modello scritto del diritto romano da parte dei barbari La durata dei regni dipende dal livello di integrazione fra romani e barbai. 1. Dove vi è una mancata integrazione è nel regno dei vandali, che sfruttano la popolazione romana, rifiutano l’hospitalitas e si convertono all’arianesimo. Anche se Genserico, il loro re, ha rapporti con l’imperatore d’oriente non cerca mai l’integrazione, per questo motivo il regno dei vandali è il primo a scomparire. 16 2. Un esempio di una convivenza senza una reale integrazione è il regno degli Ostrogoti nella penisola italica nato nel 493. Il re Teodorico decide di mantenere separate le due popolazioni, ciascuna con le proprie leggi, lingua e religione. Questo porta ad una convivenza pacifica ma non ad una integrazione e questo fa si che il regno non sia solido. 3. Dove vi è una piena integrazione invece è nel regno dei visigoti e dei franchi, capaci di creare un’integrazione fra le due popolazione grazie alla conversione dei re al cattolicesimo. I franchi Una piena integrazione è realizzata anche nel regno dei franchi, in quanto si stabilizzano più precocemente fondendosi con la componente gallo-romana. Partecipano alla difesa dell’impero dai barbari come federati. E’ Clodoveo 481-511, ad affermare la sua autorità sugli altri capi militare e diventare re. Nel 496, Clodoveo si converte al cattolicesimo, divenendo protettore delle chiese. La conversione facilita l’integrazione e agevola i rapporti con il clero. Alla morte di Clodoveo il regno dei franchi, che è sempre stato in realtà un insieme di regni, si divide in quattro territori:  Austrasia  Neustria  Burgundia  Aquitania Dalle famiglie aristocratiche vengono scelti i funzionari pubblici, come duchi e conti. Dal VII sec, l’amministrazione del regno, approfittando della debolezza dei re (“re fannulloni”), è sempre più nelle mani dei maestri di palazzo. Pipino II di Herstal, della famiglia dei Pipinidi, riesce a rendere ereditaria tale carica ed a diventare maestro di palazzo di tutti e quattro i regni (Austrasia, Neustria, Burgundia, Aquitania). Il figlio è Carlo Martello, il quale avvia una forte espansione oltre che a sconfiggere gli islamici a Poitiers. Il figlio, Pipino il breve, viene acclamato re nel 751, sostituendosi così alla dinastia merovingia. Pipino è il padre di Carlo, futuro Carlo Magno. La dinastia dei Pipinidi (poi carolingia) diventa così potente grazie ai rapporti di vassallaggio che instaurano. L’Italia fra longobardi e bizantini 17 islamico ai danni dell’impero bizantino, in crisi, e quello persiano (conquistano la Persia, l’Egitto, la Siria, la Palestina). Quando viene eletto califfo Alì, 656, si apre un conflitto interno al mondo islamico tra i seguaci di Alì (sciiti), che ritengono che il califfo debba continuare ad appartenere alla dinastia di Maometto, e i sunniti, coloro che ritengono che qualsiasi fedele possa essere eletto califfo. Si crea un conflitto militare che porta all’uccisione di Alì nel 661. Il nuovo califfo fa parte della dinastia degli omayyadi, che guidano l’impero per quasi un secolo. Sotto gli omayyadi l’impero raggiunge la sua massima estensione, conquistando tutto il nord Africa, la Spagna dei visigoti e le isole mediterranee. La capitale viene spostata a Damasco, più centrale, e si crea una rete di funzionari provinciali. L’espansione si ferma quando si oppongono i franchi con Carlo Martello nel 732. Questa veloce espansione dell’impero sotto gli omayyadi è dovuta a:  Esercito organizzato, efficace e leggero  Debolezza degli imperi circostanti (bizantino e persiano)  Scelta di tener separati gli arabi dalle popolazioni conquistate  Costruzione di fortezze  Scelta di lasciare alle popolazioni conquistate usi, costumi e tradizioni in cambio e fornendo protezione di un tributo (si osserva però una progressiva conversione all’islam per non pagare il tributo) Il califfo Omar II abolisce lo stato legale di supremazia degli arabi sugli altri musulmani, favorendo l’integrazione e l’uguaglianza di tutti i musulmani. Nel 750, Abul Abbas rovescia la dinastia degli omayyadi e da vita alla nuova dinastia di califfi degli Abbasidi, sostenuta dalle élite non arabe. La capitale è spostata più a est, a Baghdad. Il califfo viene affiancato da un grande amministratore, il visir., il territorio viene diviso in emirati, posti sotto il comando di un emiro. Nell’età degli abbasidi l’impero conosce uno sviluppo economico considerevole basato sul commercio. Si usa la moneta d’oro. Ma l’unità dell’impero islamico comincia a disgregarsi quando gli emirati cominciano a diventare sempre più autonomi. Gli omayyadi, scalzati ormai dagli abbasidi, costituiscono un emirato nella penisola iberica. CAPITOLO 7 Europa carolingia L’impero carolingio Alla morte di Pipino il breve e Carlomanno, 771, eredita il regno dei franchi Carlo (detto poi Magno). Carlo guida un’espansione territoriale su larga scala che produce terre e bottini: 20  Campagna contro i sassoni al di la del reno  Conquista del regno dei longobardi nel 774  Sottomissione della Baviera  Conquista della Navarra e Catalogna nel nord della penisola iberica Carlo Magno viene incoronato imperatore da papa Leone III nel Natale dell’800, Carlo si presenta come sovrano cristiano, difensore della Chiesa di Roma. L’impero franco si propone come erede di quello romano, anche se sposta il baricentro dal mediterraneo verso nord, all’interno del continente. Carlo Magno divide il territorio in circoscrizioni territoriali dette comitati, con a capo i conti, marche (regioni di confine) con a capo un marchese e ducati con a capo un duca. Essi sono funzionari regi che esercitano le funzioni pubbliche (giustizia, fiscalità, ordine pubblico, guerra). Attenzione essi non sono burocrati, non sono stipendiati dal re. L’impero è una dominazione disomogenea però, tenuta insieme dall’autorevolezza di Carlo Magno e dai rapporti vassallatico-beneficiari che egli stringe con membri di famiglie aristocratiche che vengono ricompensati con terre (res de comitatu). Tra i suoi vassalli il re sceglie i funzionari regi, cioè li sceglie fra coloro di cui si fida ma, attenzione, non tutti i vassalli sono ufficiali e non tutti gli ufficiali sono suoi vassalli. Attraverso i missi dominici (scelti in coppia: un laico e un ecclesiastico), Carlo Magno controlla l’operato degli ufficiali. I missi devono anche diffondere le leggi del sovrano, redatte in assemblee, placiti. Presso la cancelleria viene elaborata dagli intellettuali di corte una scrittura, detta scrittura carolina, uniforme e chiara. Gli intellettuali di corte risiedono nella scuola palatina. L’economia dell’impero carolingio è un’economia rurale di raggio locale. Attraverso alcune riforme ricominciano a circolare le merci (soprattutto beni agricoli) anche a raggio più lontano. Vengono inserite gabelle sul transito delle merci su strade e porti. Con la riforma monetaria, viene reintrodotta la moneta d’argento (di buona qualità), unica per tutto l’impero. Quando Carlo Magno conquista il regno dei longobardi in Italia, il regno viene incorporato al dominio dei franchi, ma mantiene una sua autonomia. I duchi e i funzionari longobardi sono quasi tutti confermati, e le leggi già esistenti rimangono in vigore. L’Italia imperiale è quella centro-settentrionale (quella meridionale è di tradizione bizantina). Nell’806 Carlo Magno predispone che alla sua morte l’impero venga diviso fra i sui figli. Carlo Magno muore nel 814, ed eredita la corona il suo unico figlio sopravvissuto Ludovico detto il Pio perché rafforza il legame con le istituzioni ecclesiastiche. Anche Ludovico dispone la divisione fra i suoi figli molto precocemente, 817, così da generare conflitto tra i suoi eredi. La suddivisione dell’impero alla sua morte, 840, è tra tre figli: a Ludovico II il germanico va la 21 Germania, a Carlo il calvo va la Francia e a Lotario il territorio centrale fra Germania e Francia oltre che il titolo di imperatore. CAPITOLO 8 Economia, società e politica Nuovi sviluppi economici Dal III sec la popolazione europea diminuisce, i tassi di mortalità aumentano e diminuisce la speranza di vita, anche a causa delle epidemie. Quando le epidemie e le invasioni barbariche si attenuano nel VII sec la popolazione europea torna lentamente a crescere. La società conosce anche una diminuzione complessiva della ricchezza a causa della scomparsa dell’impero romano e dell’economia antica. L’impero romano garantiva infatti il commercio, attraverso le sue infrastrutture, e una distribuzione della ricchezza attraverso la tassazione. Si contraggono gli scambi in moneta, per questo la riforma monetaria carolingia è sintomo di ripresa economica. La schiavitù non scompare, ma persiste fino al X sec. Ma l’affermazione del cristianesimo limita i diritti del padrone sullo schiavo (diritto di morte), per questo è preferibile parlare di servitù nell’alto medioevo. La società si ruralizza, in seguito alla crisi delle città. La società si raccoglie intorno a grandi proprietà fondiarie, dette curtes, sviluppando nuove forme di organizzazione del lavoro agricolo (sistema curtense). Anche il paesaggio europeo subisce una trasformazione, per effetto dell’abbandono. Predominano boschi, paludi, terre incolte, foreste. Cresce però l’importanza dell’economia forestale ed è praticata la pesca. Le città Le città avevano costituito l’ossatura dell’ordinamento dell’impero romano. Con la sua scomparsa esse entrano in crisi, perdendo molte delle loro funzioni di coordinamento del territorio. I poteri pubblici sono quasi ovunque esercitati dalle gerarchie ecclesiastiche, per questa ragione le città non perdono mai del tutto le antiche funzioni amministrative, politiche, religiose e culturali. L’impero carolingio torna a valorizzare le città, sedi delle circoscrizioni politico-amministrative, si parla di rinascita carolingia delle città. Ma la continuità istituzionale non garantisce anche la continuità economica. Dove i grandi possessori si spostano in campagna, come nel regno dei franchi, sono poche le città che mantengono un’importanza economica. 22 Il potere signorile dell’età postcarolingia si differenza da quello esercitato dai funzionari carolingi perché vengono imposte nuove tasse: il fodro (tassa per il mantenimento del signore) e l’albergarìa (diritto del signore di poter alloggiare in case dei contadini o monasteri). I legami sociali: vassalli e benefici I legami di fedeltà esistono fin dall’epoca romana, ma sono i franchi a perfezionare uno speciale rapporto di natura personale nel VII, sul quale si fonda l’impero carolingio: il rapporto vassallatico-beneficiario. Il sovrano concede al vassallo un beneficio (terre) in cambio di fedeltà (militare e politica). Nell’ordinamento carolingio, alla morte del vassallo, il beneficio deve formalmente ritornare al sovrano. Nella prassi però, i benefici sono frequentemente riconfermati agli eredi dei vassalli. Con due documenti viene sancita l’ereditarietà dei benefici: 1. Capitolare di Quierzy, emanato dall’imperatore Carlo il calvo nel 877 2. Constitutio de feudis, emanato dall’imperatore Corrado II nel 1037, che sancisce che tutti i vassalli esistenti hanno il diritto di rendere ereditari i propri benefici A loro volta però, i vassalli dei signori non sono aristocratici, sono milites cioè “uomini capaci di fare la guerra”. Violenze e conflitti: l’incastellamento Dal IX sec e per tutto il X in occidente si costruiscono castelli anche per difendersi dalle incursioni dei saraceni e dei vichinghi. I castelli vengono eretti dai signori per garantirsi una base dalla quale esercitare il loro potere. Sorgono però due tipologie di castelli: 1. Castello mediterraneo: si tratta di fortificazioni di villaggi (incastellamento di villaggi), al fine di proteggere anche la popolazione 2. Catello europeo: nel continente, nel regno dei franchi per esempio, vengono costruiti castelli ex-novo ma il villaggio è fuori dl castello. CAPITOLO 10 Le esperienze cristiane nel primo millennio Nell’alto medioevo, fino al X sec, l’assetto del cristianesimo si sviluppa in due modi: 1. Le comunità di chiese locali 25 2. Monachesimo Le chiese locali e l’età dei concili La diffusione del cristianesimo è accompagnata da una maggiore organizzazione della comunità di fede. Si separa i laici dal clero, che progressivamente diviene un gruppo sociale indipendente. Il responsabile di ogni comunità è il vescovo, affiancato dai preti (che svolgono le celebrazioni). Il vescovo è una guida spirituale che col tempo diviene anche politica e civile. Il territorio su cui è esercitato il potere del vescovo è la diocesi. Raggruppamenti di più diocesi sono controllate da un vescovo di rango superiore, il metropolita. I metropoliti di alcune aree, come Roma o Gerusalemme sono detti patriarchi. Quando il numero di fedeli cresce, crescono anche le ricchezze delle chiese, grazie ai lasciti dei fedeli: tali beni sono tutelati sacralmente e sono inalienabili. Vengono convocati dei concili, nei quali si decidono i dogmi (verità di fede) e i canoni (leggi ecclesiastiche). Il cristianesimo dei primi secoli, non avendo una guida, ha diverse interpretazioni delle verità di fede: il problema centrale è quello della trinità. Nel cristianesimo si diffonde la pratica del culto dei santi e delle reliquie. Il monachesimo Il monachesimo è una scelta individuale che il fedele compie, distaccandosi dal mondo terreno e rinunciando ai suoi beni attraverso la preghiera e l’ascesi. SI diffonde il cenobitismo, cioè della condivisione con gli altri di alcuni momenti della giornata come il pasto, la preghiera o il lavoro. Il monachesimo si sviluppa a partire dal III sec soprattutto in Egitto, in Palestina e in Siria per poi diffondersi in occidente nel IV sec (per esempio Roma molti aristocratici praticano l’ascesi sotto la guida di Girolamo). Le regole principali della vita monastica sono: povertà, castità e obbedienza. L’esperienza monastica è un’esperienza aristocratica, sono proprio aristocratici a fondare e guidare i monasteri oltre che a dotarli di terre e proteggerli. I monasteri sono guidati da abati e badesse. Il monopolio ecclesiastico della cultura Rispetto al diffuso alfabetismo delle città romane, la società dell’altro medioevo, VII- XI, è una società analfabeta. Questo perché scompaiano le scuole dell’impero romano. Le tradizioni orali dei barbari accentuano il mancato ricorso alla scrittura. Leggere e scrivere è necessario solo agli uomini di Chiesa per accedere alle Scritture 26 e diffondere il messaggio. Nei monasteri gli scriptoria, traducono i testi latini e commentano le Scritture. Le materie sono divise in trivio (grammatica, dialettica, retorica) e quadrivio (aritmetica, geometria, musica, astronomia). Nell’impero carolingio si ha una riforma scolastica per istruire i funzionari, le scuole vengono così riorganizzate ad ogni livello, i centri scrittorii moltiplicati e le biblioteche arricchite. Preso la corte reale si raccoglie un’accademia di intellettuali detta schola palatina. Le riforme della Chiesa SI sente un’esigenza di riforma già con i sovrani carolingi, che hanno come obiettivi principali quello di restituire prestigio religioso all’autorità ecclesiastiche e migliorare la formazione del clero. Viene istituita la decima, una tassa da pagare alla Chiesa. Nel clero secolare (fuori dai monasteri) emergono impulsi di uno stile di vita più rigoroso (moralizzazione dei costumi). Feriscono infatti la sensibilità dei fedeli l’attaccamento del clero alle ricchezze materiali oltre che peccati come la simonia (compravendita di cariche ecclesiastiche) e nicolaismo (pratiche di concubinato). Il clero corrotto va incontro alla scomunica. Piuttosto che in ambito vescovile, è all’interno del mondo monastico che si sente la necessità di dover ridare prestigio alla Chiesa. Sorge un nuovo modello monastico nell’abbazia di Cluny, fondata nel 910, (detto poi ordine cluniacense). I monaci di Cluny elaborano un nuovo stile di vita incentrato sulla preghiera, opere di misericordia e studio (non sul lavoro manuale). L’ordine cluniacense diviene una potenza imponente della Chiesa riformata. CAPITOLO 11 La Chiesa pontificia L’affermazione monarchica del papato Figura fondamentale dell’affermazione monarchica del papato è Gregorio VII, che ha come progetto quello di imporre alla Chiesa un nuovo modello gerarchizzato, che esclude i poteri laici. Il nuovo impianto gerarchico della Chiesa vede il papa come unico vertice e una netta separazione tra laici ed ecclesiastici. Fino ad allora il potere era diffuso orizzontalmente tra le varie chiese locali, ora invece è diffuso verticalmente. La nuova struttura gerarchica mina l’autorità del potere imperiale. 27 beni alimentari. Una condizione favorevole a ciò è l’aumento delle temperature e il clima più dolce intorno all’anno mille. Un po’ ovunque i terreni coltivati guadagnano terreno su boschi, sterpi e pantani. All’espansione agricola contribuisce il miglioramento degli strumenti di lavoro. Con l’introduzione del collare rigido per gli animali, che non stringe alla gola, è possibile ora utilizzare aratri pesanti muniti di lame in metallo capace di rivoltare le zolle in profondità. Viene introdotto anche, dal XII sec, la rotazione triennale delle terre. Ma questa espansione agricola ha dei limiti: la produttività dei terreni infatti non cresce di molto e si scontra con le carestie. L’espansione produce trasformazioni anche nell’organizzazione del lavoro agricolo. Entra in crisi il sistema curtense, che comincia a favorire i mansi: il dominico, terra del padrone, comincia a scomparire tra XI e XII sec. Le aziende si trasformano e i campi sono dati tutti in affitto: le corvées scompaiono e sono sostituite da canoni in denaro. Dall’economia della terra all’economia degli scambi Progressivamente dall’XI sec si passa da un’economia basata esclusivamente sulle rendite agrarie ad un’economia trainata dagli scambi. Questo è possibile grazie all’investimento che fanno i signori su infrastrutture come ponti, strade, approdi fluviali e luoghi di mercato, che si rivelano utili per sostenere l’economia. Il trasporto sull’acqua, anche fluviale, resta più facile di quello terrestre. Lungo le vie di comunicazioni si moltiplicano i luoghi di scambio e di mercato, questa espansione degli scambi è sostenuta da una crescente disponibilità di moneta. La rinascita delle città Una conseguenza diretta dell’incremento demografico è il fenomeno dell’urbanizzazione, soprattutto in aree con più alta densità demografica. L’intensità dell’urbanizzazione dipende in parte dall’eredità romana: nelle città dell’Italia settentrionale e della Francia meridionale le città conservano quell’antica preminenza rispetto al territorio. Queste aree sono anche i fulcri di commercio a lungo raggio. Si osserva quindi la rinascita di molte città antiche e la fondazione di nuovi centri urbani. Nelle città medievali gli abitanti delle città si differenziano da quelli delle campagne per una marcata divisione del lavoro. La forte espansione urbana si ha grazie alla continua immigrazione verso le città grazie all’attrazione di una prospettiva di migliore condizione di lavoro e di vita. Il fenomeno coinvolse diversi gruppi sociali, dai contadini più poveri o addirittura in uno stato servile (“l’aria di città rende liberi”) fino ai contadini più agiati. Alcune differenze caratterizzano le città italiane da quelle del nord. Mentre le città italiane sono di origine romana, quelle del nord si sono sviluppate solo di recente 30 intorno a borghi, porti e mercati. Quest’ultime sono abitate prevalentemente da mercanti e artigiani (borghesi) mentre le città italiane sono molto più articolate socialmente (ci sono giudici, notai). Le città di tradizione romana mantengono sempre una funzione di centralità (religiosa, amministrativa, economica) rispetto al territorio circostante. La crescita delle attività produttive e dei commerci I progressi tecnologici investono anche altri settori, non solo quello agricolo. Si ritornano a costruire edifici in pietra: case (non capanne), ponti, chiese, castelli, strade. Intenso sviluppo dell’estrazione e lavorazione dei metalli (anche per armature). Introduzione del mulino ad acqua, efficace alle macine per il grano e ai frantoi. Nelle città invece si sviluppano gruppi di artigiani specializzati, organizzati in “corporazioni”. Il settore in più forte espansione è quello tessile, comincia a diffondersi anche la produzione di carta; il commercio marittimo promuove lo sviluppo dell’industria cantieristica. La più ampia disponibilità di beni favorisce gli scambi commerciali, facilitati dalla maggior cura delle vie di comunicazione e nei miglioramenti tecnici nei trasporti (carovane, carri, bussole, carte nautiche). Il ruolo delle città marinare italiane I mercanti italiani, complice anche la posizione geografica favorevole, sono i primi protagonisti dell’espansione commerciale. Fra XI e XII sec acquisiscono importanza le città marinare italiane (Amalfi, Venezia, Genova, Pisa) lottando anche fra loro per accaparrarsi il monopolio dei commerci del mediterraneo. Fiere Nell’Europa del nord invece i traffici gravitano introno al Mare del Nord e al Baltico. Accanto ai mercanti permanenti i luoghi principali di scambio diventano le fiere, mercati periodici. La più importante si tiene nella regione di Champagne. CAPITOLO 13 La diffusione dei rapporti feudali Dalla fedeltà personale al raccordo politico SI distinguono due fasi di evoluzione dei rapporti vassallatico-beneficiari. Nella prima fase, fino al X sec, tali rapporti servivano da collante per l’ordinamento pubblico, ma i vassalli non sono ufficiali regi, egli non può esercitare le funzioni pubbliche, 31 anche se il re sceglie i funzionari fra i suoi vassalli. Solo con la dissoluzione dell’impero carolingio i grandi aristocratici rendono ereditarie sia la carica pubblica che il beneficio. E’ quindi la frammentazione del potere a trasformare i rapporti vassallatico beneficiari. I benefici sono incorporati nei patrimoni dei vassalli e resi ereditari con il constitutio de feudis. Da qui i rapporti vassallatici cambiano, trasformandosi da legami di fedeltà militare a legami di tipo soprattutto politico e sono chiamati, in questa età tra XII e XIII, rapporti feudali (il beneficio è detto feudo). I feudatari sono ora vassalli politici legati al re, ed esercitano le funzioni pubbliche all’interno del feudo. Grazie a queste relazioni feudali tra signore e re, è possibile avviare quel processo di ricomposizione territoriale, dopo il precedente ordinamento signorile postcarolingio. Nasce un diritto feudale nel XII sec. Talvolta può avvenire che i signori locali concedono le loro terre al re, che subito gliele restituisce come feudo. Così facendo viene garantita dal re la piena legittimità del potere del signore. Il feudatario traditore è chiamato fellone. I giuristi, XII e XIII sec, elaborano inoltre una rappresentazione del potere dal punto di vista politico, che consolida il potere monarchico: la piramide feudale. Da non confondere vassallo e cavaliere. IL rapporto tra signore e vassallo è un rapporto da pari, mentre l’addobbamento cavalleresco è una promozione sociale. Papato e legami feudali IL papa ha l’aspirazione di proporsi come vertice politico assoluto della cristianità, e riesce in ciò grazie ai legami feudali. I sovrani si legano al papa come feudatari, per ricevere benefici (talvolta anche l’incoronazione imperiale come nel caso di Federico I). L’apogeo feudale pontificio è raggiunto da Innocenzo III che elabora il principio secondo il quale il papa riceve da Dio sia il potere spirituale che quello temporale (che delega ai sovrani). CAPITOLO 14 La formazione dei regni Le monarchie feudali (caratteri generali) Dalla frammentazione politica post-carolingia segue un processo di ricomposizione territoriale che ha come principali protagonisti le monarchie tra 1050 e 1250. Ogni 32 stilando un censimento dei benefici dei baroni (Catalogo dei baroni). Le città dell’Italia meridionali sono molto simili a quelle europee, cioè non si auto- amministrano, come invece succede nelle città dell’Italia centro-settentrionale. I successori di Ruggero II, Guglielmo I e Guglielmo II, devono fronteggiare tensioni e rivolte. Alla morte senza eredi di Guglielmo II, la corona passa Costanza, figlia di Ruggero II, che è sposa dell’erede al trono imperiale Enrico degli Hohenstaufen il quale porta in dote il regno di Sicilia alla dinastia sveva. CAPITOLO 15 L’espansione armata della cristianità L’espansione segue tre direttrici principali: 1. Verso le aree islamiche (Sicilia, penisola iberica: reconquista) 2. Verso l’europa dell’est non cristianizzata 3. Verso la Terrasanta (crociate) La reconquista La riconquista cristiana della penisola iberica è guidata non da un regno unitario, ma da piccoli regni cristiani: il regno di Aragona, il regno di Leòn, il regno di Navarra e il regno di Castiglia (tutti nel nord della Spagna). Essi sono appoggiati dal papa. Alla base della reconquista vi è la crisi generale del mondo musulmano. La prima fase della reconquista avviene nel XI sec e vede l’avanzata degli eserciti cristiani fino alla conquista di Toledo nel 1085. La seconda fase riprende solo nel XII sec e segue tre direttrici corrispondenti all’espansione dei regni di Portogallo, Castiglia e Aragona. L’espansione verso l’europa dell’est Grande importanza nella storia tedesca è l’espansione territoriale verso l’europa dell’est, abitata ancora da pagani. Le iniziative militari sono pese soprattutto dai principi di Baviera e Sassonia. Agli inizi del XIII sec i protagonisti di questa cristianizzazione forzosa sono gli ordini monastici dei cavalieri teutonici e dei Portaspada. Nei territori conquistati si formano nuove signorie, vengono fondati nuovi villaggi e città, vi è infatti una massiccia migrazione di contadini attratti dall’abbondanza di terre di quei territori. Le crociate in Terrasanta 35 Uno degli aspetti del rinnovamento religioso dell’XI sec, è la diffusione del pellegrinaggio in luoghi sacri. SI diffonde inoltre il pellegrinaggio armato, per riconquistare con le armi i luoghi sacri della cristianità. Il papa concede l’ indulgenza a coloro che partecipano a queste spedizioni militari, che prendono il nome di crociate. La prima crociata (anche se il concetto di crociata matura solo un secolo più tardi con Innocenzo III) è indetta nel 1096, che culmina con la conquista di Gerusalemme da parte degli eserciti cristiani. Nei territori conquistati sono insediati dei regni cristiani e a protezione dei luoghi sacri e dei pellegrini sono istituiti ordini monastici come quello dei cavalieri del Santo Sepolcro, degli Ospedalieri e dei Templari. Questi regni cristiani hanno vita breve perché vi è una reazione musulmana, guidata da Saladino che porta alla riconquista islamica di Gerusalemme nel 1187. Negli anni successivi sono tentate altre crociate, ma con scarsi risultati. Con la perdita di Acri nel 1291 segna la fine della presenza crociata in Terrasanta. Cavalieri I protagonisti di questa espansione crociata sono i cavalieri. Il ruolo del cavaliere, difensore dei deboli, acquista sempre più prestigio dall’XI sec. I cavalieri, anche per il costo delle armi, lo diventano gli aristocratici: è così che la cavalleria diventa un vero e proprio ceto (cioè un gruppo chiuso). CAPITOLO 16 La ricchezza economica Il “boom” demografico L’incremento demografico, iniziato nel VIII sec, perdura fino al 1300, anno in cui si raggiunge circa 73 milioni di abitanti in europa. Questo incremento è dovuto all’assenza di epidemia, dal miglioramento del sistema agricolo e quindi alimentare, della riduzione della mortalità infantile e una vita media più lunga. SI registra un poderoso incremento della popolazione urbana. Alcune città come Milano e Firenze superano i 100.000 abitanti. Ma la maggior parte della popolazione rimane ancora nelle campagne. La crescita della popolazione nelle città porta però ad un calo della mano d’opera rurale e alla crescita di fabbisogno alimentare nelle città. Questo crea uno squilibrio tra uomini e risorse alimentari, che porta alla diminuzione della popolazione tra la fine del XIII e l’inizio del XIV sec (questo già prima della peste). 36 Il ciclo economico espansivo L’espansione economica iniziata intorno al Mille continua anche nel corso del XIII sec. Vi è un grande sviluppo delle manifatture tessili, in particolare produzione di stoffe e di lana, utilizzando le lane importate dall’Inghilterra. Il commercio a lungo raggio conosce nel XIII sec una ripresa favorita dalla maggiore sicurezza delle vie di comunicazione. Nel continente i mercanti si concentrano soprattutto nelle aree delle fiere (fiera di Champagne). Dal XII sec i mercanti italiani acquisiscono il monopolio del commercio nelle rotte mediterranee. Nascono coì scontri e conflitti per il controllo delle rotte commerciali. Soprattutto hanno un ruolo decisivo le potenze marinare come Genova, Venezia e Pisa, le quali arrivano anche a scontrarsi. La battaglia navale della Meloria nel 1284, Pisa subisce una pesante sconfitta da Genova, che acquisisce la supremazia sul mediterraneo occidentale. Si ha un miglioramento dell’organizzazione mercantile. La figura del singolo mercante è sostituita dalla nascita di vere e proprie compagnie commerciali. Nell’ambito del commercio marittimo si diffonde un nuovo tipo di contratto: la commenda. SI cominciano a coniare nuove monete d’argento, di maggior valore, e torna in Occidente la moneta d’oro nel XIII sec (il fiorino a Firenze, lo zecchino a Venezia). SI diffondono nuovi strumenti finanziari come la lettera di cambio. CAPITOLO 17 Papato, imperi e regni Le autorità universali Nel XIII sec, sia il papato che l’impero entrano in crisi, devono fronteggiare altri poteri: le monarchie feudali e altre formazioni politiche territoriali (come le città italiane). Alla base dell’idea di supremazia di Federico I Barbarossa, vi è che il potere imperiale sia conferito direttamente da Dio e non dal Papa. Da questo momento si comincia a parlare di “sacrum imperium” (Sacro Romano Impero). Per questa ragione Federico I sostiene l’antipapa. Federico I si propone di riaffermare il potere imperiale in Italia, convocando una riunione a Roncaglia nel 1158 nella quale riafferma le regalie imperiali (giustizia, tasse, arruolare eserciti). Ma la crescita della pressione fiscale spinge le città italiane a riunirsi nella lega lombarda, che sconfigge l’esercito di Federico I e lo costringe a firmare la pace di Costanza nel 1183, nella quale concede le regalie ai comuni (autonomia dei comuni dentro l’impero ma non sono indipendenti). Il figlio di Federico I è Enrico VI, che sposa Costanza d’Altavilla 37 L’insegnamento è in latino e consiste nella lettura (lectio) di un testo, del commento di quel testo (quaestio) da parte del maestro e di una discussione con gli studenti (disputatio). Questo sistema di insegnamento è detto scolastico. Vi è inoltre una marcata ripresa degli studi giuridici come lo studio sul diritto canonico e sul diritto feudale. Gli intellettuali laici delle città italiane sono innanzitutto i giudici e i notai. CAPITOLO 19 Le autonomie politiche Città e comuni Tra XI e XIII sec si sviluppano forme di governo orientate all’autonomia: il comune (per la “messa in comune” dei diritti). Le più precoci sono le città italiane, frequenti sono gli scontri con i vescovi. Le autonomie si sviluppano o per la concessione di “carte di comune” o di “franchigia” da parte del re, o perché conquistate. Possiamo dire che solo in Italia (centro-settentrionale) si sviluppa una vera e propria civiltà comunale con un alto grado di autonomia effettiva. Nell’Italia meridionale l’affermazione comunale è bloccata dall’affermazione della monarchia normanna e le città sono inquadrate nell’amministrazione regia. Lo sviluppo di ampie autonomie nelle città italiane è dovuto a due fattori: la loro forza economica, sociale e culturale (perché di tradizione romana) e la lontananza dall’imperatore. Nelle città italiane la società si articola così: un’aristocrazia militare urbana (milites), un’èlite commerciale (negotiatores) e un ceto di uomini di cultura (iudices) come giudici e notai. Le rivendicazioni di autonomia da parte dei comuni apre uno scontro con l’impero. Il conflitto con Federico I Barbarossa porta alla creazione di una lega tra i comuni, lega lombarda, che sconfigge l’esercito imperiale a Legnano nel 1176. Federico Barbarossa è costretto a firmare la pace di Costanza nel 1183 e concedere ai comuni il diritto di esercitare i poteri regi. Il rinnovato conflitto tra la lega lombarda e Federico II porta invece ad una vittoria dell’imperatore, che sottomette temporaneamente i comuni fino alla sua morte nel 1250. Un decisivo riordinamento amministrativo dei comuni si ha a partire dalla seconda metà del XIII sec, con la figura del podestà che, affiancato da un consiglio di cittadini, ha come compito quello di amministrare la giustizia, mantenere l’ordine, guidare l’esercito, far redigere leggi (statuti). L’Italia comunale e signorile Si verifica dalla seconda metà del Duecento, il fenomeno delle esclusioni di parte nei comuni. SI formano le parti, in seguito al conflitto tra papato e impero, che prendono il nome di guelfi (sostenitori del papato) e ghibellini (sostenitori dell’impero). L’affermazione violenta di una parte determina l’esclusione dalla città 40 dei nemici dell’altra parte. Emerge con evidenza l’inadeguatezza delle istituzioni comunali, che dalla seconda metà del Duecento vengono progressivamente superate in una varietà di soluzioni diverse. Nel caso di Firenze per esempio tra il XIII e il XIV sec si alternano: governi di popolo, signorie e chiusure in senso oligarchico. SI sviluppano, nei decenni centrali del Duecento e in contemporanea ai governi di popolo, le signorie: viene eletto un signore, a cui sono assegnati compiti come la difesa militare, la sicurezza e la pacificazione interna della città. Le signorie si affermano più precocemente delle città padane, in quanto i signori sfruttano le rivalità tra le diverse città per conquistare il potere. Più solide si rivelano le signorie che si sviluppano all’interno di singoli centri urbani per iniziativa di famiglie influenti. Molti signori riescono a farsi attribuire cariche a vita e ad avere la possibilità di scegliere il proprio successore così da creare delle vere e proprie dinastie signorili. Intono ad esse cominciano a diffondersi delle corti. Anche con l’instaurazione delle signorie, alcune istituzioni di origine comunale rimangono in vita, come le corporazioni e gli organismi mercantili. CAPITOLO 20 Depressione demografica e ristrutturazioni economiche La crisi demografica La popolazione europea subisce un brusco calo nel corso del XIV sec: la crescita della popolazione che ormai dura da molti secoli si ferma. Ciò è dovuto dallo squilibrio tra disponibilità di beni alimentari e uomini. Si registrano, a partire da XIII sec, segnali di crisi come carestie più frequenti, scarsi raccolti dovuti alla siccità e ad inverni più rigidi. In Europa si ricomincia a morire di fame e i prezzi del pane aumentano in maniera spropositata. La malnutrizione indebolisce il sistema immunitario facendo crescere la mortalità. Su una popolazione già provata da anni di difficoltà si abbatte nel 1347 una violenta epidemia di peste bubbonica (o nera), trasmessa dai ratti imbarcati nelle stive delle navi mercantili provenienti dall’Asia. La peste si diffonde tramite le vie commerciali. Si calcola che la peste, nella sua prima ondata, falcia un terzo della popolazione europea e rimane endemica fino al XVIII sec. Colpisce più le città che le campagne. Si assiste quindi a un calo della popolazione graduale e non repentino. Anche le numerose guerre in varie arie facilitano il calo della popolazione, e le carestie in quanto i soldati razziavano i campi e le bestie. I saccheggi spingono la popolazione rurale a trovare rifugio nelle campagne. La popolazione passa da circa 70 milioni intorno al 1300 a circa 45 milioni nel XV sec. La trasformazione dell’economia 41 La crisi demografica determina una trasformazione dell’economia. Gli storici sono in dibattito se il calo della popolazione porta un vantaggio o uno svantaggio all’economia. Alcuni sostengono che il declino demografico porti ad una contrazione della domanda di beni e quindi riducendo il livello di commercio. Secondo altri, il calo della popolazione porta ad un miglioramento del tenore di vita dei sopravvissuti. Il calo della popolazione significa meno mano d’opera e meno bocche da sfamare. Meno mano d’opera significa però un aumento dei salari e quindi un aumento dei prezzi. Allo stesso tempo il calo della popolazione porta ad un calo della domanda, anche di beni alimentari, che porta al calo dei prezzi dei cereali. Progressivamente viene ristabilito l’equilibrio tra le risorse disponibili e gli uomini. Il calo dei prezzi e l’aumento dei salari migliorano l’alimentazione. Il ricambio di uomini promosso dalla crisi demografica porta i proprietari a rinnovare i contratti agrari: nasce la mezzadria (ripartizione a metà dei prodotti della terra fra propretario e contadino). Gli scambi subiscono una forte contrazione. Alcune banche, che cominciano a finanziare non solo il commercio ma anche i sovrani europei, cominciano a dichiarare bancarotta dopo che alcuni debitori cessano di pagare (esempio Edoardo III ai Bardi e Peruzzi, banchieri fiorentini). Capitolo 21 Reazione e ripresa Mentalità di fronte alla crisi La peste desta enorme sconcerto tra i contemporanei per la velocità di propagazione e la rapidità del suo decorso. Per contenere la peste e ridurre i contagi vengono adottate alcune regole: divieto di assembramenti, limitazione degli spostamenti e segregazione dei malati (in lazzaretti). La paura della morte assume nuovi tratti, per la sua drammatica presenza quotidiana. La peste ha ripercussioni anche nella letteratura e nell’arte. Inizia la caccia alle streghe, portata avanti dall’inquisizione. Rivolte Tra XIV e XV sec scoppia nelle campagne europee un’ondata di rivolte contadine. A determinarla è il peggioramento delle condizioni di vita a causa delle carestie, delle guerre e delle epidemie. La crisi travolge i gruppi più deboli. I contadini però non contestano mai la figura del re, ma si battono per una distribuzione della ricchezza e la partecipazione politica. In Francia scoppia nel 1328 una rivolta dei contadini, nota come Jacquerie. La rabbia dei contadini si riversa contro i nobili, ma la rivolta viene 42 Le città dell’area baltica e renana danno luogo dal XII sec a unioni di mercanti tedeschi, indicati col termine Hansa, che ben presto conseguono la supremazia economica grazie alla modernità delle loro navi e dei loro metodi di gestione. Un principato territoriale particolare è quello costituito dai Cavalieri teutonici, protagonisti dell’espansione tedesca nelle regioni baltiche. Il principato dell’Ordine teutonico, un ordine monastico militare, si dota di un’articolata organizzazione amministrativa centrata sulla figura del Gran Maestro. Il tramonto di Bisanzio Dopo il saccheggio di Costantinopoli del 1204, i crociati si spartiscono il territorio bizantino. Nel 1261 si restaura l’autorità imperiale, ma è un impero “greco”, costretto ad una dimensione regionale. Duramente colpito dalle forze occidentali, l’impero bizantino deve difendersi anche dagli attacchi degli slavi e l’avanzata dei turchi. Nonostante la crisi, anzi in reazione ad essa, si sviluppa nell’impero un’intensa vita culturale. L’unica autorità che non perse forza è il quella del patriarca di Costantinopoli. L’islam dagli arabi ai turchi Sin dal 1058 la dinastia turca dei Selgiuchidi ha assunto la guida del califfato di Baghdad. Una tribù, gli Ottomani, forte delle abilità dei suoi guerrieri a cavallo, inizia un’espansione in tutta l’Asia Minore. Nei Balcani si scontrano con il regno di Serbia. L’impero ottomano L’espansione ottomana viene arrestata temporaneamente da un rinnovato impero mongolo, capeggiato da Tamerlano alla fine del 1300, il quale ricrea un grande impero asiatico che perdura sino alla sua morte. Alla morte di Tamerlano gli Ottomani riprendono l’espansione, fino a riuscire a conquistare Costantinopoli nel 1453, segnando così la fine dell’impero bizantino. L’ultimo imperatore bizantino, Costantino XI muore combattendo. L’organizzazione dell’impero ottomano si accentra sulla figura del sultano. Il primo ministro è il visir, e le province dell’impero sono governata da un pascià. Il nucleo della potenza militare è il reparto speciale dei “giannizzeri”, reclutati tra i giovani cristiani e convertiti all’islam. CAPITOLO 24 Dai regni agli stati Continuità e trasformazioni 45 Il passaggio dai regni agli stati tra XIV e XV sec è caratterizzato da elementi di continuità ma anche da nuovi fenomeni. Tra gli elementi di continuità va evidenziato come gli stati continuano ad essere costituiti da molti organismi di base interni (città, signorie, istituzioni ecclesiastiche). Una trasformazione evidente si ha nell’Europa orientale, dove si formano compagini statali più solide di prima, anche se ancora più fragili rispetto a quelle occidentali. Solo in Francia e in Inghilterra si costituiscono monarchie di carattere nazionale, nelle altre regioni è ancora forte il peso dei poteri locali. Tra le continuità più evidenti vi è il perdurante potere della nobiltà: i grandi patrimoni fondiari sono ancora nelle mani delle famiglie aristocratiche. Le terre dei nobili sono parzialmente, a volte totalmente, esenti dalla tassazione regia. Anche il clero continua a godere di privilegi giurisdizionali e fiscali, nonostante la volontà dei sovrani di controllare le istituzioni ecclesiastiche. Ma i poteri civili riuscirono crescentemente a controllare il conferimento dei benefici, a ridurre la giurisdizione delle corti ecclesiastiche ed imporre le tasse sui beni della Chiesa. I re rivendicano la tutela delle rispettive Chiese nazionali. Continuità di sviluppo ha anche l’apparato ammnistrativo dei regni. Sorgono uffici specializzati, ciascuno con competenze in materie diverse, e un numero crescente di funzionari con funzioni sempre più definite. Una novità è l’affermazione dell’idea che il funzionario sia al servizio del regno e non al servizio diretto del re. Aumentano però costantemente le esigenze finanziare dei re, che devono pagare gli stipendi in moneta e il mantenimento dell’esercito. I re cercano quindi nuove entrate, come quelle derivanti dai prestiti chiesti alle banche, soprattutto italiane. Ma le entrate più ingenti provengono dalle tasse, soprattutto dalle imposte indirette (quelle sul consumo o trasferimento di beni) come le gabelle (imposta indirette prelevate su qualsiasi cosa come vino, pane, grano, tessuti). Si diffondono anche imposte dirette, come quella suoi “fuochi” in Francia, o la poll tax in Inghilterra, anche grazie ad una rete periferica di esattori fiscali. L’autorevolezza del re si basa sul garantire la pace interna e di offrire giustizia ai sudditi, oltre che difendere il regno da nemici esterni. Vengono istituiti tribunali supremi (come la Star Chamber in Inghilterra), oltre che locali. Nell’ambito dell’esercito, alle milizie male addestrate feudali vengono sostituiti eserciti professionisti composti da mercenari: si creano eserciti permanenti. Per quanto riguarda la diplomazia estera, si crea la figura dell’ambasciatore che risiede stabilmente presso le corti estere, per curare le relazioni diplomatiche. Caratteristiche comuni tra gli stati La formazione degli stati, tra XIV e XV sec, ha delle caratteristiche comuni: 46  Gli stati rimangono caratterizzati dalla presenza di una molteplicità di “corpi” politici (città, principati).  Capacità dei sovrani di consolidare il loro potere nonostante crisi dinastiche, sconfitte militari e le forze dei “corpi politici” interni.  Si forma una gestione pattizia del potere, con costanti negoziazioni tra il sovrano e i “corpi” politici interni, che porta a riconoscere la sovranità del re in cambio di diritti e autonomie locali. Sono i patti a rendere più stabile uno stato, più che il consolidamento del potere monarchico.  Espressione di questo patto tra sovrano e corpi dio governo sono le assemblee amministrative che si sviluppano in molti stati (“stati generali” in Francia, le “cortes” in Spagna, le “diete” in Germania, i “parlamenti” in Inghilterra). Le assemblee divengono un luogo di mediazione fra gli interessi della corona e quelli dei gruppi politici.  I diversi corpi politici cominciano ad abituarsi a coesistere insieme andando a creare un’identità politica che si identifica crescentemente in un “paese”: nasce pian piano un sentimento di appartenenza nazionale. CAPITOLO 25 Verso gli stati nazionali La guerra dei Cent’anni SI definisce guerra dei Cent’anni la serie di conflitti in terra francese fra la corona di Francia e quella d’Inghilterra tra 1337 e il 1453. La guerra scoppia quando la Francia si ritrova un problema dinastico alla morte senza eredi di Carlo IV, e rivendica il trono Edoardo III d’Inghilterra, suo nipote. Ma la corona francese è affidata a Filippo di Valois ed Edoardo III muove guerra alla Francia, ottenendo subito molte vittorie riuscendo a conquistare svariati territori francesi grazie alla sua fanteria e ai suoi arcieri contro l’indisciplinata cavalleria francese. Ma quando scoppiano in Inghilterra alcune rivolte per l’inasprimento delle tasse, la Francia ne approfitta per recuperare i territori inglesi in terra francese. In Francia scoppia però una guerra civile fra Armagnacchi e Borgognoni (che appoggiano il re inglese). E’ così che il nuovo re inglese Enrico V torna in Francia e ottiene decisive vittorie, come quella di Azincourt nel 1415. Prese corpo allora una reazione antinglese, promossa dalle popolazioni contadine, che vedono il Giovanna d’Arco il loro simbolo. La Francia riesce così a concludere vittoriosamente il conflitto e all’Inghilterra resta solo il porto di Calais in terra francese. Dopo la guerra entrambi i regni assumono una fisionomia stabile, destinata a durare nel tempo. 47 Si affermano formazioni statali più stabili tra XIV e XV sec anche nell’Europa orientale. Si tratta però di processi più fragili e più deboli di quelli delle monarchie occidentali. La popolazione è più scarsa, non ci sono grandi città, e l’economia dell’Europa orientale non è in grado di sviluppare commerci avanzati e manifatture. Le istituzioni politiche si rivelano più deboli, la nobiltà rurale elegge i re. Un appoggio ai sovrani arriva dalle gerarchie ecclesiastiche, che sacralizzano l’autorità del re. In Scandinavia, esaurite le invasioni vichinghe e normanne, si formano tra XI e XII sec i regni di Danimarca, Norvegia e Svezia in concomitanza con l’evangelizzazione delle popolazioni. I tre regni stringono un’alleanza che dura per tutto il Quattrocento. La Lituania invece si oppone all’espansione tedesca e quella dei Tartari. La Polonia supera la frammentazione politica e vive un periodo di espansione e splendore economico e culturale. Ladislao II sconfigge i Cavalieri Teutonici a Tannenberg. Il regno di Ungheria conosce fasi alterne di espansione e di crisi: nessuna dinastia riesce ad imporsi e la guida del regno resta saldamente in mano alla nobiltà. Dopo una catastrofica sconfitta subita contro i Turchi nel 1526, l’Ungheria viene annessa al dominio imperiale degli Asburgo. Emerge, con sempre maggior autonomia, il ducato di Mosca, dove il duca Ivan I riesce ad ottenere dal khan mongolo il titolo di “principe di tutte le Russie”. Con Ivan III il Grande consolida l’egemonia di Mosca e ampia il territorio venendo riconosciuto nel 1494 “zar di tutta la Russia”. Ivan III il Grande pubblica un insieme di leggi che fortifica il potere monarchico a discapito del potere dei boiari, nobili proprietari terrieri russi. Un appoggio determinate ai duchi moscoviti arriva dalla Chiesa ortodossa. Quando Bisanzio cade nel 1453, Mosca ne raccolse l’eredità e diventa il centro indiscusso del cristianesimo orientale. CAPITOLO 27 Un sistema politico fragile Le “anomalie italiane” Negli ultimi secoli del medioevo l’Italia si differenzia profondamente dal resto dell’Europa. Le “anomalie” italiane si possono così riassumere: città troppo forti, monarchie troppo deboli. Le città del centro-nord conoscono, tra XII e XIV sec, uno straordinario sviluppo senza eguali in Europa. Esse si pongono all’avanguardia per le 50 loro ricchezze, per i commerci internazionali, per le innovative tecniche finanziarie, per le avanzate esperienze di autogoverno e per il primato artistico e culturale. L’Italia meridionale si avvicina all’Europa per l’analogia dei processi dell’affermazione del potere regio. Ma ai sovrani meridionali manca però l’appoggio della borghesia, contro una nobiltà troppo potente. Un’ulteriore peculiarità italiana è la presenza dello Stato Pontificio, che opera sempre per garantirsi una sopravvivenza e si frappone fra le città centro- settentrionali e i regni del sud. Le grandi monarchie europee governano su territori molto ampi che garantiscono loro un rientro fiscale ingente, gli stati regionali italiani invece sono di media o piccola dimensione. Alla fine del XV sec l’Italia appare ancora un paese molto ricco e ben piazzato strategicamente, per questa ragione sono frequenti tentativi di conquista da parte delle grandi monarchie europee: dall’impero fino agli Angiò e gli Aragonesi. Gli stati italiani non sono in grado di reggere l’urto con queste potenze, che hanno eserciti permanenti meglio organizzati e armati con nuove armi da fuoco. La frammentazione politica Anche l’Italia del tardo medioevo vi è un’accentuata frammentazione politica. Ad ostacolare i tentavi di creare uno stato unico vi è sempre il papato, che teme di perdere i suoi domini. Dal Duecento una presenza determinante nel sistema politico italiano è quella della dinastia angioina, che sconfigge a Benevento gli ultimi svevi nel 1266 e fissando Napoli capitale. Per quanto riguarda l’impero, dopo l’estinzione della dinastia sveva, gli imperatori si riaffacciano in Italia solo dalla seconda metà del Trecento, ma le loro discese si infrangono contro la tenace resistenza dell’alleanza guelfa guidata da Roberto d’Angiò e da Firenze. Tutte le realtà politiche italiane infatti si dividono in due schieramenti: guelfi, che sostengono il papa, e ghibellini, che sostengono l’impero. Progressivamente entra nel lessico italiano il termine “tirannide”, cioè un abuso di potere da parte di un signore che persegue il suo bene e non quello comune. Il processo di ricompattazione territoriale, che in Europa è portato avanti dai sovrani, nell’Italia centro-settentrionale è avviato dalle città. Invece l’Italia del sud è da tempo organizzata politicamente in forma monarchica e accentrata. Il titolo regio dei re meridionali si pone al di sopra degli altri signori italiani per dignità. L’Italia più simile al resto d’Europa è proprio quella meridionale. Il regno di Sicilia passa dalla dinastia imperiale degli svevi a quella francese degli Angiò. La Sicilia passa poi in mano aragonese nel 1282, che poi unifica tutto il regno nel 1409. Si osserva, tra XIII e XIV sec, una semplificazione della geografia italiana, il sistema politico italiano gira intorno a cinque stati regionali: Milano, Firenze, Venezia, Stato 51 pontificio e sul regno di Sicilia e Napoli. Non si fora quindi uno stato unico, ciò è dovuto in parte anche al particolarismo locale. CAPITOLO 28 Gli stati Gli stati territoriali Tra XIV e XV sec il quadro frammentato dell’Italia comunale e signorile si trasforma in un sistema politico più stabile di stati territoriali. Protagoniste di questa trasformazione sono alcune realtà urbane e signorili. Gli stati territoriali italiani hanno molte analogie con gli impianti monarchici europei e una sostanziale differenza. Fra le analogie troviamo un dualismo dei poteri, tra le autorità superiori e gli altri “corpi” politici, con cui i signori devono stringere patti e negoziazioni. La differenza è data dal diverso ruolo che hanno le città. In Italia a promuovere la formazione dei maggiori stati territoriali italiani sono grandi città come Firenze, Venezia e Milano, i quali soggettano altri centri urbani. La costituzione di stati territoriali determina necessariamente un adeguamento delle strutture di governo. Le campagne militari sono affidate ad eserciti mercenari, che costano di più. Il grosso delle entrate arriva ancora dalle imposte indirette (sulle merci). I primi tentativi di creare stati sovracittadini sono mossi da alcuni signori urbani nella prima metà del Trecento, come i Della Scala di Verona.  Un impulso importante alla formazione di stati territoriali è dato dal ducato di Milano, con la politica espansionistica dei Visconti. Il primo è Gian Galeazzo (1385-1402) ad imprimere una forte politica espansionistica. Gian Galeazzo, inoltre, acquista dall’imperatore il titolo di “principe e duca di Milano”, per 100.000 fiorini, così da poter legare a sé, tramite relazioni feudali, i signori locali.  Firenze costituisce uno stato territoriale più saldo, rispetto a quello visconteo. L’impulso è difensivo, non espansionistico, volto a tutelare l’indipendenza della città e dei suoi commerci. Ciò spiega perché il dominio fiorentino rimane sempre regionale. L’espansione fiorentina, che sottomette negli anni le città toscane, è agevolata dalla crisi demografica che colpisce la Toscana, impoverendo di uomini e ricchezze le città che Firenze sottomette. La debolezza del territorio conquistato permette ai fiorentini di governare il territorio come un contado.  Venezia invece coltiva da secoli la vocazione mercantile, e quindi ha sempre puntato alla costruzione di un dominio sul mare. Ma l’avanzata dei Visconti portata avanti da Gian Galeazzo, spinge Venezia a formare un dominio anche sulla terra ferma, assoggettando città come Bergamo, Padova, Vicenza e 52 viene assassinato nel 1476, o la congiura dei Pazzi a Firenze del 1478, nella quale viene attentata la vita di Lorenzo de’ Medici. Nell’ultimo decennio del Quattrocento l’equilibrio fra gli stati si rompe portando al collasso del sistema politico italiano. A ciò contribuisce la morte quasi contemporanea dei protagonisti della creazione della lega italica e che si sono sempre prodigati per evitare i conflitti come Lorenzo de’ Medici, che muore nel 1492, papa Innocenzo VIII, muore nel 1492, e Ferrante II d’Aragona, che muore nel 1494. In questo contesto Ludovico il Moro di Milano chiede al re di Francia, Carlo VIII di Valois, di intervenire contro gli aragonesi di Napoli, che rivendicano il ducato di Milano. Il re di Francia rivendica allora i diritti sul regno di Napoli, in quanto discendete degli Angiò. Per questo scende con il proprio esercito nel 1494 impossessandosi del regno di Napoli senza fatica. CAPITOLO 29 L’umanesimo: una discontinuità intellettuale Un’epoca nuova Fino al XIV sec gli uomini non sviluppano l’idea di vivere in un’epoca diversa da quella antica. Dopo tutto l’impero romano, seppur solo ad Oriente, continua ad esistere, la Chiesa, istituzionalizzatasi con Costantino, è una realtà onnipresente e il latino di Roma è la lingua per gli scritti ufficiali. L’eredità romana appare quindi ancora viva. Ma dal XIV sec comincia a farsi strada una percezione nuova, cioè che l’età antica fosse ormai finita. L’impero bizantino è ridotto ormai ad uno staterello greco, l’impero germanico esiste solo in un contesto regionale, i papi hanno abbandonato Roma. Il mondo antico comincia ad apparire estraneo alla società del XIV sec. La coscienza di una rottura con il mondo antico è accompagnata dalla voglia di restaurarne i valori postivi e gli ideali di bellezza: un sentimento di rinascita. Prende corpo l’idea di un lungo intervallo che divide l’età antica dall’età della rinascita: “un’età di mezzo”. L’Umanesimo L’Italia, in particolare le sue città, ha un ruolo preponderante nello sviluppo dell’Umanesimo. Ciò è dovuto principalmente a due ragioni. La prima è che nelle città italiane vi risiedono grandi intellettuali laici dell’epoca, la seconda ragione è che le città italiane sono quelle più socialmente ed economicamente sviluppate dell’Occidente, oltre che avere una grossa eredità romana. Tra i grandi eruditi del tempo troviamo Petrarca e Boccaccio, il quale i rivela scopritore di testi antichi. Per secoli gli intellettuali hanno letto le opere antiche 55 come fossero opere contemporanee, sovrapponendovi le proprie concezioni e talora correggendoli. Gli umanisti le considerano, invece, opere di un’altra cultura, di cui bisogna rispettare la fisionomia originale e comprendere l’autentico significato. Nasce la filologia, cioè la disciplina che serve a leggere, interpretare e comprendere i documenti. Si sviluppa nel XIV sec la lettura di un numero sempre più ampio di autori della letteratura classica, matura un gusto per l’imitazione dei valori classici. Cancellieri e cortigiani Alcuni umanisti non sono soltanto degli uomini dotti, ma partecipano attivamente alla vita civile e politica delle loro città, ricoprendo incarichi pubblici di rilievo, in primo luogo come funzionari di cancelleria. Ma è soprattutto nelle corti che gli umanisti trovano il loro ambiente ideale. I principi finanziano generosamente le loro imprese culturali e artistiche, per aumentare il prestigio dinastico e politico. Il rinascimento artistico Si ha un rinnovamento soprattutto nelle arti figurative. SI comincia a rappresentare i paesaggi e la natura in modo più realistico, anche i temi cambiano: non si rappresenta più temi sacri soltanto ma anche immagini profane, come rappresentazioni di grandi battaglie. Vengono fatti nuovi studi sulla prospettiva, che dà concretezza all’idea della centralità dell’uomo rispetto alla natura. Il centro del Rinascimento è Firenze, che nel XV sec accoglie tantissimi artisti e intellettuali. Si diffonde il mecenatismo, cioè la commissione delle opere ad un artista e la sua protezione da parte di un signore. In generale si ha una rivalutazione della figura dell’artista, che si avvicina ad uno status di intellettuale umanista in senso tondo. Filosofia e religione Si diffonde una grande fiducia nell’intelligenza umana, si esalta la superiorità dell’uomo sugli altri esseri viventi, anche grazie alla sua voglia di conoscere. La nuova visione vede quindi l’uomo al centro dell’universo, padrone del suo destino, costituendo una netta discontinuità rispetto alla visione precedente in cui vi è Dio al centro dell’universo e che impone all’uomo una netta sottomissione. La scienza L’affermazione della centralità dell’uomo consente di osservare la natura con uno sguardo più libero. Viene riconsiderata l’astronomia, avanza l’ipotesi che la terra 56 non sia al centro dell’universo (il quale potrebbe anche non essere finito). Nel CV sec la sfericità della terra è un’ipotesi generalmente accettata. SI delinea in generale un nuovo modo di concepire il sapere, fondato sul rigore dei procedimenti. L’esempio più lampante è Leonardo da Vinci, il quale è uno scienziato e artista a tutto tondo, per lui non vi è frattura tra arte e scienza perché entrambe inseguono la conoscenza della natura. La diffusione della cultura La diffusione della cultura ha uno slancio con la diffusione della stampa. Le città per prima portano avanti questa invenzione sono Firenze, Roma e soprattutto Venezia, che diventa rapidamente la capitale europea dell’editoria. La stampa permette di accedere alla cultura, ai libri, in modo più semplice ed economico. CAPITOLO 30 Le esplorazioni geografiche: una discontinuità spaziale La ricerca di una nuova via per le Indie La ricerca di nuove vie per le Indie è innescata da motivi economici: infatti le merci che provengono da Oriente, soprattutto spezie e seta, costano molto di più perché devono essere trasportate fino al mediterraneo. Oltre che motivi economici, ci sono motivi religiosi. Vi è infatti una leggenda di un regno cristiano oltre i territori islamici con un sovrano di nome Prete Gianni, che costituirebbe un ottimo alleato contro gli infedeli. La navigazione è poi facilitata da nuove tecnologie, come le nuove caravelle, e il sestante, oltre che carte nautiche più precise. Si prodiga molto in questo campo un navigatore genovese: Cristoforo Colombo. Colombo ha come piano quello di raggiungere le Indie via mare, cioè “trovare il levante per il ponente”. Il suo progetto è respinto dal re di Portogallo mentre invece è accolto da Isabella di Castiglia, anche per rispondere ai portoghesi che hanno piani di arrivare nelle Indie circumnavigando l’Africa. L’Africa L’Africa è un continente enorme in cui si sviluppano, nel corso dei secoli, formazioni statali vicine a quelle europee, come regni e imperi. Un esempio è l’impero del Ghana. L’India e il sud-est asiatico 57
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