Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto Memoriale, Volponi, Sintesi del corso di Letteratura

Esame di letteratura italiana con Giuseppe Lupo

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

Caricato il 10/08/2017

domitilla-pecar
domitilla-pecar 🇮🇹

4.5

(10)

3 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto Memoriale, Volponi e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! Riassunto “Memoriale” - Paolo Volponi CAP. 1 All’inizio del libro Saluggia inizia ad avvertire dei dolori (“i miei mali sono cominciati alla fine del 1945”), e in quanto soldato ferito viene mandato all’ufficio di collocamento che lo manda a fare un colloquio all’industria di X, lavoro che vede come un segno di liberazione e un passo avanti (“quanto speravo allora dalla vita nuova!”). Egli va cinque giorni prima a guardare la fabbrica da fuori e ne fa una descrizione: “la mia curiosità fu ripagata dal più profondo mistero, la fabbrica grandissima e bassa ronzava indifferente […] Era immobile come una chiesa o un tribunale, e si sentiva da fuori che dentro, proprio come in una chiesa, si svolgevano le funzioni di centinaia di lavoratori […] era tutta uguale e da qualsiasi parte mandava lo stesso rumore, un affanno, un ansimare forte. Era così grande e pulita, così misteriosa che uno non poteva nemmeno pensare se era bella o brutta […] La vita della fabbrica mette poi le cose un po’ lontano da noi, le caccia quasi in fondo alla mente, che non va più dietro al lavoro e alle vicende ma resta libera, a seguire pensieri che poco hanno da guardare in quanto sta succedendo […] La fabbrica mi sembrava un edificio senza senso e sentivo che una parte del mio cervello stava facendo violenza su di me per trattenermi in quel luogo ostile e innaturale.” Vediamo poi come va a confessarsi prima di vare la visita medica ed essere assunto dal signor Ducati, emozionato ma al tempo stesso impaurito che la fabbrica potesse assomigliare all’esercito. Entrato in fabbrica viene subito colpito dal rumore, che scaturiva da ogni parte, anche dai muri e dai pavimenti della fabbrica. Dice che bisognava aspettare per sentire il rumore degli uomini, perchè prima di tutto si sente il brusio delle macchine. Sottolinea come entrati in fabbrica il rumore è la cosa più importante. Descrive poi le officine come impressionanti, grandi e con molta luce, dove ognuno agiva per conto suo, infatti si stupisce che non ci fossero lavori da fare in gruppi. Saluggia ci spiega come nella fabbrica ogni discorso era più difficile e finiva sempre in risate, in malignità o in sfoghi di risentimento. Lui sentiva il bisogno di qualcuno sincero, ma non aveva trovato nessuno se non Pinna, che però spesso non lo capiva. Nessuno parlava mai della fatica e del lavoro, tranne che col capo, la risposta era sempre “si lavora per un padrone” —> questa giustificazione però non tranquillizzava del tutto nemmeno coloro che la davano con tanta veemenza. Ciò che lo aiutava a lavorare era al spinta che gli veniva data dall’odio e dal vedere il lavoro come un nemico e come una competizione con gli altri operai, e alla fine il lavoro riuscì a dargli piacere e soddisfazione. Passati due mesi di lavoro però si rese conto di non aver guadagnato o perduto niente, che niente era cambiato dentro o fuori di lui. L’unico cambiamento effettivo avviene con la trasformazione della fabbrica che passa da ventisette frese a sedici con vari trasferimenti, ma Saluggia e Pinna rimangono con Grosset (il loro capo). Ulteriore trasformazione avviene con il cottimo comune per tutti, il che porta i gruppi a sostenere che è ingiusto che chi lavora di più guadagni meno e ognuno diventi la guardia dell’altro, non volevano rimetterci per i buchi delle donne. Inizialmente viene proposto uno sciopero, accettato e poi revocato, a cui Saluggia comunque non sarebbe andato. CAP. 2 6 Saluggia, diversamente dagli altri che creano legami con la fabbrica e i colleghi, vedeva il lavoro solo come andare avanti, e lavorava ormai di malavoglia, sempre con più fatica a causa dei suoi mali. Grosset si accorse della sua fatica e lo mandò in infermeria, dove gli prescrissero una serie di lastre e gli ordinarono una cura di pastiglie e iniezioni fino ad un’altra visita quindici giorni dopo. Quando arrivarono le risposte dal medico lo dichiarò malato grave, bisognoso di cure e riposo, gli propose quindi di lasciare il lavoro fin dopo le ferie. Passò il caldo e Saluggia si sentiva meglio quindi decise di lavorare fino alle vacanze, quando poi si sarebbe riposato. Passò i primi giorni di ferie a casa e poi accettò di fare con Pinna un viaggio di quattro giorni a Genova e nei centri vicini della riviera. Durante le ferie stava bene, anche se il tempo gli sembrava sprecato, voleva tornare presto in fabbrica e incontrare la prova delle sue forze. Al ritorno gli sembrava che in fabbrica ogni giorno qualcosa mutasse e che la fabbrica stessa gli nascondesse sempre qualcosa. Iniziò ad avere degli hobby come la biblioteca e il cinema. Dopo circa un mese andrà in infermeria perchè gli usciva sangue dal naso ma non venne neanche visto dal medico Tortora. Quest’ultimo però lo chiamò ai primi di dicembre per una visita schermografica di controllo —> tutti cercarono di tranquillizzarlo ma lui pensava che Tortora avesse pianificato tutto. Venti giorni dopo il professor Bompiero lo chiamò diagnosticando una tubercolosi grave, aperta e contagiosa. Saluggia si rifiuta di farsi visitare e scappò via. Sosteneva che i due medici stessero cercando di ingannarlo per far entrare qualcun altro al suo posto, e che doveva solo resistere per riuscire a salvarsi. Provò anche a cercare l’opinione di un altro medico ma ai tempi non si era liberi di scegliere il proprio dottore e questo decise di tirarsi fuori da questa situazione. Saluggia era davvero convinto che bastava ignorare i suoi mali per vincerli. Alla fine però dovette ammettere di essere ammalato, ma nonostante ciò non voleva cercare l’aiuto/inganno di Tortora, decise di riprendere il lavoro come se nulla fosse. Il lunedì successivo gli telefonarono dall’infermeria dicendo che doveva presentarsi la mattina stessa, ma lui decise di non andare. I medici chiamarono Grosset per spiegargli la situazione ma quest’ultimo non disse nulla a Saluggia. Quest’ultimo intanto inizia sempre di più ad avvertire dolori, tanto da rimanere a casa per un giorno. Tornato in fabbrica il giorno dopo Grosset gli corse in contro per sapere come stava e per cercare di convincerlo ad andare dai medici, sottolineando che nessuno lo stava perseguitando. Vista l’insistenza di Saluggia il capo fu costretto a chiamare delle guardie che portarono il malato di forza in infermeria per farsi curare. CAP. 3 A questo punto della storia il protagonista entra in sanatorio, dove doveva rimanere immobile a letto e aveva solo da pensare, aveva già l’aspetto di uno in sanatorio da molti anni. Tortora lo va a trovare e gli dice che verrà ripreso in fabbrica in autunno (che a Saluggia ovviamente sembra troppo lontano). Vediamo poi l’episodio delle donne che di notte si affacciano alla sua finestra e gli dicono di vedersi in giardino la sera dopo, al riguardo delle due donne lui per tutto il tempo in sanatorio rimarrà ossessionato da quella di nome Vera. La notte successiva però quando sente bussare si rifiuta di scendere, al che Marina decide di salire lei nella stanza di lui — > la donna gli metteva paura e le disse di andarsene. Per quanto Marina e le sue urla da 6 Per attendere il nuovo reparto dette stare alcuni giorni lontano dal lavoro. Quando riprese a lavorare non si trovò male, almeno all’inizio. Cambiare lavoro gli aveva fatto bene, non aveva più la macchina, stava seduto in fila e dove montare un pezzo. Quelli che lavoravano intorno a lui non gli davano fastidio. In quel reparto del montaggio tutto gli sembrava nuovo e non aveva più i risentimenti di prima, soffriva ma con più calma. Così rimase a lungo in quel posto senza seccature e ormai non gli importava più della qualifica e del lavoro. L’ennesima visita dal dottor Bompiero ebbe come conseguenza che non avrebbe sopportato l’estate in quelle condizioni, in quanto aveva la febbre tutte le sere, di conseguenza gli prescrissero una cura molto rigida per cui non poteva più lavorare. Secondo tutti la malattia era grave, ma potevano curarlo lasciandolo a casa. Un pomeriggio incontrò Palmarucci, uomo la cui moglie lavorava per il Professor Fioravanti (che ha inventato un siero X3 che cura cancro e tubercolosi), da cui Saluggia decise di andare a farsi visitare. Durante la visita ammette per la prima volta di essere malato, e la moglie di Palmarucci sostiene che una delle cause sia anche il fatto che non si sia mai sposato. Se quindi il professor Fioravanti lo avrebbe curato con il siero, la donna si occuperà si far ringiovanire il suo spirito. Dopo una visita con il nuovo dottore quest’ultimo gli disse che non c’era dubbio che il suo ieri avrebbe potuto guarirlo. Gli fece molte iniezioni, dopo le quali la testa di Saluggia si alzava e tutti i suoi pensieri andavano via a frotte come gli stormi. Il nuovo dottore gli disse anche di andare a recuperare le sue lastre, e ovviamente i medici della fabbrica gliele diedero non prima di molti tentennamenti. Quando le ottenne però Saluggia uscì felice perché gli sembrava di essere riuscito a buttare all’aria almeno una parte dei piani di Tortora e Bompiero riuscendo a farsi dare le lastre. CAP. 7 Quando arrivò da Fioravanti con le lastre il medico gli disse di non subire rappresaglie e di continuare con il pneumotorace prescrittogli da Bompieri. Come la guarigione si avvicinava aumentavano i dubbi di Saluggia sul lavoro della fabbrica. In questa infatti bisogna starci giorno per giorno, avvelenarsi gradatamente, e se uno se ne libera anche per un breve tempo riesce a vederne tutti gli orrori. Lo attirava però l’idea di farsi riconoscere vivo, guarito e non vinto, di far capire a tutti i medici e ai suoi capi che c’era qualcuno in grado di resistere alle loro prepotenze. All’ultima visita decise con Bompiero che dopo due settimane sarebbe tornato in fabbrica, e infatti dopo quel tempo previsto si presentò all’ufficio del personale dove lo destinarono al montaggio. Il lavoro era semplice, entrò nella media comodamente senza forzare, solo che quel lavoro gli sembrava indegno per un uomo e per le sue qualità, lui si sentiva la forza e al voglia di costruire seriamente qualcosa. Passò poi le ferie di nuovo in montagna, nel turno di convalescenti della ditta. Gli altri gli diedero fastidio con la pretesa di compagnia ma lui andava a passeggiare da solo, pensando soprattutto a sua padre con la speranza di riavere con lei un’intesa completa. Nei giorni successivi e per il resto dell’anno la fabbrica fu la cosa che gli interessò di più, la sua vita divenne quella del suo lavoro. L’unico difetto, che a quel tempo però gli appariva come la prova di una particolare bellezza, era che il suo rapporto con la fabbrica era unico, soltanto suo e non avveniva tramite la compagnia del reparto o di altri. Allora cercò di osservare come gli altri stavano nella fabbrica e che cosa questo volesse dire per loro: quasi tutti la subivano, lavoravano e basta pensando solo al guadagno, la loro vita era fuori da lì. Saluggia continuava a cercare invece il modo di vivere meglio nella fabbrica, e 6 forse questo accadeva perchè aveva paura più degli altri che la fabbrica lo respingesse di nuovo e perchè in quel legame cercava una rivincita contro tutte le ingiustizie subite. “Lo so che la fabbrica è cattiva, ma non si deve morire per questo, si cerca di governarsi dentro e fuori, lavorando pulitamente, andando al sindacato, divertendosi la domenica, leggendo” —> Saluggia si sentiva solo. CAP. 8 Il capitolo si apre con un episodio in cui Saluggia, tornando a casa, si imbatte in Giuliana e un uomo, decide di seguirli per scoprire che erano andati a nascondersi per fare sesso. Si nasconde ad ascoltarli per tutto il tempo e andandosene non si cura del fatto che lei possa averlo visto e riconosciuto. Cosa che dev’essere accaduta perchè il giorno dopo in mensa serve apposta Saluggia e la zuppa che gli viene data gli causa un sacco di problemi di stomaco. Quando Tortora lo chiama in infermeria per il giorno dopo Saluggia va a ricercare l’aiuto del dottor Fioravanti ma purtroppo non trova nessuno a riceverlo. Quando venne visitato da Tortora gli parlò del tentato avvelenamento e il dottore gli consigliò di rimanere a casa qualche giorno. Il parroco va a trovarlo dicendogli che deve trovare fiducia nella fabbrica, e Saluggia fa una serie di riflessioni: “La fabbrica nega qualsiasi soddisfazione quindi è come se dentro di essa il tempo non passasse oppure passasse tutto insieme. La fabbrica è chiusa, di ferro: dentro passa il tempo dalle sette alle diciannove ma tutto è fermo come tutto è di ferro. La fabbrica costruita per la velocità, per battere il tempo, è invece sempre ferma perchè il tempo degli uomini batte qualsiasi artificiale velocità. La fabbrica in quel posto è costruita e in quel posto resterà. […] Davanti non si fermerà nessuno, solo chi starà male o chi lavorerà o chi non avrà lavoro. Ma di ciò di cui non si può parlare si deve tacere (i medici).” Decide di andare al sindacato comunista per cercare aiuto ma gli dicono che il suo è un problema individuale e che quindi non possono fare nulla. Non sapeva più da chi cercare aiuto, non aveva famiglia, sua madre non lo capiva e non si faceva capire, non aveva amici e persino il parroco non era sincero con lui. Decise allora di andare dai Carabinieri, ma non dove era già stato e dove erano in combutta con Tortora, bensì al comando di Caluso. Capì subito che anche quel maresciallo era già stato avvertito da tempo, gli lesse nella faccia la determinazione di respingere ogni cosa, infatti lo cacciò. Decide allora di provare la sua bravura finendo il lavoro richiesto per mezza giornata già alle 11 di mattina, riuscendo così a farsi ricevere dall’ufficio del personale e spiegare loro tutte le ingiustizie subite. La reazione è quella di vagliare minuziosamente le sue accuse, non solo sulla base di colloqui ma con veri e propri esami e prove testimoniali. Ma a Saluggia questo non bastava, sentiva il bisogno di parlare con qualcuno che potesse decidere, di conseguenza decise di parlare con la Presidenza. Per fare ciò decise di farsi aiutare dal capo della mensa (Leone), che era stato per molti anni il servitore personale del professor Ratto-Ferrua (il presidente), il quale decise di aiutarlo parlando con il professore. Dopo aver parlato con lui era cominciata una vita più semplice per Saluggia, anche se molto più veloce nell’attesa di incontrarsi ancora con lui e avere una risposta. Quando quel giorno arrivò Leone lo informò che il presidente aveva deciso di risolvere il caso di Saluggia, chiedendo ogni cosa all’assistente sociale e a Tortora, guardando le sue lastre e parlando con tutti i medici. Un giorno di marzo venne chiamato dall’assistenze sociale in quanto la Presidenza gli aveva regalato centocinquatamila lire e gli comunicava di stare tranquillo in attesa che i 6 medici lo ri visitassero. Così avvenne, davanti a quattro medici tra cui Tortora e Bompiero, ma anche i nuovi medici lo dichiararono tubercoloso fradicio e bisognoso di entrare in sanatorio subito, dove rimase per più di due anni abbandonandosi alle poesie. In quei momenti ha ricostruito e scritto quasi tutto questo racconto, pensando con più ampiezza e profondità di quello che riusciva a mettere su carta. CAP. 9 Uscì dal sanatorio e giunse a casa il 6 maggio 1956. Il primo settembre si ripresentò all’ufficio del personale, non gli importava però di recuperare il lavoro, lo faceva senza scampo e con rassegnazione. Dovette aspettare un mese e gli proposero di fare il piantone, quindi lo misero fuori dalla fabbrica a guardare l’ombra sui muri. “Ormai appartenevo alla fabbrica che aveva sempre continuato a rovinarmi e a curarmi” —> il sentimento più vivo che lo accompagnava nelle ore di piantonamento era proprio quello di essere diventato una proprietà della fabbrica. Da piantone ha imparato a guardar meglio la gente, riusciva ad attribuire a ciascuno un lavoro e questo lo portava a ricordare i reparti e ad immaginarsi quelli che non conosceva. Quando trovò il foglio del sindacato FIOM della fabbrica con scritte tutte le ingiustizie subite si consolò pensando che tanti altri erano nella fabbrica nelle sue stesse condizioni, ma comunque non gli importava sapere cosa sarebbe successo. Quando lo sciopero si fece più importante e vide le guardie tirare fuori i manganelli corse verso la mensa ad avvisare cielo sciopero era già iniziato, e per questo venne portato via fino all’ufficio del personale. Dopo un interrogatorio di pochi minuti lo sospesero dal lavoro per tre giorni e gli dissero che gli avrebbero consegnato una diffida scritta di licenziamento. Arrivato a casa si accorse che nessuno lo avrebbe mai potuto aiutare. 6
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved