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Riassunto "Medioevo" Giovanni Vitolo, Sintesi del corso di Storia Medievale

Riassunto "Medioevo" Giovanni Vitolo

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 18/02/2022

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Scarica Riassunto "Medioevo" Giovanni Vitolo e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA MEDIOEVO GIOVANNI VITOLO INTRODUZIONE Perchè persiste l'idea che il medioevo sia un'epoca buia, brutta, sporca? L'origine di questa concezione negativa dell'epoca risale già al momento in cui è stato coniato il nome medio-evo, media-tempestas, media-etas tutte espressioni nate per indicare un'età di mezzo, utilizzate inizialmente in ambito italiano, in particolare in quello umanistico. Gli umanisti dal 400 in poi, per la loro volontà di riallacciarsi all'età classica greco-romana-ellenistica: individuano uno iato, una frattura tra età greco-romano-ellenistica e la loro epoca. Non-nome già in sè caricato di una valenza negativa: degenerazione di una società, rispetto al picco raggiunto in età classica. L'ottica è tutta italiana: il paragone si fa con Roma, centro d'Italia. Per un'umanista la caduta dell'Impero romano d'occidente (476 d.C. con la deposizione di Romolo Augustolo da parte di Odoacre) equivale alla fine di tutto, alla fine dell'importanza e della centralità dell'Italia > è qui che comincia la crisi, l'età di mezzo. Nell'ottica di una persona non italiana: la Francia deriva dal Regno Franco, una serie di regni che nascono e si sviluppano proprio grazie alla caduta dell'impero romano. L'impero di Carlo Magno non sarebbe nato probabilmente se a Roma ci fosse ancora stato un imperatore romano. Noi siamo Italo-centrici: pensiamo che la storia di Italia e Europa siano tutta la storia. Il medioevo vale per un pezzo molto piccolo del mondo: vale solo per un pezzo di Europa. Anche all'interno di questo mondo circoscritto la storia non è uguale per tutti. L'Europa non è sempre stata il centro della civiltà. Il medievo va convenzionalmente compreso entro due date: inizia nel 476 d.C. con la caduta dell'impero romano d'occidente e termina nel 1492 con la scoperta dell'America. In realtà, chi non era a Roma o nei suoi dintorni, probabilmente nemmeno sapevano della caduta dell'impero, nè era la prima volta che nel V sec. venivano deposti degli imperatori. Altre date proposte: Ottica religiosa > Inizio nel 313 d.C. Editto di Costantino (o di Milano) con il quale ammetteva la religione cristiana e la sua gerarchia fra quelle dell'impero, mettendo fine alla stagione delle persecuzioni contro i cristiani, di cui era stato campione Diocleziano. Comincia a crearsi quel rapporto stretto tra chiesa e impero che indubbiamente cambia quel mondo. Sarà però con l'Editto di Tessalonica che il cristianesimo diventerà religione di Stato, con Teodosio. Fine 1517, con la lotta per le investiture e la divisione tra stato e chiesa. Ottica politica > Inizio nel 330 d.C. data proposta da Cristoforo Kerner, è la fondazione di Costantinopoli. Fine nel 1453 con la caduta di Costantinopoli per mano dei turchi guidati da Maometto. Ottica filosofico-letteraria > Inizio con le opere di Sant'Agostino e fine nel 1265 con la nascita di Dante Alighieri. Le date simbolo valgono per noi, non per i contemporanei del medioevo. Ad esempio, quando Colombo scoprì l'America non cambiò la storia dell'Europa: le conseguenze della scoperta si fecero sentire solo decenni dopo, quando in Europa cominciarono ad arrivare oro e argento dall'America e i A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA traffici commerciali cominciarono a spostarsi verso l'Atlantico. Ottica di un contemporaneo: battaglia di Adrianopoli (in Tracia), una delle prime battaglie campali in cui l'invincibile esercito romano è stato sconfitto da un popolo barbaro, i Goti. Siamo negli anni 70 del IV sec. e viene ucciso in campo Valente, imperatore romano. L'evento colpì molto l'immaginario dei contemporanei: l'invincibilità dei romani non c'era più, avevano perso in campo aperto, proprio dov'erano più forti. L'impero romano aveva buchi ovunque. 410 d.C. sacco di Roma: per mano di Alarico, a capo dei Visigoti. Roma in quegli anni non era più la capitale dell'impero: con la morte di Teodosio, l'impero venne diviso fra i figli Arcadio e Onorio e la capitale della parte occidentale venne spostata a Milano, poi trasferita di nuovo a Ravenna. Roma però era caput mundi, simbolo dell'impero, quindi la sua violazione, il suo saccheggio, ebbe un impatto sui contemporanei enorme: alcuni intellettuali la definirono la fine del mondo. Roma era la chiesa, la sede del papa: doppio significato di Roma caput mundi e Roma centro della cristianità. Roma viene saccheggiata anche una seconda volta per mano di Genserico. Il periodo del medioevo oscilla tra V e XV sec. Usando i secoli possiamo comprendere tutto il secolo, non solo le date simbolo convenzionali. Le epoche non finiscono da un anno a un altro, con date precise. Perchè un equilibrio storico cambi ci vogliono decenni. Concetto di Tardo-Antico: ancora una volta abbiamo un non-nome, indica un'antichità tarda. Il termine è stato coniato per identificare gli ultimi secoli dell'impero romano. Anche qui il concetto è connotato in senso negativo, è un'antichità di decadenza. Dal II - III sec. d.C. in poi: è finito il momento d'oro dell'impero, top con Augusto tra I e II sec. Ancora una volta c'è il problema delle date: quando finisce? Convenzionalmente nel 476 d.C. con l'inizio del medioevo. Alcuni fanno terminare il tardo-antico nel VII sec. in piena epoca convenzionalmente medioevale: questo perchè il processo di trasformazione da tardo-antichità a medioevo è terminato solo nel VII sec. 1. IL MONDO ELLENISTICO-ROMANO E LA DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO POPOLI NOMADI > A partire dal III sec. a.C. i popoli dell’impero romano hanno iniziato gradualmente ad entrare in contatto con dei popoli nomadi e semi-nomadi provenienti dalle steppe euro-asiatiche. Questi popoli rozzi e culturalmente inferiori tendevano a fondersi con le popolazioni territorialmente stabilizzate. Ad esempio la Persia, prima sotto il dominio di Alessandro Magno e poi sotto quello dei Parti, si è vista invadere prima dal popolo nomade degli Unni bianchi e poi dai Turchi. Anche il popolo degli Ariani, in India settentrionale, fu invaso dagli Unni bianchi, molto più tardi, nel V d.C. Gli Unni dalla Mongolia crearono non pochi problemi anche in Cina, dove durante il III sec. ci fu il periodo dei “regni combattenti”, con continue lotte tra popoli sedentari e nomadi. L’invasione degli Unni fu fermata solo nel 215 a.C. con l’imperatore Hwang-ti, detto il “Cesare cinese”, che fece costruire la Grande Muraglia per difendere il popolo dalle razzie. Il consolidamento della frontiera con insediamenti di contadini-soldati lungo i confini durò per tutto il periodo della dinastia Han, fino al II-III d.C., quando ricominciarono le invasioni da parte degli Unni. L’impero venne prima diviso in 3 regni, poi gli Unni conquistarono tutta la parte settentrionale e sotto il dominio della dinastia Chi restarono solo delle province meridionali. La restaurazione dell’impero cinese si avrà solo nel VII sec. A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA ortodosso (non gli ortodossi attuali, ma nel significato del termine = credo riconosciuto come dogma della chiesa cristiana) > Credo ortodosso: "Il padre, il figlio e lo spirito Santo sono un'unica divinità" = il Cristo ha quindi natura divina. È da questo momento che si può parlare di eresie per riferirsi a tutte le dottrine che si oppongono a quella cattolica. L’arianesimo ritorna presso i popoli germanici, i quali ne fecero un elemento della propria identità culturale. Gli scontri sul piano dottrinale non erano però finiti: continuavano ad essere proposti temi di discussione, più che altro come pretesti da parte delle province per rivoltarsi sul piano politico. Gli scontri sul piano religioso erano una sorta di copertura ideologica contro lo sfruttamento delle città e il fiscalismo dell’impero. Ad esempio in Egitto e Siria nacque la contesa cristologica per definire il rapporto tra umanità e divinità di Cristo. A Costantinopoli, i Nestoriani collegavano questo tema anche alla figura di Maria: chiamarla “madre di Dio” voleva dire ammettere la divinità di Cristo, chiamarla “madre del Cristo” voleva dire ammetterne l’umanità. Il conflitto fu risolto con il concilio di Calcedonia del 451: venne dichiarato Cristo vero Dio e vero uomo, dotato quindi di due nature distinte ma inseparabili; vi si opposero i monofisiti, i quali sostengono che le due nature si fondono in una sola. MONACHESIMO > E’ un movimento che nasce in India: pochi spiriti eletti decidono di interrompere i rapporti con la società e intraprendere una vita di ascesi e penitenza. Questi primi monaci buddisti sono prima dei girovaghi solitari, poi iniziano a stabilirsi in comunità e costruire dei monasteri. Il monacheismo cristiano nasce in Egitto nel III, in forme piuttosto aspre: era diffuso soprattutto nelle classi inferiori, caratterizzato da rozzezza di costumi e totale solitudine. Questi eremiti erano piuttosto fantasiosi: il più famoso è Antonio, il quale si stabilì nella tomba vuota di una necropoli; oppure gli stiliti, i quali si stabilivano in cima a delle colonne, esposti al sole e alle intemperie. Ben presto si sviluppano forme più tranquille di eremitismo: prima abbiamo delle piccole comunità di eremiti non troppo lontani gli uni dagli altri e stabiliti intorno a una chiesa, poi nel IV sec. si inizia a diffondere il cenobitismo, cioè la creazione di monasteri sia maschili che femminili in cui l’ascesi era praticata in maniera moderata. Uno dei promotori della fondazione di monasteri su Basilio di Cesarea, in Cappadocia, il quale non fondò un vero e proprio ordine basiliano, ma indirizzò ai monasteri le sue Regole, non un codice di leggi, ma una serie di indicazioni da seguire nei monasteri; a capo di queste comunità Basilio poneva un abate. In Italia, furono promotori dei monasteri i vescovi Ambrogio di Milano e Paolino di Nola. Anche Cassiodoro, un collaborate di Teodorico re degli Ostrogoti, ebbe un ruolo chiave nella diffusione del cenobitismo: ritiratosi in Calabria, nel VI sec. fondò un monastero con caratteri originali, si tratta di un centro culturale dove viene conciliata la cultura sacra a quella profana; l’obiettivo era quello di salvaguardare la cultura romana. Importante fu anche l’opera di Benedetto da Norcia, fondatore e abate del monastero di Montecassino e dell’ordine benedettino. La regola benedettina non fu la prima, ma di sicuro fu quella più completa in quanto metteva a frutto tutta l’esperienza del monacheismo orientale e occidentale: tutte le norme sono improntate su moderazione e realismo, ai monaci non si chiede mai nulla di eccessivamente gravoso. La regola benedettina viene tradizionalmente riassunta nella formula ora et labora (in realtà non presente all’interno del codice). Ludovico il Pio (re franco) in un capitolare dispone che la regola venga adottata in tutti i monasteri dell’Impero: la diffusione avviene a distanza di quasi due secoli a opera di un franco, nell’820-24. Ciò comporta che tutta la legge dei monasteri dell’impero seguono le stesse norme, lo stesso stile di vita, la A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA stessa cultura. Al di fuori dei territori dell’impero non è detto che venisse applicata tale regola. I monasteri che richiamano al mondo bizantino non seguono nè san benedetto nè san basilio. 2. L’OCCIDENTE ROMANO-GERMANICO I GERMANI > La civiltà germanica si formò lentamente, in seguito all’espansione degli Indoeuropei nell’Europa del Nord. Distinguiamo tre macro-gruppi di popolazioni germaniche: a nord Scandinavia e Danimarca, a est Order e Vistola, a ovest Germania a est del Reno. Il primo contatto con i romani avviene nel II sec a.C. quando Cimbri e Teutoni partono dalla Danimarca per spingersi verso Spagna, Gallia e Italia, dove vennero però fermati da Mario. I Germani vengono tenuti a bada da Cesare e il limes separa romani e germani fino al 406, quando i Germani si spingono definitivamente verso le regioni del Mediterraneo. Non hanno cultura scritta. Ciò che sappiamo di loro lo sappiamo da fonti romane, da scrittori romani che ne parlano e ci dicono quello che capiscono. La nostra è una conoscenza indiretta. Qualcosa riusciamo a saperla dall'archeologia, dai resti materiali. In più queste popolazioni erano nomadi, quindi non costruivano strutture che non potevano essere trasportate: anche le testimonianze materiali sono limitate. Le fonti romane erano però di parte: raccontano di un popolo brutto, sporco, cattivo, questo perchè sono diversi dai romani. La visione di un nemico non è oggettiva, non è attendibile. Erano politeisti (non usiamo il termine pagano perchè è ricollegabile al mondo greco-romani) e la loro massima divinità era Woda = Odino. *[Il termine Barbari aveva una valenza negativa, per questo gli storici cominciarono a definirli Germani, ma ciò era sbagliato perchè i Germani di cui parla Cesare non sono una razza, ma abitanti di un territorio detto Germania. Il mito della razza dei Germani/Ariani è di eredità hitleriana. Germani è un termine geografico, non etnico. Quindi vanno chiamati barbari, senza la valenza negativa]. Anche se dalla Germania di Tacito e dal De bello gallico di Cesare abbiamo una visione del popolo dei germani come assai mobile, dedito alla caccia e alla guerra, non dobbiamo pensare che fossero capaci solo di barbarie. Anzi, alle scorrerie contro i romani si alternavano scambi commerciali e contatti con la civilità romana che portarono nei germani a sviluppare capacità nell’agricoltura e nella lavorazione dei metalli. L’agricoltura veniva praticata in maniera assai primitiva e per questo i terreni, divenuti in poco tempo incoltivabili, venivano abbandonati. La continua ricerca di terre non portava però a scontri poichè nella loro cultura non esisteva la proprietà fondiaria e le terre venivano distribuite ai clan, non ai singoli. Il bestiame era invece di proprietà individuale. L’organizzazione delle società ruotava tutta intorno alla guerra: a capo della gerarchia troviamo un duce, cioè un capo militare, il cui poteri diventano effettivi solo in tempi di guerra, altrimenti è come tutti gli altri sottoposto al controllo del consiglio degli anziani e all’approvazione del popolo in armi. L’unico strumento per diventare duce era essere riconosciuti per il prestigio guerriero e la capacità di accogliere intorno a sè altri guerrieri per compiere razzie e scorrerie. Inizialmente, questi gruppi si scioglievano dopo le scorrerie, ma col tempo hanno iniziato a consolidarsi e a creare dei veri e propri clan dove, in caso di guerra, gli uomini non obbedivano agli ordini in base ai legami di parentela ma obbedivano agli ordini del capo-clan. Quest’evoluzione è probabilmente dovuta all’influenza dei romani e alle loro rigide gerarchie sociali. A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA Germani occidentali > Tra I e III sec. la pressione dei germani occidentali venne sfruttata dai romani impiegandoli sia nelle schiere di legioni a difesa dei confini sia per ripopolare delle regioni periferiche. In questo modo, però, la presenza germanica all’interno dell’esercito romano stava diventando prevalente; ben presto i germani riescono ad ascendere sia alla gerarchia militare che a quella politica romana. Nonostante ciò, la pressione dei germani occidentali non voleva diminuire: si cerca di arginare il problema accogliendo nelle regioni lungo il Reno tribù di Franchi, Alamanni e Burgundi. GOTI – Germani orientali > Un popolo che parte dalla Scandinavia per dirigersi verso il nord del Mar Nero e che nel mentre subisce una serie di trasformazioni dovute ai diversi contatti con le varie tribù germaniche, i nomadi iranici in Russia e Ungheria, città greche del Mar Nero. Prima di tutto si ha un progresso nel tipo di combattimento: a differenza dei germani dell’ovest, questi che possiamo definire germani orientali combattono a cavallo, un abitudine derivante dall’influenza dei popoli-cavalieri delle steppe. Una seconda evoluzione sta nella formazione di una struttura sociale più gerarchica, la quale culminò nella creazione su basi stabili di monarchie tribali a carattere militare. OSTROGOTI E VISIGOTI - Goti dell’est e dell’ovest > Lungo il Danubio, troviamo invece i continui assalti dei Goti, sconfitti nel 269 dall’imperatore Claudio II e non più un pericolo per almeno un secolo. Si tentò nel frattempo di ridurne l’aggressività favorendone la conversione al cristianesimo mediante un vescovo goto, Ulfila, il quale tradusse in gotico la Bibbia: lui era un vescovo ariano, quindi di conseguenza il cristianesimo viene assorbito nella forma ariana (c'è un solo popolo che passa da politesimo a credo ortodosso: i Franchi; tutti gli altri passano per una fase ariana). La situazione crolla, però, nel momento in cui gli Unni, una popolazione turco-mongola proveniente dalle steppe dell’est, si spinge verso occidente, travolgendo nel mentre Ostrogoti e Visigoti (Goti dell’est e dell’ovest), legati all’impero da un trattato di alleanza. Infatti, l’autorità imperiale aveva permesso loro di passare il confine e stabilirsi in Tracia. Però, tra lo stanziamento in Tracia reso difficoltoso dall’ostilità della popolazione e l’arrivo degli Unni che creò un grosso sommovimento nelle popolazioni germaniche, ne nacque una guerra aperta che terminò solo il 9 agosto 378 con uno dei più grandi disastri della storia militare romana: l’esercito romano viene sconfitto dalla cavalleria dei goti e muore in battaglia lo stesso imperatore Valente. Questa rovinosa sconfitta ha un grande impatto sui romani, si teme la fine dell’impero. Dopo la sconfitta di Adrianopoli l'imperò capì che doveva scendere a patti con i barbari, contenere questa pressione: Teodosio fu il primo a intuire questa necessità > Cerca l'incontro con i barbari tramite l'istituto giuridico della federatio: l'impero riconosceva alcune popolazioni barbare come federate, alleate. Teodosio stringe un accordo con i Visigoti che prevede il loro trasferimento nell’Illirico. I territori concessi erano quelli di confine, in modo da fermare la pressione dei barbari e allo stesso tempo li usa come protezione da altre popolazioni, dal momento che era dovere dei federati proteggere i confini dell'impero. L'istituto funzionò fino a un certo punto: alcune popolazioni riuscirono comunque a insediarsi nell'impero pur senza la federatio. POPOLI BARBARI > Teodosio restaurò l’unità dell’impero, che però alla sua morte tornò ad essere diviso fra i due giovani figli: Onorio posto sotto la tutela del generale vandalo Stilicone e Arcadio sotto la tutela del goto Rufino > politica di apertura verso le popolazioni germaniche. La posizione dei due tutori diviene ben presto precaria, sia per la reazione antigermanica da parte del popolo romano, sia per la rinnovata pressione degli Unni che avevano ripreso la loro espansione. Per Stilicone la situazione A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA degli Svevi e il centro politico spagnolo divenne Toledo. Inizialmente il popolo visogoto e quello latino-iberico vivevano secondo due leggi diverse, poi però vengono emanate delle leggi, in latino ma secondo le consuetudini visigote, che porranno i due popoli sotto un’unica legge. Viene poi instaurato un orientamento monarchico di senso romano, il quale prevedeva l’eredità del regno all’interno della famiglia reale: ciò crea una resistenza da parte della popolazione germanica, abituata all’elezione del re da parte del popolo in armi. Tra conflitti e compromessi, si arriva man mano a una coesistenza delle due popolazioni, favorita anche dalla collaborazione con l’episcopato cattolico il quale aveva ampia influenza sulla parte ibero-romana. Collaborazione favorita anche dai numerosi concili di Toledo convocati dal re per discutere di problemi sia di natura ecclesiastica che politica. Il regno dei Visigoti viene bruscamente distrutto dall’invasione araba nel VIII sec. Franchi > Nel V sec. a capo dei Franchi troviamo re Clodoveo, appartenente alla dinastia dei merovingi (dall’antenato Meroveo). Prese possesso della Gallia, dopo aver scacciato i Visigoti, eliminato ogni traccia dei romani e aver sottomesso i restanti regni germanici. Viene ostacolato però da Teodorico re degli Ostrogoti, il quale interviene in difesa di Visigoti e Alamanni. Nonostante ciò, alla sua morte Clodoveo lascia in eredità ai Franchi la Gallia e una fascia di territori al di là del Reno; i suoi successori inglobarono anche i territori di Turingi e Burgundi e la Provenza. Clodoveo fu più furbo nello sfruttare la collaborazione con l’aristocrazia romana e la Chiesa, perchè non si limitò a prenderle sotto la sua protezione, ma si convertì al cristianesimo: in questo modo eliminò in un attimo quelle diffidenze che stavano mettendo in difficoltà Ostrogoti e Visigoti. Clodoveo riceve il battesimo secondo il rito cristiano dal vescovo Remigio, nella cui cattedrale di Reims saranno incoronati tutti i futuri re di Francia da Clodoveo in poi. Nel VII sec. il termine “franco” non aveva più valenza etnica, stava solo a indicare l’appartenenza a un popolo libero da ogni forma di servitù. Cambiano anche i modelli politici: si ha la crezione di un ordinamento pubblico diviso in distretti, detti contee, e governati da rappresentanti del re, detti conti. Ciò non impedì, però, che alla morte di Clodoveo il regno venisse diviso fra i quattro figli, alla romana: anche se in teoria si parla di un unico regno, le divisioni territoriali sono anche politiche > Neustria sotto la dominazione romana, Austrasia sotto la dominazione germanica, Aquitania sotto la dominazione gallo-romana e con scarsa presenza di Franchi, Borgogna che conserva la sua autonomia politica. Inoltre, le continue lotte tra i fratelli non solo portano a un arrestarsi dell’espansione, ma anche a un arretramento delle frontiere. Bisognerà aspettare l’VIII sec. con Pipino il Breve per tornare a una situazione più stabile. 3. L’ORIENTE ROMANO-BIZANTINO E SLAVO L’impero occidentale e quello orientale hanno sempre seguito due linee di sviluppo differenti che però, con la crisi del III sec, diventano più evidenti: a differenza dell’occidente, in oriente non abbiamo la concentrazione delle terre nelle mani dell’aristocrazia, quindi non c’è nemmeno lo sviluppo del latifondo a conduzione schiavile; le città sono più numerose e popolate e l’organizzazione economica è più complessa; la classe airstocratica non era superiore alle altre nè era così rigida e chiusa come in occidente. La mancanza di una grande aristocrazia aveva fatto sì che il governo potesse muoversi più facilmente e attuare le direttive di Diocleziano: ciò consente il controllo totale dello stato sulla chiesa e la formazione di un esercito ben addestrato. A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA COSTANTINOPOLI > Già con Costantino II, figlio di Costantino, Costantinopoli vede un vero e proprio boom. Cresce non solo sul piano economico, ma anche dal punto di vista demografico. Nel giro di un secolo dalla fondazione ha supaerato il numero di abitanti di Roma. Per mantenere l’ordine pubblico viene istituita l’annona civica, cioè la distribuzione del grano alla popolazione, e l’allestimento di giochi del circo (viene costruito un ippodromo). All’imperatore viene attribuita un’aura di sacralità, in quanto difensore della fede cristiana: farà da arbitro nelle contese religiose, convocherà e presiederà lui i concili ecumenici, deciderà sull’elezione dei vescovi di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Il rito dell’incoronazione è una cerimonia religiosa: il patriarca consegna la corona all’imperatore. Viene conferito all’imperatore anche un ordine ecclesiastico minore. Il netto contrasto tra oriente e occidente si ha quando iniziano le invasioni da parte dei popoli barbarici. Se in occidente vediamo un atteggiamento di apertura nei confronti dei germani, in oriente abbiamo non solo una netta chiusura, ma inizia anche una politica di orientamento di Visigoti e Unni verso l’occidente. Questa liberazione dalla pressione barbarica consente all’imperatore Zenone, e poi ad Anastasio I, di concentrarsi su due problemi: controllare e sopprimere le rivolte degli Isauri e risolvere i vari contrasti religiosi. Si risolve il primo ricorrendo alla deportazione di massa, mentre risolvere il problema religioso si rivelò impossibile. SCISMA > Sarà Giustiniano a tentare di risolvere i problemi religiosi, per garantirsi l’appoggio del papa nel suo progetto di riconquista dell’impero occidentale. Recupera i rapporti con il papa, ma allo stesso tempo, influenzato dalla moglie Teodora, protettrice dei monofisiti, tenta di attenuare i contrasti con quest’ultimi facendo loro delle concessioni: i monofisiti si lamentavano del fatto che durante il concilio di Calcedonia del 451 non era stato condannato come si deve il nestorianesimo, il quale alla fine si era diffuso in Persia, Pakistan e India. Allora Giustiniano emana l’editto dei Tre capitoli con cui condanna gli scritti di tre teologi filonestoriani. Questo però non portò nè a una tregua con i monofisiti e causa anche la rottura con il papa e i vescovi dell’Occidente, in quanto l’allora papa Vigilio era ostile a qualsiasi cambiamento rispetto a ciò che era stato deciso durante il concilio di Calcedonia. Giustiniano, però, non esitò a far arrestare il papa, trascinarlo a Costantinopoli e costringerlo ad accettare l’editto dei Tre capitoli. Ciò portò a una rivolta dell’episcopato italiano e allo scisma tra chiesa d’oriente e d’occidente destinato a durare fino al VII sec. RICONQUISTA OCCIDENTE > L’operazione di riconquista dell’occidente era iniziata bene: il generale Belisario porta velocemente a termine la spedizione in Africa, dove vengono sconfitti i Vandali e riportato il territorio sotto l’autorità dell’impero d’occidente. La riconquista dell’Italia fu più difficile: Giustiniano vi emanò una Prammatica Sanzione con l’obiettivo di restaurare gli antichi rapporti sociali e di dare al territorio un nuovo assetto amministrativo. Intanto, in Spagna viene offerta a Giustiniano l’occasione di sconfiggere i Visigoti quando proprio questi ultimi chiedono aiuto all’impero orientale per reprimere una rivolta filoariana. Giustiniano ne approfitta per conquistare un’ampia fascia costiera, comprendente le città di Malaga e Cordova. Questa riconquista dei territori d’occidente voleva però dire tenere a bada l’aristocrazia, che già puntava ad accrescere i propri latifondi. Per questo motivo viene emanato il Corpus iuris civilis, un codice di leggi bizantino, scritto in latino, benchè a Costantinopoli si parlasse greco. A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA Il sogno di Giustiano però crolla dopo 40 anni di regno: non era riuscito a venir a capo delle tensioni religiose, la plebe sempre più numerosa non era più controllabile, le rivolte per la fame sono tanto frequenti da culminare alla fine in una congiura contro l’imperatore. Le conquiste in Occidente sono solo apparenti: i territori riconquistati in Spagna e Italia vengono presto perduti. Inoltre, sul fronte Orientale, nei Balcani, si facevano sempre più pressanti i popoli Slavi, Avari e Persiani. L’impero si vede costretto a ridimensionare le ambizioni di dominio sull’occidente, concentrandosi sull’oriente. Viene emanato un nuovo codice di leggi giustinianee, le Novelle, in greco, dove al termine latino di imperator viene sosituito quello greco di basileus. SLAVI > La loro origine è poco chiara. Si è propensi a collocare la loro patria in un area tra le attuali Polonia, Boemia, Slovacchia e Ucraina. Non c’è stata un vera e propria comunità originaria, bensì una civilità frutto dell’apporto di diversi popoli. Sicuro è, però, che nel VI sec. gli slavi avevano una propria identità linguistica e culturale quando si insediarono in Europa; questa identità si andò affievolendo con la divisione in slavi occidentali, meridionali, orientali e asiatici: ormai si parla di vere e proprie nazioni distinte, affini solo linguisticamente, ma per il resto totalmente influenzate dalle popolazioni europee e bizantine. Gli Slavi si insediano nei territori bizantini dei Balcani tra VII e VIII sec. e assediarono Tessalonica e Costantinopoli, in un periodo in cui Bisanzio era impegnata nella lotta prima con i Persiani e poi con gli Arabi. Non fu possibile impedire che diverse regioni dei balcani venissero slavizzate. Solo sul finire del VII sec. Bisanzio potè tentare di recuperare i territori persi nei Balcani, ma non fu del tutto possibile perchè nel frattempo, insieme agli slavi, vi si erano insediati anche i Bulgari, andando a formare una formazione politica bulgaro-slava che fu poi riconosciuta da Bisanzio con un trattato di pace. Nelle restanti regioni balcaniche di Tracia, Tessaglia, Macedonia ed Epiro, si tentò di recuperare le posizioni perdute tramite interventi non violenti: lo strumento usato fu quello dell’evangelizzazione, che portò presto a una Slavia cristiana ortodossa e una Slavia cristiana romana. MAURIZIO > Con l’imperatore bizantino Maurizio si tenta una riorganizzazione delle strutture dell’impero: avendo necessità di concentrare i suoi sforzi militari in oriente, per non perdere i territori riconquistati in Spagna e Italia fa sì che le milizie locali siano in grado di difendere i territori, mettendovi a capo degli esarchi, cioè governatori con poteri politici e militari. La sua uccisione portò all’impossibilità di realizzare questo progetto ma anche a un periodo di crisi in oriente proprio nel momento in cui Bisanzio era più impegnata nella lotto contro i Persiani, i quali ne approfittarono per invadere Antiochia, Alessandria e Gerusalemme, saccheggiando quest’ultima e rubando il legno della Santa croce. ERACLIO > Sarà l’imperatore Eraclio a dare inizio all’opera di ricostruzione. Avvia una riforma militare e amministrativa dell’impero orientale: quel che è rimasto dell’Asia minore viene diviso in temi ai capi dei quali pone dei strateghi > lega i soldati a questi temi, favorendo così anche la colonizzazione e ripopolazione delle zone rimaste deserte. L’intervento non coinvolge solo soldati ed ex mercenari, ma anche contadini, ex schiavi e immigrati. Per quanto riguarda i Persiani, non punta più a riconquistare i territori persi, ma punta direttamente alla capitale dell’impero persiano: una volta conquistata, impone un trattato di pace che prevede la restituzione di tutti i territori occupati, il A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA loro espansione non procedeva in maniera unitaria, seguendo un progetto espansionistico: andavano dove incontravano meno resistenza (l'Italia che trovano i longobardi è impoverita da 30 anni di guerra gotica, una terra in crisi e invasa da epidemie). Il grosso delle conquiste longobarde era concentrato in Italia padana (capitale del regno longobardo a Pavia), in Piemonte, nel Friuli, nel Trentino e nella Toscana; conquistano anche alcuni territori a Benevento, negli Abruzzi e in Umbria che verranno a far parte dei Ducati di Benevento e di Spoleto. L’incompletezza della conquista dell’Italia era dovuta sia al fatto che i bizantini attuavano una ferrea resistenza (soprattutto intorno a Ravenna), sia al fatto che dopo Alboino e il suo successore i Longobardi non si preoccuparono di eleggere un re e quindi vi un periodo di anarchia militare che durò 10 anni. La conquista dei Longobardi fu aspra e dura: la popolazione romana non venne uccisa, ma venne privata di ogni capacità politica e i beni confiscati in gran parte. Parliamo del dominio politico-militare di un popolo con forte coscienza di sè che nei confronti dei primi conquistati agisce con la sottomissione, ma nei confronti delle generazioni successive permette l’integrazione, a patto che si assumano il diritto e le tradizioni dei dominatori. L’Italia subisce un forte impatto con il mondo germanico: il 568 segna una frattura rispetto al passato. Abbiamo una riorganizzazione del territorio dove i Longobardi mostrano di non fare differenze tra le proprietà private e quelle ecclesiastiche, confiscano a piacimento. Anche se approssimativamente convertiti dal politeismo all’arianesimo, mostrano di non avere nessun riguardo nei confronti della chiesa cattolica. Per questo motivo, fino al VII sec, molte città italiane rimangono senza un vescovo a capo. Un senso di continuità lo troviamo invece negli insediamenti, poichè i Longobardi scelgono di riabitare città già abitate dai romani e, nel caso, restaurare strutture edilizie pubbliche fortemente degradate dalle lotte fra IV-V sec. AUTARI > Alboino fu assassinato per volere della moglie Rosmunda, figlia del re dei Gepidi (ucciso da Alboino), una popolazione barbara sconfitta dai longobardi. Leggenda: Alboino avrebbe dato da bere a Rosmunda nel teschio del padre; Rosmunda ha quindi guidato l'omicidio di Alboino. Viene successo da Autari. Ben presto, i Longobardi si lasciano influenzare dalle tendenze romane e decidono di darsi un ordinamento politico più stabile: si ha un rafforzamento del ruolo del re, con il conseguente bisogno d’appoggio dell’episcopato cattolico e della popolazione romana. L’opera inizia nel VI sec. con il re Autari, il quale si fece cedere la metà delle terre dai duchi, tranne dal ducato di Benevento e di Spoleto, i quali godranno sempre di una particolare autonomia dall’autorità regia. Vengono create due nuove figure: i gastaldi, i quali controllano i duchi per conto del re, e i gasindi, collaboratori del re. AGILULFO E GREGORIO MAGNO > Successore di Autari, Agilulfo fu il primo a porre il problema in termini non conflittuali del rapporto tra re e Chiesa cattolica, dal momento che in Oriente il primato del vescovo di Roma sulla Chiesa era puramente onorifico e ormai lo era anche in Occidente poichè, mancando un rapporto con l’imperatore bizantino o con l’attuale re, mancava al papa un punto di riferimento sicuro. Questo vuoto viene colmato dal papa Gregorio Magno tra VI-VII sec, quando propone di rendere autonomo il papato dall’impero bizantino, facendone la guida della Chiesa universale. Si preoccupò sia di assicurare alla cristianità occidentale un’impronta unitaria, diffondendo la liturgia romana tramite il canto gregoriano, sia di continuare l’opera di evangelizzazione delle A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA popolazioni pagane. Inviò missionari in: Inghilterra, dove riuscirono a convertire re Etelberto di Kent e assicurare un legame tra chiesa inglese e Santa Sede; in Spagna e in Italia, dove però non riuscì del tutto a convertire i Longobardi. Tutto ciò non gli impedì di provvedere e difendere Roma dai continui attacchi dei duchi di Spoleto e Benevento e dallo stesso re Agilulfo. *Gregorio è l'autore più letto nel medioevo: autore dei Dialogi, dialogo tra Gregorio e il suo interlocutore, dove il papa racconta le vicende di alcuni santi, parla di longobardi e goti (che odia), parlando dei longobardi come un popolo violento, massacratore e senza dio. Gregorio muore nel 602: per molti è la fine del mondo romano, visto come una figura di transizione tra mondo romano e medioevo. I tentativi di Gregorio di stabilire dei contatti con la corte regia furono favoriti anche dal fatto che la regina Teodolinda era cattolica e che fece battezzare l’erede al trono. Questo, però, non portò alla conversione in massa dei Longobardi. Accadde così che per tutto il VII sec. si alternassero sul trono re ariani e re cattolici; quelli che spiccarono di più furono re Rotari, il quale mise per iscritto le leggi longobarde nell’Editto di Rotari, e re Grimoaldo, che essendo anche duca di Spoleto rese effettiva l’autorità regia anche nei territori longobardi del meridione (Benevento e Salerno). Attraverso l'editto di Rotari noi capiamo com'era strutturata la società longobarda: una parte della popolazione gode dello stato di libertà, uomini che hanno il diritto di portare le armi, elìte dei longobardi; l'altra parte è costituita dai non liberi, non hanno il diritto di portare le armi e sono inferiori ai liberi nella loro persona. Se un non libero offende un libero deve risarcirlo, al contrario no. Poi ci sono le donne, che nel mondo longobardo rappresentano l'anello debole della catena sociale: vengono tutelate attraverso un istituto giuridico tipicamente longobardo, il mundio, dove ciascuna donna ricca o povera, che vive nel mondo longobardo, è sottoposta alla tutela di un uomo, che sia il padre, il marito, il fratello, un figlio, il re. Ad esempio, se la donna deve fare il testamento non può farlo se non in presenza di un mundoando (l'uomo). Istituto vorgingap = dono del mattino, dove dopo la prima notte di nozze l'uomo doveva fare un dono alla moglie, come ad esempio una terra, una casa. Se i longobardi devono scrivere una legge che non ha corrispondenza in latino, lo fanno nella loro lingua. Le leggi longobarde si fondano sulla storia del popolo: prima di elencare le leggi, si elenca la successione dei re, la memoria del popolo diventa il presupposto per la legge. Nel mondo longobardo esiste la pena di morte, le punizioni corporali, ma anche i pagamenti in denaro, i duelli giudiziari (chi vince ha ragione, è un giudizio divino, un'ordalia = se vinci è perchè dio ti dà ragione), il giuramento sulla propria barba (sacra per i longobardi), la faida (vendetta privata), diritto d'onore (si può uccidere la moglie adultera > in Italia fino agli anni 60). Tipo di diritto territoriale: valido per tutti coloro che abitavano nel territorio longobardo, a prescindere dall'etnia. Editto costituirà la base della legge longobarda fino alla fine del regno; alcuni successori di Rotari lo modificheranno, come Liutprando. Il più grande fu però il re cattolico Liutprando: con lui si completa la conversione dei longobardi al cattolicesimo (cercherà di eliminare tutti gli elementi dell'editto di Rotari non in linea con il cattolicesimo > scompare il duello, sostituito dal pagamento in denaro) e viene superata la differenza etnica tra longobardi e romani. Pensò che fosse arrivata l’ora di completare la conquista dell’Italia e arrivò fino alle porte di Roma: papa Gregorio II lo convinse però a rinunciare alla conquista e a restituire i territori del ducato romano conquistati. Liutprando, nel restituire il castello di Sutri, non lo restituì all’impero bizantino ma direttamente alla chiesa cattolica: all’evento viene attribuita A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA importanza decisiva poichè atto costitutivo del potere temporale dei papi. In realtà, era solo una delle tante donazioni che venivano fatte alla chiesa per favorirsene l’appoggio. Eppure in Italia non si realizzò quella convergenza fra potere regio ed episcopato che si era avuta in Spagna con i Visigoti e in Gallia con i Franchi. Ciò probabilmente era causato dal fatto che il papato voleva che Roma rimanesse autonoma, non doveva essere sottoposta all’autorità longobarda: infatti, quando non fu più possibile fermare lo slancio espansionistico longobardo solo con le parole, il papa non esitò a chiamare in Italia i Franchi, prima con Pipino il Breve e poi con Carlo Magno. ITALIA BIZANTINA > Intanto, durante l’invasione longobarda, i territori bizantini in Italia subivano una riorganizzazione. Nonostante la voglia di mantenere l’organizzazione sociale tradizionale, si finì per essere influenzati dalla presenza longobarda, soprattutto per quanto riguarda la continua necessità di difesa a cui si doveva provvedere a livello locale: l’impero orientale non poteva inviare milizie, quindi venivano reclutati militari anche tra i membri dell’aristocrazia. Scompare del tutto la differenza tra potere civile e militare: si uniscono nei capi militari. Si ha la formazione di realtà regionali, in quanto era impossibile uscire dai territori bizantini senza essere travolti dai longobardi: gli stessi funzionari inviati da Bisanzio finiscono col fondersi con le nuove realtà locali. In questo contesto un ruolo di supremazia non lo gioca più l’aristocrazia romana, ma la chiesa cattolica, ancora in possesso dei possedimenti terrieri, dati in affitto ai laici con contratti anche perpetui che però stabiliscono un contratto di tipo clientelare tra un grande ente ecclesiastico ed esponenti politico-militari ben in vista. STATO DELLA CHIESA > Si forma quindi uno Stato della Chiesa autonomo, con a capo il pontefice, sostenuto politicamente e militarmente da qui membri dell’aristocrazia che hanno ricevuto vasti terreni in enfiteusi (contratto perpetuo) e protetto dai Franchi. La posizione del duca bizantino all’interno del ducato romano si indebolisce. Le famiglie aristocratiche, soggette al pontefice, cercano comunque di consolidare il proprio potere riservando le cariche vescovili ai membri della propria famiglia, assumendo al contempo i titoli di duca e vescovo. 5. IL MONDO ARABO E IL MEDITERRANEO Situata tra l’Africa e l’Asia, la penisola arabica era abitata nel nord da tribù di beduini che praticavano l’allevamento, il commercio carovaniero e le razzie, e da tribù sedentarie e povere; nel sud era abitata da stirpi di lingua diversa e con un alto livello di civiltà. Nelle zone della penisola più prossime alla Siria e all’Egitto sorgono importanti centri, anche grazie ai contatti con egiziani, macedoni, persiani, greci e romani. Questi centri verranno poi conquistati dall’impero romano e la penisola arabica conosce un regresso sia dal punto di vista politico che culturale. Il quadro sociale di riferimento del popolo dei Beduini è incentrato su tribù legate da un antenato comune leggendario e con a testa un capo elettivo, un consiglio e un giudice. Al capo spettano le decisioni di interesse comune riguardanti spostamenti, guerre e razzie. Il quadro religioso era invece legato al politeismo, sia per il nord che per il sud; i luoghi di culto erano mete di pellegrinaggio e punti di incontro e scambi commerciali. Oltre al politeismo erano presenti anche ebraismo e cristianesimo monofisita o nestoriano. Una delle maggiori città dell’Arabia era la Mecca, al cui capo vi A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA SPAGNA MUSULMANA > Nella penisola iberica c'era il regno visigoto, con Malaga e Cordova riconquistate da Giustiniano. Ora, un arabo, Taric, passa le colonne d'Ercole (attuale stretto di Gibilterra > monte = ger, in arabo > nome gibilterra dal passaggio di Taric) ed entra nella Penisola Iberica: fine del regno visigoto. La penisola viene islamizzata, con città che diventano particolarmente importanti: Toledo diventa la città delle traduzioni, qui si formano i migliori traduttori; Cordova diventa un importante centro di trasmissione del sapere medico, della medicina antica di Ippocrate, verso il mondo Occidentale. Gli islamici vogliono ora valicare i Pirenei, ma vengono sconfitti nella battaglia di Puatier da Carlo Martello. SICILIA ISLAMICA > Fin dal VII sec gli arabi operarono incursioni, muovendo dall’Africa sett, ma solo nell’IX sec si attua un’operazione di conquista vera e propria: sbarcano a Mazara, sconfiggono i bizantini a Corleone, si dirigono verso Siracusa, la quale resisterà per mezzo secolo, quando diventa capitale del temata di Sicilia. Nel frattempo, conquista Palermo, che diverrà una delle grandi metropoli dell’islam. Nell’840 completano la conquista della Sicilia occ e si spostano verso Messina, che cade due anni dopo. Si ha una situazione di stallo dovuta ai conflitti tra Arabi e Berberi, ma i bizantini non ne approfittano. Subito dopo riprende l’espansione: cade Siracusa nel 878 e poi il resto dell’isola. La Sicilia, sotto la dinastia dei Kalbiti, fiorisce: Palermo diventa centro di attività artigianali e commerciali, la ricchezza di acque favorisce l’agricoltura a livelli altissimi in tutta l’isola > esportazione verso Africa e mondo cristiano. Fiorisce anche la produzione di stoffe pregiate, lavorazione dei metalli e degli studi. 6. ECONOMIA E SOCIETA’ NELL’ALTO MEDIOEVO REGRESSO > Tra VI e VIII sec in Occidente si vede una grave decadenza dell’urbanesimo: molte città scompaiono o si riducono drasticamente poichè gli abitanti tendono a concentrarsi su quell’area della città più facilmente difendibile. Il fenomeno, in Italia, fu più precoce al sud e in generale nelle pianure rispetto alle zone montuose. Anche la rete viaria viene abbandonata: venendo meno gli intensi scambi commerciali, a partire dal IV sec le strade diventano sempre più impraticabili. Non viene abbandondata solo la manutenzione delle strade, ma anche quella di argini, canali, pendii: peggioramento generale delle condizioni ambientali. Sempre più terreni vengono poi abbandonati e lasciati incolti: nelle zone dove erano state diradate le foreste per farne campi coltivati, ora che erano state abbandonate non ne nascono più boschi. Le foreste abbondavano, invece, al di là del Reno, intaccate solo in minima parte dal metodo di agricoltura dei popoli germanici; al contrario, vi praticavano liberamente la caccia. In generale, nel Medioevo c’era abbondanza di selvaggina e scarsità di cacciatori: la caccia era fondamentale perchè garantiva una varietà nella dieta, soprattutto dei contadini. I boschi venivano inoltre sfruttati per ricavarne frutti spontanei, legna da ardere e legna per costruire attrezzi e case; i boschi di quercia, poi, venivano sfruttati per il pascolo degli animali. *[Mito delle città scomparse: una serie di città che esistevano nel tardo antico e sono scomparse nel VII-VIII sec. Interpretazione semplice (non vera): i barbari sono arrivati e le hanno distrutte. E' la crisi del dopo la caduta che ha determinato la scomparsa di queste città. Es: Volcei, vicino Buccino, un'importante città romana scomparsa a causa della crisi, accelerata da un incendio che l'ha distrutta. Nell'area di Aversa c'era Atella, scomparsa sempre per un processo di crisi del territorio, non per mano A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA dei barbari. Zona avellinese, c'era Eclano, sede di diocesi, si trovava sull'Appia, quindi destinata a maggiore fortuna perchè facilmente raggiungibile dalle strade consolari: scompare perchè a un certo punto viene fatta una deviazione dell'Appia, che non passava più per Eclano. L'Avellinum romana, ad Atripalda (non l'Avellino di oggi), scompare e si trasferisce altrove perchè questi sono secoli di spopolamento. Capua, ora Santa Maria Capo a Vetere, era sull'Appia (da Roma a Brindisi > Passava per Capua, Nola, Benevento) > l'attuale città di Capua è medievale, non romana, sita sul Volturno]. A questi livelli di calo demografico non si era arrivati all’improvviso, ma a partire già dal III sec a causa soprattutto di guerre e devastazioni. In casi normali, i vuoti causati dalle guerre si sarebbero colmati in tempi brevi, ma dal momento che esse si prolungarono per secoli ciò non fu possibile. Inoltre, a questi fattori si aggiungevano anche epidemie varie (vaiolo, peste, tubercolosi, malaria) che di certo non contribuivano al ripopolamento. Tra VI e VIII sec si ripeterono almeno 20 volte le ondate epidemiche, più gravi in zone altamente popolate, come l’Italia, meno gravi nell’Europa orientale, più scarsamente popolata e con un clima più freddo. Il calo demografico portò anche all’allentarsi dei flussi di scambio fra campagne e città: da una parte abbiamo la scarsa produttività dovuta alla mancanza di nuove tecnologie agricole (regresso dovuto anche al fatto che lo sfruttamento schiavile ha fatto cadere in stallo la voglia di progresso), dall’altra abbiamo il bassissimo grado di assorbire prodotti della campagna da parte delle città (pochi abitanti con risorse limitate). Inoltre, il fatto che di solito i contadini non possedevano un unico terreno compatto, ma più appezzamenti sparsi e distanti tra loro influiva sull’efficienza della produttività. In genere, la campagna che circondava la città era divisa in tre fasce, partendo dalla più vicina: terreni intensamenti coltivati con orto e vigne, campi di cereali, boschi per il pascolo, la pesca e la caccia. La produttività era buona negli orti, ma scarsa nei campi di cereali; inoltre, di ciò che veniva prodotto una parte andava conservata per la semina successiva e una parte versata al proprietario del fondo. In mancanza di concime naturale, dal momento che era più facile che i contadini avessero capre e pecore allo stato brado piuttosto che cavalli e buoi nelle stalle, venivano usate tecniche come il sovescio, il debbio e il maggese per la rigenerazione dei campi. CURTIS > I contadini spesso non erano proprietari nè delle terre che coltivavano, nè degli animali che allevavano oppure erano schiavi, quindi nemmeno proprietari di sè stessi. Negli ultimi secoli dell’età romana per i proprietari fondiari non era tanto più importante possedere beni materiali, quanto schiavi: ma la loro disponibilità era diventata assai limitata. Di qui la tendenza ad accasare gli schiavi (detti in questo caso prebenda), cioè a dotarli di un manso (un pezzo di terra) e di una casa con cui potessero provvedere a sè autonomamente; questi schiavi dovevano ai padroni parte del raccolto e prestazioni di lavoro in periodo prestabiliti (dette corvè). Questo tipo di concessioni venivano fatte anche ai contadini liberi, ma privi di terra: dovranno ai padroni una percentuale inferiore di raccolto e meno giornate lavorative. Inoltre, non era raro che piccoli proprietari terrieri vendessero le loro terre ai grandi per garantirsene la protezione: si gravavano del pagamento annuo di un affitto, ma almeno erano sotto la protezione di un grande proprietario fondiario. In questo modo, le grandi proprietà risultavano divise in terre date a schiavi e coloni (il massaricio), terre del gestite da amministratori di fiducia del proprietario (riserva padronale), boschi incolti e stagni accessibili ai contadini per la caccia e la pesca: l’insieme costituiva la curtis o villa. A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA La curtis mirava a produrre al suo interno tutto il necessario: al mercato si vendevano le eccedenze in cambio di quegli strumenti che potevano essere costruiti solo in maniera rudimentale dai servi. Inoltre, era molto importante mantenere un equilibrio fra massaricio e riserva padronale: l’estensione della riserva doveva essere in rapporto al numero di prestazioni d’opera su cui si poteva fare affidamento. POTERI SIGNORILI > In poco tempo, il ruolo dei proprietari fondiari come protettori dei dipendenti e dei piccoli proprietari si andò trasformando: insieme alla protezione, cominciarono ad esercitare anche giustizia e comando. Già dall’VIII sec era in uso l’abitudine di riconoscere per iscritto l’autorità del proprio signore, in cambio di protezione e reperibilità di mezzi di sussitenza in caso di pericolo: pratica della commendatio. SCAMBI COMMERCIALI > Anche se nell’VI-VIII sec troviamo un’Europa molto impoverita, non dobbiamo pensare che gli scambi commerciali fossero del tutto assenti. Nei villaggi e nelle ormai piccole città erano presenti fiere e mercati dove contadini e artigiani potevano vendere i loro beni, anche se di pochi tipi: per il loro acquisto bastava la moneta d’argento. Erano invece necessarie le monete d’oro per gli scambi commerciali con l’Oriente, da cui si acquistavano beni di lusso, spezie, stoffe, profumi, papiro; venivano invece esportati legno, metalli, pelli, schiavi slavi. Questi traffici su lunga distanza si svolgevano lungo l’Adriatico e i corsi del Rodano, del Reno e del Volga. Non tutto l’occidente era economicamente depresso: ad esempio in Italia i traffici con l’oriente non si fermarono mai, soprattutto nel sud, a Ravenna e nel Veneto; addirittura a un certo punto amalfitani, gaetani, salernitani e baresi si sostituirono ai mercanti orientali. 7. L’IMPERO CAROLINGIO E LE ORIGINI DEL FEUDALESIMO PIPINIDI > Dopo Clodoveo e la divisione del regno dei Franchi fra i 4 figli, nel corso del VII sec la lotta per l’egemonia si andò restringendo alle sole Austrasia e Neustria; la Borgogna era stata assorbita dalla Neustria e l’Aquitania era diventata indipendente dal regno dei Franchi. La lotta non era fra i sovrani, quanto fra i maestri di palazzo, cioè gli effettivi detentori del potere. Fra fine VII e inizio VIII si impongono i Pipinidi dall’Austrasia, chiamati così perchè discendenti da Pipino di Landen. A fare la fortuna della famiglia fu il maestro di palazzo Pipino II di Heristal, detentore del potere su Austrasia, Neustria e Borgogna. CARLO MARTELLO, VIII > Gli successe il figlio Carlo Martello, il quale rinsaldò il potere su Austrasia, Neustria e Borgogna, poi passò all’Aquitania, la Frisia, l’Alemannia e la Turingia. Intanto, era impegnato a contrastare l’avanzata araba, i quali avevano valicato i Pirenei ed erano arrivati in Borgogna: anche se li sconfigge, non riesce a ricacciarli al di là dei Pirenei poichè avevano occupato l’attuale Linguadoca; divenne comunque il campione della cristianità. Ciò gli concesse di comportarsi da vero e proprio re, dopo la scomparsa senza eredi del re merovingio Teodorico IV; addirittura divise il regno tra figli, così com’era in uso per i sovrani merovingi: a Carlomanno Austrasia, Alemannia e Turingia; a Pipino il Breve la Neustria, la Borgogna e la Provenza. I due fratelli non furono però in grado di seguire la strada del padre ed elessero un re merovingio, Childerico III. Erano più interessati a seguire l’attività missionaria del monaco Bonifacio, inviato a Frisoni e Sassoni da papa Zaccaria per tentare di convertirli. Bonifacio non riuscì a portare al termine la A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA Alla fine si arrivò alla resa anche per la Baviera, però non prima che il duca prima si dichiarasse vassallo di Pipino il Breve, poi si alleasse con re Desiderio, poi giurò di nuovo fedeltà ai franchi ai tempi di Carlo, per poi tentare ancora una volta di riprendersi l’autonomia: alla fine Carlo incorporò Baviera, Carinzia e Austria, richiudendo il vassallo in un monastero. Infine, per quanto riguarda gli Avari che dalla Pannonia compivano numerose incursioni in Germania e Austria (quando Alboino decise di invadere l'Italia fece un accordo con gli Avari, concedendo loro di invadere la Pannonia, ma avrebbero dovuto lasciarla nel caso i longobardi fossero tornati in Pannonia): Carlo occupa anche la Pannonia, costringendo gli Avari alla conversione e a restare all’interno dei loro confini: il regno franco raggiunge la max estensione verso est. La potenza di Carlo cresceva e gli venivano sempre più attribuiti dalla curia pontificia diritti e funzioni proprie dell’imperatore bizantino. In effetti, Carlo si ispirava all’impero orientale nelle sue azioni, in particolare a Costantino I: come lui fondò una nuova capitale, Aquisgrana. Intanto a Costantinopoli, nel 797 la regina Irene spodesta il figlio Costantino VI e arreca un grave danno al prestigio della dignità imperiale. A questa debolezza di aggiungeva quella del pontefice Leone III, accusato di spergiuro e adulterio, poi vittima di un attentato: si rifugerà in Germania presso Carlo, il quale lo scorterà poi a Roma, dove fu convocata una grande assemblea di prelati per accogliere la dichiarazione di innocenza di Leone III e riabilitarlo. Il 25 dic 800, il papa riafferma la supremazia religiosa della Chiesa di Roma ponendo sul capo di Carlo la corona imperiale (da ora Carlo Magno). Eginardo: racconta in un passo in maniera molto sintetica dell'incoronazione di Carlo nel giorno di Natale. In questo periodo prese il titolo di imperatore e di Augusto, al che da prima lo contrariò a tal punto da dichiarare che in quel giorno non sarebbe mai entrato in chiesa se avesse saputo qual era il progetto del pontefice, dopo il quale sopportò l'odio subito dal dover portare quel titolo. Per un contemporaneo è un evento non molto significativo perchè Carlo rimane il re dei franchi, ma per noi è significativo perchè dopo tempo abbiamo un nuovo imperatore e non è nemmeno romano. Gli imperatori di bisanzio sono gli unici imperatori romani a governare oriente e occidente, quindi Carlo è un usurpatore: Carlo sopporta con tolleranza la loro ostilità, ma mandava anche doni e ambascerie a Bisanzio alla ricerca di un contatto e una forma di alleanza. Al titolo di imperatore d’occidente si oppose l’imperatore d’oriente Niceforo, che intanto aveva spodestato Irene. Solo qualche anno prima di morire, nell’812, il nuovo imperatore Michele I riconobbe a Carlo Magno il titolo imperiale in cambio della cessione di Istria, Dalmazia e Venezia. In più, Carlo non si aspettava di essere incoronato: era ignaro delle vere intenzioni del papa > sembra però più il topos di un grande re umile che non avrebbe mai voluto questo incarico. ORDINAMENTO PUBBLICO > Il regno franco ha la sua amministrazione incentrata in un palatium ad Aquisgrana, affiancato da una cappella palatina. Per controllare un regno ormai vastissimo, Carlo Magno dovette dividerlo in distretti più o meno coerenti con a capo dei funzionari pubblici: i territori da tempo sotto l’autorità dei franchi vennero divisi in contee con a capo dei conti, i territori di nuova conquista vennereo divisi in marche (più grandi) con a capo dei marchesi [marca di Spagna; marca settentrionale del regno franco, sul mare del nord, che serviva a difendersi dalla Gran Bretagna; in Italia la marca di Spoleto, il territorio più a sud del regno franco], i territori con ancora forti caratteri nazionali poichè i popoli rifiutano l’inserimento nel mondo carolingio (Bavaresi e Bretoni) vennero divisi in ducati con a capo dei duchi. Conti, marchesi e duchi ricevevano un feudo da Carlo Magno, il A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA quale se li assicurava come vassalli, quindi legati a lui da un giuramento di fedeltà; in più, ricevevano i proventi da multe, confische e reddito terriero dei distretti che amministravano. Questi funzionari pubblici erano a loro volta controllati da vassi dominici, cioè fedeli diretti del re, insediati nei loro distretti, i quali potevano concedere l’immunità fiscali e giuridiche ad alcune zone del distretto: in questo modo creava delle isole sottratte all’autorità del conte/marchese/duca in modo da ridurne l’autorità, frenando la sua potenza. Per quanto riguarda l’imperatore, ha tre stretti collaboratori: l’arcicapellano che si occupa di questioni di natura ecclesiastica, il cancelliere che si occupare della redazioni di atti giuridici e il conte palatino che si occupa dell’amministrazione della giustizia; potevano essere scelti dall’imperatore anche due missi dominici (un laico e un ecclesiastico) che ogni anni avrebbero dovuto visitare un distretto per controllare l’operato dei funzionari. LEGGI > Carlo Magno tentò di dare un minimo di omogeneità all’impero attraverso un’intensa attività legislativa. Ogni anno venivano convocate due assemblee, dette placiti, in cui venivano emanati i capitolari, cioè le leggi: un assemblea a porte chiuse ad ottobre e una generale a porte aperte a maggio. Frequenti furono gli interventi legislativi in campo economico: si cercò di frenare l’incetta dei prodotti agricoli da parte dei proprietari, che li acquistavano al momento del raccolto e poi li rivendevano alla vigilia del raccolto successivo quando le scorte cominciavano a scarseggiare. Inoltre si tentò di tutelare i ceti meno abbienti fissando i prezzi dei prodotti: queste leggi di rado venivano fatte rispettare poichè coloro che dovevano controllare erano anche coloro che quelle stesse leggi volevano colpire. Si tentò di mettere ordine anche sul fronte fiscale e monetario: si regolamentò la riscossione di dazi e pedaggi per non ostacolare ulteriormente gli scambi commerciali già poco fiorenti; si cercò di riportare sotto l’autorità imperiale la zecca di stato in modo che non venissero messe in circolo monete di scarso valore: la moneta circolante diventa il denaro, in argento, di cui il regno franco era ricco. Per la prima volta dopo 350 anni un sovrano si pone il problema dell'uniformità della monete e di un controllo centralizzato. CHIESA FRANCA > Consapevole del suo ruolo di protettore della cristianità, Carlo Magno riordinò anche l’ordine ecclesiastico nei territori del regno. La chiesa franca era divisa in province, che a loro volta contenevano un certo numero di diocesi, a loro volta divise in un certo numero di parrocchie (pievi). Ripristinò anche la disciplina all’interno dei monasteri, imponendo a tutti la regola di San Benedetto. Per elevare il livello culturare di monaci e chierici furono istituite delle scuole presso le chiese cattedrali e i monasteri in cui erano insegnate le arti di trivio e quadrivio, la teologia, il canto gregoriano e i canoni che regolamentano la vita della Chiesa. Desiderio di Carlo era quello di allargare l’istruzione anche ai giovani, quindi sollecitò le pievi affinche istituissero delle scuole per bambini e ragazzi. Questo slancio verso l’istruzione venne ovviamente fatto partire da Carlo stesso, che presso la sua corte ad Aquisgrana diede vita alla scuola palatina: qui venne elaborata una nuova scrittura, la carolina, di grande leggibilità e diffusione in tutta Europa. 8. LA CRISI DELL’ORDINAMENTO CAROLINGIO E LO SVILUPPO DEI RAPPORTI FEUDALI Carlo Magno, seguendo la tradizione franca, divise il regno fra i tre figli: a Carlo la maggior parte della Francia e le conquiste orientali, a Ludovico il Pio l’Aquitania e a Pipino l’Italia e la Baviera. In seguito alla morte dei fratelli, Ludovico il Pio raccolse tutta l’eredità, compreso il titolo imperiale. A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA LUDOVICO IL PIO, IX > Il suo primo provvedimento fu quello di risolvere il problema della successione: stabilì che il regno era indivisibile e andava al primogenito Lotario. Agli altri due figli andavano territori periferici: Aquitania e marca spagnola a Pipino e Baviera a Ludovico il Germanico. Inoltre nell’824 viene emanata la Costitutio Romana: stabilì che il papa sarebbe stato eletto dal clero e dal popolo romano, ma doveva giurare fedeltà all’imperatore per essere consacrato. Elezione fortemente influenzata dalle famiglie aristocratiche: la supervisione dell’imperatore era una sorta di garanzia sull’oggettività dell’elezione. Legge ribattuta da Ottone I di Sassonia un secolo dopo. Ludovico non riuscì però a tenere a bada i figli, che si ribellarono: tentò di reagire allargano la schiera di vassalli, ma finì solo per impoverire il fisco regio. Approfitta della crisi dell’impero la Chiesa, la quale ora sostiene che, nel momento in cui l’imperatore non è in grado di assolvere i suoi compiti, spetta alla chiesa garantire pace e giustizia: vengono gettate le basi per la futura rivendicazione da parte della chiesa del potere temporale. Alla morte di Ludovico il Pio, si giunge allo scontro frontale fra i fratelli (intanto a Pipino era succeduto Carlo il calvo). Nell’842 a Satrasburgo stipularono un patto solenne, promettendosi aiuto reciproco di fronte ai loro eserciti: Ludovico il Germanico giurò in francese e Carlo il Calvo in tedesco per farsi capire dai rispettivi eserciti. L’anno dopo a Lotario fu imposto il trattato di Verdun per definire la divisione dell’impero: parte occidentale a Carlo il Calvo, parte centrale a Lotario, parte orientale a Ludovico il Germanico. A Lotario si deve la prima spedizione contro i Saraceni, 846: registra qualche vittoria, ma non è risolutiva. Alla morte di Lotario gli successe il figlio Ludovico II, impegnato a lungo in Italia nella lotta contro i saraceni (riesce a riprendere Bari, che nell'847 era diventata un emirato, ma ancora una volta la spedizione non è risolutiva: i beneventani ne approfittano per catturare e imprigionare Ludovico II). Alla morte di Ludovico II ne prese il posto e il titolo imperiale lo zio Carlo il Calvo. Alla morte di quest’ultimo senza eredi successe il figlio di Ludovico il Germanico, Carlo il Grosso, che riunì l’intero regno nelle sue mani. Una ri-unione effimera, poichè Carlo il Grosso si rivelò impotente di fronte all’avanzata dei Normanni e abdicò. Il regno venne diviso di nuovo: parte orientale e dignità imperiale ad Arnolfo di Carinzia, Francia a re Oddone e Regno d’Italia a Berengario marchese del Friuli. DISSOLUZIONE DELL’ORDINAMENTO PUBBLICO > La nuova organizzazione dei territori del regno elaborata in passato da Carlo Magno andò presto dissolvendosi sotto i suoi successori: conti, duchi e marchesi o non riuscivano a far valere la loro autorità al di fuori dei territori sotto il loro controllo diretto o al contrario imponevano la loro autorità al di fuori dei confini del loro distretto, creando caos; i vassalli non facevano più capo a conti, duchi e marchesi ma ai signori locali; questi ultimi ignoravano il divieto di circondarsi di un seguito armato privato; vescovi e abati pretendevano l’immunità fiscale e giuridica non solo per i territori per i quali era stata in origine prevista l’agevolazione, ma anche per i possedimenti futuri. Le potenti forze signorili avevano finito col creare degli stati nello stato, ritagliando all’interno dei distretti pubblici domini più o meno ampi. La situazione era fuori controllo ed era impossibile al sovrano risolverla perchè non poteva permettersi di mantenere un apparato di funzionari stabile: l’unico stipendio possibile era la terra, ma questa finiva per essere sottratta dal fisco regio dai funzionari e data in eredità alla propria famiglia. La situazione era resa ancora più grave tra IX e X sec da nuove incursioni da parte di Ungari e Saraceni. UNGARI > Provenienti dalla Russia centrale, invasero i territori dal Baltico al Mediterraneo nel IX. Da qui partivano ogni anno per incursioni in Germania, Francia e Italia centro-sett, arrivando verso A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA FRAMMENTAZIONE POLITICA IN ITALIA > Nel X sec l’Italia è fondamentalmente divisa in due regni: il Regno d’Italia in mano ai franchi (tutta l’Italia sett) e i territori bizantini in Italia (Puglia, Basilicata, Calabria, parte della Campania e Venezia). Situazione a parte per il ducato di Benevento, sottratto ai franchi dal re dei longobardi Arechi II; a causa di contrasti interni verrà poi diviso nei principati di Benevento e Salerno; da Salerno si distaccherà poi la contea di Capua. In Sicilia Ludovico II ha liberato Bari dai Saraceni e ha portato prigioniero a Benevento, dal principe longobardo Adelchi, l’emiro Sawdan; a quel punto però Adelchi tradisce il re franco e si accorda con Sawdan: fa prigioniero l’imperatore e lo rilascia solo dopo 40 giorni e la promessa di non vendicarsi. In Campania, i ducati di Napoli, Gaeta e Amalfi erano solo teoricamente sotto l’autorità bizantina, di fatto si comportavano in maniera autonoma. Al centro della penisola troviamo poi le signorie di Montecassino e di S. Vincenzo al Volturno, sotto la protezione dei franchi e dotati di privilegi d’immunità; almeno fino al IX sec, quando la crisi dell’impero franco le lascia vulnerabili di fronte a Longobardi, conti di Capua e Saraceni. Infine c’è il papato che esercita la sua signoria su Lazio, Umbria e Marche, ma rivendica una funzione universale sia in ambito religioso che politico. Nel 902 gli arabi completano la conquista della Sicilia. REGNO D’ITALIA > Berengario successe a Carlo il Grosso. Due anni dopo fu spodestato da Guido duca di Spoleto, che ottenne anche la corona imperiale, ma il titolo era ormai del tutto vuoto dal momento che Francia e Germania erano regni del tutto indipendenti. Alla sua morte gli successe il figlio Lamberto. A questi si oppose però il re di Germania Arnolfo, chiamato in aiuto da papa Formoso poichè il re franco faceva pressioni su Roma, il quale lo incoronò poi imperatore e creò i precedenti per i futuri successori di Arnolfo che rivendicheranno il Regno d’Italia. Morto Arnolfo, riemerse Berengario, il quale tentò di opporsi agli Ungari, ma ne uscì sconfitto; ciò provocò un’ulteriore debolezza anche davanti ai nemici interni, che subito gli opposero Ludovico di Provenza, incoronato imperatore. Inaspettatamente, Berengario sconfigge Ludovico di Provenza, espelle i Saraceni dalla loro base nel Garigliano e mette al sicuro Roma: papa Giovanni X lo incoronerà imperatore a inizio del X; pochi anni dopo viene definitivamente sconfitto e succeduto in rapida successione da Rodolfo di Borgogna, Ugo di Provenza e Berengario marchese di Ivrea. Quest’ultimo, appoggiato dal re di Germania Ottone I, nel 950 cinge la corona d’Italia. Berengario sarà però egli stesso causa dei suoi mali, poichè perseguiterà Adelaide, vedova di Lotario, la quale si rifugerà presso Ottone I, il quale la sposerà e scenderà in Italia, sottomettendo Berengario, che conserva il regno solo come vassallo. Nel momento in cui Ottone lascia l’Italia, Berengario tenta di riprendere l’autonomia, ma papa Giovanni XII richiama Ottone I, che sconfigge definitivamente Berengario e cinge prima la corone di re e poi d’imperatore.* *Roma: dopo la morte di Berengario, a Roma divenne padrone incontrastato il fratello di papa Giovanni I, Alberico. Questi decise di lasciare il soglio imperiale vacante, rifiutando anche di incoronare imperatore Ottone I durante la sua prima discesa in Italia. Sarà il figlio di Alberico, diventato papa con il nome di Giovanni XII, a incoronare imperatore Ottone I, il quale poi lo sottopose al giudizio di un sinodo che lo dichiarò decaduto. GERMANIA, OTTONE I, X sec > Ottone I di Sassonia fece in modo che all’interno del regno cominciasse a svilupparsi una coscienza nazionale, con i vari ducati che cominciavano a prendere coscienza del fatto che vari gruppi germanici erano riuniti in un solo regno. Alcune rivolte scoppiano A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA comunque, come quella dei ducati di Lorena, Franconia e Baviera, sostenuta dallo stesso fratello del re, Enrico: Ottone sederà la rivolta e si riappacificherà con il fratello concedendogli la Baviera. Da questa scelta prese spunto per il futuro: ogni volta che potè, Ottone sostituì i funzionari pubblici con membri della propria famiglia. Lo stesso fece anche in campo religioso: si riservò la scelta di abati e vescovi sempre tra i membri della famiglia, diventando il capo assoluto anche della Chiesa tedesca. Dopo aver cinto la corona di imperatore, Ottone rimase in Italia 4 anni per tentare di risollevare le condizioni del papato: dopo aver fatto decadere egli stesso il precedente papa, Giovanni XII, decise che per verificare la correttezza dell’elezione del nuovo papa sarebbe spettato a lui il compito di giudicare l’eletto prima della consacrazione. Ottone si pone il problema della "renovatio imperi", di rinnovare l'impero come ai tempi di Carlo Magno, che adesso è sottoposto ad un disgregamento dei poteri. Ci riesce in parte, grazie all'alleanza con i vescovi: all'interno del territorio crea rapporti feudo vassallatici con i vescovi. Ma perchè sceglie persone del mondo ecclesiastico? 1. Perchè i vescovi non avevano famiglia e quindi il feudo non può essere ereditato e torna al sovrano (anche se nella pratica il celibato non era osservato, ma comunque non c'erano figli legittimi); 2. è una scelta politica che presuppone uno stretto rapporto tra Ottone e i vescovi, in questo modo i poteri non sono nettamente separati, e quindi l'accordo andava necessariamente fatto con persone aristocratiche: i vescovi provenivano da un'elevata classe sociale, la stessa del sovrano. Dopo un breve ritorno in Germania, Ottone scende di nuovo in Italia per 6 anni: fa incoronare prima il figlio Ottone II imperatore, poi intavola le trattative con l’imperatore di oriente per ottenere i territori bizantini in Italia. Con Niceforo non ha successo, ma col il successore Giovanni Zimisce sì: nel 972 riconosce il titolo di imperatore ad Ottone I e acconsente alle nozze tra la figlia Teofano e Ottone II, che avrebbe ricevuto in dote i territori bizanti del sud Italia. Ottone stringerà un accordo anche con il principe Rodolfo di Capua, il quale in questo periodo riuscirà a controllare tutti e tre i principati longobardi (Salerno, Benevento e Capua). OTTONE II > Morto il padre, il titolo passa a lui, ma la situazione gli sfugge subito di mano. Approfittano della morte di Ottone I i ducati tedeschi di Lorena, Svevia e Baviera per rivoltarsi e riprendere l’autonomia: impiega ben 7 anni per sedare la rivolta. In Italia: l’aristocrazia arriva a uccidere il papa filoimperiale Benedetto VI per eleggere Bonifacio VII, i principati longobardi di Benevento e Capua che si erano sottomessi a Ottone I ora hanno ripreso la loro autonomia, i Saraceni avevano ripreso le loro scorrerie in Calabria e bizantini non hanno intenzione di onorare i patti matrimoniali. Nel 980 Ottone II scende a Roma e da lì parte per la Calabria per fermare i Saraceni, ma viene sconfitto. Non fa in tempo a ritentare la sorte che viene preso da morte improvvisa. OTTONE III > Succede a Ottone II il figlio, ancora troppo giovane e quindi sotto la tutela prima della madre Teofano e poi della nonna Adelaide. Nel 996 può raccogliere l’eredità paterna e il suo primo atto imperiale è quello di nominare a pontefice Gregorio V, suo parente, al quale pose come successore un suo maestro di palazzo, che diverrà papa con il nome di Silvestro II: voleva porsi in linea con papa Silvestro I, il quale aveva collaborato con Costantino I ed era stato il destinatario della famosa quanto falsa donazione. Il secondo provvedimento molto ambizioso era quello di sottomettere all’autorità imperiale tutte le potestà terrene: scontento in Germania, poichè il re per seguire il suo progetto non si preoccupava dei problemi del regno; scontento in Italia sia per i grandi feudatari che, abituati a A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA essere indipendenti, non gradivano la presenza fissa del re, sia per l’aristocrazia che si vedeva privata della sua influenza sul papa. Il risultato fu una sollevazione prima dei feudatari italiani, capeggiati dal marchese Arduino d’Ivrea, nel 999; poi una rivolta dei romani nel 1001. Ottone III fu costretto a lasciare l’Italia e poco dopo morì senza eredi. *[Leggenda di papa Silvestro I e Costantino: un giorno Costantino si ammalò di lebbra (non peste, dal latino peius = il peggiore dei mali), una malattia incurabile fino all'età contemporanea con l'invenzione della pennicellina; la malattia non era un fatto a sè stante, ma legato all'anima: ci si ammalava quando si peccava. La medicina era quindi quella di Dio che operava attraverso gli umani: tanto più la malattia è grave, tanto più lo è il peccato. Una tradizione riteneva che la lebbra potesse essere curata con sangue puro, di bambini innocenti. Costantino era ancora pagano: si rivolse ai sacerdoti, i quali gli dissero che l'unica soluzione era fare il bagno nel sangue di 300 bambini uccisi. Mentre Costantino stava dando l'ordine, papa Silvestro lo ferma, gli dice che la sua malattia era il riflesso del suo peccato e poteva guarire solo attraverso un percorso di pentimento: così fu battezzato e guarì.] ENRICO II > Successe a Ottone III il cugino Enrico II. Questi subito abbandonò gli ambiziosi progetti di Ottone III, preferendo concentrarsi sulla Germania, che intanto era alle prese con: lo spirito d’indipendenza dell’aristocrazia, la pressione degli Slavi alle frontiere, la rilassatezza dei costumi di clero e monaci. Riguardo questi ultimi, decise di esercitare un rigido controllo sui vescovi, facendo al contempo ampie concessioni e incoraggiando i movimenti di riforma. L’aristocrazia italiana approfittò dell’assenza di Enrico per eleggere re Arduino d’Ivrea nel 1002: Enrico fu costretto a scendere in Italia e sconfiggerlo. Viene prima incoronato re e poi, nel 1014, imperatore da papa Benedetto VIII, della famiglia dei conti Tuscolo. A Benedetto successe Giovanni XIX, sempre un Tuscolo: ciò dimostrava quanto effettivamente la Germania avesse difficoltà a imporre la propria autorità in Italia. In Italia, era tanto più difficile imporsi a causa del fatto che non esistevano dei grandi principati territoriali, facili da coordinare e controllare. A parte le marche di Friuli e Toscana e il ducato di Spoleto, il regno d’Italia era composto da forze signorili locali fondamentalmente autonome. E questa loro tendenza all’autonomia era dovuta al fatto che per lungo tempo in Italia avevano cercato d’imporsi re e imperatori in rapida successione, in maniera tanto veloce da non riuscire a rendere davvero effettiva la loro autorità sulle varie potestà. Inoltre, la continua attività militare, le continue incursioni saracene e ungare, le continue lotte interne fra feudatari, la crisi demografica, avevano contribuito a far sì che le varie forze signorili locali continuassero a rimanere indipendenti. Ad esempio, ai tempi dell’imperatore Corrado II, a Milano iniziò un contrasto tra feudatari e valvassori poichè questi ultimi rivendicavano il feudo longobardo, cioè divisibile fra gli eredi, a differenza di quello franco. Corrado II decise di intervenire e di approfittarne per ribadire l’autorità imperiale in Lombardia: emanò la Constitutio de feudis in favore dei valvassori. Invece di fermarsi a questo, però, sfidò la sorte decidendo di processare il vescovo Ariberto di Milano: causò una rivolta dei milanesi che costrinsero Corrado a ritornarsene in Germania. Per quanto riguarda il sud Italia, già nel X sec comincia la ripresa economica e demografica, soprattutto in regioni come Campania e Puglia, più urbanizzate. Città come Amalfi, Gaeta, Napoli, Salerno, Bari, Otranto, Taranto e Reggio approfittano indiscriminatamente sia dei collegamenti commerciai con il mondo bizantino che con quello arabo. Cresce, inoltre, la consapevolezza nei A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA luoghi nello stesso momento e negli stessi modi. Forte mutazione del paesaggio, il quale è una fonte muta, non comunica attraverso la parola ma riesce a darci molte informazioni: il suo mutamento vuol dire che sta mutando una società. Il paesaggio medievale tende a restringere gli spazi incolti, boschivi a favore di aree sottoposte a coltura. Il paesaggio muta perchè c'è un aumento di popolazione costante fino al 1300 > necessità di maggiori spazi di coltivazione perchè aumentato anche il fabbisogno alimentare. Già a partire dal X sec, con l’arresto delle devastazioni normanne, ungare e saracene e il miglioramento delle difese, comincia una lenta crescita della popolazione, che porterà alla nascita di nuovi villaggi. Noi non abbiamo dati certi sulla popolazione perchè in questi secoli non esistono i censimenti, nè esistono i registri battesimali. Indizio: fonti fiscali, tasse imposte sulla base di determinati criteri, di solito secondo il sistema focatico (fuoco = nucleo famigliare di 4 persone c.a.). Idea vaga e generica: non è detto che il nucleo fosse di 4 persone, non è detto che il sistema applicato fosse quello focatico, c'erano persone esenti (ecclesiastici), c'erano evasori. Una fonte usata molto è il Domesday book di area Inglese, una sorta di catasto delle terre del regno: grossomodo la popolazione inglese è oscillante intorno ai 6 milioni nel basso medioevo. Cifre del tutto indicative. Questo aumento della popolazione permette anche ai prezzi del mercato di salire, poichè le vendite troveranno uno sbocco più consistente nei villaggi ora ripopolati. A fare le spese di questo stesso ripopolamento furono però le distese boschive e i terreni incolti, parte integrante delle curtis: essendo necessari nuovi campi da coltivare, i proprietari stipularono nuovi contratti con i coltivatori per il dissodamento. Per lo più erano patti verbali, ma già dal X sec cominciano a comparire i primi patti per iscritto in Emilia-Romagna e a Salerno. In più, erano più diffusi tra proprietari ecclesiastici e contadini che tra laici e contadini, questo perchè i primi sono riusciti a conservare più proprietà durante le devastazioni. I laici, comunque, si impegnarono nel ripopolamento di quelle zone rimasta deserte, attirandovi coloni: ciò aumentava anche il numero di uomini sotto la loro giurisdizione. Sorsero così nuovi centri detti villenuove o borghi franchi, nel secondo caso chiamati così perchè ai coloni erano stati rilasciati numerosi privilegi fiscali e giudiziari. Un ruolo importante nell’espansione del campo coltivato lo giocarono anche i nuovi ordini monastici di certosini e cistercensi, nati nel XII: volendo ritrovare lo spirito originale della regola benedettina e rifiutando ogni forma di ricchezza o sfarzo, costruirono i loro monasteri in zone isolate, provvedendo al loro sostentamento con il lavoro nei campi. O meglio, il lavoro fisico veniva lasciato ai conversi, cioè monaci che restavano allo stato laico. Intorno a questi monasteri, poi, sorsero villaggi di contadini, desiderosi della guida e della protezione dei monaci. A partire dall’XI sec si superò anche l’organizzazione delle terre dell’Alto medioevo, consistente fondamentalmente in una serie di terre sparse senza confini precisi. Si iniziò prima di tutto ad accorpare le terre, così da averle tutte in un’unica zona, al centro della quale sorgeva la casa colonica, e poi si chiusero i confini dei campi con siepi e segnali di vario genere. In questo modo era possibile organizzare meglio il lavoro del mezzadro, come verrà chiamato il contadino tenuto da contratto a cedere metà del raccolto al proprietario. SPAGNA > Qui il ripopolamento e la messa a coltura di nuove terre andavano di pari passi con il movimento della Reconquista dei territori occupati dagli arabi nel VIII sec. L’iniziativa fu soprattutto A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA dei principi territoriali, i quali cercarono di attirare coloni nelle zone deserte in cambio di terre e diritti signorili. Tutto ciò che venne ricostruito venne anche subito distrutto nel XII sec, quando i popoli Slavi decisero di sollevarsi e distruggere villaggi, castelli e monasteri. Ma già a partire dal 1143 si cominciò a ricostruire, il ripopolamento favorito anche da un’ondata di immigrazioni dalla Germania, dalla Frisia e dalle Fiandre. Questi moti migratori in terre disabitate erano spinti sia dalla necessità di attenuare la pressione su villaggi troppo popolati che rendeva eccessivo il carico sulle terre coltivate, sia dal desiderio di migliorare le proprie condizioni di vita sottraendosi al potere dei signori fondiari. È ciò che accadde principalmente in Germania: all’inizio si tentò di riportare in patria i fuggiaschi, ma ben presto si cominciò a capire che si doveva scendere a patti con le popolazioni rurali, concedendo loro più diritti e autonomia. Dovunque, si diffuse la tendenza a ridurre la riserva padronale e a estendere l’area a diretta gestione dei coltivatori, riducendo anche il numero di prestazioni d’opera. Alcuni imprenditori agricoli più intraprendenti decisero di prendere in gestione intere curtes per accrescere la loro produzione, dal momento che il mercato rifiorito lo permetteva. Furono sviluppate anche nuove tecniche e strumenti agricoli, come: aratro pesante trainato da cavalli, collare rigido per gli animali da traino al posto della bardatura, ferratura degli zoccoli, rotazione triennale che permetteva una produzione diversificata che a sua volta non impoveriva troppo il terreno. Si svilupparono due modelli di agricoltura diversi in base al clima: in Europa centro-sett abbiamo la rotazione triennale, aratro pesante e campi aperti dove potevano pascolare gli animali di tutto il villaggio durante il maggese; in Europa meridionale abbiamo la rotazione biennale, aratro leggero e campi chiusi. 12. LA RIPRESA DEL COMMERCIO E DELLE MANIFATTURE Nonostante i progressi nell’agricoltura tra X e XIII sec, i traffici commerciali con l’esterno non si erano mai fermati, poichè curtes e villaggi non erano in grado produrre tutto da sè. Le città più attive in campo commerciale, soprattutto per quanto riguarda i traffici con bizantini e arabi, erano Amalfi, Gaeta, Salerno, Napoli e Bari (nell’XI furono in grado di battere la concorrenza dei veneziani sul Mediterraneo), ma i più intraprendenti erano i veneziani, i quali assicuravano il collegamento fra Alessandria d’Egitto e Costantinopoli; si aggiunsero poi i genovesi (attivi nelle rotte tra Mediterraneo e mare del Nord attraverso lo stretto di Gibilterra e le coste atlantiche), pisani, francesi e catalani. Bisogna anche aggiungere che gli Ebrei svolsero un ruolo importante come intermediari intercontinentali poichè si muovevano liberamente dalla Germania all’Estremo Oriente, insediandosi nelle direttrici di maggior traffico commerciale (Magonza, Capua, Praga, ecc): importavano in occidente beni di lusso e in oriente schiavi, pelli e armi. X sec > Assistiamo a due fenomeni: l’ampliarsi del ceto dei mercanti di professione e la crescita delle fiere non più a livello locale, ma internazionale, come quelle di Champagne, Saint-Denis, Arles, Colonia, Pavia: queste fiere si tenevano in località vicinissime una dopo l’altra, andando a costituire un mercato generale tutto l’anno; inoltre, grazie alla lungimiranza dei conti di Champagne, ai mercanti venivano garantiti privilegi fiscali, scorte armate e sigilli di fiera per convalidare i contratti, sistema della compensazione (alla fine della fiera di calcolavano crediti e debiti di un mercante, il saldo veniva pagato al successivo raduno). Inoltre, vediamo l’intensificarsi dei rapporti commerciali fra l’area A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA mediterranea, a sua volta divisa in tre settori (quello bizantino facente capo a Costantinopoli, quello musulmano, quello dell’occidente cristiano: tutti collegati tramite rotte costiere e d’alto mare facenti capo a Cipro, Creta e Sicilia), e l’area nordica, divisa in settore atlantico (Irlanda, Inghilterra, Spagna e Bretagna) e settore formato dal mar baltico, mare del nord e canale della manica. MIGLIORAMENTI DEI TRASPORTI > Furono introdotte nuove tecniche che contribuivano a rendere più sicuri i viaggi marittimi, come l’introduzione della bussola nel XII, poi i portolani nel XIII e poco dopo le carte nautiche. Si cominciarono a costruire navi sempre più grandi, sicure e manovrabili. Per quanto riguarda i traffici via terra: introduzione dei carri a due e quattro ruote, rete viaria sempre più fitta che permetteva di abbreviare i viaggi (il più importante asse viario era quello nord-Sud che dall’Italia, passando per le Alpi e la pianura francese, arrivava nelle Fiandre). MERCI DEL COMMERCIO > Oltre ai beni di lusso vari, principalmente venivano esportati generi alimentari: dall’Italia meridionale, dalla Dalmazia e da alcune zone del mar Nero veniva esportato grano verso Genova, Venezia e Pisa (l’esportazione del grando del Mezzogiorno sarà uno degli elementi delle varie lotte politiche a causa dei pesanti dazi). A lottare per il controllo della produzione del sale, importantissimo per la conservazione di carne e pesce, prodotto in Sicilia, Sardegna e Baleari, erano Venezia, Genova e Pisa. Francia e Italia mer, Grecia, Rodi e Cipro esportavano vino in gran quantità. Intensa la circolazione su lunghe distanze di materie prime per l’industria tessile, come materie tintorie e allume (fissatore), e tessuti. Merci erano anche gli schiavi, venduti e comprati in mercati dell’Europa centrale, Spagna, Asia minore e Africa sett. MERCANTE > Anche il ruolo del mercante si è evoluto: non si parla più di un piccolo mercante avventuroso che trasporta poche merci per strade disagevoli, ma di mercanti che devono essere in grado di affrontare i rischi di briganti e pirati e saper avvalersi di strumenti più sofisticati. Uno di questo strumenti era la lettera di cambio: era una lettera che il debitore scriveva a un suo delegato operante in una città diversa con l’ordine di pagare per suo nome il creditore; in questo modo si evitavano scomodi cambi di valuta e si riduceva l’uso della moneta. I mercanti, poi, di rado intraprendevano traffici in proprio, impiegando tutte le proprie risorse: più mercanti si riunivano in una società, detta commenda, mediante la quale il mercante in procinto di partire, detto commendatore, raccoglieva le somme dei finanziatori e, al termine del viaggio, gli utili sarebbero stati divisi fra i membri della società in base alla quota versata. Successivamente la commenda venne sostituita dal contratto di compagnia: la società non si scioglieva dopo un solo viaggio, ma valeva per un determinato numero di viaggi. Ben presto, entrarono in questa società anche privati risparmatori, i quali depositavano una quota in cambio o della partecipazione agli utili o di un interesse fisso. Le compagnie finirono per svolgere un’attività bancaria, accettando depositi e fornendo prestiti, che talvolta assumevano dimensioni enormi e non potevano essere restituiti, come quelli concessi ai sovrani, ma nei loro confronti non si aveva un interesse a lucrare, quanto ad ottenere privilegi commerciali. MONETE > Nel XII sec ormai si erano arrogati il diritto di battere moneta sia laici che ecclesiastici in città disparate, andando a creare una situazione di squilibrio sia per il peso che per il valore delle monete prodotte; inoltre, battevano solo monete d’argento, che andavano bene per il commercio locale, ma per quello estero erano necessarie monete d’oro, come quelle arabe e bizantine. L’Europa cristiana aveva bisogno di dotarsi di una moneta stabile per i traffici sia a livello locale che estero: A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA pastorali, sottraevano beni alle chiese, creavano vaste clientele intorno a sè alla maniera dei signori, non rispettavano il celibato, danno in feudo a figli illeggittimi terre sottratte al patrimonio ecclesiastico. Vi è la diffusione della simonia: membri del clero accettano somme di denaro dai laici che aspirano alle cariche ecclesiastiche. Ma il clero rivestiva un ruolo importante anche nell’ambito politico, quindi tutte queste manchevolezze non erano accettabili: era necessaria una riforma della chiesa. CLUNY > La riforma parte dai monasteri, in particolare quello di Cluny, in Borgogna, fondato da duca Guglielmo d’Aquitania e dall’abate Bernone. Se prima la regola benedettina prevedeva che i monasteri fossero indipendenti sotto la guida del loro abate, ora si sperimenta un nuovo tipo di organizzazione: più monasteri sotto la guida di un unico abate, in questo caso quello di Cluny, con le comunità locali rette da priori. In questo modo si dà un’uniformità di governo e maggiore resistenza agli eventi esterni. Cluny, come Montecassino, godeva poi un’immunità particolare: faceva capo direttamente al papato. I cluniacensi stabilirono anche che i monaci dovessero dedicarsi solo alla preghiera, allo studio e alle opere di misericordia: il lavoro manuale fu interamente affidato a servi e coloni. NUOVI ORDINI MONASTICI > Il modello di Cluny non coincideva però con quegli ordini monastici desiderosi di solitudine e del recupero delle origini della regola benedettina. In opposizione ai cluniacensi nacquero quindi ordini monastici come quelli dei Camaldoli con Romualdo di Ravenna, Vallambrosiani con Giovanni Gualberto, Certosini con Bruno di Colonia, Cistercensi a Citeaux con Bernardo di Chiaravalle. Questi ordini, a differenza dei cluniacensi, desideravano rimanere sotto l’autorità dei vescovi, che quindi ne favorivano la diffusione. COMUNITA’ DI CANONICI REGOLARI > Queste nuove comunità nascono durante l’attività riformatrice della chiesa per tentare di combattere il concubinato, ripristinando la vita in comunità. Nel XI diventano un vero e proprio movimento canonicale. Non vanno confuse con le comunità monastiche, poichè i monaci sono dediti solo alla vita contemplativa e non sempre diventano chierici. I canonici regolari, invece, viveano in comunità per imitare gli apostoli e prepararsi al meglio al sacerdozio. A queste comunità si opposero di Patarini, seguaci di Araldo, un diacono delle campagne: entravano nelle chiese e rimuovevano violentemente i simoniaci. Il problema è di natura teologica: se il sacramento è impartito da un simoniaco, quel sacramento è valido? Il problema fu superato da Pier Damiani, un monaco: il sacramento era valido a prescindere da chi lo impartiva, perchè la persona diventava strumento di Dio nel momento in cui impartiva un sacramento. I patarini vengono scomunicati dal vescovo Guido di Velate, ma non si arresero: allargarono le accuse anche ai preti simoniaci, includendovi anche il vescovo. ENRICO III E LA RIFORMA > Così come tutti gli imperatori tedeschi, era interessato alle evoluzioni della chiesa, poichè sempre stata sostegno fondamentale del potere imperiale. Decise di appoggiare la riforma della chiesa avviata da Cluny e poi, volgendosi a Roma, decise di intervenire di persona: qui la crisi dell’artistocrazia l’aveva portata ad eleggere ben tre papi contemporaneamente, che Enrico III depose, eleggendo il suo candidato Clemente II e poi emanando leggi contro i simoniaci. Gli intellettuali però non sono contenti della scelta dell’imperatore e cominciano a diffondere l’idea che finchè i laici, compreso l’imperatore, avessero continuato a intervenire nelle scelte della chiesa non si sarebbe mai potuti arrivare a una vera riforma. L’idea venne accolta dal futuro papa Leone IX che, A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA seppur eletto da Enrico III, decise di farsi eleggere regolarmente anche dal clero e dal popolo. Sempre Leone IX, raccolse intorno a sè i maggiori intellettuali impegnati nella riforma, ribadì la condanna di simonia e concubinato, iniziò ad elaborare la teoria del primato del papa sulla chiesa universale. La sua opera fu bloccata da uno scontro con i Normanni: egli stesso si mise a capo dell’esercito che li combattè a Civitate, nel 1053, ma fu sconfitto e fatto prigioniero fino a quando non riconobbe le conquiste dei Normanni, che in cambio gli promettevano sostegno militare e politico. ENRICO IV > Morto Enrico III, gli successe il figlio Enrico IV, sotto la tutela della madre Agnese. Approfitta subito della sua debolezza il papato, che con Niccolò II e poi Alessandro II, si occupa di una serie di interventi. Prima di tutto Niccolò II stabilizza il rapporto con i Normanni: nel 1059 stipula l’accordo di Melfi con cui il capo dei normanni Roberto il Guiscardo diventa vassallo della chiesa di Roma con il titolo di duca di Puglia e Calabria. Nello stesso anno convocò un concilio in Laterano dove si decise che: l’elezione papale sarebbe stata riservata al collegio di cardinali, viene rinnovato il celibato e viene vietato agli ecclesiastici di ricevere chiese dai laici, anche a titolo gratuito. Altri due concili sempre in Laterano decidono per la definitiva condanna della simonia, la deposizione dei vescovi simoniaci, la validità dei sacramenti da loro amministrati purchè non vi siano state somme di denaro versate. LOTTA PER LE INVESTITURE > Nel frattempo diventa papa Gregorio VII, il quale dà fondamentalmente inizio alla lotta per le investiture tra papato e impero, poichè sostiene la supremazia del papa non solo sulla chiesa universale, ma anche sull’imperatore: il papa può addirittura decidere di deporre l’imperatore. Si affacciava l’idea di una monarchia universale incentrata sul papa, al quale sarebbero stati attribuiti i poteri sia temporali che spirituali. Enrico IV decise quindi di convocare, nel 1076 a Worms, una dieta di nobili ed ecclesiastici dove venne scomunicato il papa. Gregorio VII scomunicò a sua volta i vescovi che avevano partecipato alla dieta ed Enrico IV, sciogliendo i suoi sudditi dal legame di fedeltà. A quel punto l’aristocrazia tedesca si rivoltò contro Enrico IV, imponendogli di chiedere perdono al papa e, per l’occasione, fu convocata nel 1077 una dieta ad Augusta. Gregorio VII si mise in marcia per raggiungere la città tedesca e si fermò a Canossa, ospite della fedele alleata Matilde. L’imperatore, ritenendo troppo umiliante il dover chiedere perdono di fronte a un’assemblea, lasciò segretamente la Germania per raggiungere Canossa: dopo esser rimasto nella neve tre giorni, a piedi nudi e in abiti da penitente, Gregorio VII cede e lo perdona. Questo però offrì a Enrico solo il tempo di battere i suoi oppositori tedeschi e volgersi di nuovo contro il papa che, nel 1088, gli rinnovò la scomunica. Enrico però non si arrese e convocò due concili: a Magonza fece deporre Gregorio VII e a Bressanone elesse papa Clemente III. Poi, nel 1081 scese in Italia e assediò Roma, prendendo la città nel 1084, mentre Gregorio si rifiugiava a Castel sant’Angelo. Enrico fa consacrare Clemente III e si fa incoronare imperatore. Intanto, i normanni arrivano per salvare Gregorio VII e scortarlo a Salerno, approfittandone per saccheggiare Roma. URBANO II > Succedono a Gregorio VII papa Vittore III e papa Urbano II. Quest’ultimo decide di cercare un collegamento più stretto con l’episcopato: quest’orientamento porta i vescovi di Germania e Lombardia, schierati con Enrico IV e l’antipapa Clemente III, a rivoltarsi e riconoscere l’autorità di Urbano II. Fu particolarmente attivo in Italia meridionale: ad esempio a Salerno, quando l’arcivescovo Alfano II accusa il duca longobardo Ruggero Borsa di aver investito una chiesa, Urbano II risponde A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA che questa consuetudine longonbarda è cattiva e inoltre vietata dagli ultimi ordinamenti ecclesiastici, i quali stabiliscono che i laici non possono investire le chiese o tenerle in loro potere. Tentò anche la riconciliazione con la Chiesa greca: stabilì che chi aveva partecipato alle deplorevoli lotte fratricide tra i cristiani doveva recarsi in Terrasanta in pellegrinaggio per purificarsi, cogliendo l’occasione anche per offrire aiuto alla chiesa orientale, minacciata dagli infedeli. Le parole del papa ebbero una vasta risonanza all’interno del popolo e l’aristocrazia: Enrico IV e Clemente III finirono ancora più a margine. PASQUALE II > Successore di Urbano II è papa Pasquale II e successore di Enrico IV è l’imperatore Enrico V. Pasquale II prende una decisione che sconvolge l’intero ordine ecclesiastico: la chiesa avrebbe rinunciato a tutte le proprietà donate dallo stato per non essere più soggetta al potere politico. Per l’occasione, nel 1111 firma con Enrico V un accordo a Viterbo. Tutto questo suscita l’opposizione, ma ormai il papa è in balia dell’imperatore il quale costringe il papa ad incoronarlo e a concedergli l’autorità di eleggere e investire i vescovi. Nel 1112 un concilio sconfessò il papa, dichiarò annullata la concessione estorta con la forza e nel 1116 scomunicò Enrico V. CALLISTO II > Salì al trono pontificio Callisto II, il quale nel 1122 stipula il concordato di Worms: gli abati sarebbero stati eletti dalle comunità monastiche, i vescovi eletti dal clero e dal popolo della diocesi. L’imperatore poteva intervenire solo in un secondo momento, previo giuramento di fedeltà, per investire l’eletto dei poteri temporali. L’imperatore poteva assistere all’elezione e intervenire in caso di dissenso tra gli eletteri, inoltre poteva decidere di non investire l’eletto dei poteri temporali se non di suo gradimento; questo funzionava come un veto e gli elettori finivano per scegliere qualcuno che sarebbe stato gradito dall’imperatore. Infine, questo concordato valeva solo per Enrico V, non per i successori. Il concordato fu accettato durante il concilio lateranense del 1123. LEGAZIONE > Uno strumento usato dalla chiesa per inserirsi sempre più all’interno di questioni politiche era quello della legazione: inizialmente inviava temporaneamente dei legati presso sovrani o enti ecclesiastici per risolvere questioni particolari; successivamente questi legati divennero permanenti e finirono per sostituirsi ai funzionari pubblici come punto di riferimento per le questioni sia spirituali che politiche. Tra XII e XIII sec il papato ha una supremazia diretta sugli stati sia in ambito spirituale che temporale. 15. RINASCITA CULTURALE E NUOVE ESPERIENZE RELIGIOSE RINASCITA DEL XII SEC > L’Europa occidentale dal XI appariva in piena fioritura culturale, ma è nel XII che ha una forte accelerazione, per questo si parla di “rinascita del XII”. Fervidi centri di vita intellettuale furono le cattedrali, che avevano il vantaggio di essere pienamente inserite nelle città. Scuole cattedrali di Orleans, Chartres, Reims, Laon e Parigi divennero polo di attrazione per studenti da Germania, Inghilterra e Italia. Mancavano però veri programmi di studio e rilascio di un titolo a fine percorso: verranno introdotti più tardi con la nascita delle università. All’inizio le università erano semplici associazioni di studenti e insegnanti, quasi simili alle corporazioni. Successivamente si cercò di ricevere il riconoscimento da parte dell’autorità civile e A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA tra i borghesi. Successivamente, con il ceto borghese che andava a superare di numero quello aristocratico, tra XII e XIII si nota una chiusura per quanto riguarda l’accesso alla carica di consoli per i borghesi. Ad affiancare il Collegio dei consoli vi era l’Arengo, cioè l’assemblea cittadina; quest’ultima verrà poi sostituita da un Consiglio maggiore e uno minore che affiancava il collegio dei consoli nelle decisioni. In ogni caso, che le elezioni avvenissero per acclamazione o tramite una votazione dei consigli, era sempre votata a favorire il predominio delle famigle dominanti. Il rapporto tra consoli e vescovi era ambiguo: all’interno del comune il loro potere giurisdizionale venne ridimensionato di molto, ma al di fuori veniva difeso strenuamente. Inoltre, a partire dal XII sec mercanti e artigiani fecero pressioni sui comuni affinchè facessero pressione sul contado, sottomettendo i proprietari feudari del comune e dei dintorni, così da favorire la libera circolazione delle merci. Uno dei primi comuni ad agire in questo senso fu quello di Milano. FEDERICO BARBAROSSA > Dopo Enrico V l’impero si divise: i principi tedeschi rifiutarono il legittimo erede della casata sveva, per eleggerne uno della casa di Baviera; alla seguente successione fecero il contrario, eleggendo lo svevo Corrado III. Vediamo una Germania divisa fra ghibellini (filo-svevi) e guelfi (filo-bavaresi). La situazione si sbloccò solo nel 1152, quando Corrado raccomandò come suo successero Federico poi detto Barbarossa, uno svevo con madre bavarese. Federico sposta il corpo del fondatore dell'impero così simbolicamente poteva riallacciarvisi: fa canonizzare Carlo Magno, santo per la diocesi di Aquisgrana, gesto simbolico per affermare la santità dell'impero ed esaltare sè stesso. Progetto di Federico era proprio quello di riunificare l’impero e trovare una nuova intesa con la chiesa romana: promettendo prestigio e potenza alla Chiesa, in cambio ottenne la promesse di un’incoronazione a imperatore a Roma. Prima di scendere in Italia, nel 1153 indice una dieta, un'assemblea di aristocratici ed ecclesiastici, a Costanza, dove arrivano due rappresentanti della città di Lodi (Lombardia), rappresentanti del comune di Lodi: chiedono a Federico di scendere in Italia e combattere contro il comune di Milano, il quale era diventato fortissimo e cercava di estendere il suo controllo sui comuni più piccoli. Si volse quindi verso l’Italia, dove la nascita dei comuni indipendenti andava totalmente contro i suoi progetti: installare legami feudali in tutta la Germania e l’Italia, rinnovato controllo sulla chiesa tedesca, recupero delle regalie (diritti inalienabili del potere regio). Sceso in Lombardia nel 1154, alla dieta di Roncaglia ricevette gli ambasciatori di Milano, i quali chiesero il riconoscimento dei diritti regi che il comune esercitava da tempo. Federico non solo rifiutò, ma distrusse anche Tortona, alleata dei milanesi. Si diresse poi a Roma, dove prima distrusse il comune che si era formato durante una rivolta e poi si fece incoronare imperatore. Nel 1155 torna in Germania, solo per scendere di nuovo in Italia nel 1158 con un esercito più grande. Instituì subito una nuova dieta a Roncaglia dove dei giuristi gli consegnarono un elenco dei diritti regi, in base alla quale emanò la Costituzione sulle regalie e questi provvedimenti: i comuni potevano godere dei diritti regii a patto di versare un tributo annuo e riconoscessero all’impero la fonte di tutti i poteri; con la costituzione della pace vietò le leghe tra le città e le guerre private; rivendicò il diritto regio sui distretti pubblici e obbligò le signorie al vassallaggio; funzionari imperiali furono sparsi ovunque per controllare i comuni e ricevere l’omaggio vassallatico. A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA Tutto ciò suscitò l’opposizione dei comuni lombardi e veneti e del papa Alessandro III. Barbarossa reagì eleggendo l’antipapa Vittore IV e radendo al suolo Milano. I comuni però non si arrendono, formano la Lega veronese e la Lega cremonese, che poi si uniranno nella Lega Lombarda; a esse si unirà Alessandro III, in onore del quale fondarono la città di Alessandria in un punto strategico per tenere a bada conti e marchesi filoimperiali. Barbarossa tentò di abbattere Alessandria, senza riuscirci; contemporaneamente in Germania si rivoltavano i feudatari, capeggiati dal rivale Enrico il Leone, a cui cedette la Baviera senza ottenere una resa. Costretto a ritirarsi in Germania, venne sorpreso dall’esercito della Lega e sconfitto rovinosamente a Legnano. Allora Barbarossa tenta una via diplomatica con il papa: si impegna ad abbandonare l’antipapa e a restituire alla chiesa romana terre e regalie, in cambio della convalida degli atti ecclesiastici presi in Germania durante lo scisma e una mediazione con i comuni. La Lega però non apprezza il voltafaccia del papa e rifiuta la mediazione; si riuscì ad ottenere solo una tregua di 6 anni, durante i quali Barbarossa può dedicarsi alla Germania. Dopo 6 anni, a Costanza, si arriva a un compromesso: tutti i poteri pubblici derivano dall’imperatore, ma i comuni possono continuare a godere delle regalie; i consoli verranno eletti ogni 5 anni dall’imperatore. Le concessioni fatte a Costanza valevano in realtà solo per i comuni della Lega, ma vennero considerate valide anche per tutti gli altri. Dopo la morte di Barbarossa e del figlio Enrico VI, poi, l’autorità imperiale andò in crisi e i comuni ne approfittarono per avviare una sistematica sottomissione del contado, estromettere i vescovi dalla giurisdizione civile, emanare codici di leggi comunali. Inoltre, sorsero quelli che sono detti Comuni rurali, cioè città formate da ceti rurali impegnati a strappare ai signori fondiari migliori condizioni di lavoro e più libertà. Contrasti interni, però, sorsero tra ceto aristocratico e ceto borghese, poichè i nuovi ricchi non accettavano più che il potere dirigente restasse solo nelle mani degli aristocratici: si risolse eleggendo al posto dei consoli un podestà esterno, in grado di rimanere oggettivo di fronte ai contrasti interni. Il podestà riuscì a fare da mediatore fino al 200, quando la situazione esplose incontrollabile. Da una parte abbiamo il ceto dei nobili, alle prese anche con contrasti interni: dal momento che le famiglie nobili tendevano a circondarsi di vaste clientele fino a formare dei clan e questi clan a loro volta formavano delle federazioni, nel momento in cui queste si dividono in partiti guelfi (filopapale) e ghibellini (filoimperiali) si arrivava a lotte interne al ceto nobile. Dall’altra parte abbiamo il ceto borghese tenuto insieme solo dalla necessità di una lotta contro i nobili, dal momento che le stesse corporazioni non erano solidali tra loro, avendo forze economiche e di pressione differenti in base alla loro categoria. FUORIUSCITISMO > Le lotte interne tra guelfi e ghibellini portarono al fenomeno del fuoriuscitismo: chi perdeva veniva esiliato dalla città. Ciò non vuol dire che i perdenti si arrendevano: si alleavano con comuni rivali e partigiani interni per rientrare in città e scacciare i nemici. Inoltre, per quanto riguarda il popolo: affiancarono un nuovo organo a quello del consiglio comunale, la Società del popolo; le decisioni dovevano passare per entrambi gli organi. Vennero eletti poi dei capi del popolo, gli anziani che formavano il Priorato delle arti, che andavano ad affiancare il potestà. Venne poi eletto un capitano del popolo, a cui il potestà doveva cedere i poteri militari. La pace pubblica non ci guadagnò: le classi inferiori non vennero favorite e finirono per allearsi con i nobili, gli atteggiamenti punitivi e le leggi antimagnanime contro gli aristocratici andavano a privare il popolo A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA dell’apporto militare che solo loro potevano fornire, l’intenso sfruttamento economico dei contadini da parte dei borghesi portarono a varie rivolte. Venne inoltre deciso per l’affrancazione dei servi della gleba: lo scopo era quello di creare più contribuenti, vincolandoli alle zone rurali, le uniche sottoposte al fisco. 17. LA DIFFUSIONE DEI RAPPORTI FEUDALI E LE CROCIATE NORMANNI IN FRANCIA – INGHILTERRA > Nel XII furono protagonisti della diffusione dei rapporti feudo-vassallatici i cavalieri provenienti dal ducato di Normandia: sulle tradizioni dell’antico vassallaggio franco si innestarono il vigore militare e le tradizioni di fedeltà dei vichinghi, i quali affidarono ai feudatari le funzioni militari e ai visconti normanni le funzioni civili. Dopo il mille, i successori di Rollone cominciarono ad essere attratti dall’Inghilterra: re Canuto II il Grande creò un vasto impero intorno al Baltico, comprendente la Danimarca, la Norvegia e l’Inghilterra. Alla sua morte, però, con re Edoardo il Confessore l’Inghilterra recupera l’indipendenza. Alla sua morte gli successe il cognato Aroldo II, contro cui si levò Guglielmo duca di Normandia, accampando diritti al trono in quanto nipote di Edoardo il Confessore: sconfigge Aroldo ad Hastings nel 1066. GUGLIELMO IL CONQUISTATORE > L’Inghilterra ora andava legandosi strettamente alla Francia: il re inglese era anche duca di Normandia, quindi vassallo del re francese nonostante fosse più potente di lui. In Inghilterra, Guglielmo lasciò intatta la divisione in contee, al capo delle quali pose degli sceriffi. I cavalieri venuti dalla Normandia erano sottoposti a vassallaggio con obblighi nei confronti del re ben precisi. Per l’amministrazione delle finanze fu creata la Camera dello scacchiere, davanti alla quale si riunivano gli sceriffi due volte l’anno per versare le imposte riscosse nelle contee, e il Damesday Book, un catasto del regno che consentiva di controllare meglio territorio e riscossione delle imposte. ENRICO II PLANTAGENETA > La potenza dell’Inghilterra crebbe ancora di più nel XII con Enrico II della famiglia francese dei Plantageneti. Operò per rafforzare il suo dominio, facendo continue pressioni sulla Francia, alla quale alla fine strappò anche la Bretagna. Operò anche per rendere sempre più efficienti i tribunali regi, ai quali sottopose anche gli ecclesiastici con le Costituzioni di Clarendon del 1166. I NORMANNI IN ITALIA > I Normanni non arrivarono in Italia come un esercito di conquistatori, ma a piccoli gruppi, con l’intenzione di fare fortuna o di mettersi al servizio delle forze locali come mercenari. Il loro inserimento in Italia meridionale fu favorito dal clima di particolarismo politico che vi trovarono: Campania divisa in principati lombardi di Benevento, Salerno e Capua e ducati bizantini di Gaeta, Napoli, Sorrento e Amalfi; Puglia, Basilicita e parte della Calabria bizantine; Sicilia musulmana. Tutte queste formazioni politiche erano in perenne lotta tra di loro. Nel X sec il principe longobardo di Capua, Pandolfo I Capoferro, aveva provato a riunire i principati lombardi e ci riusciì anche, legandosi ad Ottone I che gli concesse in feudo anche Spoleto e Camerino, ma tutto si dissolse dopo la sua morte: Benevento e Salerno ne cacciarono gli eredi e ripresero l’indipendenza. I Normanni cominciarono a inserirsi nella scena politica locale come mercenari quando nel 999, di ritorno da un pellegrinaggio in Terrasanta, furono chiamati in aiuto dal principe di Salerno, impegnata A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA Compostela. Nel Medioevo la religione permeava la vita dell’uomo in una misura che noi abbiamo difficoltà a comprendere: questo spiega come il fermento religioso abbia spinto pellegrini disorganizzati e in condizioni ambientali ostili a superare gravi difficoltà. Ne fu un esempio la Crociata dei poveri, 1095, organizzata da Pietro l’Eremita: un gruppo formato da contadini disarmati si era messo in marcia in direzione della Terra Santa, saccheggiando e depredando ciò che trovavano lungo il viaggio, soprattutto ebrei; suscitarono la reazione violenta di vescovi e signori locali, ma nonostante ciò arrivarono in Terrasanta, in attesa della crociata ufficiale. Quest’ultima iniziò nel 1096, spinta da un Urbano II preoccupato da quelle crociate di fanatici che sconvolgevano l’ordine sociale e si sottraevano a qualsiasi controllo. La spedizione si ferma a Costantinopoli, dove l’imperatore Alessio Comneno offre armi e viveri in cambio della restituzione dei territori appartenuti in precedenza all’impero e l’autorità sulle nuove terre eventualmente conquistate durante la spedizione. I crociati partirono di nuovo nel 1097, arrivando a conquistare Gerusalemme nel 1099, massacrando quasi totalmente la comunità musulmana ed ebraica. STATI CROCIATI > La conquista di Gerusalemme porta alla formazione del Regno di Gerusalemme, affidato a Goffredo di Buglione. Man mano che venivano conquistati centri importanti, venivano dati in feudo da Gerusalemme: Edessa a Baldovino di Fiandra, Antiochia a Boemondo di Taranto. Baldovino decise poi di assumere il titolo di re di Edessa, completando la conquista del titolare; il suo potere era sostenuto da quei crociati che avevano rinunciato a tornare a casa per stabilirsi nel nuovo dominio. Dal momento che le fila dell’esercito di crociati andavano assottigliandosi sempre di più, poichè decidevano di stabilirsi nei nuovi territori, nella continuazione delle crociate fu fondamentale l’aiuto degli ordini monastico-militari (Cavalieri di Malta, Templari, Cavalieri teutonici) e delle Repubbliche marinare, che ottenere ampi privilegi commerciali dagli Stati crociati. Nel momento in cui gli occidentali tornano a controllare quei territori, c'è anche un aumento dei pellegrinaggi, quindi aumenta il flusso di persone che si dirige verso Gerusalemme. Questo è il motivo per cui cominciano ad apparire alcuni gruppi di persone la cui attività è rivolta o alla cura o alla difesa dei pellegrini: il primo ordine fu quello degli Ospedalieri (attuale Ordine di Malta > lasciarono Gerusalemme e andarono a Rodi, [ordine di Rodi] fino a quando non furono cacciati dai turchi, si spostarono quindi a Malta, nell'area della Valletta > unico ordine sopravvissuto), detti anche Cavalieri di Giovanni di Gerusalemme, 1113, il più antico, non si sa chi lo abbia fondato di preciso. Gli amalfitani sostengono sia stato Geraldo Sasso, dal momento che l'ordine laico che si sviluppa attorno a una chiesa amalfitana a Gerusalemme. Si chiamano ospedialieri perchè la loro vocazione è quella di assistere e curare i pellegrini: alloggio, cibo, acqua. A distanza di qualche tempo, 1120, ordine dei Cavalieri del Tempio (i Templari), i quali avevano posto la loro residenza dove sorgeva il Tempio di Salomone: laici, la loro vocazione è di difesa dei pellegrini. La chiesa ha necessità di regolamentare questi nuovi ordini: adotta una regola mista, molto vicina alla regola degli eremitani di Sant'Agostino (o regola Agostiniana); il papato prescrive anche che all'interno dell'ordine ci siano dei sacerdoti. Quando si entrava nell'ordine si pronunciavano i voti monastici: castità - obbedienza - povertà, ma non erano comunque degli ordini monastici, erano ordini religioso-militari. RISCOSSA DEI MUSULMANI > Nel XII comincia la reazione dei musulmani, che sotto la guida dell’emiro Imad al-Din Zinki, conquistarono Edessa nel 1144. Bernardo Chiaravalle organizzò allora A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA una nuova crociata, coinvolgendo anche l’imperatore tedesco Corrado III, il re di Francia Luigi VII e il re di Sicilia Ruggero II: fu un fallimento, i sovrani perseguivano obiettivi propri, non quello della crociata. La piena riscossa musulmana arrivò solo nel 1187, quando il sultano conosciuto in Occidente come il Saladino, sconfisse i franchi e conquistò Gerusalemme. La gravità dell’evento porta a una reazione più forte: viene organizzata una nuova crociata con l’imperatore tedesco Federico Barbarossa, il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone e il re di Francia Filippo Augusto; nuovo fallimento. Ormai la crociata era diventata un nuovo strumento nel gioco politico. INNOCENZO III > Erede di Barbarossa era Enrico VI, il quale aveva sposato Costanza d’Altavilla, erede dell’ultimo re di Sicilia Guglielmo II. Ciò garantiva a Enrico VI il dominio sul regno normanno: si levò contro di lui Tancredi di Lecce, figlio illegittimo di Guglielmo II, ma venne sconfitto. Prestano omaggio feudale a Enrico VI anche il Regno di Cipro e il Regno musulmano di Gerusalemme. Enrico VI muore improvvisamente: a causa di questo i cristiani in Terrasanta non erano capaci di sfruttare autonomamente il vantaggio dato dalla morte del Saladino che aveva causato la frantumazione del regno. Prende in mano la situazione il nuovo papa Innocenzo III che indice una nuova crociata con duplice obiettivo: riprendere Gerusalemme e sottomettere alla sovranità pontificia la chiesa orientale. D’altra parte, l’impero bizantino era in profonda crisi: lacerato all’interno dal crescente potere dell’aristocrazia fondiara; pressato dall’esterno da Slavi, barbari delle steppe, normanni, francesi e musulmani; economia danneggiata dalla predomio dell’occidente, soprattutto da parte di Venezia. In questa quarta crociata i veneziani rivestono un ruolo chiave: prima di tutto è il doge di Venezia Enrico Dandolo a offrire il viaggio gratis con le navi ai crociati, in cambio di una sosta a Zara per riprenderne il possesso. Dopo Zara li convince a fermarsi anche a Costantinopoli: c’era un pretendente al trono imperiale, Alessio, che prometteva lauti compensi, partecipazione alla crociata e unione delle due chiese sotto l’egemonia papale. Allora i crociati conquistano Costantinopoli, ma l’imperatore Alessio non è in grado di mantenere le promesse: saranno gli stessi crociati a prendere il controllo diretto sulla città, saccheggiandola orrendamente nel 1204. Cominciò la formazione dell’impero latino d’Oriente, sotto la guida del doge veneziano. Il nuovo impero risultava però formato da una serie di staterelli retti da signori praticamente indipendenti dall’imperatore bizantino; inoltre, il nuovo patriarca di Costantinopoli non era capace d’imporsi, nè tantomeno garantire la riunificazione con la chiesa d’occidente. Nel 1261 a riunire tutti questi staterelli sotto un unico imperatore fu Michele Paleologo che, con l’aiuto di Genova, nel giro di un anno prese la città e diede inizio alla dinastia dei Paleologhi. V CROCIATA > Bandita da Innocenzo III prima di morire: parte nel 1217 guidata dal re Andrea d’Ungheria, ma si conclude poco dopo una serie di inutili operazioni belliche sul Nilo. VI e VII CROCIATA > Bandita dal re di Francia Luigi IX: parte lui stesso per le crociate, ma durante la prima viene fatto prigioniero e rilasciato solo dopo lauto riscatto, la seconda non fa nemmeno in tempo a partire che l’esercito viene falciato dalla peste. Tra la V e la VI crociata ce n’è stata una che andava contro tutti i valori della crociata stessa: nel 1229 Federico II riprende Gerusalemme senza nessun corpo di spedizione. Fa un accordo con il sultano del Cairo Malik al-Kamil, con il quale si sentiva intellettualmente affine: avrebbe riottenuto Gerusalemme in cambio dell’abbattimento delle fortificazioni che la circondavano. La città, ormai indifesa, venne incasa dai turchi nel 1244. Intanto, i Mamelucchi, la casta degli schiavi-guerrieri A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA detenenti il vero potere nel Cairo, uccidono il sultano e tutti i suoi discendenti, nominandone uno loro che si diede alla conquista dei restanti territori cristiani rimasti. 18. LA RIPRESA DELLA LOTTA TRA PAPATO E IMPERO E LE MONARCHIE DELL’EUROPA OCCIDENTALE In Italia, Innocenzo III si occupò di riportare la Sicilia sotto il governo effettivo della chiesa, in quanto la considerava un suo feudo dai tempi della concessione come ducato al Guiscardo. Quindi, alla morte di Costanza, il papa ne approfitta per mettere sul trono di Sicilia il suo pupillo Federico II, figlio di Costanza. Invece, sul trono imperiale farà salire Ottone di Brunswick, capo del partito guelfo. Ottone però tradirà il papa, puntando alla Sicilia: verrà scomunicato e il titolo di imperatore dato allo stesso Federico II. CATARI > A parte le preoccupazioni per musulmani ed eretici, Innocenzo III si preoccupò anche di indire una crociata contro i catari (o albigesi). Tutto cominciò nel 1208, quando un delegato papale venne ucciso dai catari a Tolosa: Innocenzo III indì una crociata contro i catari e Raimondo di Tolosa, alla quale parteciparono cavalieri e feudatari soprattutto dal Nord della Francia. Il risultato furono stragi e saccheggi brutali, nonostante l’invito alla moderazione da parte del papa. Nonostante ciò, Innocenzo non attenuò la sua attività: nel 1215 indì un concilio lateranense per definire una strategia contro l’eresia e l’ultima crociata, prima di morire l’anno dopo. FILIPPO AUGUSTO > Il re di Francia Filippo Augusto, dinastia dei Capetingi, era impegnato a rilanciare l’immagine della monarchia. Prima di tutto si impegnò a indebolire il vassallo inglese, Enrico II, portando dalla sua parte il figlio del re inglese, Riccardo futuro Cuor di Leone. Dopo l’ascesa al trono di Riccardo, parteciperà con Filippo alla terza crociata, durante la quale Riccardo Cuor di Leone si alleerà con Tancredi di Lecce (in lotta con Enrico VI per la successione al trono di Sicilia) e Filippo Augusto deciderà di allearsi con Enrico VI. La sua fu una mossa fortunata, proprio perchè Riccardo caddè prigioniero di Enrico VI e dovette giurargli fedeltà come vassallo. Quando nel 1199 muore Riccardo e poi Enrico IV, lo scenario in Europa cambia: sale al trono inglese Giovanni Senzaterra, di cui Filippo Augusto tentò di sbarazzarsi chiamandolo in giudizio per il ricorso di un vassallo di fronte alla corte di Parigi, ma ovviamente non si presentò. Filippo Augusto lo condannò e ne confiscò i beni, con l’intenzione di partire poi alla conquista dell’Inghilterra nel 1213: dovette fermarsi in seguito alla mossa astuta di Giovanni di dare l’Inghilterra in feudo a Innocenzo III, mettendosi sotto la sua protezione. L’occasione per sconfiggere definitivamente Giovanni Senzaterra venne offerta dalla coalizione che Innocenzo III formò per combattere Ottone di Bruswick, alla quale Filippo Augusto aderì. Tra gli alleati dell’imperatore tedesco vi era anche Giovanni Senzaterra. Nel 1214 in Fiandra Ottone fu sconfitto. Nel 1223 a Chinon Filippo Augusto battè l’esercito anglo-germanico e impose il riconoscimento dei territori da lui conquistati. La sua opera fu continuata da Luigi VIII e poi da Luigi IX, santificato dalla Chiesa per la sua pietà religiosa: ciò contribuì a rafforzare la fedeltà popolare nei Capetingi, che non oscillò nemmeno dopo il fallimento delle due crociate indette da Luigi IX o dopo la sua morte. A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA Federico II, scomunicandolo una seconda volta nel 1239 e sciogliendo i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà. Federico II viene dichiarato decaduto nel 1245 durante il Concilio di Lione. Reagirà tentando di allearsi con gli altri sovrani europei, che però si limitarono a invitare entrambe le parti alla moderazione. Il papa avviò un’intensa campagna diffamatoria contro Federico II e attorno a lui si creò un clima di sospetto. In Italia meridionale e Germania scoppiavano continue rivolte, in Italia settentrionale i comuni ghibellini passarono al partito guelfo. Nel 1249 il figlio Enzo, il prediletto, viene catturato a Bologna e chiuso in carcere, dove morirà. Federico II si spegnerà l’anno successivo. Dopo la morte di Federico II e poco dopo del successore Corrado IV, il trono rimase vacante a lungo, poi fu eletto imperatore Rodolfo d’Asburgo, che non si preoccupò di avere un ruolo attivo in Italia e Germania; in Sicilia raccolse l’eredità il figlio illegittimo di Federico II, Manfredi: prima come tutore di Corradino, figlio di Corrado IV, poi diffondendo la falsa notizia della sua morte, come re nel 1258. Il papato era però deciso a eliminare gli Svevi dalla scena politica: chiamerà in Italia Carlo d’Angiò, fratello di Luigi IX di Francia, che batterà Manfredi a Benevento. Manfredi verrà sepolto e poi disseppellito e il corpo gettato nel fiume Calore di Benevento: l’obiettivo era quello di disfarsi del mito svevo. Manfredi era il marito di Elena d’Epiro, aveva quindi domini albanesi (come Durazzo): quando ci fu la battaglia di Benevento, Elena scappò con i figli per tornare in Epiro, ma fu denunciata e incarcerata. Carlo si impossessò dei suoi territori: ha ora il controllo di buona parte del Mediterraneo. Si rende conto di essere un estraneo nell’ambiente meridionale: restituisce al papato terre e beni sottratti al papato durante il periodo svevo dalla famiglia Lancia, si impegna a versare una tassa annuale al papa e si impegna a difendere il papa, si impegna ad appoggiare la componente guelfa nell’Italia meridionale. RECONQUISTA SPAGNOLA > Il movimento di reconquista si avvia già nel VIII nelle Asturie, regioni montagnose assai povere sulle quali l’emirato di Cordova aveva rinunciato ad imporre il suo controllo diretto. Ma è tra X e XI sec che assume maggiore vigore, quando nel 1031 l’emirato di Cordova si frantuma. Il movimento diventa quasi una crociata, con cavalieri normanni e francesi che giungevano in Spagna per combattere i musulmani. Solo che la politica spagnola era diversa: non puntava a distruggere i musulmani, ma a sottometterli politicamente, permettendogli di conservare i loro beni e professare il loro credo in cambio di un tributo. Nell’XI la Spagna sarà divisa nei regni di Leon, Portogallo, Navarra, Castiglia e Aragona. Il movimento espansivo riprese nel XII: Castiglia si impadronì di Cordova e Siviglia, l’Aragona delle Isole Baleari e Valenza. La reconquista si conclude verso la fine del 200, in sostanza. 19. LE ORIGINI DELLA RUSSIA E L’IMPERO MONGOLO PRINCIPATO DI KIEV > Tra VIII e IX sec i Vichinghi provenienti dalla Scandinavia, attraverso le due vie commerciali che collegavano il Baltico con gli imperi bizantino e arabo, cominciarono a imporsi alle popolazioni locali, prendendo il controllo di Novogord e Kiev, che divennero i loro due principati. I principi di Kiev strinsero rapporti commerciali con Bisanzio nel 944. Impressero un’importante svolta alla cristianità quando il principe Vladmir decise di riunire tutta la popolazione sotto un unico dio: impose il cristianesimo e ricevette egli stesso il battesimo, 989. La chiesa russa fu posta sotto la guida di un metropolita scelto dal patriarca di Costantinopoli. A partire dall’XI il A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA principato di Kiev cominciò a decadere a causa dei continui attacchi alle frontiere da parte dei turchi, del declino delle vie commerciali, delle lotte dinastiche. Se ne avvantaggiarono i principati di Novogord e Mosca. MONGOLI > La prima ondata di mongoli in Russia arrivò nel 1223, guidata Gengis Khan, un guerriero che fu capace di organizzare un popolo di nomadi e pastori militarmente, riunendoli sotto un unico obiettivo e un’unica legge. Tra il 1206 e il 1227 fecero incursioni in Cina, Corea, Afghanistan, Kazakistan, Russia, Mesopotamia e Georgia. Le popolazioni soggette se si sottomettevano ricevevano vantaggi economici, se si rifiutavano venivano distrutte. Quelle sottomesse erano soggette a un’amministrazione rudimentale affidata a funzionari mongoli, che si occupavano anche di trasferire gli artigiani minori in Mongolia per dare l’impulso alle attività locali. La morte di Gengis Khan non porta a un rallentamento dell’espansione mongola: completano la conquista di Cina e Corea, sottomettono la Persia e la Polonia, arrivano perfino in Germania. È qui che intervengono l’imperatore e papa Gregorio IX: prima che potessero bandire una crociata, i mongoli si ritirano. Tentano con l’Egitto, ma vengono fermati dai Mamelucchi. Poco dopo si ritirano anche da Mesopotamia, India e Corea. Il maggiore degli imperi mongoli comprendeva le attuali Cina e Mongolia, il cui sovrano aveva il titolo di Gran Khan. Influenzati dalla popolazione cinese, si convertino gradualmente al buddhismo, nonostante i tentativi di missionari francescani e domenicani inviati da papa Innocenzo IV e re Luigi IX di Francia per convertirli al cristianesimo. Anche i mercanti italiani si diressero alla corte del Gran Khan, spinti dalla prospettiva di poter raggiungere direttamente i centri di produzione di seta e spezie. Tra questi viaggiatori, i primi furono i veneziani Niccolò e Matteo Polo, poi seguiti da Marco Polo, che si guadagnò la fiducia del Gran Khan e potè rimanere a corte per 17 anni, potendo liberamente studiare usi e costumi mongoli. Appunti su ciò che ha osservato verranno raccolti nelle sue memorie, Il Milione. L’ultimo degli imperi delle conquiste mongole fu quello dell’Orda d’oro, un vasto territorio racchiuso tra Urali, Vola, Georgia e Kazakistan. I territori di quest’impero che non erano sotto il diretto controllo del Gran Khan erano governati da principi vassalli che, a parte dei tributi da versare al sovrano, erano autonomi. I russi, comunque, tentarono di ribellarsi al dominio mongolo, ma quando Kiev fu distrutta e il metropolita dovette rifugiarsi a Mosca, il principe Ivan I decise che non potendo contrastarli, vi si sarebbero alleati. Ivan sfrutta l’alleanza per battere i nemici della vicina Vladmir e viene nominato Gran principe, il cui compito era la riscossione dei tributi dovuti all’orda. Nel 1380 si tenta una nuova rivolta contro i mongoli: i russi vengono di nuovo sconfitti e costretti a sottomettersi all’autorità del Gran Khan. 20. L’EUROPA TRA CRISI E TRASFORMAZIONE Agli inizi del 300 in Europa rallenta il processo di crescita: diminuisce il numero di nuovi insediamenti, il dissodamento di boschi, le innovazioni tecnologiche. A causa di ciò, quando si raggiunge il punto di rottura per la crescita della popolazione si cade subito nella carestia, crisi economica, epidemie. Seguì un aumento del tasso di mortalità e un calo della natalità. Le epidemie del 300 raggiungono un livello tanto grave da arrestare il processo di crescita della popolazione: probabilmente perchè a causa della povertà le persone tendevano a rifugiarsi in città, peggiorando le A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA condizioni igieniche e favorendo il dilagare delle malattie. L’epidemia più grave fu quella del 1348, la peste nera: durerà fino al 1350, diffondendosi in tutta Europa e provocando paurosi vuoti nella popolazione. Il 1348 fu accompagnato anche da un forte terremoto che investì l’Appennino centrale. Quando sopraggiunge la peste, l’Europa è già in crisi e non è in grado di contrastarla: arriva dall’Oriente con una nave che sbarca a Messina e sappiamo che il vettore erano i topi. Sapevano che il fuoco riduceva il contagio, quindi bruciavano i cadaveri; sapevano che il contagio avveniva per via aerea, quindi prescrissero delle regole d’igiene e cominciarono ad adottare la quarantena, soprattutto nelle città marittime > es. a Venezia le navi che giungevano dall’Oriente venivano fatte attraccare nell’isoletta veneta e fatte stazionare per quaranta giorni. Non sapevano da dove venisse la febbre: arrivava da fenomeni astrali, veniva dagli untori (ebrei, arabi, ecc.) che trasmettevano volontariamente la peste, per i cattolici la peste era la punizione che dio aveva voluto mandare per punire i loro peccati. Un altro flagello che si abbattè sull’Europa del 300 furono le guerre che durarono decenni contro Ungari, Vichinghi e Saraceni. Questa volta però non si parla di guerre combattute da eserciti feudali o comunali, ma da truppe mercenarie che puntavano ad annientare il nemico privandolo di tutte le sue risorse. Le conseguenza dell’impiego di mercenari gravavano tutte sulla popolazione: sommersa da tasse e imposte per garantire i migliori eserciti mercenari, che tra l’altro non facevano differenza tra città nemiche o amiche, saccheggiavano e depredavano indiscriminatamente una popolazione già segnata da malattie e carestie. Le compagnie più note sono quelle di Giovanni di Montreal, Giovanni Hawkwood, Compagnia Santa; a queste si aggiungevano quelle italiane di Alberico da Barbiano, Muzio Sforza e Andra Braccio da Montone: le loro truppe erano organizzate sia militarmente che economicamente (erano imprenditori). Il 300 è anche il secolo delle rivolte rurali > FRANCIA: la più famosa è la jacquerie francese, condotta da Jacques Bonhomme nell’Ile-de-France, 1358. I rivoltosi furono sbaragliati dalla nobiltà delle campagne, lasciando sul campo 20.000 morti. I nobili, anche se vittoriosi, si resero conto della strage e decisero di moderare i rapporti con il mondo rurale. INGHILTERRA: la rivolta inglese del 1381, invece, coinvolse contadini, artigiani, salariati e persino ecclesiastici, irritati per l’eccessivo carico fiscale causato dalla guerra con la Francia: re Riccardo II e i nobili si videro costretti ad accogliere le richieste dei rivoltosi e a concedere l’amnistia generale. SPAGNA: in Catalogna si rivoltò il mondo rurale, ormai ridotto interamente a servi della gleba, dalla cui condizione si poteva uscire solo dietro il pagamento di un riscatto. PIEMONTE: rivolta dei Tuchini con epicentro a Canavese, dove si potè contare sul sostegno della popolazione per minacciare Torino. Non seppero però sfruttare i successi iniziali e alla fine vennero battuti dai conti di Savoia. Il fenomeno generale che ebbe luogo soprattutto in tutta Italia era quello del brigantaggio. Accanto alle rivolte rurali abbiamo anche quelle degli operai dell’industria tessile, resi inquieti dalle pessime condizioni di lavoro, dai salari bassissimi, dal non potersi organizzare in associazioni di mestiere e fare ricorso per eventuali problemi con i padroni; a capo dei tribunali che li giudicavano vi erano proprio i padroni. Inoltre, il loro lavoro dipendeva dall’andamento del mercato: se per un periodo non c’era abbastanza guadagno, la bottega chiudeva e l’operaio rimaneva senza salario e senza risparmi, fino a quando la bottega non avesse riaperto. La prima rivolta scoppiò a Perugia nel 1371: furono incendiate le case degli imprenditori, ma a prendere il potere non furono i rivoltosi, ma la nobiltà. Pochi mesi dopo tentarono una nuova rivolta i lavoratori di Siena (sommossa del Bruco): A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA GIOVANNA D’ARCO > Avvenne un fatto inatteso: una pastorella dello Champagne, si reca alla corte del delfino Carlo (erede di Carlo VI), dicendo di aver avuto in sogno delle visioni secondo cui Dio le ordinava di salvare la Francia dagli inglesi. Vinti i dubbi di Carlo, si mette a capo di un esercito guidato da entusiasmo patriottico: in poco tempo conquistano Orleans e Loira, dando così la possibilità al delfino di raggiungere Reims e farsi incoronare re col nome Carlo VII. L’anno dopo, 1431, Giovanna fu fatta prigioniera dai Borgognoni e portata a Rouen, dove fu processata per eresia da ecclesiastici francesi e messa al rogo (verrà riabilitata nel 1456). *[Gilles de Rais, personaggio leggendario legato a Giovanna d’Arco: un grosso aristocratico francese (maresciallo in Francia) e che aveva aiutato con le proprie truppe personali Giovanni. Personaggio molo inquietante: nel suo castello usava catturare e uccidere bambini, fino a quando non fu accusato e sottoposto a processo, dove confessò i suoi crimini, pentendosi; viene condannato a morte. Da lui nasce la leggenda di Barba Blu, il personaggio che secondo la tradizione uccideva le mogli]. Il processo di condanna è condotto dal vescovo Pierre Coscion: dopo 25 anni Giovanna viene riabilitata, ma ormai era andata a rogo. Il documento dell’interrogatorio viene registrato in latino dal notaio, ma si era in realtà svolto in francese volgare (Giovanna era un’illetterata). Non era una persona totalmente sana di mente: aveva le visioni, sentiva le voci (dice che le sue azioni le sono state comandate direttamente da Dio), non sapeva la sua reale età né il cognome. Rivela che a 15 anni aveva sentito la voce di un angelo parlarle per la prima volta e aveva visto un chiarore (la voce veniva dalla destra, in direzione della chiesa). La sua partecipazione alla guerra dei 100 anni è voluta da Dio, è stata la voce a dirle di recarsi in Francia perché sarebbe stata lei a far togliere l’assedio da Orleans. La scomparsa dell’eroina non ferma i francesi: favoriti dal distacco del nuovo duca di Borgogna Filippo il Buono dagli inglesi, nel 1436 riconquistano Parigi e nel giro di pochi anni tutta la Francia. POST-GUERRA > Anche se la Francia era uscita esausta dalla guerra, Enrico VII potè contare sul nuovo sentimento patriottico per attuare una serie di riforme amministrative, finanziarie e militari (creazione di un esercito stabile per non dover ricorrere a mercenari e pesare sul fisco). Su queste basi, il successore Luigi XI potè intraprendere una politica antifeudale, recuperando tutti quei feudi in cui l’autorità del sovrano era solo teorica. In Inghilterra la situazione era diversa: a Enrico V succede Enrico VI, un monarca debole e senza eredi. La sua morte portà a una lotta tra due partiti dell’aristocrazia: sostenitori della casata York (rosa bianca) e sostenitori di casa Lancaster (rosa rossa); portò a una lunga guerra civile, la Guerra delle due Rose. Dopo 20 anni salì al trono Riccardo IV di York, a cui succederà il figlio Edoardo V, spodestato poi dallo zio Riccardo di Gloucester. Una rivolta capeggiata da Enrico Tudor porterà sul trono la dinastia dei Tudor, che inizierà proprio con Enrico VII. Il nuovo sovrano fa leva sul bisogno di pace per restaurare l’autorità regia e rendersi quasi indipendente dal Parlamento; sostenuto dal popolo per la sua azione protezionistica nei confronti dell’economia locale. MONARCHIE IBERICHE: il consolidamento delle dinastie monarchiche in Portogallo, Castiglia e Aragona fu reso difficile nel 300 a causa di lunghe lotte dinastiche. PORTOGALLO: le lotte dinastiche vennero superate quando salì al trono Giovanni I d’Aviz, il quale diede a tutto il paese un forte impulso alle attività marinare. Lo stesso fecero i suoi successori, soprattutto Alfonso V, il quale promosse l’attività di navigatori italiani intenzionati a circumnavigare l’Africa per arrivare in India e assumere il controllo diretto della produzione delle spezie. In politica estera, il Portogallo era alleato A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA dell’Inghilterra, alla quale rimarrà fedele per secoli. CASTIGLIA: qui nel 300 la nobiltà si impose con aggressività anche bellica nelle contese dinastiche. Bisogna aspettare il 400, con l’alleanza delle città in fratellanze, i cui rappresentanti andarono a formare le Cortes (equivalente del Parlamento inglese), per consentire alla monarchia di farne un contrappeso da opporre allo strapotere della nobiltà. REGNO D’ARAGONA: articolato in Aragona, Barcellona e Catalogna, puntò ad espandersi verso la Spagna meridionale e le isole del Mediterraneo. Tra 200 e 400 arrivano ad avere il controllo delle Baleari, Valencia, Sicilia e Sardegna [All’inizio sembrò una guerra veloce: nel 1323 gli aragonesi raggiungono un accordo con Pisa secondo il quale avrebbero dovuto riconoscere la sovranità aragonese ma avrebbero potuto mantenere il controllo su Cagliari in cambio di un tributo. La situazione cambia quando intervengono i genovesi in difesa dei sardi, preoccupati per l’espansionismo aragonese. Nel 1353 battono gli aragonesi, ma non riescono a scacciarli dai ¾ dell’isola di cui avevano preso possesso]. Due furono le caratteristiche del Regno d’Aragona: il pattismo, un patto che regolamentava il rapporto tra monarca e sudditi tramite assemblee rappresentative; la delega dei poteri: si delegavano a vicerè, governatori e luogotenenti ampie responsabilità di governo. L’equilibrio del Regno d’Aragona viene minacciato da pericolose rivolte nella Catalogna. Il re Giovanni II riesce a impedire la disgregazione del regno grazie al matrimonio tra il figlio Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia. Il matrimonio dei “re cattolici”, come furono chiamati, non portò alla fusione dei due regni: i sovrani vi regnavano individualmente, ma attuando la stessa politica economica, legislativa e militare. Si proposero di far nascere una coscienza nazionale spagnola, puntando sul fattore religioso: ne fecero le spese i musulmani dell’emirato di Granada, in Andalusia, contro i quali fu bandita una vera e propria crociata, sostenuta dalla Chiesa e da altri nobili europei; la città fu presa nel 1492. Si puntò alla loro evangelizzazione, offrendo la conversione o l’esilio: i convertiti furono però a lungo sospettati di praticare il proprio culto in segreto e quindi sottoposti al tribunale dell’Inquisizione e all’intransigente arcivescovo di Toledo (Francesco Jimenez), consigliere di Isabella. SCOPERTA DELL’AMERICA > Un evento in cui i due re cattolici svolsero un ruolo di primo piano. Furono loro, con la Capitolazione di Santa Fè, a nominare ammiraglio, vicerè e governatore delle terre eventualmente scoperte Cristoforo Colombo, il quale voleva partire dalle coste atlantiche europee e navigare verso occidente. Già dopo la prima spedizione del 1492 fu necessario dividere le aree di colonizzazione: parte orientale colonizzazione portoghese e parte occidentale colonizzazione spagnola. 22. POTERE E SOCIETA’ NEL MEZZOGIORNO SICILIA ANGIOINA > Corradino, figlio di Corrado IV, di cui lo zio Manfredi aveva finto la morte, decide di scendere in Italia e recuperare quello che gli spettava come diritto ereditario, cioè la Sicilia: 1268, viene sconfitto dalle truppe angioine in Abruzzo. Corradino viene catturato, portato a Napoli e decapitato in piazza: il gesto causa molte antipatie a Carlo, ma Corradino vivo avrebbe rappresentato un simbolo per tutti coloro che ancora sostenevano gli svevi. La politica di Carlo cambia: si rende conto che il dominio in Sicilia non è sicuro, la componente filo-sveva non è debellata > Avviene la “francesizzazione”: Carlo sostituisce gli ufficiali con quelli francesi, perseguita e condanna a morte i A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA filo-svevi, sottrae loro i beni e li consegna al suo seguito francese. Sposta la capitale da Palermo a Napoli: la posizione geografica di Napoli è migliore, in più Napoli sta acquisendo sempre più importanza nel Mezzogiorno (a partire dalla fondazione dell’università). La cancelleria degli Angiò era uno degli uffici più organizzati d’Europa e lì c’è sempre a capo un francese. La Sicilia è ora definitivamente in mano a Carlo d’Angiò, il quale ha in mente un progetto politico amibizioso: vuole dominare tutto il Mediterraneo e la Sicilia ne sarà l’epicentro. Questa sua forte politica espansionistica preme però sulle spalle della popolazione, schiacciati dal fisco. In poco tempo partono le rivolte da Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania. Le rivolte vengono represse, ma allo stesso tempo il sovrano tenta in tutti i modi di rendere accetta la nuova classe dirigente, evitando ogni forma di discriminazione tra regnicoli e francesi, ma non riesce a impedire il diffuso malcontento delle popolazioni. In questo clima non sorprende la vasta adesione di Sicilia e Calabria alla rivolta scoppiata nella Pasqua del 1282, i Vespri siciliani: dei giovani siciliani accusano dei soldati francesi di aver molestato una nobildonna palermitana. Re Carlo era intento agli ultimi preparativi per la spedizione a Costantinopoli. Si sospetta che non si sia trattato di un moto spontaneo, ma di una congiura ardita dai legati Svevi Ruggiero di Lauria e Giovanni da Procida, l’imperatore bizantino e il re d’Aragona Pietro III, che avendo sposato Costanza figlia di Manfredi, avanzava pretese al trono di Sicilia. Lo scontento per la politica del re angioino garantì a Pietro III sostegno da parte di feudalità e borghesia del Mezzogiorno. Dopo la rivolta, i siciliani offrono quindi la corona al re aragonese: vi si oppone papa Martino IV che, dichiarando gli aragonesi usurpatori, bandisce contro di loro una crociata guidata da re francese Filippo l’Ardito. Il conflitto si estese alla Catalogna e causò a Pietro III molte difficoltà. La situazione sembrò sbloccarsi con papa Bonifacio VIII che portò nel 1295 al Trattato di Anagni: il nuovo re aragonese Giacomo II avrebbe ricevuto i regni di Sardegna e Corsica, ma lasciato la Sicilia agli angioini. I siciliani si ribellano nuovamente e offrono la corona al figlio di Giacomo, Federico III. La pressione di Bonifacio VIII portò al nuovo Trattato di Caltabellotta: Federico III sarebbe stato riconosciuto re, ma alla sua morte la Sicilia sarebbe tornata agli angioini. La situazione andò diversamente: morto Federico III, la Sicilia rimase agli aragonesi, nonostante i vani tentativi degli angioini Roberto d’Angiò e Giovanna I di rivendicarla. Nel 1372 con il Trattato di Avignone Giovanna riconosce la Sicilia agli aragonesi. NAPOLI ANGIOINA > Durante la rivolta del Vespro, Carlo d’Angiò, che si trovava in Francia, rischia di perdere il regno a causa del figlio Carlo II lo Zoppo che, senza il permesso del padre, aveva ingaggiato una battaglia nel golfo di Napoli con la flotta aragonese. Fu sconfitto e fatto prigioniero, mentre Napoli si sollevava contro i francesi. Il ritorno del re portò di nuovo all’ordine. Napoli sotto gli angioini rinasce da tutti i punti di vista: economico, edilizio e urbanistico (viene costruito il Maschio angioino – Castelnuovo), ma soprattutto culturale. L’epoca d’oro della Napoli angioina si raggiunge con Roberto il Saggio, personalità di rilievo sul piano culturale. Per quanto riguarda i comuni centro-settentrionali, con la dinastia angioina finirono per crescere sempre di più in autonomia, soprattutto nei momenti di maggior debolezza della monarchia, quando era costretta a cedere più facilmente alle richieste avanzate da clero, feudatari e comuni; in particolare per i comuni più ricchi e dinamici, in grado di fare frequenti donativi e prestiti alla corona, come nel caso A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA provincia restavano forme più o meno ampie di autonomia, di cui in realtà alcune famiglie romane non tardarono ad approfittarsi, come i Colonna, gli Orsini, i Caetani. Le signorie che si erano estese fino ad avere il governo su interi stati regionali, dovevano ora venire a patti con il tipo di organizzazione politica che avevano intenzione di imporre su organisimi politici così vasti. Arrivando alla conclusione che non potevano omogeneizzare del tutto questi territori, si decide di mantenere i comuni urbani e rurali, mantenere il patriziato cittadino, ma sottoporli alle stesse leggi tramite le tre magistrature, quali consiglio di giustizia, consiglio segreto e camera ducale. I comuni saranno degli organisimi di controllo del territorio sottoposti all’amministrazione statale. Paradossalmente, i rapporti feudo-vassallatici non vengono messi in crisi nemmeno dagli stati regionali: i signori non possono privare i feudatari del mondo del contado senza incorrere in rivolte che ne minacciano il potere. 24. LE ALTRE REALTA’ POLITICHE DEL CONTINENTE EURO-ASIATICO SCANDINAVIA > Alla fine del X e la fine delle scorrerire normanne la Scandinavia si presentava divisa nei regni di Danimarca, Svezia e Norvegia. Si evolveva in modi simili a quelli europei, soprattutto grazie alle ondate migratorie provenienti da Germania e Inghilterra. Nel XIV i tre regni si uniscono. BOEMIA > Si costituì come ducato sotto la sovranità del re di Germania Ottone I. Nell’XI i duchi ottengono il titolo di re, anche se sempre sottoposto alla Germania. Nel XIV il trono passa ai Lussemburgo, che diventarono anche imperatori: Enrico VII e poi Carlo IV. Con quest’ultimo nasce un sentimento nazionale che porta a una reazione alla forte presenza germanica in Boemia: il predicatore Giovanni Hus attacca il clero tedesco, accusandolo di corruzione. Hus sarà chiamato a discolparsi davanti all’imperatore Venceslao, anche re d’Unghieria, ma venne condannato e arso al rogo come eretico. Questo portò a una reazione della Boemia: all’inizio gli insorti vinsero l’esercito imperiale. Poi però si spaccarono in Taboriti, pro riforma della chiesa, e nobili e borghesi pro rinascita solo morale. I moderati nel 1433 durante il Concilio di Basilea arrivano a un compromesso e si riconciliano con la chiesa romana, che riconobbe loro l’autonomia religiosa. PRUSSIA > Fu conquistata dai Cavalieri teutonici, un’ordine religioso-cavalleresco che finite le crociate si è dato all’evangelizzazione dei territori ancora pagani, e data in feudo a Federico II. I membri di quest’ordine diviso in 4 categorie (cavalieri, preti, servienti, confratelli) abitava in un convento, generalmente collocato in un castello, a capo del quale vi era un Gran maestro. Il territorio prussiano fu diviso in circoscrizioni con a capo un economo, che era anche il capo del convento locale. Nel XV, però, i Cavalieri teutonici vengono contrastati e sconfitti dai Polacchi: infranto il mito dell’esercito imbattibile, fu tutto un susseguirsi di sconfitte e territori persiani ceduti alla Polonia. Un vero colpo di scena fu quando il Gran Maestro Alberto del Brandeburgo divenne protestante, sciolse l’ordine, si proclamò duca e si sottomise al re di Polonia. POLONIA-LITUANIA > Il Regno di Polonia nasce nel X dall’unione di vari staterelli slavi, ma si disintegra già nell’XI: morto il re, il regno si frantuma di nuovo in ducati e principati in perenne lotta tra loro. Per restaurare il potere regio, si deve aspettare il 300, con Casimiro il Grande, che avviò A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA un’opera protezionistica nei confronti dei ceti rurali. Il suo successore, Luigi d’Ungheria, fece l’opposto, favorendo la nobiltà. Al successore Ladislao II viene imposta la conversione al cattolicesimo. Con Casimiro IV Jegellone si arriva alla massima espansione della Polonia, dovuta soprattutto al sostegno economico dell’aristocrazia. UNGHERIA > Nasce tra X e XI dall’unione delle tribù magiare. Stefano II viene eletto re d’Ungheria da papa Silvestro II, che riceverà in feudo il regno. Continuò la politica espansionistica, ma dovette fermarsi a causa della pressione dell’aristocrazia, resa ancora più potente dalla Bolla d’oro del 1222 emanata da re Andrea II, che stabiliva il diritto di potersi ribellare al sovrano negli interessi dello stato. Nel 1241 il regno viene invaso dai Mongoli, che lo distrussero: re Bela IV dovette impegnarsi in una nuova colonizzazione. Una serie di crisi dinastiche porterà a offrire la corona a Luigi il Grande d’Angiò: recupererà i territori persi e diverrà anche re di Polonia. Dopo una serie di lotte dinastiche, lotte contro gli stati vicini e contro l’invasione dei turchi, nel XVI l’Ungheria venne annessa all’Austria degli Asburgo. BULGARIA > La Bulgaria nasce nel VII da una colonizzazione di bulgari slavizzati. Nel IX si convertirono al cristianesimo. Nell’XI vennero sottomessi dall’imperatore bizantino Basilio II, così come la chiesa bulgara venne sottomessa a quella greca. Il dominio bizantino non era però stabile: incursioni dalla Russia decimavano la popolazione e nel XII i bulgari decidono di ribellarsi. Nel XIII la Bulgaria diventa un regno e la sovranità viene riconosciuta da Bisanzio. A capo del regno c’è lo zar Ivan: regno reso debole dalle tendenze autonomistiche della nobiltà, impreparato di fronte alle invasioni turche. Perderà il diritto regio e verrà diviso in tre province sottoposte a Bisanzio. TURCHI > Già da secoli i turchi pressano Costantinopoli, ma nel 300 chiudono il cerchio intorno alla capitale bizantina. Cadono nel vuoto gli appelli disperati a un’Europa già prostrata dalla guerra dei 100 anni e dalla crisi di papato e impero. A salvare per il momento la capitale sono i mongoli, che battono i turchi e rimettono sui loro troni gli emiri dell’Anatolia. Ma andati in crisi i mongoli dopo la morte del Tamerlano, i turchi si riarmano e riprendono l’espansione nei Balcani. Nel 400 tornano gli appelli di aiuto, addirittura i bizantini si recano di persona presso le varie corti europee. Questa volta non cadono nel vuoto: Giovanni VIII, anche se dietro la promessa di riunire le due chiese, organizza delle crociate contro i turchi. A condurle saranno Giovanni Hunyadi reggente d’Ungheria e re Ladislao Jagellone di Polonia: l’esercito di Giovanni riesce a contenere l’avanzata turca, quello di Ladislao viene sconfitto a Varna. Nessuno più era capace di cacciare i turchi dai Balcani. CADUTA DI COSTANTINOPOLI > Il sultano Maometto II il Gran Turco si lanciò alla conquista di Costantinopoli. L’assedio comincia nel 1452 e non ha eguale nella storia del Medioevo: nel 1453 riescono ad aprire una breccia presso la porta di San Romano, dilagando verso il centro della città. Dopo 3 giorni di saccheggi e stragi entra in città Maometto II. Gli abitanti ancora superstiti furono deportati, le chiese trasformate in moschee, tra cui Santa Sofia, dove il giorno prima si era celebrata l’unione delle chiese latina e greca. Costantinopoli diventa Istanbul, capitale dell’impero ottomano. Infatti, Maometto II si diede subito all’espansione verso Caucaso e Mesopotamia. Particolare impressione fece lo sbarco improvviso dei turchi in Puglia nel 1480, dove presero Otranto: questa volta però il papato, sentendosi minacciato da vicino, intervenne e chiese l’aiuto di re Ferrante, che li bloccò e scacciò. A cura di SIMONA D’AURIA A cura di SIMONA D’AURIA 25. LA CHIESA TRA CRISI ISTITUZIONALE E DISSENSO RELIGIOSO Nel 1309 la sede papale si trasferì da Roma ad Avignone: evento mal visto perchè poneva il papa sotto l’influenza della Francia > tutti i papi del periodo avignonese furono infatti di origine francese. In realtà, il papa si trovava bene ad Avignone: lontano dalle lotte e gli intrighi romani, era riuscito a dare al papato un apparato burocratico-amministrativo, riducendo sempre di più gli spazi di autonomia delle istituzioni ecclesiastiche locali. Ciò causa il malcontento dell’aristocrazia, abituata ad avere un’influenza continua sulle chiese locali. L’intensa attività finanziaria e amministrativa che si ritrova a dover condurre la chiesa tramite cancelleria e camera apostolica provoca disagio, se non scandalo, in quei fedeli che avrebbero voluto una chiesa più interessata al mondo spirituale. La reazione del papato fu dura: si iniziò a considerare eresia ogni forma di disobbedienza alle decisioni del papa. Ad esempio, nel 1260 nasce un nuovo ordine, Gli aposotolici di Segarelli: inizialmente agiscono con il favore del papa, poi quando iniziano a diventare troppo potenti e ad avere più seguito di francescani e domenicani vengono condannati come eretici, finendo nel mirino degli inquisitori. Segarelli fu messo al rogo nel 1300. Gli apostolici trovarono una nuova guida in Dolcino di Novara, il quale condannava la chiesa carnale di Bonifacio VIII e predicava una chiesa sotto un nuovo papa santo. Contro i dolciniani fu bandita una crociata da Clemente V: nel 1307 vennero messi al rogo a Novara, compreso Dolcino. RITORNO A ROMA > Papa Urbano V fu il primo a tornare a Roma nel 1367, ma ne ripartì dopo 3 anni. Il successore Gregorio XI tornò invece definitivamente a Roma nel 1377. Problema della successione: i cardinali furono indotti dai romani a scegliere un papa italiano e scelsero Urbano VI; ritiratosi a Fondi, però, decisero che l’elezione non era valida e nominarono Clemente VII, che si insediò ad Avignone nel 1379. I due papi però considerarono entrambe valide le elezioni: due sedi pontificie, una ad Avignone e una a Roma. E il doppio papato durò fino al 400: nel 1409 erano papi Gregorio XII a Roma e Benedetto XIII ad Avignone, quando fu convocato un concilio a Pisa dove furono deposti e dichiarati eretici ed eletto il nuovo papa Alessandro V. L’autorità del concilio pisano non fu però riconosciuta: non si avevano più due papi, ma tre. Necessità di convocare un concilio universale, di cui si occuparono re Sigismondo di Germania e papa pisano Giovanni XXIII (successore di Alessandro V). Concilio di Costanza, 1414: fu dichiarato che il concilio derivava il suo potere direttamente da Cristo, quindi superiore anche ai papi. Poi furono deposti Giovanni XXIII e Benedetto XIII, Gregorio XII si dimette spontaneamente; viene eletto papa Martino V. Inoltre, viene deciso che i concili universali si sarebbero dovuti tenere due volte all’anno. Nel 1431 si tiene il secondo concilio dell’anno a Basilea per decidere dell’unione delle due chiese, ma va per le lunghe. Intanto a Martino V succede Eugenio IV, il quale sospende il concilio e ordina ai partecipanti di trasferirsi in Italia: non tutti lo fanno, quelli che rimangono a Basilea dichiarano Eugenio IV decaduto e nominano Felice V. Così a Firenze si celebra l’unione delle due chiese, contemporaneamente si ha un nuovo scisma all’interno della chiesa occidentale che si risolverà solo nel 1449 con la nomina di un pontefice romano, Niccolò V.
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